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ck di Uom<strong>in</strong>i e topi. Altri nomi, come Theodor Dreiser, William Faulkner, Gertrude<br />

Ste<strong>in</strong>, vale a dire Una tragedia americana, Santuario e Autobiografia di Alice Toklas,<br />

entrarono significativamente nel suo campo visivo, senza suscitare tuttavia <strong>una</strong> piena<br />

adesione critica; altri ancora, come T.S. Eliot, Carl Sandburg, Ersk<strong>in</strong>e Caldwell,<br />

Eugene O’Neill, William Saroyan, James Ca<strong>in</strong> e soprattutto Scott Fitzgerald e Ernest<br />

Hem<strong>in</strong>gway non vi compaiono se non sullo sfondo.<br />

Un canone è per sua natura selettivo, e <strong>in</strong> quanto a Pavese – costretto a conoscenze<br />

saltuarie, di secon<strong>da</strong> mano – anche occasionalmente selettivo. Sulla scorta degli autori<br />

detti, egli propose <strong>in</strong> ogni caso <strong>una</strong> somma di motivi letterari e di immag<strong>in</strong>i seducenti<br />

presto cristallizzatisi <strong>in</strong> un mito: il mito americano, sorta di altrove utopico, per metà<br />

reale e per metà fantastico, a cui guar<strong>da</strong>re <strong>in</strong> spirito di emulazione, di simpatia fraterna,<br />

fuori e contro la precettistica che il regime fascista e la più parte degli accademici<br />

di professione stavano allestendo per i lettori contemporanei.<br />

Non fu il solo, si capisce, a cogliere le novità espressive che fermentavano di là<br />

<strong>da</strong>ll’oceano. Accanto a lui possiamo collocare coetanei o quasi coetanei come Elio<br />

Vittor<strong>in</strong>i e Giaime P<strong>in</strong>tor; umanisti più conservatori come Emilio Cecchi (America<br />

amara è del 1940), giovanissimi pellegr<strong>in</strong>i <strong>in</strong>tellettuali come Mario Sol<strong>da</strong>ti (America<br />

primo amore è del 1935); espatriati politici del rango di Giuseppe Antonio Borgese<br />

(i cui reportage vengono raccolti <strong>in</strong> volume nel 1936 con titolo Atlante americano);<br />

s<strong>in</strong>o a figure <strong>in</strong> ombra e tuttavia degne di memoria come Alessandra Scalero, tra le<br />

prime a tradurre opere statunitensi per conto delle edizioni Modernissima, Corbaccio,<br />

Frass<strong>in</strong>elli 2 . Il mito americano cólto, segmento apicale di un più diffuso fervore per<br />

la musica, il c<strong>in</strong>ema, i fumetti made <strong>in</strong> USA, fu il prodotto di personalità plurime e<br />

molto caratterizzate 3 . Pavese, <strong>da</strong> parte sua, vi recò alcune riflessioni specifiche, che <strong>in</strong><br />

spirito di brevità possiamo ricondurre a c<strong>in</strong>que punti o temi salienti.<br />

1. Natura autoctona di <strong>una</strong> tradizione<br />

– Il conv<strong>in</strong>cimento, anzitutto, di essere di fronte a <strong>una</strong> tradizione composita ma <strong>in</strong>dipendente,<br />

autoctona. Al contrario di studiosi illustri come Cecchi, Carlo L<strong>in</strong>ati, Mario<br />

Praz, egli si rifiuta di considerare i capisaldi della prosa e della poesia americana<br />

otto-novecentesca <strong>in</strong> quanto espressione volgarizzata dei modelli anglosassoni maggiori.<br />

Almeno f<strong>in</strong>o al 1946, quando legge e recensisce American Renaissance di F.O.<br />

Matthiessen, lo seduce anzi l’idea di <strong>una</strong> produzione verg<strong>in</strong>e e d<strong>in</strong>amica, allo stato<br />

nascente, ricca di tutti i possibili; un’idea – è però il caso di aggiungere – che a conati<br />

di progressismo speranzoso, vitale e spregiudicato, unisce senza requie ossessioni di<br />

tipo tellurico, oscuramente barbarico. La letteratura statunitense, e <strong>in</strong> special modo<br />

quella tra le due guerre, gli appare l’unica <strong>in</strong> grado di “adeguare ad un mondo vertig<strong>in</strong>osamente<br />

trasformato gli antichi sensi e le antiche parole dell’uomo” 4 ; ha <strong>in</strong>somma<br />

2. Rispettivamente: S. Lewis, Babbit, 1930; J. Dos Passos, New York, ovverossia Mahnattan<br />

Transfer, 1932; E. O’Neill, Drammi del mare, stesso anno (ma sulla figura di A. Scalero mancano<br />

a tutt’oggi monografie adeguate).<br />

3. Un primo studio organico è quello di D. Fernandez, Il mito dell’America negli <strong>in</strong>tellettuali<br />

italiani, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia editore, 1969; gli ha fatto seguito, secondo un<br />

arco temporale più ampio e più ricco di riferimenti, M. Marazzi: Little America. Gli Stati Uniti<br />

e gli scrittori italiani del Novecento (con prefazione di F. Durante), <strong>Milano</strong>, Marcos y Marcos,<br />

1997.<br />

4. La letteratura americana e altri saggi, cit., p. 189.<br />

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