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PRECLUSIONI DI MERITO E PRECLUSIONI ISTRUTTORIE NEL ...

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preferibile), bensì dal giudice, la preclusione non potrà scattare se il giudice avrà omesso di<br />

assegnarlo, nel qual caso direi che le nuove eccezioni saranno ammesse anche (ma non oltre) la<br />

prima udienza di trattazione. Analogamente, se il termine venisse fissato in misura inferiore a quella<br />

legale (il che, ovviamente, avvantaggerebbe il convenuto), non par dubbio che dovrà comunque<br />

aversi riguardo al termine indicato dal giudice.<br />

In terzo luogo è molto importante, anche dal punto di vista delle preclusioni, stabilire, nel caso in<br />

cui il giudice, all’udienza di prima comparizione, dovesse riscontrare uno dei vizi contemplati<br />

dall’alinea dell’art. 180, se l’udienza fissata per la regolarizzazione del contraddittorio (per es. per<br />

provvedere alla rinnovazione dell’atto introduttivo nullo, oppure alla citazione dei litisconsorti<br />

necessari pretermessi) debba considerarsi a sua volta quale nuova udienza di prima comparizione,<br />

oppure quale prima udienza di trattazione, ai sensi dell’art. 183. A mio avviso, una volta imboccata<br />

la strada – pur molto criticabile – di una così netta separazione fra l’udienza di prima comparizione<br />

e quella in cui ha inizio la trattazione della causa, la logica stessa del sistema induce a ritenere che la<br />

nuova udienza debba ancora equivalere, almeno in linea di principio, all’udienza di prima<br />

comparizione, e debba essere pertanto riservata esclusivamente al controllo dell’avvenuta<br />

regolarizzazione del contraddittorio e all’assegnazione del termine previsto dal 2° comma dell’art.<br />

180. Nell’ipotesi d’integrazione del contraddittorio, a norma dell’art. 102, una siffatta soluzione è<br />

imposta dalla circostanza che altrimenti i litisconsorti inizialmente pretermessi sarebbero costretti<br />

formulare le proprie eccezioni in senso stretto entro il medesimo termine previsto per la<br />

proposizione di domande riconvenzionali (artt. 180, 2° comma, e 167, 2° comma, c.p.c.); e<br />

sarebbero pertanto privati di quell’ulteriore margine di tempo che la legge normalmente concede al<br />

convenuto per perfezionare ed integrare l’allegazione di fatti estintivi o impeditivi o modificativi<br />

non operanti ipso iure. Per quel che concerne, poi, l’ipotesi della nullità della citazione derivante da<br />

vizi dell’editio actionis (art. 164, 4° comma), va ricordato che la dottrina, ragionando sulla base<br />

della situazione normativa anteriore al d.l. n. 238/95 (in cui l’udienza di prima comparizione<br />

coincideva con quella di trattazione), era pressoché concorde nel ritenere che la nullità medesima,<br />

tanto in caso di rinnovazione dell’atto introduttivo quanto in caso di mera integrazione della<br />

domanda, e indipendentemente dal momento in cui veniva rilevata, facesse ricominciare il processo<br />

daccapo; nel senso che il termine di costituzione del convenuto, anche al fine dell’operatività delle<br />

preclusioni contemplate dall’art. 167, dovesse per l’appunto calcolarsi con riferimento alla nuova<br />

udienza fissata dal giudice (4). È lecito concludere, pertanto, che la stessa soluzione, mutatis<br />

mutandis, dovrà affermarsi in relazione al nuovo testo dell’art 180.<br />

A diversa soluzione deve invece pervenirsi, probabilmente, allorché l’atto introduttivo sia affetto da<br />

uno dei vizi (della c.d. vocatio in ius) indicati nel 1° comma dell’art. 164. Se si conviene, infatti, che<br />

tali vizi non sono tali, di regola, da giustificare, di per sé stessi, la mancata costituzione del<br />

convenuto, e da determinare, conseguentemente, la regressione del processo alla prima udienza (5),<br />

parrebbe logico dedurne che il giudice, nel rilevare la nullità, debba fissare non già una nuova<br />

udienza di prima comparizione, bensì direttamente l’udienza di trattazione, ordinando la<br />

rinnovazione della citazione proprio per tale udienza (6) e nel contempo assegnando il termine<br />

perentorio di cui al c.p.v. dell’art. 180. L’eccezione dovrebbe essere rappresentata, tuttavia, dai vizi<br />

che, se rilevati entro la prima udienza, danno luogo ad un’automatica rimessione in termini del<br />

convenuto: infatti, allorché sia mancato l’avvertimento previsto dall’art. 163, n. 7), oppure siano<br />

stati violati i termini minimi di comparizione, il comb. disp. degli artt. 164, 3° comma, e 180<br />

impone di ritenere che il giudice debba fissare una nuova udienza di prima comparizione (7).<br />

3. – A questo punto, per completare l’analisi dell’art. 180 sotto il profilo delle preclusioni,<br />

rimarrebbe da chiarire la linea di demarcazione fra le eccezioni rilevabili d’ufficio, ammesse senza<br />

particolari limiti temporali (8) e finanche in appello (art. 345, 2° comma, c.p.c.), e le eccezioni<br />

riservate all’iniziativa di parte, che sono consentite solo fino allo spirare del termine assegnato dal<br />

giudice a norma dell’art. 180 c.p.v. Più esattamente il problema si pone per le sole eccezioni di

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