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PRECLUSIONI DI MERITO E PRECLUSIONI ISTRUTTORIE NEL ...

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complessità della causa in fatto, l’interrogatorio delle parti, cui il legislatore ha giustamente<br />

attribuito la massima importanza, richiede molto tempo. Oppure si pensi all’ipotesi in cui sia<br />

giustificato un (occasionale) impedimento di taluna delle parti ad essere presente all’udienza per<br />

l’interrogatorio medesimo e per il tentativo di conciliazione. E soprattutto, direi, si consideri che la<br />

nuova disciplina, nonostante le preclusioni comminate in danno del convenuto tardivamente<br />

costituito, non potrà impedire che il convenuto medesimo si costituisca all’udienza di prima<br />

comparizione, o addirittura direttamente alla prima udienza di trattazione, allorquando non abbia in<br />

animo di svolgere alcuna delle attività contemplate dagli artt. 167, 2° e 3° comma, e 180, 2° comma,<br />

ossia non debba proporre domande riconvenzionali o eccezioni in senso stretto, né chiamare in<br />

causa un terzo: se dunque si verifica tale situazione, com’è possibile esigere che l’attore si studi<br />

nella stessa prima udienza la comparsa di risposta del convenuto e la documentazione da lui<br />

prodotta, e proponga contestualmente, a pena di decadenza, “le domande e le eccezioni che sono<br />

conseguenza (...) delle eccezioni proposte dal convenuto” (24)? E com’è possibile pensare che lo<br />

stesso giudice, senza aver potuto previamente conoscere le difese del convenuto, debba comunque<br />

svolgere nella medesima udienza quelle delicatissime attività rappresentate dall’interrogatorio delle<br />

parti e dal tentativo di conciliazione; attività che a loro volta costituiscono il primo ed essenziale<br />

tassello della trattazione della causa; in mancanza del quale sarebbe assurdo esigere dalle parti e<br />

dallo stesso giudice le ulteriori attività contemplate dai commi 3°, 4° e 5° dell’art. 183 nonché<br />

dall’art. 184.<br />

E ancora, a dimostrazione di quanto sarebbe ingenuo pretendere di schematizzare rigidamente ed in<br />

modo tassativo lo svolgimento della trattazione, basterà por mente alla recente (e, per quest’aspetto,<br />

improvvida) modifica dell’art. 180 c.p.c. Tale norma, come si è visto, si preoccupa di riservare<br />

l’udienza di prima comparizione alle verifiche concernenti la regolare instaurazione del<br />

contraddittorio, quasi che vi fosse bisogno di rimarcare la perdurante vigenza delle disposizioni che<br />

tali verifiche specificamente impongono. È chiaro, peraltro, che non di rado, in ispecie se il<br />

convenuto si costituisce tardivamente, i vizi in questione potranno emergere (penso soprattutto<br />

all’esistenza di litisconsorti necessari pretermessi) proprio durante la trattazione della causa, che in<br />

questo caso dovrà essere inevitabilmente differita, pur se l’art. 183 non lo prevede, per provvedere<br />

all’indispensabile regolarizzazione del processo.<br />

V’è da considerare, infine, che, sebbene il principio informatore della trattazione rimanga, a norma<br />

dell’art. 180, 2° comma, quello dell’oralità, lo stesso art. 180 espressamente prevede, in via<br />

generale, delle parentesi di trattazione scritta autorizzate dal giudice su istanza di parte. Sicché ben<br />

potrebbe accadere che, essendo stata sollevata alla prima udienza di trattazione, magari dallo stesso<br />

giudice, una delle questioni menzionate nell’art. 183, 3° comma, per es. relativa alla giurisdizione, e<br />

data la complessità della questione stessa, il giudice conceda un termine per la comunicazione di<br />

comparse a norma degli artt. 180, 2° comma, e 83-bis disp. att., rinviando di conseguenza il<br />

prosieguo della trattazione ad altra udienza.<br />

Alla luce di tali considerazioni, in parte finanche banali, la frazionabilità della trattazione (rectius:<br />

dell’attività contemplata dall’art. 183) in più udienze dovrebbe costituire un punto fermo ed<br />

indiscutibile; e di conseguenza dovrebbe ammettersi che la sua concentrazione in un’unica udienza<br />

rappresenta sì un criterio direttivo – o, se si preferisce, un vero e proprio dovere – per il giudice, ma<br />

un criterio dal quale il giudice stesso potrà discostarsi [a mio avviso pure in virtù della concorde<br />

volontà delle parti, e comunque] in presenza di obiettive esigenze del contraddittorio o, più in<br />

generale, del processo.<br />

Se su questa conclusione si conviene, il vero problema risulta essere non già quello di giustificare<br />

specificamente, sul piano positivo, ogni ipotesi di differimento o di frazionamento della (prima)<br />

udienza di trattazione (25), bensì quello, assai delicato e di enorme spessore pratico, di stabilire non<br />

soltanto quali siano le preclusioni che possono verificarsi in questa fase, ma anche a quale momento<br />

le singole preclusioni debbano essere più precisamente ascritte: se, cioè, ci si debba riferire in ogni

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