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MARTINO MARAZZI<br />
Università degli Studi di <strong>Milano</strong><br />
«Azzorrait»: microscopie<br />
della l<strong>in</strong>gua italiana<br />
<strong>in</strong> emigrazione<br />
Scrivendo <strong>da</strong> un remoto angolo delle campagne meridionali nell’autunno 1879, uno<br />
dei più lucidi protagonisti dell’Italia liberale, Giust<strong>in</strong>o Fort<strong>una</strong>to, portava all’attenzione<br />
un fatto s<strong>in</strong>golare, che assume, di anno <strong>in</strong> anno, proporzioni sempre maggiori:<br />
un fatto, che rivelando all’osservatore <strong>una</strong> piaga misteriosa della vita<br />
così poco studiata dei nostri contad<strong>in</strong>i napoletani, scopre come un <strong>in</strong>dizio di<br />
pericoli punto lontani, come un fenomeno di oscura malattia sociale, come un<br />
enigma pauroso del nostro avvenire; ché <strong>da</strong> per tutto mi par di sentire negl’<strong>in</strong>fimi<br />
strati sociali un cupo rombo quasi di vic<strong>in</strong>o tremuoto, un tuono sordo<br />
quasi di imm<strong>in</strong>ente tempesta. 1<br />
Nelle campagne e lungo tutto l’Appenn<strong>in</strong>o, <strong>da</strong>gli Abruzzi alla Sicilia, com<strong>in</strong>ciava<br />
il silenzioso esodo di <strong>una</strong> parte consistente del popolo meridionale (e non solo). Mi<br />
<strong>in</strong>teressa, quest’oggi, tracciare un breve percorso l<strong>in</strong>guistico-letterario che, attraverso<br />
alcune scelte testimonianze, ci aiuti ad avvic<strong>in</strong>arci e a decifrare quel «cupo rombo»<br />
nelle sue varie metamorfosi.<br />
L’emigrato, <strong>in</strong>fatti, è un “misterioso enigma” per i suoi più fort<strong>una</strong>ti concittad<strong>in</strong>i,<br />
per coloro che restano; ma <strong>in</strong> lui l’esperienza di <strong>una</strong> vita altrove diventa acquisizione<br />
di consapevolezza di un’alterità che def<strong>in</strong>irei b<strong>in</strong>oculare o stereofonica, poiché riguar<strong>da</strong><br />
sé stesso e l’altro. Per l’emigrato, l’altro è contemporaneamente fuori e dentro.<br />
Inizio presentando due casi-limite:<br />
Carissimo Professor Ghisleri.<br />
Senza dubbio proverete un senso di sorpresa, nel ricevere questa mia. Son<br />
passati molti mesi <strong>da</strong>cchè vi scrissi l’ultima volta, e voi forse, crederete, ch’io<br />
sia passato nel mondo dell’ignoto, o che come spesse volte succede io vi abbia<br />
del tutto dimenticato. Come vedete, non mi sono dimenticato di voi. Le vicissitud<strong>in</strong>i<br />
di <strong>una</strong> vita errabon<strong>da</strong>, <strong>in</strong>stabile e piena di peripezie, hanno fatto sì,<br />
1. Cito <strong>da</strong> Giust<strong>in</strong>o Fort<strong>una</strong>to, Corrispondenze napoletane, ECIG, Genova 1993, p. 85.