PRECLUSIONI DI MERITO E PRECLUSIONI ISTRUTTORIE NEL ...
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caso alla prima udienza di trattazione, oppure se si debba avere piuttosto riguardo al concreto<br />
progredire della trattazione medesima.<br />
6. – In merito al primo aspetto del problema, mi sembra opportuno partire da una questione che<br />
vede abbastanza nettamente divisa la dottrina, e cioè dall’esistenza o no di una preclusione di ordine<br />
generale relativa all’allegazione di nuovi fatti dopo la prima udienza di trattazione o comunque<br />
dopo la conclusione della fase disciplinata nell’art. 183 c.p.c. (26).<br />
Sulla portata di siffatta questione è bene intendersi. Non si può trascurare, infatti, che una<br />
rilevantissima limitazione all’introduzione di fatti nuovi discende innegabilmente dai commi 4° e 5°<br />
dell’art. 183; nel senso che, se si tratta di fatti c.d. principali (ossia costitutivi, estintivi, impeditivi o<br />
modificativi del diritto dedotto in giudizio) la cui allegazione implica la proposizione di domande o<br />
di eccezioni nuove, o anche la mera “modificazione” delle domande ed eccezioni proposte con gli<br />
atti introduttivi, l’allegazione medesima sarà consentita, in linea di principio, solamente nei termini<br />
e alle condizioni indicate nel medesimo art. 183 (che esamineremo più avanti) e resterà preclusa,<br />
invece, nel prosieguo del giudizio. Ciò non toglie, però, che, se si esclude l’esistenza della<br />
preclusione generale di cui discorrevo poc’anzi, è possibile individuare almeno due categorie di fatti<br />
la cui allegazione sfugge alla disciplina dell’art. 183: i fatti estintivi-impeditivi-modificativi che<br />
integrino eccezioni in senso lato, cioè rilevabili d’ufficio, e i fatti c.d. secondari.<br />
Per quel che concerne i primi, è agevole constatare che tanto l’art. 180, 2° comma, quanto l’art. 345,<br />
2° comma, contemplano una preclusione per le sole eccezioni in senso stretto, lasciando in tal modo<br />
intendere che i fatti estintivi-impeditivi-modificativi rilevabili d’ufficio siano allegabili per la prima<br />
volta finanche in appello. I fatti secondari, invece, secondo l’accezione più diffusa – che a me<br />
sembra preferibile poiché fondata su una differenza qualitativa rispetto ai fatti principali – sono<br />
quelli che, pur essendo estranei alla fattispecie (costitutiva, estintiva, impeditiva o modificativa)<br />
dedotta in giudizio (di talché non potrebbero mai implicare la proposizione o la modificazione di<br />
una domanda o di una eccezione), rilevano indirettamente per la decisione della causa, giacché è da<br />
essi possibile desumere, in ispecie attraverso il meccanismo delle presunzioni, l’esistenza,<br />
l’inesistenza o un modo di essere dei fatti principali.<br />
Chiariti, dunque, i reali confini del problema, non posso che ribadire, in questa sede, la convinzione<br />
(27) che, sebbene dai lavori preparatorii della l. 353/90 si tragga sicuramente l’impressione che il<br />
legislatore intendesse confinare l’allegazione dei fatti storici, in linea di principio, nella fase<br />
preparatoria del processo (28), nulla autorizza, poi, sul piano strettamente positivo, a ritenere che il<br />
relativo sbarramento preclusivo sia più massiccio ed ermetico di ciò che può dedursi dall’art. 183.<br />
La contraria opinione, secondo cui l’esaurimento della fase di trattazione (o addirittura, per alcuni,<br />
della prima udienza di trattazione) escluderebbe qualunque ulteriore allegazione (in fatto), è<br />
d’altronde costretta a prospettare un’interpretazione riduttiva e piuttosto artificiosa dei citati artt.<br />
180, 2° comma, e 345, 2° comma, secondo cui tali disposizioni non autorizzerebbero<br />
(argomentando a contrario) la allegazione di nuovi fatti (rilevabili d’ufficio) senza limiti di tempo,<br />
ma si riferirebbero solo alla possibilità di rilevare (anche d’ufficio), e dunque di porre a base della<br />
decisione (di rigetto), l’effetto giuridico (estintivo-impeditivo-modificativo) di un fatto già<br />
tempestivamente allegato o comunque introdotto nel processo (29); tesi, quest’ultima, che era stata<br />
già prospettata, ma senza incontrare il favore della giurisprudenza, in relazione agli artt. 416 e 437<br />
per il rito del lavoro.<br />
In definitiva, pertanto, direi che, almeno per ciò che concerne il giudizio di primo grado, che qui<br />
interessa, l’allegazione dei suddetti fatti deve ritenersi consentita, in deroga al regime desumibile<br />
dall’art. 183, commi 4° e 5°, fino al momento della precisazione delle conclusioni.<br />
Analoga soluzione dovrebbe valere, in linea di principio, per l’allegazione di fatti secondari; fermo<br />
restando, però, che, quando non si tratti di fatti pacifici, oppure accertabili attraverso l’esercizio di<br />
poteri istruttorii officiosi (per es. un’ispezione), un limite indiretto alla loro introduzione nel<br />
processo deriverà dalle preclusioni istruttorie contemplate dall’art. 184 (v. infra il § 8.3).