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PRECLUSIONI DI MERITO E PRECLUSIONI ISTRUTTORIE NEL ...

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quello della emendatio (41); sicché appare assai difficile trovare spazi residui entro i quali collocare<br />

questo tertium genus rappresentato dalla “precisazione” della domanda. Per essere ancora più<br />

espliciti, tale operazione mi sembra praticamente impossibile ove si parta dalla premessa che pure la<br />

“precisazione”, che deve evidentemente rappresentare un quid minus rispetto alla “modifica” della<br />

domanda, sia confinata nella fase preparatoria della causa: difatti, sia che la s’intenda come<br />

un’attività diretta alla mera interpretazione della domanda (a chiarire, cioè, quanto era già implicito<br />

in essa) ovvero ad una diversa qualificazione giuridica della fattispecie, sia che si pensi alle ipotesi<br />

di mera riduzione della domanda originaria, appare inevitabile ammettere che le parti possano<br />

provvedervi finanche in sede di precisazione delle conclusioni (42); tanto più che, almeno per quel<br />

che concerne i primi profili, si tratta di poteri talora esercitabili dallo stesso giudice d’ufficio, in<br />

applicazione del principio iura novit curia.<br />

D’altronde, che la formulazione dell’art. 183 non possa costituire, da questo punto di vista, un<br />

ostacolo insormontabile, è dimostrato dal fatto ch’essa, sia nel 4° sia nel 5° comma, parrebbe<br />

assoggettare a preclusione pure la precisazione o modificazione delle “conclusioni” già proposte;<br />

quand’è ovvio, invece, che le “conclusioni” rimangono liberamente modificabili fino all’udienza<br />

indicata nell’art. 189 c.p.c., a condizione che siano mantenute “nei limiti di quelle formulate negli<br />

atti introduttivi o a norma dell’art. 183”, e dunque non implichino nuove domande o occezioni in<br />

senso stretto.<br />

A mio avviso, dunque, i termini “perentori” contemplati dall’art. 183, 5° comma, mirano solo ad<br />

evitare (in linea di principio e con le limitazioni più volte ribadite nei paragrafi precedenti)<br />

un’eccessiva diluizione della fase di trattazione (scritta). Ma la mera “precisazione” delle domande<br />

e, a fortiori, delle eccezioni originariamente proposte deve intendersi liberamente consentita per<br />

tutto il corso del processo, al di là della fase di trattazione di cui all’art. 183. E non escluderei la<br />

possibilità di far rientrare nell’ambito della “precisazione” anche le allegazioni che si traducano<br />

nella specificazione o nella modificazione di elementi marginali relativi ai fatti principali<br />

(costitutivi-estintivi-impeditivi-modificativi), tali da lasciare sostanzialmente immutati i fatti<br />

medesimi (43).<br />

Per quel che concerne, invece, la “modificazione” delle domande e delle eccezioni, che il legislatore<br />

ha inteso sicuramente limitare alla fase preparatoria del processo, è chiaro che la preclusione potrà<br />

derivare dalla scadenza del termine perentorio eventualmente fissato dal giudice. Fino a quando,<br />

però, le parti potranno chiedere l’assegnazione di tale termine? A mio avviso, se la trattazione si<br />

articola in più udienze, il dies ad quem dovrebbe essere rappresentato dal suo effettivo esaurimento,<br />

e cioè dal momento in cui il giudice passa ad esaminare le richieste istruttorie delle parti oppure<br />

rinvia a tal fine la causa ad una successiva udienza (v. il successivo § 8.3). È chiaro, infatti, che<br />

l’opportunità della “modificazione” potrebbe palesarsi proprio in seguito alle altre attività di<br />

trattazione contemplate dall’art. 183; per es. in seguito all’interrogatorio delle parti oppure in<br />

seguito all’esercizio dei poteri officiosi previsti nel 3° comma. Ed inoltre, sebbene non si tratti di<br />

un’ipotesi espressamente disciplinata dal legislatore, siffatta “modificazione” potrebbe riguardare<br />

anche le domande proposte dall’attore nella prima udienza, a norma del 4° comma dell’art. 183,<br />

qualora l’attore medesimo fosse a ciò indotto dalle repliche o dalle eccezioni formulate dal<br />

convenuto entro il termine concesso ai sensi della seconda parte del 5° comma dell’art. 183.<br />

Nella logica del sistema in esame, insomma, a me pare che, prescindendo dall’appendice di<br />

trattazione scritta prevista dal 5° comma dell’art. 183, l’emendatio delle domande e delle eccezioni<br />

già proposte dovrebbe rappresentare la linea di confine e di separazione tra la fase preparatoria,<br />

deputata alla fissazione (potenzialmente) definitiva del thema decidendum e del thema probandum,<br />

e la fase lato sensu istruttoria, destinata all’articolazione delle richieste istruttorie e poi<br />

all’assunzione delle prove ammesse.<br />

8.3. – Per quel che concerne le richieste e le produzioni istruttorie, l’art. 184 prevede ora che il<br />

giudice istruttore, “salva l’applicazione dell’art. 187” – ossia salva l’ipotesi in cui la causa sia

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