PRECLUSIONI DI MERITO E PRECLUSIONI ISTRUTTORIE NEL ...

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(42) Nel senso qui sostenuto v. CHIARLONI, in Le riforme, cit., p. 192, il quale giustamente osserva: “Il concetto di precisazione appare incompatibile con il concetto di preclusione, il quale ultimo non può che riguardare il divieto di introdurre materiale nuovo”. Vale la pena di ricordare, d’altronde, che pure in relazione al rito del lavoro, caratterizzato da preclusioni innegabilmente più rigide, la giurisprudenza ammette, ad es., che, salva l’esigenza di una compiuta specificazione dei relativi titoli, la concreta quantificazione di una domanda di condanna al pagamento di somme possa avvenire nel corso del processo, al di là dei limiti cui è assoggettata l’emendatio libelli: cfr. ad es. Cass. sez. un. 27 ottobre 1993, n. 10685, in Foro it., Rep. 1993, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 151; Cass. 21 luglio 1992, n. 8767, ivi, Rep. 1992, voce cit., n. 106; e Cass. 20 aprile 1990, n. 3289, ivi, Rep. 1990, voce cit., n. 137. (43) Penso, ad es., all’ipotesi in cui si indichi un diverso termine iniziale o finale del periodo in cui si asserisce di aver posseduto continuativamente il bene ai fini dell’usucapione, oppure si modifichi la data per la quale si chiede il rilascio di un immobile (su quest’ultima ipotesi cfr., con riferimento al rito delle controversie agrarie, Cass. 23 aprile 1992, n. 4923, in Foro it., 1993, I, 156, con nota di BELLANTUONO, che ammette la modifica finanche in appello); o al caso in cui si specifichino talune circostanze di tempo e di luogo in cui ha avuto origine la vicenda obbligatoria dedotta in giudizio. Ed è chiaro che un limite indiretto a siffatte “precisazioni” sarà spesso rappresentato dalla necessità di articolare la prova dei relativi fatti entro il momento indicato nell’art. 184. (44) Nel senso qui sostenuto cfr. ad es., più o meno esplicitamente, MANDRIOLI, Corso, cit., II, p. 89 s.; MONTESANO e ARIETA, Dir. proc. civ., cit., II, p. 63; TARUFFO, in BORRÈ, CASTELLANO, PROTO PISANI, E. F. RICCI e TARUFFO, La riforma del processo civile. Linee fondamentali, Milano, 1991, p. 40 s.; LAPERTOSA, Le preclusioni istruttorie, cit., p. 1092 ss.; e CAPPONI, in Il processo civile, cit., p. 103; G. F. RICCI, in CARPI e TARUFFO, Commentario breve, cit., p. 425 s. [che in precedenza si era diversamente espresso nella Appendice di aggiornamento della medesima opera, (Padova, 1991), p. 67 s.]. Secondo alcuni autori, invece, le deduzioni nuove, rispetto a quelle contenute negli atti introduttivi, sarebbero consentite solo quando fossero giustificate dall’esito della prima udienza: così, pur con diverse sfumature, GRASSO, Note sui poteri del giudice nel nuovo processo di cognizione di primo grado, in Riv. dir. proc., 1992, p. 721 s., e VERDE, in Codice di proc. civ., cit., p. 25. (45) Cfr. soprattutto PROTO PISANI, Lezioni, cit., p. 118, il quale, tuttavia, muove dal presupposto che la prima udienza abbia realmente esaurito l’attività di trattazione e sottolinea, giustamente, che la preclusione in esame rappresenta la “cerniera” tra la fase preparatoria e quella istruttoria. (46) LAPERTOSA, op. cit., p. 1094 s. (47) Così lo stesso PROTO PISANI, op. loc., ult. cit.. (48) Alla luce di quanto osservato in ordine al principio di concentrazione, non mi pare, infatti, che la riserva di pronuncia ex artt. 176 e 186 sia incompatibile col sistema risultante dalla riforma (come ritengono, invece, PROTO PISANI, Lezioni, cit., p. 117, e RAMPAZZI, in Le riforme, cit., p. 213, nt. 8. (49) V. ad es. TARZIA, Lineamenti, cit., p. 111. La precisazione mi sembra opportuna tenuto conto che, sebbene l’art. 416 c.p.c. non sia meno perentorio, a mio avviso, del nuovo art. 184, la giurisprudenza prevalente ritiene che, nel rito del lavoro, la produzione di nuovi documenti sia consentita pure all’udienza di discussione: così, tra le più recenti, Cass. 7 maggio 1993, n. 5265, in Arch. locazioni, 1993, 738; 4 febbraio 1993, n. 1359, in Foro it., Rep. 1993, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 214; e 30 maggio 1989, n. 2618, ivi, Rep. 1989, voce cit., n. 181. Cfr. tuttavia Cass. 10 febbraio 1990, n. 972, ivi, Rep. 1990, voce cit., n. 311.
(50) Lo stesso art. 184, 3° comma, invero, esclude implicitamente dalla preclusione in esame i mezzi istruttori disponibili ex officio. (51) Cfr. infatti, con riguardo al rito del lavoro, Cass. 3 aprile 1992, n. 4129, in Giust. civ., 1993, I, 741. (52) Nello stesso senso TARZIA, Lineamenti, cit., p. 112, FABIANI, L’istruzione probatoria, cit., c. 1237, e, sia pure dubitativamente, TAVORMINA, in Corriere giur., 1991, p. 47. (53) Cfr. Cass. 8 febbraio 1986, n. 813, in Foro it., Rep. 1986, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 429, e 28 aprile 1984, n. 2668, ivi, Rep. 1984, voce cit., n. 178. (54) Cfr. Cass. 8 settembre 1988, n. 5098, in Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 165, e 29 luglio 1986, n. 4877, ivi, Rep. 1986, voce cit., n. 213. (55) La giurisprudenza, forzando la lettera dell’art. 420, 1° comma, c.p.c., ritiene, infatti, che l’autorizzazione del giudice ivi prevista possa condurre anche alla proposizione di eccezioni del tutto nuove: v. ad es., Cass. 27 marzo 1985, n. 2164, in Riv. it. dir. lav., 1985, II, 681, con nota di FORNACIARI. (56) V. ad es. Cass. 5 novembre 1987, n. 8131, in Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 143.
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