PRECLUSIONI DI MERITO E PRECLUSIONI ISTRUTTORIE NEL ...
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di effettiva trattazione della causa, anteriore all’inizio di quella istruttoria (39). Quanto al rito del<br />
lavoro, poi, mette conto di ricordare che la giurisprudenza prevalente intende il riferimento alla<br />
“udienza di cui all’art. 420”, che rappresenta il limite temporale al rilievo officioso<br />
dell’incompetenza ex art. 428 c.p.c., non gia come prima udienza di discussione, bensì come<br />
indicativo del momento in cui, “attraverso l’interrogatorio libero delle parti e le eventuali<br />
modificazioni delle domande e delle eccezioni, non sia stato delimitato l’oggetto della controversia<br />
e non sia stato esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione” (40).<br />
Chiarito questo primo punto, è venuto il momento di analizzare distintamente le attività disciplinate<br />
nei commi 4° e 5° dell’art. 183 e nell’art. 184.<br />
8.1. – La prima parte dell’art. 183, 4° comma, prevede che l’attore, “nella stessa udienza” (ossia<br />
nella prima udienza di trattazione), possa “proporre le domande e le eccezioni che sono<br />
conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto nella<br />
comparsa di risposta”. Se le nuove domande ed eccezioni dell’attore si ricollegano a domande<br />
riconvenzionali o ad eccezioni in senso stretto del convenuto, che quest’ultimo può proporre,<br />
rispettivamente, entro il termine di costituzione indicato dall’art. 166 ovvero entro il termine<br />
concesso dal giudice a norma dell’art. 180, 2° comma, non v’è ragione di negare che il termine di<br />
preclusione sia realmente rappresentato dalla prima udienza di trattazione effettiva (non risoltasi,<br />
cioè, in un mero rinvio). Se però le suddette domande ed eccezioni nuove dovessero trarre origine<br />
da eccezioni in senso lato o da mere difese, sollevate dal convenuto nella stessa prima udienza di<br />
trattazione (non importa se con la comparsa di risposta, in caso di costituzione tardiva, o<br />
direttamente all’udienza), mi sembra evidente che l’attore avrà diritto ad un rinvio e potrà<br />
provvedere alle nuove domande ed allegazioni entro l’udienza successiva.<br />
Una situazione del tutto analoga a quella testé ipotizzata può verificarsi quando “dalle difese del<br />
convenuto” sorga in capo all’attore l’interesse a chiamare in causa un terzo (art. 183, 4° comma,<br />
seconda parte). Anche in questo caso, dunque, in tanto la preclusione potrà scattare alla prima<br />
udienza effettiva (di trattazione), in quanto non si tratti di difese sollevate proprio in tale udienza, o<br />
comunque dopo lo spirare del termine assegnato dal giudice per la proposizione di eccezioni in<br />
senso stretto.<br />
8.2. – L’ultima parte dell’art. 183, 4° comma, consente ad entrambe le parti di “precisare e<br />
modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate”. E va sottolineato che, mentre<br />
nel testo risultante dall’art. 17 della l. 353/90 la “modificazione” delle domande ecc. era subordinata<br />
ad autorizzazione del giudice, ora, in seguito all’art. 5 del d.l. 238/95 e dei dd.ll. successivi, questa<br />
condizione è stata opportunamente eliminata. Rimane impregiudicato, però, il problema di tracciare<br />
la linea di demarcazione fra i due concetti, di “precisazione” e di “modificazione”; anche perché, a<br />
mio avviso, nonostante l’apparente equiparazione, la mera “precisazione” delle domande, delle<br />
eccezioni e delle conclusioni sfugge ad una rigida preclusione e deve intendersi in realtà consentita<br />
pure nel prosieguo del processo.<br />
Per giustificare siffatta convinzione è necessario tenere anzitutto presente che, sebbene sul piano<br />
strettamente lessicale la “modificazione” non sia distinguibile dal “mutamento”, è ampiamente<br />
consolidata, in dottrina e in giurisprudenza, la convinzione che debbano nettamente distinguersi,<br />
quanto al regime di preclusione, la mutatio libelli, tendenzialmente esclusa in qualunque momento<br />
(salvo espressa previsione normativa), e la emendatio libelli, corrispondente alla mera “modifica”<br />
della domanda e consentita, nel sistema anteriore alla riforma del ‘90, fino alla rimessione della<br />
causa al collegio. In questa sede è appena il caso di rammentare come in concreto, poi, la<br />
distinzione fra le due ipotesi sia largamente controversa e dunque incerta, in ispecie alla luce dei<br />
criteri tutt’altro che univoci adoperati dalla giurisprudenza. Ai nostri fini è sufficiente sottolineare<br />
che ogni nuova allegazione, che implichi una variazione in aumento del petitum oppure si traduca<br />
nella deduzione di nuovi fatti costitutivi, ricade inevitabilmente o nell’ambito della mutatio o in