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PRECLUSIONI DI MERITO E PRECLUSIONI ISTRUTTORIE NEL ...

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merito, tenuto conto che, per quelle processuali, il dato normativo, come ho già avuto modo di<br />

osservare, è assai più specifico.<br />

Poiché, peraltro, si tratta, com’è noto, di un tema assai complesso, ci si limiterà in questa sede a<br />

ricordare che nella dottrina prevale oggi la convinzione che la regola sia rappresentata dalla<br />

rilevabilità d’ufficio di tutti i fatti estintivi, impeditivi o modificativi del diritto azionato, siano essi<br />

fatti semplici oppure fatti-diritti che potrebbero essere oggetto di accertamento in un autonomo<br />

giudizio (9). Le deroghe – pur tutt’altro che infrequenti – riguarderebbero le ipotesi in cui la legge<br />

richiede espressamente l’iniziativa della parte (v. ad es. gli artt. 2938 e 2969, rispettivamente in<br />

materia di prescrizione e di decadenza) e quelle in cui l’effetto estintivo-impeditivo-modificativo si<br />

ricollega all’esercizio di un diritto potestativo oppure di un controdiritto che potrebbe esser fatto<br />

valere con un’autonoma azione costitutiva (si pensi all’eccezione di annullabilità del contratto,<br />

oppure di risoluzione per inadempimento).<br />

La giurisprudenza, invece, dal canto suo, non sembra attenersi a criteri generali ed univoci (10), e<br />

talora parrebbe partire dall’implicita ed opposta premessa che il rilievo dei fatti estintivi-impeditivimodificativi<br />

sia riservato, in linea di principio, alla parte interessata (11).<br />

4. – È a tutti noto come la (prima) udienza di trattazione dovesse divenire, nelle intenzioni del<br />

legislatore del ‘90, il fulcro dell’intero processo; in una prospettiva non troppo diversa, in fin dei<br />

conti, da quella in cui si erano mossi già il legislatore del ‘40 e poi, per il rito del lavoro, quello del<br />

‘73. Ed è pure noto, d’altronde, che proprio su questo aspetto fondamentale della riforma sono<br />

piovute le critiche più severe. In particolare, una delle censure più frequenti si è appuntata<br />

sull’eccessiva rigidità ed astrattezza del modello di trattazione delineato negli artt. 183 e 184; nel<br />

senso che – si è detto – il legislatore “ha scelto la strada della disciplina analitica, puntuale, per certi<br />

aspetti non priva di pedanteria, di tutte le mosse che le parti dovrebbero effettuare nella fase<br />

preliminare”, dimostrando in tal modo di voler “ridurre le mosse delle parti entro binari rigidi e<br />

determinati in anticipo, come se tutte le partite dovessero svolgersi esattamente allo stesso modo e<br />

secondo la medesima sequenza” (12). Ad una primissima lettura delle disposizioni poc’anzi<br />

menzionate, una siffatta conclusione – che d’altronde rappresenta l’implicito presupposto dal quale<br />

ci si è mossi nei più recenti interventi correttivi degli artt. 180 e 183 – parrebbe ineccepibile; ed anzi<br />

deve aggiungersi che, se davvero lo schema ivi indicato fosse rigido ed invariabile, sarebbero<br />

pienamente giustificati per un verso le preoccupazioni da più parti (e in ispecie dall’avvocatura)<br />

manifestate circa un’eccessiva compressione del contraddittorio, e per altro verso i pronostici più<br />

pessimistici circa la concreta possibilità di funzionamento del nuovo rito; pronostici che<br />

rimarrebbero immutati pur dopo gli interventi correttivi cui facevo cenno poc’anzi.<br />

A me sembra, tuttavia, che le suddette critiche, al pari delle preoccupazioni che ne sono derivate,<br />

siano almeno in parte dovute ad un equivoco circa il significato dello schema di svolgimento della<br />

trattazione delineato negli artt. 180 e segg. c.p.c.; o comunque che, soprattutto alla luce del noto<br />

canone interpretativo che impone di preferire, fra tutte le esegesi astrattamente possibili, quelle più<br />

ragionevoli, le norme in questione si prestino anche ad una “lettura” e ad una ricostruzione affatto<br />

diverse, idonee ad offrire un apprezzabile contemperamento fra le spesso confliggenti esigenze di<br />

concentrazione del processo, da un lato, e di salvaguardia dell’effettività del contraddittorio,<br />

dall’altro. A questo riguardo vorrei sottolineare alcuni punti che mi sembrano essenziali per una<br />

corretta impostazione del problema.<br />

4.1. – Un primo punto da considerare è che, nonostante la loro evidente correlazione funzionale, è<br />

necessario tenere ben distinte, nell’ambito delle disposizioni miranti ad assicurare la concentrazione<br />

del processo, quelle rivolte precipuamente al giudice da quelle di cui sono destinatarie direttamente<br />

le parti.<br />

Appartengono al primo gruppo, tra l’altro, le numerosissime disposizioni che impongono al giudice<br />

di provvedere entro un certo termine (si pensi, ad es., agli artt. 186, 190-bis, 275 e 321 c.p.c.),<br />

oppure di far procedere il giudizio secondo certi ritmi o di rispettare determinati limiti massimi nella

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