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offerti a Francesco) e che, come racconta ancora Giacomo <strong>da</strong> Vitry, «per alcuni giorni<br />
ascoltava con grandissima attenzione lui che predicava la fede di Cristo» alla corte e<br />
a lui medesimo. 8<br />
Francesco già nella prima stesura della Regola <strong>in</strong>serisce un capitolo specifico relativo<br />
ai frati che «per div<strong>in</strong>a ispirazione vorranno an<strong>da</strong>re fra i Saraceni e altri <strong>in</strong>fedeli».<br />
Essi dovranno essere presenza e segno discreto all’<strong>in</strong>terno di un contesto culturale e<br />
religioso completamente diverso («non facciano liti o dispute, ma siano soggetti a ogni<br />
creatura umana per amore di Dio e confess<strong>in</strong>o di essere cristiani»); e la loro esistenza<br />
evangelica dovrà avere la forma della fraternità “cortese”. Francesco man<strong>da</strong> i suoi frati<br />
<strong>in</strong>ter Saracenos a condizione che non si comport<strong>in</strong>o come stranieri, ma che vivano con<br />
e come la gente. I documenti papali, quando parlavano dei musulmani, li chiamavano<br />
“cani” o “gente cattiva”; egli è <strong>in</strong>vece conv<strong>in</strong>to che il dialogo sia possibile solo nel<br />
rispetto dell’altro.<br />
Francesco ha <strong>una</strong> mano tesa a Oriente, verso l’Islam e l’altra a Occidente, alla Provenza<br />
dove erano <strong>in</strong> molti a condividere le sue nozze mistiche con la Povertà: i poveri<br />
di Lione, i seguaci di Pietro Valdo, i Catari, i Patar<strong>in</strong>i, gli Albigesi. Proprio quella<br />
Provenza cui erano arrivati, risalendo <strong>da</strong> sud-ovest, gli Arabi.<br />
Le traduzioni<br />
Per trasmettere e diffondere il sapere è necessaria la conoscenza della l<strong>in</strong>gua del<br />
dest<strong>in</strong>atario: i predicatori hanno bisogno di impararla, mentre gli studiosi possono<br />
avvalersi di traduzioni, a patto che esse rispecch<strong>in</strong>o fedelmente l’orig<strong>in</strong>ale.<br />
Antesignano della moderna traduzione (quella letterale del testo) è Sever<strong>in</strong>o Boezio,<br />
dopo il quale essa diventa la norma per le opere scientifiche e filosofiche. Il desiderio<br />
di Boezio di un “trasferimento del sapere” (translatio studii) <strong>da</strong>l greco al lat<strong>in</strong>o nel<br />
sesto secolo, non si realizzò per la sua morte precoce e <strong>da</strong>lla mancanza di successori<br />
immediati: ma la sua aspirazione venne ripresa e ampiamente soddisfatta a partire<br />
proprio <strong>da</strong>l IX secolo. In Europa si torna a <strong>leggere</strong> Aristotele e Platone grazie alle traduzioni<br />
che ne fecero i musulmani, soprattutto tra l’800 e il 900, presso la Casa della<br />
scienza voluta <strong>da</strong>l Califfo Al Ma’amun a Bag<strong>da</strong>d. Portati verso Oriente <strong>da</strong>lle armate<br />
di Alessandro il Grande o <strong>da</strong> sette cristiane come i Nestoriani, i testi dell’ellenismo<br />
furono conosciuti prima nella loro versione siriaca o persiana, qu<strong>in</strong>di tradotti <strong>in</strong> arabo,<br />
la l<strong>in</strong>gua di un popolo che si estendeva <strong>da</strong>ll’Iran all’An<strong>da</strong>lusia. Ma i musulmani non<br />
erano semplici conservatori del sapere greco: furono geniali lettori e traduttori che,<br />
entrando <strong>in</strong> contatto anche con la scienza <strong>in</strong>diana e c<strong>in</strong>ese, elaborarono <strong>una</strong> scienza<br />
nuova, con un forte taglio sperimentale.<br />
Se consideriamo la cultura dell’Europa e del Mediterraneo negli ultimi duemila<br />
anni, possiamo <strong>in</strong>dividuare tre momenti nevralgici:<br />
8. “Per dies aliquot ipsum sibi et suis Christi fidem praedicantem attentissime audivit”. L’<strong>in</strong>contro,<br />
riportato <strong>da</strong> numerose fonti francescane, ha lasciato tracce prima nel capitolo 16 della<br />
Regola non bollata (del 1221) e successivamente, anche se con m<strong>in</strong>ore efficacia, nel capitolo 12<br />
della Bollata (1223). A ogni modo già nel XII secolo il rabb<strong>in</strong>o Beniam<strong>in</strong>o di Tutela, nei suoi<br />
It<strong>in</strong>eraria, ci aveva lasciato testimonianza degli amichevoli rapporti tra cristiani e musulmani,<br />
descrivendo con dovizia di particolari sia contatti di tipo commerciale (Montpellier, Costant<strong>in</strong>opoli,<br />
Alessandria), che semplici ambascerie presso le corti del levante.<br />
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