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44<br />

tutti noi: riguar<strong>da</strong> il nesso che periodicamente s’<strong>in</strong>staura tra il nostro peregr<strong>in</strong>are nel<br />

mare dell’esistenza e il nostro fermarci a riflettere su quale dest<strong>in</strong>o ci atten<strong>da</strong>.<br />

Un f<strong>in</strong>ale doppio<br />

Il corsivo collocato al f<strong>in</strong>e delle le Città <strong>in</strong>visibili term<strong>in</strong>a con <strong>una</strong> sentenza che<br />

secondo molti critici co<strong>in</strong>ciderebbe con “il sugo” (rubo l’espressione a Manzoni) dell’<strong>in</strong>tera<br />

opera. E senza dubbio, fra tutte le massime che s’<strong>in</strong>contrano nel libro, questa<br />

è di gran lunga la più citata. Riesam<strong>in</strong>iamola. Rispondendo a Kublai che sta per abbandonarsi<br />

al più nero sconforto mentre sfoglia nel suo fantastico e ucronico atlante<br />

le carte di città maledette o distopiche (come le bibliche Enoch e Babilonia, o come<br />

la Yahoo di Swift, la Butua di Sade e le città del Brave New World di Huxley), Marco<br />

afferma che ci sono due modi per affrontare “l’<strong>in</strong>ferno che abitiamo tutti i giorni, che<br />

formiamo stando <strong>in</strong>sieme”. Il primo “riesce facile a molti”, e consiste nell’accettare<br />

questo <strong>in</strong>ferno e “diventarne parte f<strong>in</strong>o al punto di non vederlo più”. Il secondo<br />

è rischioso ed esige attenzione e apprendimento cont<strong>in</strong>ui: cercare e saper<br />

riconoscere chi e che cosa, <strong>in</strong> mezzo all’<strong>in</strong>ferno, non è <strong>in</strong>ferno, e farlo<br />

durare e <strong>da</strong>rgli spazio. (RRII, 497; mio il neretto)<br />

E’ s<strong>in</strong> troppo agevole osservare come queste ultimissime righe, collocate quasi già<br />

fuori <strong>da</strong> un libro <strong>in</strong> cui ogni affermazione recisa viene pressoché sempre capovolta o<br />

almeno corretta o attenuata, suon<strong>in</strong>o straord<strong>in</strong>ariamente concitate e commosse. Diversamente<br />

<strong>da</strong> ciò che aveva fatto nel corso di tutta l’opera, l’autore ha qui r<strong>in</strong>unciato<br />

a ogni immag<strong>in</strong>e esotica, a ogni raff<strong>in</strong>atezza lessicale; anche il term<strong>in</strong>e “<strong>in</strong>ferno” è<br />

<strong>una</strong> metafora consueta e consunta, <strong>una</strong> catacresi. Calv<strong>in</strong>o ha volutamente usato parole<br />

comunissime, pers<strong>in</strong>o trite; si è solo preoccupato di imprimere nel periodo, tramite il<br />

ricorso a <strong>una</strong> serie di <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti verbali, un massimo di energia s<strong>in</strong>tattica.<br />

Retoricamente, <strong>una</strong> soluzione efficacissima. Ma il contenuto? A conti fatti, siamo<br />

d<strong>in</strong>anzi a un appello etico piuttosto ovvio, a <strong>una</strong> sentenza-esortazione nient’affatto<br />

orig<strong>in</strong>ale. Per rimanere <strong>in</strong> aria ligure, si potrebbe citare, <strong>da</strong>l Lorenzo Benoni di Ruff<strong>in</strong>i,<br />

l’ammonimento rivolto al protagonista - e <strong>in</strong>direttamente a Fantasio-Mazz<strong>in</strong>i e<br />

a tutti i suoi troppo entusiastici seguaci - <strong>da</strong>llo zio Giovanni, un progressista (come<br />

diremmo oggi) dis<strong>in</strong>cantato e moderato:<br />

Bisogna prendere con pazienza il male presente e <strong>da</strong>r tempo al tempo.<br />

Lasciate che ciascuno nel suo piccolo cerchi di farsi migliore e di migliorare<br />

quelli che gli stanno attorno. Qui, soltanto qui, è la pietra angolare della nostra<br />

futura rigenerazione. 7<br />

Ma si potrebbe anche citare, scegliendo nel novero dei libri celeberrimi, l’explicit<br />

del Candide, “il faut cultiver notre jard<strong>in</strong>”. Per questa opera di Voltaire, tra l’altro,<br />

Calv<strong>in</strong>o scrisse nel 1974 <strong>una</strong> prefazione nella quale osservava che questa massima,<br />

posta a sigillo di un libro dove il lavoro appare solo come <strong>da</strong>nnazione e dove i giard<strong>in</strong>i<br />

7. Giovanni Ruff<strong>in</strong>i, Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano, a cura di Mart<strong>in</strong>o<br />

Marazzi, De Ferrari, Genova 2005, pp. 203-204.

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