Luigi Sapio Nozione di islām La parola “islām” [ ] è il mas.dar1 ...

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08.06.2013 Views

M. Salani (a cura di), Fedi e conflitti. Le religioni possono costruire la pace, Pisa, Plus, 2010, pp. 203-244 Nozione di islām Islam Luigi Sapio La parolaislām” [ ] è il mas.dar 1 (“nome verbale” o “nome d’azione”) del verbo di 4ª forma aslama, cioèil sottomettersi, l’abbandonarsi (a Dio)”, quindi “l’accettare di essere musulmano”. La radice del verbo aslama, come la maggior parte delle radici arabe, è trilittera: sīn-lām-mīm, la stessa da cui proviene la parola salām [ ] che significa “pace” 2 . È un abbandono comunque “attivo”, cioè responsabile, a Dio (in lingua araba , allāh), con cui il credente (il “sottomesso”) s’impegna, con tutte le forze fisiche e morali di cui dispone, ad obbedire alla Sua volontà. Va inoltre ricordato che l’islām ha conosciuto, e tuttora conosce, una pluralità di declinazioni, anche con riferimento alle caratteristiche di questo abbandono. La parola “musulmano”, in arabo muslim [ ], è invece il participio attivo dello stesso verbo, cioè “colui che si sottomette, che si abbandona (a Dio)”, “colui che aderisce all’islām”. Quindi, mentre l’aggettivo “islamico” ha un’acce- 1 La traslitterazione dall’arabo è internazionale semplificata, con alcuni adattamenti funzionali a rendere comprensibili, allo stesso tempo, sia l’ortografia in caratteri arabi, sia la fonetica. Ad es., la tā’ marbūta-h [ ], sempre in fine di parola, dopo una “a” (comunque obbligatoria prima di essa), e che normalmente indica il genere femminile, è resa con “-h”, che non si pronuncia, quando vi è una pausa fonetica, o con “-t”, che invece si pronuncia, quando è foneticamente legata alla parola che segue. 2 Ad essere rigorosi, il termine salām avrebbe un’accezione diversa rispetto a s.ulh., in quanto il primo indicherebbe una situazione di pace in cui il progetto islamico è affermato, anzi realizzato, nella sua pienezza, con tutto ciò che ne consegue (una sorta di pax islamica), mentre il secondo andrebbe inteso come assenza di guerra. Va tuttavia rilevato che il termine salām è da sempre usato non solo in occidente, ma anche presso le stesse società arabe e musulmane, soprattutto nella seconda accezione. Il sostantivo silm è invece usato in un’accezione simile a salām, ma con un significato di pace caratterizzata dalla calma, mentre hudū’ significa tranquillità e rāh.a-h riposo, quiete. Inoltre per indicare una pace provvisoria, una tregua, un armistizio, si usa il termine hudna-h: tahādana è infatti un verbo di 6ª forma che significa “concludere un armistizio, una tregua”. - 203 -

M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace, Pisa, Plus, 2010, pp. 203-244<br />

<strong>Nozione</strong> <strong>di</strong> <strong>islām</strong><br />

Islam<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Sapio</strong><br />

<strong>La</strong> <strong>parola</strong> “<strong>islām</strong>” [ ] <strong>è</strong> <strong>il</strong> <strong>mas</strong>.dar 1 (“nome verbale” o “nome d’azione”) del<br />

verbo <strong>di</strong> 4ª forma aslama, cio<strong>è</strong> “<strong>il</strong> sottomettersi, l’abbandonarsi (a Dio)”, quin<strong>di</strong><br />

“l’accettare <strong>di</strong> essere musulmano”. <strong>La</strong> ra<strong>di</strong>ce del verbo aslama, come la maggior<br />

parte delle ra<strong>di</strong>ci arabe, <strong>è</strong> tr<strong>il</strong>ittera: sīn-lām-mīm, la stessa da cui proviene la<br />

<strong>parola</strong> salām [ ] che significa “pace” 2 . È un abbandono comunque “attivo”,<br />

cio<strong>è</strong> responsab<strong>il</strong>e, a Dio (in lingua araba , allāh), con cui <strong>il</strong> credente (<strong>il</strong> “sottomesso”)<br />

s’impegna, con tutte le forze fisiche e morali <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone, ad obbe<strong>di</strong>re<br />

alla Sua volontà. Va inoltre ricordato che l’<strong>islām</strong> ha conosciuto, e tuttora conosce,<br />

una pluralità <strong>di</strong> declinazioni, anche con riferimento alle caratteristiche <strong>di</strong> questo<br />

abbandono.<br />

<strong>La</strong> <strong>parola</strong> “musulmano”, in arabo muslim [ ], <strong>è</strong> invece <strong>il</strong> participio attivo<br />

dello stesso verbo, cio<strong>è</strong> “colui che si sottomette, che si abbandona (a Dio)”,<br />

“colui che aderisce all’<strong>islām</strong>”. Quin<strong>di</strong>, mentre l’aggettivo “islamico” ha un’acce-<br />

1 <strong>La</strong> traslitterazione dall’arabo <strong>è</strong> internazionale semplificata, con alcuni adattamenti funzionali a<br />

rendere comprensib<strong>il</strong>i, allo stesso tempo, sia l’ortografia in caratteri arabi, sia la fonetica. Ad es., la tā’<br />

marbūta-h [ ], sempre in fine <strong>di</strong> <strong>parola</strong>, dopo una “a” (comunque obbligatoria prima <strong>di</strong> essa), e che<br />

normalmente in<strong>di</strong>ca <strong>il</strong> genere femmin<strong>il</strong>e, <strong>è</strong> resa con “-h”, che non si pronuncia, quando vi <strong>è</strong> una pausa<br />

fonetica, o con “-t”, che invece si pronuncia, quando <strong>è</strong> foneticamente legata alla <strong>parola</strong> che segue.<br />

2 Ad essere rigorosi, <strong>il</strong> termine salām avrebbe un’accezione <strong>di</strong>versa rispetto a s.ulh., in quanto <strong>il</strong><br />

primo in<strong>di</strong>cherebbe una situazione <strong>di</strong> pace in cui <strong>il</strong> progetto islamico <strong>è</strong> affermato, anzi realizzato,<br />

nella sua pienezza, con tutto ciò che ne consegue (una sorta <strong>di</strong> pax islamica), mentre <strong>il</strong> secondo<br />

andrebbe inteso come assenza <strong>di</strong> guerra. Va tuttavia r<strong>il</strong>evato che <strong>il</strong> termine salām <strong>è</strong> da sempre usato<br />

non solo in occidente, ma anche presso le stesse società arabe e musulmane, soprattutto nella seconda<br />

accezione. Il sostantivo s<strong>il</strong>m <strong>è</strong> invece usato in un’accezione sim<strong>il</strong>e a salām, ma con un significato<br />

<strong>di</strong> pace caratterizzata dalla calma, mentre hudū’ significa tranqu<strong>il</strong>lità e rāh.a-h riposo, quiete. Inoltre<br />

per in<strong>di</strong>care una pace provvisoria, una tregua, un armistizio, si usa <strong>il</strong> termine hudna-h: tahādana <strong>è</strong><br />

infatti un verbo <strong>di</strong> 6ª forma che significa “concludere un armistizio, una tregua”.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

zione oggettiva, riferendosi all’<strong>islām</strong> in quanto fenomeno religioso, l’aggettivo<br />

“musulmano” ha un’accezione soggettiva, riferendosi al soggetto che si riconosce<br />

nell’<strong>islām</strong>. Va tuttavia osservato che <strong>di</strong> solito i due termini vengono, nell’uso<br />

comune, considerati tra loro fungib<strong>il</strong>i.<br />

L’<strong>islām</strong> <strong>è</strong> una religione caratterizzata da un rigoroso monoteismo, in cui Dio <strong>è</strong><br />

caratterizzato da un’assoluta trascendenza, ed ha tratti in comune sia con l’ebraismo<br />

sia, per altri versi, col cristianesimo, soprattutto orientale, anche se presenta<br />

alcuni elementi provenienti dalla cultura dell’Arabia preislamica. S’inscrive,<br />

quin<strong>di</strong>, nel quadro delle cc.dd. religioni abramitiche (ebraismo, cristianesimo,<br />

<strong>islām</strong>), che riconoscono la loro origine remota nel patto <strong>di</strong> sottomissione stipulato<br />

dal profeta Abramo con Dio 3 .<br />

Organizzazione religiosa della comunità islamica<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista istituzionale, va segnalato che non esiste nell’<strong>islām</strong> una Chiesa,<br />

un’organizzazione gerarchica centralizzata che abbia <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiararne la<br />

dottrina e <strong>di</strong> esercitarne <strong>il</strong> magistero. Ciò <strong>è</strong> allo stesso tempo “delizia e croce”<br />

dell’<strong>islām</strong>, in quanto, se, da un lato, ha un indubbio fascino, dovuto alla presenza<br />

<strong>di</strong> certi elementi <strong>di</strong> “democrazia”, per essere <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito su qualunque cosa sempre<br />

aperto al contributo <strong>di</strong> tutti e mai concluso autoritariamente dall’alto, dall’altro<br />

consente derive <strong>di</strong> tipo estremistico, come l’esistenza <strong>di</strong> gruppi ra<strong>di</strong>cali, che talvolta<br />

usano l’arma spietata del terrorismo, non sconfessab<strong>il</strong>i, una volta per tutte,<br />

da nessuna autorità religiosa, con efficacia erga omnes. In definitiva, nessuno può<br />

parlare in nome <strong>di</strong> tutto l’<strong>islām</strong> 4 e le <strong>di</strong>verse opinioni s’impongono, <strong>di</strong> fatto, solo<br />

per la loro autorevolezza o per <strong>il</strong> consenso da parte dei <strong>di</strong>versi gruppi <strong>di</strong> fedeli,<br />

comunque conquistato 5 . Nell’<strong>islām</strong> sunnita non esistono inoltre sacramenti, né<br />

alcuna forma <strong>di</strong> sacerdozio, in quanto le funzioni <strong>di</strong> šayh ˘ , <strong>di</strong> imām, <strong>di</strong> h ˘ atīb, <strong>di</strong><br />

3 Ricor<strong>di</strong>amo che Abramo, definito h.anīf per la sua forte sensib<strong>il</strong>ità monoteista, <strong>è</strong> considerato,<br />

dall’<strong>islām</strong>, una sorta <strong>di</strong> “musulmano ante litteram”.<br />

4 Lo stesso califfo, nell’<strong>islām</strong> sunnita, non ha questo potere, poiché egli stesso può e deve<br />

essere deposto in caso <strong>di</strong> violazione dei precetti “sciaraitici”. Diversa <strong>è</strong> la situazione nell’<strong>islām</strong> sciita<br />

dove l’imām, a capo della comunità, gode <strong>di</strong> una sorta d’infallib<strong>il</strong>ità (la ‘is.ma-h).<br />

5 Esiste, per certi aspetti, un potere <strong>di</strong>ffuso che parrebbe ricordare l’organizzazione politica <strong>di</strong><br />

tipo tribale, presente nell’Arabia preislamica, su cui v. infra, “<strong>La</strong> Penisola araba preislamica”.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

mū’ad − d − in, sono <strong>di</strong> tipo prevalentemente organizzativo-culturale, non essendo<br />

necessaria alcuna investitura ufficiale. In particolare, lo šayh ˘ provvede all’amministrazione<br />

della moschea. L’imām 6 ha <strong>il</strong> compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere la preghiera,<br />

sincronizzando i gesti dei fedeli e pronunciando delle frasi interlocutorie rispetto<br />

all’assemblea degli oranti; può essere chiunque abbia una sufficiente conoscenza<br />

delle incombenze <strong>di</strong> tipo cultuale e dei principi essenziali della dottrina islamica.<br />

Il h ˘ at.īb <strong>è</strong> colui che pronuncia la h ˘ ut.ba-h 7 . Il mū’ad − d − in <strong>è</strong> infine colui che recita<br />

l’appello alla preghiera, l’ād − ān 8 : spesso, soprattutto nelle piccole moschee, dove<br />

non c’<strong>è</strong> altro personale addetto alle pulizie, alla custo<strong>di</strong>a, ecc., costui svolge<br />

anche questi servizi. Ciascuna delle suddette funzioni non esclude comunque<br />

le altre, non essendo tra loro incompatib<strong>il</strong>i, e spesso si cumula anche con altri<br />

lavori esercitati nella vita civ<strong>il</strong>e. In nessun caso <strong>è</strong> praticato <strong>il</strong> celibato, che anzi <strong>è</strong><br />

sempre considerato riprovevole (makrūh.), essendo quello <strong>di</strong> formare una famiglia<br />

e riprodursi uno dei principali compiti assegnati da Dio all’uomo 9 .<br />

L’<strong>islām</strong> sciita, soprattutto imāmita e ismā‘īlita, ha invece una specie <strong>di</strong> clero,<br />

che riceve un’investitura che potremmo definire “para-sacramentale”, al punto<br />

che potrebbe essere paragonato, sia pure con una certa approssimazione, al<br />

cristianesimo cattolico, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quello sunnita, che ricorderebbe, invece,<br />

almeno per certi aspetti, <strong>il</strong> cristianesimo protestante 10 .<br />

In definitiva, la religione, nell’<strong>islām</strong>, non <strong>è</strong> separab<strong>il</strong>e dal <strong>di</strong>ritto e dalla<br />

politica (anche se, ovviamente, ne <strong>è</strong> <strong>di</strong>stinguib<strong>il</strong>e), e tutto, nella società, ne <strong>è</strong><br />

influenzato, costituendone la stessa ragione fondante 11 . Gli Stati contemporanei,<br />

in cui circolano i modelli occidentali introdotti dai processi <strong>di</strong> acculturazione,<br />

6 Nelle gran<strong>di</strong> moschee ve n’<strong>è</strong> più <strong>di</strong> uno. Talvolta però solo quello principale <strong>è</strong> definito<br />

imām, mentre gli altri vengono chiamati vice-imām; tuttavia quest’ultimo termine <strong>è</strong> improprio<br />

perché, nel momento in cui <strong>di</strong>rige la preghiera, chiunque <strong>è</strong> imām.<br />

7 u V. infra, “Gli arkān ’l-<strong>islām</strong>” (2).<br />

8 Ibid.<br />

9 u Per altre figure, come <strong>il</strong> faqīh, <strong>il</strong> muftī, lo šayh˘ ’l-<strong>islām</strong>, <strong>il</strong> qād.ī, ecc., che rivestono un ruolo<br />

importante per <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto islamico, v. <strong>il</strong> mio contributo per <strong>il</strong> Quaderno dei <strong>di</strong>ritti religiosi <strong>di</strong> questa<br />

stessa Collana.<br />

10 Anche per le figure peculiari dell’<strong>islām</strong> sciita, dato <strong>il</strong> loro r<strong>il</strong>ievo anche politico-istituzionale,<br />

si rinvia al Quaderno <strong>di</strong> cui in nota 9.<br />

11 Essendo la umma-h, nata dall’egira, fondata sul legame <strong>di</strong> fede. V. infra, “Maometto e la<br />

Rivelazione”.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

soprattutto degli ultimi due secoli, hanno tuttavia in notevole misura <strong>di</strong>satteso<br />

questa visione tendenzialmente olistica della società islamica 12 .<br />

Distribuzione dei musulmani<br />

I musulmani costituiscono oggi, in termini numerici, nel loro insieme (sunniti,<br />

sciiti, h ˘ āriğiti), la seconda comunità religiosa a livello mon<strong>di</strong>ale, dopo i cristiani,<br />

anch’essi considerati nel loro insieme (cattolici, protestanti, anglicani, ortodossi,<br />

comunità autocefale). Infatti essi ammontano ormai a quasi un m<strong>il</strong>iardo e mezzo<br />

(circa <strong>il</strong> 20% della popolazione mon<strong>di</strong>ale), rispetto ai quasi due m<strong>il</strong>iar<strong>di</strong> e mezzo<br />

(<strong>il</strong> 33%) <strong>di</strong> cristiani: le due “macrocomunità”, tra loro sommate, integrano così<br />

la maggioranza della popolazione planetaria 13 .<br />

<strong>La</strong> culla dell’<strong>islām</strong> <strong>è</strong>, come vedremo, la Penisola araba, in particolare la sua<br />

regione occidentale (<strong>il</strong> H. iğāz), sul versante del Mar Rosso, ma la sua espansione<br />

storica lo porta a occupare la regione afro-asiatica che si estende dall’Oceano<br />

atlantico al pacifico, ad arco sull’intero Oceano in<strong>di</strong>ano, tra <strong>il</strong> 45° parallelo settentrionale<br />

e <strong>il</strong> 10° meri<strong>di</strong>onale, a cavallo del Tropico del Cancro (una fascia <strong>di</strong><br />

circa 22 gra<strong>di</strong> a nord e 33 gra<strong>di</strong> a sud <strong>di</strong> esso), con l’eccezione <strong>di</strong> alcune regioni<br />

ancora più a nord (come, ad esempio, <strong>il</strong> Kazakistan settentrionale e le regioni<br />

della Federazione russa abitate da Tatari e da altre popolazioni islamiche) e più a<br />

sud (come, ad esempio, le isole Comore e <strong>il</strong> Mozambico).<br />

Anche in Europa, oltre che in Asia e in Africa, va registrata, dal 711 (anno del<br />

passaggio dello stretto <strong>di</strong> Gib<strong>il</strong>terra), una presenza islamica nella Penisola iberica<br />

(<strong>il</strong> Regno <strong>di</strong> Granada, per ultimo, capitola nel 1492), nella Francia meri<strong>di</strong>onale<br />

(con escursioni più a nord, nel 732, fino a Poitiers e Tours), in Sic<strong>il</strong>ia (dall’827 al<br />

12 Lo Stato che oggi, nell’<strong>islām</strong> sunnita, rimane più fedele a questa visione <strong>è</strong>, almeno dal punto<br />

<strong>di</strong> vista formale, <strong>il</strong> Regno dell’Arabia sau<strong>di</strong>ta, espressione istituzionale della visione wah.abita.<br />

13 Tutte le cifre, assolute e relative, qui citate, anche se ricavate da fonti autorevoli, devono<br />

comunque essere considerate con la prudenza dovuta a una realtà, per <strong>di</strong>versi motivi, in continua<br />

evoluzione, <strong>di</strong>stinguendo inoltre tra i <strong>di</strong>fferenti gruppi <strong>di</strong> musulmani. Bisogna sempre tener<br />

presenti <strong>di</strong>versi fattori, tra cui la relatività, e talvolta opinab<strong>il</strong>ità, dei criteri adottati per definire<br />

l’appartenenza religiosa degli in<strong>di</strong>vidui, <strong>il</strong> <strong>di</strong>namismo identitario, i tassi <strong>di</strong> natalità e <strong>di</strong> mortalità,<br />

gli spostamenti <strong>di</strong> popolazioni e, sia pure in misura minore, anche le conversioni, più o meno<br />

recenti.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

1061, anno della conquista normanna, e oltre 14 ) e, sia pure per breve tempo, in<br />

altre regioni, soprattutto della Penisola italiana, come l’Emirato <strong>di</strong> Bari (dall’841<br />

all’871) e la Terra d’Otranto (occupata dai turchi dal 1480 al 1481). Va segnalata<br />

inoltre, a partire dal XIV secolo e fino ad oggi, la presenza <strong>di</strong> musulmani nella<br />

Penisola balcanica: maggioritaria in Albania (circa <strong>il</strong> 70%) e Kosovo (<strong>il</strong> 90%), e<br />

<strong>mas</strong>sicciamente presente anche in Bosnia (oltre la metà, se si esclude l’Erzegovina,<br />

a maggioranza cattolica), in Macedonia (<strong>il</strong> 30%), in Bulgaria (<strong>il</strong> 13%), nel<br />

Sangiaccato serbo (la maggioranza della popolazione), in Montenegro (quasi <strong>il</strong><br />

20%), nella Tracia greca e in quella turca (in quest’ultima costituisce la quasi<br />

totalità della popolazione, oltre <strong>di</strong>eci m<strong>il</strong>ioni solo nella parte europea dell’agglomerato<br />

urbano <strong>di</strong> Istanbul). Sempre in Europa, va registrata, infine, una presenza<br />

storica in alcune regioni dell’Ucraina (soprattutto in Crimea, dove <strong>è</strong> inse<strong>di</strong>ata<br />

un’importante comunità tatara) e della Federazione russa 15 .<br />

Va infine ricordata l’importante <strong>di</strong>aspora, relativamente recente, determinata<br />

dall’emigrazione (dovuta soprattutto a motivi economici, ma non solo), che ha<br />

portato <strong>di</strong>versi m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> musulmani in Europa occidentale 16 , nelle Americhe 17 ,<br />

in Oceania, facendo così registrare la loro presenza ormai in quasi tutto <strong>il</strong> mondo,<br />

anche nelle regioni tra<strong>di</strong>zionalmente a loro sconosciute, e provocando quel<br />

fenomeno della multiculturalità e della multireligiosità, che tanti interrogativi ci<br />

pone, poiché costituisce una sfida per la nostra società, fino a non molti anni fa<br />

sostanzialmente monoculturale e monoreligiosa 18 .<br />

Importante <strong>di</strong>stinzione <strong>è</strong> poi quella tra le <strong>di</strong>verse firqa-h (pl. firaq, comunità<br />

religiose) islamiche: sunniti, sciiti e h ˘ āriğiti. I sunniti costituiscono circa l’88%<br />

14 Fino a Federico II e alla deportazione della residua comunità islamica sic<strong>il</strong>iana a Lucera,<br />

nella Capitanata <strong>di</strong> Puglia.<br />

15 In Europa, la presenza islamica “storica” <strong>è</strong>, per la sua quasi totalità, sunnita.<br />

16 Solo in Francia i musulmani sono circa cinque m<strong>il</strong>ioni, quasi <strong>il</strong> 9% della popolazione. In<br />

Italia, invece, essi ammontano a circa 1.200.000, quasi tutti sunniti, <strong>il</strong> 2%, la seconda confessione<br />

religiosa, dopo quella cattolica.<br />

17 Negli U.S.A. sono presenti oltre quattro m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> musulmani, pari a quasi l’1,5% della<br />

popolazione, mentre in Suriname essi ammontano al 15%.<br />

18 Occorre comunque dare risposte efficaci a una società pluralistica in cui le <strong>di</strong>versità identitarie<br />

possono offrire straor<strong>di</strong>narie opportunità <strong>di</strong> arricchimento e <strong>di</strong> <strong>di</strong>namismo, ma possono anche<br />

<strong>di</strong>ventare fonte <strong>di</strong> contrasti e conflitti irriducib<strong>il</strong>i, se queste <strong>di</strong>versità si affermano al <strong>di</strong> fuori dei<br />

gran<strong>di</strong> valori su cui si fonda <strong>il</strong> nostro Stato laico e democratico.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

della popolazione musulmana mon<strong>di</strong>ale, gli sciiti, complessivamente considerati,<br />

quasi <strong>il</strong> 12% e i h ˘ āriğiti circa lo 0,2%. Esaminiamo dove <strong>è</strong> attestata la presenza<br />

dei gruppi non sunniti, questi ultimi da intendersi, in via residuale, presenti nella<br />

restante parte del mondo islamico.<br />

Gli sciiti imāmiti (<strong>il</strong> cui mad − hab <strong>è</strong> quello ğa‘farita), tra<strong>di</strong>zionalmente numerosi<br />

intorno alle sponde del Golfo persico, costituiscono la maggioranza della popolazione<br />

in Iran (circa <strong>il</strong> 90%), in Bahrein e in Iraq (circa <strong>il</strong> 65%); essi sono inoltre<br />

presenti in Azerbaigian, in Libano (quasi <strong>il</strong> 40%) 19 , in Afghanistan (circa <strong>il</strong> 20%),<br />

in Pakistan (circa <strong>il</strong> 20%), in In<strong>di</strong>a, in <strong>di</strong>versi Paesi della Penisola araba, in Kuwait<br />

(quasi <strong>il</strong> 40%), in Qatar, negli Emirati arabi uniti e nello stesso Regno dell’Arabia<br />

sau<strong>di</strong>ta (circa <strong>il</strong> 5%, per lo più concentrati nelle sue regioni orientali); risiedono,<br />

infine, a “macchia <strong>di</strong> leopardo” nella costa orientale dell’Africa. Nel loro insieme<br />

essi costituiscono oltre <strong>il</strong> 9% <strong>di</strong> tutti i musulmani. Gli sciiti ismā‘īliti sono invece<br />

presenti in In<strong>di</strong>a, in Pakistan, in Afghanistan, in Tagikistan e in altri Paesi dell’Asia<br />

centrale, in alcune zone montagnose dello Yemen settentrionale, ovunque minoritari:<br />

essi costituiscono quasi l’1% dei musulmani. Gli sciiti zay<strong>di</strong>ti rimangono<br />

soltanto nello Yemen del nord, dove rappresentano quasi la metà della popolazione,<br />

oltre che in alcune plaghe situate in Arabia sau<strong>di</strong>ta, nei pressi del confine<br />

yemenita; un tempo erano presenti anche in Tabaristān, sulle coste meri<strong>di</strong>onali<br />

del Mar Caspio, dove avevano costituito un loro Stato, poi tramontato. In tutto<br />

ammontano a circa 20 m<strong>il</strong>ioni, pari a quasi l’1,5%.<br />

Infine i h ˘ āriğiti, che sopravvivono solo nella versione ‘iba<strong>di</strong>ta, la più moderata,<br />

essendosi col tempo estinte le altri correnti, molto più ra<strong>di</strong>cali, degli azraqiti,<br />

dei sufriti, dei nağadāt e dei nukkariti. <strong>La</strong> loro presenza <strong>è</strong> attestata soprattutto<br />

nel Sultanato dell’Oman, dove sono circa la metà della popolazione, costituendo<br />

la dottrina ufficiale dello Stato (cui aderisce la stessa <strong>di</strong>nastia regnante, rappresentata<br />

oggi dal Sultano Qabūs), nell’arcipelago <strong>di</strong> Zanzibar 20 , nella “pentapoli”<br />

19 Grazie al loro elevato tasso <strong>di</strong> natalità si <strong>è</strong> così determinata una non irr<strong>il</strong>evante mo<strong>di</strong>fica nei<br />

rapporti tra le <strong>di</strong>verse comunità religiose (in arabo t.ā’ifa-h, pl. t.awā’if, <strong>di</strong>ciannove quelle ufficiali<br />

in Libano), provocando così la presentazione <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> “conto demografico” e la richiesta <strong>di</strong><br />

una revisione degli equ<strong>il</strong>ibri <strong>di</strong> potere, già parzialmente mo<strong>di</strong>ficati con gli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ta’īf del 1990<br />

(che hanno posto termine a quin<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong> guerra civ<strong>il</strong>e), in termini non troppo favorevoli per la<br />

componente sciita. V., tra l’altro, la nota 77.<br />

20 Parte integrante del Sultanato <strong>di</strong> Oman fino al 1890, anno dell’inse<strong>di</strong>amento del protettorato<br />

inglese, e al 1963, anno dell’in<strong>di</strong>pendenza.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

mozabita dell’Algeria centro-settentrionale (con Ghardaïa capoluogo), nell’isola<br />

<strong>di</strong> Gerba (in Tunisia), nello ğebel Nafūsa e nella città <strong>di</strong> Zuara (in Tripolitania).<br />

Un tempo vi era una presenza h ˘ āriğita anche in Marocco 21 .<br />

Tutti gli altri musulmani sono sunniti, <strong>di</strong>visi nei quattro mad − hab (pl. mad − āhib)<br />

sopravvissuti dei h.anafiti, dei malikiti, degli sciafi‘iti e dei h.anbaliti (oggi solo nella<br />

versione wah.abita), che rappresentano <strong>di</strong>verse declinazioni <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> vista<br />

sostanzialmente comune, con varianti marginali soprattutto <strong>di</strong> natura giuri<strong>di</strong>ca 22 .<br />

Il mad − hab h.anafita, <strong>il</strong> più aperto e tollerante, poiché ammette più degli altri l’uso<br />

del ragionamento in<strong>di</strong>viduale (rā’y), <strong>è</strong> <strong>il</strong> più antico e quello più numeroso, essendo<br />

stato adottato come scuola giuri<strong>di</strong>ca ufficiale dell’Impero ottomano, ed <strong>è</strong> presente<br />

soprattutto in Turchia e nei Paesi turcomanni dell’Asia centrale, nella regione siropalestinese<br />

e nella “Mezzaluna fert<strong>il</strong>e” (insieme col mad − hab sciafi‘ita), nell’In<strong>di</strong>a del<br />

nord, nel Pakistan, nell’Afghanistan e in una parte dell’Egitto. Il mad − hab malikita,<br />

più tra<strong>di</strong>zionalista, <strong>è</strong>, cronologicamente, <strong>il</strong> secondo e, numericamente, <strong>il</strong> terzo,<br />

ed <strong>è</strong> presente soprattutto nel Mag˙rib, in Africa occidentale e in parte del Basso<br />

Egitto. Il mad − hab sciafi‘ita, che rappresenta una sintesi organica dei primi due,<br />

<strong>è</strong>, cronologicamente, <strong>il</strong> terzo e, numericamente, <strong>il</strong> secondo, ed <strong>è</strong> presente soprattutto<br />

nei Paesi che si trovano sulle coste dell’Oceano in<strong>di</strong>ano, dalla popolosa<br />

Indonesia (<strong>il</strong> Paese che ospita <strong>il</strong> maggior numero <strong>di</strong> musulmani al mondo, quasi<br />

200 m<strong>il</strong>ioni), a parte del sub-continente in<strong>di</strong>ano, della Penisola araba, soprattutto<br />

lo Yemen non sciita-zay<strong>di</strong>ta e l’Oman non h ˘ āriğita-‘iba<strong>di</strong>ta, l’Alto Egitto, <strong>il</strong><br />

Sudan, <strong>il</strong> Corno d’Africa e parte delle coste orientali dell’Africa. Il più recente, e<br />

<strong>il</strong> meno numeroso, <strong>è</strong> quello h.anbalita (nella versione riformata dal wah.abismo), <strong>il</strong><br />

più rigorista, presente in Arabia sau<strong>di</strong>ta, dove costituisce la dottrina ufficiale del<br />

Regno, e in alcuni altri Paesi della penisola, come <strong>il</strong> Qatar, dove però ha un’applicazione<br />

più “liberale”. Bisogna tenere comunque presente la continua espansione,<br />

ovunque nel mondo, <strong>di</strong> questa dottrina, grazie agli ingenti finanziamenti<br />

21 <strong>La</strong> presenza in Mag˙rib <strong>è</strong> spiegata dal ruolo che questo ha avuto come terra <strong>di</strong> rifugio dalle<br />

persecuzioni cui essi erano soggetti nella Penisola araba e in Mesopotamia, a causa della loro ra<strong>di</strong>cale<br />

intransigenza.<br />

22 Ce ne occuperemo, con riferimento anche ai mad− hab estinti (dei quali vogliamo qui ricordare<br />

quelli <strong>di</strong> al-Awza’ī, <strong>di</strong> at - -T - awrī e <strong>di</strong> at.-T.abarī e quello “letteralista” z.āhirita, da ritenersi i più<br />

importanti), nel numero <strong>di</strong> questi Quaderni che tratterà del <strong>di</strong>ritto musulmano, al quale si rinvia<br />

per ogni approfon<strong>di</strong>mento, limitandoci in questa sede a <strong>il</strong>lustrarne solo la <strong>di</strong>stribuzione geografica.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

<strong>di</strong> cui godono le missioni wah.abite, che si de<strong>di</strong>cano alla c.d. da‘wa-h (appello), e<br />

grazie al loro particolare attivismo. <strong>La</strong> loro penetrazione, che <strong>è</strong> spesso accompagnata<br />

dall’istituzione <strong>di</strong> scuole coraniche (madrasa-h), ospedali (mustašfà), altre<br />

istituzioni socialmente r<strong>il</strong>evanti, aiuti – finanziari e non – ai fedeli in <strong>di</strong>fficoltà,<br />

ecc., avviene così “a macchia <strong>di</strong> leopardo”, sia in regioni tra<strong>di</strong>zionalmente islamiche,<br />

sia in contesto storicamente non islamico, <strong>di</strong>ffondendo una concezione<br />

dell’<strong>islām</strong> ra<strong>di</strong>cale anche tra popolazioni che fino ad ora avevano aderito, sia pure<br />

per tra<strong>di</strong>zione, ad un <strong>islām</strong> aperto e tollerante.<br />

Ma dove e quando nasce l’<strong>islām</strong>? E quali sono le circostanze che ne accompagnano<br />

la genesi e lo straor<strong>di</strong>nario sv<strong>il</strong>uppo?<br />

<strong>La</strong> Penisola araba preislamica<br />

Questa <strong>è</strong> definita dall’<strong>islām</strong> come epoca della ğāh<strong>il</strong>iyya-h, cio<strong>è</strong> dell’ignoranza, per<br />

non essere ancora “<strong>di</strong>scesa” la Rivelazione ultima e definitiva.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista geografico, la penisola araba <strong>è</strong> un grande trapezio <strong>di</strong> oltre<br />

due m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> ch<strong>il</strong>ometri quadrati, costituito da due parti <strong>di</strong>stinte per essere l’una<br />

(al centro e al nord) prevalentemente desertica, e l’altra (al sud), prevalentemente<br />

montagnosa: questa <strong>di</strong>fferenziazione ambientale corrisponde, a sua volta, a due<br />

<strong>di</strong>versi modelli <strong>di</strong> civ<strong>il</strong>tà, dal punto <strong>di</strong> vista economico, sociale, politico, religioso.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista economico, la parte meri<strong>di</strong>onale della penisola, corrispondente<br />

in gran parte allo Yemen, era caratterizzata da una attività agricola fiorente, per le<br />

risorse idriche <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponeva, derivanti da una sapiente mob<strong>il</strong>izzazione dell’acqua<br />

me<strong>di</strong>ante opere <strong>di</strong> ingegneria idraulica molto avanzate per l’epoca, e <strong>di</strong> cui la <strong>di</strong>ga<br />

<strong>di</strong> Ma‘rib <strong>è</strong> solo un esempio. Questa situazione, tuttavia, era destinata a degradarsi<br />

proprio all’epoca in cui visse <strong>il</strong> Profeta, come <strong>di</strong>mostra la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> funzionalità della<br />

stessa <strong>di</strong>ga per cattiva manutenzione, in un momento <strong>di</strong> grave crisi politica. Ri<strong>mas</strong>e<br />

comunque fiorente la produzione e <strong>il</strong> commercio delle spezie e degli aromi, <strong>di</strong> cui <strong>è</strong><br />

ricco <strong>il</strong> territorio, ed in particolare dell’incenso e della mirra, prodotti molto richiesti<br />

in tutta l’area del Me<strong>di</strong>terraneo, soprattutto per esigenze cultuali.<br />

<strong>La</strong> parte centro-settentrionale <strong>è</strong> invece caratterizzata prevalentemente dall’allevamento<br />

<strong>di</strong> animali <strong>di</strong> grossa taglia (cameli<strong>di</strong>, nella fattispecie dromedari) e <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>a taglia (ovini e caprini), così come dalla coltivazione <strong>di</strong> vegetali, quest’ultima<br />

circoscritta alle oasi, dove, negli stessi appezzamenti, erano presenti allo stesso<br />

tempo tre <strong>di</strong>versi livelli: le piante <strong>di</strong> alto fusto – costituite prevalentemente dalle<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

palme da dattero –, quelle <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a altezza – alberi da frutta, melograni, fichi,<br />

ecc. – e, infine, a livello inferiore, le <strong>di</strong>verse varietà <strong>di</strong> ortaggi. Non ultimo per<br />

importanza, era praticato anche <strong>il</strong> commercio, soprattutto <strong>di</strong> lungo percorso, in<br />

quanto si trovava a coprire gran parte della “via dell’incenso”, che dalle coste del<br />

H. adramaut, sull’Oceano in<strong>di</strong>ano, conduceva alle sponde del Me<strong>di</strong>terraneo, e che<br />

era usata per <strong>il</strong> trasporto non solo <strong>di</strong> spezie e aromi, ma anche (almeno fino alla<br />

circumnavigazione dell’Africa) <strong>di</strong> manufatti provenienti dall’In<strong>di</strong>a.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista sociale, <strong>il</strong> sud della penisola era composto soprattutto da<br />

popolazioni sedentarie, come si <strong>è</strong> visto legate alla terra dall’attività <strong>di</strong> coltivazione<br />

o de<strong>di</strong>te alla raccolta delle spezie e delle resine preziose, nonché ai commerci<br />

delle stesse.<br />

Il centro-nord era invece popolato sia da tribù noma<strong>di</strong>, soprattutto quelle<br />

de<strong>di</strong>te all’allevamento <strong>di</strong> cameli<strong>di</strong> (bestiame <strong>di</strong> grossa taglia che necessita, a<br />

seconda delle stagioni, <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> spostamenti per la ricerca <strong>di</strong> cibo e <strong>di</strong> acqua),<br />

sia da popolazioni seminoma<strong>di</strong>, de<strong>di</strong>te all’allevamento degli animali <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a<br />

taglia, ovini e caprini, e sedentarie, gli agricoltori residenti nelle oasi, gli artigiani<br />

e i commercianti delle città.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista politico, <strong>il</strong> sud conosceva un potere centralizzato, essendo<br />

costituito da regni – che si succedevano nel tempo e che occupavano <strong>di</strong>fferenti<br />

territori –, i più importanti dei quali erano quelli dei Sabei, dei Minei, dei<br />

Qatabani<strong>di</strong>, dei H. imyariti, ecc.<br />

Il centro-nord era invece caratterizzato da un potere <strong>di</strong>ffuso, <strong>di</strong> tipo tribale, in<br />

cui <strong>il</strong> sayyid (signore) era considerato un primus inter pares rispetto a un consiglio<br />

<strong>di</strong> “anziani” (šaykh, pl. šuyūkh), che interveniva sulle questioni più importanti.<br />

V’erano poi personaggi comunque importanti, come <strong>il</strong> “poeta” – che rappresentava<br />

la voce della coscienza collettiva della comunità e che godeva <strong>di</strong> una certa<br />

libertà nel denunciare le incongruenze dei capi e <strong>il</strong> loro mancato rispetto della<br />

mūrwa-h 23 , spesso mettendoli in ri<strong>di</strong>colo, e che per questo erano, allo stesso<br />

tempo, rispettati ma temuti 24 –, <strong>il</strong> “sacerdote”, ecc. Molte <strong>di</strong> queste tribù erano<br />

23 Co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> comportamento “cavalleresco” degli uomini moralmente virtuosi.<br />

24 Nel gennaio 630, quando Maometto entrerà alla Mecca e, con notevole lungimiranza,<br />

risparmierà i suoi antichi avversari, l’unica eccezione sarà costituita proprio da alcuni poeti cui non<br />

sarà perdonato l’aver composto alcuni versi in cui <strong>il</strong> Profeta veniva deriso, e che per questo saranno<br />

giustiziati.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

riunite in confederazioni, con politiche comuni relative soprattutto alla <strong>di</strong>fesa e ai<br />

rapporti con l’esterno. Al loro interno erano poi sud<strong>di</strong>vise in clan e frazioni, che<br />

rappresentavano la ramificazione dal tronco proveniente da un unico capostipite,<br />

vero o presunto che fosse. Le unità minori erano infine le famiglie patriarcali, che<br />

comprendevano l’ultimo ascendente vivente, con tutti coloro che da lui <strong>di</strong>scendevano.<br />

Ciascuna <strong>di</strong> queste unità aveva un suo capo, cui spettavano, <strong>di</strong> concerto<br />

con gli altri anziani, le decisioni più importanti.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista religioso, infine, in relazione al sud, non si hanno notizie<br />

certe, anche se si sa <strong>di</strong> una religiosità <strong>di</strong> tipo astrale, con la prevalenza <strong>di</strong> due <strong>di</strong>vinità<br />

sulle altre: una <strong>di</strong> tipo solare, femmin<strong>il</strong>e, e l’altra lunare, <strong>mas</strong>ch<strong>il</strong>e 25 . Va poi<br />

segnalata la presenza <strong>di</strong> un mukarrib 26 , una sorta <strong>di</strong> “sacerdote-re”, che presenta<br />

ancora aspetti per noi misteriosi. Vi <strong>è</strong>, infine, una <strong>di</strong>vinità, quella <strong>di</strong> rah.mān, <strong>il</strong><br />

“misericor<strong>di</strong>oso”, che sembra anticipare, in un certo senso, gli sv<strong>il</strong>uppi <strong>di</strong> tipo<br />

monoteistico, che conoscerà <strong>il</strong> H. iğāz.<br />

Il centro-nord, invece, data la pluralità <strong>di</strong> tribù, aveva una pluralità <strong>di</strong> d<strong>è</strong>i,<br />

<strong>di</strong>versi a seconda delle singole tribù, la cui esistenza era riconosciuta anche dalle<br />

altre. Spesso una tribù venerava un solo <strong>di</strong>o (una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>o “della tribù”), essendo,<br />

così, monoteista dal punto <strong>di</strong> vista del culto interno, pur riconoscendo, allo<br />

stesso tempo, l’esistenza delle <strong>di</strong>vinità delle altre tribù, che tuttavia non venerava,<br />

ponendosi così in un’ottica <strong>di</strong> sostanziale politeismo (solo al santuario della Mecca<br />

erano presenti allo stesso tempo ben 360 idoli 27 ). Gli d<strong>è</strong>i erano costituiti prevalentemente<br />

da entità naturali, come alberi, sorgenti <strong>di</strong> acqua, cascate, bet<strong>il</strong>i, ecc. Vi<br />

erano poi comunità <strong>di</strong> ebrei – raggruppati soprattutto in alcune importanti oasi,<br />

come H ˘ aybar, Fadak, Tabūk, Taymā, Maqnā, Yathrib 28 , ecc. – e <strong>di</strong> cristiani, questi<br />

ultimi costituiti prevalentemente da esponenti delle “eresie orientali”, soprattutto<br />

nestoriani e monofisiti, i cui Vangeli <strong>di</strong> riferimento erano quelli “apocrifi”, e che<br />

probab<strong>il</strong>mente neanche conoscevano i Vangeli “canonici” 29 ; alcuni <strong>di</strong> loro viveva-<br />

25 In molte lingue (tra cui le semitiche) <strong>il</strong> sole <strong>è</strong> <strong>di</strong> genere femmin<strong>il</strong>e, mentre la luna <strong>è</strong> <strong>mas</strong>ch<strong>il</strong>e.<br />

26 <strong>La</strong> vocalizzazione <strong>è</strong> solo ipotetica (come nell’ebraico yahweh, impronunciab<strong>il</strong>e proprio per<br />

questo motivo) poiché, essendo le lingue semitiche consonantiche, non vi <strong>è</strong> traccia delle vocali<br />

brevi nelle iscrizioni a noi pervenute.<br />

27 Distrutti da Maometto al suo ingresso alla Mecca nel gennaio 630.<br />

28 <strong>La</strong> futura Me<strong>di</strong>na.<br />

29 Questo dato costituisce un’importante chiave <strong>di</strong> lettura della cristologia e della mariologia<br />

del Corano.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

no in importanti comunità, come quella stanziata nell’oasi <strong>di</strong> Nağrān 30 , che aveva<br />

anche un suo vescovo, mentre altri conducevano, nel deserto, una vita da eremiti.<br />

Vi erano infine alcuni personaggi, che Maometto definirà h.anīf, che sembravano<br />

intuire l’esistenza <strong>di</strong> un unico Dio, che era lo stesso degli ebrei e dei cristiani, ma<br />

che da questi era stato travisato, a cominciare dalle Rivelazioni a Mos<strong>è</strong> (mūsà) e a<br />

Gesù (‘īsà), rispettivamente <strong>il</strong> Pentateuco (la tōrā-h) e <strong>il</strong> Vangelo (l’inğīl), che erano<br />

state falsificate, essendovi stato espunto, tra l’altro, ogni riferimento alla successiva<br />

Rivelazione ultima e definitiva, quella coranica.<br />

Maometto e la Rivelazione<br />

Maometto (in arabo , muh.ammad) nasce alla Mecca <strong>il</strong> 570 d.C. 31 . Appartiene<br />

al clan degli hāšimiti, parte della tribù dei qurayš, una delle più prestigiose della<br />

Mecca. Nasce due mesi dopo la morte del padre, ‘Abdullāh, avvenuta a Yathrib<br />

<strong>di</strong> ritorno da un viaggio, e, ri<strong>mas</strong>to orfano anche della madre, Amīna-h, a sei<br />

anni 32 <strong>è</strong> affidato al nonno paterno, ‘Abdulmūttalib. Ancora bambino, <strong>il</strong> suo cuore<br />

<strong>è</strong> purificato da due angeli che glielo estraggono dal petto e glielo lavano con can<strong>di</strong>da<br />

neve. Quando compie otto anni muore anche <strong>il</strong> nonno e viene affidato allo<br />

zio Abū T.ālib, povero ma generoso, che lo proteggerà senza mai però convertirsi.<br />

In questo periodo accu<strong>di</strong>rà <strong>il</strong> bestiame dello zio, accompagnando le carovane nei<br />

viaggi verso la Siria. E sarà proprio in uno <strong>di</strong> questi viaggi che <strong>il</strong> monaco cristiano<br />

Bah.īra-h riconoscerà tra le spalle del ragazzo <strong>il</strong> segno che ne rivela la natura profetica.<br />

<strong>La</strong> sua fama <strong>di</strong> persona affidab<strong>il</strong>e si <strong>di</strong>ffonde e la ricca H ˘ adīğa-h, dopo averlo<br />

assunto al suo servizio, gli affida la conduzione della sua impresa carovaniera. Il<br />

giovane conferma le sue qualità e, nel 595, all’età <strong>di</strong> 25 anni, sposa H ˘ adīğa-h, già<br />

<strong>di</strong>vorziata e vedova, <strong>di</strong> 15 anni più anziana <strong>di</strong> lui 33 .<br />

30 Situata nell’attuale Regno sau<strong>di</strong>ano, ai confini con lo Yemen. Con questa comunità<br />

Maometto aveva stipulato, nel 630, un importante trattato.<br />

31 Alcuni stu<strong>di</strong>osi ipotizzano, rispettivamente, che <strong>il</strong> Profeta sia nato nel 569, nel 571 o nel 572.<br />

32 Durante i primi cinque anni <strong>di</strong> vita, Maometto <strong>è</strong> affidato alla balia H. alīma-h, per la quale<br />

nutrirà un affetto <strong>di</strong> tipo f<strong>il</strong>iale.<br />

33 Maometto resterà monogamo per i primi 53 anni della sua vita, fino al febbraio 623, quando,<br />

dopo aver sposato la vedova Sawda-h bint Zam‘a-h, si unirà in matrimonio anche con ‘Ā’iša-h,<br />

la figlia, all’epoca ancora bambina, del suo Compagno Abū Bakr, senza però consumare subito <strong>il</strong><br />

matrimonio, data la giovane età della sposa. Ricor<strong>di</strong>amo che Maometto, durante la sua vita, sarà<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

Dopo <strong>il</strong> matrimonio, Maometto gode ormai <strong>di</strong> una certa sicurezza economica<br />

che gli consente <strong>di</strong> coltivare maggiormente <strong>il</strong> suo spirito, e spesso si ritira in me<strong>di</strong>tazione<br />

in località appartate. Ed <strong>è</strong> così che nel marzo 610 34 , in una delle ultime<br />

notti <strong>di</strong>spari del mese <strong>di</strong> ramad. ān, la “notte del destino” (layla-t u ’l-qadar), durante<br />

uno <strong>di</strong> questi ritiri in una grotta del monte H. irā’, nei pressi della Mecca, ha un’apparizione<br />

che segnerà per sempre la sua vita: vede un angelo, che successivamente<br />

identificherà come Gabriele (ğibrā’īl), che gli impone <strong>di</strong> leggere quanto scritto in<br />

un cartiglio: “Grida, in nome del tuo Signore, che ha creato, - ha creato l’uomo<br />

da un grumo <strong>di</strong> sangue! - Grida! Ché <strong>il</strong> tuo Signore <strong>è</strong> <strong>il</strong> Generosissimo, - Colui<br />

che ha insegnato l’uso del calamo, - ha insegnato all’uomo ciò che non sapeva” 35 .<br />

Spaventato, si sente immob<strong>il</strong>izzato e, quando si riprende, si rifugia da H ˘ adīğa-h,<br />

che convoca <strong>il</strong> cugino Wāraqa-h ibn Nawfal, convertito al cristianesimo 36 , <strong>il</strong> quale<br />

riconosce in quanto accaduto i caratteri della Rivelazione. A questa succederanno<br />

altre rivelazioni, che “scenderanno” 37 con sempre maggiore frequenza.<br />

I primi a credere saranno, oltre a H ˘ adīğa-h e a Wāraqa-h, i fam<strong>il</strong>iari più<br />

vicini a Maometto, <strong>il</strong> cugino ‘Alī (figlio dello zio “protettore”, Abū T.ālib), Zayd,<br />

<strong>il</strong> liberto adottato gli amici Abū Bakr e ‘Uthmān ibn ‘Affān che, come primo e<br />

terzo dei quattro califfi “ben <strong>di</strong>retti”, gli succederanno nella guida della comunità<br />

musulmana, e pochi altri. <strong>La</strong> pre<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> Maometto, all’inizio, <strong>è</strong> limitata a una<br />

cerchia <strong>di</strong> poche persone. Col tempo vi sarà un aumento <strong>di</strong> adesioni, ma, essendo<br />

sposato in tutto con do<strong>di</strong>ci donne, <strong>di</strong> cui nove simultaneamente, godendo <strong>di</strong> una deroga <strong>di</strong>vina<br />

rispetto alle quattro mogli consentite al musulmano che sia in grado <strong>di</strong> trattarle tutte nello stesso<br />

modo, da un punto <strong>di</strong> vista sia personale che patrimoniale. Delle do<strong>di</strong>ci mogli solo una <strong>è</strong> ancora<br />

vergine al momento del matrimonio, la piccola ‘Ā’iša-h; le altre sono tutte o <strong>di</strong>vorziate o vedove,<br />

costituendo <strong>il</strong> matrimonio, oltre a un mezzo per consolidare alleanze politiche (molte mogli <strong>di</strong><br />

Maometto appartengono a <strong>di</strong>verse tribù con cui egli ha stretto alleanze; non mancano, tra l’altro la<br />

moglie ebrea e quella cristiana, Maryam “la copta”, l’ultima), uno strumento per la protezione <strong>di</strong><br />

orfani e vedove, che magari avevano perso <strong>il</strong> marito in combattimento.<br />

34 Alcuni autori, invece, collocano l’evento, rispettivamente, nel 609, nel 611 o nel 612.<br />

35 Cor. XCVI, 1-5. Tutte le citazioni dal Corano sono tratte dalla traduzione <strong>di</strong> Alessandro<br />

Bausani, considerata la più autorevole dalla comunità scientifica italiana.<br />

36 Secondo alcuni Wāraqa-h <strong>è</strong> un h.anīf. Va sottolineato che, come <strong>il</strong> monaco Bah.īra-h, che <strong>è</strong><br />

stato <strong>il</strong> primo a riconoscere la natura profetica <strong>di</strong> Maometto, anche in questa circostanza <strong>è</strong> sempre un<br />

cristiano a riconoscere, per primo, <strong>il</strong> carattere della Rivelazione in quanto accaduto sul monte H. irā’.<br />

37 al-tanzīl, “la <strong>di</strong>scesa” (da Dio) <strong>è</strong> <strong>il</strong> termine comunemente usato (oltre a wah.y) per in<strong>di</strong>care<br />

la Rivelazione.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

i primi seguaci costituiti soprattutto da poveri e da schiavi, l’allarme <strong>è</strong> contenuto.<br />

Quando invece le adesioni arriveranno anche da alcuni elementi dell’aristocrazia<br />

meccana, la reazione degli altri esponenti <strong>di</strong> questa non tarderà a farsi sentire e, nel<br />

615, un gruppo <strong>di</strong> una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> seguaci, tra cui <strong>il</strong> futuro califfo ‘Uthmān ibn<br />

‘Affān, seguiti a breve da un gruppo <strong>di</strong> altri novanta, saranno costretti a rifugiarsi<br />

in Etiopia, accolti e protetti dal negus cristiano copto, che si rifiuterà in seguito <strong>di</strong><br />

“estradarli”, come era stato richiesto dai notab<strong>il</strong>i della Mecca 38 .<br />

Il 619 <strong>è</strong> per Maometto un anno particolarmente sfortunato, in quanto, morti la<br />

moglie H ˘ adīğa-h e lo zio Abū T.ālib, egli resta senza protezioni e deve cercare rifugio<br />

fuori della Mecca. L’anno imme<strong>di</strong>atamente successivo (l’ām u ’l-h.uzn, “l’anno della<br />

tristezza”) <strong>è</strong> anche l’anno del miracoloso volo notturno <strong>di</strong> Maometto dalla Mecca a<br />

Gerusalemme (l’isrā’), a cavallo <strong>di</strong> un misterioso animale ibrido, Burāq, con ascesa<br />

al cielo fino a due tiri <strong>di</strong> arco da Dio (<strong>il</strong> mi’rāğ) 39 . In tre incontri, avvenuti tra <strong>il</strong><br />

620 e <strong>il</strong> 621, in cui verranno concordate le modalità, prende così contatto con un<br />

gruppo proveniente da Yathrib, che gli propone <strong>di</strong> arbitrare (in qualità <strong>di</strong> h.akam)<br />

un contenzioso sorto tra la tribù dei H ˘ azrāğ (dalla quale, tra l’altro, traeva origine<br />

la famiglia <strong>di</strong> sua madre Amīna-h) e quella degli Aws. È così che <strong>il</strong> Profeta organizza<br />

quella che sarà definita l’egira (hiğra-h) cio<strong>è</strong> <strong>il</strong> trasferimento dalla Mecca, da<br />

cui partirà <strong>il</strong> 9 settembre 622, a Yathrib (circa 350 km più a nord), dove giungerà<br />

<strong>il</strong> 24 settembre dello stesso anno. Questo evento avrà una forte portata simbolica,<br />

in quanto segnerà non solo <strong>il</strong> trasferimento da una città a un’altra, ma soprattutto<br />

la rottura con un modello <strong>di</strong> società fondato sul legame <strong>di</strong> sangue e l’adesione ad<br />

una società nuova, la umma-h, fondata su un legame <strong>di</strong> fede, così come segnerà<br />

anche l’inizio dell’era islamica, e quin<strong>di</strong> del relativo calendario (circa 354 giorni<br />

in un anno), introdotto da ‘Umar, che prende avvio, retroattivamente rispetto<br />

all’egira, dal primo giorno del primo mese lunare dell’anno (quello <strong>di</strong> muh.arram),<br />

coincidente col 16 luglio 622.<br />

Giunto a Yathrib, che, in suo onore, si chiamerà da allora Me<strong>di</strong>na (cio<strong>è</strong><br />

madīna-t u ’n-nabī’, “la città del Profeta”), elabora quella che passerà alla storia<br />

come la “Carta (s.ah.īfa-h) <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>na”, una sorta <strong>di</strong> “costituzione” della nuova<br />

38 Per questo Maometto avrà sempre una certa riconoscenza verso i cristiani.<br />

39 V. Cor. VII, 1. Secondo don Miguel Asín Palacios ed Enrico Cerulli, Dante, per la sua<br />

“Comme<strong>di</strong>a”, si sarebbe ispirato al “Liber scalæ Machometi”, opera araba del IX secolo, che descrive<br />

l’evento.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

entità politica, in cui sono fissati i principi che dovranno regolare la convivenza<br />

delle <strong>di</strong>verse componenti: le due tribù locali dei H ˘ azrağ e degli Aws – i cui<br />

convertiti all’<strong>islām</strong> costituiranno <strong>il</strong> gruppo degli ans.ār, cio<strong>è</strong> degli “aus<strong>il</strong>iari” –, i<br />

meccani – cio<strong>è</strong> i muhağirūn (coloro che avevano partecipato all’iğra-h) – e le tre<br />

tribù <strong>di</strong> ebrei, che costituivano le popolazioni originarie dell’oasi prima dell’arrivo<br />

delle suddette tribù, i banū qaynuqā’, i banū nad.īr e i banū qurayz.a-h. Questi<br />

principi consistono soprattutto nella leale cooperazione tra le <strong>di</strong>verse componenti<br />

e nell’obbligo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa comune dal nemico.<br />

In un primo tempo, Maometto fa affidamento sull’accettazione, da parte<br />

degli ebrei, della Rivelazione, che dovrebbe costituire la naturale evoluzione <strong>di</strong><br />

quelle mosaica e cristiana, ed <strong>è</strong> così che all’inizio accetta una serie <strong>di</strong> prescrizioni<br />

ebraiche, come <strong>il</strong> <strong>di</strong>giuno nel giorno dello Yom Kippur e la <strong>di</strong>rezione della<br />

preghiera (cio<strong>è</strong> la qibla-h) verso Gerusalemme. Quando però constaterà che gli<br />

ebrei non lo seguono, ma anzi lo accusano <strong>di</strong> aver travisato la loro tra<strong>di</strong>zione, egli<br />

sostituirà, e con modalità <strong>di</strong>fferenti, al <strong>di</strong>giuno dello Yom Kippūr quello del mese<br />

<strong>di</strong> ramad. ān 40 e alla qibla-h <strong>di</strong> Gerusalemme quella della Mecca 41 .<br />

A fronte delle <strong>di</strong>fficoltà che i suoi seguaci partiti dalla Mecca si trovano ad<br />

affrontare, per i problemi <strong>di</strong> sussistenza che gli immigrati in genere hanno, sembra<br />

d’obbligo (in conformità con la cultura e col sistema economico <strong>di</strong> quella società<br />

in quella determinata epoca) ricorrere a quello che era lo strumento tra<strong>di</strong>zionale<br />

per affrontare e superare i momenti <strong>di</strong> crisi: la razzia 42 . In occasione del passaggio<br />

<strong>di</strong> una carovana, nei pressi dell’oasi <strong>di</strong> Nah ˘ la-h, in uno dei quattro mesi sacri, <strong>il</strong><br />

rağab, dell’anno 2 (gennaio 624), durante i quali era vietato, perché considerato<br />

40 Resterà tuttavia <strong>il</strong> <strong>di</strong>giuno supererogatorio del decimo giorno del primo mese lunare<br />

dell’anno <strong>islām</strong>ico (<strong>il</strong> c.d. giorno della ‘ašūrā’), <strong>il</strong> quale ricorda lo Yom Kippūr, che cade <strong>il</strong> decimo<br />

giorno del primo mese dell’anno ebraico. Va tuttavia precisato che per gli sciiti <strong>il</strong> giorno della ‘ašūrā’<br />

ricorda quello dell’uccisione dell’imām H. usayn da parte del califfo ‘umayyade Yazīd, avvenuta <strong>il</strong><br />

<strong>di</strong>eci <strong>di</strong> muh.arram, primo mese dell’anno 61, corrispondente al 680 dell’era cristiana.<br />

41 Un giorno che Maometto prega in una moschea <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>na si trova miracolosamente spostato<br />

<strong>di</strong> circa 180 gra<strong>di</strong>, dalla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Gerusalemme, verso nord, a quella della Mecca, verso<br />

sud. Da quel giorno quella si chiama la moschea qiblatayni, cio<strong>è</strong> “delle due qible”.<br />

42 <strong>La</strong> razzia, alla quale si ricorreva in caso <strong>di</strong> bisogno, costituiva spesso un sistema <strong>di</strong> “re<strong>di</strong>stribuzione<br />

del red<strong>di</strong>to”, che tra<strong>di</strong>zionalmente avveniva senza spargimento <strong>di</strong> sangue per evitare la<br />

reazione in<strong>di</strong>fferenziata autorizzata dalla regola del taglione collettivo, motivo per cui era l’intera<br />

tribù a vig<strong>il</strong>are che non avvenissero episo<strong>di</strong> cruenti.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

sacr<strong>il</strong>ego, ogni tipo <strong>di</strong> aggressione, avviene un assalto a un convoglio <strong>di</strong> meccani.<br />

Nonostante <strong>il</strong> Profeta neghi l’autorizzazione ad un’azione così grave, i musulmani<br />

assalgono i meccani. Lo scandalo <strong>è</strong> inevitab<strong>il</strong>e e Maometto riba<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> non aver<br />

mai consentito un’azione del genere; subito dopo, inoltre, “scende” una rivelazione,<br />

in cui si afferma che, se <strong>è</strong> grave rompere la tregua dei mesi sacri, <strong>è</strong> ancora più<br />

grave negare <strong>il</strong> vero Dio, sembrando così giustificare ex post l’azione stessa.<br />

Questo non <strong>è</strong> altro che la prima <strong>di</strong> altre scorrerie contro i meccani. <strong>La</strong> seconda<br />

avverrà nel marzo 624, in occasione del passaggio <strong>di</strong> una carovana <strong>di</strong> ritorno dalla<br />

Siria, nei pressi del pozzo <strong>di</strong> Badr. I me<strong>di</strong>nesi, molto inferiori <strong>di</strong> numero, hanno<br />

comunque la meglio, e questo viene interpretato come un evento miracoloso,<br />

avvenuto grazie all’intervento soprannaturale degli angeli, che contribuisce ad<br />

aumentare <strong>il</strong> prestigio del Profeta, <strong>il</strong> quale espellerà da Me<strong>di</strong>na la tribù ebrea dei<br />

banū qaynuqā’, accusata <strong>di</strong> intelligenza coi meccani. Un altro scontro avviene,<br />

nel marzo 625, presso Uh.ud, e vede la <strong>di</strong>sfatta dei me<strong>di</strong>nesi, anche a causa della<br />

loro ingor<strong>di</strong>gia, in quanto, a seguito della fuga dei meccani, essi si gettano al<br />

loro inseguimento per depredarli, e invece saranno essi stessi attaccati e sconfitti.<br />

Lo stesso Maometto <strong>è</strong> colpito da un sasso, che gli spezza un dente e un labbro,<br />

e da un fendente alla spalla. I meccani abbandonano però l’azione, che avrebbe<br />

potuto mettere seriamente in crisi <strong>il</strong> nemico, e ritornano nella loro città. Ci sarà<br />

un momento <strong>di</strong> crisi per <strong>il</strong> prestigio dei musulmani, al quale si reagirà osservando<br />

come ciò che <strong>è</strong> accaduto sia la punizione <strong>di</strong>vina per <strong>il</strong> loro comportamento.<br />

Stavolta, ad essere espulsa, per gli stessi motivi, sarà la tribù ebrea dei banū nad.īr.<br />

Infine, nel marzo 627, i meccani partono per una spe<strong>di</strong>zione contro Me<strong>di</strong>na, che<br />

sarà cinta d’asse<strong>di</strong>o per circa venti giorni. I me<strong>di</strong>nesi avevano però provveduto<br />

a prepararne la <strong>di</strong>fesa, scavando un fossato 43 nella parte del perimetro citta<strong>di</strong>no<br />

non protetto da <strong>di</strong>slivello, secondo le in<strong>di</strong>cazioni del liberto persiano Salmān, che<br />

nel suo paese ne aveva appreso la tecnica, ignota agli arabi. Dopo un asse<strong>di</strong>o così<br />

lungo, i meccani, stremati per la fame 44 e per la mancanza <strong>di</strong> acqua, rinunciano<br />

all’azione intrapresa e tornano a casa. Maometto or<strong>di</strong>nerà, sempre con l’accusa<br />

<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento, lo sterminio degli uomini e la riduzione in schiavitù delle donne,<br />

dei vecchi e dei bambini della tribù ebrea dei banū qurayz.a-h, l’unica ri<strong>mas</strong>ta a<br />

Me<strong>di</strong>na dopo l’espulsione delle altre due.<br />

43 Quella che seguirà prenderà perciò <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> ma‘raka-t u ’l-h˘ andaq (“battaglia del fossato”).<br />

44 Per ovviare alla quale saranno persino costretti a nutrirsi dei loro stessi cavalli.<br />

- 217 -


M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

Quest’ultimo successo porterà altre tribù arabe ad allearsi coi musulmani e ad<br />

accettare, almeno formalmente, la nuova fede. A Maometto non resterà dunque<br />

che concentrarsi sul suo obiettivo <strong>di</strong> entrare alla Mecca per sancire <strong>il</strong> dominio<br />

dell’<strong>islām</strong> sulla sua terra d’origine e su quasi tutta la penisola. È così che organizza,<br />

nel 628, una spe<strong>di</strong>zione che dovrebbe condurre, lui e i suoi seguaci, alla<br />

Mecca, per <strong>il</strong> pellegrinaggio alla Ka‘ba-h. I meccani lo aspettano a H. udaybiyya-h,<br />

per non consentirgli <strong>di</strong> proseguire. Di fronte a questa imposizione, Maometto<br />

accetta <strong>di</strong> rinviare <strong>di</strong> un anno, senza armi, la sua missione, provocando la reazione<br />

dei suoi Compagni, che scambieranno questa operazione <strong>di</strong> alta <strong>di</strong>plomazia<br />

per una resa. Lo stesso ‘Umar <strong>di</strong>chiarerà <strong>di</strong> essere stato sul punto <strong>di</strong> abbandonare<br />

<strong>il</strong> Profeta, in <strong>di</strong>saccordo con lui. L’anno successivo, <strong>il</strong> 629, un pellegrinaggio, sia<br />

pure a livello <strong>di</strong> umra-h e non <strong>di</strong> h.ağğ 45 , avrà regolarmente luogo e preparerà <strong>il</strong><br />

terreno per la definitiva conquista della Mecca, dove Maometto entrerà trionfalmente<br />

l’11 gennaio 630. <strong>La</strong> maggior parte degli abitanti accetteranno la resa e <strong>il</strong><br />

Profeta ancora una volta darà <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> grande saggezza non infierendo<br />

su nessuno dei suoi oppositori: tutto avverrà senza spargimento <strong>di</strong> sangue 46 .<br />

Maometto si recherà inoltre alla Ka‘ba-h, dove <strong>di</strong>struggerà i 360 idoli che vi si<br />

trovavano, con l’intento <strong>di</strong> restaurare l’antico culto abramitico. <strong>La</strong>scerà solo l’affresco<br />

raffigurante Maria con Gesù bambino che si trovava al suo interno.<br />

Nel marzo del 631 47 , nell’impossib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> recarsi personalmente al pellegrinaggio,<br />

nel mese <strong>di</strong> d − ū’ ’l-iğğa-h, egli invierà <strong>il</strong> proprio collaboratore Abū Bakr a<br />

rappresentarlo 48 . L’anno successivo, <strong>il</strong> 632, sempre in marzo, lo stesso Maometto<br />

si recherà finalmente alla Mecca per <strong>il</strong> pellegrinaggio ufficiale, che verrà definito<br />

<strong>il</strong> “pellegrinaggio dell’ad<strong>di</strong>o”, per essere l’ultimo al quale <strong>il</strong> Profeta partecipa, tre<br />

mesi prima della sua scomparsa. In questa occasione egli fissa le modalità, seguite<br />

fino ad oggi da tutti i pellegrini, stab<strong>il</strong>endo così quello che sarà adottato come<br />

parametro <strong>di</strong> riferimento per uno dei cinque “p<strong>il</strong>astri dell’<strong>islām</strong>”. L’8 giugno del<br />

45 Sulle rispettive nozioni v. infra, “Gli arkān u ’l-<strong>islām</strong>” (5).<br />

46 Eccetto l’esecuzione, menzionata nel paragrafo precedente, <strong>di</strong> quei poeti che avevano osato<br />

deriderlo.<br />

47 Parzialmente corrispondente, quell’anno, al d− ū’ ’l-iğğa-h, mese del pellegrinaggio ufficiale,<br />

<strong>il</strong> h.ağğ.<br />

48 Su questa designazione, insieme a quella <strong>di</strong> guidare la preghiera durante la sua malattia<br />

mortale, si baseranno i sunniti per legittimare, in contrapposizione ad ‘Alī, la designazione <strong>di</strong> Abū<br />

Bakr quale primo successore del Profeta.<br />

- 218 -


L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

632 (<strong>il</strong> 13 rabī’ awwal dell’anno 11 del calendario islamico) <strong>il</strong> Profeta muore tra<br />

le braccia della sua giovane moglie pre<strong>di</strong>letta, ‘Ā’iša-h. Abū Bakr, nell’annunciarne<br />

la morte, riba<strong>di</strong>rà la sua natura umana e l’imperativo <strong>di</strong> adorare invece l’unico<br />

vero Dio. Dirà: “O gente! Chi venera Maometto, sappia che Maometto <strong>è</strong> morto.<br />

Chi invece adora Dio, sappia che Dio <strong>è</strong> <strong>il</strong> Vivente e non morirà mai”.<br />

Per la successione, su proposta <strong>di</strong> ‘Umar, verrà designato Abū Bakr ‘Abdullāh<br />

ibn Abī Quh.āfa-h (632-634), padre <strong>di</strong> ‘Ā’iša-h, quin<strong>di</strong> suocero <strong>di</strong> Maometto, da<br />

un consiglio costituito ad hoc da sei Compagni del Profeta, in assenza <strong>di</strong> ‘Alī,<br />

che si era fermato ad accu<strong>di</strong>rne <strong>il</strong> cadavere, provocando così le prime riserve da<br />

parte <strong>di</strong> quello che col tempo si affermerà come “partito <strong>di</strong> ‘Alī” (šia-t u ‘alī). Il<br />

primo dei quattro califfi “ben <strong>di</strong>retti” (al-h ˘ ulafā’ ar-rašidūn) riuscirà a recuperare<br />

all’<strong>islām</strong> quasi tutta la penisola araba, ed in particolare quelle tribù che interpretavano<br />

l’alleanza conclusa con Maometto come qualcosa <strong>di</strong> personale, destinata<br />

ad esaurire i suoi effetti con la morte <strong>di</strong> questi.<br />

Alla morte <strong>di</strong> Abū Bakr 49 , avvenuta due anni dopo <strong>il</strong> suo inse<strong>di</strong>amento,<br />

succederà ‘Umar ibn u ’l-H ˘ at.t.āb (634-644), altro suocero del Profeta 50 , che nei<br />

suoi <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> potere riuscirà ad ampliare notevolmente l’area <strong>di</strong> espansione,<br />

portando <strong>il</strong> dominio islamico dalla Cirenaica all’Irān. ‘Umar verrà assassinato per<br />

mano <strong>di</strong> uno schiavo.<br />

A ‘Umar succede ‘Uthmān ibn ‘Affān (644-656), genero <strong>di</strong> Maometto 51 , che<br />

amplia ulteriormente le conquiste (in arabo fath., pl. futūh. e futūh.āt, “apertura” [a<br />

Dio]) iniziate da ‘Umar. Egli morirà assassinato a Me<strong>di</strong>na, durante una rivolta.<br />

‘Alī ibn Abī T.ālib (656-661), cugino e genero del Profeta 52 , nominato califfo<br />

con l’appoggio degli ans.ār, <strong>è</strong> subito accusato (soprattutto dal clan degli ‘umayya<strong>di</strong>,<br />

al quale apparteneva ‘Uthmān, ed in particolare da Mu‘āwiya-h ibn Abī<br />

Sufyān, governatore della Siria) <strong>di</strong> favoreggiamento, per aver impe<strong>di</strong>to che gli<br />

assassini fossero assicurati alla giustizia. Nasce così la prima importante <strong>di</strong>visione<br />

49 A <strong>di</strong>fferenza degli altri tre califfi “ben <strong>di</strong>retti”, morti tutti assassinati, Abū Bakr <strong>è</strong> l’unico ad<br />

essere morto <strong>di</strong> morte naturale.<br />

50 È <strong>il</strong> padre <strong>di</strong> H. afsa-h, quarta moglie <strong>di</strong> Maometto.<br />

51 È due volte genero, in quanto sposa due figlie del Profeta: prima Ruqayya-h e, dopo la<br />

morte <strong>di</strong> questa a Badr, Umm Kult-ūm.<br />

52 Cugino del Profeta, poiché figlio dello zio Abū T.ālib, che come capo del clan degli Hāšimiti<br />

lo aveva sempre protetto, nonché genero, avendo sposato Fāt.ima-h, la sua figlia pre<strong>di</strong>letta. Dopo la<br />

morte del padre, data la sua ancor giovane età, era stato trattato dallo stesso Profeta come un figlio.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

interna, tra coloro che non solo appoggiano ‘Alī, ma ne sostengono la legittimazione<br />

a succedere a Maometto sin dall’inizio, sulla base <strong>di</strong> alcune argomentazioni,<br />

tra le quali quella <strong>di</strong> essere <strong>il</strong> parente <strong>mas</strong>chio a lui più vicino, oltre che per la<br />

sua designazione avvenuta al ritorno dal “pellegrinaggio dell’ad<strong>di</strong>o” del marzo<br />

632, presso lo stagno <strong>di</strong> g˙adīr h ˘ umm, episo<strong>di</strong>o menzionato nello stesso Corano 53 .<br />

Sin dal 657 Mu‘āwiya-h muove contro ‘Alī e, nella battaglia <strong>di</strong> Siffīn, le sue<br />

truppe avanzano con le pagine del Corano inf<strong>il</strong>zate sulle punte delle lance, con<br />

l’intenzione <strong>di</strong> devolvere la decisione a un collegio arbitrale, accettato da ‘Alī,<br />

ma che sarà a lui sostanzialmente sfavorevole. <strong>La</strong> decisione <strong>di</strong> ‘Alī segna inoltre<br />

la rottura con una parte dei suoi seguaci, che da allora si chiameranno h ˘ awāriğ,<br />

(i h ˘ āriğiti) cio<strong>è</strong> “coloro che escono” 54 . E sarà proprio un h ˘ āriğita, ibn Mulğam, a<br />

uccidere ‘Alī, nel 661, a Kūfa-h, con un fendente sulla fronte, mentre egli era in<br />

preghiera in moschea, per ven<strong>di</strong>carsi dell’uccisione <strong>di</strong> alcuni fam<strong>il</strong>iari, durante <strong>il</strong><br />

<strong>mas</strong>sacro dei h ˘ āriğiti avvenuto tre anni prima (nel 658) a Nah.rawān.<br />

Già un anno prima della morte <strong>di</strong> ‘Alī, Mu‘āwiya-h si era fatto proclamare<br />

califfo a Da<strong>mas</strong>co, città dove egli svolgeva <strong>il</strong> suo ufficio <strong>di</strong> governatore. Sicché<br />

per alcuni mesi abbiamo due califfi, uno a Kūfa-h (‘Alī) e l’altro a Da<strong>mas</strong>co<br />

(Mu‘āwiya-h). Nasce così la <strong>di</strong>nastia califfale degli ‘umayya<strong>di</strong>, che regnerà,<br />

<strong>di</strong>stinta in due <strong>di</strong>versi rami della famiglia, per circa 90 anni, fino al 750. Questo<br />

califfato, ai suoi inizi non ancora configurato come ere<strong>di</strong>tario, lo <strong>di</strong>venterà con la<br />

designazione, da parte <strong>di</strong> Mu‘āwiya-h, nel 678, due anni prima della sua morte,<br />

del proprio figlio Yazīd. Alla fine del loro califfato, gli ‘umayya<strong>di</strong> (uno <strong>di</strong> questi,<br />

‘Abdurrah.mān, riuscirà a fuggire in Spagna, dove nel 756 fonderà l’Emirato <strong>di</strong><br />

Cordoba, che nel 929 evolverà in Califfato e che durerà fino al 1031) lasceranno<br />

agli abbasi<strong>di</strong>, loro successori, un impero che si estenderà dall’Indo ai Pirenei e<br />

che durerà, almeno formalmente, fino al 1258, anno della caduta <strong>di</strong> Bag˙dād ad<br />

opera dei mongoli guidati da H. ulāgu 55 .<br />

53 Il Profeta avrebbe detto: “Di colui <strong>di</strong> cui io sono <strong>il</strong> signore, anche ‘Alī sarà <strong>il</strong> signore”.<br />

54 “Che escono in battaglia”, secondo alcuni, “che escono dal partito <strong>di</strong> ‘Alī”, secondo altri. Sui<br />

h ˘ āriğiti, che costituiscono un tertium genus rispetto ai sunniti e agli sciiti, v. infra, “Le firqa-h”.<br />

55 In questa sede si <strong>è</strong> dovuta limitare l’esposizione agli elementi essenziali relativi alla genesi<br />

dell’<strong>islām</strong>. Va tuttavia segnalata l’importanza che, ai fini della comprensione del fenomeno, ha sia<br />

l’approfon<strong>di</strong>mento della conoscenza <strong>di</strong> questo primo periodo, qui descritto in maniera sommaria,<br />

sia la conoscenza degli ulteriori sv<strong>il</strong>uppi, fino ad oggi: a questo fine, data l’economia <strong>di</strong> questo<br />

contributo, si rinvia alla migliore letteratura scientifica esistente.<br />

- 220 -


L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

Le fonti dell’<strong>islām</strong> (cenni e rinvio) 56<br />

<strong>La</strong> prima summa <strong>di</strong>visio <strong>è</strong> tra fonti stab<strong>il</strong>ite (testi in origine orali, in conformità<br />

con la cultura dell’epoca, ma col tempo raccolti in comp<strong>il</strong>azioni scritte, per<br />

non perderne la memoria, oltre che per esigenze <strong>di</strong> certezza) e in<strong>di</strong>cazioni, in<br />

un certo senso, metodologiche (finalizzate alla ricerca <strong>di</strong> regole <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tipo,<br />

spesso, a loro volta, raccolte in opere dottrinali). Le prime consistono essenzialmente<br />

nel Corano, la fonte per eccellenza al vertice del sistema, e nella Sunna-h.<br />

Le seconde nel consenso, espressione del ragionamento collettivo, e nell’analogia,<br />

espressione e complemento del ragionamento in<strong>di</strong>viduale, quest’ultimo spesso<br />

considerato, soprattutto dalla Scuola giuri<strong>di</strong>ca dei h.anafiti, fonte autonoma,<br />

anche se sussi<strong>di</strong>aria rispetto alle altre.<br />

Il problema delle fonti si era posto sin dai primi tempi, come <strong>di</strong>mostra un<br />

h.adīt- che racconta del Profeta, <strong>il</strong> quale, delegando <strong>il</strong> suo Compagno Mu‘ād − ibn<br />

ğabal a rappresentarlo in Yemen, gli aveva chiesto: “Come giu<strong>di</strong>cherai tu le controversie<br />

che ti saranno sottoposte?”. “Secondo <strong>il</strong> Libro <strong>di</strong> Dio”, fu la risposta <strong>di</strong><br />

Mu‘ād − . “E se non troverai nulla nel Libro <strong>di</strong> Dio?”. “Allora giu<strong>di</strong>cherò secondo<br />

quanto usa fare <strong>il</strong> Suo Profeta”. “E se non troverai nulla neppur lì?”. “Allora mi<br />

sforzerò col mio criterio”. Il Profeta allora gli batté con la mano sul petto e gli<br />

<strong>di</strong>sse: “Ringrazio Dio <strong>di</strong> avermi dato uomini come te” 57 .<br />

Il Corano (al-qur’ān u ’l-karīm, “<strong>il</strong> nob<strong>il</strong>e Corano”) <strong>è</strong> <strong>il</strong> testo della Rivelazione<br />

“<strong>di</strong>scesa”, in “chiara lingua araba” (līsān ‘arabī mubīn), da Dio a Maometto, grazie<br />

alla me<strong>di</strong>azione dell’angelo Gabriele (ğibrā’īl, nell’angiologia islamica vero e<br />

proprio nuncius preposto alla trasmissione dei messaggi <strong>di</strong>vini), nell’arco <strong>di</strong> circa<br />

22 anni, dal 610 (prima rivelazione sul monte H. irā’) al 632 (morte del Profeta).<br />

Esso <strong>è</strong> composto da 6.235/6.236 versetti (alcune altre varianti “<strong>di</strong> nicchia”<br />

<strong>di</strong>vergono per poche unità), raccolti in 114 “capitoli” (sūre). È la <strong>parola</strong> <strong>di</strong> Dio<br />

trasmessa al Profeta come messaggio per tutti gli uomini, veicolante, nella parte<br />

56 Il capitolo sulle fonti costituisce, com’<strong>è</strong> ovvio, uno dei più importanti per ogni <strong>di</strong>sciplina.<br />

Tuttavia, essendo oggetto <strong>di</strong> analisi specifica, nell’ambito <strong>di</strong> questa Collana, del Quaderno relativo<br />

ai prof<strong>il</strong>i giuri<strong>di</strong>ci, al fine <strong>di</strong> evitare duplicazioni, siamo costretti a rinviare ad esso per gli ulteriori<br />

approfon<strong>di</strong>menti, riservando a questa sede la trattazione dei soli elementi essenziali, funzionali alla<br />

comprensione del fenomeno nella sua generalità.<br />

57 Dalla raccolta <strong>di</strong> h.adīt- <strong>di</strong> Abū Dā’ūd, III, 220.<br />

- 221 -


M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

rivelata prima dell’egira, storie <strong>di</strong> profeti, ammonimenti, riferimenti <strong>di</strong> natura<br />

escatologica, precetti religiosi e morali e, nella parte successiva, precetti politici e<br />

giuri<strong>di</strong>ci, finalizzati a <strong>di</strong>sciplinare la comunità <strong>di</strong> fedeli (la umma-h), costituitasi<br />

nel frattempo a Me<strong>di</strong>na. In tutto, la parte “meccana”, sud<strong>di</strong>visa dalla dottrina<br />

più accre<strong>di</strong>tata 58 in ulteriori tre sezioni, corrispondenti a tre <strong>di</strong>versi sottoperio<strong>di</strong><br />

(610-615; 615-619; 619-622), sarebbe costituita da 4773 versetti, <strong>di</strong>stribuiti in<br />

86/90 sure (a seconda delle <strong>di</strong>verse teorie), costituenti, nel loro insieme, <strong>il</strong> 65%<br />

circa del testo totale (i versetti “meccani” sono generalmente più brevi); la parte<br />

“me<strong>di</strong>nese”, invece, sarebbe composta da 1462 versetti, <strong>di</strong>stribuiti in 24/28 sure,<br />

costituenti <strong>il</strong> restante 35%.<br />

<strong>La</strong> Sunna-h, <strong>il</strong> cui significato <strong>è</strong> “la tra<strong>di</strong>zione”, consiste nella raccolta <strong>di</strong> h.adīt-,<br />

pl. ah.ādīt-, cio<strong>è</strong> “detti” (qawl), “fatti” (fi‘l) e “s<strong>il</strong>enzi” (sukūt, taqrīr) del Profeta<br />

(sunnat u ’n-nabī’) 59 e dei Compagni. Essa <strong>è</strong> considerata una sorta <strong>di</strong> rivelazione<br />

in<strong>di</strong>retta 60 , poiché i comportamenti del Profeta, esemplari anche quando agisce al<br />

<strong>di</strong> fuori delle sue funzioni profetiche, sono comunque ritenuti ispirati da Dio, per<br />

una particolare ‘is.ma-h 61 , ed <strong>è</strong> usata come chiave <strong>di</strong> interpretazione per i passi del<br />

Corano che presentano incertezze <strong>di</strong> natura esegetica, oltre a costituire una fonte<br />

integrativa per molti casi su cui <strong>il</strong> Libro tace. Le raccolte, a partire da al-muwat.t.a’<br />

(la “strada spianata”), dell’imām Mālik ibn Anas e dal musnad (<strong>il</strong> “h.adīt- con isnād”,<br />

cio<strong>è</strong> con l’appoggio fornito dalla catena dei trasmettitori) <strong>di</strong> Ah.mad ibn H. anbal,<br />

passando dai “sei libri” (al-kutub u ’s-sitta-h), rispettivamente <strong>di</strong> Buh ˘ ārī, <strong>di</strong> Muslim<br />

(dette s.ah.ih.āni, cio<strong>è</strong> “le due autentiche”, perché considerate dalla comunità musulmana<br />

come quelle più atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i, composte da circa 4.000 h.adīt- ciascuno, se non<br />

si computano quelli ripetuti più volte), <strong>di</strong> Ibn Mağa-h, <strong>di</strong> Abū Dā’ūd, <strong>di</strong> at-Tirmid − ī<br />

e <strong>di</strong> an-Nasā’ī, prodotte in un periodo compreso tra la metà dell’ottavo e la fine del<br />

nono secolo dell’era cristiana, sono quelle considerate classiche e ut<strong>il</strong>izzate, con i<br />

dovuti <strong>di</strong>stinguo, per cercare la soluzione ai problemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura (giuri<strong>di</strong>ca,<br />

58 Il primo ad avanzare questa tesi fu Gustav We<strong>il</strong>, nel 1844, seguito da Theodor Nöldeke che,<br />

nella sua Geschichte des Qorans, pubblicata a Lipsia nel 1860, perfezionò gli stu<strong>di</strong> del We<strong>il</strong>.<br />

59 Insieme con le varie e<strong>di</strong>zioni della sīra-h, cio<strong>è</strong> la biografia del Profeta, la sunna-h ha costituito<br />

la fonte <strong>di</strong> elezione per quei musulmani che vedevano nella imitatio muh.ammad (considerato<br />

al-insān u ’l-kām<strong>il</strong>, “l’uomo perfetto”) un modello <strong>di</strong> vita tendente alla perfezione.<br />

60 Alcuni dottori musulmani definiscono <strong>il</strong> Corano “rivelazione esplicita” (wah.y matlū) e la<br />

Sunnah “rivelazione implicita” (wah.y g˙ayr matlū).<br />

61 Una sorta <strong>di</strong> infallib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> cui egli gode, pur restando uomo tra gli uomini.<br />

- 222 -


L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

politica, teologica, morale, f<strong>il</strong>osofica, <strong>di</strong> ricostruzione storica, ecc.) relativi all’<strong>islām</strong>.<br />

Attorno alla Sunna-h si sv<strong>il</strong>upperanno poi, come vedremo in altra sede, una serie <strong>di</strong><br />

scienze che avranno ad oggetto lo stu<strong>di</strong>o dell’appoggio (isnād) fornito dalla catena<br />

(s<strong>il</strong>s<strong>il</strong>a-h) dei trasmettitori dei singoli racconti, così come del contenuto degli stessi<br />

(matn); esse fisseranno una gradazione <strong>di</strong> atten<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> ogni singolo h.adīt-, da<br />

quello s.ah.īh., “autentico”, considerato ineccepib<strong>il</strong>e, a quello h.asan, “buono”, considerato<br />

accettab<strong>il</strong>e, al d.a‘īf, “debole”, <strong>di</strong> applicazione incerta, al mudallas, “apocrifo”,<br />

mai applicab<strong>il</strong>e, a sua volta sud<strong>di</strong>viso in due ulteriori fattispecie.<br />

Il consenso (iğmā‘) trae la sua legittimazione da un detto del Profeta: “la mia<br />

comunità non consentirà mai in un errore”. “Interpreti” del consenso (consensus<br />

populi) sono normalmente i “dottori” (gli ‘ulamā’). In particolare si <strong>di</strong>stingue, in<br />

or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> autorevolezza, <strong>il</strong> consenso dei “Compagni” (al-as.h.āb) <strong>di</strong> Maometto, dei<br />

“seguaci” (at-tābi‘ūn), dei “seguaci dei seguaci” (tābi‘ū ’t-tābi‘īn), cio<strong>è</strong> dei dotti<br />

appartenenti alla generazione del Profeta e ed alle due generazioni successive (attivi,<br />

quin<strong>di</strong>, nell’arco del settimo secolo d.C.). Dopo queste tre prime generazioni <strong>il</strong><br />

consenso r<strong>il</strong>evante come fonte riconosciuta sarà quello dei muğtahidūn, <strong>di</strong> coloro<br />

cio<strong>è</strong> che pongono in essere l’iğtihād, lo “sforzo d’interpretazione”. Chiusa, da<br />

parte dei sunniti, la “porta dello sforzo” 62 , verso la fine del decimo secolo dell’era<br />

cristiana, non resta, laddove non venga altrimenti legittimato l’uso dell’iğtihād,<br />

che cercare l’iğmā‘ nelle comp<strong>il</strong>azioni dottrinarie degli autori classici. Anche <strong>il</strong><br />

consenso, come la Sunna-h, può <strong>di</strong>stinguersi in “consenso verbale” (iğmā‘ qawlī),<br />

“consenso <strong>di</strong> azione” (iğmā‘ fi‘lī) e “consenso tacito” (iğmā‘ sukūtī o iğmā‘ taqrīrī).<br />

L’analogia (qiyās) <strong>è</strong> un metodo che consente <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplinare una fattispecie<br />

non regolamentata, ricorrendo alla <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> una fattispecie regolamentata<br />

che presenti aspetti sim<strong>il</strong>i. Circa questa, non tutte le Scuole giuri<strong>di</strong>che concordano,<br />

in quanto indagare la ratio sottesa ad una fattispecie, soprattutto se si tratta<br />

<strong>di</strong> una fonte <strong>di</strong> origine <strong>di</strong>vina, significa sindacare la volontà <strong>di</strong> Dio, da applicare<br />

invece solo ai casi espressamente previsti 63 .<br />

62 Fenomeno noto come taqlīd u bāb i ’l-iğtihād. A tale chiusura, non riconosciuta peraltro dagli<br />

sciiti, si oppone, tra gli altri, <strong>il</strong> movimento “riformista” della nah.da-h, attivo tra la seconda metà del<br />

XIX secolo e l’inizio del XX.<br />

63 Mentre i z.āirīti (“letteralisti”, ormai estinti) restano intransigenti nell’applicare la regola ai<br />

casi espressamente previsti, i h.anbaliti, in alcuni casi, accettano un’interpretazione estensiva, così<br />

come un’applicazione limitata della stessa analogia.<br />

- 223 -


M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

Altre fonti sussi<strong>di</strong>arie sono <strong>il</strong> ragionamento in<strong>di</strong>viduale (rā’y), particolarmente<br />

apprezzato dai h.anafiti, le <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> consuetu<strong>di</strong>ne – generale (‘urf ‘āmm),<br />

speciale (‘urf h ˘ ās.s.) e locale (‘urf mah.allī) –, l’interesse pubblico (<strong>mas</strong>.lah.a-h), l’equità<br />

(istih.sān), la prassi legale (‘amal), la necessità (d.arūra-h), ecc. 64 .<br />

I “p<strong>il</strong>astri” del culto (<strong>islām</strong>), della fede (imān) e del retto comportamento<br />

(ih.sān)<br />

Un h.adīt- qudsī 65 ci presenta, meglio <strong>di</strong> qualsiasi altra fonte, e con mirab<strong>il</strong>e precisione<br />

e sinteticità, la <strong>di</strong>stinzione tra i concetti <strong>di</strong> <strong>islām</strong>, imān e ih.sān:<br />

Un giorno, mentre eravamo seduti accanto al Messaggero <strong>di</strong> Dio, ecco apparirci un<br />

uomo dagli abiti can<strong>di</strong><strong>di</strong> e dai capelli <strong>di</strong> un nero intenso; su <strong>di</strong> lui non traspariva<br />

traccia <strong>di</strong> viaggio, ma nessuno <strong>di</strong> noi lo conosceva. Si sedette <strong>di</strong> fronte al Profeta,<br />

mise le ginocchia contro le sue e, poggiando le palme delle mani sulle sue cosce, gli<br />

<strong>di</strong>sse: “Oh Muhammad, <strong>di</strong>mmi cos’<strong>è</strong> l’<strong>islām</strong>”. Il Messaggero <strong>di</strong> Allāh <strong>di</strong>sse: “L’<strong>islām</strong><br />

<strong>è</strong> che tu testimoni che non c’<strong>è</strong> altro Dio che Allāh e che Muhammad <strong>è</strong> <strong>il</strong> Messaggero<br />

<strong>di</strong> Dio; che tu compia la preghiera rituale, che tu compia la zakā-h, <strong>di</strong>giuni nel mese<br />

<strong>di</strong> ramad.ān e faccia <strong>il</strong> pellegrinaggio alla Casa, se ne hai la possib<strong>il</strong>ità”. “Tu <strong>di</strong>ci <strong>il</strong><br />

vero!” <strong>di</strong>sse l’uomo. Ci sorprese che fosse lui ad interrogare <strong>il</strong> Profeta e lo approvasse.<br />

Gli chiese allora: “Dimmi cos’<strong>è</strong> l’imān”. Egli rispose: “È che tu creda in Dio, nei<br />

Suoi angeli, nei Suoi libri, nei Suoi messaggeri e nell’ultimo giorno, e che tu creda<br />

nel decreto <strong>di</strong>vino, sia nel bene che nel male”. “Tu <strong>di</strong>ci <strong>il</strong> vero!” replicò l’uomo, che<br />

riprese <strong>di</strong>cendo: “Dimmi cos’<strong>è</strong> l’ih.sān”. Egli rispose: “È che tu adori Dio come se tu<br />

Lo vedessi; perché se tu non Lo ve<strong>di</strong>, certamente Egli ti vede”. L’uomo <strong>di</strong>sse: “Dimmi<br />

che cos’<strong>è</strong> l’Ora”. Il Profeta rispose: l’interrogato non ne sa più <strong>di</strong> chi lo interroga”.<br />

[…] Dopo <strong>di</strong> che l’uomo sparì e io ri<strong>mas</strong>i solo. Allora <strong>il</strong> Profeta mi chiese: “‘Omar,<br />

sai tu chi mi ha interrogato?”. Io risposi: “Dio e <strong>il</strong> Suo Messaggero ne sanno <strong>di</strong> più”.<br />

“Era Gabriele – <strong>di</strong>sse – che <strong>è</strong> venuto per insegnarvi la vostra religione” 66 .<br />

64 Per queste, data la particolare importanza che rivestono per <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto (ma non solo), ci permettiamo<br />

<strong>di</strong> rinviare in toto alla parte che avrà ad oggetto <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto musulmano, alla quale abbiamo<br />

altresì rinviato, ratione materiae, anche per quanto riguarda l’analisi delle fonti “canoniche”, alle<br />

quali in questa sede abbiamo solo accennato.<br />

65 Qudsī <strong>è</strong> quel h.a<strong>di</strong>t- che <strong>è</strong> considerato ispirato <strong>di</strong>rettamente da Dio, alla stregua <strong>di</strong> una vera<br />

e propria rivelazione, e che quin<strong>di</strong> non può mai essere messo in <strong>di</strong>scussione.<br />

66 Al-Nawawī, Quaranta ha<strong>di</strong>th, Roma, Cesa, 1982, p. 36.<br />

- 224 -


L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

Islām, imān e ih.sān si riferiscono quin<strong>di</strong> a tre aspetti essenziali della religione<br />

islamica, centrali in una sua esposizione, costituiti, rispettivamente, dal “foro<br />

esterno” (gli obblighi cultuali), “dal foro interno” (le materie che devono essere<br />

oggetto della fede), e dall’ulteriore perfezionamento <strong>di</strong> natura spirituale, richiesto<br />

al buon musulmano come coronamento del suo rapporto con Dio. Mentre<br />

l’ih.sān non <strong>è</strong> oggetto <strong>di</strong> obblighi precisi, ma <strong>è</strong> lasciato all’inclinazione e al<br />

sentimento religioso del singolo musulmano rispettoso della šarī‘a-h, gli altri due<br />

fenomeni sono oggetto invece <strong>di</strong> veri e propri obblighi, considerati arkān, cio<strong>è</strong><br />

“p<strong>il</strong>astri”, in quanto costituiscono, in un certo senso, delle “coor<strong>di</strong>nate spirituali<br />

essenziali”, rispettivamente dell’<strong>islām</strong> e dell’imān. Il primo, inteso come insieme<br />

<strong>di</strong> comportamenti percepib<strong>il</strong>i coi sensi e parte integrante del fiqh, cio<strong>è</strong> della<br />

giurisprudenza islamica, poiché costituenti veri e propri istituti giuri<strong>di</strong>ci, quin<strong>di</strong><br />

parte dei furū ’l-fiqh, cio<strong>è</strong> dei “rami del <strong>di</strong>ritto”, e in particolare delle ‘ibadāt, cio<strong>è</strong><br />

quella sezione che si occupa dei rapporti verticali “uomo-Dio” 67 ; <strong>il</strong> secondo come<br />

fede nelle verità essenziali della religione; l’ih.sān infine non ha propri p<strong>il</strong>astri ma<br />

<strong>è</strong> rimesso alla sensib<strong>il</strong>ità del singolo fedele. Questi, rispetto a ciascuno dei tre<br />

aspetti, <strong>è</strong> definito rispettivamente muslim (“colui che si sottomette”), mū’min<br />

(“colui che crede”) e muh.sin (“colui che si comporta bene”).<br />

Notiamo, infine, che nell’<strong>islām</strong> l’aspetto legalistico-formale prevale su quello<br />

dogmatico-dottrinario, al punto che l’ortoprassi <strong>è</strong> <strong>di</strong> gran lunga più importante<br />

dell’ortodossia, scarsamente considerata 68 .<br />

Gli arkān u ’l-<strong>islām</strong><br />

I “p<strong>il</strong>astri” del culto (arkān u ’l-<strong>islām</strong>) sono cinque, e obbligano tutti i musulmani<br />

puberi e sani <strong>di</strong> corpo e <strong>di</strong> mente (mukallaf). Per gli sciiti e per alcune correnti<br />

sunnite “<strong>di</strong> nicchia”, appartenenti soprattutto al mad − hab h.anbalita, a questi si<br />

67 Contrapposta a quella parte dei furū ’l-fiqh che invece ha ad oggetto i rapporti orizzontali,<br />

quin<strong>di</strong> sociali, “uomo-uomo”, definita come le mu’āmalāt, in relazione alle quali si rinvia al numero<br />

dei Quaderni avente ad oggetto <strong>il</strong> modulo dei <strong>di</strong>ritti religiosi.<br />

68 Nell’<strong>islām</strong> non esiste una vera e propria teologia, in quanto definire Dio significherebbe,<br />

almeno in certa misura, sindacare l’insindacab<strong>il</strong>e. Lo stesso kalām (letteralmente “<strong>di</strong>scorso”), che<br />

pure contiene <strong>di</strong>versi elementi che potremmo definire teologico-speculativi, non ha questa pretesa,<br />

costituendo solo un tentativo finalizzato a una migliore conoscenza <strong>di</strong> Dio, l’unico strumento<br />

rimanendo, in definitiva, la Sua <strong>parola</strong> autentica, contenuta nel Corano.<br />

- 225 -


M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

aggiunge un sesto p<strong>il</strong>astro, consistente nel ğihād 69 . Prima <strong>di</strong> espletare ciascuno<br />

<strong>di</strong> essi occorre riba<strong>di</strong>rne l’intenzione (niyya-h), perché l’atto sia valido. A ciascun<br />

p<strong>il</strong>astro sono poi collegate alcune pratiche supererogatorie 70 , raccomandab<strong>il</strong>i<br />

(mandūb), ma non obbligatorie (fard.). Essi sono:<br />

1. l’attestazione <strong>di</strong> fede (šahāda-h);<br />

2. le cinque preghiere canoniche quoti<strong>di</strong>ane (s.alā-h, pl. s.alāt);<br />

3. l’elemosina legale obbligatoria (zakā-h);<br />

4. <strong>il</strong> <strong>di</strong>giuno nel mese <strong>di</strong> ramad. ān (s.awm o s.yām);<br />

5. <strong>il</strong> pellegrinaggio alla Mecca (h.ağğ).<br />

1. Il primo degli arkān, la šahāda-h, consiste nell’affermazione esplicita che “non<br />

c’<strong>è</strong> <strong>di</strong>vinità se non Id<strong>di</strong>o e Maometto <strong>è</strong> l’inviato <strong>di</strong> Dio” (ašahad u an lā <strong>il</strong>āha <strong>il</strong>lā ’llāh<br />

wa ašahad u anna muh.ammad an rasūl u ’llāh). In un certo senso, si può <strong>di</strong>re che questo<br />

<strong>è</strong> l’unico vero dogma 71 dell’<strong>islām</strong>, poiché, rispetto alle <strong>di</strong>verse declinazioni, costituisce<br />

la base minima irrinunciab<strong>il</strong>e per poter definire musulmano 72 un credente. Questa<br />

formula, pronunciata al cospetto <strong>di</strong> due testimoni qualificati, costituisce per un neofita<br />

qualcosa <strong>di</strong> corrispondente al nostro battesimo, in quanto ne sancisce formalmente<br />

l’ingresso nell’<strong>islām</strong>. <strong>La</strong> pronuncia inoltre <strong>il</strong> padre nell’orecchio destro del neonato, in<br />

occasione della sua nascita, così come <strong>il</strong> mū’ad − d − in nell’ad − ān, <strong>il</strong> richiamo alla preghiera 73 .<br />

Pratica supererogatoria <strong>è</strong> l’affermazione spontanea, spesso limitata alla sola<br />

unicità <strong>di</strong> Dio (lā <strong>il</strong>āha <strong>il</strong>lā ’llāh), in momenti importanti della propria vita,<br />

quando si sente la necessità <strong>di</strong> invocare l’aiuto <strong>di</strong>vino.<br />

69 Circa <strong>il</strong> ğihād, vista la sua importanza e soprattutto la sua autonomia dagli altri arkān, così<br />

come intesi dalla gran parte dei musulmani, v. infra, “Il ğihād”, oltre al contributo per <strong>il</strong> numero<br />

dei Quaderni del Master che tratterà dei <strong>di</strong>ritti religiosi.<br />

70 Esamineremo queste pratiche al termine della descrizione <strong>di</strong> ciascun “p<strong>il</strong>astro”.<br />

71 Anche se in senso tecnico non si può parlare <strong>di</strong> dogmi stricto et proprio sensu nell’<strong>islām</strong>.<br />

72 È <strong>di</strong>verso dal primo p<strong>il</strong>astro dell’imān, perché questo consiste invece nella fede nell’unità e<br />

unicità <strong>di</strong> Dio e nella profezia <strong>di</strong> Maometto come ultima e definitiva (“foro interno”) e non in una<br />

<strong>di</strong>chiarazione esplicita e formale (“foro esterno”).<br />

73 Il mū’ad− d − in enuncia ad alta voce, o servendosi <strong>di</strong> un microfono, dal minareto o, se questo<br />

non c’<strong>è</strong>, nei pressi dell’ingresso del <strong>mas</strong>ğid: “Dio <strong>è</strong> più grande, Dio <strong>è</strong> più grande, attesto che non<br />

c’<strong>è</strong> <strong>di</strong>vinità se non Id<strong>di</strong>o, attesto che non c’<strong>è</strong> <strong>di</strong>vinità se non Id<strong>di</strong>o, attesto che Maometto <strong>è</strong> l’Inviato <strong>di</strong><br />

Dio, attesto che Maometto <strong>è</strong> l’Inviato <strong>di</strong> Dio, venite alla preghiera, venite alla preghiera, venite alla<br />

prosperità, venite alla prosperità (alla preghiera dell’aurora, <strong>il</strong> s.ubh., a questo punto si aggiunge: “la<br />

preghiera <strong>è</strong> migliore del sonno”), Dio <strong>è</strong> più grande, Dio <strong>è</strong> più grande, non c’<strong>è</strong> <strong>di</strong>vinità se non Id<strong>di</strong>o”.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

2. Le preghiere canoniche (s.alāt) sono cinque al giorno e costituiscono tutte<br />

un fard. ‘ayn, cio<strong>è</strong> un obbligo <strong>di</strong> cui <strong>è</strong> investito ciascun musulmano, in<strong>di</strong>vidualmente,<br />

e che può essere adempiuto ovunque ci si trovi, dopo avere portato a<br />

termine i riti <strong>di</strong> purificazione (t.ahhāra-h), consistenti nelle abluzioni parziali<br />

(ūd.ū’), se si <strong>è</strong> affetti da “impurità minore”, o nelle abluzioni <strong>di</strong> tutta la persona<br />

(g˙usl), se invece l’impurità <strong>è</strong> “maggiore” (atti sessuali, mestruazioni, contatto<br />

con cadaveri, ecc.). Nel caso che non ci sia <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> acqua, si può usare<br />

una pietra o sabbia (abluzione pulverale, detta tayammum), da strofinare sul<br />

corpo. Costituisce tuttavia un fard. kifāya-h, cio<strong>è</strong> un “obbligo <strong>di</strong> sufficienza”, per<br />

la comunità, garantire la presenza <strong>di</strong> un numero minimo <strong>di</strong> fedeli presenti in<br />

moschea, per assicurarne comunque la celebrazione al suo interno 74 .<br />

Le cinque preghiere sono <strong>di</strong>stribuite nell’arco <strong>di</strong> tutta la giornata, dall’aurora<br />

a quando <strong>è</strong> completamente calato <strong>il</strong> buio. Per l’esattezza, la prima (s.alā-t u ’l-fağr<br />

o s.alā-t u ’s.-s.ubh.) <strong>è</strong> prevista tra l’aurora e l’alba, e, nel richiamo, <strong>il</strong> mū’ad − d − in, nella<br />

formula canonica, inserisce l’affermazione che “la preghiera <strong>è</strong> migliore del sonno”.<br />

<strong>La</strong> seconda (s.alā-t u ’z.-z.uhr), inizia quando <strong>il</strong> sole <strong>è</strong> a picco nel cielo (mezzogiorno).<br />

<strong>La</strong> terza (s.alā-t u ’l-‘as.r) <strong>è</strong> collocata a metà tra la seconda e la quarta preghiera, cio<strong>è</strong> a<br />

metà pomeriggio. <strong>La</strong> quarta (s.alā-t u ’l-mag˙rib) inizia al tramonto e termina al crepuscolo.<br />

<strong>La</strong> quinta e ultima (s.alā-t u ’l-‘išā’) inizia quando <strong>è</strong> calato completamente<br />

<strong>il</strong> buio, cio<strong>è</strong> circa un paio d’ore dopo la conclusione della quarta preghiera.<br />

<strong>La</strong> seconda preghiera del venerdì (la s.alā-t u -z.-z.uhr) presenta la peculiarità,<br />

rispetto alle altre 34 della settimana, <strong>di</strong> dover essere effettuata in una moschea<br />

qualificata: <strong>il</strong> ğāmi‘, pre<strong>di</strong>sposto per la h ˘ ut.ba-h, e non <strong>il</strong> semplice <strong>mas</strong>ğid (“luogo<br />

dove ci si prostra”), che ha le funzioni <strong>di</strong> un semplice oratorio idoneo per tutte le<br />

altre preghiere, ma non per questa. Oltre alla recitazione dei versetti del Corano,<br />

durante questa preghiera <strong>è</strong> prevista la h ˘ ut.ba-h, una sorta <strong>di</strong> sermone 75 , <strong>di</strong> grande<br />

importanza morale e politica, per le esortazioni che vengono lanciate in questa<br />

74 Sono normalmente considerati sufficienti due fedeli, uno dei quali, <strong>di</strong> solito <strong>il</strong> più versato<br />

nelle scienze religiose, nelle vesti <strong>di</strong> imām, letteralmente colui che sta davanti (l’antistes), che guida<br />

la preghiera, scandendo la durata delle varie fasi, una sorta <strong>di</strong> “<strong>di</strong>rettore d’orchestra” che assicura la<br />

sincronia <strong>di</strong> chi gli sta <strong>di</strong>etro.<br />

75 Per tenere questo sermone <strong>il</strong> h˘ at.īb normalmente si posiziona su un gra<strong>di</strong>no <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong><br />

pulpito, chiamato minbar. Esistono tuttavia moschee idonee alla pre<strong>di</strong>ca del venerdì che ne sono<br />

sprovviste: in tal caso <strong>il</strong> h ˘ at.īb rimane in pie<strong>di</strong> a latere del mih.rāb, rivolto verso gli oranti, volgendo<br />

le spalle alla qibla-h.<br />

- 227 -


M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

circostanza 76 . <strong>La</strong> h ˘ ut.ba-h costituisce, tra l’altro, una sorta <strong>di</strong> ricognizione <strong>di</strong><br />

sovranità, poiché viene invocata la baraka-h (bene<strong>di</strong>zione) <strong>di</strong> Dio sul sovrano, o<br />

comunque su colui che detiene <strong>il</strong> potere 77 : spesso ha costituito l’occasione in cui<br />

si sono sanciti importanti mutamenti istituzionali 78 .<br />

<strong>La</strong> preghiera s’inizia con la pronuncia del takbīr (allāh akbar, “Id<strong>di</strong>o <strong>è</strong> più grande”)<br />

ed <strong>è</strong> costituita da un numero <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> rak‘a-h: la prima preghiera da due, la<br />

seconda da quattro (due <strong>il</strong> venerdì, per compensare <strong>il</strong> tempo occupato dalla h ˘ ut.ba-h),<br />

la terza da quattro, la quarta da tre e la quinta da quattro. <strong>La</strong> rak‘a-h <strong>è</strong> <strong>il</strong> modulo <strong>di</strong><br />

base <strong>di</strong> ogni singola preghiera, a sua volta articolata in una serie <strong>di</strong> azioni 79 che si susseguono<br />

secondo un canone predeterminato, <strong>di</strong>rigendo <strong>il</strong> proprio corpo e <strong>il</strong> proprio<br />

sguardo verso la ka‘ba-h, alla Mecca, <strong>di</strong>rezione definita qibla-h e materializzata nelle<br />

moschee da una nicchia sormontata da un arco, chiamata mih.rāb.<br />

Una pratica supererogatoria corrispondente a questo “p<strong>il</strong>astro” <strong>è</strong> la du‘ā’, cio<strong>è</strong><br />

la preghiera spontanea, più propriamente “invocazione”, “supplica”, che si compie<br />

al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> quelle canoniche e che può avere <strong>di</strong>verse tipologie: dal pensiero<br />

rivolto a Dio alla recita <strong>di</strong> versetti del Corano, vuoi per invocarLo al fine <strong>di</strong><br />

ottenerne grazie, vuoi per mera devozione o per amore gratuito. Altra pratica,<br />

<strong>di</strong>ffusa soprattutto in alcune “confraternite” (t.arīqa-h, pl. t.uruq) <strong>è</strong> <strong>il</strong> d − ikr, che<br />

consiste nella ripetizione ossessiva della <strong>parola</strong> “allāh” o dei Suoi 99 nomi, così<br />

come della <strong>parola</strong> “muh.ammad” o <strong>di</strong> altre formule, fino all’annientamento della<br />

76 È bene ricordare che, a seguito <strong>di</strong> h˘ ut.ba-h del venerdì, spesso si verificano <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni o<br />

comunque manifestazioni, raccogliendo gli inviti del h ˘ at.īb.<br />

77 Si ricorda che nelle Costituzioni contemporanee <strong>di</strong> molti paesi islamici <strong>è</strong> previsto come<br />

requisito per <strong>il</strong> Capo dello Stato l’essere musulmano. Importante eccezione <strong>è</strong> <strong>il</strong> Libano, dove egli<br />

deve essere un cristiano maronita (mentre musulmano sunnita <strong>è</strong> <strong>il</strong> Capo del Governo e sciita <strong>il</strong><br />

Capo del Parlamento).<br />

78 È proprio in una pre<strong>di</strong>ca del venerdì che Sala<strong>di</strong>no (s.alāh. u ’d-dīn), nel 1171, sancisce formalmente<br />

la fine del califfato fatimide del Cairo, per la verità già in una situazione <strong>di</strong> crisi irreversib<strong>il</strong>e,<br />

pronunciando, a <strong>di</strong>fferenza dei venerdì precedenti, <strong>il</strong> nome del califfo abbaside <strong>di</strong> Bag˙dād.<br />

79 L’or<strong>di</strong>ne della sequenza, in ciascuna rak‘a-h, <strong>è</strong>: posizione verticale, afferrando <strong>il</strong> polso sinistro<br />

con la mano destra (per h.anafiti, sciafi’iti e h.anbaliti) o lasciando le braccia lungo i fianchi<br />

(per malikiti, sciiti e h ˘ āriğiti), con recitazione della fātih.a-h (la sūra “aprente”) e <strong>di</strong> una sūra breve;<br />

inchino, poggiando le mani sulle ginocchia (rukū‘); ritorno nella posizione verticale; prosternazione<br />

con la fronte che tocca <strong>il</strong> suolo (suğūd) – gli sciiti imāmiti poggiano la fronte su un <strong>di</strong>schetto <strong>di</strong><br />

arg<strong>il</strong>la, proveniente preferib<strong>il</strong>mente da una “terra santa”, come, ad es., Karbalā’ –; seduti sui talloni,<br />

con le palme delle mani sulle cosce (ğulūs); nuova prosternazione e ritorno in posizione verticale.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

propria persona (fanā’), in un’estasi <strong>di</strong> unione con Dio, l’Ente totalizzante, in<br />

una sorta <strong>di</strong> amore mistico assoluto.<br />

3. Il termine zakā-h significa “purificazione”, in quanto la sua funzione precipua<br />

<strong>è</strong> quella <strong>di</strong> purificare <strong>il</strong> guadagno, rendendolo così lecito, me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong><br />

una sua parte per le esigenze della comunità dei credenti, riconoscendogli in tal<br />

modo una funzione sociale. Essa <strong>è</strong> normalmente considerata una sorta <strong>di</strong> elemosina<br />

legale, ha natura impositiva e può essere riscossa coattivamente dall’autorità<br />

politica tramite funzionari a ciò preposti. Negli or<strong>di</strong>namenti contemporanei essa<br />

ha <strong>di</strong>versi surrogati, che possono consistere nei tributi previsti dalla legislazione<br />

statale, nell’elemosina o nella riscossione <strong>di</strong> denaro, soprattutto in contesto non<br />

islamico, da parte <strong>di</strong> associazioni islamiche che si impegnano ad ut<strong>il</strong>izzare le<br />

somme raccolte per finalità conformi alla šarī‘a-h 80 .<br />

L’ammontare <strong>di</strong> beni o <strong>di</strong> denaro da versare <strong>è</strong> commisurata non al patrimonio<br />

posseduto, ma al red<strong>di</strong>to percepito in un anno, e la relativa aliquota varia<br />

in funzione della tipologia dei beni che costituiscono <strong>il</strong> red<strong>di</strong>to, da un minimo<br />

del 2,5% a un <strong>mas</strong>simo del 20% <strong>di</strong> esso. Se <strong>il</strong> red<strong>di</strong>to <strong>è</strong> inferiore a una quantità<br />

prevista come “minimo imponib<strong>il</strong>e” non va corrisposto alcunché. I beni menzionati<br />

nei testi sono quelli tipici <strong>di</strong> una società che a noi può sembrare, almeno<br />

per certi aspetti, ormai arcaica, perché <strong>è</strong> quella coeva a Maometto (bestiame, tra<br />

cui particolarmente importanti sono i cameli<strong>di</strong>, <strong>il</strong> raccolto agricolo, gli introiti<br />

del commercio, ecc.). Successivamente si <strong>è</strong> molto usata, al fine <strong>di</strong> determinare le<br />

aliquote rispetto ai beni non espressamente contemplati, l’analogia.<br />

Sua pratica supererogatoria può essere considerata la s.adaqa-h, cio<strong>è</strong> l’elemosina<br />

spontanea che si fa ai bisognosi, elargita possib<strong>il</strong>mente con modalità atte a<br />

garantirne la segretezza.<br />

4. Il quarto precetto consiste nel <strong>di</strong>giuno (s.awm o s.yām) durante i trenta giorni<br />

del mese <strong>di</strong> ramad.ān, <strong>il</strong> nono dell’anno lunare islamico. Il <strong>di</strong>giuno va inteso in senso<br />

80 Tali finalità sono elencate nella sūra IX del Corano, al versetto 60: “<strong>il</strong> frutto delle D<strong>è</strong>cime<br />

e delle elemosine appartiene ai poveri e ai bisognosi e agli incaricati <strong>di</strong> raccoglierle, e a quelli <strong>di</strong><br />

cui ci siam conc<strong>il</strong>iati <strong>il</strong> cuore, e così anche per riscattar gli schiavi e i debitori, e per la lotta sulla<br />

Via <strong>di</strong> Dio e pel viandante”. È aperto un <strong>di</strong>battito sull’uso “improprio” che talune organizzazioni<br />

estremiste fanno <strong>di</strong> questi fon<strong>di</strong>, talvolta destinati a finanziare attività considerate <strong>di</strong> tipo terrorista.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

lato come astinenza, dall’alba al tramonto 81 , da ogni tipo <strong>di</strong> cibo, <strong>di</strong> bevanda, <strong>di</strong><br />

fumo, <strong>di</strong> profumo, <strong>di</strong> attività sessuale (anche con <strong>il</strong> proprio coniuge), fino a includere<br />

qualunque sostanza solida, liquida o gassosa (eccetto ovviamente l’aria che si<br />

respira, e questo per una sorta <strong>di</strong> d.arūra-h, cio<strong>è</strong> <strong>di</strong> necessità per la sopravvivenza) 82 ,<br />

così come astinenza anche dai pensieri cattivi, verso Dio o verso <strong>il</strong> prossimo.<br />

Durante questo mese, le giornate vengono scan<strong>di</strong>te <strong>di</strong>versamente dal solito:<br />

ci si sveglia verso la fine della notte, per mangiare poco prima dell’alba, prima <strong>di</strong><br />

iniziare <strong>il</strong> <strong>di</strong>giuno (as-sah.ur); si torna a riposare, per poi alzarsi al fine <strong>di</strong> attendere<br />

alle occupazioni or<strong>di</strong>narie – andare a scuola o al lavoro, governare la casa,<br />

ecc. – sia pure a ritmo decelerato, garantendo <strong>il</strong> minimo necessario, rispetto<br />

al resto dell’anno; si riposa <strong>di</strong> nuovo, nei limiti della compatib<strong>il</strong>ità coi propri<br />

impegni inelu<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i; infine, al tramonto, <strong>è</strong> <strong>il</strong> momento dell’ift.ār 83 , la rottura del<br />

<strong>di</strong>giuno, che i più tra<strong>di</strong>zionalisti celebrano con l’ingestione, ovunque si trovino,<br />

<strong>di</strong> un numero <strong>di</strong>spari <strong>di</strong> datteri o <strong>di</strong> pasticcini, spesso tre (che tengono con loro<br />

a questo scopo), e, se <strong>è</strong> <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>e, con latte <strong>di</strong> dromedaria, in attesa <strong>di</strong> un pasto<br />

festoso con cibi tipici. Questo si apre con la šurba-h, la minestra tra<strong>di</strong>zionale, e<br />

si conclude con dolcetti a base <strong>di</strong> miele, datteri o pasta <strong>di</strong> mandorle, e avviene<br />

subito dopo aver sod<strong>di</strong>sfatto l’obbligo della preghiera del mag˙rib 84 .<br />

Il s.awm non consiste solo in un obbligo <strong>di</strong> astensione, ma presenta anche<br />

precetti positivi, consistenti nell’obbligo <strong>di</strong> tenere una condotta irreprensib<strong>il</strong>e e<br />

nella raccomandazione <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care <strong>il</strong> tempo a <strong>di</strong>sposizione a “esercizi spirituali”<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tipo, secondo le tra<strong>di</strong>zioni locali. Tra questi, una pratica devota, molto<br />

81 I testi prevedono che sia inizio e fine del “mese del <strong>di</strong>giuno”, sia inizio e fine della giornata,<br />

debbano essere osservati <strong>di</strong>rettamente da esperti, non essendo sufficienti le deduzioni <strong>di</strong> tipo<br />

meramente scientifico, anche perché <strong>il</strong> fenomeno <strong>è</strong> <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>vina, e non deve essere rimesso ai<br />

calcoli dell’uomo. Per quanto riguarda l’inizio del <strong>di</strong>giuno, infatti, due testimoni qualificati (‘udūl)<br />

devono osservare la luna nuova nascente e, per la sua fine, la sua sparizione totale dal cielo. Per<br />

questo motivo, talvolta <strong>il</strong> giorno iniziale o quello finale non coincidono in territori tra loro <strong>di</strong>stanti,<br />

poiché l’osservazione può essere <strong>di</strong>sturbata da fattori naturali, come la nuvolosità del cielo.<br />

82 Per alcuni anche deglutire la propria saliva, che pure non implica l’introduzione <strong>di</strong> alcunché<br />

dall’esterno, costituisce infrazione al <strong>di</strong>vieto, così come taluni evitano <strong>di</strong> bagnarsi in mare o in<br />

acque dolci, per non correre <strong>il</strong> rischio <strong>di</strong> ingerire, anche se involontariamente, del liquido.<br />

83 Dal verbo fat.ara, che significa “rompere <strong>il</strong> <strong>di</strong>giuno”.<br />

84 Per la verità molti fedeli, al segnale dell’ift.ār, dato in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong>, tra cui, ad esempio, <strong>il</strong><br />

suono <strong>di</strong> una sirena, si recano <strong>di</strong>rettamente al pasto.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

<strong>di</strong>ffusa, <strong>è</strong> quella <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care le serate 85 alla recitazione del Corano, che <strong>è</strong> tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

<strong>di</strong>viso, proprio in previsione <strong>di</strong> questa evenienza, in trenta parti della<br />

stessa lunghezza, una per ogni giorno del mese.<br />

<strong>La</strong> fine del mese <strong>di</strong> ramad.ān coincide con una delle due feste più importanti<br />

per l’<strong>islām</strong>, al-‘īd u ’l-fit.r, cio<strong>è</strong> “la festa della cessazione del <strong>di</strong>giuno”, detta anche<br />

al-‘īd u ’s.-s.ag˙īr 86 .<br />

L’astinenza ha una forte valenza sia spirituale, perché agevola la concentrazione<br />

del fedele sulle questioni dello spirito, allontanandolo dalle occupazioni materiali,<br />

sia sociale, perché induce <strong>il</strong> benestante a provare le sofferenze dell’in<strong>di</strong>gente.<br />

È inoltre una scadenza avvertita da gran parte dei musulmani come un’affermazione<br />

identitaria particolarmente importante, un appuntamento al quale non ci<br />

si può sottrarre, anche da parte <strong>di</strong> chi, normalmente, in altri perio<strong>di</strong> dell’anno<br />

non <strong>è</strong> un buon praticante perché magari non osserva puntualmente altri precetti,<br />

come l’obbligo delle cinque preghiere canoniche quoti<strong>di</strong>ane, ecc.<br />

Dal <strong>di</strong>giuno (almeno da quello fisico) sono esonerati i bambini 87 , i vecchi,<br />

i malati, i viaggiatori, i combattenti, le donne gravide e le puerpere. Eccetto i<br />

bambini, i vecchi, i malati cronici e terminali, tutti gli altri devono recuperare,<br />

<strong>di</strong>giunando al termine della causa ostativa o facendo donazioni per i bisognosi.<br />

Pratiche supererogatorie sono certi <strong>di</strong>giuni facoltativi, come quello della<br />

‘ašūrā’ 88 , <strong>il</strong> decimo giorno dell’anno islamico (<strong>il</strong> <strong>di</strong>eci del mese <strong>di</strong> muh.arram),<br />

e altri. In alcuni giorni, come quelli delle feste dell’‘īd u ’l-ad − à e dell’‘īd u ’l-fit.r,<br />

<strong>di</strong>giunare <strong>è</strong>, al contrario, considerato h.arām, in quanto violerebbe l’obbligo <strong>di</strong><br />

festeggiare banchettando con la carne del montone (o <strong>di</strong> altro animale, secondo<br />

le usanze locali) sacrificato per l’occasione.<br />

5. Il quinto “p<strong>il</strong>astro”, in un certo senso eventuale, poiché <strong>di</strong>pende dalla <strong>di</strong>sponib<strong>il</strong>ità<br />

economica del fedele, così come dalle sue con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute, consiste nel<br />

h.ağğ, <strong>il</strong> pellegrinaggio alla Casa (<strong>di</strong> Dio), la ka‘ba-h, alla Mecca e <strong>di</strong>ntorni. Esso<br />

85 <strong>La</strong> giornata, invece, come abbiamo visto, <strong>è</strong> normalmente de<strong>di</strong>cata, impegni permettendo,<br />

al riposo.<br />

86 u u<br />

Cio<strong>è</strong> “la piccola festa”, per <strong>di</strong>stinguerla dall’‘īd ’l-’adhà (“la festa del sacrificio”), che <strong>è</strong> al ‘īd<br />

’l-kabīr, cio<strong>è</strong> “la grande festa”, prevista in coincidenza col pellegrinaggio alla Mecca.<br />

87 In età prepuberale s’inizia però ad educare <strong>il</strong> bambino al <strong>di</strong>giuno parziale, con una gradualità<br />

che porterà progressivamente, col raggiungimento della pubertà, all’astinenza totale.<br />

88 V. nota 40.<br />

- 231 -


M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

avviene dal sette al tre<strong>di</strong>ci del do<strong>di</strong>cesimo e ultimo mese dell’anno islamico, <strong>il</strong><br />

d− ū’ ’l-h.iğğa-h (cio<strong>è</strong> “quello del pellegrinaggio”). Si segue un rituale che <strong>è</strong> lo stesso<br />

del “pellegrinaggio dell’ad<strong>di</strong>o” che <strong>il</strong> Profeta fece nel marzo 632. Tutto inizia con<br />

l’ingresso nello stato <strong>di</strong> ih.rām, sacralizzazione, consistente nell’indossare un abito<br />

costituito da due bianchi teli inconsut<strong>il</strong>i, così come nell’astensione dal compiere<br />

atti sessuali, dall’uccidere animali e abbattere alberi, dal radersi e tagliarsi capelli<br />

e unghie. Il sette, in occasione della preghiera <strong>di</strong> mezzogiorno presso la grande<br />

moschea della Mecca, si istruiscono i pellegrini sui loro doveri. L’otto <strong>è</strong> prevista la<br />

partenza per la pianura <strong>di</strong> ‘Arafa, con sosta a Minà per la preghiera <strong>di</strong> mezzogiorno.<br />

Il nove i pellegrini si fermano (wuqūf, <strong>è</strong> questo <strong>il</strong> rito centrale del h.ağğ) davanti<br />

a Dio, invocandoLo (esclamano reiteratamente “labbaika allāhumma” “eccoci a<br />

Te, Dio”) nella pianura davanti al Monte della Misericor<strong>di</strong>a (ğabalu ’r-rah.ma-h) dal<br />

primo pomeriggio fino al tramonto, per poi correre a Muzdālifa, dove pernottano.<br />

Prima dell’alba del 10 (giorno dell’‘īdu ’l-ad −à), dopo un ulteriore wuqūf, si recano,<br />

<strong>di</strong> corsa (ifāda-h) a Minà, dove <strong>è</strong> previsto, con un’azione ritenuta da alcuni un<br />

gesto apotropaico, <strong>il</strong> lancio <strong>di</strong> pietre (sette alla volta) verso tre obelischi (cerimonia<br />

che ricorda quando Abramo aveva scacciato a sassate <strong>il</strong> demonio nella stessa<br />

località), <strong>il</strong> sacrificio del montone e la rasatura del capo. In giornata <strong>il</strong> pellegrino va<br />

alla Mecca, dove compie sette t.awāf (giri in senso antiorario) attorno alla Ka‘ba-h,<br />

oltre al sa’y (corsa tra Safā e Marwa-h per sette volte), prima <strong>di</strong> ritornare a Minà,<br />

dove esce dallo stato <strong>di</strong> ih.rām. Gli ultimi tre giorni, dall’11 al 13, sono <strong>di</strong> festa.<br />

Prima <strong>di</strong> lasciare <strong>il</strong> H. iğāz, la quasi totalità dei pellegrini si reca a Me<strong>di</strong>na, circa<br />

350 km a nord della Mecca, per la ziyāra-h (visita) alla tomba del Profeta, pratica<br />

raccomandata (mandūb), ma non obbligatoria (fard.).<br />

Pratica supererogatoria consiste nella ‘umra-h, cio<strong>è</strong> nel pellegrinaggio minore,<br />

che può avvenire in qualunque periodo dell’anno, e che comunque non esonera<br />

dall’obbligo del pellegrinaggio maggiore (<strong>il</strong> h.ağğ).<br />

Gli arkān u ’l-imān<br />

I “p<strong>il</strong>astri” della fede (arkān u ’l-imān) sono sei:<br />

1. credere nell’unità e nell’unicità <strong>di</strong> Dio;<br />

2. credere nei Suoi Angeli;<br />

3. credere nei Suoi Libri;<br />

4. credere nei Suoi Messaggeri;<br />

5. credere nel Giorno ultimo;<br />

6. credere nel Decreto <strong>di</strong>vino, relativo sia al bene sia al male.<br />

- 232 -


L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

1. Questo “p<strong>il</strong>astro” della fede rappresenta l’aspetto interiore <strong>di</strong> una parte del<br />

primo “p<strong>il</strong>astro” del culto (la šahāda-h), consistente nel credere realmente, nel<br />

proprio intimo, in ciò che lì si manifesta con la <strong>parola</strong>. Più che nell’esistenza, che<br />

si dà per scontata, l’accento <strong>è</strong> qui posto sulla unità e unicità <strong>di</strong> Dio, intendendosi,<br />

col primo termine, che Dio non <strong>è</strong> sud<strong>di</strong>viso in più entità ma <strong>è</strong> uno solo, in velata<br />

polemica, oltre che con le credenze politeiste, anche con lo stesso cristianesimo<br />

che, sostenendo <strong>il</strong> mistero della Trinità, venera <strong>di</strong> fatto tre <strong>di</strong>verse Entità, dai<br />

musulmani normalmente in<strong>di</strong>viduate, invece che nel Padre, nel Figlio e nello<br />

Spirito santo, in Dio (allāh), in Gesù (‘īsà) e in Maria (maryam), madre <strong>di</strong> Gesù.<br />

Per unicità va invece intesa l’esistenza <strong>di</strong> un Dio unico, perché non c’<strong>è</strong> altra<br />

<strong>di</strong>vinità all’infuori <strong>di</strong> Lui. L’errore più grave e imperdonab<strong>il</strong>e consiste proprio<br />

nell’“associare” a Dio altri d<strong>è</strong>i, inesistenti, apertamente o solo nel proprio intimo,<br />

<strong>di</strong>ssimulando, in tal caso, la propria erronea convinzione (quest’ultimo <strong>è</strong> <strong>il</strong> comportamento<br />

dei cc.dd. munāfiqūn, letteralmente “ipocriti”, contro cui <strong>il</strong> Profeta<br />

non si stancò mai <strong>di</strong> lottare e <strong>di</strong> lanciare i propri severi anatemi, con speciale<br />

riguardo a quelli <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>na).<br />

2. Gli angeli sono una sorta <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>ari tra l’uomo e Dio, creati dalla luce,<br />

a <strong>di</strong>fferenza dell’uomo, che <strong>è</strong> invece creato dalla terra. Nell’angiologia islamica, ciascuno<br />

<strong>di</strong> essi <strong>è</strong> investito <strong>di</strong> una funzione particolare. Tra i più noti, possiamo citare<br />

Gabriele (ğibrā’īl), <strong>il</strong> nuncius <strong>di</strong> Dio, interme<strong>di</strong>ario tra Lui e gli uomini, colui che ha<br />

riferito pe<strong>di</strong>ssequamente a Maometto la Sua Parola, me<strong>di</strong>ante la Rivelazione coranica,<br />

così come era ancor prima accaduto con le altre Rivelazioni e con l’annuncio<br />

a Maria della sua miracolosa maternità virginale. Altro nome importante <strong>è</strong> quello<br />

<strong>di</strong> Israfīl, l’angelo che suonerà due volte la tromba nel giorno del Giu<strong>di</strong>zio: al primo<br />

suono tutti i vivi periranno e al secondo tutti i morti, <strong>di</strong> ogni epoca, risorgeranno<br />

per essere giu<strong>di</strong>cati. Abbiamo poi: Munkar e Nakīr, che interrogano <strong>il</strong> morto<br />

subito dopo la sua sepoltura 89 , annotando sui rispettivi registri, che saranno usati<br />

89 Si tratta della c.d. “prova della tomba”. Ricor<strong>di</strong>amo che <strong>il</strong> cadavere, dopo essere stato lavato<br />

dal parente più prossimo, viene avvolto in un numero <strong>di</strong>spari <strong>di</strong> bianchi sudari inconsut<strong>il</strong>i, <strong>di</strong> solito<br />

uno o tre, ut<strong>il</strong>izzando i due teli del pellegrinaggio alla Mecca, per coloro che hanno adempiuto al<br />

precetto, e sepolto in una fossa <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni canoniche, adagiato su un fianco e col capo rivolto<br />

verso la qibla-h (cio<strong>è</strong> in <strong>di</strong>rezione della Mecca). Le donne non sono ammesse al rito <strong>di</strong> sepoltura,<br />

ma normalmente, dopo aver seguito a <strong>di</strong>stanza <strong>il</strong> corteo funebre, vi assistono da lontano.<br />

- 233 -


M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

nel Giorno ultimo, le azioni buone e quelle cattive, e, in attesa della resurrezione,<br />

infliggendo provvisoriamente loro i supplizi da scontare già nella stessa tomba;<br />

Azrā‘īl, o l’angelo della morte; Ridwān, <strong>il</strong> custode del Para<strong>di</strong>so; Mālik, <strong>il</strong> custode<br />

dell’Inferno; Michele 90 , l’angelo che non ride mai; Hārūt e Mārūt 91 , <strong>di</strong> condotta<br />

lussuriosa, che avrebbero insegnato agli uomini le arti magiche 92 .<br />

Vi sono poi i <strong>di</strong>avoli, tra cui <strong>il</strong> più popolare <strong>è</strong> iblīs (deformazione del greco<br />

<strong>di</strong>avbolo~), corrispondente al Lucifero della tra<strong>di</strong>zione giudaico-cristiana, angelo<br />

caduto in <strong>di</strong>sgrazia a causa della sua superbia, per non aver ubbi<strong>di</strong>to all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

Dio <strong>di</strong> prostrarsi davanti ad Adamo 93 , e i ğinn (da cui la <strong>parola</strong> italiana “geni”),<br />

entità spirituale interme<strong>di</strong>a tra l’uomo e gli angeli, creati dal fuoco, spesso <strong>di</strong>spettosi<br />

con l’uomo e normalmente invisib<strong>il</strong>i, che possono essere buoni e malvagi,<br />

alcuni dei quali furono convertiti all’<strong>islām</strong> dallo stesso Maometto 94 .<br />

3. I Libri sono quelli che raccolgono le <strong>di</strong>verse Rivelazioni che Dio, tramite<br />

l’angelo Gabriele, ha fatto all’uomo. Si va dai non meglio precisati s.uh.uf<br />

(“fogli”) 95 , rivelati ad Abramo (ibrah.im) e poi a Mos<strong>è</strong> (mūsà); alla tōrā-h, rivelata<br />

a Mos<strong>è</strong> sul Sinai, corrispondente ai cinque Libri del Pentateuco (Genesi, Esodo,<br />

Levitico, Numeri e Deuteronomio); al zabūr, corrispondente ai Salmi <strong>di</strong> David<br />

(dā’ūd), a lui rivelato; all’ingīl, rivelato a Gesù (‘īsà), corrispondente ai Vangeli,<br />

ma ridotti ad un unico Libro e non ai quattro “canonici” o agli “apocrifi” delle<br />

<strong>di</strong>fferenti tra<strong>di</strong>zioni cristiane d’occidente e d’oriente. Vi <strong>è</strong>, da ultimo e definitivo,<br />

<strong>il</strong> nob<strong>il</strong>e Corano (al-qur’ān u ’l-karīm), “<strong>il</strong> Libro” per eccellenza (al-kitāb),<br />

rivelato a Maometto, e destinato a superare tutte le precedenti Rivelazioni, che<br />

nel frattempo erano state falsificate 96 dagli stessi destinatari, ebrei e cristiani, e<br />

che comunque, nella loro versione originale, già contenevano la Legge <strong>di</strong> Dio<br />

precedente alla Rivelazione coranica, l’ultima e definitiva.<br />

90 Citato nel Corano, sūra-t u ’l-baqara-h (sūra II, “della vacca”), versetto 98.<br />

91 Citati anch’essi nella stessa sūra, al versetto 102.<br />

92 L’<strong>islām</strong>, come pure una certa versione dell’ebraismo e del cristianesimo, non rinnega l’effi-<br />

cacia della magia, pur biasimandola.<br />

93 Ricor<strong>di</strong>amo anche šayt.ān (Satana), menzionato in <strong>di</strong>versi testi.<br />

94 Cfr. Corano, XLVI, 29-32 e la sūra LXXII, interamente de<strong>di</strong>cata a loro (sūra-t u ’l-ğinn).<br />

95 Di cui <strong>è</strong> menzione nel Corano nella sura LIII, ai versetti 36 e 37, e nella sura LXXXVII, ai<br />

versetti 18 e 19.<br />

96 Il termine usato per in<strong>di</strong>care questo fenomeno della “falsificazione” <strong>è</strong>, in arabo, tah.rīf.<br />

- 234 -


L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

4. <strong>La</strong> profetologia islamica <strong>di</strong>stingue due tipi <strong>di</strong> profeti: i rasūl (pl. rusul) e i<br />

nabī’ (pl. anbyā’). I primi sono coloro che hanno ricevuto da Dio, tramite l’angelo<br />

Gabriele, le <strong>di</strong>verse Rivelazioni, mentre i secon<strong>di</strong> sono coloro che le hanno <strong>di</strong>ffuse<br />

presso i rispettivi popoli; tutti i rasūl sono anche nabī’, mentre non <strong>è</strong> vero <strong>il</strong> contrario.<br />

Sono, in genere, considerati rasūl solo sette personaggi: Adamo, No<strong>è</strong>, Abramo,<br />

Mos<strong>è</strong>, Davide, Gesù e Maometto. Adamo (ādam) <strong>è</strong> dunque <strong>il</strong> primo a ricevere una<br />

Rivelazione, non scritta, ma consistente in un fatto concludente, la creazione del<br />

mondo e dell’uomo, in occasione della quale <strong>è</strong> stipulato un patto, cui aderiscono<br />

tutti i futuri <strong>di</strong>scendenti, avente ad oggetto <strong>il</strong> riconoscimento <strong>di</strong> Dio creatore e la<br />

sottomissione a Lui. In seguito abbiamo, in occasione del <strong>di</strong>luvio universale, la<br />

Rivelazione a No<strong>è</strong> (nūh.), che consiste nel c.d. “messaggio noachico”, rivolto a tutta<br />

l’umanità, complessivamente considerata, e fissante una serie <strong>di</strong> principi “naturali”<br />

<strong>di</strong> portata universale. Abramo (ibrāhīm), <strong>è</strong> invece <strong>il</strong> vero fondatore del culto<br />

monoteista ed <strong>è</strong> musulmano ante litteram (h.anīf), in quanto fa della sottomissione<br />

all’unico vero Dio la sua missione; destinatario dei s.uh.uf, i “fogli”, Libro <strong>di</strong> cui si <strong>è</strong><br />

però perduta la memoria, ha come Rivelazione anche <strong>il</strong> patto che stipula con Dio,<br />

accettando, come segno <strong>di</strong> totale e incon<strong>di</strong>zionata sottomissione, <strong>di</strong> sacrificare <strong>il</strong><br />

proprio figlio primogenito Ismaele (ismā‘īl) 97 . Il profeta che riceve la successiva<br />

Rivelazione, la Torah, rivolta al popolo ebraico, sul monte Sinai, <strong>è</strong> Mos<strong>è</strong> (mūsà), la<br />

cui storia, così com’<strong>è</strong> raccontata nel Corano, riprende per molti versi la narrazione<br />

vetero-testamentaria, in<strong>di</strong>viduando altresì nel fratello Aronne (hārūn) uno dei tanti<br />

nabī’, e confondendone talvolta la sorella Maryam con la madre <strong>di</strong> Gesù 98 . Poi c’<strong>è</strong><br />

Davide (dā’ūd), destinatario del zabūr, la raccolta <strong>di</strong> quelli che sono meglio conosciuti<br />

come i suoi Salmi, uno dei Libri dell’Antico Testamento, e, finalmente, Gesù<br />

(‘īsà), che ha quin<strong>di</strong> natura umana, anche se profetica, ma non <strong>di</strong>vina, cui <strong>è</strong> stato<br />

rivelato, tramite Gabriele, <strong>il</strong> Vangelo (al singolare). Egli <strong>è</strong>, tra i profeti, uno dei più<br />

prestigiosi ed <strong>è</strong>, sin da bambino, autore, per volontà <strong>di</strong> Dio, <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi miracoli; la<br />

sua figura, per la verità, ricorda quella che emerge più dai Vangeli apocrifi, cono-<br />

97 <strong>La</strong> tra<strong>di</strong>zione giudaico-cristiana in<strong>di</strong>vidua invece la vittima destinata a essere immolata a<br />

Dio in Isacco (ish.āq), figlio minore miracolosamente avuto con l’anziana moglie Sara, e fratello<br />

consubrino <strong>di</strong> Ismaele, figlio <strong>di</strong> Abramo e della schiava Agar. Per la verità, a in<strong>di</strong>viduare in Ismā‘īl<br />

<strong>il</strong> figlio da sacrificare <strong>è</strong> la tra<strong>di</strong>zione, e non <strong>il</strong> Corano, che, nel descrivere l’episo<strong>di</strong>o, non menziona<br />

alcun nome.<br />

98 Secondo la dottrina islamica la confusione <strong>è</strong> solo apparente.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

sciuti dal cristianesimo orientale della Penisola araba, che non da quelli canonici. È<br />

nato da Maria (maryam), che lo concepisce miracolosamente vergine (e tale resterà<br />

anche dopo <strong>il</strong> parto, per tutta la sua vita) per insufflazione dello Spirito (rūh.)<br />

<strong>di</strong>vino, dopo un avvertimento <strong>di</strong> cui <strong>è</strong> latore l’angelo Gabriele. Maria lo attende<br />

sotto una palma e si nutre <strong>di</strong> datteri e della fresca acqua che le scorre accanto 99 .<br />

Gesù alla fine non muore sulla croce, ma viene sostituito da un sosia, ed <strong>è</strong> elevato<br />

al cielo con <strong>il</strong> suo corpo; apparirà, secondo una tra<strong>di</strong>zione islamica che richiama<br />

alla memoria un certo messianismo, su uno dei minareti della moschea degli<br />

‘umayya<strong>di</strong>, a Da<strong>mas</strong>co, al primo squ<strong>il</strong>lo della tromba <strong>di</strong> Israfīl, dopo aver scacciato<br />

dağğāl (una sorta <strong>di</strong> “anticristo”), e, durante <strong>il</strong> Giu<strong>di</strong>zio, siederà accanto a Dio.<br />

Infine, l’ultimo dei profeti, e <strong>il</strong> più importante perché anche <strong>il</strong> definitivo, quin<strong>di</strong><br />

“<strong>il</strong> sig<strong>il</strong>lo dei profeti” (h ˘ ātim u ’r-rusul), Maometto, destinatario, come abbiamo già<br />

visto, della Rivelazione coranica, grazie alla me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> Gabriele, così come per<br />

gli altri profeti.<br />

L’altro tipo <strong>di</strong> profeti, i nabī’, sono i <strong>di</strong>vulgatori, presso i loro rispettivi popoli,<br />

delle <strong>di</strong>verse Rivelazioni. Essi sono migliaia, inviati ai <strong>di</strong>versi popoli, essendo<br />

l’<strong>islām</strong> una religione a vocazione universale, ma, <strong>di</strong> essi, oltre a muh.ammad, solo<br />

24 sono citati nel Corano, <strong>di</strong> cui 18 vetero-testamentari, 3 neo-testamentari<br />

e 3 arabi. Si tratta, rispettivamente, in or<strong>di</strong>ne cronologico, <strong>di</strong> Adamo (ādam),<br />

No<strong>è</strong> (nūh.), Enoch (idrīs) 100 , Abramo (ibrāhīm), Ismaele (ismā‘īl), Isacco (ish.āq),<br />

Lot (lūt), Giacobbe (ya‘qūb), Giuseppe (yūsuf), Mos<strong>è</strong> (mūsà), Aronne (hārūn),<br />

Davide (dā’ūd), Salomone (sulaymān), Elia (<strong>il</strong>yās), Eliseo (al-yasā’), Giobbe<br />

(ayyūb), Giosu<strong>è</strong> (d − ū’ ’l-kifl) 101 e Giona (yūnus), tra i vetero-testamentari; Zaccaria<br />

(zakariyyà), Giovanni (yah.yà) 102 e Gesù (‘īsà), tra i neo-testamentari; s.ālīh., h.ūd e<br />

šu‘ayb, tra gli arabi.<br />

5. Il quinto “p<strong>il</strong>astro” del credo <strong>è</strong> quello che si riferisce all’escatologia islamica.<br />

Il suo contenuto <strong>è</strong> presente in passaggi del Corano (soprattutto del periodo<br />

meccano) <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura, accanto agli ammonimenti rivolti alle popolazioni<br />

99 A Maria, madre <strong>di</strong> Gesù, <strong>è</strong> de<strong>di</strong>cata la sūra XIX del Corano (sūra-t u maryam), che contiene<br />

una devota narrazione <strong>di</strong> alta poesia.<br />

100 L’identificazione <strong>di</strong> idrīs con Enoch <strong>è</strong> solo ipotetica.<br />

101 Anche in questo caso l’identificazione non <strong>è</strong> sicura.<br />

102 Si tratta <strong>di</strong> Giovanni “<strong>il</strong> Battista”.<br />

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L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

che non hanno ubbi<strong>di</strong>to ai profeti che sono stati inviati loro da Dio e, in genere,<br />

nelle <strong>di</strong>verse descrizioni dell’al<strong>di</strong>là. Abbiamo già visto cosa succede dopo la morte,<br />

dall’interrogatorio <strong>di</strong> Munkar e <strong>di</strong> Nakīr, alla trascrizione, in due registri separati,<br />

delle azioni buone e <strong>di</strong> quelle cattive e, all’approssimarsi del Giorno ultimo 103 ,<br />

e dopo l’avverarsi <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> calamità, l’avvento del mah.dī, che sconfigge <strong>il</strong><br />

dağğāl, una sorta <strong>di</strong> “anticristo”. I registri delle azioni buone e cattive saranno<br />

allora collocati, rispettivamente, sui due piatti della b<strong>il</strong>ancia “escatologica”, che<br />

decreterà <strong>il</strong> destino ultraterreno del soggetto così giu<strong>di</strong>cato, <strong>il</strong> quale sarà avviato su<br />

un ponte (s.īra-h) sott<strong>il</strong>e come una lama, sospeso sull’Inferno (ğahannam o ğah.īm);<br />

se le azioni cattive peseranno più delle buone, <strong>il</strong> soggetto precipiterà giù dal ponte,<br />

nelle fiamme; se, viceversa, saranno prevalse quelle buone, riuscirà a raggiungere <strong>il</strong><br />

Para<strong>di</strong>so (ğanna-h o firdaws), posto all’altro capo del ponte, dove potrà godere delle<br />

beatitu<strong>di</strong>ni descritte dallo stesso Corano, dalle urī, <strong>di</strong>afane fanciulle sempre vergini,<br />

alle piante ricche <strong>di</strong> frutti deliziosi, ai quattro fiumi <strong>di</strong> acqua, vino, latte e miele.<br />

6. Sesto ed ultimo “p<strong>il</strong>astro” del credo islamico consiste nella fede nel Decreto<br />

<strong>di</strong>vino, relativo sia al bene che al male. Ciò che <strong>è</strong> richiesto al musulmano <strong>è</strong> la fede<br />

nell’onnipotenza <strong>di</strong> Dio, la Cui volontà non può non imporsi sempre e comunque,<br />

anche quando l’uomo non arriva a capirne la ratio. È questa una problematica<br />

che permea <strong>il</strong> <strong>di</strong>battito tra “teologi” relativo al “libero arbitrio” e al “servo arbitrio”<br />

e che implica risposte <strong>di</strong>verse, in funzione delle <strong>di</strong>verse impostazioni teoriche 104 .<br />

L’ih.sān<br />

Il termine ih.sān <strong>è</strong> <strong>il</strong> <strong>mas</strong>.dar (nome verbale) del verbo <strong>di</strong> 4 a forma ah.sana, che significa<br />

“far bene”, ed ha la stessa ra<strong>di</strong>ce tr<strong>il</strong>ittera (h.ā’-sīn-nūn) delle parole h.usn, “bellezza”,<br />

“bontà”, e h.asan, “bello”, “buono”. Riguarda <strong>il</strong> buon comportamento del<br />

musulmano, qualcosa in più rispetto alla mera conformità ai precetti “sciaraitici”,<br />

e corrisponde a quella problematica che in altre esperienze religiose <strong>è</strong> considerata<br />

103 Definito nella fātih.a-h, “la sura aprente”, yawm u ’d-dīn, “<strong>il</strong> Giorno della religione”, o meglio<br />

“della retribuzione” (la <strong>parola</strong> dīn significa sia “religione” – con plurale adyān – sia “debito”, dīn<br />

‘alà, e “cre<strong>di</strong>to”, dīn li – in questi casi con plurale duyūn).<br />

104 A conclusioni <strong>di</strong>verse sono giunte infatti le <strong>di</strong>verse correnti del kalām: qadariti, ğabriti,<br />

murği’iti, mu’taz<strong>il</strong>iti, h.anbaliti, aš‘ariti, maturi<strong>di</strong>ti (per citarne le più importanti), fino alla mirab<strong>il</strong>e<br />

sintesi <strong>di</strong> al-Gazāli.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

parte della teologia morale. Molta <strong>di</strong> questa materia <strong>è</strong> <strong>di</strong>sciplinata dagli esempi e<strong>di</strong>ficanti<br />

che si rinvengono nella Sunna-h e nella Sīra-h del Profeta e che costituiscono<br />

per <strong>il</strong> muh.sin 105 la fonte della sua imitatio muh.ammad. I mistici dell’<strong>islām</strong>, i cc.dd.<br />

s.ūfī 106 , costituiscono un esempio <strong>di</strong> attuazione dell’ih.sān, praticato soprattutto nelle<br />

zāwya-h (pl. zawāyā), luogo <strong>di</strong> riunione delle “confraternite” (t.arīqa-h, pl. t.uruq).<br />

Le altre prescrizioni<br />

Occorre tener conto, tra gli altri, dei precetti <strong>di</strong> natura alimentare che, pur non<br />

rientrando tra gli obblighi cultuali, riguardano tuttavia i “rapporti verticali” uomo-<br />

Dio. Per la verità, si tratta prevalentemente <strong>di</strong> obblighi negativi, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>vieti,<br />

comportamenti considerati h.arām 107 . Sono vietati, come nella tra<strong>di</strong>zione ebraica,<br />

<strong>il</strong> consumo <strong>di</strong> carne suina e <strong>di</strong> altri animali che non siano stati sgozzati in modo<br />

rituale, cio<strong>è</strong> invocando <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Dio e col capo dell’animale rivolto verso la qibla-h,<br />

lasciando defluire, fino all’ultima goccia, <strong>il</strong> sangue, che non può essere ut<strong>il</strong>izzato<br />

in alcun modo. In caso <strong>di</strong> necessità <strong>è</strong> ammesso <strong>il</strong> consumo <strong>di</strong> carne proveniente<br />

da animali sgozzati, con modalità analoghe, da ebrei e cristiani (la “gente del<br />

Libro”) 108 . È inoltre h.arām l’assunzione <strong>di</strong> vino, consentito, per la verità, ai primi<br />

musulmani, come attestato in alcuni versetti del Corano, fino alla rivelazione <strong>di</strong><br />

nuovi versetti che abrogarono i precedenti. Per <strong>il</strong> vino non c’<strong>è</strong> comunque quella<br />

ripugnanza avvertita per <strong>il</strong> maiale, considerato animale immondo, tant’<strong>è</strong> che, in<br />

Para<strong>di</strong>so, uno dei quattro fiumi promessi come ricompensa <strong>è</strong> proprio <strong>di</strong> vino! Tutto<br />

<strong>il</strong> resto, tranne alcuni ulteriori <strong>di</strong>vieti prescritti da alcuni mad − āhib 109 , <strong>è</strong> considerato<br />

105 Questo termine <strong>è</strong> un participio attivo ed <strong>è</strong> in relazione all’ih.sān come <strong>il</strong> termine muslim lo<br />

<strong>è</strong> rispetto all’<strong>islām</strong> e <strong>il</strong> termine mū’min rispetto all’imān (v. supra, “I ‘p<strong>il</strong>astri’”).<br />

106 Da s.ūf, lana, per gli abiti da loro indossati, o da s.uffa-h, <strong>il</strong> portico <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>na, luogo dove si<br />

sarebbero riuniti i primi s.ūfī “ante litteram”; esistono inoltre altre ipotesi. Sul tema della “mistica islamica”,<br />

che non possiamo trattare in questa sede per la sua vastità, v. la ricca letteratura in circolazione.<br />

107 Ricor<strong>di</strong>amo che nel <strong>di</strong>ritto musulmano le azioni umane sono inscrivib<strong>il</strong>i in cinque gruppi<br />

(al-ah.kam u ’l-h ˘ amsa-h): quelle fard., obbligatorie, a loro volta sud<strong>di</strong>vise in fard. ‘ayn (gli obblighi<br />

in<strong>di</strong>viduali) e in fard. kifāya-h (gli obblighi “<strong>di</strong> sufficienza” o collettivi), mandūb, raccomandab<strong>il</strong>i,<br />

mubāh., in<strong>di</strong>fferenti, quin<strong>di</strong> lecite, makrūh., riprovevoli, e h.arām, vietate. Sull’argomento, v. <strong>il</strong><br />

numero dei Quaderni relativo ai <strong>di</strong>ritti religiosi.<br />

108 Con minore o maggiore apertura secondo i <strong>di</strong>versi mad− hab.<br />

109 Ad esempio per gli sciiti imāmiti, analogamente agli ebrei, <strong>è</strong> h.arām, tra l’altro, l’uso <strong>di</strong><br />

molluschi e crostacei, così come dei pesci senza squame.<br />

- 238 -


L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

halāl, cio<strong>è</strong> lecito 110 . In caso <strong>di</strong> necessità (d.arūra-h) <strong>è</strong> tuttavia consentita, e talvolta<br />

doverosa, la deroga a questi <strong>di</strong>vieti, risultando h.arām <strong>il</strong> lasciarsi morire per rifiutarsi<br />

<strong>di</strong> mangiare carne suina o <strong>di</strong> bere vino, in assenza <strong>di</strong> alternative.<br />

Altra prescrizione, per la maggior parte dei mad − hab non obbligatoria, ma<br />

raccomandab<strong>il</strong>e (mandūb), anche se praticata dalla quasi totalità dei musulmani,<br />

<strong>è</strong> la circoncisione <strong>mas</strong>ch<strong>il</strong>e (h ˘ itān), consistente nell’asportazione del prepuzio in<br />

età prepuberale, che ha la sua fonte nella Sunna-h (nel Corano non ve n’<strong>è</strong> menzione).<br />

Essa ha origini comuni con la m<strong>il</strong>à ebraica (che però va praticata l’ottavo<br />

giorno dalla nascita), in quanto ricorda <strong>il</strong> patto stretto da Abramo (che si era<br />

autocirconciso in età sen<strong>il</strong>e) con Dio, rinnovandolo.<br />

Assolutamente <strong>di</strong>verse sono invece le mut<strong>il</strong>azioni genitali femmin<strong>il</strong>i (escissione<br />

clitoridea e/o delle piccole e/o gran<strong>di</strong> labbra – totale o parziale –, infibulazione),<br />

che traggono le loro origini nelle consuetu<strong>di</strong>ni preislamiche dell’Egitto (dove si praticavano<br />

in epoca faraonica), dell’Africa sub sahariana e, in misura minore, del Sud-<br />

Est asiatico, e che sono <strong>di</strong>ffuse, oltre che tra musulmani, anche tra ebrei (soprattutto<br />

falascià), cristiani (soprattutto copti) e animisti. Attualmente i parlamenti e<br />

i governi <strong>di</strong> molti paesi, sotto la pressione sempre più incalzante <strong>di</strong> molte ONG<br />

occidentali, <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> combatterle 111 . Non vi <strong>è</strong> traccia <strong>di</strong> esse né nel Corano, né<br />

nella Sunna-h, ad eccezione <strong>di</strong> un h.adīt- d.a‘īf 112 , privo, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> efficacia normativa,<br />

anche se, <strong>di</strong> tanto in tanto, qualche muftī si ostina a pronunciare fatwà ad esse<br />

favorevoli, considerandole raccomandab<strong>il</strong>i e, talvolta, perfino obbligatorie.<br />

Il ğihād<br />

Sesto “p<strong>il</strong>astro” del culto <strong>è</strong>, per gli sciiti e per alcune correnti sunnite “<strong>di</strong> nicchia”,<br />

tra cui alcune <strong>di</strong> ispirazione h.anbalita, <strong>il</strong> ğihād 113 .<br />

110 Altre prescrizioni alimentari, variab<strong>il</strong>i a seconda del mad− hab <strong>di</strong> appartenenza, saranno esaminate<br />

nel numero dei Quaderni sui <strong>di</strong>ritti religiosi.<br />

111 Spesso le ragazze che vi si sottraggono vengono comunque derise ed hanno <strong>di</strong>fficoltà a<br />

trovare marito.<br />

112 V. supra, “Le fonti”.<br />

113 Se ne tratterà più ampiamente, con una analisi <strong>di</strong> tipo giuri<strong>di</strong>co, nel numero dei Quaderni<br />

relativo ai <strong>di</strong>ritti delle religioni. Data l’importanza dell’argomento, abbiamo ritenuto tuttavia doveroso<br />

<strong>il</strong>lustrarne almeno la nozione.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

Il termine ğihād <strong>è</strong> <strong>il</strong> <strong>mas</strong>.dar (nome verbale) del verbo <strong>di</strong> 3 a forma ğāhada che<br />

significa “sforzarsi, combattere qualcosa o qualcuno per la giusta causa” 114 , normalmente<br />

completato dall’affermazione fī sabīl i ’llāh, “sulla strada <strong>di</strong> Dio”. Esso<br />

deriva dalla ra<strong>di</strong>ce tr<strong>il</strong>ittera ğa-ha-da 115 , la stessa del verbo <strong>di</strong> 1 a forma ğahada,<br />

che significa “sforzarsi”, “de<strong>di</strong>carsi”, “applicarsi”, ed in<strong>di</strong>ca propriamente lo sforzo<br />

verso un obiettivo <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficazione islamica, che può essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tipo. <strong>La</strong><br />

prima <strong>di</strong>stinzione r<strong>il</strong>evante <strong>è</strong> tra <strong>il</strong> “grande sforzo” (al-ğihād u ’l-kabīr), consistente<br />

nella lotta contro se stessi e contro le proprie pulsioni negative 116 , <strong>il</strong> più <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e<br />

ma anche <strong>il</strong> più importante, e <strong>il</strong> “piccolo sforzo” (al-ğihād u ’s.-s.ag˙īr), quello che si<br />

estrinseca nel combattimento anche bellico, e che può essere, a sua volta, <strong>di</strong> due<br />

tipi: <strong>il</strong> ğihād “<strong>di</strong>fensivo”, che obbliga tutti i musulmani <strong>mas</strong>chi 117 , puberi e sani <strong>di</strong><br />

corpo e <strong>di</strong> mente, consistente nella <strong>di</strong>fesa della dār u ’l-<strong>islām</strong> dalle aggressioni provenienti<br />

dall’esterno (si tratta, in questo caso, <strong>di</strong> un fard. ‘ayn, cio<strong>è</strong> <strong>di</strong> un obbligo<br />

in<strong>di</strong>viduale, che quin<strong>di</strong> riguarda tutti), e <strong>il</strong> ğihād che possiamo definire “<strong>di</strong>ffusivo”,<br />

consistente nell’obbligo <strong>di</strong> “aprire” (<strong>il</strong> termine usato in lingua araba <strong>è</strong> fath., che,<br />

appunto, significa “apertura” più che “conquista” in senso stretto) la dār u ’l-h.arb<br />

alla conoscenza e all’accettazione dell’unico vero Dio, e quin<strong>di</strong> dell’<strong>islām</strong>, esigendone<br />

la sottomissione 118 . Questo sforzo, a <strong>di</strong>fferenza degli altri, non <strong>è</strong> in<strong>di</strong>viduale,<br />

ma collettivo, quin<strong>di</strong> <strong>è</strong> richiesto che al combattimento prenda parte almeno un<br />

numero adeguato <strong>di</strong> musulmani, che ne garantisca l’esito (fard. kifāya-h)e può<br />

114 Nel <strong>di</strong>zionario curato da Eros Bal<strong>di</strong>ssera <strong>è</strong> riportata la traduzione “combattere qualcuno;<br />

combattere la guerra santa”. Tale interpretazione, a mio avviso, andrebbe rivista perché non tiene<br />

in adeguata considerazione la complessità del termine.<br />

115 È la stessa ra<strong>di</strong>ce della <strong>parola</strong> iğtihād, che in<strong>di</strong>ca lo sforzo interpretativo. V. supra,<br />

“Maometto e la Rivelazione”.<br />

116 In questo caso <strong>il</strong> “qualcuno” che si combatte <strong>è</strong> proprio se stessi. Un h.adīt- ci ricorda che un<br />

giorno <strong>il</strong> Profeta, tornando dalla battaglia alle fatiche della vita quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> stare ritornando<br />

“dal piccolo al grande ğihād”.<br />

117 Le donne sono comunque ammesse alle funzioni aus<strong>il</strong>iarie.<br />

118 u Con eccezione per la “gente del Libro” (ahl ’l-kitāb), ebrei, cristiani, sabei, zoroastriani e,<br />

per estensione, hindu, la cui sottomissione basta che sia “politica”, potendo essi legittimamente<br />

mantenere i loro culti e i loro “statuti personali”, e a cui viene riconosciuto lo status <strong>di</strong><br />

−<br />

<strong>di</strong>mmī (protetti), in cambio del pagamento <strong>di</strong> un testatico (la ğizya-h) e <strong>di</strong> un’imposta fon<strong>di</strong>aria (<strong>il</strong> harāğ). ˘<br />

È verosim<strong>il</strong>e che molte conversioni all’<strong>islām</strong> possano essere avvenute per motivi fiscali (data la convenienza<br />

<strong>di</strong> pagare la zakā-h, prevista per i musulmani, che, nel suo ammontare, risulta inferiore<br />

rispetto alla ğizya-h e al harāğ), per poi consolidarsi con le generazioni successive.<br />

˘<br />

- 240 -


L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

essere <strong>di</strong>chiarato, sempre che ne sia preve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e un esito favorevole, solo dal capo<br />

della umma-h (per gli sciiti, a causa dell’occultamento dell’imām, l’esercizio ne <strong>è</strong><br />

sospeso fino al suo ritorno).<br />

Il comportamento del muğāhid può essere, inoltre, <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tipo: tramite<br />

l’animo (questo corrispondente, per lo più, al ğihād kabīr), tramite la <strong>parola</strong>, tramite<br />

la mano, tramite la spada; ed <strong>è</strong> <strong>di</strong>sciplinato da una serie <strong>di</strong> regole che hanno<br />

la loro fonte nel Corano 119 e nella Sunna-h, le quali costituiscono una strana<br />

combinazione <strong>di</strong> barbarie e <strong>di</strong> civ<strong>il</strong>tà. Ad esempio, le ost<strong>il</strong>ità, consentite solo nei<br />

confronti <strong>di</strong> non musulmani, devono essere precedute dalla da‘wa-h, l’appello<br />

alla conversione (e, in via subor<strong>di</strong>nata, alla sottomissione), ed <strong>è</strong> vietato mut<strong>il</strong>are i<br />

nemici, uccidere le donne, i vecchi, i bambini, gli anacoreti, i pazzi, gli infermi,<br />

e vanno comunque evitati danni non necessari a persone e cose, da contenere nei<br />

limiti <strong>di</strong> quanto <strong>è</strong> strettamente necessario per fiaccare le forze del nemico, al fine<br />

<strong>di</strong> costringerlo alla resa. <strong>La</strong>ddove non vi siano molte probab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> successo <strong>è</strong> poi<br />

preferib<strong>il</strong>e negoziare una tregua (h.udna-h), che può durare fino a un decennio.<br />

Le firqa-h 120<br />

<strong>La</strong> pluralità <strong>di</strong> correnti nell’<strong>islām</strong> <strong>è</strong> stata vista, da una parte, come espressione<br />

della grazia <strong>di</strong> Dio e, dall’altra, come causa <strong>di</strong> dannazione 121 .<br />

<strong>La</strong> prima summa <strong>di</strong>visio, tra sunniti, sciiti e h ˘ āriğiti, trae la sua origine dal<br />

problema della successione alla guida della umma-h, alla morte del Profeta, evidenziando<br />

così la sua natura prettamente politica, per poi acquisire, col tempo,<br />

anche peculiarità <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne dottrinale e cultuale, non sempre per la verità particolarmente<br />

r<strong>il</strong>evanti. Il processo <strong>di</strong> definizione sarà comunque lento e, proiettando<br />

<strong>il</strong> nostro sguardo a ritroso, senza le classificazioni <strong>di</strong> oggi, la situazione risulta,<br />

119 Il Corano cita <strong>il</strong> ğihād in <strong>di</strong>versi versetti, con una progressione cronologica che apparirebbe<br />

tesa verso l’inasprimento. Questo <strong>è</strong> un aspetto <strong>di</strong> particolare interesse, che, anche alla luce della<br />

teoria dell’abrogazione dei versetti già rivelati ad opera <strong>di</strong> quelli successivi (solo laddove, però,<br />

non sia plausib<strong>il</strong>e un’ipotesi <strong>di</strong> complementarietà), sarà oggetto <strong>di</strong> analisi critica nel contributo sui<br />

<strong>di</strong>ritti religiosi.<br />

120 Il termine firqa-h, pl. firaq (gruppo, fazione), da farraqa (separare), in<strong>di</strong>ca le singole comunità<br />

in cui <strong>è</strong> <strong>di</strong>viso l’<strong>islām</strong>.<br />

121 Alcuni hadīt- trattano del problema.<br />

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M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

almeno per i primi tempi, molto più sfumata. <strong>La</strong> designazione del primo h ˘ alīfa-h,<br />

Abū Bakr, avviene, sotto la s.uffa-h, <strong>il</strong> portico <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>na dove spesso Maometto<br />

e i suoi Compagni si riunivano, dopo un consulto tra alcuni <strong>di</strong> loro, assente <strong>il</strong><br />

cugino-genero ‘Alī, impegnato a vegliare <strong>il</strong> cadavere del Profeta. Entrambi i “partiti”<br />

adducono motivazioni a sostegno delle loro ragioni. Coloro che supportano<br />

Abū Bakr (i sunniti, gli ahl u ’l-sunna-h wa ’l-ğama‘a, “la gente della tra<strong>di</strong>zione e<br />

della comunità”), da una parte, sostengono che l’avergli <strong>il</strong> Profeta affidata la guida<br />

del pellegrinaggio alla Mecca del 631 e la guida della preghiera in coincidenza<br />

col suo impe<strong>di</strong>mento in prossimità della morte equivarrebbe a una designazione<br />

implicita alla sua successione. Dall’altra parte, i sostenitori <strong>di</strong> ‘Alī (gli sciiti, la<br />

šia-t u ‘alī, “<strong>il</strong> partito <strong>di</strong> ‘Alī”) ne ravvisano la legittimità alla successione oltre che<br />

nello stretto rapporto <strong>di</strong> parentela col Profeta, nel <strong>di</strong>scorso da questi pronunciato<br />

presso <strong>il</strong> g˙adīr (stagno) h ˘ umm, <strong>di</strong> ritorno a Me<strong>di</strong>na dal “pellegrinaggio dell’ad<strong>di</strong>o”,<br />

nel marzo 632: egli avrebbe affermato che “colui che mi riconosce come signore,<br />

riconoscerà come suo signore anche ‘Alī”, <strong>di</strong>scorso riportato anche nel Corano,<br />

che però , a loro avviso, in questo punto sarebbe stato parzialmente alterato.<br />

Il momento in cui si inasprisce la contrapposizione <strong>è</strong> alla morte del terzo<br />

califfo ‘Uthmān, nel 656, quando ‘Alī, designato alla sua successione, <strong>è</strong> contestato<br />

dagli ‘umayya<strong>di</strong>, clan del defunto, che lo accusa <strong>di</strong> non aver fatto nulla,<br />

prima, per impe<strong>di</strong>rne l’assassinio e, poi, per assicurare alla giustizia i colpevoli,<br />

ipotizzando così una sorta <strong>di</strong> sua “complicità morale”. È questo <strong>il</strong> momento della<br />

prima fitna-h 122 , avvertita come l’inizio <strong>di</strong> una insanab<strong>il</strong>e <strong>di</strong>visione nell’<strong>islām</strong>.<br />

Mu’awiya-h muove all’attacco <strong>di</strong> ‘Alī e, in occasione della battaglia presso Siffīn,<br />

nel 657, le sue truppe sf<strong>il</strong>ano coi fogli del Corano inf<strong>il</strong>zati sulle punte delle<br />

lance, a significare la richiesta <strong>di</strong> un arbitrato, come una sorta <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio,<br />

finalizzato a <strong>di</strong>rimere <strong>il</strong> contenzioso. ‘Alī accetta, provocando così la reazione <strong>di</strong><br />

una parte dei suoi seguaci, definiti al-h ˘ awāriğ, “coloro che escono” 123 ; da questa<br />

importante secessione nasce così la firqa-h dei h ˘ āriğiti, che, da questo momento,<br />

si <strong>di</strong>stingueranno per la loro turbolenza, soprattutto la corrente degli azraqiti e,<br />

in misura minore, quelle dei sufriti, dei nağadāt e dei nukkariti, oggi tutte estinte.<br />

L’unica corrente <strong>di</strong> h ˘ ariğiti sopravvissuta <strong>è</strong> quella degli ‘ibā<strong>di</strong>ti che, a <strong>di</strong>fferenza<br />

122 al-fitna-t u ’l-kubrà, cio<strong>è</strong> “la grande <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a”.<br />

123 “Che escono dal partito <strong>di</strong> ‘Alī”, secondo una versione, “in battaglia”, secondo un’altra. V.<br />

nota 54.<br />

- 242 -


L. <strong>Sapio</strong>, Islam<br />

delle altre, si <strong>di</strong>stingue per la sua moderazione e per la sua sostanziale prossimità<br />

al mad − hab sunnita malikita.<br />

Gli sciiti, o partito <strong>di</strong> ‘Alī, devono, a loro volta, essere ripartiti in almeno tre<br />

sottogruppi, costituiti: 1. dagli sciiti imāmiti o “duodecimani”, dal numero degli<br />

imām riconosciuti fino all’occultamento, prima minore (nell’874), e poi maggiore<br />

(nel 940), del do<strong>di</strong>cesimo imām (muh.ammad al-muntaz.ar al-mah.dī); 2. dagli<br />

sciiti ismā‘īliti, detti, impropriamente, “settimani”, dal numero <strong>di</strong> imām fino a<br />

Ismā‘īl (figlio <strong>di</strong> ğa‘far as.-S. ā<strong>di</strong>q, morto nel 765, e fratello del settimo imām dei<br />

duodecimani Mūsà al-Kāz.im), premorto al padre, che lo aveva designato come<br />

erede, senza che però, con lui, si interrompa la successione 124 . Loro correnti, ormai<br />

estinte, sono state quella dei qarmati e quella degli “assassini” (i h.ašišīn) <strong>di</strong> Alamūt.<br />

Alla morte del califfo fāt.imida Al-Mustansir (1094), gli ismā‘īliti si sono separati<br />

in niz.āriti (<strong>di</strong>visi, a loro volta, in muh.ammad šahī, in Siria, e in qāsim šahī, da cui<br />

derivano i h ˘ uğa e l’āg˙ā h ˘ ān) e in musta‘līti (<strong>di</strong>visi in sulaymāniti e in dā’ū<strong>di</strong>ti, da cui<br />

derivano i buhra, presenti prevalentemente in In<strong>di</strong>a e in Africa orientale); 3. dagli<br />

sciiti zay<strong>di</strong>ti, dal nome dell’imām Zayd (da loro riconosciuto come quinto imām),<br />

nipote <strong>di</strong> H. usayn, figlio <strong>di</strong> ‘Alī, morto nel 740, in battaglia contro gli ‘umayya<strong>di</strong>.<br />

Gli imāmiti sono prevalentemente pietisti e sono definiti, da un punto <strong>di</strong><br />

vista religioso, più che politico, “me<strong>di</strong>ani”, tra gli zay<strong>di</strong>ti, m<strong>il</strong>itanti per loro<br />

stessa dottrina, definiti “moderati” (molto vicini, soprattutto da un punto <strong>di</strong><br />

vista giuri<strong>di</strong>co, all’<strong>islām</strong> sunnita <strong>di</strong> scuola sciafi‘ita), e gli ismā‘īliti, <strong>di</strong> tendenza<br />

prevalentemente esoterica, definiti “estremi”, dai quali derivano, tra l’altro, molte<br />

sette, alcune delle quali ormai fuoriuscite dall’<strong>islām</strong>, e altre in una posizione che<br />

possiamo definire “<strong>di</strong> frontiera”. Altri rami del partito <strong>di</strong> ‘Alī, non più esistenti<br />

perché estinti quasi sul nascere, nella seconda metà del settimo secolo, sono<br />

rappresentati dai seguaci (definiti kaysāniti) <strong>di</strong> muh.ammad ibn u ’l-h.anafiyya-h, figlio<br />

dello stesso ‘Alī (ma non <strong>di</strong> Fāt.ima-h) e fratello consubrino <strong>di</strong> H. asan e <strong>di</strong> H. usayn,<br />

e da muh.ammad ibn u ‘abd i ’llāh, detto anche l’“anima pura”.<br />

Come abbiamo precisato, la <strong>di</strong>fferenza tra le <strong>di</strong>verse firqa-h dell’<strong>islām</strong> <strong>è</strong> soprattutto<br />

politica. Ciò appare evidente, per esempio, dalla <strong>di</strong>versa concezione che esse<br />

hanno in relazione alla teoria del califfato. Infatti, mentre per i sunniti <strong>il</strong> califfo,<br />

124 A questa firqa-h appartiene la <strong>di</strong>nastia califfale dei Fāt.imi<strong>di</strong>, inaugurata dal loro primo<br />

imām ‘Ubaydullāh al-Mah. dī, con sede a Mah. dīa-h (909-969) e poi al Cairo (969-1071), da loro<br />

fondata presso l’amsār <strong>di</strong> Fustāt.<br />

- 243 -


M. Salani (a cura <strong>di</strong>), Fe<strong>di</strong> e conflitti. Le religioni possono costruire la pace<br />

oltre ad essere un musulmano <strong>mas</strong>chio, pubere, integerrimo per fede e condotta,<br />

e sano <strong>di</strong> corpo e <strong>di</strong> mente, deve appartenere alla tribù dei qurayš, la tribù del<br />

Profeta, per tutti gli sciiti esso deve appartenere anche all’ahl u ’l-bayt, cio<strong>è</strong> alla<br />

“gente della casa”, la famiglia <strong>di</strong> Maometto, quin<strong>di</strong> essere <strong>di</strong>scendente <strong>di</strong> ‘Alī. Va<br />

registrata, comunque, una <strong>di</strong>fferenza tra le <strong>di</strong>verse declinazioni della firqa-h sciita:<br />

infatti, mentre per gli imāmiti la serie degli imām 125 si esaurisce con <strong>il</strong> do<strong>di</strong>cesimo,<br />

muh.ammad al-mahdī, occultatosi; per gli ismā‘īliti prosegue, anche oltre Ismā‘īl,<br />

con altri imām che ne sono i <strong>di</strong>scendenti, appartenenti ai <strong>di</strong>versi rami; e per gli<br />

zay<strong>di</strong>ti l’imām può essere chiunque, purché faccia parte della famiglia del Profeta<br />

e abbia acquistato e mantenga la sua posizione grazie al suo personale valore.<br />

Per i h ˘ āriğiti, infine, esso deve essere <strong>il</strong> miglior musulmano per dottrina e per<br />

comportamento, a prescindere dalla sua appartenenza etnica 126 . Nel ventaglio dei<br />

“califfab<strong>il</strong>i” si va dunque, in definitiva, da un’ampiezza <strong>mas</strong>sima (qualsiasi musulmano),<br />

per i h ˘ āriğiti; a una interme<strong>di</strong>a (gli appartenenti alla tribù dei qurayš),<br />

per i sunniti; a una più ristretta (solo gli appartenenti all’ahl u ’l-bayt), con <strong>di</strong>verse<br />

gradazioni al suo interno, a seconda delle <strong>di</strong>verse correnti, per gli sciiti.<br />

Altri movimenti si sv<strong>il</strong>upperanno soprattutto dai gruppi sciiti, in particolare<br />

dalla corrente ismā‘īlita, ma non solo, collocandosi in una “zona grigia”, a seconda<br />

che ognuno <strong>di</strong> essi sia più o meno <strong>di</strong>stante dai precetti islamici: si tratta <strong>di</strong><br />

quei gruppi che i musulmani definiscono dei g˙ulā-h, cio<strong>è</strong> degli “eccedenti”, degli<br />

“esagerati”. Tra questi, i più importanti sono quelli, in or<strong>di</strong>ne cronologico <strong>di</strong><br />

apparizione, degli alawiti (conosciuti anche come nusayri), degli aleviti, dei drusi,<br />

degli ahl u ’l-h.āq (cio<strong>è</strong> della “gente della verità”), dei babī, dei bahaī, degli ah.ma<strong>di</strong>.<br />

Altri movimenti, come gli yazi<strong>di</strong> e i sabei-mandei, pur preesistenti all’<strong>islām</strong>, ne<br />

hanno subito, per la loro contiguità con esso, un certo influsso, soprattutto a<br />

partire dal sesto secolo del calendario islamico 127 .<br />

125 È questo <strong>il</strong> termine (la cui ra<strong>di</strong>ce in<strong>di</strong>ca “lo stare avanti”) che gli sciiti usano per designare<br />

la guida della umma-h, corrispondente dunque, mutatis mutan<strong>di</strong>s, a ciò che <strong>è</strong> <strong>il</strong> califfo per i sunniti;<br />

egli <strong>è</strong> partecipe della natura <strong>di</strong>vina, per gli ismā‘īliti; assistito da Dio, per gli imāmiti; uomo valoroso,<br />

per gli zay<strong>di</strong>ti. Ricor<strong>di</strong>amo che la stessa <strong>parola</strong> viene usata anche per in<strong>di</strong>care la guida della<br />

preghiera, così come per in<strong>di</strong>care i fondatori dei mad − āhib.<br />

126 Può essere “finanche uno schiavo nero”.<br />

127 Per eventuali approfon<strong>di</strong>menti sui <strong>di</strong>versi argomenti trattati, consulta le rispettive voci<br />

dell’Éncyclopé<strong>di</strong>e de l’Islam/Encyclopae<strong>di</strong>a of Islam (ed. Br<strong>il</strong>l, Leida), la cui seconda e<strong>di</strong>zione <strong>è</strong> ormai<br />

completa, con le relative bibliografie ivi riportate.<br />

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