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PRECLUSIONI DI MERITO E PRECLUSIONI ISTRUTTORIE NEL ...

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in considerazione della sua peculiare idoneità a decidere in ogni caso, almeno in parte, la causa,<br />

finanche in contrasto con le risultanze di tutte le prove anteriormente assunte (51). Per questa<br />

soluzione, d’altronde, depone la mancata modifica dell’art. 233, 1° comma, c.p.c., che continua a<br />

consentire il deferimento del giuramento “in qualunque stato della causa davanti al giudice<br />

istruttore” (52).<br />

L’ultima questione da esaminare, quanto alle preclusioni istruttorie, riguarda l’ipotesi in cui la causa<br />

venga rimessa immediatamente al collegio, senza ammissione di prove, ai sensi dei primi tre commi<br />

dell’art. 187 c.p.c. In relazione a tale ipotesi il 4° comma del medesimo art. 187 prevede poi che,<br />

“qualora il collegio provveda a norma dell’art. 279, 2° comma, n. 4), i termini di cui all’art. 184,<br />

non concessi prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di<br />

parte, nella prima udienza dinanzi a lui”.<br />

In via preliminare va sottolineato che il legislatore sicuramente minus dixit quam voluit, poiché la<br />

norma deve trovare applicazione, con ogni evidenza, in tutti i casi in cui il processo, alla luce della<br />

decisione del collegio, debba comunque proseguire (si pensi, in particolare, alla sentenza resa su una<br />

soltanto di più cause cumulate, ai sensi del n. 5 dell’art. 279); come pure, del resto, mutatis<br />

mutandis, nelle cause affidate alla decisione dello stesso giudice istruttore in funzione di giudice<br />

unico.<br />

Ciò premesso, è ovvio che l’assegnazione dei termini (perentori) per l’integrazione delle iniziali<br />

deduzioni istruttorie deve essere stata gia tempestivamente chiesta al giudice prima della rimessione<br />

al collegio (o, più in generale, prima del passaggio della causa in fase di decisione); ed è su questo<br />

presupposto che la norma in esame per un verso esclude la possibilità di definire senz’altro la<br />

controversia in base al principio enunciato nell’art. 2697 c.c. (cioè facendo leva sull’insufficienza<br />

della prova offerta circa uno o piu fatti principali), e per altro verso fa onere alle parti di reiterare la<br />

relativa richiesta. A mio avviso, peraltro, il riferimento alla “prima udienza” dinanzi al giudice<br />

istruttore dev’essere inteso come termine ordinatorio per il giudice stesso, piuttosto che come<br />

termine di decadenza per le parti. In altre parole, direi che, anche per simmetria rispetto alla<br />

soluzione proposta rispetto all’art. 184, l’istanza di parte menzionata nell’art. 187, 4° comma, potrà<br />

utilmente intervenire fino a quando il giudice non passi concretamente ad esaminare le originarie<br />

richieste istruttorie.<br />

Mette conto di rilevare, infine, che l’applicazione dell’art. 187, 4° comma, potrà rendersi necessaria<br />

pure in appello (naturalmente da parte del collegio); per es., quando venga riformata una sentenza di<br />

accoglimento di un’eccezione pregiudiziale di rito o preliminare di merito, ovvero di rigetto di una<br />

domanda stricto sensu pregiudiziale.<br />

9. – Dai paragrafi che precedono emerge un sistema di preclusioni che, anche (ma non soltanto) alla<br />

luce dei più recenti interventi legislativi, appare molto meno rigido ed assillante di quel che si era<br />

soliti dipingere nei primi commenti della l. 353/90; sistema che comunque è assai distante, per<br />

intendersi, da quello adottato per il processo del lavoro.<br />

Per di più, rispetto al legislatore del ‘73, quello del ‘90 ha avuto il merito e l’accortezza di porsi il<br />

problema delle situazioni, difficilmente tipizzabili in astratto, che possono rendere consigliabile, se<br />

non addirittura doveroso, in relazione alle garanzie costituzionali del diritto d’azione e di difesa, il<br />

superamento delle barriere preclusive. Lo strumento tecnico all’uopo adoperato è quello della<br />

rimessione in termini, prevista dall’art. 184-bis per l’ipotesi in cui la parte dimostri “di essere<br />

incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile”. Questa, per la precisione, è la formulazione<br />

della norma quale risulta opportunamente emendata dai dd.ll. 238/95 e successivi; mentre il testo<br />

originario, introdotto dall’art. 19 della l. 353/90, prendeva in considerazione le sole “decadenze<br />

previste negli artt. 183 e 184”, omettendo di richiamare, invece, per un evidente difetto di<br />

coordinamento, le decadenze comminate, in danno del convenuto, dall’art. 167.<br />

È il caso di rilevare, peraltro, che siffatta modifica, eliminando il riferimento a preclusioni<br />

specifiche, potrebbe conferire all’istituto in esame una dimensione assai più ampia di ciò che

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