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IL LIBRO DEL PROFETA ISAIA - Casa Editrice HILKIA

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<strong>IL</strong> <strong>LIBRO</strong> <strong>DEL</strong> <strong>PROFETA</strong> <strong>ISAIA</strong><br />

Introduzione<br />

L’appellativo di profeta è di grande effetto per quanti lo comprendono sebbene, agli<br />

occhi del mondo, molti di coloro che furono in tal modo insigniti apparirono come persone<br />

alquanto severe. Un profeta è colui che ha un rapporto molto intimo col cielo, un<br />

grande interesse in tutto ciò che riguarda le realtà divine e, di conseguenza, possiede<br />

un’autorità di conduttore sulla terra. La Profezia è un elemento importante in ogni rivelazione<br />

divina (2 P 1:20, 21), poiché queste erano comunemente trasmesse mediante<br />

sogni, voci o visioni, prima ai profeti e poi, per loro mezzo, ai figli degli uomini (Nu<br />

12:6). Una volta Dio ha parlato egli stesso alle migliaia di Israeliti dalla cima del<br />

Monte Sinai, ma l’effetto fu talmente potente da essere insostenibile, al punto che essi<br />

implorarono Dio di non parlargli piú allo stesso modo in futuro, ma tramite uomini<br />

come loro, in modo che spavento di me non potrà quindi sgomentarti, e il peso della<br />

mia autorità non ti potrà schiacciare (Gb 33:7). Dio approvò la richiesta (tutto quello<br />

che hanno detto, sta bene, dice il Signore, De 5:27, 28), e il fatto fu dunque stabilito<br />

per consenso da entrambe le parti, vale a dire che non dovremo mai piú aspettarci di<br />

ascoltare un messaggio da Dio in quello stesso modo, ma mediante dei profeti che ricevono<br />

istruzioni da Dio per trasmetterle alla Sua Chiesa. Prima che il sacro canone<br />

dell’Antico Testamento iniziasse a essere scritto vi furono appunto dei profeti che fungevano<br />

da Bibbia per la Chiesa. Il nostro Salvatore sembra riconoscere Abele fra i profeti<br />

(Mt 23:31, 35). Enoc era un profeta; e per mezzo di lui vi fu la predizione del giudizio<br />

di tutte le opere degli empi negli ultimi tempi, ossia il giudizio del gran giorno.<br />

In Giuda 1:14 è riportato: Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi. Noè era<br />

un predicatore di giustizia. Dio disse di Abraamo: È profeta (Ge 20:7). Giacobbe predisse<br />

cose che dovevano accadere (Ge 49:1). Tutti i patriarchi sono chiamati profeti.<br />

Nel Salmo 105:15 ci è riferito: Non fate alcun male ai miei profeti. Mosè fu, al di sopra<br />

di ogni altro, il piú illustre dei profeti dell’Antico Testamento, poiché con lui il Signore<br />

parlò faccia a faccia (De 34:10). Egli fu il primo profeta a scrivere, e per sua mano furono<br />

stabilite le fondamenta dei primi scritti sacri. Anche coloro che furono chiamati a<br />

essere i suoi assistenti nel comando avevano lo spirito di profezia, infatti in quel periodo<br />

vi era un’abbondante effusione di tale spirito (Nu 11:25). Dopo la morte di Mosè,<br />

però, per molte epoche, lo Spirito del Signore apparve e agí nella Chiesa di Israele piú<br />

come uno spirito bellico che profetico, ispirando gli uomini piú ad agire che a parlare;<br />

mi riferisco al periodo dei Giudici. Possiamo notare che lo Spirito del Signore scende<br />

su Otniel, Gedeone, Sansone e altri, per offrire servizio alla loro nazione, con la spada<br />

e non con la penna. Furono poi mandati dei messaggi dal cielo per mezzo di angeli,<br />

come a Gedeone, a Manoa e al popolo (Gc 2:1). In tutto il libro dei Giudici non compare<br />

neppure una volta il termine profeta, soltanto Debora viene chiamata profetessa.<br />

In quel periodo la Parola del Signore era quindi preziosa; non vi era manifestazione di<br />

chiare visioni (1 S 3:1). Essi avevano la legge di Mosè, appena scritta; potevano studiarla.<br />

Eppure in Samuele la profezia fu ristabilita, e il suo periodo corrisponde a un’epoca<br />

celebre, in cui ebbe vita la Chiesa, un tempo di grande luminosità, caratterizzato<br />

da una successione costante e ininterrotta di profeti, fino a poco dopo la cattività, momento<br />

in cui il canone dell’Antico Testamento fu completato con Malachia, quando la<br />

profezia cessò per quasi quattrocento anni, fino alla venuta del Grande Profeta e del<br />

suo predecessore. Alcuni profeti sono stati ispirati divinamente a scrivere le storie della<br />

Chiesa, ma non hanno messo il proprio nome su quegli scritti; come prova essi hanno<br />

soltanto fatto riferimento ai documenti autentici del loro tempo che erano già noti come


Isaia 2<br />

Introduzione<br />

scritti profetici, opere di profeti, come Gad, Iddo, e altri ancora. Davide e altri erano<br />

profeti che hanno scritto cantici sacri a uso della Chiesa. Dopo di loro possiamo spesso<br />

leggere di profeti inviati in luoghi particolari e suscitati per cause e servizi pubblici<br />

speciali, fra i quali i piú famosi sono stati, nel Regno d’Israele, Elia ed Eliseo. Nessuno<br />

di questi, però, mise le proprie profezie per iscritto, né possediamo oggi alcun resto dei<br />

loro scritti, eccetto alcuni frammenti nelle storie del loro tempo; non c’è nulla dei loro<br />

scritti (almeno che io possa ricordare) fatta eccezione della menzione di uno scritto di<br />

Elia (2 Cr 21:12). Tuttavia, verso la fine del Regno di Giuda e di Israele, è piaciuto a<br />

Dio guidare i suoi profeti servitori a scrivere e pubblicare alcuni dei loro sermoni, o<br />

parti di essi. La datazione di molte delle loro profezie è alquanto incerta, ma la piú antica<br />

risale ai giorni di Uzzia, re di Giuda, e di Geroboamo II, re di Israele e suo contemporaneo,<br />

circa duecento anni prima della cattività e non molto tempo dopo che Ioas<br />

aveva ucciso Zaccaria, figlio di Ieoiada, nei cortili del Tempio. Se uccidono i profeti,<br />

non potranno però eliminare le loro profezie; queste rimarranno come testimoni contro<br />

gli uccisori. Osea è stato il primo dei profeti-scrittori; Gioele, Amos e Abdia hanno<br />

pubblicato le proprie profezie quasi allo stesso tempo. Isaia invece ha cominciato un<br />

po’ di tempo dopo, non molto, ma la sua profezia viene posizionata all’inizio perché è<br />

la piú lunga e contiene maggiori informazioni su Colui al quale tutti i profeti rendono<br />

testimonianza; anzi parla talmente tanto di Cristo da essere giustamente indicato come<br />

Profeta Evangelico, e, da alcuni antichi, come un quinto Evangelista. In questo contesto<br />

sarà presentato il titolo generale del libro (Is 1:1) e ci accingeremo a osservare soltanto<br />

alcune caratteristiche a proposito,<br />

I. Del profeta. Egli faceva parte (se vogliamo credere alle tradizioni dei Giudei)<br />

della famiglia reale, poiché suo padre era fratello (cosí sostengono) del re Uzzia. In<br />

ogni caso egli frequentava spesso l’ambiente di corte, in particolare durante il tempo<br />

di Ezechia, come possiamo esaminare nella sua storia, e molti ritengono che il suo stile,<br />

maggiormente insolito e aggraziato di quello di altri profeti dipenda proprio da questo<br />

fatto. Il suo linguaggio si presenta, in alcuni casi, anche eccessivamente elevato e superiore.<br />

A volte lo Spirito di Dio realizzò il Suo scopo tramite la particolare genialità<br />

del profeta, poiché i profeti non erano semplicemente dei passivi strumenti parlanti, attraverso<br />

i quali lo Spirito si esprimeva, ma erano delle persone che si esprimevano,<br />

mediante i quali lo Spirito comunicava, usando le loro capacità naturali, nel rispetto<br />

della loro personalità ma elevandoli al di sopra di loro stessi.<br />

II. Della profezia. Si tratta di qualcosa di trascendentalmente eccellente e utile; fu<br />

cosí per la Chiesa di Dio di quei tempi, per convincere di peccato, per guidare nel servizio<br />

e per consolare nei momenti di difficoltà. Si fa qui riferimento a due grandi afflizioni<br />

della Chiesa, e al conforto ricevuto in rapporto a esse: quella dovuta all’invasione<br />

di Sennacherib, avvenuta ai suoi giorni, e quella della cattività in Babilonia, che<br />

avvenne molto tempo dopo. Nel sostegno e negli incoraggiamenti offerti in ciascuno<br />

di questi periodi di bisogno possiamo trovare abbondante evidenza della grazia<br />

dell’Evangelo. Non vi sono tante citazioni negli Evangeli delle profezie dell’Antico<br />

Testamento quante ve ne sono di questo; e neppure si può trovare, negli altri libri, una<br />

testimonianza altrettanto chiara del Cristo, della Sua nascita da una vergine (Is 7) e<br />

delle Sue sofferenze (Is 53). L’inizio del libro contiene numerose riprensioni per il peccato<br />

e minacce di giudizio, la parte finale è invece ricca di parole incoraggianti e favorevoli.<br />

È questo il metodo formalmente adoperato dallo Spirito di Cristo nei profeti<br />

allora e ancora oggi, quello di convincere prima e poi di confortare; coloro che vogliono<br />

essere benedetti col conforto devono prima sottomettersi al convincimento.<br />

Senza dubbio, Isaia diede vita a un gran numero di sermoni e trasmise al popolo molti<br />

messaggi che non sono riportati in questo libro, come nel caso di Cristo, e probabil-


Peccati e sofferenze del popolo 3<br />

Isaia 1:1<br />

mente questi sermoni sono stati trasmessi con piú parole e, forse, particolari di quanto<br />

è riportato qui, ma ci è stata lasciata la quantità che la Sapienza Infinita ha ritenuto giusta<br />

e sufficiente per trasmetterci da dove derivano i limiti del mondo; e queste profezie,<br />

cosí come le storie di Cristo, sono state scritte affinché possiamo credere nel nome<br />

del Figlio di Dio e, credendo, possiamo avere vita nel Suo nome; poiché l’Evangelo è<br />

stato qui predicato a noi come a loro che hanno vissuto allora, e ancora piú chiaramente.<br />

Possa, tutto ciò, essere ritenuto come fede!<br />

CAPITOLO 1<br />

Il primo verso di questo capitolo è inteso come<br />

titolo per l’intero libro, ed è probabile che questo<br />

sia stato il primo sermone che il profeta abbia dovuto<br />

preparare e pubblicare per iscritto, appuntandolo<br />

alla porta del Tempio (secondo il pensiero di<br />

Calvino in merito all’abitudine di quell’epoca),<br />

cosí come ai nostri giorni è uso esporre annunci in<br />

luoghi pubblici, in modo che tutti possano leggerli<br />

(Ac 2:2). Chi voleva, poteva farsi delle copie, mentre<br />

l’originale veniva, dopo un po’ di tempo, conservato<br />

dai sacerdoti fra i documenti del Tempio. Il<br />

sermone contenuto in questo capitolo possiede:<br />

I. Una vasta accusa, nel nome di Dio, contro la<br />

chiesa giudaica e la nazione, a causa della:<br />

1. Loro ingratitudine (vv. 2, 3).<br />

2. Loro ribellione (v. 5). Per la corruzione universale<br />

e degenerazione del popolo (vv. 4, 6, 21,<br />

22). Per la perversione della giustizia da parte dei<br />

loro regnanti (v. 23).<br />

II. Una triste lamentela per i giudizi di Dio,<br />

che essi avevano attirato su se stessi con i loro<br />

peccati, e a causa dei quali erano giunti quasi alla<br />

distruzione completa (vv. 7-9).<br />

III. Una giusta repulsione di quegli spettacoli<br />

e ombre di religione che essi rispettavano in<br />

mezzo a loro, nonostante l’apostasia e la defezione<br />

generale (vv. 10-15).<br />

IV. Un accorato appello al pentimento e al rinnovamento,<br />

con la prospettiva di scelta fra la vita<br />

e la morte, la vita nel caso in cui avessero raccolto<br />

l’appello rivoltogli e la morte se non l’avessero<br />

fatto (vv. 16-20).<br />

V. Una minaccia di rovina per coloro che non<br />

erano disponibili al rinnovamento (vv. 24, 28-31).<br />

VI. Una promessa di una gioiosa riforma finale,<br />

e un ritorno all’originaria purezza e prosperità<br />

(vv. 25-27). Tutto ciò deve essere da noi applicato,<br />

non solo nell’ambito delle comunità di cui<br />

siamo parte, per il loro interesse pubblico, ma<br />

anche allo stato della nostra anima.<br />

1:1<br />

Troviamo,<br />

I. Il nome del profeta, Isaia, o<br />

Jesahiahu (cosí in Ebraico), che, nel<br />

Nuovo Testamento legge Esaias. Il suo<br />

nome indica la salvezza del Signore – un<br />

nome adeguato a un profeta tramite il<br />

quale Dio offre conoscenza di salvezza al<br />

suo popolo, particolarmente nel caso di<br />

questo profeta, che profetizza ampiamente<br />

di Gesú, il Salvatore, e della<br />

grande salvezza da lui provveduta. Egli è<br />

descritto come figlio di Amots, non di<br />

Amos il profeta (i due nomi in Ebraico<br />

differiscono piú di quanto non lo facciano<br />

in Italiano), ma, secondo i Giudei, di<br />

Amots il fratello o figlio di Amazia re di<br />

Giuda. Si tratta di una tradizione incerta,<br />

cosí come lo è la presenza di una regola<br />

secondo la quale quando di un profeta veniva<br />

citato il padre, anche quest’ultimo lo<br />

era. I discepoli e successori dei profeti<br />

sono spesso definiti loro figli, ma vi sono<br />

alcuni casi, pochi, in cui troviamo che i<br />

loro propri figli sono stati loro successori.<br />

II. La natura della profezia. Si tratta di<br />

una visione, rivelata al profeta sveglio,<br />

che ha l’occhio aperto, che ode le parole<br />

di Dio, che contempla la visione<br />

dell’Onnipotente (secondo le parole di<br />

Balaam, Nu 24:4), sebbene forse all’inizio<br />

non si trattasse di una visione sorprendente<br />

quanto quella ricevuta in seguito<br />

(Is 6:1). I profeti furono chiamati<br />

veggenti, o uomini che vedevano, ecco<br />

perché le loro profezie erano giustamente<br />

chiamate visioni. Ciò che il profeta vedeva<br />

con gli occhi della mente, e prevedeva<br />

chiaramente per rivelazione divina,<br />

era sicuro, apprezzato e influente, proprio<br />

come se fosse stato visto con gli occhi fisici.<br />

Notiamo che,<br />

1. I profeti di Dio constatavano quello<br />

di cui parlavano, sapevano ciò che dicevano,<br />

e chiedevano di credere in nulla di<br />

piú di quanto essi stessi credevano ed<br />

erano certi (Gv 6:69; 1 Gv 1:1).


Isaia 1:2-9 4 Peccati e sofferenze del popolo<br />

2. Essi non potevano che parlare di<br />

quello che vedevano, perché capivano<br />

quanto quelli attorno a loro ne avevano<br />

bisogno (At 4:20; 2 Co 4:13).<br />

III. L’argomento della profezia. Si<br />

tratta di quello che il profeta vide a proposito<br />

di Giuda e Gerusalemme, il paese<br />

delle due tribú, e la città che era la loro<br />

metropoli; c’è poco in essa che riguarda<br />

Efraim o le dieci tribú, di cui si parla invece<br />

tanto nella profezia di Osea. In questo<br />

libro vi sono alcuni capitoli che trattano<br />

di Babilonia, dell’Egitto, di Tiro, e di<br />

alcune delle nazioni vicine, ma prende il<br />

suo titolo da ciò che è l’argomento principale<br />

in esso, e perciò è conosciuto come<br />

libro riguardante Giuda e Gerusalemme,<br />

mentre le altre nazioni vengono descritte<br />

come popoli con cui i Giudei avevano a<br />

che fare. Isaia parla di loro in un modo<br />

speciale, usando:<br />

1. Istruzione, in quanto è prerogativa<br />

di Giuda e Gerusalemme, essendo stato<br />

dato a loro il privilegio degli oracoli di<br />

Dio.<br />

2. Riprensione e minaccia, poiché se in<br />

Giuda, dove Dio era conosciuto, se in<br />

Salem, dove il suo nome era grande, si<br />

fosse trovata l’iniquità, allora gli abitanti<br />

di questi luoghi ne avrebbero dovuto render<br />

conto prima degli altri.<br />

3. Conforto e incoraggiamento nei momenti<br />

difficili; poiché i figli di Sion avrebbero<br />

dovuto essere gioiosi nel loro Re.<br />

IV. La datazione della profezia. Isaia<br />

profetizzò nei giorni di Uzzia, Iotam,<br />

Acaz, e di Ezechia. Con questo fatto sembra<br />

che,<br />

1. Abbia profetizzato per lungo tempo,<br />

specialmente se (come sostengono i<br />

Giudei) egli fu alla fine messo a morte da<br />

Manasse, in modo crudele, segato in due,<br />

alla quale morte alcuni pensano che l’apostolo<br />

Paolo si riferisce (Eb 11:37).<br />

Dall’anno della morte del re Uzzia (Is<br />

6:1) alla morte e guarigione di Ezechia<br />

trascorsero quarantasette anni; non si sa<br />

quanto egli abbia profetizzato prima e<br />

dopo; alcuni pensano abbia profetizzato<br />

per sessanta, altri settanta anni in tutto.<br />

Era un onore per lui e una gioia per la sua<br />

nazione che egli continuasse cosí a lungo<br />

nel suo utile servizio; e dobbiamo immaginare<br />

che abbia cominciato quando era<br />

ancora giovane e che terminò quando era<br />

abbastanza vecchio. I profeti non erano limitati,<br />

come lo erano i sacerdoti, dall’età,<br />

per l’inizio e il termine del proprio servizio.<br />

2. Abbia attraversato diversi periodi.<br />

Iotam era un buon re, ed Ezechia lo era<br />

ancora di piú, provvedendo entrambi,<br />

senza dubbio, incoraggiamento e ascolto<br />

a questo profeta. Essi furono per lui come<br />

dei protettori, e lui fece loro da consulente<br />

privato, ma nel periodo intermedio,<br />

quando Isaia era al meglio del suo percorso,<br />

il regno di Acaz si dimostrò oltremodo<br />

empio e malvagio. In quel periodo<br />

non v’è dubbio che egli non fu ben visto<br />

a corte ed è molto probabile che fu costretto<br />

a fuggire. Gli uomini e i ministri<br />

pii devono aspettarsi dei periodi difficili<br />

in questo mondo, e devono prepararsi ad<br />

affrontarli. In quel periodo la religione era<br />

cosí svalutata e ostacolata a tal punto che<br />

le porte della casa del Signore furono<br />

chiuse, e al loro posto furono eretti altari<br />

idolatri in ogni angolo di Gerusalemme;<br />

Isaia, con tutta la sua divina eloquenza e i<br />

messaggi ricevuti direttamente da Dio<br />

stesso, non poté farci nulla. I più opportuni<br />

tra gli uomini e i migliori ministri<br />

non possono certo compiere nel mondo<br />

tutto il bene che vorrebbero.<br />

1:2-9<br />

Speriamo di incontrare una scena piú<br />

luminosa e piacevole prima di giungere<br />

alla fine di questo libro, ma effettivamente<br />

qui, all’inizio, ogni cosa a proposito<br />

di Giuda e Gerusalemme sembra davvero<br />

cupa, negativa e malvagia. In quale<br />

condizione di aridità si troverà il mondo<br />

se la Chiesa, la vigna, avrà il suo stesso<br />

terribile aspetto?<br />

I. Sebbene parlasse nel nome di Dio, il<br />

profeta, disperando di guadagnarsi l’ascolto<br />

del popolo, si rivolge al cielo e alla<br />

terra, e richiama la loro attenzione (v. 2):


Peccati e sofferenze del popolo 5<br />

Isaia 1:2-9<br />

Udite, o cieli! E tu, terra, presta orecchio!<br />

Le creature inanimate, che osservano la<br />

legge e rispondono alla fine della loro<br />

creazione, avrebbero ascoltato piú presto<br />

di questo popolo stolto e insensibile.<br />

Possano le luci del cielo vergognarsi della<br />

loro mancanza di luce, e la produttività<br />

della terra la sua mancanza di frutto, e la<br />

loro puntualità nel tempo della propria irregolarità.<br />

Mosè inizia proprio cosí in<br />

Deuteronomio 32:1, e a questo si riferisce<br />

il profeta, intimando che erano ormai<br />

giunti quei tempi predetti da Mosè (De<br />

31:29). Oppure questo è un appello al<br />

cielo e alla terra, agli angeli e poi agli abitanti<br />

del mondo superiore e di quello inferiore.<br />

Giudichino fra Dio e la sua vigna:<br />

potrebbe l’uno o l’altra produrre un tal<br />

grado di ingratitudine? Notiamo: Dio sarà<br />

giustificato nel suo parlare ed entrambi, il<br />

cielo e la terra, dichiareranno la sua giustizia<br />

(Mi 6:1-2; Sl 50:6).<br />

II. Egli li accusa di una fondamentale<br />

irriconoscenza, crimine di maggiore gravità.<br />

Addita un uomo come ingrato, e non<br />

potrai dirgli di peggio. Possano il cielo e<br />

la terra ascoltare e stupire in merito a:<br />

1. Le opere misericordiose di Dio nei<br />

riguardi di un popolo talmente irritabile e<br />

offensivo: «Io li ho nutriti e fatti crescere<br />

come figli, sono stati ben cibati e ben<br />

istruiti (De 32:6)»; «Io li ho resi grandi ed<br />

esaltati» (e alcuni), «non solo li ho fatti<br />

crescere ma li ho anche resi grandi, non<br />

solo li ho sostenuti ma li ho preferiti, non<br />

solo li ho istruiti ma li ho condotti in<br />

alto». Consideriamo: Noi dobbiamo la<br />

continuità della nostra vita e delle nostre<br />

comodità, nonché di ogni nostro successo<br />

e miglioramento, alla cura paterna e alla<br />

gentilezza di Dio verso di noi.<br />

2. La loro condotta malvagia verso di<br />

Lui, che era cosí amorevole nei loro confronti:<br />

«Essi si sono ribellati a me» o<br />

(come alcuni lo rendono) «essi si sono<br />

voltati via da me; mi hanno disertato,<br />

sono stati dei traditori contro la mia corona<br />

e la mia dignità». Notiamo: Tutte le<br />

opere del favore di Dio verso di noi, del<br />

Dio sia della nostra natura che del nostro<br />

benessere, non fanno che aggravare le nostre<br />

infedeltà e separazioni da Lui, la nostra<br />

presuntuosa opposizione a lui - figli<br />

eppure ribelli!<br />

III. Egli attribuisce ciò alla loro ignoranza<br />

e mancanza di considerazione (v.<br />

3): Il bue conosce il suo possessore, e l’asino<br />

la greppia del suo padrone, ma<br />

Israele non ha conoscenza. Osservare:<br />

1. La sagacia del bue e dell’asino, che<br />

non sono soltanto delle creature irragionevoli,<br />

ma del tipo piú ottuso, eppure il<br />

bue ha un senso del dovere e di servizio<br />

derivante dal conoscere il suo padrone, ha<br />

un senso di sottomissione al suo giogo e<br />

al compito che possiede; l’asino ha un tal<br />

senso di interesse nel conoscere la mangiatoia<br />

del suo padrone, dove viene cibato,<br />

e nel dimorarvi che vi si recherebbe<br />

da solo se fosse lasciato libero. L’uomo è<br />

giunto al punto di doversi vergognare al<br />

confronto della conoscenza e comprensione<br />

di questi semplici animali, e non è<br />

invitato a imparare da loro (Pr 6:6, 7), ma<br />

a modelli ancora inferiori (Gr 8:7), ci fa<br />

piú intelligenti delle bestie dei campi (Gb<br />

35:11) eppure ha meno conoscenza.<br />

2. La miseria e stoltezza di Israele. Dio<br />

è il loro Signore e Possessore. È Dio che<br />

ci ha fatti, e noi siamo suoi piú di quanto<br />

i nostri buoi possono essere nostri; Egli<br />

ha provveduto convenientemente per noi,<br />

la Provvidenza è prerogativa del nostro<br />

Signore, eppure molti che sono chiamati<br />

popolo di Dio non conoscono e non vogliono<br />

considerare questa verità, e chiedono:<br />

«Cos’è l’Onnipotente che dovremmo<br />

servirlo? Non è il nostro padrone;<br />

e quale profitto avremo se preghiamo<br />

Lui? Egli non possiede alcuna<br />

mangiatoia alla quale possiamo cibarci».<br />

Egli si lamentava (v. 2) dell’ostinatezza<br />

della loro volontà: Essi si sono ribellati a<br />

me. A questo punto risale alle cause:<br />

«Perciò si sono ribellati perché non hanno<br />

conoscenza, non hanno discernimento».<br />

La comprensione è oscurata, e dunque<br />

l’anima intera è alienata da Dio (Ef 4:18).<br />

«Israele non ha conoscenza, sebbene la<br />

loro terra sia terra di luce e conoscenza; in


Isaia 1:2-9 6 Peccati e sofferenze del popolo<br />

Giuda Dio è conosciuto, eppure, poiché<br />

non sono coerenti con quello che<br />

conoscono, in effetti è come se non conoscessero<br />

affatto. Essi conoscono ma<br />

la loro conoscenza non serve loro a<br />

nulla perché non prendono in considerazione<br />

ciò che sanno e non l’applicano<br />

alla loro vita, alle loro situazioni,<br />

né prendono sul serio tale sapere».<br />

Notiamo:<br />

(a) Perfino fra coloro che si professano<br />

parte del popolo di Dio, che hanno effettivamente<br />

i vantaggi e i legami del suo<br />

popolo, ve ne sono molti che non se ne<br />

curano affatto, trascurando le realtà della<br />

loro anima.<br />

(b) Trascurare di prendere in considerazione<br />

ciò che conosciamo è altrettanto<br />

dannoso, nel campo religioso, di quanto<br />

non lo sia l’ignoranza e la mancanza di<br />

conoscenza di ciò che dovremmo sapere.<br />

(c) Le persone voltano le spalle a Dio<br />

e si ribellano a Lui, perché non conoscono<br />

e non considerano o non hanno discernimento<br />

dei doveri che hanno nei confronti<br />

di Dio, della gratitudine e dell’interesse<br />

che gli devono.<br />

IV. Dio si lamenta della perversità e<br />

corruzione universale della loro Chiesa e<br />

del loro regno. La malattia del peccato era<br />

epidemica, e tutti gli ordini e le regole<br />

degli uomini erano infetti da tale cattiva<br />

tendenza, nazione peccatrice! (v. 4). Il<br />

profeta fa cordoglio al posto di coloro che<br />

non mostravano alcun dolore: Poveri<br />

loro! Guai a loro! Egli parla con una santa<br />

indignazione in seguito alla loro depravazione,<br />

con sofferenza e timore per le conseguenze<br />

di questa condizione.<br />

Osserviamo a questo punto:<br />

1. In che modo gli fa pesare il loro peccato,<br />

mostrando la malvagità che vi era in<br />

esso (v. 4).<br />

(a) L’iniquità era universale. Essi<br />

erano una nazione peccatrice; il popolo<br />

era in generale malvagio e profano, lo<br />

erano come nazione intera. Erano corrotti<br />

nella pratica dei loro negoziati con le altre<br />

nazioni, come nell’amministrazione della<br />

pubblica giustizia nella loro stessa na-<br />

zione. Notiamo: un popolo diventa malvagio<br />

quando il peccato diventa nazionale.<br />

(b) Era una questione molto grave e<br />

abominevole nella sua stessa natura. Era<br />

un popolo carico d’iniquità; la colpa di<br />

tali iniquità e la maledizione risultante da<br />

tale colpa pesava sul loro capo, era un’accusa<br />

pesante contro di loro, e un’accusa di<br />

cui non avrebbero mai potuto liberarsi; la<br />

loro malvagità era su di loro come una<br />

piastra di piombo (Za 5:7, 8). Dal momento<br />

che essi se ne facevano facilmente<br />

sopraffare, anzi, erano molto inclini a<br />

esso (Eb 12:1), il loro peccato gravava su<br />

di loro.<br />

(c) Essi erano il frutto di una razza<br />

malvagia, erano figli corrotti! L’inganno<br />

fluiva nelle loro vene, era il loro consueto<br />

modo di vivere e perciò la cosa era piú<br />

grave e irritante, e meno curabile. Essi<br />

crebbero prendendo il posto dei loro padri<br />

e seguirono i loro stessi passi, per rendere<br />

l’ira del Signore ancora piú ardente contro<br />

Israele (Nu 32:14). Erano una razza e<br />

una famiglia di ribelli.<br />

(d) Coloro che erano essi stessi dei<br />

corrotti facevano il possibile per corrompere<br />

anche altri. Non soltanto erano dei<br />

figli peccaminosi, nati macchiati, ma<br />

erano dei figli corruttori, che propagavano<br />

l’iniquità e infettavano altri col male<br />

– non erano solo dei peccatori, ma anche<br />

dei tentatori – non solo bersagli di Satana,<br />

ma anche suoi agenti. Se le persone che si<br />

chiamano figli, figli di Dio, segnalati e<br />

considerati come membri della sua famiglia,<br />

si comportano in modo malvagio e<br />

vile, allora il loro esempio diventa la piú<br />

terribile influenza.<br />

(e) Il loro peccato era il tradimento a<br />

causa dell’allontanamento da Dio. Erano<br />

disertori, avevano tradito l’alleanza con<br />

Dio: «Essi hanno abbandonato il Signore,<br />

al quale si erano legati; hanno indietreggiato,<br />

si sono ritirati; si sono alienati o separati<br />

da lui, gli hanno voltato le spalle,<br />

hanno abbandonato la loro bandiera e<br />

smesso il loro servizio». Esortati ad andare<br />

avanti, sono invece proceduti all’in-


Peccati e sofferenze del popolo 7<br />

Isaia 1:2-9<br />

dietro, come una giovenca restia, non abituata<br />

al giogo (Os 4:16).<br />

(f) Si trattava di una sfida impudente e<br />

ardita: Essi hanno provocato il Santo<br />

d’Israele ad ira, volontariamente e con<br />

premeditazione, sapendo cosa l’avrebbe<br />

adirato, l’hanno fatto. Consideriamo:<br />

L’allontanamento di coloro che hanno<br />

professato di essere credenti e in comunione<br />

con Dio è particolarmente offensivo<br />

per Lui.<br />

2. Il modo in cui egli lo illustra mediante<br />

un paragone tratto da un corpo malato,<br />

tutto coperto di lebbra, o, come nel<br />

caso di Giobbe, di piaghe dolorose (v. 5,<br />

6).<br />

(a) La malattia ha afferrato i vitali e<br />

minaccia di essere mortale. Le malattie<br />

nel capo e nel cuore sono le piú pericolose.<br />

Ora il capo, tutto il capo è malato –<br />

il cuore, tutto il cuore è fiacco. Erano diventati<br />

corrotti nel loro giudizio: la lebbra<br />

era nella loro testa; erano completamente<br />

impuri. Il loro affetto per Dio e la loro religione<br />

erano freddi o del tutto svaniti; le<br />

cose che rimanevano erano pronte a svanire<br />

(Ap 3:2).<br />

(b) Si era propagata in tutto il corpo diventando<br />

cosí deleteria ed enormemente<br />

nociva; Dalla pianta del piede fino alla<br />

testa, dal piú semplice contadino al piú<br />

importante nobile, non vi è nessuno sano,<br />

nessun principio sano, nessuna religione<br />

(la salute dell’anima), non rimangono che<br />

piaghe e ferite, colpa e corruzione, i tristi<br />

effetti della caduta di Adamo, affronto al<br />

Santo Dio, dolore per l’anima sensibile;<br />

fu cosí per Davide quando lamentò: Le<br />

mie piaghe sono fetide e purulente per la<br />

mia follia (Sl 38:5; cfr. Sl 32:3, 4).<br />

Nessun tentativo veniva fatto per giungere<br />

a una restaurazione, o, se ne facevano,<br />

erano inefficaci: Le ferite non venivano<br />

ripulite né fasciate, né lenite con<br />

olio. Mentre si rimane in una condizione<br />

in cui non ci si pente del peccato, le ferite<br />

non sono lavate, né medicate e la carne<br />

malata non viene tolta via. Di conseguenza,<br />

mentre il peccato non viene perdonato,<br />

le ferite non sono lenite o rimar-<br />

ginate, e neppure viene fatto qualcosa che<br />

possa fare guarire o evitare le loro conseguenze<br />

fatali.<br />

V. Egli si lamenta tristemente per i giudizi<br />

di Dio che essi avevano attirato su sé<br />

stessi a causa del loro peccato, e del loro<br />

stato di ostinazione alla luce di tali giudizi.<br />

Il loro regno era quasi rovinato (v.<br />

7). Erano in uno stato di tale miseria che<br />

sia le loro città sia le loro terre erano distrutte,<br />

e allo stesso tempo erano cosí<br />

stolti che avevano bisogno che queste<br />

cose fossero loro dette e mostrate. «Venite<br />

a vedere come stanno le cose; Il vostro<br />

paese è desolato; il terreno non è coltivato,<br />

per volere degli abitanti, i villaggi<br />

sono deserti (Gc 5:7). I campi e le vigne<br />

erano diventati come deserti, le spine vi<br />

crescevano dappertutto (Pr 24:31). Le vostre<br />

città sono consumate dal fuoco, per<br />

mano dei nemici invasori» (fuoco e spada<br />

vanno generalmente assieme); «per<br />

quanto riguarda i frutti della vostra terra,<br />

che dovrebbero essere il cibo per le vostre<br />

famiglie, li divorano degli stranieri; e,<br />

cosa ancora piú irritante, ciò avviene sotto<br />

i vostri occhi, e non potete evitarlo. Voi<br />

morite di fame mentre i vostri nemici si<br />

saziano con quello che dovrebbe essere il<br />

vostro sostentamento. La distruzione del<br />

vostro paese è come l’abbattimento degli<br />

stranieri, usato dagli invasori, come ci si<br />

aspetterebbe fosse usato da stranieri». La<br />

stessa Gerusalemme, che era come la figlia<br />

di Sion (il Tempio costruito su Sion<br />

era una madre, una madre amorevole, per<br />

Gerusalemme), o la stessa Sion, la montagna<br />

sacra, preziosa per Dio come una figlia,<br />

era ora perduta, abbandonata ed<br />

esposta come un frascato, una capanna in<br />

una vigna, di cui nessuno si cura piú,<br />

quando la produzione è finita, e che si<br />

presenta severa e spregevole come una<br />

capanna in un campo di cocomeri; e ogni<br />

persona ha timore di avvicinarvisi, ansiosi<br />

di eliminarvi i suoi effetti, come se<br />

fosse una città assediata (v. 8). Alcuni<br />

pensano si tratti di uno stato di calamità<br />

del regno che viene rappresentato come<br />

un corpo malato (v. 6). Probabilmente


Isaia 1:2-9 8 Peccati e sofferenze del popolo<br />

questo sermone fu predicato nel regno di<br />

Acaz, quando Giuda fu invasa dal re di<br />

Siria e dal re di Israele, gli Edomiti e i<br />

Filistei, che ne uccisero molti e ne condussero<br />

altrettanti in cattività (2 Cr 28:5,<br />

17-18). Consideriamo: L’empietà e l’immoralità<br />

a livello nazionale portano a una<br />

desolazione nazionale. La terra di<br />

Canaan, la gloria di tutte le terre, il Monte<br />

Sion, la gioia di tutta la terra, divennero<br />

entrambi una vergogna e una rovina. Era<br />

stato il peccato a renderli cosí, a opera del<br />

grande ingannatore.<br />

2. Eppure non furono tutti riformati, e<br />

quindi Dio minaccia di prendere altri<br />

provvedimenti con loro (v. 5): «Per quale<br />

ragione colpirvi ancora, e aspettarsi di<br />

condurvi a un miglioramento se, in risposta<br />

all’aumento di riprensioni, non fate<br />

che accrescere le vostre ribellioni?<br />

Aggiungereste altre rivolte, come avete<br />

fatto finora», come fece Acaz che, nella<br />

sua distretta, si ribellò ancora di piú al<br />

Signore (2 Cr 28:22). Come il medico non<br />

si preoccupa piú delle cure, quando vede<br />

che il caso del paziente è disperato, o<br />

come il padre non si preoccupa piú di correggere<br />

suo figlio, quando percepisce che<br />

il suo cuore si è indurito ed è incorreggibile,<br />

disponendo semplicemente di diseredarlo.<br />

Osserviamo:<br />

(a) Ci sono coloro che, come esito<br />

delle azioni usate da Dio per farli migliorare,<br />

peggiorano, e piú vengono ripresi e<br />

maggiormente si ribellano; la loro corruzione<br />

invece di essere mortificata, viene<br />

irritata ed esasperata dalle loro afflizioni e<br />

il loro cuore si indurisce gradualmente.<br />

(b) A volte Dio, seguendo il suo giusto<br />

giudizio, cessa di correggere coloro che<br />

sono stati per lungo tempo incorreggibili<br />

e li destina, quindi, alla distruzione.<br />

L’argento di rifiuto sarà gettato via, non<br />

nella fornace, ma nel letamaio (Gr 6:29,<br />

30; cfr. Ez 24:13; Os 4:14). Colui che è<br />

corrotto, sarà abbandonato alla sua corruzione.<br />

VI. Il suo conforto è la considerazione<br />

che vi sarà una rimanenza che esemplificherà<br />

la grazia e la misericordia di Dio,<br />

nonostante la corruzione e desolazione<br />

generali (v. 9). A questo punto possiamo<br />

considerare:<br />

1. Quanto sono stati vicini a un annientamento<br />

totale. Erano quasi come<br />

Sodoma e Gomorra rispetto al peccato e<br />

alla rovina. Il peccato si era talmente sviluppato<br />

che non potevano essere trovati<br />

fra loro neppure dieci uomini retti, ed<br />

erano miserabili al punto tale da essere<br />

considerati tutti condannati a morte, ma il<br />

loro paese divenne come un lago di zolfo.<br />

La giustizia divina diceva: Rendili simili<br />

ad Adma, riducili allo stato di Seboim;<br />

ma la Misericordia diceva: Come potrei<br />

(Os 11:8, 9)?<br />

2. Cos’era che li aveva salvati da questa<br />

rovina? Il Signore lasciò un piccolo<br />

residuo, un rimanente che rimase puro,<br />

incontaminato dall’apostasia comune e al<br />

sicuro, sopravvivendo alla calamità generale.<br />

Questo fatto viene citato dall’apostolo<br />

(Ro 9:27) e applicato a quei pochi<br />

della nazione giudaica che al momento<br />

opportuno abbracciarono il<br />

Cristianesimo, quando il nucleo del popolo<br />

invece lo respinse e nei quali furono<br />

adempiute le promesse fatte ai padri.<br />

Consideriamo:<br />

(a) Quando le situazioni giungono alla<br />

loro condizione peggiore, vi è un residuo<br />

preservato dall’iniquità e riservato alla<br />

misericordia di Dio, come Noè e la sua famiglia<br />

al diluvio, Lot e la sua famiglia<br />

alla distruzione di Sodoma. La grazia divina<br />

trionfa nella distinzione per mezzo di<br />

un atto di sovranità.<br />

(b) Questo residuo è spesso di piccola<br />

entità rispetto al vasto numero di peccatori<br />

ribelli che sono distrutti. La gran moltitudine<br />

non è mai il segno della vera<br />

Chiesa, in quanto il gregge di Cristo è piccolo.<br />

(c) La salvezza e la santificazione di<br />

un certo numero di persone, mentre altri<br />

periscono nelle loro impurità, è opera di<br />

Dio, della sua potenza come Signore degli<br />

eserciti. Se egli non avesse lasciato questo<br />

residuo, non vi sarebbe rimasto nessuno; i<br />

corruttori (v. 4) facevano tutto il possibile


Peccati e sofferenze del popolo 9<br />

Isaia 1:10-15<br />

per contaminare chiunque, e i divoratori<br />

(v. 7) facevano il possibile per distruggere<br />

tutti, e ci sarebbero riusciti se Dio non<br />

fosse intervenuto per assicurarsi un residuo<br />

col compito di dargli tutta la gloria.<br />

(d) È buono che un popolo salvato<br />

dalla distruzione completa guardi indietro<br />

per vedere quanto era vicino, proprio ai limiti<br />

dell’annientamento, e comprendere<br />

quanto sono debitori a pochi uomini retti<br />

che hanno fatto in un certo senso da garanti,<br />

mediatori, e soprattutto quanto sono<br />

debitori a Dio misericordioso che ha lasciato<br />

loro questi pochi uomini retti. È<br />

grazie alla misericordia di Dio che non<br />

siamo consumati.<br />

1:10-15<br />

Ecco,<br />

I. Dio li chiama (ma invano) ad ascoltare<br />

la sua parola (v. 10).<br />

1. Il modo con cui Dio li definisce è<br />

molto insolito: capi di Sodoma e popolo<br />

di Gomorra. Questa definizione indica<br />

quanto sarebbe stato giusto da parte di<br />

Dio giudicarli con la stessa distruzione di<br />

Sodoma e Gomorra (v. 9), proprio perché<br />

si comportavano come gli abitanti di<br />

Sodoma e Gomorra per quanto concerne<br />

il peccato. Gli uomini di Sodoma erano<br />

perversi e grandi peccatori contro il<br />

Signore (Ge 13:13), come pure gli uomini<br />

in Giuda. Se i governanti erano malvagi,<br />

non c’è da meravigliarsi che lo fosse<br />

anche il popolo. I vizi superavano le virtú<br />

poiché i responsabili, gli uomini di rilievo,<br />

erano a essi favorevoli. La loro<br />

forza non era inferiore a quella assicurata<br />

da Dio al residuo (v. 9). I governanti vengono<br />

coraggiosamente attaccati qui dal<br />

profeta, come capi di Sodoma, poiché costui<br />

non ricorreva certo a false lusinghe.<br />

La tradizione dei Giudei dice che per questa<br />

stessa espressione egli fu, molto<br />

tempo dopo, accusato e messo a morte,<br />

come se avesse maledetto gli dèi e parlato<br />

male del capo del suo popolo.<br />

2. Ciò che egli chiedeva da loro è<br />

molto ragionevole: «Ascoltate la parola<br />

del Signore, e prestate orecchio alla legge<br />

del nostro Dio; prestate ascolto a ciò che<br />

Dio ha da dirvi, lasciate che la sua parola<br />

sia legge per voi». L’affermazione che<br />

segue di non gradire i loro sacrifici sarebbe<br />

stata come una nuova legge per<br />

loro, anche se in realtà non era che una diversa<br />

espressione dell’antica legge, con<br />

un riguardo e una considerazione speciale<br />

(Sl 50:7, 8). «Ascoltate e tremate; sentite<br />

e state in guardia».<br />

II. Egli rifiuta giustamente di ascoltare<br />

le loro preghiere e accettare i loro servizi,<br />

i loro sacrifici e olocausti, del grasso e del<br />

sangue degli animali offerti (v. 11), della<br />

loro presenza nei suoi cortili (v. 12), delle<br />

loro oblazioni, del loro incenso, e delle<br />

loro riunioni solenni (v. 13), dei loro noviluni<br />

e delle loro feste stabilite (v. 14), i<br />

loro tentativi piú devoti di avvicinarsi a<br />

lui (v. 15); essi sono tutti respinti perché<br />

le loro mani sono sporche di sangue. A<br />

questo punto è possibile osservare che:<br />

1. Vi sono molte persone che sono<br />

straniere e nemiche del potere della religione,<br />

pur sembrando esteriormente<br />

molto zelanti. Questa nazione peccatrice,<br />

questi figli iniqui, questi capi di Sodoma<br />

e questo popolo di Gomorra, portavano<br />

non agli altari dei falsi dèi (non è questa<br />

l’accusa che gli viene qui resa), ma all’altare<br />

del Dio di Israele, sacrifici, una moltitudine<br />

di immolazioni, quante erano<br />

prescritte dalla legge e ancor di piú, non<br />

soltanto offerte di cui essi potevano avere<br />

la loro parte, ma anche olocausti che venivano<br />

totalmente consumati per portare<br />

onore a Dio; e non portavano animali miseri,<br />

zoppi e malati, ma portavano bestie<br />

in pasto, il loro grasso, il meglio della<br />

loro specie. Inoltre essi non mandavano<br />

altri a porgere le proprie offerte, ma si<br />

presentavano personalmente davanti a<br />

Dio. Rispettavano i luoghi istituiti (né in<br />

luoghi importanti e neppure nei campi,<br />

ma nei cortili di Dio), rispettavano i tempi<br />

istituiti, i noviluni, i sabati, e le feste stabilite,<br />

senza trascurarne nessuna. In piú<br />

essi convocavano riunioni straordinarie e<br />

assemblee solenni per l’adorazione religiosa,<br />

oltre a quelle già stabilite da Dio. E


Isaia 1:10-15 10 Peccati e sofferenze del popolo<br />

non è ancora tutto: essi si presentavano a<br />

Dio non soltanto con le loro osservanze<br />

cerimoniali, ma con pratiche devozionali.<br />

Imploravano, pregavano spesso e molto,<br />

pensando di essere ascoltati per la moltitudine<br />

delle loro parole; erano ferventi in<br />

preghiera e sconvenienti, innalzavano le<br />

loro mani come persone in attesa, ansiose<br />

e accorate. Sulla base di tutte queste caratteristiche<br />

potremmo pensare che essi<br />

siano stati un popolo pio e religioso<br />

(come, senza dubbio, essi si ritenevano),<br />

eppure essi erano ben lontani dall’esserlo,<br />

poiché:<br />

(a) Nel loro cuore non c’era vera devozione.<br />

Essi erano concentrati sull’apparenza<br />

dinanzi a Dio (v. 12), su come<br />

erano visti davanti a lui (possiamo leggerlo<br />

fra le righe); si sentivano tranquilli<br />

nell’assolvere ai doveri e compiti esteriori,<br />

si interessavano solo di come venivano<br />

visti dagli uomini e non ricercavano<br />

che la loro approvazione, accentrandosi<br />

su quanto gli altri possono constatare.<br />

(b) Le loro mani erano piene di sangue;<br />

erano colpevoli di omicidi, rapine e<br />

oppressioni, in nome della legge e della<br />

giustizia. Il popolo spargeva sangue e i<br />

capi non li punivano per quello che facevano.<br />

I capi versavano sangue e il popolo<br />

li aiutava ed era loro complice, come gli<br />

anziani di Izreel lo furono per Izebel nello<br />

spargimento del sangue di Nabot. La malizia<br />

è un omicidio nel cuore agli occhi di<br />

Dio: colui che nel suo cuore odia suo fratello,<br />

in effetti è come se avesse le mani<br />

piene di sangue.<br />

2. Quando i peccatori cadono sotto il<br />

giudizio di Dio, si dedicheranno piú facilmente<br />

alle devozioni che al pentimento,<br />

all’abbandono dei propri peccati, e al rinnovamento<br />

della propria vita. Il loro<br />

paese era ormai desolato, le loro città consumate<br />

dal fuoco (v. 7), e questo li spinse<br />

a portare i propri sacrifici e le proprie offerte<br />

a Dio con ancora maggiore costanza<br />

di prima, come se potessero ingannare<br />

Dio Onnipotente per fargli rimuovere la<br />

punizione e concedere il permesso per<br />

continuare a peccare. Quando li faceva<br />

perire, essi lo cercavano (Sl 78:34).<br />

Signore, essi, nell’angoscia ti hanno cercato<br />

(Is 26:16). Alcuni che sarebbero ben<br />

disposti a rinunciare a qualcosa da sacrificare<br />

non sarebbero invece facilmente persuasi<br />

a rinunciare ai propri peccati.<br />

3. Le devozioni piú sontuose e dispendiose,<br />

da parte di persone malvagie, senza<br />

una vera riforma del cuore e della vita,<br />

sono davvero lontane dall’essere accettevoli<br />

agli occhi di Dio, anzi sono ai suoi<br />

occhi un vero e proprio abominio. Il fatto<br />

che l’ubbidienza val meglio del sacrificio<br />

è mostrato qui con una gran varietà di<br />

espressioni; il sacrificio senza ubbidienza<br />

è un insulto, un affronto e una provocazione<br />

per Dio. Il rifiuto che egli esprime<br />

qui dell’osservanza dei cerimoniali era<br />

un’intimazione tacita di ciò a cui sarebbero<br />

giunti alla fine, spazzati via dalla<br />

morte di Cristo. Ciò che ora aveva poco<br />

valore, al momento opportuno non ne<br />

avrebbe avuto affatto: «Sacrifici e offerte,<br />

e la preghiera emessa in modo passivo, tu<br />

non li gradisci; poi io dissi, ecco, io<br />

vengo». I loro sacrifici qui rappresentati,<br />

sono:<br />

(a) Infruttuosi e insignificanti; Che<br />

m’importa dei vostri numerosi sacrifici<br />

(v. 11)? Sono offerte inutili (v. 13). Invano<br />

mi rendono il loro culto (Mt 15:9). La<br />

loro attenzione verso le istituzioni di Dio<br />

era energia dissipata e non era affatto<br />

prova di buona consapevolezza, perché:<br />

[1] Non era considerata come un atto di<br />

dovere o di ubbidienza a Dio: Chi vi ha<br />

chiesto di contaminare i miei cortili (v.<br />

12)? Non che Dio rinneghi le proprie istituzioni,<br />

o che rifiuti le sue stesse regole;<br />

ma in ciò che facevano essi non avevano<br />

Dio in mente, non guardavano a chi le<br />

aveva richieste; e neppure Dio richiedeva<br />

tale comportamento esteriore da chi possedeva<br />

mani colme di sangue e continuava<br />

impenitente in tale condizione. [2]<br />

Non valeva come garanzia per far guadagnare<br />

il favore di Dio. Egli non si compiaceva<br />

del sangue dei loro sacrifici, perché<br />

non era questo che lo onorava. [3]<br />

Non li risollevava per nulla dalle loro


Peccati e sofferenze del popolo 11<br />

Isaia 1:16-20<br />

colpe. Essi pregano ma Dio non ascolterà<br />

perché essi tramano il male (Sl 66:18);<br />

Egli non li libererà, poiché, sebbene facciano<br />

molte preghiere, nessuna procede<br />

da un cuore retto; tutto il servizio che offrivano<br />

non serviva loro a nulla, anzi era,<br />

(b) Odioso e offensivo. Non solo Dio<br />

non l’accettava, ma lo detestava e aborriva.<br />

«Sono i vostri sacrifici, non sono i<br />

miei; mi sono un peso che sono stanco di<br />

portare». Non ne aveva bisogno (Sl<br />

50:10), e non desiderava tali sacrifici, ne<br />

aveva avuto abbastanza. Il loro entrare nei<br />

suoi cortili egli l’indica come contaminazione,<br />

la loro frequenza nei suoi ordinamenti<br />

era solo motivo di disprezzo; il loro<br />

incenso, anche il piú profumato, era per<br />

lui un’abominazione, poiché bruciava<br />

nell’ipocrisia e nella malvagità di cuore.<br />

Le loro assemblee solenni egli non le poteva<br />

piú sopportare, non aveva piú pazienza<br />

di subire, insieme all’affronto che<br />

essi gli facevano. L’assemblea solenne è<br />

un’iniquità, anche se in sé stessa non lo<br />

era; eppure, il modo in cui essi si incontravano<br />

rendeva la riunione abominevole.<br />

Era una cosa irritante (cosí alcuni leggono),<br />

una provocazione per Dio, vedere<br />

le sue ordinanze prostituite in tal modo,<br />

non solo per mano di gente malvagia ma<br />

anche per scopi malvagi: «L’anima mia<br />

odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite;<br />

mi sono un peso; non li sopporto<br />

piú, e sono un peso che sono stanco di<br />

portare». Dio non si stanca mai di ascoltare<br />

le preghiere del giusto, mentre si<br />

stanca presto dei sacrifici costosi e impegnativi<br />

del malvagio. Egli si nasconde<br />

dalle loro preghiere, proprio come a realtà<br />

avverse o a persone contro le quali è adirato.<br />

Tutto questo per mostrare che: [1] Il<br />

peccato è davvero odioso per il Signore,<br />

al punto da rendere odioso ai suoi occhi<br />

perfino le preghiere degli uomini e il loro<br />

servizio religioso. [2] La misericordia<br />

dissimulata è una doppia iniquità. Fra<br />

tutte le cose, l’ipocrisia nella religione è<br />

la cosa piú abominevole agli occhi di Dio.<br />

Girolamo applica il brano ai Giudei del<br />

tempo di Cristo. Essi mostravano un<br />

grande zelo per la legge e il Tempio, ma<br />

rendevano abominevole le proprie persone<br />

e il proprio servizio davanti a Dio,<br />

perché avevano le mani sporche del sangue<br />

di Cristo e degli apostoli. In tal modo<br />

avevano completato la misura della propria<br />

iniquità.<br />

1:16-20<br />

Anche se Dio aveva respinto il loro<br />

servizio come insufficiente per la redenzione<br />

o la propiziazione dei loro peccati,<br />

poiché essi perseveravano in essi, bisogna<br />

dire che però Dio non li rifiuta come se<br />

fossero in una condizione senza speranza,<br />

ma li chiama a ravvedimento, ad abbandonare<br />

i propri peccati, che avevano ostacolato<br />

proprio l’approvazione del loro<br />

servizio. In tal caso tutto sarebbe stato sistemato.<br />

Non si può dunque dire che Dio<br />

ce l’avesse con loro e niente altro, anzi<br />

egli propose loro un metodo di riconciliazione.<br />

Possiamo osservare una chiamata<br />

al pentimento e al rinnovamento: «Se volete<br />

che i vostri sacrifici siano accettati, e<br />

che le vostre preghiere ricevano risposta,<br />

dovete offrire ogni cosa con il giusto atteggiamento:<br />

Convertitevi alla mia<br />

legge» (cosí la traduzione Caldea comincia<br />

questa esortazione), «fate in modo che<br />

la coscienza faccia parte dei vostri doveri<br />

e compiti, altrimenti non vi aspettate di<br />

essere accettati affatto negli atti della vostra<br />

devozione». Come la giustizia e la carità<br />

non saranno mai l’emendamento dell’ateismo<br />

e dell’essere profani, allo stesso<br />

modo le preghiere e i sacrifici non possono<br />

fare ammenda per la frode e l’oppressione,<br />

poiché la giustizia verso il<br />

prossimo è un ramo della fede pura<br />

quanto la fede verso Dio è un ramo della<br />

giustizia universale.<br />

1. Essi devono smettere di fare il male,<br />

non devono piú commettere errori, spargere<br />

sangue innocente. È questo il significato<br />

di lavarsi e purificarsi (v. 16). Non significa<br />

soltanto rattristarsi per il peccato<br />

commesso, ma spezzare e interrompere la<br />

pratica di esso, smettere di compierlo e<br />

mortificare tutte quelle influenze e dispo-


Isaia 1:16-20 12 Peccati e sofferenze del popolo<br />

sizioni negative che hanno condotto a tali<br />

azioni peccaminose. Il peccato contamina<br />

l’anima. Il nostro compito è di lavarci dal<br />

peccato tramite il pentimento e il ricongiungimento<br />

a Dio; dobbiamo abbandonare<br />

non soltanto quel male o quegli atti<br />

che sono visibili agli occhi del mondo,<br />

trattenendoci dal compiere quei peccati<br />

evidenti e notevoli, ma dobbiamo preoccuparci<br />

anche di quello che solo Dio può<br />

vedere, le radici e le abitudini del peccato,<br />

che sono nel nostro cuore; anche queste<br />

devono essere spezzate e messe a morte.<br />

2. Essi devono imparare a fare il bene.<br />

Questo era necessario per rendere completo<br />

il loro pentimento. Possiamo notare<br />

che non è sufficiente smettere di compiere<br />

il male: dobbiamo imparare a fare il<br />

bene.<br />

(a) Dobbiamo essere in attività, e non<br />

semplicemente smettere di agire nel male<br />

e rimanere inattivi.<br />

(b) Dobbiamo essere attivi nel fare il<br />

bene, il bene che il Signore nostro Dio richiede<br />

e che produrrà un buon risultato; e,<br />

(c) Dobbiamo farlo per bene, con un<br />

giusto atteggiamento e per una giusta<br />

causa;<br />

(d) Dobbiamo imparare a fare il bene,<br />

dobbiamo pagare il duro prezzo dell’impegno<br />

per giungere alla conoscenza del<br />

nostro dovere, essere alla ricerca e interessarci<br />

a esso, e poi abituarci a praticarlo,<br />

in modo da riuscire facilmente a<br />

operare e diventare esperti nelle azioni<br />

sante e oneste. Egli li incita particolarmente<br />

in quegli aspetti del ben fare in cui<br />

erano stati difettosi, quelle azioni non visibili,<br />

private: «Cercate la giustizia; siate<br />

alla ricerca di ciò che è corretto, per farlo,<br />

siate desiderosi di essere trovati attivi nel<br />

vostro dovere, e non camminate superficialmente,<br />

con trascuratezza. Cercate opportunità<br />

per fare il bene: Rialzate l’oppresso,<br />

colui che voi stessi avete afflitto,<br />

liberateli dal loro peso (Is 58:6). Voi che<br />

avete il potere di farlo, usate la vostra capacità<br />

per risollevare coloro che altri opprimono,<br />

perché questo fa parte del vostro<br />

dovere. Vendicate coloro che soffrono in-<br />

giustamente, preoccupandovi in modo<br />

particolare degli orfani e delle vedove, dei<br />

quali, poiché deboli e senza aiuto, approfittano<br />

i piú forti e prepotenti. Siate presenti<br />

a loro favore sia nei locali pubblici<br />

che in luoghi all’aperto, ogni qual volta<br />

ne avete l’opportunità. Parlate in favore di<br />

coloro che non possono difendersi da soli<br />

e che non hanno modo di ricambiarvi e<br />

gratificarvi per la vostra gentilezza».<br />

Consideriamo che noi onoriamo davvero<br />

Dio quando facciamo del bene nel<br />

mondo; gli atti di giustizia e di carità sono<br />

piú graditi a Dio di quanto non lo siano le<br />

offerte, gli olocausti e i sacrifici.<br />

I. Una dimostrazione, per quanto riguarda<br />

la giusta ragione, dell’equità dell’operato<br />

di Dio nei loro confronti: «Poi<br />

venite e discutiamo (v. 18); mentre le vostre<br />

mani sono piene di sangue non vorrò<br />

avere niente a che fare con voi, anche se<br />

mi portate una moltitudine di sacrifici; ma<br />

se vi lavate e vi purificate, siete benvenuti<br />

ad avvicinarvi a me: venite e discutiamone<br />

assieme». Notiamo che coloro, e<br />

soltanto coloro, che spezzano i propri legami<br />

con il peccato, sono benvenuti nel<br />

patto e nella comunione con Dio; Egli<br />

dice: Poi venite, alle persone a cui prima<br />

aveva vietato l’entrata nei suoi cortili. Vi<br />

erano alcuni fra loro che si consideravano<br />

fronteggiati dal giudizio di offesa stabilito<br />

da Dio sulla moltitudine dei loro sacrifici<br />

(cfr. Gm 4:8), come riporta Isaia 58:3:<br />

Quando abbiamo digiunato (dicevano),<br />

non ci ha visti? E rappresentavano Dio<br />

come un Padrone severo e impossibile da<br />

soddisfare. «Venite» dice Dio, «discutiamo<br />

assieme, con onestà, dell’argomento,<br />

e sono certo che concluderemo<br />

che le mie vie sono giuste, mentre le vostre<br />

non lo sono (Ez 18:25)». Bisogna osservare<br />

che la religione ha dalla sua parte<br />

la ragione, vi sono tutte le ragioni al<br />

mondo per cui noi dovremmo fare ciò che<br />

Dio ci dice. Il Dio del cielo accetta di ragionare<br />

del caso con quelli che lo contraddicono<br />

e non trovano giusto quanto<br />

egli stabilisce; perché egli è giusto<br />

quando parla e giudica (Sl 51:4). Il caso


Peccati e sofferenze del popolo 13<br />

Isaia 1:16-20<br />

deve soltanto essere preso in considerazione<br />

e affermato (molto onestamente) ed<br />

esso proverà di essere corretto. Dio mostra<br />

quali erano le loro condizioni (come<br />

le sue, Ez 18:21-24; Ez 33:18-19) e poi<br />

lascia a loro giudicare se i presupposti<br />

erano legittimi o meno.<br />

1. Ragionevolmente, se si pentivano e<br />

cambiavano direzione, essi non potevano<br />

aspettarsi di piú che essere accolti nuovamente<br />

nel favore di Dio, nonostante le<br />

loro precedenti provocazioni. «Potete<br />

aspettarvi questo» dice Dio, ed è molto<br />

gentile da parte sua; chi poteva avere la<br />

faccia di desiderare ciò tramite qualche<br />

altra via?<br />

(a) Ciò che viene richiesto è molto<br />

poco, «soltanto essere ben disposti e ubbidienti,<br />

che si acconsenta a ubbidire»<br />

(come molti leggono), «che voi sottomettiate<br />

la vostra volontà a quella di Dio, che<br />

siate soddisfatti in essa e rinunciate a voi<br />

stessi in ogni cosa per essere guidati da<br />

Colui che è infinitamente saggio e<br />

buono». Non troviamo che essi devono<br />

fare alcuna penitenza per la loro precedente<br />

condizione di caparbietà, né il loro<br />

peso è reso piú pesante per loro; soltanto:<br />

«Mentre prima eravate perversi e ribelli, e<br />

non vi attenevate a quello che era per il<br />

vostro bene, adesso siate arrendevoli, governabili».<br />

Egli non dice: «Se sarete perfettamente<br />

ubbidienti» ma «se siete disposti<br />

ad ubbidire». Poiché ciò che ci<br />

rende accettabili ai suoi occhi è la mente<br />

ben disposta.<br />

(b) È di grande importanza quanto è<br />

promesso su questi principi, in modo che:<br />

[1] Tutti i loro peccati sarebbero stati perdonati,<br />

e non sarebbero stati considerati e<br />

citati contro di loro. «Se anche fossero<br />

stati rossi come lo scarlatto e la porpora,<br />

se fossero stati soggetti alla colpa di sangue,<br />

se si fossero pentiti, tutto sarebbe<br />

stato perdonato, e sarebbero comparsi dinanzi<br />

a Dio bianchi come la neve».<br />

Possiamo considerare che anche i piú<br />

grandi peccatori, se si pentono davvero,<br />

possono essere perdonati e sperimentare<br />

una coscienza purificata e in pace. Anche<br />

se i nostri peccati fossero stati come lo<br />

scarlatto e la porpora, e ci avessero macchiato<br />

profondamente, come una tintura,<br />

doppia, prima nella lana della corruzione<br />

originale e poi nelle molte trame del tessuto<br />

della trasgressione attuale odierna –<br />

sebbene fossimo stati immersi spesso in<br />

tale tintura, tramite i nostri numerosi allontanamenti<br />

da Dio per scivolare nel<br />

peccato, e sebbene avessimo goduto in<br />

esso per lungo tempo, assorbendo tutto il<br />

suo colore, proprio come la stoffa nel colorante<br />

rosso, la misericordia purificatrice<br />

scolorerebbe completamente e libererebbe<br />

dalla macchia come fa l’issopo con<br />

i tessuti e saremmo puliti (Sl 51:7). Se ci<br />

purifichiamo con il pentimento e il rinnovamento<br />

(v. 16), Dio ci renderà bianchi<br />

con una completa remissione. [2]<br />

Potessero avere tutta la gioia e il conforto<br />

desiderato. «Basta che siate disponibili e<br />

ubbidienti, e mangerete il buon frutto<br />

della terra, la terra della promessa, avrete<br />

tutte le benedizioni del nuovo patto, della<br />

Canaan celeste, tutto il buon frutto della<br />

terra». Coloro che perseverano nel peccato,<br />

anche se vivono in una terra fruttuosa,<br />

non potranno godere dei suoi frutti<br />

perché il senso di colpa renderà tutto piú<br />

amaro; ma se il peccato viene perdonato,<br />

i conforti potenziali diventano conforti effettivi.<br />

2. Ragionevolmente essi non avrebbero<br />

potuto aspettarsi altro: se avessero<br />

continuato a ostinarsi nella loro disubbidienza,<br />

sarebbero stati abbandonati alla<br />

rovina e la sentenza della legge sarebbe<br />

stata sul loro capo, e questo sarebbe stata<br />

una conseguenza giusta senza pari (v. 20):<br />

«Ma se rifiutate e siete ribelli, se continuate<br />

a ribellarvi contro la guida di Dio,<br />

rifiutando le offerte della grazia divina,<br />

sarete divorati dalla spada, dalla spada<br />

dei vostri nemici, che saranno mandati a<br />

distruggervi – dalla spada della giustizia<br />

di Dio, della sua ira, della sua vendetta,<br />

sfoderata contro di voi, poiché la bocca<br />

del Signore ha parlato e ha detto questo e<br />

lo farà per perpetuare il rispetto del proprio<br />

onore». Notiamo che coloro che non


Isaia 1:21-31 14 Peccati e sofferenze del popolo<br />

si faranno governare dallo scettro di Dio<br />

saranno certamente e giustamente divorati<br />

dalla sua spada. «E adesso vita e<br />

morte, il bene e il male sono in questo<br />

modo davanti a voi. Venite, e discutiamo.<br />

Cosa avete da obiettare contro l’equità di<br />

questa decisione e cosa avete da dire contro<br />

le regole da lui stabilite?».<br />

1:21-31<br />

In questo contesto notiamo,<br />

I. Il terribile stato di corruzione di<br />

Giuda e di Gerusalemme viene tristemente<br />

presentato come una lamentela.<br />

Consideriamo:<br />

1. Ciò che la città regale era stata. Fu<br />

una città fedele, devota a Dio e agli interessi<br />

del suo regno fra gli uomini, fedele<br />

alla nazione e ai suoi interessi pubblici.<br />

Era piena di rettitudine; la giustizia veniva<br />

amministrata come si doveva nei tribunali<br />

e nelle sedi giuridiche ivi stabilite:<br />

«I troni per il giudizio, i troni della casa<br />

di Davide (Sl 122:5)». Gli uomini erano<br />

generalmente onesti nei loro affari, aborrivano<br />

ed evitavano le azioni ingiuste. La<br />

giustizia vi abitava, era costantemente<br />

presente nei loro palazzi e in tutte le loro<br />

azioni, non usata solo saltuariamente a seconda<br />

dei bisogni e dell’utilità, ma era la<br />

norma. Notiamo che né le città sante e<br />

neppure quelle regali, né i luoghi dove è<br />

professata la religione e neppure quelli<br />

dove è amministrato il governo, saranno<br />

davvero fedeli al loro compito se la religione<br />

non vi dimora.<br />

2. Ciò che era diventata. Quella bella e<br />

virtuosa sposa si era corrotta ed era diventata<br />

adultera; la giustizia non dimorava<br />

piú a Gerusalemme (terras Astraea<br />

reliquit–Astrea aveva lasciato la terra);<br />

perfino gli omicidi passavano impuniti e<br />

vivevano lí indisturbati; i principi stessi<br />

erano cosí crudeli e opprimenti che non<br />

erano migliori degli assassini; le persone<br />

innocenti potevano piú facilmente proteggersi<br />

contro le truppe di banditi che contro<br />

tali giudici. Possiamo osservare che si<br />

tratta di un grave peggioramento della<br />

malvagità di ogni famiglia o popolo di cui<br />

gli antenati erano famosi per la loro virtú<br />

e moralità, e in genere coloro che generano<br />

un tale cambiamento mostrano di essere<br />

i piú malvagi di tutti. Corruptio optimi<br />

est pessima–La corruzione di coloro<br />

che erano i migliori li porta a diventare i<br />

peggiori (Lu 11:26; Ec 3:16; cfr. Gr<br />

22:15-17). La degenerazione di<br />

Gerusalemme viene illustrata:<br />

(a) Per mezzo di similitudini (v. 22): Il<br />

tuo argento si è cambiato in scorie.<br />

Questa corruzione dei magistrati, il carattere<br />

dei quali è il contrario dei loro predecessori,<br />

è una grande vituperio e una seria<br />

ingiuria contro il regno altrettanto quanto<br />

lo sarebbe stata la svalutazione del loro<br />

argento fino a essere considerato come<br />

semplici scorie. Città e principi giusti<br />

sono come argento nel tesoro di un regno,<br />

mentre città e principi ingiusti sono come<br />

scorie per il letamaio. Come mai si è<br />

oscurato l’oro (La 4:1)? Il tuo vino è stato<br />

tagliato con acqua, ed è cosí diventato<br />

svanito e aspro. Alcuni interpretano entrambe<br />

queste indicazioni letteralmente: il<br />

vino che essi vendevano era alterato, era<br />

per metà diluito; il denaro che pagavano<br />

era falsificato e in tutte le cose che facevano<br />

c’era qualche imbroglio. Ma questa<br />

descrizione deve essere piuttosto vista<br />

come figurativa: la giustizia era stata corrotta<br />

dai loro principi; mentre la religione<br />

e la Parola di Dio erano state deturpate e<br />

manipolate dai loro sacerdoti che se ne<br />

servivano a loro piacimento, secondo le<br />

necessità. Forse alcune scorie possono essere<br />

rilucenti come l’argento, e il vino a<br />

cui viene aggiunta acqua potrebbe anche<br />

conservare lo stesso colore, ma entrambi<br />

perdono il loro valore. In tal modo mantengono<br />

soltanto un’apparenza e una pretesa<br />

visiva di virtú, ma in realtà hanno<br />

perso il loro vero significato.<br />

(b) In alcuni casi (v. 23): «I tuoi principi,<br />

che dovrebbero incoraggiare e guidare<br />

gli altri a essere in alleanza con Dio<br />

e in sottomissione alla sua legge, sono invece<br />

essi stessi ribelli, sfidando lui e le<br />

sue leggi». Coloro che dovrebbero ostacolare<br />

i ladri (gli oppressori ricchi e su-


Peccati e sofferenze del popolo 15<br />

Isaia 1:21-31<br />

perbi, i peggiori ladri, e coloro che premeditatamente<br />

imbrogliano i loro creditori,<br />

che non sono migliori), sono essi<br />

stessi compagni di tali persone, sono loro<br />

complici, si comportano proprio come<br />

loro, e con maggiore sicurezza e successo<br />

perché sono principi e detengono il potere;<br />

essi condividono con i ladri i quali<br />

essi proteggono nei loro guadagni illegali<br />

(Sl 50:18) ed estraggono a sorte la loro<br />

parte con i malfattori (Pr 1:13, 14). [1] Il<br />

profitto personale è tutto ciò a cui aspirano,<br />

trarre il piú possibile a proprio vantaggio,<br />

che sia giusto o meno. Amano i<br />

doni, e vanno dietro alle ricompense,<br />

hanno il cuore volto alla retribuzione, ai<br />

guadagni e alle mance delle proprie attività,<br />

e ne sono assetati, non se ne saziano<br />

mai, non ne hanno mai abbastanza.<br />

Farebbero qualunque cosa, anche contraria<br />

alla legge e alla giustizia, per ricevere<br />

un regalo in segreto. Donazioni e regali li<br />

accecano del continuo e li spingono a pervertire<br />

la giustizia. Sono queste le persone<br />

che essi amano e che sono ansiosi di seguire<br />

(Os 4:18). [2] Fare il loro dovere<br />

non è piú loro interesse, non se ne curano<br />

piú. Dovrebbero proteggere gli ingiuriati<br />

e prendersi cura delle richieste fatte loro,<br />

altrimenti per quale motivo essi dovrebbero<br />

essere stati scelti? Intanto, non fanno<br />

giustizia all’orfano, non fanno nulla per<br />

curare e aiutare chi non ha padre, e la<br />

causa della vedova non giunge fino a<br />

loro, perché la povera vedova non ha doni<br />

da offrire per perorare la propria causa e<br />

farsi valere. Queste persone, che avrebbero<br />

dovuto essere i protettori degli oppressi<br />

e invece sono i loro maggiori oppressori,<br />

avranno molto da render conto.<br />

II. Viene presa la decisione di riaffrontare<br />

questo motivo di lagnanze (v. 24):<br />

Perciò il Signore, il Signore degli eserciti,<br />

il Potente d’Israele, dice – Colui che ha il<br />

potere di rendere buono ciò che dice, che<br />

ha eserciti sotto il suo comando per l’esecuzione<br />

dei suoi obiettivi e il cui potere è<br />

adoperato per il suo Israele – Guai! Io<br />

avrò soddisfazione dai miei avversari.<br />

Osserviamo:<br />

1. I nemici, gli avversari di Dio sono le<br />

persone malvagie, in particolare i malvagi<br />

governatori, crudeli e oppressivi, e tali saranno<br />

considerati ricevendo una retribuzione<br />

appropriata. Se la gente santa si era<br />

corrotta, era diventata essa stessa nemica<br />

della casa di Dio.<br />

2. Essi sono un peso per il Dio dei<br />

cieli, cosa che si può trarre dall’espressione<br />

adoperata. Il Potente d’Israele, che<br />

può sopportare e affrontare qualsiasi cosa,<br />

che sostiene ogni cosa, si lamenta di essere<br />

tormentato dalle iniquità degli uomini<br />

(Is 43:24; Am 2:13).<br />

3. Dio troverà il modo e il tempo per liberarsi<br />

di questo peso, vendicandosi di<br />

quelli che mettono a dura prova la sua pazienza.<br />

In questo contesto Dio parla come<br />

uno che prevede già il proprio trionfo e la<br />

propria rivendicazione: Guai! Io avrò<br />

soddisfazione dai miei avversari. Dio libererà<br />

la terra dal peso sotto il quale essa<br />

geme (Ro 8:21-22), libererà il suo stesso<br />

nome di tutte le infamie con cui è stato<br />

appesantito; Egli avrà soddisfazione dai<br />

suoi avversari, vendicandosi dei suoi nemici;<br />

Egli li vomiterà dalla sua bocca, e in<br />

tal modo se ne libererà (Ap 3:16). Egli<br />

dice con soddisfazione che il giorno della<br />

vendetta è nel suo cuore (Is 63:4). Se il<br />

popolo che si professa di Dio non si conforma<br />

alla sua immagine, come il Santo di<br />

Israele (Is 14), allora esso sentirà il peso<br />

della sua mano, come il Potente di Israele:<br />

la sua potenza che era a loro favore, sarà<br />

armata contro di loro. Dio avrà soddisfazione<br />

da questa situazione pesante in due<br />

modi:<br />

(a) Riformando la sua Chiesa, e ristabilendo<br />

dei buoni giudici al posto di<br />

quelli corrotti. Anche se la Chiesa possiede<br />

una gran quantità di scorie, non sarà<br />

comunque gettata via, ma affinata (v. 25):<br />

«Ti purificherò delle tue scorie. Metterò a<br />

posto ciò che è sbagliato. Il vizio e la profanità<br />

saranno soppressi e messi fuori<br />

gioco, gli oppressori saranno tolti via e<br />

privati del potere di fare il male». Anche<br />

quando le cose sono al culmine del male,<br />

Dio può rimetterle a posto, può ristabilire


Isaia 1:21-31 16 Peccati e sofferenze del popolo<br />

il bene e suscitare una completa riforma;<br />

quando comincia un’opera egli la porta a<br />

compimento, portando via ogni imperfezione.<br />

Osserviamo che: [1] La riforma di<br />

un popolo è opera di Dio; e se avviene, è<br />

perché Dio la fa succedere: «Ti rimetterò<br />

la mano addosso; lo farò per ristabilire la<br />

religione che ho piantato inizialmente».<br />

Dio può farlo senza alcuna difficoltà, con<br />

un colpo di mano; ma lo fa efficacemente<br />

dal momento che quale opposizione può<br />

resistere al braccio del Signore che si rivela?<br />

[2] Egli può realizzarlo dando loro<br />

buoni magistrati e buoni ministri di stato<br />

come una benedizione (v. 26):<br />

«Ristabilirò i tuoi giudici com’erano anticamente,<br />

per far rispettare le leggi contro<br />

i cattivi operatori, e i tuoi consiglieri,<br />

per le transazioni degli affari pubblici, com’erano<br />

al principio». Potevano essere<br />

sia le stesse persone cambiate o altre dello<br />

stesso tipo. [3] Egli realizza questo tramite<br />

il rinnovamento del giudizio e della<br />

giustizia fra loro (v. 27), impiantando<br />

nella mente degli uomini principi di giustizia<br />

e governando la loro vita secondo<br />

tali principi. Gli uomini possono fare<br />

molto seguendo delle limitazioni esteriori,<br />

ma Dio agisce e guida in modo<br />

molto piú efficace per mezzo dell’influenza<br />

del suo Spirito, come Spirito di<br />

giudizio (Is 4:4 28:6; cfr. Sl 85:10, 11).<br />

[4] Il rinnovamento e la riforma di un popolo<br />

porta alla sua redenzione, all’affrancamento<br />

dei suoi convertiti, poiché quella<br />

del peccato è la peggior schiavitú, e la piú<br />

grande ed eterna redenzione è quella tramite<br />

la quale Israele viene redenta da<br />

tutte le sue colpe (Sl 130:8), e il<br />

Redentore benedetto è Colui che allontana<br />

da Giacobbe l’iniquità (Ro 11:27), e<br />

salverà il suo popolo dai suoi peccati (Mt<br />

1:21). Tutti i redenti del Signore saranno i<br />

convertiti, e la loro conversione è la loro<br />

redenzione: «E quelli che in lei si convertiranno<br />

saranno salvati mediante la giustizia».<br />

Dio opera la liberazione per noi<br />

preparandoci a essa con giudizio e giustizia.<br />

[5] La riedificazione delle virtú di un<br />

popolo è la riedificazione del suo onore:<br />

Dopo questo, sarai chiamata la città<br />

della giustizia, la città fedele; vale a dire,<br />

per prima cosa: «Voi sarete cosí» la riforma<br />

della magistratura è un buon passo<br />

verso la riforma della città e anche della<br />

nazione. In secondo luogo: «Sarete lodati<br />

per essere cosí» e non vi può essere maggiore<br />

lode per una città che essere chiamata<br />

la città della giustizia, e recuperare<br />

l’antico onore che aveva perso quando la<br />

città fedele è diventata una prostituta (v.<br />

21).<br />

(b) Eliminando tutti quelli che odiano<br />

essere riformati, in modo che non possano<br />

rimanere come insidie o scandali in<br />

mezzo alla città fedele. [1] Si tratta della<br />

minaccia di una ulteriore rovina. Essi saranno<br />

distrutti e consumati, non soltanto<br />

castigati o corretti. La loro espiazione<br />

sarà necessaria per la redenzione di Sion.<br />

[2] È una rovina universale che coinvolgerà<br />

sia i trasgressori che i peccatori,<br />

ossia quelli che saranno apertamente profani<br />

avendo respinto la religione, e gli<br />

ipocriti che vivono una vita malvagia<br />

sotto la protezione e copertura di una professione<br />

religiosa. Entrambe le categorie<br />

saranno distrutte, poiché sono entrambe<br />

un abominio agli occhi di Dio, coloro che<br />

contraddicono la religione e coloro che<br />

confutano sé stessi nella pretesa di credere.<br />

E quelli che abbandonano il<br />

Signore, al quale si erano precedentemente<br />

uniti, saranno distrutti, cosí come<br />

si prosciuga presto l’acqua in un condotto<br />

quando è staccata dalla fontana. [3] È una<br />

rovina inevitabile, non vi è via di fuga.<br />

Per prima cosa, i loro idoli non saranno in<br />

grado di aiutarli, i terebinti che avete<br />

amati, e i giardini che vi siete scelti; vale<br />

a dire le immagini e gli immondi dèi che<br />

essi avevano adorato nei loro giardini e<br />

sotto i loro alberi verdi, di cui erano innamorati<br />

e a cui si legavano intimamente, e<br />

per cui abbandonarono il vero Dio, adorando<br />

privatamente perfino quando l’idolatria<br />

fu pubblicamente impedita. «Questa<br />

è la pratica dei trasgressori e dei peccatori,<br />

ma essi se ne vergogneranno, non<br />

con una manifestazione di pentimento,


Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 17<br />

Isaia 2:1-5<br />

quanto di disperazione (v. 29). Avranno<br />

motivo di vergognarsi dei loro idoli poiché<br />

dopo tutto il corteggiamento mostrato<br />

loro non ne trarranno alcun beneficio; ma<br />

gli idoli stessi andranno in cattività (Is<br />

46:1, 2)». Possiamo notare che coloro che<br />

ripongono la propria fiducia nelle creature<br />

non fanno che prepararsi alla confusione.<br />

Voi amavate i terebinti e i giardini,<br />

ma voi stessi sarete:<br />

1. «Come un terebinto dalle foglie appassite,<br />

secche e colpite, e spogliato di<br />

tutti i suoi ornamenti». È giusto che coloro<br />

che non portano frutto non abbiano<br />

più foglie, come il fico maledetto da<br />

Cristo.<br />

2. «Come un giardino senz’acqua, che<br />

non riceve pioggia dal cielo né acqua alle<br />

radici (De 11:10), senza fontane (Ca<br />

4:15), e che conseguentemente è disseccato,<br />

e tutti i suoi frutti si sono avvizziti».<br />

Cosí saranno quelli che confidano negli<br />

idoli, che fanno della carne il loro braccio<br />

(Gr 17:5, 6). Ma coloro che confidano in<br />

Dio non lo troveranno mai arido, o come<br />

acque scarse (Gr 2:31). In secondo luogo,<br />

essi non potranno far nulla per sé stessi (v.<br />

31): «L’uomo forte sarà come stoppa, non<br />

solo facilmente distrutto e fatto a pezzi,<br />

ma che speditamente si incendia; e la sua<br />

opera, per mezzo della quale egli spera di<br />

diventare forte e sicuro, sarà come una<br />

scintilla verso la sua stessa stoppa, lo farà<br />

incendiare, lui e la sua opera bruceranno<br />

assieme. I suoi consigli saranno la sua rovina,<br />

la sua stessa pelle accende il fuoco<br />

dell’ira di Dio che brucerà nell’inferno<br />

piú profondo, e nessuno potrà estinguerlo».<br />

Cosa può evitare la totale distruzione<br />

del peccatore quando costui si è<br />

reso come la stoppa, e Dio diviene per lui<br />

come un fuoco consumante? Adesso tutto<br />

questo può essere applicato:<br />

3. Alla benedetta opera di riforma<br />

inaugurata al tempo di Ezechia dopo le<br />

abominevoli corruzioni del regno di<br />

Acaz. Iniziarono a essere preferiti gli uomini<br />

retti, e i volti dei malvagi furono coperti<br />

di vergogna.<br />

4. Al ritorno dalla loro schiavitú in<br />

Babilonia, che li aveva curati completamente<br />

dall’idolatria.<br />

5. All’Evangelo del Regno e al dono<br />

dello Spirito, grazie ai quali e per mezzo<br />

dei quali la Chiesa del Nuovo Testamento<br />

sarebbe divenuta una nuova<br />

Gerusalemme, una città di giustizia.<br />

6. Alla seconda venuta di Cristo,<br />

quando egli purificherà completamente il<br />

suo suolo, il suo campo, egli raccoglierà il<br />

grano nel suo granaio, nel suo deposito, e<br />

brucerà la pula, le zizzanie, con un fuoco<br />

inestinguibile.<br />

CAPITOLO 2<br />

Con questo capitolo ha inizio un nuovo sermone,<br />

che prosegue poi nei prossimi due capitoli.<br />

Il soggetto del discorso sono Giuda e<br />

Gerusalemme (v. 1). In questo capitolo il profeta<br />

argomenta circa:<br />

I. La gloria dei Cristiani, di Gerusalemme,<br />

della Chiesa dell’Evangelo negli ultimi giorni,<br />

nell’accorrere di molti a essa (vv. 2, 3), e della<br />

profonda pace che dovrebbe introdurre nel mondo<br />

(v. 4), da cui deduce il compito della casa di<br />

Giacobbe (v. 5).<br />

II. La vergogna dei Giudei, di Gerusalemme,<br />

come era allora e come sarebbe stata dopo aver respinto<br />

l’Evangelo ed essere stata respinta da Dio:<br />

1. Il loro peccato era la loro vergogna (vv. 6-<br />

9).<br />

2. Attraverso i suoi giudizi Dio li avrebbe umiliati<br />

e svergognati (vv. 10-17).<br />

3. Essi stessi avrebbero dovuto avvertire<br />

disagio per la loro fiducia negli idoli e in un braccio<br />

di carne (vv. 18-22). E di quale Gerusalemme<br />

saremo noi abitanti? Di quella che è piena della<br />

conoscenza di Dio, che sarà il nostro onore eterno,<br />

o di quella che è piena di cavalli e carrozze, di argento<br />

e oro e di tali idoli, che alla fine risulterà a<br />

nostra vergogna?<br />

2:1-5<br />

Il titolo particolare di questo sermone<br />

(v. 1) è lo stesso del libro intero (Is 1:1),<br />

ed è indicato come Parola che Isaia ebbe<br />

in visione (o l’episodio, l’argomento che<br />

egli scorse), la verità di cui egli ebbe la<br />

certezza in mente proprio come se l’avesse<br />

vista con i suoi stessi occhi fisici.<br />

Oppure, questa parola gli fu manifestata<br />

in una visione; qualcosa che vide quando<br />

ricevette questo messaggio da Dio.


Isaia 2:1-5 18 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />

Giovanni si voltò per vedere chi gli stava<br />

parlando (Ap 1:12). Questo sermone comincia<br />

con la profezia a proposito degli<br />

ultimi giorni, i giorni del Messia, quando<br />

il suo regno sarà stabilito nel mondo, durante<br />

l’ultima parte delle risorse mosaiche.<br />

Negli ultimi giorni della<br />

Gerusalemme terrena, appena prima della<br />

sua distruzione, sarà stabilita quella celeste<br />

(Eb 12:22; Ga 4:26). È importante notare<br />

che i giorni dell’Evangelo sono gli<br />

ultimi giorni. Poiché:<br />

1. Si sono fatti attendere a lungo, per<br />

molto tempo sono stati attesi dai santi<br />

dell’Antico Testamento, e poi alla fine<br />

sono sopraggiunti.<br />

2. Non deve essere ricercata alcun’altra<br />

dispensazione della grazia divina se<br />

non quella rivelata nell’Evangelo (Ga<br />

1:8-9).<br />

3. Dobbiamo attendere la seconda venuta<br />

di Gesú Cristo, alla fine dei tempi,<br />

come i santi dell’Antico Testamento attesero<br />

la sua prima venuta; questa è l’ultima<br />

ora (1 Gv 2:18). A questo punto il profeta<br />

predice:<br />

I. L’inizio della Chiesa cristiana e della<br />

religione cristiana nel mondo. Il<br />

Cristianesimo sarebbe stato il monte della<br />

<strong>Casa</strong> del Signore; dove esso veniva professato<br />

Dio assicurava la sua presenza,<br />

accettava gli omaggi del suo popolo, e garantiva<br />

insegnamento e benedizione,<br />

come aveva fatto anticamente nel Tempio<br />

sul Monte di Sion. La Chiesa<br />

dell’Evangelo, incorporata grazie al patto<br />

di Cristo, sarà il luogo d’incontro di tutta<br />

la discendenza spirituale d’Abramo. A<br />

questo punto viene promesso che il<br />

Cristianesimo:<br />

1. Sarà predicato e professato apertamente;<br />

sarà preparato (cosí leggiamo tra<br />

le righe) sulla cima dei monti, dove tutti<br />

potranno vedere e ascoltare. Per questa<br />

ragione i discepoli di Cristo sono paragonati<br />

a una città posta su di un monte, che<br />

non può rimanere nascosta (Mt 5:14).<br />

Molti occhi erano rivolti verso di loro.<br />

Cristo stesso ha parlato apertamente al<br />

mondo (Gv 18:20). Ciò che fecero gli<br />

apostoli non fu compiuto in segreto (At<br />

26:26). Fu come la luce di un faro, la manifestazione<br />

di un segnale, un modello.<br />

Dappertutto si parla contro le supposizioni<br />

che di esso se ne parlasse ovunque.<br />

2. Sarà fermamente stabilito e radicato;<br />

sarà stabilito sulla cima dei monti<br />

eterni, edificato su una roccia, in modo<br />

che le porte dell’inferno non lo potranno<br />

sopraffare, a meno che non possa estirpare<br />

un monte dalle radici. Colui che dimora<br />

al sicuro è indicato come colui che<br />

dimora in luoghi elevati (Is 33:16). Il<br />

Signore ha fondato la Sion dell’Evangelo.<br />

3. Non solo supererà ogni opposizione,<br />

ma prevarrà e sarà al di sopra di ogni<br />

competizione; sarà elevato al di sopra dei<br />

colli. Questa sapienza di Dio in un mistero<br />

supererà e sarà piú luminosa di tutta<br />

la saggezza di questo mondo, di tutta la<br />

sua filosofia e politica. L’adorazione spirituale<br />

che esso introdurrà abbasserà tutta<br />

l’idolatria dei pagani, e tutte le altre istituzioni<br />

religiose appariranno severe e meschine<br />

al suo confronto (cfr. Sl 68:16).<br />

Perché, o monti dalle molte cime, guardate<br />

con invidia al monte che Dio ha<br />

scelto per sua dimora? Sí, il Signore vi<br />

abiterà per sempre.<br />

II. I Gentili saranno benvenuti e accolti<br />

in esso.<br />

1. Le nazioni saranno ammesse a farvi<br />

parte, perfino gli incirconcisi, ai quali era<br />

vietato entrare nei cortili del Tempio di<br />

Gerusalemme. Il muro di separazione che<br />

li teneva fuori, li teneva separati da loro,<br />

ma ora sarà abbattuto.<br />

2. E tutte le nazioni affluiranno ad<br />

esso; avendo libertà di accesso, avranno<br />

maggiore libertà e moltitudini abbracceranno<br />

la fede cristiana. Affluiranno a esso<br />

come fiumi d’acqua, denota l’abbondanza<br />

di convertiti che l’Evangelo produrrà, e la<br />

prontezza e la gioia nell’entrare a far<br />

parte della Chiesa. Non saranno forzati a<br />

entrarvi, ma vi affluiranno spontaneamente.<br />

Il tuo popolo si offre volenteroso,<br />

tutti volontari (Sl 110:3). L’incontro di<br />

tutti i popoli sarà attorno a Cristo (Ge<br />

49:10; cfr. Is 60:4, 5).


Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 19<br />

Isaia 2:1-5<br />

III. L’assistenza e l’incoraggiamento<br />

reciproci che questa confluenza di convertiti<br />

offrirà gli uni per gli altri. Il loro<br />

santo affetto e i loro propositi saranno<br />

cosí armoniosi che faranno parte di uno<br />

stesso ricco fiume. Cosí come i Giudei tre<br />

volte l’anno, partendo da tutte le parti<br />

della nazione, si incontravano assieme<br />

per adorare a Gerusalemme, e invitavano<br />

con entusiasmo gli amici che incontravano<br />

per strada ad aggregarsi a loro, allo<br />

stesso modo i Gentili inviteranno parenti,<br />

amici e vicini ad aggregarsi e abbracciare<br />

la religione cristiana (v. 3): «Venite, saliamo<br />

al monte del Signore; anche se è in<br />

salita e pesante per il cuore, eppure è il<br />

monte del Signore, il quale assisterà la salita<br />

della nostra anima verso di lui».<br />

Possiamo notare che coloro che entrano<br />

nel patto e nella comunione con Dio, portano<br />

quante piú persone possono insieme<br />

a loro; i Cristiani si inciteranno gli uni gli<br />

altri a buone opere e a rendere la comunione<br />

dei santi sempre piú calorosa e invitante.<br />

Non si dirà: «Vai, sali sul monte<br />

del Signore e prega per noi che rimarremo<br />

a casa», e neppure: «Noi andiamo, voi<br />

fate come volete», bensì: «Venite, saliamo<br />

al monte dell’Eterno, saliamo in armonia,<br />

uniamo le nostre forze, rafforziamoci e<br />

sosteniamoci gli uni gli altri», e non «Lo<br />

prenderemo in considerazione, lo consiglieremo<br />

e poi verremo». Piuttosto:<br />

Venite, andiamo avanti insieme (cfr. Sl<br />

122:1). Molti diranno cosí. Coloro a cui è<br />

stato detto lo diranno a loro volta ad altri.<br />

La Chiesa dell’Evangelo viene qui definita<br />

non solo il monte del Signore ma la<br />

casa dell’Iddio di Giacobbe; poiché in<br />

essa il patto di Dio con Giacobbe e la sua<br />

discendenza di preghiera viene tenuta<br />

viva e raggiunge la sua realizzazione; poiché<br />

a noi oggi, cosí come in quel tempo a<br />

loro, egli non ha mai detto: Cercatemi invano<br />

(Is 45:19). A questo punto possiamo<br />

notare:<br />

1. Ciò che si aspettano e si ripromettono<br />

nel salire al monte del Signore: Lí<br />

egli ci ammaestrerà intorno alle sue vie.<br />

Notiamo: Le vie di Dio devono essere ap-<br />

prese nella sua Chiesa, in comunione col<br />

suo popolo e nell’uso dei suoi ordinamenti<br />

istituiti – le vie del dovere in cui<br />

egli ci chiede di camminare, le vie della<br />

grazia nelle quali egli si dirige a noi. È<br />

Dio che insegna il suo popolo, per mezzo<br />

della sua Parola e dello Spirito Santo.<br />

Vale la pena decidere di salire al suo<br />

monte santo per imparare le sue vie, e coloro<br />

che sono disposti ad affrontare la difficoltà<br />

della salita scopriranno che non è<br />

uno sforzo inutile. Allora sapremo se continuiamo<br />

a progredire nella conoscenza<br />

del Signore.<br />

2. Ciò che hanno promesso a sé stessi<br />

e gli uni agli altri: «Se egli ci insegnerà le<br />

sue vie, noi cammineremo per i suoi sentieri;<br />

se egli ci farà conoscere il nostro dovere,<br />

per la sua grazia noi ci impegneremo<br />

coscienziosamente a farlo». Coloro<br />

che investigano la Parola di Dio con questa<br />

umile risoluzione non saranno mai<br />

mandati via senza istruzione.<br />

IV. Il mezzo col quale questo si realizzerà:<br />

Da Sion, infatti, uscirà la legge, la<br />

legge del Nuovo Testamento, la legge di<br />

Cristo, cosí come nell’antichità la legge di<br />

Mosè procedette dal Monte Sinai, e da<br />

Gerusalemme la parola dell’Eterno.<br />

L’Evangelo è una legge, una legge di<br />

fede, è la Parola del Signore, proceduta<br />

da Sion, dove era costruito il Tempio, e da<br />

Gerusalemme. Cristo stesso ha iniziato in<br />

Galilea (Mt 4:23; Lu 23:5). Ma quando ha<br />

mandato i suoi apostoli a predicare<br />

l’Evangelo a tutte le nazioni, ha detto loro<br />

di cominciare a Gerusalemme (Lu 24:47;<br />

cfr. Ro 15:19). Anche se la maggior parte<br />

di loro avevano dimora in Galilea, dovevano<br />

però non allontanarsi da<br />

Gerusalemme perché dovevano ricevere<br />

la promessa dello Spirito (At 1:4). E nel<br />

Tempio, sul monte di Sion, essi predicarono<br />

l’Evangelo (At 5:20). Questo onore<br />

fu accordato a Gerusalemme anche dopo<br />

che Cristo vi fu crocifisso, per amore di<br />

ciò che era stata, e fu grazie a questo<br />

Evangelo, che ebbe inizio a<br />

Gerusalemme, che fu stabilita la Chiesa<br />

dell’Evangelo, sulla vetta dei monti.


Isaia 2:1-5 20 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />

Questo era lo scettro del potere di Dio,<br />

proceduto da Sion (Sl 110:2).<br />

V. La fondazione del regno del<br />

Redentore nel mondo: Egli giudicherà<br />

tra nazione e nazione. Egli la cui Parola<br />

procede da Sion, con essa non solo assoggetterà<br />

le anime a sé, ma governerà in<br />

esse (v. 4). Egli ordinerà e governerà in<br />

sapienza e giustizia gli affari del mondo<br />

per il bene della sua Chiesa, riprendendo<br />

e trattenendo coloro che si oppongono ai<br />

suoi interessi. Operando, tramite il suo<br />

Spirito, nella coscienza degli uomini,<br />

egli giudicherà e la disciplina metterà<br />

alla prova e rivelerà gli uomini; il suo<br />

regno è spirituale, e non è di questo<br />

mondo.<br />

VI. La grande pace che sarà l’effetto<br />

del successo dell’Evangelo nel mondo (v.<br />

4): Ed essi trasformeranno le loro spade<br />

in vomeri d’aratro; i loro attrezzi di<br />

guerra saranno trasformati in attrezzi da<br />

lavoro, cosí come, al contrario, quando<br />

viene proclamata la guerra, Fabbricate<br />

spade con i vostri vomeri (Gl 3:10). Una<br />

nazione non alzerà piú la spada contro<br />

un’altra, come fanno adesso, e non impareranno<br />

piú la guerra, poiché non<br />

avranno piú né occasione né bisogno.<br />

Questo non rende ogni battaglia assolutamente<br />

illegale fra i Cristiani, e neppure è<br />

una profezia che durante il periodo del<br />

Messia non vi sarà alcuna guerra. I Giudei<br />

rivendicano questo contro i Cristiani<br />

come argomentazione che Gesú non è il<br />

Messia, perché questa promessa non è<br />

adempiuta, tuttavia:<br />

1. È stata adempiuta in parte nella potenzialità<br />

di pace presente al tempo in cui<br />

Cristo è nato, periodo in cui le guerre<br />

erano per lo piú cessate, da cui il censimento<br />

(Lu 2:1).<br />

2. Lo scopo e la direzione<br />

dell’Evangelo sono verso la pace e l’eliminazione<br />

di tutte le inimicizie.<br />

L’Evangelo possiede in sé le piú potenti<br />

direttive e motivazioni alla pace, in modo<br />

che era ragionevole aspettarsi che<br />

avrebbe prodotto proprio questo effetto, e<br />

cosí sarebbe stato se non fosse stato per le<br />

concupiscenze degli uomini da cui derivano<br />

guerre e combattimenti.<br />

3. Giudei e Gentili si riconciliarono e<br />

furono unificati dall’Evangelo, e non vi<br />

furono piú battaglie fra di loro come ce<br />

n’erano state in precedenza, poiché dei<br />

due popoli ne ha fatto uno solo (cfr. Ef<br />

2:15).<br />

4. L’Evangelo di Cristo, quando è seguito<br />

e rispettato, dispone gli uomini a essere<br />

pacifici, intenerisce il loro spirito e li<br />

addolcisce; l’amore di Cristo, che inonda<br />

il loro cuore, costringe gli uomini ad<br />

amarsi gli uni gli altri.<br />

5. I primi Cristiani furono noti per il<br />

loro amore fraterno, i loro stessi avversari<br />

non poterono che notare questa realtà.<br />

6. Abbiamo motivo di sperare che questa<br />

promessa avrà la sua completa realizzazione<br />

negli ultimi tempi della Chiesa<br />

cristiana, quando lo Spirito sarà riversato<br />

dall’alto piú abbondantemente. Allora ci<br />

sarà la pace sulla terra. Chi sarà in vita<br />

quando Dio farà questo? Eppure, al momento<br />

opportuno egli lo farà, poiché Egli<br />

non è un uomo che può mentire. Infine,<br />

ecco una conseguenza pratica che si può<br />

trarre da tutto questo (v. 5): <strong>Casa</strong> di<br />

Giacobbe, venite, e camminiamo alla luce<br />

dell’Eterno. Quanto alla «casa di<br />

Giacobbe» si intende:<br />

1. Israele secondo la carne, Israele fisico.<br />

Sperando in qualche maniera di<br />

provocare la gelosia di quelli del mio<br />

sangue (Ro 11:14). «Vedendo che i<br />

Gentili sono cosí pronti e risoluti per Dio,<br />

cosí disposti a salire alla casa del Signore,<br />

allora decidiamoci anche noi ad andare.<br />

Anche se non è mai detto che i peccatori<br />

fra i Gentili erano migliori amici del<br />

monte sacro di quanto non lo fosse la casa<br />

di Giacobbe». In tal modo lo zelo di alcuni<br />

spingeva e influenzava molti altri.<br />

Oppure:<br />

2. Israele secondo lo Spirito, Israele<br />

spirituale, formato da tutti quelli che si<br />

avvicinano al Dio di Giacobbe. Vi sarà<br />

una tale grande conoscenza nel periodo<br />

dell’Evangelo (v. 3), e una tale grande<br />

pace (v. 4), e noi testimonieremo e guste-


Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 21<br />

Isaia 2:6-9<br />

remo tali privilegi? Allora venite e viviamo<br />

di conseguenza. Qualsiasi cosa<br />

facciano gli altri, venite, venite, e camminiamo<br />

alla luce dell’Eterno!<br />

(a) Camminiamo con circospezione<br />

alla luce di questa conoscenza. Dio ci insegnerà<br />

le sue vie? Ci mostrerà la sua gloria<br />

nel volto di Cristo? Egli ci dice:<br />

Comportatevi come figli di luce (Ef 5:8; 1<br />

Te 5:8; Ro 13:12).<br />

(b) Camminiamo tranquillamente alla<br />

luce di questa pace. Non ci saranno piú<br />

guerre? Proseguiamo per la nostra via rallegrandoci<br />

e facendo in modo che questa<br />

gioia derivi da Dio e sia la nostra forza<br />

(Ne 8:10). In questo modo cammineremo<br />

sotto i raggi del Sole della giustizia.<br />

2:6-9<br />

La chiamata dei Gentili fu accompagnata<br />

dall’abbandono dei Giudei; la loro<br />

caduta e la loro diminuzione è stata una<br />

ricchezza per il mondo; e il loro ripudio è<br />

stato la riconciliazione del mondo (Ro<br />

11:12-15); sembra che questi versetti facciano<br />

riferimento proprio a questo, e sono<br />

intesi a giustificare Dio, eppure è probabile<br />

che siano principalmente intesi a convincere<br />

e risvegliare gli uomini di quella<br />

generazione in cui visse il profeta, poiché<br />

di norma i profeti parlavano di argomenti<br />

che erano al momento attuali, sia per<br />

quanto riguardava la misericordia che il<br />

giudizio, come simboli e indicazioni di<br />

realtà che sarebbero dovute avvenire in<br />

seguito. Ecco:<br />

I. La sorte di Israele. Viene indicata in<br />

due parole, la prima e l’ultima di questo<br />

paragrafo, ma sono due parole terribili,<br />

che descrivono:<br />

1. Il loro triste e disperato caso: Poiché<br />

tu, o Eterno, hai abbandonato il tuo popolo<br />

(v. 6). Misera è la condizione di quel<br />

popolo che viene abbandonato da Dio, e<br />

grande davvero deve essere stata la provocazione<br />

se Dio ha abbandonato coloro<br />

che sono stati il suo popolo. Questo era il<br />

caso deplorevole della chiesa giudaica<br />

dopo che ebbe respinto Cristo. Migremus<br />

hinc – Andiamocene, dunque. Ecco, la vo-<br />

stra casa sta per esservi lasciata deserta<br />

(Mt 23:38). Ogni volta che i Giudei avessero<br />

subito qualche calamità, il Signore<br />

sarebbe stato cosí lontano dal sottrarre<br />

loro il suo aiuto e soccorso, altrimenti non<br />

sarebbero mai caduti nelle mani dei loro<br />

nemici. Tuttavia, Dio non abbandona mai<br />

alcuno se costui, per primo, non abbandona<br />

lui.<br />

2. Il loro caso infelice, di completa angoscia:<br />

Perciò… e tu non li perdoni (v. 9).<br />

Questa preghiera profetica è come una<br />

minaccia che non sarebbero stati perdonati;<br />

alcuni pensano che le parole dovrebbero<br />

essere interpretate: Tu non li perdonerai.<br />

Ciò non si riferisce a persone specifiche<br />

(molti di loro si sono pentiti e<br />

sono stati perdonati), ma alla nazione nel<br />

suo insieme, come corpo unitario, contro<br />

la quale venne stabilita una sorte irreversibile,<br />

che sarebbe stata tagliata via e che<br />

la loro chiesa sarebbe stata smantellata, e<br />

non si sarebbe piú formata nello stesso<br />

modo, né avrebbe potuto in futuro riformare<br />

e recuperare le sue caratteristiche.<br />

II. Lo stato desertico nella sorte di<br />

Israele, e le ragioni per cui ciò avviene. In<br />

generale è il peccato la motivazione per la<br />

loro distruzione; è questo, e null’altro che<br />

questo, che spinge Dio ad abbandonare il<br />

suo popolo. I peccati specifici che il profeta<br />

sottolinea abbondavano fra loro in<br />

quel periodo, ed egli li cita per convincere<br />

coloro ai quali predicava, piuttosto che<br />

quello che mostrò essere il peccato culminante,<br />

il crocifiggere Cristo e perseguitare<br />

i suoi seguaci; poiché i peccati di ogni<br />

epoca hanno contribuito alla realizzazione<br />

finale di questa terribile crocifissione.<br />

E furono parzialmente e temporaneamente<br />

abbandonati nell’esperienza<br />

della cattività babilonese, che fu un esempio<br />

di ciò che sarebbe stata la loro distruzione<br />

finale per mano dei Romani, che i<br />

loro peccati qui menzionati attirarono sul<br />

loro capo. I loro peccati erano tali da contraddire<br />

innegabilmente tutti i progetti di<br />

misericordia e di benevolenza che Dio<br />

aveva per loro.<br />

1. Dio li aveva scelti e appartati per sé,


Isaia 2:6-9 22 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />

come un popolo speciale, distinto e reso<br />

degno al di sopra di tutti gli altri popoli<br />

(Nu 23:9); ma essi erano pieni di pratiche<br />

divinatorie, invece di fare proseliti, si<br />

adeguavano agli stranieri e li incoraggiavano<br />

a stabilirsi, a fare alleanza e a mescolarsi<br />

con loro (Os 7:8). La loro nazione<br />

conteneva Siriani e Caldei, Moabiti e<br />

Ammoniti, e altri popoli orientali, e insieme<br />

a loro accolsero anche le loro pratiche<br />

e abitudini, si compiacevano dei figli<br />

degli stranieri, ne erano soddisfatti, preferivano<br />

le loro usanze alle proprie, e pensavano<br />

che piú si conformavano alle loro<br />

usanze e costumi, piú diventavano raffinati;<br />

in tal modo profanarono la propria<br />

corona e il proprio patto. Da notare: Sono<br />

in pericolo di essere estraniati da Dio coloro<br />

che trovano gioia e si dilettano insieme<br />

a quelli che non conoscono Dio,<br />

poiché siamo sempre pronti ad apprendere<br />

le vie delle persone di cui amiamo la<br />

compagnia.<br />

2. Dio aveva donato loro i propri oracoli,<br />

ai quali essi avrebbero potuto chiedere<br />

consiglio, non soltanto le Scritture e<br />

i veggenti, ma la corazza del giudizio, eppure<br />

essi li trascurarono e disprezzarono,<br />

e iniziarono a compiere pratiche divinatorie<br />

come i Filistei, introdussero le loro arti<br />

della divinazione e prestarono ascolto a<br />

quelli che basandosi sugli astri, sulle nuvole,<br />

sul volo degli uccelli, o sulla forma<br />

degli intestini delle bestie, oppure su altre<br />

superstizioni magiche, pretendevano di<br />

poter scoprire cose segrete o predire<br />

eventi futuri. I Filistei erano noti per le<br />

loro arti divinatorie (1 S 6:2). Possiamo<br />

notare che coloro che trascurano la vera<br />

divinità cadono giustamente nella trappola<br />

delle false divinazioni, e saranno certamente<br />

abbandonati da Dio; lasciano Dio<br />

e la sua misericordia per delle vanità<br />

menzognere.<br />

3. Dio li aveva incoraggiati a riporre la<br />

loro fiducia in lui, assicurando loro che<br />

sarebbe stato la loro ricchezza e forza;<br />

ma, non confidando nella sua potenza e<br />

promessa, essi riposero invece la loro speranza<br />

nell’oro e si procuravano sempre<br />

piú cavalli e carrozze e su queste si basarono<br />

per la propria sicurezza (v. 7). Dio<br />

aveva espressamente vietato perfino ai<br />

loro re di moltiplicare i cavalli, l’argento<br />

e l’oro, perché voleva che dipendessero<br />

soltanto da lui. Essi invece non pensavano<br />

che il loro interesse in Dio li potesse fare<br />

stare all’altezza dei popoli vicini, a meno<br />

che non fosse accompagnato da ricchi tesori<br />

d’argento e d’oro, e da considerevoli<br />

quantità di carrozze e cavalli, come effettivamente<br />

si procurarono. Non è però il<br />

possedere argento e oro, carrozze e cavalli<br />

che è una provocazione per Dio, ma:<br />

(a) Il desiderio insaziabile per queste<br />

cose, in modo che non c’è mai limite a ciò<br />

che si può possedere, le carrozze non bastano<br />

mai, il desiderio di avere sempre di<br />

piú non conosce limiti. Le persone che<br />

non si accontentano mai dei beni materiali<br />

in questo mondo (che alla meglio<br />

sono insufficienti), non si accontenteranno<br />

mai di Dio (che da solo è completamente<br />

sufficiente).<br />

(b) Dipendere da queste cose come se<br />

non potessimo essere al sicuro, tranquilli<br />

e felici senza di esse, e come se possedendole<br />

potessimo invece esserlo.<br />

4. Dio stesso era il loro Dio, il solo oggetto<br />

della loro adorazione, ed egli stesso<br />

aveva istituito delle ordinanze per la loro<br />

adorazione (v. 8). La loro terra era piena<br />

di idoli; ogni città aveva il suo dio (Gr<br />

11:13); e, secondo la fertilità della loro<br />

terra, si erano creati delle immagini (Os<br />

10:1). Quelli che pensano che un solo Dio<br />

sia troppo poco, scopriranno che due sono<br />

troppi, eppure centinaia non erano sufficienti,<br />

poiché quelli che amano gli idoli<br />

ne inventeranno sempre di nuovi; essi si<br />

erano talmente istupiditi ed erano cosí terribilmente<br />

infatuati, che adoravano l’opera<br />

delle loro stesse mani, come se queste<br />

cose potessero davvero essere come<br />

un dio per loro, cose che non soltanto<br />

erano delle creature, ma erano fatto proprio<br />

da loro, frutto della loro fantasia e<br />

delle loro stesse mani. Era un’aggravante<br />

alla loro idolatria il fatto che Dio li avesse<br />

arricchiti d’argento e d’oro, ed essi ave-


Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 23<br />

Isaia 2:10-22<br />

vano fatti di quest’argento e oro degli<br />

idoli, e l’avevano usato per Baal (Os 2:8).<br />

5. Dio aveva dato loro dei privilegi,<br />

degli onori, ma essi non seppero trarne<br />

buon frutto, sminuendo e sottovalutando<br />

sé stessi (v. 9): L’uomo spregevole si inchina<br />

al suo idolo, qualcosa di cosí basso<br />

senza la benché minima traccia di ragionevolezza.<br />

Peccare significa scendere al<br />

livello piú basso e misero, porta l’uomo a<br />

inginocchiarsi ad un pezzo di legno (Is<br />

44:19). Non sono soltanto le persone<br />

poco colte e semplici che fanno questo,<br />

ma anche quelle importanti dimenticano i<br />

privilegi della propria condizione e si<br />

umiliano ad adorare gli idoli, pronti a deificare<br />

uomini che non sono migliori di<br />

loro, e consacrano delle pietre che sono<br />

molto piú vili di loro. Gli idolatri sono indicati<br />

come chi si abbassa fino al soggiorno<br />

dei morti (Is 57:9). È una vergogna<br />

che uomini importanti pensino che<br />

servire il vero Dio sia degradante e non<br />

sono pronti ad abbassarsi a quel livello,<br />

mentre invece sono disposti a umiliarsi<br />

inchinandosi a un idolo! Alcuni la vedono<br />

come una minaccia che gli uomini forti<br />

siano abbassati e che gli uomini importanti<br />

siano umiliati dai giudizi di Dio.<br />

2:10-22<br />

Il profeta qui prosegue per mostrare<br />

quale grande desolazione sarebbe stata riversata<br />

sulla loro terra quando Dio li<br />

avrebbe abbandonati. Questo potrebbe essere<br />

riferito particolarmente alla loro distruzione<br />

per mano prima dei Caldei e poi<br />

dei Romani, o potrebbe essere stato un riferimento<br />

generale al metodo usato da<br />

Dio per scuotere e umiliare i peccatori superbi,<br />

abbassando la loro presunzione<br />

proprio con ciò di cui si erano deliziati e<br />

in cui avevano riposto la loro fiducia. In<br />

questa parte ci viene riferito che presto o<br />

tardi Dio troverà un modo per:<br />

I. Far trasalire e svegliare i peccatori<br />

pieni di sé, che chiedono pace per sé, e<br />

lanciano una sfida a Dio e ai suoi giudizi<br />

(v. 10): «Entra nella roccia; Dio ti attaccherà<br />

con dei giudizi talmente terribili, e<br />

ti colpirà con preoccupazioni tanto<br />

grandi, che sarai forzato a entrare nella<br />

roccia; e nasconditi nella polvere per sottrarti<br />

al terrore dell’Eterno. Tu perderai<br />

tutto il tuo coraggio e tremerai al movimento<br />

di una foglia, il tuo cuore verrà<br />

meno per la paurosa aspettazione di quel<br />

che sarà per accadere (Lu 21:26), e ti nasconderai<br />

e cercherai di sottrartene (Pr<br />

28:1)». La stessa espressione è riportata al<br />

versetto 19: Gli uomini entreranno nelle<br />

caverne delle rocce e negli antri della<br />

terra, i luoghi piú tenebrosi e profondi;<br />

chiederanno alle rocce e alle montagne di<br />

cader loro addosso, di schiacciarli piú che<br />

coprirli (Os 10:8). Fu cosí, in particolare,<br />

in occasione della distruzione di<br />

Gerusalemme per mano dei Romani (Lu<br />

23:30) e dei potenti pagani che perpetuavano<br />

persecuzioni (Ap 6:16). E tutto questo<br />

per sottrarsi al terrore dell’Eterno, e<br />

allo splendore della sua maestà, vedendo<br />

lui allora come un fuoco consumante e sé<br />

stessi come stoppa dinanzi a lui, quando<br />

egli afferrerà i lembi della terra scuotendo<br />

via i malvagi (Gb 38:13), e scuoterà<br />

tutte quelle risorse e sicurezze terrene con<br />

le quali essi si erano sostenuti per strapparle<br />

via. Possiamo notare che:<br />

1. Lo splendore della sua maestà, e la<br />

gloria implicata saranno tali che presto o<br />

tardi ci obbligherà tutti a fuggire davanti<br />

a lui.<br />

2. Coloro che non vogliono temere Dio<br />

e rivolgersi a lui, saranno forzati a temerlo<br />

e a fuggire via da lui rifugiandosi<br />

nelle menzogne.<br />

3. È follia per quelli che sono perseguitati<br />

dall’ira di Dio pensare di poter<br />

sfuggire e nascondersi o proteggersi da<br />

essa.<br />

4. I beni della terra saranno scossi e<br />

sono soggetti a scuotimenti e sollecitazioni<br />

verso la dissoluzione.<br />

5. Lo smottamento della terra è, e sarà,<br />

un’esperienza terribile per coloro che ripongono<br />

le proprie affezioni totalmente<br />

sulle realtà terrene.<br />

6. Sarà inutile pensare di trovare rifugio<br />

e sicurezza nelle caverne della terra,


Isaia 2:10-22 24 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />

quando essa stessa sarà scossa. Non vi<br />

sarà altro posto sicuro allora al di fuori di<br />

Dio e delle realtà celesti.<br />

II. Per umiliare e abbassare i peccatori<br />

superbi, che si ritengono eminenti e pensano<br />

splendidamente di loro stessi, ridicolizzando<br />

tutti gli altri intorno a loro (v.<br />

11): Lo sguardo altero dell’uomo del<br />

volgo sarà umiliato. Gli occhi alteri, l’atteggiamento<br />

con cui la superbia del cuore<br />

si mostra saranno vergognosamente e miseramente<br />

abbassati. E l’orgoglio de’<br />

grandi sarà umiliato, il loro spirito e il<br />

loro orgoglio saranno infranti, e ciò di cui<br />

prima erano orgogliosi diventerà motivo<br />

di vergogna. È ripetuto: L’alterigia dell’uomo<br />

del volgo sarà abbassata, e l’orgoglio<br />

de’ grandi sarà umiliato (v. 17).<br />

Possiamo considerare che l’orgoglio, in<br />

un modo o nell’altro, subirà una caduta.<br />

L’alterigia degli uomini sarà annichilita,<br />

se non dalla grazia di Dio che li convincerà<br />

della malvagità di tale loro superbia,<br />

allora dalla sua Provvidenza che li priverà<br />

di tutte quelle cose di cui erano orgogliosi<br />

e che li porterà in basso. Il nostro<br />

Salvatore ha spesso indicato chiaramente<br />

che colui che esalta sé stesso sarà abbassato;<br />

un tale uomo o si umilia spinto da un<br />

sincero pentimento oppure sarà umiliato<br />

da Dio che lo svergognerà. In questa parte<br />

ci viene riferito:<br />

1. Il motivo per cui sarà compiuto ciò:<br />

perché l’Eterno solo sarà esaltato.<br />

Notiamo che gli uomini orgogliosi devono<br />

essere abbassati perché soltanto Dio<br />

sarà innalzato e magnificato. È per l’onore<br />

della potenza di Dio che l’orgoglioso<br />

viene umiliato. L’orgoglio spinge l’uomo<br />

a pensare di essere un dio, mostrando l’atteggiamento<br />

di rivaleggiare con Dio indicato<br />

da Giobbe: Mira tutti i superbi e abbassali!<br />

Mira tutti i superbi e umiliali!<br />

Allora, anch’io ti loderò (Gb 40:11-14).<br />

Questo è anche per l’onore della sua giustizia.<br />

Gli uomini superbi si pongono in<br />

competizione con Dio che è geloso della<br />

propria gloria e non sopporta che uomini<br />

prendano per sé stessi o diano a qualcun<br />

altro ciò che spetta solo a lui. Essi inoltre<br />

si mettono anche in opposizione contro di<br />

lui, gli resistono e, di conseguenza, egli<br />

resisterà a loro, poiché egli sarà glorificato<br />

fra le nazioni (Sl 46:10), e verrà un<br />

giorno in cui soltanto lui sarà esaltato,<br />

quando avrà ridotto al nulla ogni principato,<br />

ogni potestà e ogni potenza (1 Co<br />

15:24).<br />

2. Il modo in cui questo dovrà essere<br />

realizzato: tramite giudizi umilianti, volti<br />

a mortificare gli uomini e abbassarli: Il<br />

giorno dell’Eterno degli eserciti, il giorno<br />

della sua ira, contro tutto ciò ch’è orgoglioso<br />

e altero (v. 12). In quel giorno egli<br />

riderà della loro insolenza perché vede<br />

che il suo giorno si sta avvicinando, il<br />

giorno che sarà su di loro prima che se ne<br />

rendano conto (Sl 37:13). Nel nostro contesto<br />

leggiamo che questo giorno del<br />

Signore sarà contro tutti i cedri del<br />

Libano, alti, elevati. Gerolamo osserva<br />

che si dice che i cedri lodano Dio (Sl<br />

148:9) e sono gli alberi del Signore (Sl<br />

104:16), piantati da Dio (Is 41:19); l’ira di<br />

Dio si riversa qui contro i cedri, il che denota<br />

(secondo le sue parole) che alcuni<br />

uomini di ogni rango, alcuni uomini importanti,<br />

saranno salvati mentre altri periranno.<br />

Questa illustrazione è presentata<br />

come esempio della potenza della voce di<br />

Dio, tanto potente che spezza i cedri (Sl<br />

29:5), e qui il giorno del Signore è descritto<br />

come contro tutti i cedri, quelli del<br />

Libano; si trattava degli alberi piú stabili<br />

e diritti, contro tutte le querce, quelle di<br />

Basan, gli alberi piú forti e vigorosi, su<br />

tutte le elevazioni e fortezze naturali, contro<br />

tutti i monti alti e contro tutti i colli<br />

elevati (v. 14), che si innalzano al di sopra<br />

delle valli e sembrano toccare il cielo,<br />

contro ogni torre eccelsa, e contro ogni<br />

muro fortificato (v. 15). Consideriamo<br />

questo:<br />

(a) Sono rappresentazioni delle persone<br />

orgogliose, che nel loro comportamento<br />

sono come i cedri e le querce, sono<br />

ben radicate, non si fanno smuovere da<br />

tempesta alcuna e si guardano attorno dall’alto<br />

in basso, vedono gli altri come fuscelli;<br />

sono come le alte montagne e i


Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 25<br />

Isaia 2:10-22<br />

colli elevati che sembrano riempire la<br />

terra, che sono visti e ammirati da tutti,<br />

che pensano di essere inamovibili, ma che<br />

comunque sono lí a osservare consapevolmente<br />

i fulmini di Dio. Feriuntique<br />

summos fulmina montes – Le colline piú<br />

elevate sono le piú esposte ai fulmini.<br />

Prima della potenza dell’ira di Dio questi<br />

monti vengono frantumati e le colline abbassate<br />

e sciolte come cera (Ac 3:6; Sl<br />

68:8). Questi uomini vanagloriosi, che<br />

sono come delle torri in cui sono montate<br />

le fragorose campane, sulle quali erano<br />

posti i cannoni mortali e tonanti, come<br />

muri fortificati che rinforzano sé stessi<br />

con la loro forza naturale e si proteggono<br />

dietro la loro compattezza, saranno smantellati.<br />

(b) Un’indicazione delle cose di cui<br />

essi si vantano e vanno fieri, nelle quali<br />

confidano e rendono motivo di orgoglio.<br />

Il giorno del Signore si rivelerà contro tali<br />

cose su cui basano la loro sicurezza come<br />

fossero la loro forza e sorgente di tranquillità,<br />

e Dio toglierà via da loro tutto<br />

quello in cui essi hanno riposto la loro fiducia.<br />

Gli abitanti del Libano si sono vantati<br />

dei loro cedri, e quelli di Basan delle<br />

loro querce, come se nessun’altra nazione<br />

potesse eguagliarli? Il giorno del Signore<br />

strapperà via quei cedri e quelle querce, e<br />

le case costruite con il loro legno.<br />

Gerusalemme si è gloriata delle montagne<br />

che aveva intorno, come fossero una sua<br />

fortificazione inespugnabile, o si è gloriata<br />

delle sue alte mura e torri? Nel<br />

giorno del Signore tutto ciò sarà smantellato<br />

e livellato. Oltre a tali cose considerate<br />

la loro forza e sicurezza, essi erano<br />

orgogliosi: [1] Del loro commercio con<br />

altre nazioni; ma il giorno del Signore sarebbe<br />

stato contro tutte le navi di Tarsis,<br />

sarebbero state distrutte come quelle di<br />

Giosafat, affondate in mare o naufragate<br />

in porto. Zabulon era un porto-rifugio per<br />

le navi, ma non doveva piú vantarsi di<br />

questo: quando Dio riversa rovina su di<br />

un popolo, può sommergere tutte le risorse<br />

della sua sicurezza. [2] Delle bellezze<br />

e decorazioni della loro nazione; ma<br />

il giorno del Signore sarà contro tutto ciò<br />

che piace allo sguardo, i colori delle loro<br />

navi (cosí alcuni l’interpretano) o i dipinti<br />

curiosi che portavano a casa dai loro<br />

viaggi in altre nazioni, forse dalla Grecia,<br />

che in seguito divenne famosa proprio per<br />

i suoi pittori e artisti. Contro tutto ciò che<br />

è bello da vedersi, forse le rappresentazioni<br />

di parenti, e perciò piacevoli, e dei<br />

loro dèi, che per gli idolatri erano dilettevoli;<br />

o forse cose ammirate per la finezza<br />

ed eleganza di colori e forme. Non c’è<br />

nulla di male nel fare dei dipinti e neppure<br />

nell’adornare con essi pareti e<br />

stanze, almeno che non infrangano il secondo<br />

o il settimo comandamento, ma<br />

considerare i nostri dipinti e rappresentazioni<br />

come cose di cui non possiamo fare<br />

a meno, ed esserne orgogliosi, spendendo,<br />

per tali oggetti, soldi che dovremmo adoperare<br />

in altri modi, magari in qualche<br />

gesto caritatevole, e dipendere da essi per<br />

il proprio appagamento, come coloro che<br />

si circondano di beni materiali per gioire<br />

e sentirsi soddisfatti, non è altro che una<br />

provocazione nei confronti di Dio, una<br />

provocazione a toglierci tutti questi vani<br />

ornamenti palliativi.<br />

III. Fare in modo che gli idolatri si vergognino<br />

dei loro idoli e di tutta la cura, l’amore<br />

e il rispetto che hanno nutrito per tali<br />

cose: Gl’idoli scompariranno del tutto (v.<br />

18). Quando il Signore solo sarà esaltato<br />

(v. 17) non solo egli riverserà vergogna e<br />

disonore sugli uomini orgogliosi, che<br />

come il Faraone esaltano sé stessi al posto<br />

di Dio, ma ancor di piú su tutte queste pretese<br />

divinità, che si pongono come rivali<br />

contro di lui per ottenere gli onori divini.<br />

Essi saranno aboliti, scompariranno del<br />

tutto. I loro amici li abbandoneranno, i loro<br />

nemici li distruggeranno, cosí che, in un<br />

modo o nell’altro, vi sarà una completa liberazione<br />

da loro. Da notare qui:<br />

1. La vanità dei falsi dèi; essi non possono<br />

assicurare e proteggere sé stessi, figurarsi<br />

quanto siano ancor piú incapaci di<br />

offrire sicurezza ai loro adoratori.<br />

2. La vittoria del vero Dio contro di<br />

loro; poiché maestosa è la verità e pre-


Isaia 2:10-22 26 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />

varrà. Dagon cadde al cospetto dell’Arca<br />

e Baal al cospetto del Dio di Elia. Gli dèi<br />

dei pagani saranno annientati (So 2:11), e<br />

scompariranno (Gr 10:11). Il giusto sovrano<br />

trionferà su tutti i falsi contendenti,<br />

e nello stesso modo in cui Dio abolirà gli<br />

idoli, cosí questi saranno abbandonati dai<br />

loro adoratori, perché convinti della loro<br />

vanità e falsità con una convinzione derivante<br />

dalla grazia (come Efraim quando<br />

disse: Cosa me ne faccio piú di questi<br />

idoli?), oppure in seguito a tristi e tardive<br />

esperienze della loro incapacità di aiutarli,<br />

con una disperata richiesta e il tentativo<br />

di liberarsi di loro (v. 20). Quando gli<br />

uomini stessi sono terrorizzati dai giudizi<br />

di Dio ed entreranno nelle fessure delle<br />

rocce e nei crepacci della terra, scoprendo<br />

che però tutto ciò è inutile e che non possono<br />

salvarsi, getteranno via i loro idoli,<br />

che avevano considerati loro dèi sperando<br />

diventassero loro amici nel momento del<br />

bisogno, e li getteranno ai topi e ai pipistrelli,<br />

fuori dalla loro vista, per non<br />

averli piú dinanzi agli occhi e poter entrare<br />

nelle fessure delle rocce e nei crepacci<br />

delle rupi per sottrarsi al terrore del<br />

Signore (v. 21). Consideriamo che:<br />

(a) Coloro che non abbandonano consapevolmente<br />

e volontariamente i propri<br />

peccati, presto o tardi saranno per essi terrorizzati<br />

(b) Dio può rendere gli uomini disgustati<br />

dei propri idoli, di cui erano stati innamorati,<br />

perfino di quelli d’argento e<br />

d’oro; verrà il momento in cui li sentiranno<br />

come un peso in pari misura di<br />

come li avevano precedentemente sentiti<br />

una sicurezza, e si sentiranno cosí esposti<br />

e vulnerabili a causa loro, cosí come in<br />

passato si erano sentiti da loro protetti,<br />

quando tali cose tenteranno i loro nemici,<br />

faranno affondare le loro navi o ritardare<br />

i loro voli. C’è stato un tempo in cui i marinai<br />

gettavano in mare le mercanzie e<br />

perfino il grano (Gn 1:5; At 27:38), o che<br />

facevano come i Siri che gettarono via vestiario<br />

e oggetti, nella loro fuga precipitosa<br />

(2 R 7:15). Oppure gli uomini potrebbero<br />

gettare via i propri idoli spinti<br />

dall’indignazione contro sé stessi per essersi<br />

basati su cose cosí indegne (cfr. Ez<br />

7:19). Nel nostro contesto gli idolatri gettano<br />

via i loro idoli perché se ne vergognano<br />

e si vergognano della propria follia<br />

nell’aver riposto la propria fiducia in tali<br />

cose, oppure perché hanno paura che si<br />

trovino in loro possesso al momento del<br />

giudizio di Dio, cosí come il ladro getta<br />

via la refurtiva quando sta per essere fermato<br />

e interrogato.<br />

(c) I crepacci e le insenature piú buie,<br />

abitazioni dei topi e dei pipistrelli, sono<br />

proprio i luoghi piú adatti agli idoli, che<br />

hanno occhi e non vedono, e Dio può forzare<br />

gli uomini a gettare lí i loro idoli (Is<br />

30:22), quando si vergogneranno dei terebinti<br />

che avevano amati (Is 1:29). Moab<br />

avrà vergogna di Chemos, come la casa<br />

d’Israele ha avuto vergogna di Betel (Gr<br />

48:13).<br />

(d) È possibile che il peccato sia odiato<br />

e abbandonato, ma non ci sia stato un<br />

vero pentimento per averlo commesso:<br />

odiato perché motivo di accusa, abbandonato<br />

perché non se ne ha piú opportunità,<br />

e si può essere pentiti non a motivo dell’amore<br />

per Dio, ma soltanto per il timore<br />

della sua ira.<br />

IV. Per far vergognare quelli che<br />

hanno confidato in un braccio di carne, di<br />

tale fiducia (v. 22): «Smettete di confidarvi<br />

nell’uomo. I provvedimenti di Dio<br />

per voi dovrebbero essere abbastanza eloquenti,<br />

e quindi siete avvertiti in anticipo,<br />

in modo da poter evitare la difficoltà e la<br />

vergogna derivanti dalla delusione, e considerate:<br />

[1] La debolezza dell’uomo,<br />

nelle cui narici non è che un soffio,<br />

espulso minuto per minuto, e che presto<br />

se ne va per sempre e diventa l’ultimo».<br />

L’uomo è una creatura che muore, potrebbe<br />

morire velocemente; le nostre narici,<br />

in cui risiede il soffio, il nostro respiro,<br />

fanno parte dell’esteriore del nostro<br />

corpo. Ciò che presentano è come una<br />

persona che sta alla porta, pronta ad andarsene;<br />

le porte delle narici sono sempre<br />

aperte, il soffio in loro potrebbe sfuggire<br />

in un attimo, senza che neppure ce ne ac-


Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 27<br />

Isaia 2:10-22<br />

corgiamo. Qual è dunque il valore di un<br />

uomo? Nessuno! Quale considerazione<br />

può essere fatta di lui; egli non è quello<br />

che sembrerebbe o vorrebbe far sembrare<br />

di sé, o come noi spesso lo rappresentiamo.<br />

L’uomo è una vanità, anzi è vanità,<br />

risulta essere ancora piú leggero della vanità<br />

quando è pesato sulla bilancia del<br />

santuario. [2] Quanto saggi sono dunque<br />

coloro che smettono di confidare negli<br />

uomini». È nostro dovere, nostro interesse,<br />

farlo. «Cessate di confidarvi nell’uomo,<br />

neanche nel piú potente degli uo-<br />

mini, smettete di farlo. Non puntate il vostro<br />

sguardo e la vostra speranza sulla potenza<br />

dell’uomo poiché questa è limitata,<br />

derivata e dipendente, non è da lui che<br />

proviene il nostro giudizio. Non abbiate<br />

timore dell’uomo, non sia lui la vostra<br />

speranza; ma abbiate lo sguardo rivolto al<br />

Signore, alla sua potenza, a cui sono soggetti<br />

e subordinati tutti i poteri dell’uomo;<br />

abbiate timore dell’ira di Dio, assicuratevi<br />

il suo favore, la sua approvazione e<br />

scegliete lui come vostro aiuto, che la vostra<br />

speranza sia nel Signore vostro Dio».


GEREMIA<br />

Introduzione<br />

I libri profetici dell’Antico Testamento, cosí come le Lettere del Nuovo Testamento,<br />

non sono ordinati cronologicamente quanto piuttosto in base alla voluminosità degli<br />

scritti: prima i piú lunghi, non i piú antichi. Vi furono molti profeti contemporanei di<br />

Isaia che lasciarono opere scritte, come Michea, o poco prima di lui, Osea, Gioele e<br />

Amos; oppure, probabilmente subito dopo di lui, Abacuc e Naum. Tuttavia, la profezia<br />

di Geremia, che ebbe inizio molti anni dopo la conclusione di quella di Isaia, è riportata<br />

immediatamente dopo la sua, per via della sua lunghezza. Si è data dunque la precedenza<br />

cronologica a dei testi piú lunghi, però dobbiamo fare attenzione a non disprezzare<br />

o escludere i testi meno voluminosi. Dopo aver parlato della profezia in generale,<br />

concentriamoci su quella di Geremia, riguardo a cui possiamo osservare che:<br />

I. Iniziò a profetizzare, in giovane età. Questo gli permise di affermare per esperienza<br />

personale: che buona cosa è per l’uomo portare il giogo nella sua giovinezza<br />

(La 3:27). Il dott. Girolamo osserva che a Isaia, che era piú anziano, per purificarlo dall’iniquità,<br />

fu toccata la bocca con un carbone ardente (Is 6:6, 7). Al contrario, quando<br />

Dio toccò la bocca di Geremia, che era ancora giovane, non viene detto nulla a proposito<br />

di una purificazione dall’iniquità (Gr 1:9) perché, a causa della sua tenera età,<br />

Geremia non aveva cosí tanti peccati di cui rispondere.<br />

II. Fu un profeta per molti anni, alcuni pensano per cinquant’anni, e altri per quaranta<br />

circa. Cominciò il suo ufficio profetico nel tredicesimo anno di Giosia, quando<br />

durante il governo di questo re devoto le cose andavano bene, ma continuò durante tutti<br />

i regni malvagi successivi. Quando ci si impegna al servizio di Dio, infatti, anche se in<br />

quel momento il vento è calmo e favorevole, in qualsiasi momento potrebbe diventare<br />

impetuoso.<br />

III. Fu un profeta ammonitore. Fu mandato ad annunciare il loro peccato al popolo<br />

di Giacobbe nel nome di Dio, e ad avvertirli delle punizioni divine che stavano per ricadere<br />

su di loro. Gli storici, inoltre, osservano che il suo stile e il suo modo di esprimersi<br />

sono piú diretti e brutali, e meno diplomatici, di quelli di Isaia e di alcuni altri<br />

profeti. Chi è mandato a rivelare il peccato deve mettere da parte le parole seducenti<br />

della sapienza umana. Quando si cerca di indurre i peccatori a ravvedersi è meglio parlare<br />

chiaro.<br />

IV. Era un profeta di cordoglio. Geremia è chiamato spesso in questo modo, non<br />

solo perché compose le Lamentazioni, ma anche perché davanti ai peccati del suo popolo<br />

e alle punizioni desolanti che lo colpivano fu sempre uno spettatore in cordoglio.<br />

Forse è per questo motivo che quelli che credevano che il nostro Salvatore fosse uno<br />

dei profeti lo identificavano principalmente con Geremia (Mt 16:14), perché era un<br />

uomo di dolore, familiare col patire (Is 53:3).<br />

V. Fu un profeta sofferente. Come si legge nella storia narrata nel suo libro, Geremia<br />

fu perseguitato dal proprio popolo piú di tutti gli altri profeti. Visse e predicò appena<br />

prima della distruzione degli Ebrei da parte dei Caldei, nel periodo in cui sembra che<br />

il loro comportamento fosse lo stesso di quando stavano per essere distrutti dai romani;<br />

quando di loro si legge: Hanno ucciso e il Signore Gesú e i profeti, e non piacciono a<br />

Dio, e sono avversi a tutti gli uomini e ormai li ha raggiunti l’ira finale (1 Te 2:16).<br />

L’ultima cosa che si narra nella sua storia è che gli Ebrei rimasti lo costrinsero ad andare<br />

con loro in Egitto mentre, secondo l’attuale tradizione degli Ebrei e dei cristiani,<br />

Geremia subí il martirio. Il dott. Hottinger, rifacendosi allo storico arabo Elmakin, sostiene<br />

che, poiché aveva continuato a profetizzare in Egitto contro gli egiziani e le altre<br />

nazioni, Geremia fu lapidato, e che, molto tempo dopo, quando Alessandro giunse in


Geremia 1:1-3 29<br />

Vocazione di Geremia<br />

Egitto, prese le ossa di Geremia seppellite in segreto, le portò a Alessandria e quivi le<br />

seppellí. Le profezie dei primi diciannove capitoli di questo libro probabilmente sono<br />

le parti piú importanti dei sermoni che Geremia predicò rimproverando Israele per il<br />

peccato in generale, e annunciandogli il castigo. Le profezie successive sono piú specifiche<br />

e sporadiche, sono mescolate alla storia del profeta, ma non in ordine cronologico.<br />

Alle minacce si alternano molte promesse di misericordia per i penitenti, e di liberazione<br />

dalla cattività per gli Ebrei, e alcune profezie che si riferiscono chiaramente<br />

al regno del Messia. Tra gli scritti apocrifi c’è una lettera che presumibilmente fu<br />

scritta da Geremia agli Ebrei in cattività a Babilonia per metterli in guardia contro l’adorazione<br />

degli idoli, in cui il profeta illustra la vanità degli idoli e la follia degli idolatri.<br />

Questa lettera si trova nel libro di Baruc e nel capitolo 6 del libro di Geremia, ma<br />

è probabile che non sia autentica e, a mio avviso, non rispecchia la vitalità e lo spirito<br />

degli scritti di Geremia. Riguardo a Geremia si legge anche in 2 Maccabei 2:4 che,<br />

quando Gerusalemme fu distrutta dai Caldei, il profeta, obbedendo all’ordine di Dio,<br />

prese l’Arca e l’altare dei profumi, li portò sul monte Nebo e li chiuse in una caverna.<br />

Alcune persone che lo seguirono e che pensavano di aver segnato il posto non riuscirono<br />

piú a trovarlo. Geremia li rimproverò per averlo cercato, e gli disse che il posto<br />

doveva rimanere sconosciuto fino al momento in cui Dio avrebbe nuovamente raccolto<br />

il proprio popolo. Tuttavia, anche se nel libro dei Maccabei si legge che fu riportata nei<br />

documenti storici, non so quanto si possa dar credito a questa storia. Leggendo le profezie<br />

di Geremia, occorre osservare che le persone della sua generazione le considerarono<br />

molto poco; questa, però, per noi deve essere un motivo per tenerle ancora di piú<br />

in considerazione, poiché sono state scritte anche per istruire noi, e per mettere in guardia<br />

sia noi, che la nostra terra.<br />

CAPITOLO 1<br />

In questo capitolo abbiamo:<br />

I. La dedica generale, o titolo del presente<br />

libro, insieme al periodo in cui Geremia svolse il<br />

proprio ministero (vv. 1-3).<br />

II. La chiamata di Geremia all’ufficio profetico,<br />

la risposta alla sua modesta obiezione, e un<br />

ampio mandato affinché lo mettesse in pratica (vv.<br />

4-10).<br />

III. La visione di un ramo di mandorlo e di una<br />

caldaia che bolliva, simbolo della prossima rovina<br />

di Giuda e di Gerusalemme operata dai Caldei (vv.<br />

11-16).<br />

IV. L’incoraggiamento dato al profeta affinché<br />

procedesse impavidamente nella propria opera,<br />

con la certezza della presenza di Dio al proprio<br />

fianco (vv. 17-19). Geremia ricevette il proprio incarico<br />

da colui che lo avrebbe sicuramente sostenuto.<br />

1:1-3<br />

Qui si legge ciò che è stato ritenuto opportuno<br />

specificare riguardo alla genealogia<br />

di questo profeta e alla cronologia<br />

della sua profezia.<br />

1. La famiglia a cui apparteneva il profeta.<br />

Era figliuolo di Chilchia (v. 1); pro-<br />

babilmente non si tratta del Chilchia che<br />

era sommo sacerdote ai tempi di Giosia<br />

[perché altrimenti sarebbe stato specificato<br />

e non si sarebbe detto che era uno dei<br />

sacerdoti che stavano ad Anatot (v. 1)],<br />

ma di un altro sacerdote omonimo. Il<br />

nome Geremia significa allevato<br />

dall’Eterno. A proposito di Cristo, si<br />

legge che è un profeta che il Signore nostro<br />

Dio ha suscitato per noi (De 18:15,<br />

18). Geremia era un sacerdote, perciò era<br />

autorizzato e incaricato di istruire il popolo;<br />

a questa autorità e a questo incarico,<br />

però, Dio aggiunse il mandato straordinario<br />

di profeta. Anche Ezechiele era un sacerdote.<br />

In questo modo Dio sostenne l’onore<br />

del sacerdozio in un periodo in cui, a<br />

causa dei peccati d’Israele e delle conseguenti<br />

punizioni divine, era tristemente<br />

oscurato. Geremia discendeva dai sacerdoti<br />

di Anatot, una città di sacerdoti che si<br />

trovava a circa tre miglia da<br />

Gerusalemme. A Anatot, Abiatar possedeva<br />

una terra (1R 2:26).<br />

2. Il periodo approssimativo delle sue


profezie, che è un elemento fondamentale<br />

per comprenderle.<br />

(a) Geremia cominciò a profetare nel<br />

tredicesimo anno del regno di Giosia (v.<br />

2). Giosia, nel dodicesimo anno del suo<br />

regno, cominciò un’opera di riforma impegnandosi<br />

in tutta sincerità a purificare<br />

Giuda e Gerusalemme dagli alti luoghi,<br />

dagl’idoli d’Astarte, dalle immagini scolpite<br />

e dalle immagini fuse (2 Cr 34:3). Il<br />

giovane profeta, quindi, fu molto opportunamente<br />

chiamato ad assistere e incoraggiare<br />

il giovane re in quest’opera pia.<br />

In quel momento la Parola dell’Eterno<br />

gli fu rivolta (v. 2), non solo con l’ordine<br />

e l’incarico di profetare, ma anche con la<br />

rivelazione specifica delle cose che doveva<br />

dire. Per i ministri essere favoriti e<br />

protetti da giudici pii come Giosia è un<br />

incoraggiamento. Analogamente, nelle<br />

opere di riforma, essere consigliati, animati<br />

e vedere gran parte della propria<br />

opera compiuta da ministri fedeli e zelanti<br />

come Geremia, per i giudici è un grande<br />

aiuto. Teoricamente, unendo le loro forze<br />

[come era accaduto in una situazione simile<br />

(cfr. Ed 5:1, 2)], un principe e un<br />

profeta del genere, entrambi giovani,<br />

avrebbero dovuto attuare una riforma talmente<br />

completa da prevenire la rovina<br />

della Chiesa e dello stato, ma le cose andarono<br />

diversamente. Si legge, infatti,<br />

che nel diciottesimo anno di Giosia c’era<br />

ancora moltissima idolatria da purificare,<br />

ma cosa possono fare i principi e i profeti<br />

migliori per evitare la rovina di un popolo<br />

che aborre le riforme? Di conseguenza,<br />

sebbene fosse un periodo di riforma,<br />

Geremia continuava ad annunciare i castighi<br />

distruttivi che stavano per ricadere su<br />

Israele. Per un popolo, infatti, non ci sono<br />

sintomi piú minacciosi dei vani tentativi<br />

di riforma. Giosia e Geremia avrebbero<br />

voluto sanarli, ma loro non volevano.<br />

(b) Geremia continuò a profetare durante<br />

i regni di Ioiachim e Sedechia,<br />

ognuno dei quali regnò per undici anni.<br />

Profetò fino a quando Gerusalemme fu<br />

menata in cattività (v. 3), il grande evento<br />

che aveva profetizzato cosí spesso.<br />

30<br />

Geremia continuò a profetare anche in seguito<br />

(Gr 40:1), ma qui il calcolo termina<br />

con questo episodio perché sancí l’adempimento<br />

di molte sue predizioni. Inoltre,<br />

dal tredicesimo anno di Giosia alla cattività<br />

passarono solo quarant’anni. Il dott.<br />

Lightfoot osserva che, come Mosè rimase<br />

cosí a lungo con il popolo, istruendolo nel<br />

deserto finché non prese possesso della<br />

propria terra, allo stesso modo Geremia li<br />

istruí a lungo nella loro terra, prima che<br />

fossero portati nel deserto dei pagani. Lo<br />

studioso ritiene, inoltre, che proprio per<br />

questo motivo gli ultimi quarant’anni dell’iniquità<br />

di Giuda, che Ezechiele sopportò<br />

per quaranta giorni, un giorno per<br />

ogni anno, siano sottolineati in modo particolare<br />

perché durante tutto quel periodo<br />

Geremia aveva profetato in mezzo a loro,<br />

e questo aggravava ulteriormente la loro<br />

impenitenza. Attraverso il profeta, Dio<br />

sopportò le loro vie malvagie per quarant’anni,<br />

e alla fine nella sua ira giurò che<br />

non avrebbero continuato nel suo riposo.<br />

1:4-10<br />

Qui abbiamo:<br />

I. La designazione prematura di<br />

Geremia all’opera e all’ufficio profetici,<br />

di cui Dio lo informò per motivare il suo<br />

impiego in questa faccenda in giovane<br />

età: La parola dell’Eterno mi fu rivolta<br />

(vv. 4, 5) con una assicurazione soddisfacente<br />

che si trattava della Parola del<br />

Signore, e non di un’illusione. Dio gli<br />

disse che:<br />

1. Lo aveva costituito profeta delle nazioni<br />

(v. 5), o contro le nazioni. Innanzi<br />

tutto contro quella degli Ebrei, che ormai<br />

erano contati nel novero delle nazioni (Nu<br />

23:9) perché si erano mescolati con loro<br />

nell’idolatria, altrimenti questo non sarebbe<br />

successo. Geremia, però, non doveva<br />

essere un profeta soltanto per gli<br />

Ebrei, ma anche per le nazioni vicine, a<br />

cui doveva mandare de’ legami (Gr 27:2,<br />

3) e a cui doveva far bere la coppa dell’ira<br />

dell’Eterno (Gr 25:17). Con i suoi scritti,<br />

Geremia è ancora un profeta per le nazioni<br />

(e anche per la nostra) che annuncia


i castighi nazionali che bisogna aspettarsi<br />

a causa del peccato nazionale. Le nazioni<br />

farebbero bene a considerare Geremia il<br />

proprio profeta e a dare ascolto ai suoi avvertimenti.<br />

2. Prima che nascesse, nei suoi progetti<br />

eterni, Dio lo aveva preparato per questo<br />

compito. Geremia doveva sapere che chi<br />

gli assegnava questo incarico era lo stesso<br />

che gli aveva dato la vita, che lo aveva<br />

formato nel seno di sua madre e lo aveva<br />

fatto uscire dal suo seno (v. 5). Dio,<br />

quindi, era il suo padrone giusto e poteva<br />

impiegarlo e servirsi di lui come voleva.<br />

Inoltre, questo incarico era stato affidato a<br />

Geremia per raggiungere il fine che Dio<br />

aveva prefissato per lui prima che nascesse:<br />

Io t’ho conosciuto e io t’ho consacrato<br />

(v. 5). In altre parole: «Ho stabilito<br />

che tu saresti diventato un profeta e ti ho<br />

messo da parte per questo compito».<br />

Similmente, Paolo parlando di sé, afferma<br />

che Dio lo aveva appartato fin dal seno di<br />

sua madre (Ga 1:15) affinché fosse un<br />

Cristiano e un apostolo. Si osservi che:<br />

(a) Il grande Creatore sa come usare<br />

ogni uomo prima ancora di averlo creato.<br />

L’Eterno ha fatto ogni cosa per uno scopo<br />

(Pr 16:4) e dalla medesima massa di argilla<br />

ha creato un vaso per uso nobile, e<br />

un altro per uso ignobile (Ro 9:21).<br />

(b) Dio chiama ogni uomo a compiere<br />

ciò che ha programmato per lui. I suoi<br />

progetti, infatti, non possono essere vanificati.<br />

Dio conosce tutte le proprie opere<br />

in anticipo, la sua conoscenza è infallibile<br />

e i suoi progetti sono inalterabili.<br />

(c) Dio ha un progetto e un programma<br />

particolare per i propri profeti e i propri<br />

ministri, che sono destinati alla loro opera<br />

mediante un piano speciale e sono resi<br />

idonei per ciò a cui sono destinati: io che<br />

t’ho conosciuto, t’ho consacrato (v. 5).<br />

Quando, all’inizio, Dio forma lo spirito di<br />

un uomo, lo destina a un’opera e lo rende<br />

adatto a compierla. Propheta nascitur,<br />

non fit – Profeti si nasce, non si diventa.<br />

II. Il suo modesto rifiuto di quest’onorabile<br />

incarico (v. 6). Nonostante Dio lo<br />

avesse predestinato per questo, appren-<br />

31<br />

dere che avrebbe dovuto essere un profeta<br />

delle nazioni (v. 5), per Geremia fu una<br />

novità e una grande sorpresa. Noi non conosciamo<br />

i progetti di Dio per noi, ma lui<br />

li conosce. Teoricamente, Geremia<br />

avrebbe dovuto interpretarla come una<br />

promozione, perché in realtà lo era, ma<br />

invece la obbiettò considerandola un’opera<br />

che non era qualificato a compiere:<br />

«Ahimè, Signore, Eterno, io non so parlare<br />

(v. 6) ai grandi uomini e alle moltitudini<br />

come fanno i profeti. Non so parlare<br />

con eleganza, né con disinvoltura, non riesco<br />

a esprimermi bene come occorre fare<br />

per formulare un messaggio di Dio. Non<br />

so parlare con autorità, e non posso aspettarmi<br />

di essere ascoltato, poiché non sono<br />

che un fanciullo (v. 6) e le mie parole saranno<br />

disprezzate». Si noti che, quando si<br />

hanno dei servizi da svolgere per Dio, per<br />

evitare di amministrarli male e che risentano<br />

della nostra debolezza e inadeguatezza,<br />

è opportuno essere timorosi.<br />

Similmente, conviene avere un’umile<br />

opinione di sé e non confidare nelle proprie<br />

capacità. I giovani dovrebbero ricordarsene,<br />

dimostrandosi timorosi come<br />

Eliú, senza fare il passo piú lungo della<br />

gamba.<br />

III. L’assicurazione di Dio, che gli<br />

promise di stare al suo fianco e di sostenerlo<br />

nella sua opera. Geremia non doveva<br />

obbiettare:<br />

1. Di essere un fanciullo, perché sarebbe<br />

stato un profeta. «Non dire piú:<br />

Sono un fanciullo (v. 6). È vero che lo sei,<br />

ma:<br />

(a) Hai il mandato di Dio, non permettere<br />

che la tua giovane età ti impedisca di<br />

obbedirgli. Vai da tutti quelli ai quali ti<br />

manderò e digli tutto quello che io ti comanderò<br />

(v. 7)». È importante notare che,<br />

anche se la consapevolezza delle nostre<br />

debolezze e della nostra inadeguatezza<br />

dovrebbe indurci a procedere con umiltà<br />

nella nostra opera, quando Dio ci chiama<br />

a compierla, però, non deve farci tirare indietro.<br />

Dio si arrabbiò con Mosè persino<br />

per le sue modeste scuse (cfr. Es 4:14).<br />

(b) «Hai la presenza di Dio, non la-


sciare che la tua giovane età ti scoraggi<br />

dal dipendere da questo. Anche se sei un<br />

fanciullo, sarai in grado di andare da tutti<br />

quelli ai quali ti manderò (v. 7), anche se<br />

sono molto grandi e molto numerosi.<br />

Inoltre, tutto quello che io ti comanderò<br />

(v. 7), avrai giudizio, memoria, e proprietà<br />

di linguaggio sufficienti per annunciarlo<br />

nel modo opportuno». Quando riportò<br />

il messaggio di Dio a Eli, Samuele<br />

era un bambino. Si noti che, quando<br />

vuole, Dio può rendere profeti i bambini e<br />

trarre forza dalla bocca de’ fanciulli e de’<br />

lattanti (Sl 8:2).<br />

2. Che avrebbe incontrato molti nemici<br />

e molte opposizioni, perché Dio lo<br />

avrebbe protetto: Non li temere (v. 8).<br />

«Anche se appaiono grandi, e quindi pensano<br />

di tenerti testa e di sconcertarti, tu<br />

non aver paura di parlargli, e neppure di<br />

dirgli le cose piú spiacevoli. Tu parli nel<br />

nome del Re dei re, e sei autorizzato da<br />

lui, e con questo puoi dominarli. Anche se<br />

sembrano arrabbiati, non temere la loro<br />

disapprovazione e non lasciarti influenzare<br />

dal timore delle conseguenze della<br />

loro collera». Chi ha dei messaggi di Dio<br />

da riportare non deve temere alcun uomo<br />

(De 1:17; cfr. Ez 3:9). «Inoltre, tu hai motivo<br />

di essere coraggioso e tranquillo, poiché<br />

io son teco (v. 8), non solo per aiutarti<br />

nella tua opera, ma per liberarti dalle<br />

mani dei tuoi persecutori, e se Dio è per<br />

te, chi sarà contro di te (Ro 8:31)?».<br />

Anche se Dio non libera i suoi ministri<br />

dalle difficoltà, sostenendoli nella difficoltà<br />

ottiene lo stesso risultato. Il dott.<br />

Gataker osserva giustamente che i principi<br />

terreni non seguono i loro ambasciatori;<br />

Dio, invece, quelli che manda, li accompagna<br />

e, con la sua potente protezione,<br />

è con loro in qualsiasi momento e<br />

in ogni luogo. È basandosi su questo,<br />

quindi, che occorre darsi animo (At<br />

18:10).<br />

3. Di non essere in grado di parlare<br />

adeguatamente, perché Dio lo avrebbe<br />

reso capace di parlare:<br />

(a) Con intelligenza, come una persona<br />

che conosce Dio. Dopo che Geremia<br />

32<br />

ebbe una visione della gloria divina,<br />

l’Eterno stese la mano (v. 9) e con un<br />

segno percettibile gli conferí il dono della<br />

Parola di cui necessitava: gli toccò la<br />

bocca e con un gesto aprí le sue labbra affinché<br />

la sua bocca lodasse Dio. Con un<br />

tocco mise dolcemente le sue parole nella<br />

bocca di Geremia affinché fossero pronte<br />

in ogni occasione e non gli venissero mai<br />

a mancare, perché gliele aveva fornite<br />

colui che ha fatto la bocca dell’uomo (Es<br />

4:11). Dio, non mise solo la conoscenza<br />

nella sua testa, ma anche parole nella sua<br />

bocca. Ci sono, infatti, parole insegnate<br />

dallo Spirito (1 Co 2:13). Affinché sia riportato<br />

accuratamente è opportuno che il<br />

messaggio di Dio sia rivelato con le sue<br />

parole: Riferisci loro le mie parole (Ez<br />

3:4). Inoltre, a quelli che lo fanno fedelmente<br />

non mancheranno mai le istruzioni<br />

necessarie. Dio, infatti, gli darà la bocca e<br />

la sapienza in quell’ora stessa (Mt<br />

10:19).<br />

(b) Con potenza, come una persona<br />

che ha ricevuto autorità da Dio.<br />

L’incarico che gli fu affidato era strano:<br />

Vedi, io ti costituisco oggi sulle nazioni e<br />

sopra i regni (v. 10). Sembrava una cosa<br />

grandiosa, ma in realtà Geremia era un sacerdote<br />

povero e umile. Non fu costituito<br />

sui regni come un principe che li governa<br />

con la spada, ma come un profeta che li<br />

governa mediante la Parola di Dio. Quelli<br />

che usano queste parole per giustificare la<br />

supremazia del papa sui re, e la sua autorità<br />

di deporli e di disporre dei loro regni<br />

a suo piacimento, devono dimostrare che<br />

il papa ha lo stesso straordinario spirito<br />

profetico che aveva Geremia, altrimenti<br />

come può detenere lo stesso potere che<br />

Geremia aveva in virtú di questo spirito?<br />

Eppure, il potere di Geremia (che, nonostante<br />

la sua potenza, visse con umiltà, disprezzato<br />

e oppresso) non soddisfaceva<br />

questi uomini superbi. Geremia fu costituito<br />

sulle nazioni (v. 10), in primo luogo<br />

su quella ebrea e poi sulle altre, tra cui alcune<br />

grandi, contro cui profetava. Non fu<br />

costituito sulle nazioni per riscuotere tributi,<br />

né per arricchirsi con le loro ric-


chezze, ma per svellere, per demolire e<br />

per abbattere e anche per edificare e per<br />

piantare (v. 10). Geremia doveva [1]<br />

Cercare di riformare le nazioni; svellere,<br />

demolire e abbattere l’idolatria e le altre<br />

malvagità; estirpare le abitudini e le<br />

usanze dissolute radicate da tempo; abbattere<br />

il regno del peccato per edificare<br />

e per piantare la religione e la virtú. Per<br />

introdurre e costituire il bene, prima occorre<br />

rimuovere il male. [2] Dire alle nazioni<br />

che per loro le cose sarebbero andate<br />

bene, o male, in base alla loro volontà<br />

di riformarsi o meno. Doveva porre<br />

davanti a loro la vita e la morte (De<br />

30:19), il bene e il male, secondo la strategia<br />

che Dio dichiara di adottare con i<br />

regni e le nazioni (cfr. Gr 18:7-10).<br />

Doveva assicurare a quelli che persistevano<br />

nella loro malvagità che sarebbero<br />

stati estirpati e distrutti, e a quelli che si<br />

ravvedevano, che sarebbero stati edificati<br />

e piantati. Geremia fu autorizzato a rivelare<br />

il destino delle nazioni e Dio avrebbe<br />

confermato e attuato le sue parole (cfr. Is<br />

44:26), lo avrebbe fatto secondo la sua<br />

Parola; per questo si dice che lo avrebbe<br />

fatto mediante la sua Parola. La cosa è<br />

espressa in questo modo, in parte per dimostrare<br />

la certezza della profezia, il cui<br />

adempimento è talmente certo che può<br />

considerarsi già avvenuto, e in parte per<br />

conferire onore all’ufficio profetico e<br />

farlo apparire veramente grandioso, affinché<br />

gli altri non disprezzino i profeti, né<br />

sviliscano se stessi. Tuttavia, il ministero<br />

dell’Evangelo è ancora piú onorabile, a<br />

causa del potere dichiarativo che Cristo<br />

conferí ai suoi apostoli di rimettere e ritenere<br />

i peccati (cfr. Gv 20:23) e di legare e<br />

sciogliere (cfr. Mt 18:18).<br />

1:11-19<br />

Qui:<br />

I. Con una visione, Dio illustrò a<br />

Geremia il compito principale che doveva<br />

svolgere: annunciare la distruzione di<br />

Giuda e Gerusalemme da parte dei Caldei<br />

a causa dei loro peccati, l’idolatria in particolare.<br />

All’inizio, il suo incarico gli fu<br />

33<br />

illustrato in modo che gli rimanesse impresso,<br />

affinché Geremia potesse tenerlo<br />

a mente ogni volta che si rapportava al<br />

proprio popolo.<br />

1. La visione gli annunciava che il popolo<br />

si stava avvicinando velocemente<br />

alla rovina, e la rovina stava procedendo<br />

rapidamente verso di loro. Dopo aver risposto<br />

alle obiezioni di Geremia che sosteneva<br />

di essere un fanciullo (v. 6), Dio<br />

procedette iniziandolo all’istruzione e al<br />

linguaggio profetici. Inoltre, avendo promesso<br />

di renderlo capace di parlare al popolo<br />

in modo intelligibile, Dio gli insegnò<br />

a capire ciò che gli diceva. I profeti, infatti,<br />

oltre alla lingua, nella testa devono<br />

avere anche degli occhi; non devono soltanto<br />

essere degli oratori, ma anche degli<br />

osservatori. Di conseguenza, Dio gli domandò:<br />

«Geremia, che vedi (v. 11)?<br />

Guardati intorno e osserva». Geremia si<br />

rese subito conto di ciò che gli era stato<br />

presentato: «Vedo un ramo (v. 11), che indica<br />

afflizione e castigo, un ramo che incombe<br />

su di noi per correggerci; è un<br />

ramo di mandorlo (v. 11), che è uno dei<br />

primi alberi che fioriscono in primavera,<br />

sboccia velocemente quando gli altri alberi<br />

stanno a malapena germogliando».<br />

Secondo il dott. Pliny, il mandorlo fiorisce<br />

a Gennaio, e a Marzo i suoi frutti sono<br />

già maturi; è per questo motivo che in<br />

ebraico si chiama Shakedh, cioè albero<br />

rapido. Se il ramo che vide fosse già fiorito,<br />

come ritengono alcuni, o se fosse ancora<br />

spoglio e secco, come sostengono<br />

altri, non è specificato; Geremia, però, riconobbe<br />

ugualmente che era di un mandorlo,<br />

come il ramo di Aronne. Tuttavia,<br />

Dio chiarí subito la cosa: Hai veduto bene<br />

(v. 12). Dio lodò il suo spirito di osservazione,<br />

la sua velocità nel comprendere<br />

che si trattava di un ramo di mandorlo,<br />

anche se era la prima visione che Geremia<br />

aveva visto, e il fatto che la sua mente<br />

fosse cosí tranquilla da riuscire a distinguerlo.<br />

I profeti devono avere occhi<br />

buoni, e non saranno lodati solo quelli che<br />

parlano bene, ma anche quelli che vedono<br />

bene. «Hai visto un “albero rapido”, e


questo significa che io vigilo sulla mia<br />

parola per mandarla ad effetto (v. 12)».<br />

Geremia doveva profetizzare ciò che<br />

avrebbe visto avverarsi con i propri occhi;<br />

la spiegazione di questo si legge in<br />

Ezechiele 7:10, 11: La verga è fiorita!<br />

L’orgoglio è sbocciato! La violenza s’eleva<br />

e divien la verga dell’empietà.<br />

«L’iniquità di Gerusalemme arriva velocemente<br />

al culmine. Inoltre, come se la<br />

loro distruzione tardasse ad arrivare, loro<br />

la risvegliano e la sollecitano, perciò presto<br />

metterò in pratica ciò che ho annunciato<br />

contro di loro».<br />

2. Dio gli indicò il momento in cui intendeva<br />

far ricadere la rovina su di loro. A<br />

Geremia fu domandato una seconda<br />

volta: Che vedi?; e questa volta vide una<br />

caldaia che bolliva (v. 13), simbolo di<br />

Gerusalemme e Giuda in grande tumulto,<br />

come dell’acqua che bolle, a causa dell’attacco<br />

dell’esercito caldeo. Come in<br />

una fornace ardente (Sl 21:9), tutti in agitazione,<br />

si consumeranno come l’acqua<br />

che bolle, evaporando e diminuendo vistosamente,<br />

pronti a degenerare e a essere<br />

cacciati dalla propria città e dalla propria<br />

terra; dalla padella alla brace, di male in<br />

peggio. Alcuni ritengono che gli schernitori<br />

si riferissero a questo quando affermarono:<br />

Questa città è la pentola e noi<br />

siamo la carne (Ez 11:3). In quel momento<br />

la bocca o la facciata della fornace<br />

o del cuore, su cui bolliva la caldaia, era<br />

volta dal settentrione (v. 13), perché era<br />

da qui che dovevano provenire il fuoco e<br />

il combustibile per far bollire la caldaia in<br />

quel modo. La visione è spiegata nel seguente<br />

modo: Dal settentrione verrà fuori<br />

la calamità (v. 14). Da tempo era stata<br />

programmata dalla giustizia di Dio, e da<br />

tempo il popolo la meritava a causa del<br />

proprio peccato, ma la pazienza divina<br />

l’aveva contenuta, frenandola per tutto<br />

quel tempo. I nemici volevano la loro rovina,<br />

ma Dio li aveva ostacolati. Adesso,<br />

però, tutti gli argini dovevano essere abbattuti<br />

e la calamità (v. 14) sarebbe<br />

giunta; lo spettacolo tremendo sarebbe<br />

iniziato, e il nemico li avrebbe travolti<br />

34<br />

come una valanga. Sarebbe stata una calamità<br />

generale, su tutti gli abitanti del<br />

paese (v. 14), dal piú importante al piú<br />

umile, perché erano tutti corrotti.<br />

Aspettatevi che la tempesta arrivi dal<br />

nord, da cui di solito viene il bel tempo<br />

(Gb 37:22). Quando Ezechia e il re di<br />

Babilonia erano amici, si erano ripromessi<br />

molti vantaggi dal settentrione, ma<br />

le cose andarono diversamente poiché dal<br />

settentrione arrivarono problemi. Allo<br />

stesso modo, a volte le tempeste piú violente<br />

arrivano da dove ci si aspetta il bel<br />

tempo. La visione è spiegata ulteriormente<br />

nel versetto 15, in cui si può osservare:<br />

(a) La chiamata dell’esercito che<br />

avrebbe dovuto invadere e radere al suolo<br />

Giuda: «Io sto per chiamare tutti i popoli<br />

dei regni del settentrione, dice l’Eterno<br />

(v. 15). Tutti i re del nord si uniranno a<br />

Nabucodonosor e lo seguiranno in questa<br />

spedizione. Adesso sono disseminati, ma<br />

Dio, che tiene in mano tutti i cuori degli<br />

uomini, li radunerà; ora sono lontani da<br />

Giuda, ma Dio, che guida tutti i passi<br />

degli uomini, li chiamerà e loro verranno,<br />

anche se sono molto lontani perché la<br />

convocazione di Dio sarà ascoltata».<br />

Quando Dio ha un’opera qualsiasi da<br />

svolgere, anche se deve convocarli dall’altra<br />

estremità della terra, trova sempre<br />

gli strumenti per compierla. Inoltre, affinché<br />

gli eserciti da far scendere in campo<br />

fossero abbastanza numerosi e forti, Dio<br />

non solo intendeva chiamare al servizio<br />

tutti i regni del settentrione, ma anche<br />

tutti i popoli (v. 15) di quei regni. Non<br />

avrebbe escluso neppure uno degli uomini<br />

in grado di combattere.<br />

(b) L’avanzata di questo esercito. Ogni<br />

comandante delle truppe delle diverse nazioni<br />

avrebbe avuto il proprio ruolo nell’assedio<br />

di Gerusalemme e delle altre<br />

città di Giuda. Porranno ognuno il suo<br />

trono (v. 15), o posto. Quando una città è<br />

assediata si dice che il nemico vi si è installato.<br />

Alcuni, quindi, si sarebbero sistemati<br />

all’ingresso delle porte di<br />

Gerusalemme, e altri contro tutte le sue


mura all’intorno (v. 15), per bloccare<br />

ogni rifornimento e farli morire di fame.<br />

3. Dio gli spiegò chiaramente che la<br />

causa di tutte queste punizioni era il peccato<br />

di Gerusalemme e delle città di<br />

Giuda: Pronunzierò i miei giudizi contro<br />

di loro (o li giudicherò in questo modo) a<br />

motivo di tutta la loro malvagità (v. 16). È<br />

la malvagità, infatti, che sradica le barriere<br />

e lascia che le calamità ci travolgano.<br />

Hanno abbandonato Dio e gli<br />

hanno disubbidito, hanno offerto il loro<br />

profumo ad altri dèi, dèi nuovi, stranieri e<br />

falsi, simulatori, usurpatori, creature immaginarie,<br />

e si son prostrati dinanzi all’opera<br />

delle loro mani (v. 16). Geremia<br />

era giovane e aveva osservato poco il<br />

mondo, e forse non era a conoscenza delle<br />

abominevoli idolatrie di cui erano colpevoli<br />

i figli del suo popolo, né poteva crederci.<br />

Dio, però, gli disse che avrebbe saputo<br />

cosa rimproverare e su cosa basare le<br />

proprie minacce, e che lui stesso sarebbe<br />

stato convinto dell’equità della condanna<br />

che avrebbe pronunciato contro di loro<br />

nel nome di Dio.<br />

II. Dio incitò e incoraggiò Geremia a<br />

dedicarsi a quest’opera con diligenza e<br />

serietà totali. A Geremia fu affidato un<br />

grande incarico. Fu mandato nel nome di<br />

Dio come un araldo alle armi a dichiarare<br />

guerra ai suoi sudditi ribelli. A Dio, infatti,<br />

piace avvertire in anticipo dell’arrivo<br />

della sua punizione affinché i peccatori<br />

si risveglino e si rivolgano a lui con<br />

pentimento e Dio storni la propria ira da<br />

loro, e cosicché, se non lo fanno, siano ingiustificabili.<br />

Insieme all’incarico,<br />

Geremia ricevette anche un ordine: «Tu<br />

dunque, cingiti i lombi (v. 17); liberati da<br />

tutte le cose che ti rendono inadatto o che<br />

ti ostacolano in questo servizio. Cingiti di<br />

prontezza e risolutezza e non lasciarti intrappolare<br />

da nessun dubbio a riguardo».<br />

Geremia doveva essere svelto: «Lèvati (v.<br />

17) e non perdere tempo». Doveva darsi<br />

da fare: Lèvati, e dí loro (v. 17) a tempo e<br />

fuor di tempo (2 Ti 4:2). Doveva essere<br />

coraggioso: Non ti sgomentare per via di<br />

loro (v. 17; cfr. v. 8). In una parola,<br />

35<br />

Geremia doveva essere fedele, come debbono<br />

esserlo gli ambasciatori.<br />

1. Le cose in cui Geremia doveva essere<br />

fedele erano due:<br />

(a) Doveva proclamare tutto ciò che<br />

gli veniva ordinato: Dirai tutto quello che<br />

io ti comanderò (v. 7). Non doveva dimenticare<br />

nulla, perché niente era marginale,<br />

insolito o non degno di nota. Ogni<br />

Parola di Dio, infatti, è importante. Non<br />

doveva omettere nulla per paura di essere<br />

offensivo e non doveva alterare niente nel<br />

tentativo di renderlo piú accettabile o gradevole,<br />

ma, senza aggiungere né eliminare<br />

alcunché, doveva annunciare tutto il<br />

consiglio di Dio (At 20:27).<br />

(b) Doveva rivolgersi a tutti quelli a<br />

cui gli era stato ordinato di opporsi. Non<br />

doveva parlare sottovoce a pochi amici in<br />

particolare che avrebbero accolto bene le<br />

sue parole ma, se erano malvagi, doveva<br />

schierarsi contro i re di Giuda (v. 18) e<br />

rendere la propria testimonianza persino<br />

contro i peccati dei suoi principi (v. 18).<br />

Neppure gli uomini piú insigni, infatti,<br />

sono esenti dalle punizioni provenienti<br />

dalla mano o dalla bocca di Dio. Geremia,<br />

anzi, non doveva risparmiare i suoi principi.<br />

Nonostante fosse lui stesso un sacerdote<br />

e desiderasse mantenere la dignità<br />

del proprio ordine, per questo non doveva<br />

adularli nei loro peccati. Visto che erano<br />

contro l’Eterno, anche se era il suo popolo,<br />

Geremia doveva schierarsi contro il<br />

popolo del paese (v. 18).<br />

2. Le ragioni per cui Geremia doveva<br />

comportarsi cosí erano due:<br />

(a) Perché, se non fosse stato sincero,<br />

avrebbe avuto motivo di temere l’ira di<br />

Dio: «Non ti sgomentare per via di loro,<br />

disertando il tuo ufficio o non facendo il<br />

tuo dovere, ond’io non ti renda sgomento<br />

in loro presenza, altrimenti ti abbandonerò<br />

alla tua codardia». Quelli che<br />

si preoccupano della propria reputazione,<br />

tranquillità e sicurezza piú che<br />

della loro opera e del proprio dovere,<br />

sono giustamente abbandonati da Dio<br />

alla vergogna della propria codardia.<br />

Alcuni interpretano le parole di Dio nel


seguente modo: «altrimenti farò i conti<br />

con te per la tua codardia e ti distruggerò».<br />

Per questo Geremia disse a Dio:<br />

Non esser per me uno spavento (Gr<br />

17:17). Si noti che il timore di Dio è<br />

l’antidoto migliore contro la paura degli<br />

uomini. Occorre temere sempre di offendere<br />

Dio, che, oltre a uccidere, ha anche<br />

il potere di mandare all’inferno. In questo<br />

modo, non si rischia piú di temere gli<br />

uomini che possono solamente uccidere<br />

il corpo (cfr. Lu 12:4, 5: Ne 4:14).<br />

Piuttosto che lo sia Dio, è meglio che<br />

tutto il mondo sia nostro nemico.<br />

(b) Perché, se fosse stato fedele, non<br />

avrebbe avuto motivo di temere l’ira degli<br />

uomini. Il Dio che serviva, infatti, lo<br />

avrebbe protetto e sostenuto, quindi non<br />

sarebbero riusciti a scoraggiarlo, né a distoglierlo<br />

dalla sua opera, e finché non<br />

avesse terminato la propria testimonianza,<br />

non avrebbero potuto metterlo a<br />

tacere, né ucciderlo (v. 18). La potenza di<br />

Dio trasformò questo profeta giovane e<br />

inesperto in una città inespugnabile, fortificata<br />

da colonne di ferro e circondata da<br />

mura di rame. Geremia si scagliò contro il<br />

nemico con rimproveri e minacce, mettendolo<br />

in soggezione. Lo avrebbero aggredito<br />

da ogni parte, i re e i principi lo<br />

avrebbero colpito con il loro potere, i sacerdoti<br />

avrebbero inveito contro di lui con<br />

le censure della Chiesa, e il popolo gli<br />

avrebbe fatto la guerra arrivando al punto<br />

di pronunciare amare calunnie contro di<br />

lui. Geremia, però, non avrebbe perso terreno<br />

arrendendosi, anzi li avrebbe sempre<br />

tenuti a freno: Essi ti faranno la guerra,<br />

ma non ti vinceranno, perché io sono teco<br />

per liberarti (v. 19) dalle loro mani.<br />

Inoltre, non sarebbero riusciti a sconfiggere<br />

la Parola che Dio avrebbe mandato<br />

mediante Geremia, né a salvarsi. La<br />

Parola di Dio, infatti, li avrebbe catturati<br />

perché Dio intendeva distruggerli. È importante<br />

notare che chi è sicuro di avere<br />

Dio al suo fianco (come certamente è Dio<br />

se questa persona è con lui) non ha bisogno,<br />

e non deve, temere nessuno che si<br />

schieri contro di lui.<br />

36<br />

CAPITOLO 2<br />

Probabilmente questo capitolo è il primo sermone<br />

di Geremia dopo la sua ordinazione. Si<br />

tratta, inoltre, del sermone piú energico e commovente<br />

di tutti quelli riportati nei libri profetici.<br />

Geremia non doveva dire «Io non so parlare, perché<br />

non sono che un fanciullo (Gr 1:7)», perché<br />

ora che Dio gli aveva toccato la bocca ponendovi<br />

le sue parole nessuno poteva parlare meglio di lui.<br />

Questo capitolo intende illustrare al popolo di Dio<br />

le loro trasgressioni, e alla casa di Giacobbe i loro<br />

peccati. Nel capitolo si leggono un rimprovero e<br />

una condanna volti a indurre il popolo a ravvedersi<br />

dai propri peccati per evitare che la rovina<br />

imminente ricadesse su di loro. L’accusa presentata<br />

contro Israele è molto seria, le aggravanti<br />

sono evidenti, le argomentazioni usate per condannarli<br />

sono molto accurate e pressanti, e le rimostranze<br />

sono pungenti e toccanti. Furono accusati<br />

principalmente di idolatria, perché avevano<br />

abbandonato il vero Dio, il loro Dio, per seguire<br />

falsi dèi. In quest’occasione a Israele fu annunciato<br />

che:<br />

I. Erano stati ingrati verso Dio, che con loro<br />

era stato molto benevolo (vv. 1-8).<br />

II. Non era mai accaduto che una nazione<br />

cambiasse dio (vv. 9-13).<br />

III. Comportandosi cosí si erano denigrati e<br />

rovinati (vv. 14-19).<br />

IV. Avevano violato i loro patti e, dopo i buoni<br />

inizi, erano degenerati (vv. 20, 21).<br />

V. La loro malvagità era troppo evidente per<br />

essere celata e troppo empia per essere scusata<br />

(vv. 22-25).<br />

VI. Avevano perseverato volontariamente e<br />

ostinatamente nel peccato e la loro idolatria era incorreggibile<br />

e incessante (vv. 24, 25, 33, 36).<br />

VII. Con la loro idolatria si erano umiliati e presto,<br />

vedendo che i loro idoli non erano in gradi di<br />

aiutarli, se ne sarebbero vergognati (vv. 26-29, 37).<br />

VIII. Non si erano lasciati persuadere e riformare<br />

dai rimproveri mandatigli dalla Provvidenza<br />

(v. 30).<br />

IX. Avevano disprezzato molto Dio (vv. 31, 32).<br />

X. Alla loro idolatria avevano aggiunto gli<br />

omicidi piú barbari, versando il sangue di poveri<br />

innocenti (v. 34). Se quando gli furono rivelati i<br />

loro peccati in questo modo non ne furono per<br />

niente colpiti, né umiliati i loro cuori dovevano essere<br />

veramente induriti. Meditando su questo capitolo<br />

occorre pentirsi delle proprie idolatrie spirituali<br />

che inducono a concedere al mondo e alla<br />

carne lo spazio della nostra anima che dovrebbe<br />

essere riservato soltanto a Dio!<br />

2:1-8<br />

Qui abbiamo:<br />

I. L’ordine dato a Geremia di andare


ad annunciare il messaggio di Dio agli<br />

abitanti di Gerusalemme. A Geremia era<br />

stato ordinato di andare a parlare con loro<br />

in generale (Gr 1:17), ma qui gli fu ordinato<br />

in modo particolare. Si noti che è<br />

bene che i ministri, quando si dedicano<br />

solennemente a una delle loro opere, ottengano<br />

un nuovo mandato con la fede e<br />

la preghiera. Occorre, inoltre, che i ministri<br />

confrontino con attenzione ciò che intendono<br />

annunciare con la Parola di Dio e<br />

si assicurino che le cose corrispondano,<br />

non solo per poter dire «l’Eterno mi ha<br />

mandato», ma anche: «Mi ha mandato per<br />

dire queste cose». Geremia doveva lasciare<br />

Anatot, la città in cui viveva appartato<br />

tranquillamente e in cui (probabilmente)<br />

trascorreva il proprio tempo a studiare<br />

la legge con pochi amici, e doveva<br />

recarsi a Gerusalemme, una città rumorosa<br />

e tumultuosa, e gridare ai suoi orecchi<br />

(v. 1), comportandosi da uomo fervoroso<br />

e facendosi ascoltare: «Grida forte,<br />

affinché tutti ti sentano e nessuno dica che<br />

non lo sapeva. Avvicinati e grida agli<br />

orecchi di Gerusalemme (v. 1), che se li è<br />

tappati».<br />

II. Il messaggio che gli fu ordinato di<br />

annunciare. Doveva redarguirli per la<br />

terribile ingratitudine che avevano dimostrato<br />

abbandonando Dio, che era sempre<br />

stato molto benevolo con loro, affinché<br />

se ne vergognassero e si ravvedessero,<br />

o potessero giustificare il castigo di<br />

Dio.<br />

1. Dio gli ricordò i favori di cui li<br />

aveva colmati fin dall’antichità, quando<br />

per la prima volta li costituí in un popolo:<br />

«Io mi ricordo, e vorrei che anche voi ve<br />

lo ricordaste, e uso questo ricordo per<br />

voi; non posso dimenticarmi dell’affezione<br />

che avevi per me quand’eri giovane,<br />

del tuo amore quand’eri fidanzata<br />

(v. 2)».<br />

(a) Questo potrebbe riferirsi alla benevolenza<br />

con cui guardavano a Dio. In<br />

realtà, non era tale da dargli motivo di<br />

vanto, o da indurli a domandare il favore<br />

di Dio (molti di loro, infatti, erano scortesi<br />

e provocatori e, quando ritornavano e<br />

37<br />

si rivolgevano a Dio, cercavano solo di<br />

adularlo), ma a Dio piacque ugualmente<br />

menzionarla, adducendola a loro favore.<br />

Anche se l’amore che gli avevano mostrato<br />

era poco, infatti, Dio lo aveva accolto<br />

con benevolenza. Quando avevano<br />

creduto nell’Eterno e in Mosè suo servo<br />

(Es 14:31), quando avevano cantato la<br />

lode dell’Eterno presso il Mar Rosso,<br />

quando ai piedi del monte Sinai avevano<br />

promesso di fare tutto quello che l’Eterno<br />

ha detto e di ubbidire (Es 24:7) avevano<br />

dimostrato l’affezione della loro giovinezza<br />

e l’amore del loro fidanzamento.<br />

Quando si erano dimostrati cosí solleciti<br />

verso Dio, l’Eterno aveva detto: Certo,<br />

essi sono il mio popolo, figliuoli che non<br />

m’inganneranno (Is 63:8). Si noti che<br />

quelli che cominciano bene e promettono<br />

con onestà, ma non agiscono e non perseverano,<br />

saranno giustamente rimproverati<br />

per i loro inizi speranzosi e promettenti.<br />

Dio ricorda l’affezione della gioventú e<br />

l’amore del fidanzamento, lo zelo che a<br />

quel tempo sembravamo avere per lui e<br />

l’amore con cui abbiamo stipulato il nostro<br />

patto con lui, i germogli e i fiori che<br />

non hanno mai raggiunto la perfezione.<br />

Inoltre, è bene che anche noi ce ne rammentiamo,<br />

per ricordarci da dove siamo<br />

caduti e per tornare al nostro primo amore<br />

(Ap 2:4, 5; Ga 4:15). L’amore della loro<br />

gioventú fu rivelato dal fatto che: [1] Nel<br />

deserto, avevano seguito le indicazioni<br />

della colonna di nuvola e di quella di<br />

fuoco. Inoltre, anche se a volte avevano<br />

pensato di tornare in Egitto o di accelerare<br />

verso la terra di Canaan, non fecero<br />

nessuna delle due cose, ma per quarant’anni<br />

seguirono Dio nel deserto, confidando<br />

nel suo aiuto, anche se era una<br />

terra non seminata (v. 2). Dio li aveva accettati<br />

con benevolenza perché, sebbene<br />

tra loro ci fosse molto male, non avevano<br />

mai abbandonato la loro guida, e ne aveva<br />

preso nota per poterli lodare molto tempo<br />

dopo. Cosí, anche se Cristo si era lamentato<br />

spesso dei suoi discepoli, quando si<br />

allontanò da loro li lodò perché erano rimasti<br />

al suo fianco (Lu 22:28). L’unica


cosa che ci può indurre a seguire Dio nel<br />

deserto, con fede assoluta e abbandono<br />

totale, è l’amore forte della gioventú e del<br />

fidanzamento. È un peccato che chi lo ha<br />

seguito cosí, un giorno lo diserti. [2]<br />

Avevano rispettato i decreti divini, erigendo<br />

un Tabernacolo e servendolo. A<br />

quel tempo Israele era consacrato<br />

all’Eterno (v. 3), perché si era unito a lui<br />

stipulando un patto e diventando un popolo<br />

speciale. Visto che avevano cominciato<br />

nello spirito, Dio voleva fargli capire<br />

che dovevano vergognarsi di aver<br />

concluso nella carne.<br />

(b) Oppure, potrebbe riferirsi alla benevolenza<br />

di Dio nei loro confronti, descritta<br />

ampiamente in seguito. Quando<br />

Israele era fanciullo, io l’amai (Os 11:1).<br />

In quel momento Dio aveva unito a sé<br />

quel popolo con tutto l’amore con cui un<br />

giovine sposa una vergine (Is 62:5), perché<br />

quello era il tempo degli amori (Ez<br />

16:8). [1] Dio si era impadronito di loro.<br />

Anche se erano un popolo di peccatori, in<br />

virtú del patto stipulato con loro e della<br />

Chiesa stabilita tra di loro, erano un popolo<br />

consacrato all’Eterno (v. 3), dedicato<br />

al suo onore e sotto la sua speciale<br />

tutela. Erano le primizie della sua rendita<br />

(v. 3), la prima Chiesa che Dio aveva costituito<br />

nel mondo. Loro erano le primizie,<br />

ma il raccolto completo doveva essere<br />

raccolto tra i pagani. Le primizie<br />

della rendita erano la parte che apparteneva<br />

a Dio, erano offerte a lui e lui era<br />

onorato di averle; gli Ebrei erano questo,<br />

e il poco tributo, reddito e omaggio che<br />

Dio riceveva dal mondo, lo riceveva principalmente<br />

da loro. Essere riservati a Dio<br />

in questo modo, per loro era un onore, e<br />

quest’onore appartiene a tutti i santi, che<br />

sono le primizie delle sue creature (Gm<br />

1:18). [2] Avendo sposato Israele, Dio<br />

aveva sposato la loro causa diventando<br />

nemico de’ loro nemici (Es 23:22).<br />

Inoltre, visto che erano le primizie della<br />

sua rendita, tutti quelli che lo divoravano<br />

si rendevan colpevoli (v. 3); peccavano, si<br />

rendevano rei e il male ricadeva su di<br />

loro, come accadeva a chi era considerato<br />

38<br />

colpevole per aver divorato le primizie, o<br />

ciò che dev’esser consacrato all’Eterno<br />

(Le 5:15), appropriandosene o usandolo<br />

per sé. Chiunque cercasse di danneggiare<br />

in qualche modo il popolo di Dio, lo faceva<br />

a suo rischio e pericolo. Dio, infatti,<br />

era pronto a vendicare le loro dispute, e ai<br />

re piú superbi disse: Non toccate i miei<br />

unti (Sl 105:14, 15; Es 17:14). Dio opponeva<br />

in modo particolare quelli che cercavano<br />

di corrompere il suo popolo e di indurlo<br />

a non essere consacrato all’Eterno,<br />

come testimonia la sua opposizione ai<br />

Madianiti nell’affare di Peor (Nu 25:17,<br />

18). [3] Dio li aveva tratti dall’Egitto con<br />

mano potente e con grandi terrori (De<br />

4:34), ma con mano benevola e con<br />

grande tenerezza li aveva menati per il<br />

deserto, per un paese di solitudine e di<br />

crepacci, o di tombe (terram sepulchralem<br />

– una terra sepolcrale) in cui la terra<br />

non era per sfamarli, ma per seppellirli, in<br />

cui non ci si poteva aspettare del bene<br />

perché era un paese d’aridità, e in cui bisognava<br />

temere ogni tipo di male perché<br />

era una terra d’ombra e di morte (v. 6). In<br />

quella valle tetra avevano camminato per<br />

quarant’anni, ma Dio era con loro; il suo<br />

bastone, nella mano di Mosè, e la sua<br />

verga li consolavano, e anche lí Dio apparecchiava<br />

davanti a loro la sua mensa (Sl<br />

23:4, 5), mandandogli pane dal cielo e<br />

acqua dalle rocce. Era una terra abbandonata<br />

dall’umanità perché non garantiva né<br />

una via, né riposo. Non era un’arteria di<br />

traffico, né un luogo in cui insediarsi perché<br />

era un paese per il quale nessuno<br />

passò mai e dove non abitò mai nessuno<br />

(v. 6). Dio, infatti, insegna al proprio popolo<br />

a percorrere vie nuove, ad abitare da<br />

solo e a stare per conto suo. Le difficoltà<br />

del viaggio sono sottolineate per magnificare<br />

la potenza e la bontà di Dio che, malgrado<br />

tutte le avversità, li fece arrivare incolumi<br />

alla fine del viaggio. Tutto<br />

l’Israele spirituale di Dio deve riconoscere<br />

il proprio debito con lui, perché Dio<br />

lo conduce e lo protegge nel deserto di<br />

questo mondo, che per l’anima non è<br />

meno pericoloso di quanto quel deserto


fosse per il corpo. [4] Alla fine li fece sistemare<br />

a Canaan: Io v’ho condotti in un<br />

paese ch’è un frutteto (v. 7); che per loro,<br />

dopo tutti gli anni passati in un paese d’aridità<br />

(v. 6) sarebbe stato ancora piú gradito.<br />

Da allora ne mangiarono i frutti e i<br />

buoni prodotti (v. 7) perché gli era permesso<br />

farlo. Io v’ho condotti in un paese<br />

di Carmelo (la parola è questa); Carmelo<br />

era un luogo straordinariamente fertile e<br />

Canaan era come un unico grande frutteto<br />

(De 8:7). [5] Dio gli diede i mezzi per ottenere<br />

conoscenza e grazia e per essere in<br />

comunione con lui; questo è sottinteso in<br />

Geremia 2:8. Gli Ebrei avevano dei sacerdoti<br />

che erano depositari della legge (v.<br />

8). Leggere la legge e spiegarla, quindi,<br />

era parte del loro ministero (De 33:8).<br />

Avevano dei pastori che li guidavano e si<br />

prendevano cura di loro, dei magistrati e<br />

dei giudici; avevano dei profeti che consultavano<br />

Dio per loro e gli rivelavano il<br />

suo pensiero.<br />

2. Dio li rimproverò per la loro terribile<br />

ingratitudine e per il modo malvagio<br />

con cui avevano ricambiato i suoi favori.<br />

Tutti dovevano rispondere di quest’accusa<br />

che fu presentata nel nome di Dio<br />

contro tutte le famiglie della casa<br />

d’Israele (v. 4), poiché nessuno di loro<br />

poteva dichiararsi innocente.<br />

(a) Dio li sfidò a fornirgli degli esempi<br />

di ingiustizia e scortesia nei loro confronti.<br />

Anche se in alcune circostanze Dio<br />

gli aveva concesso il proprio favore, se in<br />

altre fosse stato duro con loro, Israele non<br />

sarebbe stato totalmente inscusabile. Dio,<br />

perciò, giustamente gli diede l’opportunità<br />

di giustificare la loro diserzione:<br />

Quale iniquità hanno trovata i vostri<br />

padri, o voi, in me (v. 5)? «Nei momenti<br />

difficili, Dio è stato un padrone duro con<br />

voi? I suoi ordini hanno mai imposto<br />

delle privazioni o costretto a fare qualcosa<br />

di inappropriato, ingiusto o sconveniente?<br />

Le sue promesse vi hanno mai ingannati,<br />

o hanno mai creato delle aspettative<br />

che poi sono state deluse? Voi che<br />

avete rinunciato al vostro patto con Dio,<br />

potete dire che era un accordo duro e che<br />

39<br />

non potevate vivere cosí? Voi che avete<br />

abbandonato i decreti di Dio, potete affermare<br />

di averlo fatto perché erano servizi<br />

gravosi, o opere che non portavano a<br />

nulla? No. Le vostre delusioni erano dovute<br />

a voi, non a Dio. Il giogo dei suoi comandamenti<br />

è dolce, e v’è gran ricompensa<br />

ad osservarli (Sl 19:11)». Si noti<br />

che quelli che abbandonano Dio non possono<br />

dire che l’Eterno li abbia mai provocati<br />

a farlo; per questo si può tranquillamente<br />

fare appello alle coscienze dei peccatori.<br />

Il servo malvagio che presentò<br />

questa scusa fu giudicato dalle sue parole<br />

(Lu 19:22). Anche se Dio ci affligge, infatti,<br />

non si può dire che in lui ci sia iniquità,<br />

perché non ci fa mai del male. Le<br />

vie del Signore sono sicuramente eque e<br />

tutte le iniquità appartengono alle nostre<br />

vie.<br />

(b) Li accusò di essere molto ingiusti e<br />

ingrati nei suoi confronti. [1] Avevano abbandonato<br />

il suo servizio: Si sono allontanati<br />

da me (v. 5). Avevano cercato di allontanarsi<br />

da Dio e dal proprio dovere,<br />

discostandosi il piú possibile dai suoi comandamenti<br />

e dalle proprie convinzioni.<br />

Di solito, chi diserta la religione ne sta piú<br />

alla larga, e la oppone maggiormente di<br />

chi non la ha mai conosciuta. [2] Avevano<br />

abbandonato il servizio di Dio per servire<br />

gli idoli, e questo era il gesto di maggior<br />

disprezzo verso Dio e il suo servizio. Non<br />

si erano allontanati da lui per migliorare,<br />

ma ingannandosi: Sono andati dietro alla<br />

vanità (v. 5), cioè all’idolatria. Un idolo,<br />

infatti, è una cosa vana e non è nulla nel<br />

mondo (1 Co 8:4; De 32:21; Gr 14:22), e<br />

le adorazioni degli idoli sono vanità (At<br />

14:15). Anche gli idolatri sono vani perché<br />

quelli che creano degli idoli sono<br />

come loro (Sl 115:8), sono legno e pietra<br />

come le statue che adorano e, come loro,<br />

non servono a niente. [3] Insieme all’idolatria,<br />

avevano introdotto ogni sorta di<br />

malvagità. Quando entrarono nella buona<br />

terra che Dio gli aveva affidato, la deturparono<br />

(v. 7), contaminando se stessi e<br />

rendendosi inadatti al servizio di Dio. Era<br />

la terra di Dio e loro erano soltanto suoi


locatari e avventizi (Le 25:23); era la sua<br />

eredità, era una terra santa che apparteneva<br />

a Emmanuele. Loro, però, la resero<br />

un’abominazione (v. 7) persino per lo<br />

stesso Dio, che era sdegnato e aborriva<br />

enormemente Israele. [4] Dopo aver abbandonato<br />

l’Eterno, anche se presto si resero<br />

conto di aver cambiato al peggio,<br />

non pensarono di tornare a lui, né fecero<br />

alcun passo in questa direzione. Né il popolo,<br />

né i sacerdoti si rivolsero a lui o<br />

pensarono al loro dovere nei sui confronti,<br />

né espressero il desiderio di recuperare<br />

il suo favore. Innanzi tutto, il popolo<br />

non domandò: Dov’è l’Eterno (v. 6)?<br />

Sebbene fossero stati educati a guardare a<br />

lui come loro Dio, e anche se spesso gli<br />

era stato detto che Dio li aveva tratti fuori<br />

dal paese d’Egitto (v. 6) affinché diventassero<br />

il suo popolo, loro non si rivolsero<br />

mai a lui, né desiderarono conoscere le<br />

sue vie. In secondo luogo, i sacerdoti non<br />

dissero: Dov’è l’Eterno (v. 8)? Quelli che<br />

avevano il dovere di servirlo con prontezza<br />

non si preoccuparono di conoscerlo,<br />

né di compiacerlo. Neppure chi avrebbe<br />

dovuto istruire il popolo nella conoscenza<br />

di Dio si curò di conoscerlo. Gli Scribi,<br />

depositari della legge (v. 8), non conoscevano<br />

né Dio né la sua volontà e non<br />

erano assolutamente in grado di spiegare<br />

le Scritture, o perlomeno non nel modo<br />

giusto. I pastori, che avrebbero dovuto<br />

pascere il gregge lontano dalle trasgressioni,<br />

erano i primi a trasgredire: Si sono<br />

ribellati a me (Gr 33:8). I falsi profeti<br />

profetavano nel nome di Baal e in suo<br />

onore, perché i re malvagi li sostenevano<br />

e li incitavano a contrapporsi ai profeti<br />

dell’Eterno. I profeti di Baal si unirono ai<br />

sacerdoti di Baal andando dietro a cose<br />

che non giovano a nulla (v. 8), cioè seguendo<br />

gli idoli che non possono aiutare<br />

in nessun modo i loro adoratori. Si osservi<br />

il modo in cui si usurpano le cariche migliori,<br />

e quanto siano soggetti alla corruzione<br />

i compiti migliori. Inoltre, quando i<br />

ciechi sono guide di ciechi (Mt 15:14),<br />

non ci si deve stupire del peccato e della<br />

rovina di un popolo.<br />

40<br />

2:9-13<br />

Dopo aver dimostrato la loro meschina<br />

ingratitudine nell’abbandonare Dio, il<br />

profeta dimostrò la loro volubilità e follia<br />

ineguagliabili: Io contenderò con voi (v.<br />

9). Si noti che prima di punire i peccatori,<br />

Dio contende con loro per indurli a ravvedersi.<br />

Inoltre, è importante notare che<br />

anche quando si dice molto riguardo alla<br />

malvagità del peccato, rimane sempre<br />

qualcos’altro da dire. Quando un capo<br />

d’accusa è stato reso effettivo, ce n’è subito<br />

un altro da aggiungere; anche dopo<br />

aver detto molto a pro di Dio, ci sono ancora<br />

molte altre cose da dire (Gb 36:2).<br />

Chi ha a che fare con i peccatori e deve<br />

condannarli deve addurre svariati argomenti<br />

e seguire il proprio corso. In passato,<br />

Dio aveva conteso con i loro padri<br />

domandando loro perché erano andati<br />

dietro alla vanità diventando essi stessi<br />

vanità (v. 5). Adesso, invece, contendeva<br />

con quelli che, insieme ai loro nipoti, persistevano<br />

nella pratica vana ereditata per<br />

tradizione dai loro padri, vale a dire con<br />

tutte le persone di ogni età che seguivano<br />

le loro orme. Chi abbandona Dio deve sapere<br />

che per poter giustificare le sue parole<br />

l’Eterno è disposto a discutere giustamente<br />

la questione con loro. Con noi<br />

Dio contende su ciò per cui dovremmo<br />

contendere con noi stessi.<br />

I. Dio gli dimostrò che avevano agito<br />

contrariamente alle usanze di tutte le nazioni.<br />

I loro vicini erano piú saldi e piú fedeli<br />

ai loro falsi dèi di quanto non lo fossero<br />

loro con il Dio vero. Gli Ebrei avevano<br />

l’ambizione di essere come le nazioni,<br />

ma in questo erano molto diversi.<br />

Dio li sfidò a fornire un esempio di una<br />

nazione che avesse cambiato dio (vv. 10,<br />

11) o che desiderasse farlo. Verificando<br />

gli annali o la situazione attuale delle<br />

isole di Chittim, della Grecia, le isole europee,<br />

che erano i paesi piú civilizzati e<br />

istruiti, e delle isole di Chedar che si trovavano<br />

a sud-est (mentre le altre erano a<br />

nord-ovest) ed erano piú incivili e barbare,<br />

non avrebbero trovato neppure una<br />

nazione che avesse cambiato dio, anche


se la aveva mai aiutata; non essendo un<br />

dio, infatti, non poteva farlo. Le nazioni<br />

avevano una venerazione tale per i loro<br />

dèi, un’opinione cosí buona di loro e un<br />

tale rispetto per le scelte dei loro padri<br />

che, sebbene fossero dèi di legno e di pietra,<br />

non intendevano cambiarli con dèi<br />

d’oro e d’argento, e neppure con il Dio<br />

vivo. Dovremmo forse lodarli per questo?<br />

Assolutamente no. Tuttavia, per rimproverare<br />

Israele, si può benissimo affermare<br />

che loro, pur essendo l’unico popolo che<br />

non aveva motivo di cambiare Dio, erano<br />

gli unici che lo avevano fatto. Si noti che,<br />

anche se è assurda o grossolanamente<br />

falsa, è difficile che gli uomini si allontanino<br />

dalla religione con cui sono cresciuti.<br />

Lo zelo e la costanza degli idolatri<br />

dovrebbe far vergognare i cristiani della<br />

loro freddezza e incostanza.<br />

II. Gli dimostrò che avevano agito<br />

contrariamente al buon senso perché, non<br />

solo avevano cambiato (a volte cambiare<br />

può essere doveroso e saggio), ma avevano<br />

cambiato al peggio facendo un cattivo<br />

affare.<br />

1. Si erano allontanati da Dio, che era<br />

la loro gloria e che li aveva resi veramente<br />

gloriosi onorandoli in ogni modo.<br />

In realtà, invece, con umile certezza<br />

avrebbero potuto gloriarsi di avere un Dio<br />

simile, che di per sé è un Dio glorioso ed<br />

è la gloria di quelli che lo hanno come<br />

Dio. Dio era la gloria del suo popolo<br />

Israele in particolare, poiché la sua gloria<br />

si era manifestata spesso sul loro<br />

Tabernacolo.<br />

2. Si erano avvicinati a degli dèi che<br />

non potevano assolutamente fargli del<br />

bene, dèi che non favoriscono i loro adoratori.<br />

Gli idolatri mutano la gloria di Dio<br />

in vergogna (Ro 1:23), e cosí fanno anche<br />

con la loro gloria. Chi disonora Dio, denigra<br />

e scredita se stesso e agisce contro i<br />

propri interessi. Si noti che a chiunque si<br />

rivolgano quelli che abbandonano Dio,<br />

non ne riceveranno mai del bene; ne saranno<br />

lusingati e compiaciuti, ma non ne<br />

trarranno mai profitto. Qui persino il<br />

Cielo è chiamato a stupirsi del peccato e<br />

41<br />

della follia di questi apostati da Dio: O<br />

cieli, stupite di questo (vv. 12, 13)! La<br />

terra è cosí totalmente corrotta che non se<br />

ne accorgerà neppure. I cieli e i corpi celesti,<br />

però, devono stupirsene. Che il sole,<br />

vedendo una simile ingratitudine, arrossisca<br />

e abbia timore di risplendere su dei<br />

disgraziati cosí irriconoscenti. Chi aveva<br />

abbandonato Dio adorava l’esercito celeste,<br />

cioè il sole, la luna e le stelle che, invece<br />

di compiacersi dell’adorazione che<br />

ricevevano, ne erano stupiti e terribilmente<br />

spaventati. Piuttosto che dare motivo<br />

a qualcuno di adorarli, avrebbero preferito<br />

essere molto desolati, completamente<br />

esausti (secondo l’originale) e privi<br />

di luce. Alcuni ritengono che L’Eterno si<br />

riferisca agli angeli del cielo che, se<br />

quando le anime ritornano a Dio si rallegrano,<br />

presumibilmente, quando le anime<br />

si ribellano da lui, si stupiscono e hanno<br />

molta paura. Il significato di queste parole<br />

è che la condotta di Israele nei confronti<br />

di Dio era tale da:<br />

(a) Stupirci e farci meravigliare del<br />

fatto che degli uomini che pretendevano<br />

di essere ragionevoli potessero fare una<br />

cosa cosí assurda.<br />

(b) Suscitare in noi un santo sdegno<br />

per l’empietà e l’affronto al nostro<br />

Creatore, del cui onore ogni uomo devoto<br />

dovrebbe essere geloso.<br />

(c) Farci tremare al pensiero delle<br />

conseguenze. Come andrà a finire?<br />

Dovremmo essere terribilmente spaventati<br />

al pensiero dell’ira e della maledizione<br />

che ricadranno su quelli che si allontanano<br />

in questo modo dalla grazia e<br />

dal favore di Dio. A che cosa occorre<br />

pensare con tutto questo terrore? A questo:<br />

«Il mio popolo, che ho istruito e che<br />

avrei dovuto governare, ha commesso<br />

due gravi peccati: ingratitudine e follia.<br />

Ha agito contrariamente al proprio dovere<br />

e al proprio interesse». [1] Avevano<br />

affrontato il loro Dio voltandogli le<br />

spalle come se non fosse degno della<br />

loro attenzione: «Hanno abbandonato<br />

me, la fonte di acqua viva, da cui traggono<br />

abbondantemente e costantemente


tutto il conforto e il sollievo di cui<br />

hanno bisogno, e lo traggono gratuitamente».<br />

Dio è la fonte di vita (Sl 36:9) e<br />

in lui ci sono grazia e forza sufficienti in<br />

eterno. Tutte le nostre fonti e i nostri<br />

fiumi sono in lui, e in realtà abbandonare<br />

lui significa negare questo. Con<br />

noi, Dio è stato un benefattore generoso,<br />

una fonte di acqua viva traboccante in<br />

eterno dei doni del suo favore.<br />

Abbandonare Dio significa rifiutare di<br />

riconoscere la sua benevolenza e di offrire<br />

il tributo di amore e di lode che la<br />

sua benevolenza ci chiama a rendergli.<br />

[2] Si erano ingannati, avevano rinunciato<br />

alla misericordia per seguire vanità<br />

mendaci. Avevano fatto molta fatica per<br />

scavare delle cisterne, dei pozzi o dei<br />

serbatoi nella terra o nella roccia in cui<br />

portare l’acqua o in cui raccogliere la<br />

pioggia. Tuttavia, si erano rivelate cisterne<br />

rotte e bucate, quindi non potevano<br />

contenere l’acqua. Quando andarono<br />

a dissetarsi trovarono solamente<br />

fango e melma, e i sedimenti di un lago.<br />

Agli adoratori degli idoli successe la<br />

stessa cosa, e il cambiamento di chi abbandonò<br />

Dio per servire gli idoli portò<br />

allo stesso risultato. Quando si fa di una<br />

creatura, della ricchezza, del piacere o<br />

dell’onore un idolo, se si basa la propria<br />

felicità su questo, se si spera di trovare<br />

in una creatura il conforto e la soddisfazione<br />

che si ottengono solo in Dio, e se<br />

si rende una creatura la propria gioia e il<br />

proprio amore, la propria speranza e sicurezza,<br />

allora si troverà una cisterna<br />

costruita e riempita con grandi sforzi,<br />

che nella migliore delle ipotesi conterrà<br />

poca acqua, ma che sarà morta e inerme<br />

e presto si corromperà diventando nauseante.<br />

Anzi, sarà una cisterna rotta, che<br />

con il caldo si incrina e si spacca facendoci<br />

perdere l’acqua nel momento in cui<br />

ne abbiamo piú bisogno (Gb 6:15). Di<br />

conseguenza, cerchiamo di essere fedeli<br />

solo al Signore con fermo proponimento<br />

di cuore; a chi altro ce ne andremmo<br />

noi? Dio ha le parole di vita eterna (Gv<br />

6:68).<br />

42<br />

2:14-19<br />

Il profeta, per provare ulteriormente la<br />

follia di aver abbandonato Dio, gli mostrò<br />

il male che si erano già procurati facendolo.<br />

Gli era già costata cara, tutte le calamità<br />

che stavano colpendo il loro paese,<br />

infatti, dipendevano da questo, ma erano<br />

soltanto la garanzia delle ulteriori e maggiori<br />

difficoltà che avrebbero incontrato<br />

se non si fossero ravveduti. Si osservi<br />

quanto soffrirono a causa della loro follia.<br />

I. I loro vicini, loro nemici dichiarati,<br />

prevalsero su di loro a causa del loro peccato.<br />

1. Furono schiavizzati e persero la libertà:<br />

Israele è egli uno schiavo (v. 14)?<br />

«No, Israele è il mio figliuolo, il mio primogenito<br />

(Es 4:22). Sono figli, e sono<br />

eredi; sono di estrazione nobile. Sono la<br />

progenie di Abramo, l’amico di Dio, e di<br />

Giacobbe il suo prescelto. È egli uno<br />

schiavo nato in casa (v. 14)? No, non è figlio<br />

della schiava, ma della donna libera».<br />

Israele era destinato a dominare, non a<br />

servire. Ogni tratto della sua costituzione<br />

delineava libertà e onore. Perché allora fu<br />

privato della sua libertà? Perché fu reso<br />

servo, come uno schiavo nato in casa?<br />

Perché si rese schiavo delle proprie passioni,<br />

dei propri idoli e di ciò che non<br />

porta a nulla (v. 11)? Che peccato che un<br />

diritto di nascita simile sia venduto per un<br />

piatto di minestra, e che una corona del<br />

genere sia profanata e buttata nella spazzatura!<br />

Perché Israele divenne schiavo<br />

dell’oppressore? Dio aveva ordinato che<br />

il settimo anno lo schiavo ebreo fosse liberato<br />

e che gli schiavi di Israele dovevano<br />

essere stranieri, non fratelli (Le<br />

25:44, 46). Ciononostante i principi<br />

schiavizzavano i loro sudditi e i padroni<br />

schiavizzavano i loro servi (Gr 34:11),<br />

rendendo cosí il loro paese, che Dio aveva<br />

reso felice e onorabile, infimo e miserabile.<br />

I principi e le potenze vicini li attaccarono<br />

e resero alcuni di loro schiavi nel<br />

proprio paese, e forse vendettero gli altri<br />

come schiavi ai paesi stranieri. Come avevano<br />

fatto a perdere la loro libertà cosí?<br />

Si erano venduti per le loro iniquità (Is


50:1). Queste cose si possono applicare<br />

anche all’aspetto spirituale. L’anima dell’uomo<br />

è schiava? È come uno schiavo<br />

nato in casa? No, non lo è. E allora perché<br />

è rapita? Perché ha venduto la propria libertà<br />

facendosi schiava delle concupiscenze<br />

e delle passioni; questa è una lamentazione<br />

e deve essere intesa come<br />

tale.<br />

2. Si impoverirono e persero le loro<br />

ricchezze. Dio li aveva condotti in un<br />

paese prospero (v. 7), ma tutti i loro vicini<br />

li attaccarono: «I leoncelli ruggono contro<br />

di lui, e fanno udire la loro voce (v.<br />

15); per Israele sono un terrore continuo».<br />

A volte un potente nemico, a volte un<br />

altro, e altre volte molti nemici insieme lo<br />

attaccavano e trionfavano su di lui.<br />

Portavano via i frutti della sua terra e la<br />

rovinavano e, dopo averle saccheggiate,<br />

bruciavano le città affinché rimanessero<br />

senza abitanti a causa della mancanza di<br />

case in cui abitare, o perché gli abitanti<br />

venivano portati in cattività.<br />

3. Furono maltrattati, ingiuriati e colpiti<br />

da tutti: «Perfino gli abitanti di Nof e<br />

di Tafanes, uomini spregevoli che non<br />

emergono né per coraggio militare, né per<br />

la loro forza, ti divorano il cranio (v. 16),<br />

o se ne sfamano. In tutte le lotte contro di<br />

te sono stati troppo duri per te, e tu ne sei<br />

sempre uscito con il cranio spaccato. La<br />

parte principale del tuo paese, quella accanto<br />

a Gerusalemme, per loro è stata ed<br />

è una preda». La condizione disastrosa in<br />

cui si trovava Giuda durante il regno di<br />

Manasse è descritta in 2 Cronache 33:11,<br />

e probabilmente non era migliorata<br />

molto.<br />

4. Tutto questo era dovuto al loro peccato:<br />

«Non ve la siete voluta voi (v. 17)?».<br />

Stipulando alleanze peccaminose con le<br />

altre nazioni, e soprattutto conformandosi<br />

alle loro usanze e abitudini idolatre, si<br />

erano resi molto infimi e spregevoli,<br />

come fanno tutti quelli che prima professano<br />

la religione e poi la abbandonano. A<br />

quel punto non si vedeva nulla di ciò che,<br />

in base alla loro costituzione, li rendeva<br />

onorabili e temibili, perciò nessuno li ri-<br />

43<br />

spettava né li temeva. Questo non era<br />

tutto, però. Avevano provocato Dio ad abbandonarli<br />

nelle mani dei loro nemici,<br />

rendendoli loro fustigatori e garantendogli<br />

successo contro Israele. Inoltre: «Tutto<br />

questo non ti succede egli perché hai abbandonato<br />

l’Eterno, il tuo Dio (v. 17),<br />

violando la tua alleanza con lui e fuggendo<br />

dalla sua protezione? La protezione<br />

e l’alleanza, infatti, vanno di pari<br />

passo». In qualsiasi difficoltà ci troviamo,<br />

in ogni momento, possiamo ringraziare<br />

soltanto noi stessi, perché siamo noi che,<br />

abbandonando Dio, le cerchiamo: «Hai<br />

abbandonato l’Eterno, il tuo Dio, mentr’egli<br />

ti menava per la buona via (v. 17).<br />

Proprio quando ti stava conducendo verso<br />

la pace e la felicità, e ti mancava soltanto<br />

un passo, lo hai abbandonato sbarrandoti<br />

la strada da solo».<br />

II. I loro vicini, che fingevano di essergli<br />

amici, li ingannarono, li tormentarono<br />

e non li aiutarono, e anche questo era<br />

dovuto al loro peccato.<br />

1. Avevano cercato invano l’aiuto<br />

dell’Egitto e dell’Assiria: Che hai tu da<br />

fare sulla via che mena in Egitto (v. 18)?<br />

«Quando temete il pericolo correte a chiedere<br />

aiuto all’Egitto (Is 30:1-2; 31:1), per<br />

andare a bere l’acqua del Nilo (v. 18).<br />

Fate affidamento sulla loro numerosità, e<br />

vi lasciate ristorare dalle loro allettanti<br />

promesse. Altre volte, andate velocemente<br />

avanti e indietro sulla via che mena<br />

in Assiria (v. 18) per cercare delle reclute,<br />

e pensate di dissetarvi con le acque del<br />

fiume Eufrate, ma cosa ci andate a fare?<br />

Cosa pensate di ottenere rivolgendovi a<br />

loro? Il loro aiuto sarà vano e per voi sarà<br />

come una canna rotta, e quello che consideravate<br />

un fiume, per voi sarà soltanto<br />

una cisterna rotta».<br />

2. Anche questo fu causato dal loro<br />

peccato. La punizione che si erano meritati<br />

peccando, sarebbe inevitabilmente ricaduta<br />

su di loro. A cosa serviva, quindi,<br />

chiedere aiuto per contrastarla? «La tua<br />

propria malvagità è quella che ti castiga<br />

(v. 19), perciò è impossibile che loro ti<br />

salvino. Sappi e vedi, quindi, che abban-


donare Dio è sempre una cosa malvagia, e<br />

che è proprio questo che rende i tuoi nemici<br />

veramente nemici, e rende vana l’amicizia<br />

dei tuoi amici». Si osservino:<br />

(a) La natura del peccato: abbandonare<br />

l’Eterno come nostro Dio; l’alienazione<br />

dell’anima da lui e l’avversione verso di<br />

lui. Rimanere fedeli al peccato significa<br />

lasciare Dio.<br />

(b) La causa del peccato: non avere timore<br />

dell’Eterno. Si pecca per mancanza<br />

di un buon principio in sé, in particolare<br />

per mancanza di timore di Dio. È questa,<br />

infatti, la radice della nostra apostasia; gli<br />

uomini non fanno il loro dovere verso Dio<br />

perché non lo paventano e non hanno<br />

paura della sua disapprovazione.<br />

(c) La malignità del peccato: è una<br />

cosa malvagia e amara. Il peccato è un<br />

male, è soltanto un male, e non comprende<br />

nulla di buono; è la radice e la<br />

causa di tutti gli altri mali. È un male veramente<br />

perché non è soltanto la massima<br />

opposizione alla natura divina, ma è<br />

anche la corruzione maggiore della natura<br />

umana. È una cosa amara: la condizione<br />

di peccato è come fiele amaro e alla fine<br />

ogni via peccaminosa conduce all’amarezza.<br />

Il salario del peccato è la morte<br />

(Ro 6:23), e la morte è amara.<br />

(d) Le conseguenze fatali del peccato:<br />

essendo malvagio e amaro, ha una spiccata<br />

tendenza a renderci infelici. La tua propria<br />

malvagità è quella che ti castiga, e le tue<br />

infedeltà sono la tua punizione (v. 19).<br />

«Non solo ti distruggeranno e ti rovineranno<br />

in futuro, ma ti correggeranno e ti<br />

rimprovereranno adesso. Sicuramente ti<br />

metteranno in difficoltà; la punizione, infatti,<br />

sarà una conseguenza del peccato talmente<br />

inevitabile, che si può dire che sarà<br />

il peccato stesso a punirti. Anzi, il tipo di<br />

castigo e le sue circostanze risponderanno<br />

cosí direttamente al peccato, che vi si potrà<br />

leggere il peccato stesso. La giustizia del<br />

castigo, inoltre, sarà cosí evidente che non<br />

avrai parole da pronunciare in tua difesa.<br />

La tua malvagità ti convincerà e ti metterà<br />

a tacere per sempre, e sarai costretto a riconoscere<br />

che l’Eterno è giusto».<br />

44<br />

(e) Il modo in cui mettere in pratica<br />

questo insegnamento: «Sappi dunque e<br />

vedi (v. 19), e pentiti del tuo peccato, affinché<br />

l’iniquità che ti castiga non diventi<br />

la tua rovina».<br />

2:20-28<br />

In questi versetti Geremia continua la<br />

propria accusa contro questo popolo apostata.<br />

Si osservino:<br />

I. Il peccato di cui li accusò: idolatria,<br />

la grande provocazione di cui erano notoriamente<br />

colpevoli.<br />

1. Frequentavano i luoghi in cui si adoravano<br />

gli idoli: Sopra ogni alto colle e<br />

sotto ogni albero verdeggiante (v. 20).<br />

«Negli alti luoghi e nei boschi, in tutti i<br />

posti in cui i pagani sono stati cosí schiocchi<br />

da venerare, ti sei buttata, prima da<br />

una parte e poi dall’altra, come un vagabondo<br />

o una persona che non è mai tranquilla,<br />

né soddisfatta, come una prostituta<br />

(v. 20)». L’adorazione di falsi dèi, che è<br />

prostituzione spirituale, era comunemente<br />

associata alla prostituzione carnale. Chi<br />

lascia Dio vaga all’infinito, e la concupiscenza<br />

errante è insaziabile.<br />

2. Si erano costruiti delle statue a cui<br />

rendevano onore (vv. 26, 27). Non solo la<br />

gente comune, ma persino i re e i capi,<br />

che avrebbero dovuto dissuadere il popolo<br />

dal commettere il male, e i sacerdoti<br />

e i profeti, che avrebbero dovuto insegnargli<br />

a fare il bene, furono cosí maledettamente<br />

stolti e sciocchi, e furono dominati<br />

da un’illusione cosí potente, da<br />

dire al legno: «Tu sei mio padre (vale a<br />

dire, “tu sei il mio dio, il mio creatore<br />

verso cui sono in debito e da cui dipendo”)»;<br />

e alla pietra, cioè a un idolo di<br />

pietra: «Tu ci hai dato la vita, perciò proteggimi,<br />

abbi cura di me ed educami (v.<br />

27)». Che affronto piú grande potevano<br />

fare gli uomini a Dio, che è nostro Padre<br />

e ci ha creati? Questo fu un diniego assoluto<br />

dei loro obblighi verso di lui. In che<br />

modo gli uomini potevano offendere di<br />

piú se stessi e la propria ragione, se non<br />

riconoscendo ciò che di per sé è assurdo e<br />

impossibile e ritenendo il legno e la pietra


loro genitori, senza considerarsi migliori<br />

del legno e delle pietre? Quando li scelsero<br />

come oggetti di adorazione per la<br />

prima volta, pensavano che sarebbero<br />

stati animati da qualche potere o spirito<br />

celestiali. Tuttavia, questo pensiero fu<br />

gradualmente abbandonato e gli idolatri,<br />

persino i capi e i sacerdoti, nella loro illusione<br />

divennero talmente vani da considerare<br />

loro padre l’idolo in sé e da adorarlo,<br />

anche se era fatto di legno e di pietra.<br />

3. Costruivano idoli inutili senza sosta:<br />

O Giuda, tu hai tanti dèi quante città (v.<br />

28)! Dopo aver abbandonato il Dio unico<br />

e onnipotente:<br />

(a) Non furono appagati da nessuno<br />

dei loro dèi, perciò desideravano sempre<br />

di nuovi. Il fatto che sotto quest’aspetto<br />

l’idolatria sia uguale alla cupidigia, che è<br />

idolatria spirituale (piú gli uomini hanno,<br />

infatti, piú desiderano avere), dimostra<br />

chiaramente che quando l’uomo fa di<br />

qualcosa un idolo, in seguito si accorge<br />

che è l’idolo insufficiente e insoddisfacente,<br />

e che non può render perfetti quelli<br />

che si accostano a lui.<br />

(b) Non riuscirono a credere tutti nello<br />

stesso dio. Avendo abbandonato il fulcro<br />

dell’unità, incorsero in infinite discordie.<br />

A una città piaceva un idolo e all’altra un<br />

altro, e ognuna era ansiosa di avere a portata<br />

di mano il proprio idolo da accudire.<br />

In questo modo cercarono invano in molti<br />

dèi ciò che si può trovare soltanto in un<br />

Dio.<br />

II. La prova del loro peccato. Non<br />

c’era bisogno di convocare alcun testimone,<br />

perché i famigerati episodi che ne<br />

davano prova erano noti.<br />

1. Cercarono di negarlo e furono pronti<br />

a dichiararsi innocenti. Finsero di voler<br />

abbandonare questa colpa; si lavarono col<br />

nitro e usarono molto sapone adducendo<br />

svariate scuse e attenuanti per il loro<br />

gesto (v. 22). Finsero di non averli adorati<br />

come dèi, ma come demoni e mediatori<br />

tra il Dio immortale e gli uomini mortali,<br />

o di non avergli conferito un onore divino,<br />

ma un rispetto civile. In questo<br />

modo cercarono di eludere le condanne<br />

45<br />

della Parola di Dio e di ripararsi dal terrore<br />

della sua ira. Alcuni di loro ebbero<br />

persino l’impudenza di negare la cosa, dicendo:<br />

Io non mi son contaminata, non<br />

sono andata dietro ai Baal (v. 23). Visto<br />

che lo avevano fatto in segreto, occultando<br />

la cosa accuratamente (cfr. Ez<br />

8:12), pensavano che nessuno avrebbe<br />

mai potuto provarlo, ed ebbero il coraggio<br />

di negarlo. In questo, e in altre cose, la<br />

loro condotta era uguale a quella della<br />

donna adultera che dice: Non ho fatto<br />

nulla di male (Pr 30:20)!<br />

2. Malgrado tutte le loro scuse, furono<br />

considerati colpevoli e condannati:<br />

«Come puoi tu negarlo e dire: Non sono<br />

andata dietro ai Baal? Come puoi negare<br />

la tua colpa e dire: Non mi sono contaminata<br />

(v. 23)? Il profeta, di fronte alla loro<br />

impudenza, si meravigliò: «Come potete<br />

avere la faccia tosta di negarlo, se è evidente?».<br />

(a) «L’onniscienza di Dio testimonia<br />

contro di voi: La tua iniquità lascia una<br />

macchia dinanzi a me, dice il Signore,<br />

l’Eterno (v. 22). È conservata e nascosta e<br />

sarà presentata contro di te nel giorno del<br />

giudizio, sigillata nei miei tesori (De<br />

32:34; Gb 21:19; Os 13:12); è profondamente<br />

impressa e visibile dinanzi a me<br />

(come ritengono alcuni). Anche se cerchi<br />

di cancellarla, come fanno gli assassini<br />

cercando di eliminare le tracce di sangue<br />

della persona uccisa dai loro abiti, non la<br />

eliminerai mai. Dio la vede, e certamente<br />

il suo giudizio si basa sulla verità».<br />

(b) «La tua stessa coscienza testimonia<br />

contro di te». Guarda i tuoi passi nella<br />

valle [non avevano adorato gli idoli soltanto<br />

sugli alti colli, ma anche nelle valli<br />

(Is 57:5, 6)], nella valle dirimpetto a Bet-<br />

Peor (secondo alcuni) in cui adoravano<br />

Baal-Peor (De 34:6; Nu 25:3), come se il<br />

profeta guardasse ai tempi dell’iniquità di<br />

Peor (Gs 22:17). Se si riferiva a una valle<br />

in particolare, però, sicuramente si trattava<br />

della valle del figliuolo di Innom (Gr<br />

7:31) perché era qui che sacrificavano i<br />

propri figli a Moloc e quindi era questo il<br />

luogo che testimoniava contro di loro piú


di tutti gli altri: «Guarda in quella valle, e<br />

non potrai non riconoscere quello che hai<br />

fatto (v. 23)».<br />

III. Le aggravanti del peccato di cui<br />

erano accusati, che lo resero ancora piú<br />

grave.<br />

1. Dio aveva fatto grandi cose per loro,<br />

ma loro si erano allontanati da lui e si<br />

erano ribellati contro di lui: Già da lungo<br />

tempo tu hai spezzato il tuo giogo e rotto<br />

i tuoi legami (v. 20). Questo si riferisce al<br />

momento in cui erano stati tratti<br />

dall’Egitto, dalla casa di servitú (Es<br />

13:3), di cui loro non si ricordavano (v.<br />

6), ma Dio sí. Quando gli aveva detto che<br />

non avrebbero dovuto avere altri dèi al<br />

suo cospetto, infatti, per giustificare l’ordine<br />

Dio aveva fatto questa premessa: Io<br />

sono l’Eterno, l’Iddio tuo, che ti ho tratto<br />

fuori dal paese d’Egitto (De 5:6). I loro<br />

legami, che l’Eterno aveva spezzato,<br />

avrebbero dovuto vincolarli a Dio per<br />

sempre, ma loro, per ingratitudine, avevano<br />

rotto i legami del proprio dovere<br />

verso il Dio che aveva spezzato i legami<br />

della loro schiavitú.<br />

2. Avevano promesso onestamente, ma<br />

non avevano mantenuto la promessa:<br />

«Diceste che non avreste mai trasgredito<br />

(v. 20). Nel momento in cui la misericordia<br />

della vostra liberazione era fresca, voi<br />

ne foste talmente colpiti da essere disposti<br />

a sottostare ai legami piú sacri per continuare<br />

a essere fedeli al vostro Dio senza<br />

mai tradirlo». A quel tempo avevano<br />

detto: No! No! Noi serviremo l’Eterno<br />

(Gs 24:21). Quante volte abbiamo detto<br />

che non avremmo peccato, che non<br />

avremmo piú offeso, ma poi ci siamo rivoltati<br />

come un arco fallace (Sl 78:57), ripetendo<br />

e moltiplicando le nostre trasgressioni?<br />

3. Rispetto a ciò che erano stati nel<br />

momento in cui Dio li aveva resi il proprio<br />

popolo la prima volta erano miseramente<br />

degenerati: Io t’avevo piantato<br />

come una nobile vigna (v. 21). La costituzione<br />

del loro governo, sia nella Chiesa<br />

che nello stato, era eccellente, le loro<br />

leggi erano giuste, e tutti i loro decreti<br />

46<br />

erano istruttivi e molto significativi.<br />

Inoltre, quella che si era stabilita per la<br />

prima volta nella terra di Canaan, era una<br />

generazione di uomini devoti. Israele<br />

serví all’Eterno e rimase fedele a lui durante<br />

tutta la vita di Giosuè e durante<br />

tutta la vita degli anziani che sopravvissero<br />

a Giosuè (Gs 24:31). A quel tempo<br />

erano veramente del miglior ceppo (v.<br />

21), adatti e ripopolare la vigna in cui<br />

erano stati trapiantati insieme alle viti migliori,<br />

ma le cose andarono diversamente.<br />

La generazione immediatamente successiva,<br />

infatti, non conosceva l’Eterno, né le<br />

opere ch’egli avea compiute (Gc 2:10), e<br />

cosí peggiorarono sempre di piú fino a diventare<br />

rampolli degenerati di una vigna<br />

straniera (v. 21). In quel momento erano<br />

l’opposto di ciò che erano stati all’inizio.<br />

La loro costituzione era stata violata e in<br />

loro non c’era nulla delle cose buone che<br />

ci si sarebbe potuti aspettare da un popolo<br />

formato cosí felicemente, non c’era nulla<br />

della purezza e della devozione dei loro<br />

avi. La loro vigna vien dalla vigna di<br />

Sodoma (De 32:32). Questo può essere<br />

opportunamente riferito alla natura dell’uomo,<br />

che fu creato dal suo grande autore<br />

come una nobile vigna tutta del miglior<br />

ceppo [(v. 21); Dio ha fatto l’uomo<br />

retto (Ec 7:29)], ma l’uomo è cosí totalmente<br />

corrotto che è diventato il rampollo<br />

degenere di una vigna straniera (v. 21)<br />

che produce veleno e assenzio (De 29:18).<br />

Per Dio, infatti, è disgustoso e offensivo.<br />

4. Erano impetuosi e desiderosi di dedicarsi<br />

all’idolatria, adoravano i loro idoli<br />

e ne volevano di nuovi. Inoltre, il loro impulso<br />

a perseverare in questo peccato era<br />

talmente forte che non si lasciavano persuadere<br />

ad abbandonarlo né dalla Parola<br />

di Dio, né dalla sua Provvidenza. Furono<br />

paragonati a una dromedaria leggera e<br />

vagabonda (v. 23), una femmina di questa<br />

specie in cerca del maschio, e a un’asina<br />

selvatica avvezza al deserto con lo stesso<br />

fine, non ammaestrata dal lavoro, e quindi<br />

molto dissoluta che, quando si avvicina<br />

all’asino, aspira l’aria nell’ardore della<br />

sua passione (v. 24) con una brama che


nessuno potrà impedirle di soddisfare.<br />

Chi potrà ostacolarla nell’ottenere ciò che<br />

desidera? Tutti quelli che la cercano non<br />

hanno da affaticarsi (v. 24) perché sanno<br />

che non ce n’è bisogno; basterà solo un<br />

po’ di pazienza finché non sarà incinta e<br />

finché non arriverà l’ultimo mese, in cui<br />

partorirà (Gb 39:2), sarà pesante e impacciata,<br />

e allora chi la cerca la troverà nel<br />

suo mese (v. 24) e non potrà sfuggirgli. Si<br />

noti che:<br />

(a) La concupiscenza bramosa è una<br />

cosa negativa, e chi non intende smettere<br />

di cercare di gratificarla, ma la asseconda<br />

con la ragione, con la coscienza e con l’onore<br />

deve essere considerato alla stregua<br />

di un animale selvaggio nato e rimasto<br />

come un puledro d’onagro (Gb 11:12).<br />

Non bisogna, quindi, considerarlo una<br />

creatura ragionevole.<br />

(b) L’idolatria inebria in modo insolito,<br />

e chi ne diventa dipendente non guarisce<br />

molto facilmente. È una passione<br />

molto piú ostinata di tutte le altre.<br />

(c) Ci sono persone cosí tanto determinate<br />

a perseverare nelle loro concupiscenze,<br />

che cercare di frenarle non serve a<br />

nulla; chi lo fa, infatti, non ottiene alcun<br />

risultato. Efraim s’è congiunto con gl’idoli;<br />

lascialo (Os 4:17)!<br />

(d) Verrà il giorno in cui le persone piú<br />

selvagge saranno ammaestrate e quelle<br />

piú dissolute saranno docili. Quando l’afflizione<br />

e l’angoscia li colpiranno, allora<br />

le loro orecchie daranno ascolto alla disciplina<br />

e questo sarà il momento in cui si<br />

potranno recuperare (Sl 141:5, 6).<br />

5. Erano ostinati nel loro peccato e<br />

come non si lasciavano frenare, cosí non<br />

si riformavano (v. 25). Qui abbiamo:<br />

(a) Il chiaro avvertimento della rovina<br />

in cui alla fine sarebbero caduti se avessero<br />

perseverato in queste pratiche malvagie,<br />

e il conseguente suggerimento a non<br />

persistere su questa strada ma a cambiarla.<br />

Dio li avrebbe certamente condotti<br />

a una miserabile condizione di cattività,<br />

lasciandoli scalzi e costringendoli a camminare<br />

scalzi, e inducendo i loro oppressori<br />

a non concedergli acqua, facendo<br />

47<br />

cosí inaridire le loro gole. Questa sarebbe<br />

stata la loro fine. Chi adora dèi stranieri e<br />

chi adora come gli stranieri sarà giustamente<br />

fatto prigioniero di re stranieri in<br />

terra straniera. «Cerca di rimediare in<br />

tempo, quindi. Correndo dietro ai tuoi<br />

idoli il tuo piede rimarrà scalzo, e anelando<br />

a loro farai inaridire la tua gola.<br />

Smettila, quindi, di perseguire questi<br />

scopi impetuosi e di avere questi desideri<br />

impetuosi». Teoricamente, considerare il<br />

male a cui alla fine ci conduce il peccato,<br />

dovrebbe indurci a non perseverare nel<br />

peccato.<br />

(b) Il loro rifiuto di questo chiaro avvertimento.<br />

A quelli che volevano persuaderli<br />

a ravvedersi e a riformarsi, Israele<br />

disse: «Non c’è rimedio; no (v. 25). Non<br />

credete di influenzarmi, o di convincermi<br />

a rinnegare i miei idoli, io amo gli stranieri,<br />

e andrò dietro a loro (v. 25). Sono<br />

determinato a farlo, perciò non disturbatevi,<br />

e non disturbatemi piú con i vostri<br />

ammonimenti, perché sono inutili. Non<br />

c’è rimedio, non abbandonerò mai la mia<br />

cattiva abitudine e la mia inclinazione, è<br />

inutile cercare di dominarle, tanto vale lasciarsene<br />

governare». Si noti che la condizione<br />

di chi è arrivato al punto di permettere<br />

che la corruzione trionfi sulle sue<br />

convinzioni è veramente disperata. Sa di<br />

doversi riformare, ma dice di non poterlo<br />

fare, perciò decide di non farlo. Tuttavia,<br />

cosí come non bisogna mai smettere di<br />

sperare nella misericordia di Dio, ma occorre<br />

credere che sia sufficiente a perdonare<br />

i nostri peccati, anche se sono atroci;<br />

allo stesso modo, se ci si ravvede e si implora<br />

la sua misericordia, non si deve<br />

smettere di sperare nella grazia di Dio, ma<br />

occorre credere che, se si prega e la si<br />

sfrutta, sia in grado di soggiogare le nostre<br />

corruzioni, anche le piú gravi. Un<br />

uomo, finché si trova in questo mondo,<br />

non deve mai dire che non c’è rimedio (v.<br />

25) .<br />

6. Con il loro peccato, confidando in<br />

ciò che nel momento del bisogno sicuramente<br />

li avrebbe traditi, e abbandonando<br />

colui che li avrebbe aiutati, si erano resi


vergognosi. Come il ladro è confuso<br />

quando, malgrado l’abilità e i trucchi per<br />

non essere scoperto, è colto sul fatto e punito,<br />

cosí son confusi quelli della casa<br />

d’Israele (vv. 26-28). Non con vergogna<br />

penitente per il peccato di cui sono colpevoli,<br />

ma con vergogna per la delusione<br />

che puniva il loro peccato. Si sarebbero<br />

vergognati rendendosi conto che:<br />

(a) Erano costretti a invocare il Dio<br />

che avevano disprezzato. Nella loro prosperità<br />

avevano voltato le spalle a Dio, e<br />

non la faccia (v. 27); lo avevano disprezzato<br />

comportandosi come se lo avessero<br />

dimenticato, o avevano fatto il possibile<br />

per dimenticarlo senza guardare a lui, ma<br />

guardando altrove. Si erano allontanati da<br />

lui il piú velocemente e il piú lontano possibile,<br />

ma nel momento del bisogno,<br />

senza rivolgersi a Dio, non avevano trovato<br />

alcun sostegno. Allora, infatti, dissero:<br />

Lévati e salvaci (v. 27)! I loro padri<br />

avevano subito questa vergogna piú di<br />

una volta (Gc 3:9; 4:3; 10:10) ma non volevano<br />

lasciarsi persuadere a essere fedeli<br />

a Dio per rivolgersi a lui con maggior fiducia<br />

nel momento del bisogno.<br />

(b) Gli dèi che avevano corteggiato<br />

non potevano confortarli. Si sarebbero<br />

vergognati capendo che gli dèi che avevano<br />

creato non potevano aiutarli, e che il<br />

Dio che aveva creato loro non li avrebbe<br />

aiutati. Affinché si vergognassero e si ravvedessero,<br />

furono rimandati agli dèi che<br />

avevano scelto (Gc 10:14). Invocarono<br />

Dio dicendo: Lévati e salvaci (v. 27)! A<br />

proposito degli idoli Dio disse: «Si lévino,<br />

se ti possono salvare (v. 28). Non potete<br />

aspettarvi che, se possono, io li lasci lévarsi<br />

dai luoghi in cui sono sistemati.<br />

Metteteli pure alla prova per vedere se<br />

sono in grado di salvarvi, ma rimarrete delusi<br />

e vedrete che non possono aiutarvi<br />

perché, sebbene abbiate un dio per ogni<br />

città, le vostre città sono arse, e non vi son<br />

piú abitanti (v. 15)». Allo stesso modo, la<br />

follia dei peccatori è quella di compiacersi<br />

in ciò che sicuramente diverrà il proprio<br />

dolore e di essere fieri di ciò che certamente<br />

sarà causa di vergogna.<br />

48<br />

2:29-37<br />

Qui il profeta procede nel medesimo<br />

tentativo di condurre al ravvedimento un<br />

popolo di peccatori per evitare la loro distruzione.<br />

I. Confermò la veridicità dell’accusa.<br />

Era una cosa evidente e impossibile da<br />

contraddire. Pensare di negarla, era l’assurdità<br />

piú grande possibile e immaginabile:<br />

«Perché contendereste meco, perché<br />

mi mettereste alla prova, e perché cerchereste<br />

di trovare delle scusanti o di ottenere<br />

un’attenuazione della pena? La vostra richiesta<br />

sarà sicuramente respinta, e sarete<br />

puniti. Sapete di essere stati tutti infedeli<br />

(v. 29), e allora perché discutete con me<br />

perché contendo con voi?».<br />

II. Considerando la loro incorreggibilità<br />

e ingratitudine aggravò l’accusa.<br />

1. Non si erano lasciati persuadere<br />

dalle punizioni divine da cui erano stati<br />

colpiti: Invano ho colpito i vostri figliuoli<br />

(v. 30), cioè i figli o il popolo di Giuda.<br />

Dio, cercando di indurli a ravvedersi, li<br />

aveva rimproverati in molti modi, ma invano.<br />

Le punizioni divine, infatti, non<br />

avevano ottenuto gli effetti sperati, perché<br />

le coscienze del popolo di Giuda non si risvegliarono<br />

e i loro cuori non si intenerirono<br />

e non si umiliarono, né furono indotti<br />

a cercare Dio. Non ne hanno ricevuto<br />

correzione (v. 30) e non sono migliorati.<br />

Inoltre, non sfruttare un’afflizione in<br />

questo modo è una grande perdita. Non ne<br />

hanno ricevuto, cioè non si sono sottomessi<br />

e non si sono conformati alla correzione<br />

(v. 30), anzi i loro cuori si sono ostinati<br />

contro Dio, perciò sono stati colpiti<br />

invano. Persino i figli, i giovani (si potrebbe<br />

interpretare cosí) sono stati colpiti<br />

invano. Si sono opposti al ravvedimento<br />

cosí in fretta da diventare intrattabili<br />

come gli anziani che da tempo erano abituati<br />

a fare il male (Gr 13:23).<br />

2. Non si erano lasciati persuadere<br />

dalla Parola che Dio gli aveva mandato<br />

per bocca dei profeti suoi servitori. Al<br />

contrario, avevano ucciso i messaggeri a<br />

causa del loro messaggio: La vostra<br />

spada ha divorato i profeti, come un


leone distruttore (v. 30). «A causa della<br />

loro fedeltà li avete uccisi con la stessa<br />

rabbia, con la stessa furia, con la medesima<br />

avidità e con lo stesso piacere con<br />

cui il leone divora la sua preda». I profeti,<br />

che erano la loro benedizione piú grande,<br />

al contrario furono trattati come se fossero<br />

la piaga maggiore della loro generazione,<br />

e questo fu il loro peccato piú<br />

grave (2 Cr 36:16): Hanno ucciso i profeti<br />

(1 Te 2:15).<br />

3. Non si erano lasciati persuadere dai<br />

favori che Dio gli aveva concesso: «O generazione<br />

[anche se avrebbe potuto, Dio<br />

non li chiamò generazione incredula e<br />

perversa (Mt 17:17; Lu 9:41), né razza di<br />

vipere (Mt 3:7), ma parlò con gentilezza<br />

chiamandoli “uomini di questa generazione”],<br />

considera la parola dell’Eterno<br />

(v. 31), non ascoltarla soltanto, ma considerala<br />

con diligenza e applicatici con dedizione».<br />

Cosí come ci viene ordinato di<br />

ascoltare la verga (Mi 6:9) perché ha una<br />

voce, allo stesso modo ci viene comandato<br />

di considerare la Parola (v. 31) poiché<br />

ha delle manifestazioni e delle riproduzioni.<br />

Questo indica che le cose dette in<br />

quell’occasione erano ovvie e innegabili e<br />

che era chiaro che fossero evidenti. La<br />

Parola è scritta come un raggio di sole affinché<br />

chi corre possa leggere: Sono io<br />

stato un deserto per Israele? O un paese<br />

di fitte tenebre (v. 31)? È importante notare<br />

che nessuno che abbia avuto a che<br />

fare con Dio, ha mai avuto motivo di lamentarsi<br />

che fosse un deserto o un paese<br />

di fitte tenebre. Dio ci ha benedetti con i<br />

frutti della terra, perciò non possiamo dire<br />

che per noi è stato un deserto. Inoltre, non<br />

ha mai smesso di concederceli, quindi<br />

non possiamo dire che per noi è stato un<br />

paese di fitte tenebre. Dio ha fatto risplendere<br />

il suo sole e ha fatto cadere la<br />

sua pioggia, sia sui malvagi che sugli ingrati.<br />

Il significato, in generale, è anche<br />

che il servizio di Dio non è mai stato spiacevole<br />

o improduttivo per nessuno. A<br />

volte Dio ha condotto il proprio popolo<br />

nel deserto o in un paese di fitte tenebre,<br />

ma in quei momenti lui stesso era tutto<br />

49<br />

ciò di cui avevano bisogno: li sfamò con<br />

la manna, e li condusse mediante una colonna<br />

di fuoco, affinché il deserto per loro<br />

fosse come un campo fruttifero e una<br />

terra di luce. Per chi lo considera la propria<br />

casa e la propria parte, il mondo è un<br />

deserto e una terra di fitte tenebre, di vanità<br />

e di corsa dietro al vento. Per quelli<br />

che dimorano in Dio, però, la sorte è caduta<br />

in luoghi dilettevoli (Sl 16:6).<br />

4. Invece di lasciarsi persuadere da<br />

queste cose, erano diventati intollerabilmente<br />

insolenti e prepotenti. Dicevano:<br />

Noi siamo liberi, non vogliamo tornar piú<br />

a te (v. 31). Ora che erano diventati un<br />

regno potente, o che credevano di esserlo,<br />

si basavano sulle proprie forze e avevano<br />

smesso di dipendere da Dio. Questo è il<br />

linguaggio dei peccatori presuntuosi, e<br />

non solo è molto empio e profano, ma<br />

anche molto irragionevole e sciocco. È<br />

assurdo che:<br />

(a) Noi che siamo sudditi diciamo: Noi<br />

siamo liberi (cioè padroni) e non vogliamo<br />

tornar piú a Dio per ubbidire ai<br />

suoi ordini. Essendo il Re ab antico (Sl<br />

74:12), infatti, è anche il Re eterno e noi<br />

non potremo mai pretendere di non sottostare<br />

alla sua autorità.<br />

(b) Noi che siamo mendicanti diciamo:<br />

Noi siamo liberi, cioè siamo ricchi e non<br />

vogliamo tornar piú a Dio per ricevere i<br />

suoi favori, come se potessimo vivere<br />

senza di lui, senza aver bisogno di essergli<br />

grati. Dio se la prende giustamente a<br />

male quando quelli con cui è stato un benefattore<br />

generoso non si preoccupano né<br />

di ascoltarlo, né di parlare con lui.<br />

III. Geremia dichiarò che la loro empietà<br />

era interamente dovuta all’aver dimenticato<br />

Dio: Il mio popolo ha dimenticato<br />

me (v. 32). Avevano industriosamente<br />

bandito dalle loro menti ogni pensiero<br />

relativo a Dio, avevano sostituito i<br />

pensieri su Dio con pensieri sui loro idoli<br />

e avevano evitato tutte le cose che gli<br />

avrebbero fatto ricordare Dio.<br />

1. Nonostante fossero il suo popolo e<br />

malgrado avessero stipulato un patto con<br />

lui e professassero comunione con lui, e


anche se tra loro c’erano segni della presenza<br />

di Dio e del suo favore nei loro confronti,<br />

lo dimenticarono ugualmente.<br />

2. Lo avevano trascurato a lungo, da<br />

giorni innumerevoli (v. 32), da moltissimo<br />

tempo. Non avevano avuto dei seri<br />

pensieri su Dio per molto tempo, perciò<br />

sembrava che lo avessero dimenticato e<br />

che avessero deciso di non pensarci piú.<br />

Quanti giorni della nostra vita sono passati<br />

senza che ci ricordassimo di Dio nel<br />

modo dovuto! Chi può contare quei giorni<br />

vuoti?<br />

3. Non avevano avuto la considerazione<br />

e l’affetto verso Dio che di solito le<br />

giovani donne mostrano per i loro bei vestiti:<br />

«La fanciulla può essa dimenticare i<br />

suoi ornamenti, o la sposa la sua cintura<br />

(v. 32)? No, perché il loro cuore tiene a<br />

queste cose; le apprezzano talmente tanto<br />

e le ritengono cosí importanti, da pensare<br />

e parlare sempre di questo. Quando devono<br />

apparire in pubblico non si dimenticano<br />

i loro ornamenti, ma li indossano<br />

tutti (cfr. Is 3:18 ss.). Tuttavia, il mio popolo<br />

ha dimenticato me (v. 32)». È triste<br />

che ci siano delle persone che amano di<br />

piú i loro bei vestiti di Dio, e che preferiscano<br />

accantonare la religione, o allontanarsene,<br />

piuttosto che lasciare i loro ornamenti<br />

o separarsene. Non è Dio il nostro<br />

ornamento? Per il suo popolo, non è forse<br />

una splendida corona e un diadema d’onore<br />

(Is 28:5)? Se noi lo considerassimo<br />

cosí e se considerassimo la nostra religione<br />

come una corona di grazia sul nostro<br />

capo e come dei monili al collo (Pr<br />

1:9), ce ne preoccuperemmo come fanno<br />

tutte le donne con i loro ornamenti, o<br />

come fa una sposa col proprio abito, staremmo<br />

attenti a preservarli e ameremmo<br />

indossarli.<br />

IV. Geremia gli dimostrò la cattiva influenza<br />

che i loro peccati avevano sugli<br />

altri. I peccati delle persone che professano<br />

Dio induriscono e incoraggiano<br />

quelli che li circondano a fare il male,<br />

specialmente quando si dimostrano smaniosi<br />

e pronti a peccare: Come sei brava a<br />

trovar la via per correr dietro ai tuoi<br />

50<br />

amori (v. 33)! Qui si allude alle abitudini<br />

delle donne immonde che cercano di far<br />

bella figura con il loro aspetto seducente<br />

e i loro abiti vistosi, come Izebel che si<br />

diede il belletto agli occhi e si acconciò il<br />

capo (2 R 9:39). Cosí facendo, avevano<br />

indotto i loro vicini a unirsi a loro in complotti<br />

peccaminosi e in comunione con le<br />

loro idolatrie. Inoltre, avevano insegnato<br />

alle male femmine i loro modi (v. 33),<br />

cioè a combinare le istituzioni di Dio con<br />

i loro usi e costumi idolatri, e questa era<br />

una grave profanazione delle cose sacre e<br />

rendeva le loro pratiche idolatre peggiori<br />

di quelle degli altri. Quelli che, a causa<br />

della loro partecipazione alle opere infruttuose<br />

delle tenebre, rendono gli altri ancora<br />

piú malvagi di quanto siano, dovranno<br />

rispondere di molte cose.<br />

V. Oltre all’accusa di idolatria, furono<br />

accusati di omicidio: Fino nei lembi della<br />

tua veste si trova il sangue di poveri innocenti<br />

(v. 34) che gridavano al cielo e<br />

per cui in quel momento Dio stava domandando<br />

spiegazioni. Ci si riferisce ai<br />

figli offerti in sacrificio a Moloc, oppure<br />

queste parole possono essere interpretate<br />

in modo piú generico in riferimento a<br />

tutto il sangue innocente versato da<br />

Manasse, con cui aveva riempito<br />

Gerusalemme (2 R 21:16); il sangue giusto<br />

(Mt 23:35), specialmente quello dei<br />

profeti e delle altre persone che testimoniavano<br />

contro la loro empietà. Questo<br />

sangue non fu colto in flagrante delitto di<br />

scasso (v. 34), ma era alla luce del sole.<br />

Questo indica che la colpa di cui si erano<br />

macchiati era certa ed evidente, e non poteva<br />

essere in dubbio, né causare dispute.<br />

Inoltre, era dichiarata e chiara, e il fatto<br />

che fossero cosí sensibili da vergognarsene<br />

o da temere cercando di nasconderla,<br />

aggravava ulteriormente la loro colpa.<br />

VI. Geremia respinse la loro dichiarazione<br />

di innocenza. «Sebbene la questione<br />

sia chiara, voi dite: Io sono innocente;<br />

certo, l’ira sua s’è stornata da me;<br />

inoltre dite: Non ho peccato (v. 35). Di<br />

conseguenza, io contenderò con voi e vi<br />

convincerò del vostro errore». Siccome


negavano l’accusa e cercavano di giustificarsi,<br />

Dio avrebbe discusso e conteso con<br />

loro mediante la sua Parola e la sua verga.<br />

Di solito si spiega che si stanno ingannando<br />

a quelli che:<br />

1. Dicono di non aver offeso Dio e di<br />

aver agito con innocenza, malgrado siano<br />

colpevoli delle mostruosità piú grossolane.<br />

2. Si aspettano che Dio si riconcili con<br />

loro anche se non si sono né ravveduti, né<br />

riformati. Riconoscono di aver ricevuto i<br />

segni dell’ira di Dio, ma ritengono che<br />

siano immotivati. Pensano, inoltre, che dichiararsi<br />

innocenti basti a dimostrare di<br />

esserlo e concludono che Dio fermerà immediatamente<br />

le proprie azioni allontanando<br />

da loro la propria ira. Questa è una<br />

grande provocazione, per cui Dio contenderà<br />

con loro e li convincerà che la propria<br />

ira è giusta perché hanno peccato, e che<br />

finché loro, invece di giustificarsi in questo<br />

modo, non si umilieranno, non si giudicheranno<br />

e non condanneranno se stessi,<br />

non porrà mai fine alla sua controversia.<br />

VII. Li rimproverò per le vergognose<br />

delusioni in cui erano incorsi riponendo la<br />

loro fiducia nelle creature e inimicandosi<br />

Dio (vv. 36, 37). Spesso si erano resi colpevoli<br />

di idolatria spirituale perché confidavano<br />

in un braccio di carne (2 Cr 32:8)<br />

e cosí facendo i loro cuori si erano allontanati<br />

dall’Eterno. Qui Geremia gli dimostrò<br />

la follia del loro comportamento.<br />

1. Nella scelta delle loro sicurezze<br />

erano incessanti e insoddisfatti: «Perché<br />

hai tanta premura di mutare il tuo cammino<br />

(v. 36)? Sicuramente perché non<br />

trovi ciò che ti eri ripromesso di trovare in<br />

quelli in cui confidavi». Chi spera in Dio<br />

e cammina in continua dipendenza da lui<br />

non ha bisogno di avere fretta di mutare il<br />

suo cammino. Per avere quiete, infatti, la<br />

sua anima può tornare a lui e riposare in<br />

lui. Chi confida nelle creature, però, sarà<br />

ansioso in eterno, come la colomba di<br />

Noè che non riusciva a posarsi a terra.<br />

Tutto ciò in cui confida, infatti, lo delude<br />

e a quel punto pensa di cambiare in meglio,<br />

ma rimarrà sempre deluso. Prima<br />

Israele aveva confidato nell’Assiria e,<br />

51<br />

quando si era dimostrata una canna rotta,<br />

aveva cominciato a dipendere dall’Egitto,<br />

ma le cose non erano migliorate. Visto<br />

che le creature sono vanità, per tutti quelli<br />

che si affidano a loro sarà come correre<br />

dietro al vento, e chi ha fretta di trovare<br />

riposo, non ne troverà mai alcuno.<br />

2. Rimasero piuttosto delusi dalle sicurezze<br />

che avevano scelto. Il profeta,<br />

quindi, gli disse: «Dall’Egitto, in cui ora<br />

confidi, riceverai confusione come già<br />

l’hai ricevuta dall’Assiria (v. 37), che ti<br />

ridusse alle strette e non ti sostenne affatto<br />

(2 Cr 28:20)». Gli Ebrei, nella loro<br />

professione religiosa, erano un popolo<br />

particolare, e per questo motivo nessuna<br />

delle nazioni vicine si curava di loro, né<br />

poteva amarli sinceramente. Gli Ebrei,<br />

però, continuavano a cercare il loro favore<br />

e a confidare in loro, perciò se venivano<br />

ingannati se lo meritavano. Si osservino<br />

le conseguenze: «Anche di là uscirai,<br />

i tuoi ambasciatori e i tuoi inviati torneranno<br />

dall’Egitto re infecta – delusi,<br />

con le mani sul capo (v. 37), piangendo<br />

per la condizione disperata del proprio<br />

popolo. Oppure, anche di là, cioè in cattività<br />

in una terra straniera, uscirai con le<br />

mani sul capo (v. 37) perché ti farà male<br />

(ubi dolor ibi digitus – il dito si posa sulla<br />

piaga), o perché ti vergognerai». Tamar,<br />

infatti, al culmine della confusione, si<br />

mise la mano sul capo (2 S 13:19).<br />

«Inoltre, l’Egitto, a cui vi affidate, non<br />

sarà in grado di evitarlo, né di liberarvi<br />

dalla cattività». Chi non intende mettersi<br />

una mano sul cuore con pio dolore, che<br />

genera vita, sarà costretto a mettersi una<br />

mano sul capo con dolore mondano, che<br />

procura morte. Inoltre, visto che Dio non<br />

voleva aiutarli, non c’era da stupirsi se<br />

l’Egitto non poteva aiutarli. «Se Dio non<br />

ti aiuta, perché dovrei farlo io? Gli<br />

Egiziani sono canne rotte, perché<br />

l’Eterno rigetta quelli ne’ quali tu confidi<br />

(v. 37). Non li adopererà per sollevarti e<br />

non li onorerà a tal punto, né incoraggerà<br />

la tua fiducia in loro fino al punto di sceglierli<br />

come strumenti per farti del bene,<br />

perciò non riuscirai nel tuo intento per


loro mezzo (v. 37). Non vi saranno di<br />

alcun aiuto, né vi soddisferanno in nessun<br />

modo». Cosí come non esistono né consigli,<br />

né sapienza in grado di prevalere<br />

sull’Eterno, allo stesso modo nessuno può<br />

prevalere senza di lui. Alcuni interpretano<br />

il versetto nel seguente modo: «L’Eterno<br />

ti ha rigettato a causa di quelli in cui confidi.<br />

Siccome ti sei comportato cosí male<br />

52<br />

con lui da affidarti alle sue creature, anzi<br />

ai suoi nemici, quando invece avresti dovuto<br />

confidare soltanto in lui, Dio ti ha<br />

abbandonato alla distruzione a cui pensavi<br />

di scampare. Di conseguenza, non riuscirai<br />

nel tuo intento (v. 37) perché nessuno<br />

di quelli che si sono induriti contro<br />

Dio o che si sono estraniati da lui è ha mai<br />

avuto successo».


Introduzione<br />

53<br />

<strong>LIBRO</strong> <strong>DEL</strong>LE LAMENTAZIONI<br />

Salomone scrisse che la tristezza val meglio del riso, e che è meglio andare in una<br />

casa di duolo che in una casa di convito. Questo è certamente vero, quindi dovremmo<br />

accingerci alla lettura e alla meditazione dei capitoli malinconici di questo libro non<br />

solo di buon grado ma anche aspettandoci di esserne edificati. Per farlo è necessario<br />

assumere un atteggiamento composto, con una santa tristezza, ed essere disposti a<br />

piangere insieme al profeta piangente. Consideriamo:<br />

I. Il titolo del libro. In ebraico ha un titolo rappresentato, come accade per i libri di<br />

Mosè, dalla prima parola del testo: Ecah-How. Tuttavia, i commentatori israeliti lo<br />

chiamano come i greci: Kinoth – Lamentazioni; noi usiamo questo stesso titolo. Come<br />

abbiamo sacre odi, o canti di gioia, abbiamo anche elegie sacre, o canti di lamentazione.<br />

La Sapienza Infinita si serve di una varietà di metodi per agire su di noi e toccare<br />

le nostre emozioni, per ammorbidire il nostro cuore e renderlo capace di ricevere<br />

l’impronta delle verità divine, come fa la cera con il sigillo. Non solo vi abbiam sonato<br />

il flauto, ma abbiam cantato anche de’ lamenti (Mt 11:17).<br />

II. L’autore del libro. È il profeta Geremia, qui il poeta Geremia. La parola vate indica<br />

entrambi i ruoli, quindi questo libro è appropriatamente collocato accanto al libro<br />

della sua profezia e ne costituisce un’appendice. Nello scritto delle sue profezie sono<br />

descritte per esteso le predizioni della devastazione sofferta da Giuda e da<br />

Gerusalemme, e la sua storia, che dimostra la puntualità con cui si realizzarono le predizioni,<br />

per confermare la nostra fede. In questo libro leggiamo il dolore di Geremia<br />

per quella devastazione, con cui ci mostra la sincerità delle sue frequenti proteste. Il<br />

profeta non desiderava vedere quel giorno malvagio ma, al contrario, tale prospettiva<br />

lo riempiva di amarezza. Quando vide quelle calamità da lontano desiderò che la sua<br />

testa fosse mutata in acqua e i suoi occhi fossero una fonte di lacrime. Quando la calamità<br />

arrivò, Geremia dimostrò l’autenticità del suo desiderio e di essere ben lontano<br />

dal disaffezionarsi al suo paese, crimine di cui era accusato dai suoi nemici. Il suo<br />

paese gli aveva riservato un trattamento molto aspro, accusandolo di essere un falso<br />

profeta. Nonostante il disastro incombente fosse a un tempo una prova del suo essere<br />

realmente un profeta, e una punizione per la persecuzione inflittagli dai suoi connazionali,<br />

cosa che avrebbe potuto farlo gioire per il disastro incombente, pure si lamentò<br />

con tristezza della rovina del paese. In questo mostrò un atteggiamento migliore di<br />

quello di Giona nei confronti di Ninive.<br />

III. L’occasione di queste Lamentazioni fu la distruzione di Giuda e Gerusalemme<br />

da parte dell’esercito caldeo, e il conseguente scioglimento dello stato Ebraico, sia<br />

quello civile che quello religioso. Alcuni dei rabbini ritengono che questo libro riguardi<br />

le lamentazioni scritte da Geremia in occasione della morte di Giosia, menzionate in 2<br />

Cronache 35:25. Tuttavia, per quanto sia vero che quell’avvenimento aprí le porte a<br />

tutte le calamità successive, queste Lamentazioni sembrano essere state scritte alla<br />

vista, e non in previsione, della devastazione; non quando era ancora lontana ma dopo<br />

che ebbe luogo. Inoltre, non contengono elogi né riferimenti a Giosia, come ci si aspetterebbe<br />

in un libro di lamentazioni per la sua morte. In realtà, si tratta di un’elegia è<br />

per il funerale di Gerusalemme. Altri rabbini pensano che queste Lamentazioni fossero<br />

contenute nel rotolo scritto da Baruc sotto dettatura di Geremia, bruciato da Ioiachim,<br />

e suggeriscono che inizialmente contenesse soltanto i capitoli 1, 2 e 4, e i capitoli 3 e<br />

5 costituissero le molte altre parole simili aggiunte in seguito, ma questa è un’ipotesi


CAPITOLO 1<br />

In questo capitolo abbiamo il primo alfabeto<br />

di questa lamentazione, ventidue stanze in cui le<br />

miserie di Gerusalemme sono lamentate con<br />

amarezza e la sua deplorevole condizione è aggravata<br />

dal confronto con il suo precedente stato<br />

di prosperità. In tutto il capitolo il peccato è riconosciuto<br />

come la causa che ha provocato tutte<br />

le miserie descritte e il profeta si lamenta proprio<br />

del peccato. Fa appello a Dio per ottenere giustizia<br />

contro i nemici di Giuda e si rivolge a lui affinché<br />

abbia compassione del popolo. Il capitolo<br />

costituisce un tutto unico e le diverse rimostranze<br />

si intrecciano. È tuttavia possibile distinguere:<br />

I. Una lamentazione rivolta a Dio per la calamità<br />

del popolo e il desiderio di ricevere la sua<br />

compassione (vv. 1:1-11).<br />

II. La stessa lamentazione rivolta agli amici,<br />

col desiderio di ricevere la loro compassione (vv.<br />

1:12-17).<br />

III. Un appello rivolto a Dio e alla sua giustizia<br />

a proposito della calamità, in cui Dio è riconosciuto<br />

giusto nell’afflizione del popolo e in cui gli<br />

si chiede umilmente di dimostrarsi giusto con la<br />

sua liberazione (vv. 1:18-22).<br />

54<br />

infondata. È scritto espressamente, infatti, che quel rotolo era una ripetizione e un riassunto<br />

dei sermoni del profeta (Gr 36:2).<br />

IV. La sua composizione. Non è soltanto poetica ma anche alfabetica. I versi di tutti<br />

i capitoli, a eccezione del quinto, iniziano con una lettera seguendo l’ordine dell’alfabeto<br />

ebraico, come alcuni dei Salmi di Davide. La prima è aleph, la seconda beth, ecc.<br />

Il terzo capitolo, però, è per cosí dire un alfabeto triplo, poiché i primi tre versi iniziano<br />

con aleph, i successivi tre con beth e cosí via. Questo stile era di aiuto alla memoria<br />

(poiché questi detti lamentevoli furono scritti per essere imparati a memoria) ed era<br />

elegante. Si tratta di uno stile molto apprezzato all’epoca e quindi oggi non dovrebbe<br />

essere disprezzato. È stato osservato che nei capitoli 2, 3 e 4 la lettera pe precede ain,<br />

che in tutti gli alfabeti ebraici viene dopo. Per spiegate la cosa il dott. Lightfoot propone<br />

la seguente ipotesi: la lettera ajin, la lettera che rappresentava il numero settanta,<br />

messa fuori posto attirava l’attenzione e ricordava i settanta anni al cui termine Dio<br />

avrebbe liberato il suo popolo dalla prigionia.<br />

V. L’utilità del libro. Questo libro fu senza dubbio molto utile agli Israeliti devoti<br />

durante le loro sofferenze, e offriva loro un linguaggio spirituale con cui esprimere il<br />

loro dolore naturale, aiutando a mantenere vivo il ricordo di Sion tra di loro e a farla<br />

conoscere ai loro figli che, mentre si trovavano a Babilonia, non la avevano mai vista.<br />

Era utile per dirigere le lacrime degli Israeliti nel canale appropriato (in questo libro è<br />

insegnato a lamentarsi per il peccato e a farlo rivolgendosi a Dio), e quindi per incoraggiare<br />

la speranza che Dio sarebbe tornato e avrebbe avuto pietà di loro. È utile<br />

anche per noi, affinché possiamo essere toccati da un santo dolore per le calamità del<br />

popolo di Dio, come si conviene a chi ne è un membro vivente ed è deciso a dividere<br />

la propria sorte con l’Israele spirituale.<br />

1:1-11<br />

Le lamentazioni di questo capitolo<br />

sono talmente ricche di emozione che chi<br />

è disponibile a piangere con coloro che<br />

piangono, in teoria, leggendo questi versetti,<br />

non dovrebbe essere in grado di trattenere<br />

le lacrime. In questo capitolo:<br />

I. Si lamentano le miserie di<br />

Gerusalemme, che sono molto pesanti e<br />

aggravate da numerose circostanze.<br />

Osserviamo queste miserie riguardanti:<br />

1. La condizione della vita civile.<br />

(a) Una città popolosa adesso è vuota<br />

(La 1:1). Si parla di questo con meraviglia:<br />

chi avrebbe mai pensato che si sarebbe<br />

arrivati a questo?! Oppure, con una<br />

domanda: cosa ha portato a questo? O con<br />

una lamentazione (cfr. Ap 18:10, 16, 19):<br />

Ahi! Ahi! Come mai siede solitaria la<br />

città già cosí popolata? Era piena del suo<br />

popolo, e colma di gente di altre nazioni<br />

che vi affluivano, con cui aveva rapporti<br />

commerciali utili e relazioni piacevoli.


Adesso, però, il suo popolo è stato deportato<br />

e gli stranieri non la corteggiano piú.<br />

Siede solitaria. I luoghi principali della<br />

città non sono piú crocicchi affollati, in<br />

cui la sapienza grida (Pr 1:20, 21).<br />

Giustamente, non sono piú frequentati,<br />

poiché quivi non hanno ascoltato la sapienza.<br />

Si noti che Dio può abbattere in<br />

un istante anche chi ha prosperato grandemente.<br />

Come mai è diventata simile a<br />

una vedova? Il suo re, che per lei era o<br />

avrebbe dovuto essere come un marito, è<br />

stato abbattuto, il suo Dio la ha lasciata e<br />

le ha consegnato l’atto di divorzio. È privata<br />

dei suoi figli, solitaria e dolente<br />

come una vedova. Nessuna famiglia, nessuno<br />

stato, neppure Gerusalemme o la<br />

stessa Babilonia devono sentirsi sicure e<br />

dire: Siedo come una regina e non rimarrò<br />

mai vedova (Ap 18:7, Is 47:8).<br />

(b) Una città che dominava si trova ora<br />

sottomessa. Era stata grande fra le nazioni,<br />

amata grandemente da alcune e<br />

grandemente temuta da altre, molto rispettata<br />

e ubbidita da tutte. Alcune nazioni<br />

le mandavano regali e altre le pagavano<br />

tributi, perciò Gerusalemme era una<br />

principessa tra le province e ogni covone<br />

le si inchinava dinanzi. Persino i re cercavano<br />

il suo favore. Adesso, però, la situazione<br />

è ribaltata: non solo ha perduto i<br />

suoi amici e siede solitaria, ma ha perduto<br />

anche la sua libertà e siede tributaria.<br />

Gerusalemme, prima pagò tributi<br />

all’Egitto e poi a Babilonia. Si noti che il<br />

peccato non porta le persone soltanto alla<br />

solitudine ma anche alla schiavitú.<br />

(c) Una città che era piena di allegria è<br />

diventata malinconica e colma di dolore<br />

sotto tutti gli aspetti. Gerusalemme era<br />

stata una città gioiosa, a cui le tribú affluivano<br />

per gioire in presenza del<br />

Signore. Era la gioia di tutta la terra, ma<br />

adesso piange amaramente, il suo riso è<br />

diventato pianto, le sue feste solenni non<br />

ci sono piú. Piange durante la notte,<br />

come fa chi è realmente in lutto e piange<br />

in segreto, nel silenzio e nella solitudine;<br />

quando gli altri si preparano a riposare i<br />

suoi pensieri sono piú concentrati sui suoi<br />

55<br />

problemi e il suo dolore la tiranneggia.<br />

Adesso la sua testa è come quella del profeta,<br />

quando lei non si curava di lui: La<br />

sua testa è mutata in acqua, e i suoi occhi<br />

sono una fonte di lacrime, perciò piange<br />

giorno e notte (Gr 9:1). Le lacrime le coprono<br />

le guance continuamente. Sebbene<br />

niente si asciughi in fretta quanto una lacrima,<br />

pure il dolore fresco produce lacrime<br />

nuove, cosicché le sue guance non<br />

ne sono mai prive. È importante notare<br />

che sotto il sole non c’è niente di piú comune<br />

delle lacrime degli oppressi, che<br />

sono come nuvole che tornano dopo la<br />

pioggia (Ec 4:1).<br />

(d) Quelli che vivevano separati dai<br />

pagani adesso abitano in mezzo alle nazioni,<br />

quelli che erano un popolo particolare<br />

adesso sono un popolo misto: Giuda<br />

è andato in esilio (v. 3), lontano dalla sua<br />

terra e nella terra dei suoi nemici. Quivi<br />

abita e probabilmente continuerà ad abitare,<br />

tra gli stranieri, alieni alla conoscenza<br />

di Dio e dei patti della promessa.<br />

Tra di loro non trova riposo, non trova<br />

soddisfazione né stabilità in cui abitare, è<br />

continuamente mandato da un posto all’altro,<br />

secondo l’imperiosa volontà dei<br />

tiranni vincitori. «I suoi bambini sono andati<br />

in cattività, davanti all’avversario.<br />

Quelli che avrebbero dovuto essere il<br />

seme della generazione seguente sono<br />

stati portati via, perciò il paese adesso è<br />

devastato e probabilmente continuerà ad<br />

esserlo, e sarà perduto per mancanza di<br />

eredi (v. 5)». Chi abita tra il proprio popolo,<br />

un popolo libero sulla sua propria<br />

terra, se solo considerasse le afflizioni di<br />

chi è costretto ad andare in un paese straniero,<br />

sarebbe piú grato della misericordia<br />

di cui gode.<br />

(e) Il popolo abituato a vincere le sue<br />

guerre adesso è vinto e il nemico trionfa<br />

su di lui: «Tutti i suoi persecutori l’hanno<br />

raggiunto quand’era fra le gole strette (v.<br />

3). I nemici hanno ottenuto tutti i vantaggi<br />

possibili su di lui e il suo popolo è caduto<br />

inevitabilmente in man dell’avversario<br />

(v. 7) poiché non c’era modo di scappare.<br />

Fu circondato da ogni parte e da qualsiasi


parte cercasse di fuggire trovava degli<br />

ostacoli. Quando tentò di fuggire non ci<br />

riuscí, ma fu raggiunto e sopraffatto. Da<br />

ogni lato i suoi avversari hanno preso il<br />

sopravvento e i suoi nemici prosperano<br />

(v. 5)»; ovunque i nemici rivolsero la<br />

spada, ebbero la meglio. Gli uomini si infilano<br />

in simili gole strette per mezzo del<br />

peccato. Se permettiamo al nostro avversario<br />

e nemico piú grande di avere il dominio<br />

su di noi e di essere il nostro capo,<br />

giustamente Dio permetterà che gli altri<br />

nostri nemici dominino su di noi.<br />

(f) Quello che era stato un popolo<br />

degno, onorato da Dio e rispettato da tutti<br />

i vicini, adesso è disprezzato: Tutti quelli<br />

che l’onoravano la sprezzano (v. 8). Chi<br />

corteggiava Gerusalemme per esserle alleato<br />

adesso non la stima piú, chi la carezzava<br />

quando era sfarzosa e prosperava,<br />

adesso che si trova in difficoltà la sdegna,<br />

perché hanno visto la sua nudità.<br />

Scorgono la sua debolezza perché i suoi<br />

nemici hanno prevalso su di lei, e si accorgono<br />

che non è piú forte come in passato.<br />

Scorgono la sua malvagità poiché<br />

Dio la ha abbattuta, adesso la sua iniquità<br />

è visibile e se ne parla ovunque. È chiaro<br />

che con i suoi peccati si è resa vile: Il suo<br />

nemico trionfa (v. 9), la calpesta e la insulta,<br />

ai suoi occhi è diventata come una<br />

cosa impura, il rifiuto delle nazioni, nonostante<br />

una volta ne fosse l’orgoglio. Si<br />

noti che il peccato è la vergogna di ogni<br />

popolo.<br />

(g) Quelli che vivevano in una terra<br />

fertile sono prossimi alla morte, e molti<br />

muoiono realmente, per mancanza del<br />

cibo necessario: Tutto il suo popolo sospira<br />

per la debolezza e la disperazione, è<br />

vicino allo svenimento, il suo animo è abbattuto<br />

e per questo sospira, cerca del<br />

pane, e lo cerca invano (v. 11). Alla fine<br />

furono ridotti allo stremo, tanto che non<br />

c’era piú pane per il popolo del paese (Gr<br />

52:6) e nella loro prigionia dovevano<br />

darsi molto da fare per ottenerlo: Dà le<br />

cose sue piú preziose, i gioielli e i quadri,<br />

tutto l’arredo dello studio e degli uffici,<br />

con cui compiaceva la propria vista, per<br />

56<br />

comprare pane per se stessa e per la sua<br />

famiglia. Se ne è separata in cambio di<br />

cibo per rianimare la sua vita (La 5:6),<br />

poiché stava per venir meno. Non desiderava<br />

altro sostegno all’infuori del cibo.<br />

L’uomo dà tutto quel che possiede per la<br />

sua vita, e per il pane, che ne è il sostegno.<br />

Chi possiede cose preziose in abbondanza<br />

non deve esserne orgoglioso e non<br />

deve affezionarvisi, poiché potrebbe arrivare<br />

il momento in cui sarà felice di abbandonarle<br />

per procurarsi l’indispensabile.<br />

Chi ha cibo adatto a sollevare la propria<br />

anima deve esserne contento e grato,<br />

anche se non possiede oggetti preziosi o<br />

gradevoli.<br />

2. La condizione della vita religiosa.<br />

La rovina degli interessi sacri degli<br />

Israeliti, degna di essere commiserata<br />

molto piú delle afflizioni secolari.<br />

(a) Le feste religiose non sono piú osservate,<br />

non vi si partecipa piú: Le vie di<br />

Sion fanno cordoglio (v. 4), hanno un<br />

aspetto triste, le zizzanie le hanno invase.<br />

Guardare la gente andare avanti e indietro<br />

lungo la strada che portava al Tempio era<br />

un intrattenimento piacevole, ma adesso<br />

si può stare a lungo là davanti senza vedere<br />

il minimo movimento, perché nessuno<br />

vien piú alle solenni assemblee. Con<br />

la distruzione della città delle solennità<br />

(Is 33:20), ne è stata decretata la fine. Le<br />

assemblee solenni furono trascurate e<br />

profanate (Is 1:11, 12), e quindi giustamente<br />

vi è stata posta fine. Tuttavia,<br />

quando le vie di Sion fanno cordoglio in<br />

questo modo, tutti i figli di Sion non possono<br />

fare a meno di fare cordoglio con<br />

loro. Per gli uomini retti è molto doloroso<br />

vedere le assemblee religiose interrotte e<br />

disperse, e la possibilità di parteciparvi<br />

tolta a chi lo avrebbe voluto fare volentieri.<br />

Le vie di Sion fanno cordoglio e similmente<br />

le sue porte, presso cui gli adoratori<br />

fedeli erano soliti incontrarsi, sono<br />

deserte, non c’è piú nessuno. Un tempo il<br />

Signore amava le porte di Sion piú di<br />

tutte le dimore di Giacobbe, ma adesso le<br />

ha abbandonate, è stato provocato e<br />

spinto ad allontanarsene, quindi non può


accadere loro niente di diverso da ciò che<br />

accadde al Tempio quando Cristo lo lasciò.<br />

Ecco, la vostra casa sta per esservi<br />

lasciata deserta (Mt 23:38).<br />

(b) Ai religiosi fu impedito di officiare<br />

le funzioni a cui erano consacrati, e ne furono<br />

avviliti: I suoi sacerdoti sospirano<br />

per la devastazione del Tempio, i loro<br />

canti sono diventati sospiri. Sospirano<br />

perché non hanno niente da fare e quindi<br />

non possono ricevere nulla. Sospirano,<br />

come il popolo, per la carenza di pane (v.<br />

11), poiché le offerte al Signore, che<br />

erano la loro fonte di guadagno, non si facevano<br />

piú. Quando i sacerdoti, i ministri<br />

di Dio, sospirano, quello è il momento di<br />

sospirare. Anche le sue vergini, che erano<br />

solite adornare la solennità delle feste con<br />

la musica e la danza, sono addolorate. Il<br />

loro servizio durante i giorni della prosperità<br />

di Sion è menzionato nel libro dei<br />

Salmi (in mezzo c’erano le fanciulle, che<br />

battevano i tamburi, Sl 68:25) e adesso<br />

che mancava la sua assenza era sentita. Le<br />

sue vergini sono addolorate, e quindi ella<br />

stessa è piena d’amarezza. Questo significa<br />

che lo sono tutti gli abitanti di Sion il<br />

cui carattere li rende addolorati per le assemblee<br />

solenni, e per cui il loro disprezzo<br />

è un dolore.<br />

(c) I luoghi religiosi sono stati profanati:<br />

Ella ha visto i pagani entrare nel suo<br />

santuario (v. 10); nello stesso Tempio, in<br />

cui nessun Israelita, per quanto fosse riverente<br />

e devoto, poteva accedere, ad eccezione<br />

dei sacerdoti. Fu prescritto che lo<br />

straniero che s’accosterà all’altare, sia<br />

pure per adorare, sarà messo a morte, ma<br />

adesso in quello stesso luogo i pagani si<br />

affollano, non per adorare ma per saccheggiare.<br />

Dio aveva comandato che gli<br />

Ammoniti e i Moabiti non entrassero<br />

nella radunanza dell’Eterno e che non<br />

fossero inclusi nel popolo degli Israeliti<br />

(De 23:3). Eppure adesso entrano nel<br />

santuario senza controllo. È importante<br />

notare che per chi ha realmente a cuore la<br />

gloria di Dio niente è piú doloroso né piú<br />

lamentevole della violazione delle leggi<br />

di Dio e del disprezzo per le cose sacre. Il<br />

57<br />

profeta si lamenta della devastazione prodotta<br />

nel santuario dal nemico (Sl 74:3,<br />

4).<br />

(d) Gli utensili religiosi e tutti gli oggetti<br />

preziosi che adornavano il Tempio e<br />

lo abbellivano, usati per l’adorazione di<br />

Dio, furono presi dal nemico come bottino:<br />

L’avversario ha steso la mano su<br />

quanto ella avea di piú caro (v. 10), ha afferrato<br />

tutto, ha preso tutto per sé. In Isaia<br />

64:11 apprendiamo quali fossero queste<br />

cose preziose. In quel brano, alla lamentazione<br />

per il rogo del Tempio si aggiunge:<br />

Tutto quel che avevamo di piú<br />

caro è stato devastato. L’Arca e l’altare,<br />

insieme a tutti gli altri segni della presenza<br />

di Dio tra di loro, erano le cose piú<br />

preziose di tutte; queste sono le cose che<br />

furono fatte a pezzi e portate via. Cosí,<br />

dalla figliuola di Sion se n’è andato tutto<br />

il suo splendore (v. 6). Lo splendore della<br />

santità era la bellezza della figliuola di<br />

Sion. Quando il Tempio, la casa santa e<br />

splendida, fu distrutto la sua bellezza<br />

sparí. La sottrazione dei pegni e dei sigilli<br />

del patto costituiva la rottura della verga<br />

Favore (Za 11:10).<br />

(e) I giorni consacrati divennero oggetto<br />

di scherno: I suoi avversari la guardano,<br />

e ridono del suo misero stato (v. 7);<br />

la versione della Bibbia utilizzata dall’autore<br />

traduce del suo misero stato con dei<br />

suoi sabati, N.d.T.). I nemici si prendevano<br />

gioco degli Israeliti perché osservavano<br />

un giorno su sette come giorno di riposo<br />

dalle attività secolari. Giovenale, un<br />

poeta pagano, ridicolizza gli Israeliti della<br />

sua epoca dicendo che perdevano una settima<br />

parte del loro tempo: cui septima<br />

quaeque fuit lux ignava et vitae partem<br />

non attigit ullam – osservano i loro sabati<br />

pagandone il costo, poiché in questo<br />

modo un giorno su sette è perduto. I sabati,<br />

invece, se sono santificati in modo<br />

dovuto, si dimostreranno piú utili di tutti<br />

gli altri giorni della settimana. Mentre gli<br />

Israeliti professavano di osservarli in ubbidienza<br />

al loro Dio e per onorarlo, i loro<br />

avversari domandavano: «Che cosa ne ottenete<br />

ora? Che profitto traete dall’osser-


vare le istituzioni del vostro Dio, che vi<br />

ha abbandonato nei vostri guai?». Si noti<br />

che per tutti quelli che amano Dio sentir<br />

deridere le sue istituzioni è un dolore<br />

molto grande, in particolar modo nel caso<br />

dei sabati. Sion li chiama i suoi sabati,<br />

poiché il sabato è stato fatto per l’uomo.<br />

Si tratta di un’istituzione divina, ma i sabati<br />

sono il privilegio di Sion, e tutti i figli<br />

di Sion considerano lo scherno indirizzato<br />

ai sabati rivolto a loro personalmente, e lo<br />

prendono a cuore. Inoltre, quando sono<br />

derisi, non considerano il sabato, né nessun’altra<br />

istituzione divina, meno onorevoli<br />

o meno apprezzabili.<br />

(f) Il fatto che la condizione attuale di<br />

Sion fosse l’esatto opposto di ciò che era<br />

stata in precedenza aggravava profondamente<br />

tutti questi dolori. Ora, nei giorni<br />

della sua afflizione e della sua vita errante,<br />

in cui ogni cosa appariva tetra e uggiosa,<br />

si ricorda di tutti i beni preziosi che<br />

possedeva fino dai giorni antichi. Ora sa<br />

come apprezzarli piú di prima, piú di<br />

quando poteva goderne pienamente.<br />

Spesso Dio ci fa conoscere il valore delle<br />

sue benedizioni per mezzo della loro<br />

mancanza, e l’avversità è sopportata con<br />

difficoltà maggiore da chi vi è caduto dall’alto<br />

della prosperità. Quando fu bandito<br />

dalla partecipazione alle funzioni di Dio,<br />

Davide fu colpito al cuore dal ricordo di<br />

quando procedeva con la folla e la guidava<br />

alla casa di Dio (Sl 42:4).<br />

II. Il profeta si lamenta dei peccati di<br />

Gerusalemme, riconoscendo che sono la<br />

causa di tutte queste calamità. Chiunque<br />

possa esserne stato lo strumento, Dio è<br />

l’autore di tutte queste sofferenze. È<br />

l’Eterno che l’ha afflitta (v. 5) e lo ha<br />

fatto da Giudice giusto, poiché<br />

Gerusalemme ha gravemente peccato.<br />

1. I suoi peccati sono innumerevoli. I<br />

suoi dolori sono molti? I suoi peccati<br />

sono molti di piú. L’Eterno l’ha afflitta<br />

per la moltitudine delle sue trasgressioni<br />

(cfr. Gr 30:14). Quando le trasgressioni di<br />

un popolo si moltiplicano non possiamo<br />

dire, come fece Giobbe, che le piaghe<br />

sono moltiplicate senza motivo (Gb 9:17).<br />

58<br />

2. I suoi peccati hanno una natura<br />

estremamente orribile: Gerusalemme ha<br />

gravemente peccato, ha peccato il peccato<br />

(secondo l’originale); ha peccato volontariamente,<br />

deliberatamente, ha commesso<br />

il peccato che è la cosa abominevole<br />

piú odiata dall’Eterno, il peccato di<br />

idolatria. I peccati di Gerusalemme, che<br />

fa una professione simile e gode di simili<br />

privilegi, sono i peccati piú gravi di tutti.<br />

Ha peccato gravemente (v. 8) e quindi è<br />

caduta in modo sorprendente (v. 9). Si<br />

noti che i peccati gravi comportano una<br />

rovina sorprendente. Per alcuni operatori<br />

di iniquità c’è una punizione strana (Gb<br />

31:3), si tratta dei peccati che possono essere<br />

chiaramente compresi dalla punizione.<br />

(a) Gli Israeliti sono stati oppressori,<br />

quindi adesso sono oppressi giustamente:<br />

Giuda è andato in esilio, a motivo dell’afflizione<br />

e del duro servaggio (v. 3), poiché<br />

i ricchi affliggevano i poveri e li obbligavano<br />

a servire con durezza, e in modo<br />

particolare perché (secondo la parafrasi<br />

Caldea di questo versetto) avevano oppresso<br />

i loro servitori Israeliti, come li accusa<br />

Geremia (Gr 34:11). L’oppressione<br />

era uno dei peccati che gridava a gran<br />

voce (Gr 6:6, 7).<br />

(b) Si sono resi vili e quindi sono giustamente<br />

vilipesi. Tutti la sprezzano (v. 8)<br />

per la lordura nelle pieghe della sua<br />

veste. Dalla veste si vede che<br />

Gerusalemme la ha voltolata nel fango<br />

del peccato. Se non la macchiamo noi<br />

stessi, nessuno può macchiare la nostra<br />

gloria.<br />

(c) Sono stati al sicuro e quindi si sorprendono<br />

di questa rovina: Sion non pensava<br />

alla sua fine (v. 9). Non aveva colto<br />

le esortazioni a considerare la sua fine, a<br />

considerare l’esito di comportamenti cosí<br />

malvagi, e quindi è caduta in modo sorprendente,<br />

in una maniera stupefacente,<br />

affinché provasse ciò che non voleva temere.<br />

Per questo Dio rende le loro piaghe<br />

sorprendenti.<br />

III. Il profeta si lamenta della falsità,<br />

della vigliaccheria e dello scortesia degli


amici di Gerusalemme: Tutti i suoi amici<br />

l’hanno tradita, perciò in realtà le son diventati<br />

nemici (v. 2). L’inganno dei suoi<br />

amici le ha causato tanta afflizione quanto<br />

la devastazione dei suoi nemici. Il bastone<br />

che si rompe sotto di noi può procurarci<br />

un danno grande quanto il bastone che ci<br />

batte (Ez 29:6-7). I suoi capi, che avrebbero<br />

dovuto proteggerla, non hanno avuto<br />

abbastanza coraggio da opporsi al nemico<br />

per difendere se stessi. Sono come cervi<br />

affamati per mancanza di pastura, se ne<br />

vanno spossati dinanzi a colui che l’insegue<br />

e, non avendo la forza di fuggire,<br />

sono subito raggiunti e diventano preda<br />

dei loro vicini, poiché:<br />

1. Nessuno la soccorre (v. 7). I vicini<br />

non potevano o non volevano soccorrere<br />

Gerusalemme.<br />

2. Non ha chi la consoli, nessuno che<br />

simpatizzi con lei o suggerisca qualcosa<br />

per alleviare il suo dolore (vv. 7, 9). Come<br />

gli amici di Giobbe, i suoi amici vedevano<br />

che non sarebbe servito: la sua afflizione<br />

era troppo grande e in ogni caso sarebbero<br />

stati dei consolatori miserabili.<br />

IV. La lamentazione per tutte queste<br />

cose è rivolta al Dio di Gerusalemme e<br />

tutto è sottoposto alla sua considerazione<br />

compassionevole: «O Eterno, vedi la mia<br />

afflizione, prendine atto (v. 9); guarda o<br />

Eterno, vedi in che stato sono ridotta,<br />

considera la mia situazione (v. 11)». Si<br />

noti che l’unico modo per alleggerirci dei<br />

nostri pesi è darli a Dio, lasciando che<br />

disponga di noi come ritiene opportuno.<br />

1:12-22<br />

In questi versetti le lamentele sono sostanzialmente<br />

le stesse della parte precedente<br />

del capitolo, ma qui il profeta, a<br />

nome del popolo di Dio che si lamenta, riconosce<br />

piú chiaramente la mano<br />

dell’Eterno in queste calamità, e la sua<br />

giustizia.<br />

I. La Chiesa afflitta amplifica la sua afflizione,<br />

ma non piú di quanto lo giustificassero<br />

le circostanze. I suoi lamenti non<br />

erano piú gravosi dei colpi che subí. Sion<br />

fa appello a tutti gli spettatori: Guardate,<br />

59<br />

se v’è dolore pari al dolore da cui sono<br />

oppressa (v. 12). Forse questo avrebbe<br />

potuto essere vero per il dolore della<br />

Chiesa, ma quando abbiamo delle difficoltà<br />

noi tendiamo ad applicarlo a noi<br />

stessi con fin troppa consapevolezza, e<br />

piú del necessario. Sentiamo il peso dei<br />

nostri problemi e non ci lasciamo persuadere<br />

ad accettarli, quindi siamo pronti a<br />

gridare: «Di sicuro non c’è mai stato dolore<br />

pari al mio». In realtà, se i nostri problemi<br />

fossero messi insieme a quelli degli<br />

altri e se poi si dividessero equamente e si<br />

ridistribuissero, ognuno di noi direbbe:<br />

«Vi prego, ridatemi il mio».<br />

II. La Chiesa guarda al di là degli strumenti,<br />

all’autore delle sue afflizioni e riconosce<br />

che tutte sono dirette, determinate<br />

e disposte da lui: «È l’Eterno che mi<br />

ha afflitta, e mi ha afflitta perché è adirato<br />

con me. La grandezza del suo dispiacere<br />

può essere misurata dalla grandezza del<br />

mio dolore. È il giorno ardente della sua<br />

ira (v. 12)». Quando vediamo che provengono<br />

dall’ira di Dio, come fa il popolo<br />

di Dio qui, le afflizioni non possono non<br />

essere un dolore. La Chiesa è:<br />

1. Febbricitante, e la febbre è stata mandata<br />

da Dio: «Egli ha mandato un fuoco<br />

nelle mie ossa (v. 13), un calore soprannaturale<br />

che se n’è impadronito, in modo che<br />

si consumano come un tizzone (Sl 102:3),<br />

sono doloranti, si consumano e si seccano».<br />

2. In una rete e piú si dibatte per<br />

uscirne piú vi rimane impigliata. Inoltre, è<br />

Dio che ha steso questa rete: «Se Dio non<br />

avesse teso una rete ai miei piedi, gli stratagemmi<br />

dei miei nemici non avrebbero<br />

potuto avere successo».<br />

3. Nel deserto, il suo cammino è confuso,<br />

solitario e spossante: «M’ha rovesciata<br />

a terra in modo che non possa andare<br />

avanti, m’ha gettata nella desolazione,<br />

senza alcun sostegno, cosicché<br />

sono in un languore tutti i giorni».<br />

4. Sotto il giogo, non per il servizio ma<br />

per l’espiazione. Il collo e le caviglie sono<br />

legate insieme: Dalla sua mano è legato il<br />

giogo delle mie trasgressioni (v. 14). Si<br />

osservi che l’unico giogo a cui siamo le-


gati è quello costruito dalle nostre trasgressioni.<br />

Il peccatore è tenuto stretto<br />

dalle funi del suo peccato (Pr 5:22). Il<br />

giogo dei comandamenti di Cristo è un<br />

giogo leggero (Mt 11:30), ma quello delle<br />

nostre trasgressioni è pesante. È scritto<br />

che Dio lega questo giogo quando ci addebita<br />

la colpa e provoca le difficoltà interiori<br />

ed esteriori meritate dai nostri peccati;<br />

quando la coscienza ci lega come un<br />

suo gendarme e ci porta davanti al suo<br />

giudizio. Allora la mano della sua giustizia<br />

lega il giogo del nostro peccato e<br />

niente, tranne la mano della sua grazia<br />

che perdona, lo scioglierà.<br />

5. Sulla polvere, e l’Eterno ha atterrati<br />

tutti i suoi prodi, li ha resi incapaci di rimanere<br />

in piedi e li ha abbattuti con un<br />

giudizio dopo l’altro, ha lasciato che i<br />

vincitori superbi la calpestassero (v. 15).<br />

Anzi, è in un tino, non solo è atterrata ma<br />

calpestata e fatta a pezzi, schiacciata<br />

come uva nel tino della collera di Dio, da<br />

cui il suo sangue esce come vino. Dio ha<br />

calcato la vergine figliuola di Giuda.<br />

6. Nelle mani dei suoi nemici, ed è<br />

stato l’Eterno che la ha data nelle loro<br />

mani, che ha fiaccato la sua forza cosicché<br />

non può resistere, non può levarsi<br />

contro di loro né può rialzarsi, e quindi<br />

l’ha data nelle loro mani (v. 14). «Ha<br />

convocato contro di me una gran radunanza,<br />

per schiacciare i miei giovani, una<br />

radunanza tale da rendere vano persino il<br />

pensiero di opporvisi (v. 15)». L’Eterno<br />

ha comandato ai nemici di Giacobbe di<br />

circondarlo da tutte le parti (v. 17). Colui<br />

che molte volte ha ordinato la salvezza di<br />

Giacobbe (Sl 44:4) adesso ordina un’invasione<br />

contro di lui, poiché ha disubbidito<br />

ai comandamenti della sua legge.<br />

III. La Chiesa chiede agli spettatori<br />

della sua miseria di avere pietà e compassione<br />

di lei: «Nulla di simile vi avvenga, o<br />

voi che passate di qui. Riuscite a guardarmi<br />

senza esserne toccati? I vostri cuori<br />

sono duri come il diamante? E le vostre<br />

orecchie come marmo, tanto da non potermi<br />

rivolgere un pensiero, uno sguardo<br />

o una lacrima compassionevole? Non<br />

60<br />

avete un corpo anche voi? Il fatto che la<br />

casa del vostro vicino sia in fiamme non<br />

significa nulla per voi (v. 12)?». Per alcuni<br />

i dolori e la rovina di Sion non rappresentano<br />

nulla. Non sono addolorati<br />

per l’afflizione di Giuseppe. Come è commovente<br />

il modo in cui la Chiesa chiede<br />

la loro compassione! «Deh, ascoltate, o<br />

popoli tutti, e vedete il mio dolore. Sentite<br />

i miei lamenti e osservatene il motivo (v.<br />

18)». Questa richiesta è come quella di<br />

Giobbe: Pietà, pietà di me, voi miei amici<br />

(Gb 19:21)! Se i nostri amici simpatizzano<br />

con noi e uniscono le loro lacrime<br />

alle nostre, questo aiuta ad alleggerirne il<br />

peso poiché è una prova del fatto che<br />

anche se siamo afflitti non siamo disprezzati,<br />

cosa normalmente molto temuta.<br />

IV. La Chiesa giustifica il proprio dolore,<br />

sebbene fosse estremo, dovuto a<br />

queste calamità: «Per questo io piango,<br />

piango durante la notte (v. 2), quando nessuno<br />

mi vede. I miei occhi, i miei occhi si<br />

struggono in lacrime (v. 16)». È importante<br />

notare che per il popolo di Dio questo<br />

mondo è una valle di lacrime. I figli di<br />

Sion spesso fanno cordoglio per lei. Sion<br />

stende le mani (v. 17), e in questo caso lo<br />

fa per esprimere la sua disperazione piú<br />

che il suo desiderio: stende le mani come<br />

per rinunciare a tutto, considerandolo perduto.<br />

Osservate in che modo giustifica<br />

questo intenso dolore:<br />

1. Il suo Dio si è ritirato da lei, e<br />

Michea, che aveva soltanto dei d’oro,<br />

quando gli furono rubati gridò: Cosa ho<br />

io di piú? E cosa è questo che mi dici?<br />

Cosa ti tormenta? Qui la Chiesa si addolora<br />

eccessivamente poiché dice: Lungi<br />

da me è il Consolatore, che potrebbe rianimarmi<br />

la vita. Dio è il consolatore,<br />

colui che la consolava. Solo lui, infatti,<br />

può consolare efficacemente. La sua<br />

Parola conforta, il suo Spirito ci parla e ci<br />

conforta. La consolazione profonda, capace<br />

di rianimare la vita, di riportarla<br />

quando se ne è andata e non possiamo riprenderla,<br />

gli appartiene. Adesso, però, se<br />

ne è andato perché è dispiaciuto. È lungi<br />

da me e mi guarda da lontano. Notate:


quando Dio, che è il solo Consolatore che<br />

può rianimare le anime, si tiene a distanza,<br />

se le anime dei santi vengono<br />

meno non ci si deve meravigliare.<br />

2. I suoi figli le sono stati portati via e<br />

non possono aiutarla in alcun modo.<br />

Piange per loro, come Rachele per i suoi,<br />

perché non sono piú e quindi rifiuta di essere<br />

consolata. I suoi figliuoli sono desolati,<br />

perché il nemico ha trionfato su di<br />

loro. Fra tutti i suoi figlioli non v’è alcuno<br />

che la prenda per la mano (Is<br />

51:18). Non possono aiutare se stessi,<br />

perciò come potrebbero aiutare lei? Le<br />

sue giovani e i suoi giovani, che erano la<br />

sua gioia e la sua speranza, sono andati in<br />

cattività (v. 18). Si legge che i Caldei non<br />

risparmiarono né giovane, né fanciulla,<br />

non ebbero compassione del sesso debole,<br />

né della tenera età (2 Cr 36:17).<br />

3. I suoi amici la hanno abbandonata.<br />

Alcuni non erano disposti e altri non<br />

erano in grado di darle alcun sollievo.<br />

Stende le mani come per implorare conforto,<br />

ma non v’è alcuno che la consoli (v.<br />

17), nessuno che possa o che voglia farlo.<br />

Ha chiamato i suoi amanti e, per spingerli<br />

ad aiutarla li ha chiamati amanti, ma essi<br />

la hanno ingannata (v. 19), si sono dimostrati<br />

infidi come i torrenti estivi per il<br />

viaggiatore assettato (Gb 6:15). Notiamo<br />

che le creature a cui diamo il nostro cuore<br />

e da cui ci aspettiamo molto solitamente<br />

ci ingannano e ci deludono. Gli idoli di<br />

Sion erano i suoi amanti. L’Egitto e<br />

l’Assiria erano i suoi confidenti, ma la ingannarono.<br />

Quelli le fecero la corte durante<br />

la sua prosperità, nella sua avversità<br />

si dimostrarono riservati ed estranei.<br />

Beato chi ha fatto amicizia con Dio e si<br />

conserva nel suo amore, poiché l’Eterno<br />

non lo deluderà!<br />

4. Quelli che avevano il compito di<br />

guidarla furono resi incapaci di esserle di<br />

alcun aiuto. I sacerdoti e gli anziani, che<br />

nel bel mezzo di questa calamità avrebbero<br />

dovuto essere occupati, erano morti<br />

di fame: avevano esalato l’anima, o stavano<br />

per spirare, mentre cercavano del<br />

cibo (v. 19). Andavano in giro mendi-<br />

61<br />

cando il pane con cui mantenersi in vita.<br />

Nel paese in cui non c’è cibo per i saggi e<br />

in cui i sacerdoti e gli anziani muoiono di<br />

fame la carestia è grave veramente. I sacerdoti<br />

e gli anziani avrebbero dovuto essere<br />

i consolatori di Gerusalemme, ma<br />

come potevano consolare altri quando<br />

erano loro stessi sconsolati? «M’odono<br />

sospirare, e questo avrebbe dovuto chiamarli<br />

in mio soccorso, ma non v’è chi mi<br />

consoli. Hai allontanato da me amanti e<br />

amici».<br />

5. I suoi nemici erano troppo forti per<br />

lei e la oltraggiavano: hanno trionfato su di<br />

lei (v. 16). Fuori, la spada uccide tutti<br />

quelli che trova sulla sua strada, e dentro<br />

tutte le provviste sono prese dal nemico<br />

perciò c’è la morte, cioè la carestia, dannosa<br />

quanto la pestilenza o peggio: Di<br />

fuori la spada, e di dentro il lutto (De<br />

32:25). I nemici, gli strumenti della sua afflizione,<br />

erano privi di scrupoli, proprio<br />

come gli spettatori, gli Edomiti e gli<br />

Ammoniti che si auguravano il male di<br />

Israele: «Hanno udita la mia sciagura, e si<br />

rallegrano che tu l’abbia cagionata (v.<br />

21). Gioiscono dell’afflizione, gioiscono<br />

del fatto che è opera di Dio». Sono contenti<br />

di vedere come Dio e il suo Israele si sono<br />

separati e di conseguenza si comportano<br />

come degli estranei. Gerusalemme è, in<br />

mezzo a loro, come una cosa impura, che<br />

hanno paura di toccare e tengono lontano<br />

(v. 17). Considerando tutto questo, non ci<br />

si può stupire della Chiesa, né la si può biasimare<br />

se i suoi sospiri per la sua condizione<br />

presente sono numerosi, e se il suo<br />

cuore è languente per paura delle disgrazie<br />

future.<br />

V. La Chiesa riconosce che Dio è giusto<br />

in tutte le calamità che ha fatto ricadere<br />

su di lei, e riconosce di aver meritato<br />

questo castigo severo con i suoi peccati. Il<br />

giogo cosí pesante e stretto è il giogo<br />

delle sue trasgressioni (v. 14). I ceppi in<br />

cui siamo chiusi sono di nostra fattura, e<br />

siamo colpiti con la nostra stessa verga.<br />

Dopo aver considerato il Signore severo,<br />

il popolo di Dio fa bene a correggere se<br />

stesso, almeno per spiegarsi, ricono-


scendo che l’Eterno è giusto (v. 18).<br />

Trattandoci cosí Dio non ci fa un torto, né<br />

possiamo accusarlo di alcuna ingiustizia.<br />

Per quanto gli uomini siano ingiusti,<br />

siamo sicuri che l’Eterno è giusto e manifesta<br />

la sua giustizia anche se gli uomini<br />

violano tutte le loro leggi. Notate: non importa<br />

quali siano le afflizioni che il<br />

Signore si compiace di infliggerci, dobbiamo<br />

riconoscere che egli è giusto. Se<br />

non lo riconosciamo mostriamo di non<br />

comprendere né lui né noi stessi (2 Cr<br />

12:6). La Chiesa riconosce l’equità delle<br />

azioni di Dio riconoscendo l’iniquità<br />

delle proprie: Io mi son ribellata alla sua<br />

parola (v. 18) e la mia ribellione è stata<br />

grave (v. 20). Non è possibile parlare sufficientemente<br />

male del peccato e dobbiamo<br />

sempre parlare del nostro peccato<br />

nei termini peggiori. Deve essere chiamato<br />

ribellione, una grave ribellione. È<br />

molto doloroso per ogni vero penitente, e<br />

opprime Sion piú delle afflizioni in cui si<br />

trovava: «Le mie viscere si commuovono,<br />

dentro di me sono come un mare agitato.<br />

Il cuore mi si sconvolge in seno, non trova<br />

pace, è sottosopra, perché la mia ribellione<br />

è stata grave». Si noti che il dolore<br />

per il nostro peccato deve essere grande e<br />

deve farci soffrire.<br />

VI. La Chiesa fa appello alla grazia e<br />

alla giustizia di Dio.<br />

1. Fa appello alla grazia di Dio per<br />

quanto riguarda i suoi dolori, che la hanno<br />

resa l’oggetto della sua compassione: «O<br />

Eterno, guarda, ch’io sono in angoscia!<br />

Prendi atto della mia condizione e disponi<br />

per il mio soccorso come tu desideri (v.<br />

20)». Notate: sapere che l’occhio di Dio<br />

vede i problemi che opprimono il nostro<br />

spirito per noi è un conforto.<br />

2. Fa appello alla giustizia di Dio relativamente<br />

alle ferite inflitte dai suoi nemici:<br />

«Tu farai venire il giorno che hai<br />

annunziato, il giorno stabilito nel progetto<br />

di Dio e reso noto nelle profezie, in<br />

cui i miei nemici che adesso mi perseguitano<br />

saranno come me, quando la coppa<br />

di stordimento che è stata posta tra le mie<br />

mani, sarà posta tra le loro (vv. 21, 22)».<br />

62<br />

Questa frase può essere letta come una<br />

preghiera: «Venga il giorno stabilito» e<br />

poi prosegue: «Venga dinanzi a te tutta la<br />

loro malvagità, sia ricordata, sia retribuita.<br />

Vendicati di loro per tutti i torti che<br />

mi hanno fatto (Sl 109:14-15). Affretta il<br />

tempo in cui li tratterai per le loro trasgressioni<br />

come hai trattato me per la<br />

mia». Questa preghiera è una protesta<br />

contro ogni pensiero di un’alleanza con<br />

loro e una predizione della loro rovina,<br />

che sottoscrive ciò che Dio aveva annunciato<br />

nella sua Parola. Si noti che le nostre<br />

preghiere possono e debbono concordare<br />

con la Parola di Dio. Dobbiamo invocare<br />

il giorno che Dio ha stabilito, e nessun<br />

altro. Sebbene la carità ci spinga a perdonare<br />

i nostri nemici e a pregare per loro,<br />

tuttavia in fede possiamo pregare per l’adempimento<br />

di ciò che Dio ha detto contro<br />

i nemici suoi e del suo popolo, contro<br />

quelli che non si pentiranno e non vogliono<br />

rendergli gloria.<br />

CAPITOLO 2<br />

La seconda elegia in ordine alfabetico è composta<br />

sulla stessa melodia lamentosa della prima,<br />

e la sua sostanza è molto simile. Inizia con Ecah,<br />

come la prima: «Quanto è triste la nostra condizione!<br />

Poveri noi!». I punti salienti di questo capitolo<br />

sono:<br />

I. Il riconoscimento dell’ira del Dio di Sion<br />

quale causa delle calamità (vv. 1-9).<br />

II. Il riconoscimento del dolore dei figli di<br />

Sion quale effetto delle calamità (vv. 10-19).<br />

III. La lamentela rivolta a Dio, e tutta la situazione<br />

sottoposta alla sua considerazione compassionevole<br />

(vv. 20-22). La mano che ha ferito deve<br />

sanare.<br />

2:1-9<br />

In questi versetti la rappresentazione<br />

dello stato del popolo di Dio, di Giacobbe<br />

e di Israele, di Sion e di Gerusalemme è<br />

molto triste, ma l’enfasi sembra essere<br />

posta sull’opera della mano di Dio nelle<br />

calamità sotto cui gemevano. Il dolore<br />

non è motivato tanto dall’accadere di tali<br />

cose, quanto dal fatto che sono state fatte<br />

da Dio, che è adirato con loro. È Dio che<br />

li castiga, e lo fa nella sua ira, nella sua


ira ardente. È diventato il loro nemico e<br />

combatte contro di loro. Sono questi l’assenzio<br />

e l’amarezza dell’afflizione e della<br />

miseria. C’era stato un tempo in cui:<br />

I. Dio si compiaceva della sua gente, si<br />

mostrava a lei, e interveniva in suo favore<br />

come un amico. Adesso, però, Dio disapprova<br />

il suo popolo, è adirato con lui, agisce<br />

e interviene contro di lui come un nemico.<br />

In questi versetti questo è ripetuto<br />

spesso e costituisce l’oggetto di una frequente<br />

lamentazione. Ciò che Dio ha fatto<br />

lo ha fatto nella sua ira. Il fatto che fosse<br />

il giorno della sua ira lo rendeva un<br />

giorno veramente triste (v. 1). Si ripete:<br />

«Lo ha fatto nella sua ira (v. 2) e nell’ardente<br />

sua ira (v. 3), ha devastato e distrutto<br />

nell’indignazione della sua ira (v.<br />

6)». Notate: per chi sa come apprezzare il<br />

favore di Dio niente appare piú tremendo<br />

della sua collera; le correzioni amorevoli<br />

si sopportano con facilità, ma i rimproveri<br />

amorevoli feriscono profondamente. È<br />

l’ira di Dio che consuma Giacobbe a<br />

guisa di un fuoco fiammeggiante (v. 3), e<br />

si tratta di un fuoco consumante, che divora<br />

d’ogni intorno, divora tutto quel che<br />

onorava Gerusalemme e le dava conforto.<br />

Questo è il suo furore riversato come un<br />

fuoco (v. 4), come il fuoco e lo zolfo che<br />

piovvero su Sodoma e Gomorra. Tuttavia,<br />

fu il loro peccato ad accendere quel<br />

fuoco. Dio è un Padre tanto tenero per i<br />

suoi figli che possiamo essere certi che<br />

non si adirerà mai con loro, se non<br />

quando lo provocheranno e gliene daranno<br />

motivo. Inoltre, non si adira mai<br />

piú di quanto ce ne sia motivo. Secondo il<br />

Patto di Dio con gli Israeliti, se questi ultimi<br />

avessero ubbidito alla sua voce<br />

l’Eterno sarebbe stato il nemico dei loro<br />

nemici (Es 23:22), e lo fu fintanto che rimasero<br />

vicino a lui. Adesso, però, per loro<br />

Dio è un nemico, o perlomeno è come un<br />

nemico (v. 5). Ha teso il suo arco come il<br />

nemico (v. 4), ha alzata la destra impugnando<br />

una spada sguainata contro di loro<br />

come un avversario. In realtà Dio non è<br />

un nemico per il suo popolo, neppure<br />

quando è adirato con lui e lo corregge<br />

63<br />

nella sua ira. Si può essere dolorosamente<br />

dispiaciuti con i propri amici e parenti piú<br />

cari, pur essendo ben lontani dall’essere<br />

loro nemici. Tuttavia, qualche volta per il<br />

suo popolo Dio è come un nemico,<br />

quando sembra che tutte le sue disposizioni<br />

tendano alla sua rovina, quando<br />

ogni cosa sembra essere contro di lui e<br />

non per lui. Tuttavia, benedetto sia Dio<br />

poiché Cristo è la nostra pace, colui che<br />

fa la pace per noi, che ha abbattuto l’inimicizia<br />

e in cui possiamo essere d’accordo<br />

con il nostro avversario. Faremmo<br />

bene a cercare questa pace, poiché è vano<br />

contendere con lui e Cristo ci offre condizioni<br />

di pace vantaggiose.<br />

II. Il popolo di Dio appariva nel suo<br />

splendore, era illustre e tenuto in gran<br />

considerazione dalle nazioni. Adesso,<br />

però, il Signore ha coperto di una nube<br />

oscura la figliuola di Sion (v. 1), cosa terribile<br />

per se stesso, attraverso cui lei non<br />

può vedere il suo volto. Una nuvola<br />

spessa (è questo il significato di questa<br />

parola), una nuvola nera, che eclissa tutta<br />

la sua gloria e nasconde tutta la sua eccellenza.<br />

Non una nuvola come quella sotto<br />

cui Dio aveva guidato il suo popolo nel<br />

deserto o quella al cui interno Dio prese<br />

possesso del Tempio e lo riempí della sua<br />

gloria. No, adesso le era rivolta la parte<br />

della nuvola che fu rivolta verso gli<br />

Egiziani nel Mar Rosso. La gloria di<br />

Israele è stata gettata di cielo in terra. I<br />

suoi principi (2 S 1:19), il suo culto, la<br />

sua bellezza derivante dalla santità, tutte<br />

le cose che la raccomandavano all’affetto<br />

e alla stima dei suoi vicini e la rendevano<br />

amabile, che la avevano innalzata al<br />

cielo, adesso erano appassite e svanite,<br />

poiché Dio aveva coperto la sua gloria<br />

con una nuvola. Egli ha infranta tutta la<br />

potenza d’Israele (v. 3), tutta la sua bellezza<br />

e tutta la sua maestà (Sl 132:17),<br />

tutta la sua abbondanza e la sua pienezza,<br />

tutta la sua potenza e la sua autorità. Nella<br />

loro superbia avevano usato la loro potenza<br />

contro Dio, perciò giustamente Dio<br />

infranse tutta la potenza d’Israele. Lo<br />

rese incapace di resistere e di opporsi ai


suoi nemici. Ha ritirato la propria destra<br />

in modo che non potesse portare a segno<br />

il colpo inferto né parare il colpo infertogli.<br />

Cosa può fare la sua destra contro il<br />

nemico, se Dio la ritira e la fa appassire<br />

come la mano di Geroboamo? In questo<br />

modo la gloria di Israele è stata gettata in<br />

terra, e un popolo famoso per il suo coraggio<br />

non fu capace di mantenere il terreno<br />

né di sfruttare le sue posizioni.<br />

III. Gerusalemme e le città di Giuda<br />

erano solide e ben fortificate, gli abitanti si<br />

sentivano sicuri e i nemici, considerandole<br />

inespugnabili, le lasciavano stare. Adesso,<br />

però, nella sua ira il Signore le ha distrutte.<br />

Non ci sono piú. I forti e le barriere sono<br />

stati rimossi e gli invasori non hanno incontrato<br />

alcuna opposizione. Le strutture<br />

sontuose, la forza e la bellezza delle città,<br />

sono state abbattute e devastate.<br />

1. Nella sua ira il Signore ha distrutto<br />

senza pietà tutte le abitazioni di Giacobbe<br />

(v. 2), sia le città che le case di campagna.<br />

Sono bruciate o comunque distrutte, rovinate<br />

completamente, tanto da apparire divorate,<br />

senza aver lasciato resti. Il<br />

Signore ha distrutto senza pietà.<br />

Teoricamente era un peccato che delle<br />

case tanto sontuose, costruite cosí bene e<br />

arredate con tale gusto, fossero distrutte<br />

completamente e ci si sarebbe aspettata<br />

misericordia per i poveri abitanti che furono<br />

cacciati in questo modo e obbligati a<br />

vagabondare. Tuttavia, la consueta pietà<br />

di Dio sembrò venir meno: Ha divorato<br />

Israele come un leone divora la sua preda<br />

(v. 5).<br />

2. Il Signore ha distrutto non solo le<br />

abitazioni comuni, ma anche i palazzi,<br />

tutti i suoi palazzi, le abitazioni dei suoi<br />

principi e degli uomini importanti (v. 5),<br />

sebbene fossero piú sontuosi e forti, ricchi<br />

e ben protetti. I giudizi di Dio, quando<br />

giungono con il suo mandato, pongono<br />

sullo stesso piano palazzi e casupole, e li<br />

distruggono con la stessa facilità. Se i palazzi<br />

sono contaminati dal peccato, come<br />

lo erano quelli di Israele, si aspettino di<br />

essere visitati da una maledizione che li<br />

consumerà col legname e le pietre che<br />

64<br />

contiene (Za 5:4).<br />

3. Il Signore non ha distrutto solo le<br />

abitazioni, ma anche le sue fortezze, i castelli,<br />

le cittadelle e i luoghi di difesa. Le<br />

ha rovesciate, le ha stese al suolo nella<br />

sua ira. Avrebbero ostacolato i suoi giudizi<br />

e rallentato la loro avanzata? No, cadano<br />

come foglie in autunno, siano distrutte<br />

perfino le fondamenta e rase al<br />

suolo (v. 2). Si ripete: Ha distrutto le sue<br />

fortezze, perché che forza avrebbero potuto<br />

avere contro Dio? In questo modo ha<br />

moltiplicato nella figliuola di Giuda i lamenti<br />

e i gemiti (v. 5), poiché quando videro<br />

tutte le loro difese rimosse gli<br />

Israeliti non poterono non essere terribilmente<br />

costernati. Nei versetti 7-9 si insiste<br />

su questo punto. Per divorare i suoi<br />

palazzi il Signore ha dato i muri dei palazzi<br />

di Sion in mano dei suoi nemici. Le<br />

sue mura erano la sua sicurezza e, una<br />

volta distrutte le mura, si irruppe facilmente<br />

nei palazzi stessi. Le mura dei palazzi<br />

non li possono proteggere, a meno<br />

che Dio stesso non sia un muro di fuoco<br />

intorno a loro. Dio fece questo nella sua<br />

ira, eppure lo fece deliberatamente. Fu il<br />

risultato di un proposito precedente, compiuto<br />

da una provvidenza saggia e ferma,<br />

poiché il Signore ha deciso di distruggere<br />

le mura della figliuola di Sion. Condusse<br />

l’esercito caldeo affinché compisse questa<br />

esecuzione. Si noti che qualsiasi devastazione<br />

Dio produca nel suo popolo, è<br />

conforme al suo progetto. Porta a compimento<br />

quel che ha stabilito per noi, persino<br />

ciò che ci oppone di piú. Dopo averlo<br />

compiuto, però, stende la corda, una<br />

corda per misurare, per compiere ciò che<br />

ha stabilito esattamente e secondo la sua<br />

misura. La distruzione arriverà fin qui e<br />

non andrà oltre. Niente sarà distrutto al di<br />

là del segno che ha posto. Oppure, si può<br />

riferire alla corda della desolazione (Is<br />

34:11), una corda che livella, poiché Dio<br />

procederà con la sua opera: Non ha ritirato<br />

la mano prima di averli distrutti, la<br />

mano destra che ha steso contro il suo popolo<br />

come un avversario (v. 4).<br />

L’attuazione si spingerà fin dove il propo-


sito ha stabilito, e la sua mano compierà il<br />

suo progetto fino alla fine, senza essere ritirata.<br />

Quindi Dio ha coperto di lutto bastioni<br />

e mura, di cui il popolo aveva<br />

gioito e su cui forse aveva festeggiato, e<br />

adesso si lamentano e languiscono insieme.<br />

Bastioni e mura caddero insieme e<br />

furono lasciati a lamentarsi gli uni con le<br />

altre della loro caduta. Le sue porte furono<br />

rimosse in un istante, e si sarebbe<br />

potuto pensare che fossero sprofondate<br />

nel terreno a causa del loro peso, ed egli<br />

ha distrutto, spezzato le sue sbarre, le<br />

sbarre delle porte di Gerusalemme, che in<br />

passato aveva rinforzato (Sl 147:13). Se<br />

Dio ritira la sua protezione, le porte e le<br />

sbarre non ci saranno di alcun aiuto.<br />

IV. Il suo governo era florido, i suoi<br />

principi erano splendidi, il suo regno era<br />

grande tra le nazioni e il potere era dalla<br />

sua parte. Adesso, però, la situazione è del<br />

tutto diversa: Il Signore ha profanato il<br />

regno e i capi (v. 2). Prima si sono contaminati<br />

con le loro idolatrie, e poi Dio li ha<br />

trattati come cose impure, li ha gettati sul<br />

letamaio, il luogo piú adatto a loro. Ha<br />

abbandonato la loro gloria, che era considerata<br />

sacra (questa è una caratteristica<br />

che attribuiamo alla maestà), lasciando<br />

che fosse calpestata e profanata. Se il re e<br />

i sacerdoti, i cui ruoli erano sempre stati<br />

ritenuti venerabili e inviolabili, sono disprezzati<br />

da tutti, non bisogna stupirsi perché<br />

Dio, nell’indignazione della sua ira,<br />

ha reietto re e sacerdoti (v. 6). Li ha abbandonati.<br />

Non li considera piú degni<br />

degli onori tributati loro dai patti di regalità<br />

e sacerdozio, poiché li hanno abbandonati.<br />

Il re Sedechia fu trattato con disprezzo<br />

e Seraia, il sommo sacerdote, fu<br />

messo a morte come un malfattore. La corona<br />

è caduta dalle loro teste, poiché il<br />

suo re e i suoi capi sono fra le nazioni,<br />

prigionieri tra di loro, insultati (v. 9) e non<br />

solo trattati come persone comuni, ma<br />

come le piú vili, senza alcun riguardo per<br />

il loro lignaggio. Notate: quando con i<br />

suoi giudizi degrada chi si è degradato<br />

con il peccato Dio è giusto.<br />

V. I sacramenti di Dio erano ammini-<br />

65<br />

strati tra gli Israeliti nella loro potenza e<br />

nella loro purezza e Israele aveva i segni<br />

della presenza di Dio con loro. Adesso,<br />

però, quei segni, la parte della bellezza di<br />

Israele che era in realtà la sua bellezza<br />

piú grande, sono stati portati via.<br />

1. L’Arca era lo sgabello dei piedi di<br />

Dio, posta sotto il trono di grazia, tra i<br />

cherubini. Questo era il simbolo piú sacro<br />

della presenza di Dio (è chiamato lo sgabello<br />

de’ piedi di Dio in 1 Cr 28:2; Sl<br />

99:5; 132:7). Là si trovava la gloria<br />

dell’Eterno e spesso Israele fu protetto e<br />

salvato grazie a questo. Adesso, però, Dio<br />

non s’è ricordato dello sgabello de’ suoi<br />

piedi. Sembrerebbe che tollerò che l’Arca<br />

stessa cadesse nelle mani dei Caldei. Dio,<br />

essendo adirato, la gettò via. Lo sgabello<br />

dei suoi piedi non sarebbe piú stata<br />

l’Arca, ma la terra, come prima che<br />

l’Arca fosse costruita (Is 66:1). Quanto<br />

poco valore hanno i simboli della sua presenza<br />

quando la sua presenza se ne è andata!<br />

Inoltre, non era la prima volta che<br />

Dio faceva catturare la sua Arca (Sl<br />

78:61). Dio e il suo regno possono sussistere<br />

senza quello sgabello.<br />

2. Quelli che amministravano le cose<br />

sante erano stati cari a vedersi nella tenda<br />

della figliuola di Sion (v. 4). Erano stati<br />

piú splendenti della neve, piú bianchi del<br />

latte (v. 7). Nessuno appariva piú bello<br />

agli occhi delle persone rette di chi prestava<br />

il suo servizio al tabernacolo.<br />

Adesso, però, sono stati uccisi e il loro<br />

sangue è stato mescolato con i loro sacrifici.<br />

In questo modo il sacerdote è disprezzato<br />

quanto il re. Si noti che quando<br />

quelli che erano piacevoli alla vista nel<br />

Tabernacolo di Sion sono uccisi, occorre<br />

riconoscere la mano di Dio. È stato lui a<br />

farlo, infatti, e bisogna fare cordoglio per<br />

l’arsione che l’Eterno ha fatto da tutta la<br />

casa di Israele, come nel caso di Nadab e<br />

Abiu (Le 10:6).<br />

3. Il Tempio era il Tabernacolo di Dio<br />

(il tabernacolo, a suo tempo, era chiamato<br />

il suo Tempio, Sl 27:4) e fu devastato (v.<br />

6). Dio stesso ne ha divelto i bastoni e ne<br />

ha tagliato le corde: non sarà piú un


Tabernacolo, e tanto meno il suo. Lo ha<br />

devastato, come chi cura un giardino<br />

porta via la sua capanna o la sua tenda<br />

quando ha finito e non ne ha piú bisogno.<br />

Lo ha portato via facilmente, velocemente<br />

e con poco dispiacere o riluttanza,<br />

come se fosse un frascato in una vigna o<br />

una capanna in un campo di cocomeri (Is<br />

1:8), un capanno che fa il guardiano della<br />

vigna (Gb 27:18). Quando gli uomini profanano<br />

il Tabernacolo di Dio e l’Eterno lo<br />

porta via da loro, agisce con giustizia. Dio<br />

si è giustamente rifiutato di trarre piacere<br />

nelle solenni raunanze degli Israeliti (Am<br />

5:21). Con le loro provocazioni lo avevano<br />

spinto ad allontanarsi da loro, non ci<br />

si meravigli quindi se ha distrutto il luogo<br />

della sua raunanza: a cosa sarebbero serviti<br />

quei luoghi quando il culto era diventato<br />

un’abominazione? Adesso ha aborrito<br />

il suo santuario (v. 7). Il Tempio è<br />

stato contaminato col peccato, la sola<br />

cosa che Dio odia, e per questo motivo<br />

l’Eterno aborrisce persino il suo santuario,<br />

di cui aveva gioito e che aveva chiamato<br />

il suo luogo di riposo in eterno (Sl<br />

132:14). Cosí aveva fatto a Silo. I nemici<br />

hanno levato grida di festa e di dissacrazione<br />

nella <strong>Casa</strong> dell’Eterno, come accadeva<br />

con gli inni e la musica intonati nel<br />

Tempio in un giorno di festa (Sl 74:4).<br />

Alcuni sostengono che espressione il<br />

luogo della sua raunanza (v. 6) non si riferisca<br />

soltanto al Tempio, ma anche alle<br />

sinagoghe e alle scuole dei profeti, che il<br />

nemico aveva arso (Sl 74:8).<br />

4. Le feste solenni e i sabati erano stati<br />

ricordati con cura e rammentati costantemente<br />

al popolo, ma adesso il Signore li<br />

ha fatti dimenticare non solo nel paese,<br />

tra quelli che vivevano lontano, ma persino<br />

in Sion. Non era rimasto nessuno che<br />

potesse ricordarli e non era rimasto nessun<br />

luogo in cui si era soliti osservarli.<br />

Adesso che Sion era in rovina non si faceva<br />

piú differenza tra il sabato e gli altri<br />

giorni. Ogni giorno era un giorno di lutto,<br />

perciò le feste solenni furono dimenticate.<br />

Notate: quando priva del beneficio e del<br />

conforto dei sabati e delle feste solenni<br />

66<br />

quelli che non le hanno debitamente apprezzate<br />

né osservate coscienziosamente<br />

ma le hanno profanate Dio è giusto.<br />

Questo è uno dei peccati di cui gli Israeliti<br />

furono spesso accusati. Chi ha visto i<br />

giorni del Figliuol dell’uomo e li ha<br />

sprezzati, potrebbe desiderare di vedere<br />

uno di quei giorni senza che gli sia permesso<br />

(Lu 17:22).<br />

5. L’altare che aveva santificato i loro<br />

doni adesso è posto da parte, poiché Dio<br />

non accetterà piú i loro doni né sarà piú<br />

onorato dai loro sacrifici (v. 7). L’altare<br />

era la tavola del Signore, ma Dio non si<br />

intratterrà piú con loro, non allestirà piú<br />

una festa per loro né festeggerà con loro.<br />

6. Erano stati benedetti con profeti e<br />

insegnanti della legge, ma adesso non v’è<br />

piú legge (v. 9): la non è piú letta dal popolo<br />

e non è piú spiegata dagli scribi. Le<br />

tavole della legge sono andate con l’Arca.<br />

Il libro della legge è stato portato via e al<br />

popolo è proibito averlo. Cosa se ne farebbero<br />

delle Bibbie, se non ne hanno approfittato<br />

quando le avevano? Anche i<br />

suoi profeti non ricevono piú visioni<br />

dall’Eterno. Dio non risponde piú né mediante<br />

i profeti né per via di sogni come<br />

nel triste caso di Saul (1 S 28:15).<br />

Avevano perseguitato i profeti di Dio e disprezzato<br />

le visioni che avevano ricevuto<br />

dal Signore, e quindi è giusto che Dio<br />

dica che non avranno piú profeti né visioni.<br />

Vadano pure dai profeti che li avevano<br />

lusingati e ingannati con visioni provenienti<br />

dal loro proprio cuore, poiché da<br />

Dio non riceveranno uomini che possano<br />

confortarli o dire loro fino a quando. Chi<br />

maltratta i profeti di Dio, giustamente li<br />

perde.<br />

2:10-22<br />

Questo libro è giustamente chiamato<br />

Lamentazioni, poiché sono lamenti ricchi<br />

di emozione, espressione perfetta di dolore,<br />

lutto e pena e nient’altro, come il<br />

contenuto del rotolo di Ezechiele (Ez<br />

2:10). Qui:<br />

I. Sono presentate delle raffigurazioni<br />

delle lamentazioni, rappresentate con illu-


strazioni vivide.<br />

1. I giudici e i magistrati, abituati ad<br />

apparire in abiti sontuosi, li hanno messi<br />

da parte o, meglio, ne sono stati spogliati<br />

e hanno indossato l’abito di chi fa cordoglio<br />

(v. 10). Gli anziani non siedono piú<br />

sui seggi del giudizio, i troni della casa di<br />

Davide, ma seggono in terra, perché non<br />

hanno un seggio su cui sedere o in segno<br />

di grande dolore, come gli amici di<br />

Giobbe rimasero seduti per terra, presso<br />

a lui (Gb 2:13). Non aprono la bocca<br />

presso le porte per esprimere la loro opinione,<br />

come erano soliti fare, ma stanno<br />

in silenzio, sopraffatti dal dolore, senza<br />

sapere cosa dire. Si son gettati della polvere<br />

sul capo, si son cinti di sacchi, come<br />

usava fare chi era in profondo lutto.<br />

Avevano perso il potere e la ricchezza, e<br />

questo li aveva addolorati cosí. Ploratur<br />

lachrymis amissa pecunia veris –<br />

Genuine sono le lacrime che versiamo<br />

sulla proprietà perduta.<br />

2. Le giovani che si vestivano riccamente<br />

e andavano col collo teso (Is 3:16)<br />

sono umiliate: Le vergini di Gerusalemme<br />

curvano il capo al suolo. Quelle che sembravano<br />

sfidare il dolore ed erano sempre<br />

inclini all’allegria, adesso sono costrette a<br />

conoscere il dolore profondamente.<br />

3. Il profeta stesso è un modello per chi<br />

fa cordoglio: I miei occhi si consumano<br />

dal lacrimare (v. 11). Il profeta ha pianto<br />

fino a non poter piú continuare, a forza di<br />

piangere è quasi diventato cieco. Gli effetti<br />

interiori del suo dolore non sono da<br />

meno di quelli esteriori: Le sue viscere si<br />

commuovono, come quando vide arrivare<br />

queste calamità (Gr 4:19-20). Si potrebbe<br />

pensare che la sua previsione e il suo dolore<br />

di allora avrebbero potuto risparmiagli<br />

la sofferenza presente, ma persino lui,<br />

per cui questo disastro non fu una sorpresa,<br />

provò un dolore insopportabile,<br />

tanto che il suo fegato si spanse per terra.<br />

Si sentiva liquefare, le sue viscere erano<br />

sciolte e dissolte, come in Salmo 22:14.<br />

Geremia stesso ricevette un trattamento<br />

migliore dei suoi compatrioti, migliore di<br />

quello che aveva ricevuto in precedenza<br />

67<br />

dai suoi connazionali. Anzi, la loro distruzione<br />

risultò essere il suo riscatto, e la<br />

loro prigionia la sua liberazione. Le stesse<br />

persone che fecero prigionieri gli abitanti<br />

di Gerusalemme e di Giuda gli concessero<br />

il loro favore, eppure i suoi interessi<br />

personali furono divorati dalla sua preoccupazione<br />

per quelli pubblici. Il profeta<br />

lamenta il disastro della figliuola del suo<br />

popolo con tanta sensibilità che, nella calamità<br />

comune, sembra aver sofferto piú<br />

di tutti. Si noti che dobbiamo dolerci dei<br />

giudizi di Dio sul paese e sulla nazione,<br />

anche se noi, per quanto ci riguarda, li abbiamo<br />

scampati senza subire troppi danni.<br />

II. Il profeta esorta alla lamentazione.<br />

Il loro cuore grida al Signore (v. 18).<br />

Alcuni temono che non si trattasse di un<br />

grido di vero ravvedimento, ma di amara<br />

recriminazione. Il loro cuore era colmo di<br />

dolore fino all’orlo, e lo sfogarono con<br />

grida e urla dolenti, in cui usarono il<br />

nome di Dio. Tuttavia, supponiamo con<br />

carità che molti di loro abbiano gridato a<br />

Dio con sincerità implorando la sua misericordia<br />

nella loro disgrazia, e che il profeta<br />

li abbia invitati a continuare a farlo:<br />

«O mura della figliuola di Sion! Voi che<br />

state sulle mura, voi sentinelle sulle mura<br />

(Is 62:6), quando vedete i nemici accampati<br />

intorno alle mura che si stanno avvicinando,<br />

oppure a causa delle mura (questo<br />

è il soggetto della lamentazione), a<br />

causa dell’abbattimento delle mura (che<br />

non fu realizzato prima di circa un mese<br />

dopo la presa della città), a causa di questa<br />

ulteriore disgrazia, lasciate che la figliuola<br />

di Sion continui a lamentarsi».<br />

Neemia si lamentò di questo molto tempo<br />

dopo (Ne 1:3, 4). «Spandete lacrime<br />

come un torrente, giorno e notte, piangete<br />

senza sosta, non fate pause, non abbiano<br />

riposo le pupille degli occhi vostri».<br />

Questo indica che:<br />

1. Le calamità sarebbero continuate e<br />

le cause del dolore sarebbero state ricorrenti.<br />

Giorno e notte sarebbero state date<br />

loro nuove occasioni di lamentarsi.<br />

2. Gradualmente sarebbero diventati<br />

insensibili alla mano di Dio, si sarebbero


intontiti e avrebbero avuto bisogno di essere<br />

chiamati ripetutamente ad affliggere<br />

sempre di piú la loro anima, finché il loro<br />

cuore duro e orgoglioso non sarebbe stato<br />

del tutto umiliato e ammorbidito.<br />

III. Le lamentazioni sono motivate e le<br />

calamità da lamentare sono descritte dettagliatamente<br />

e con emozione.<br />

1. Moltitudini perirono per la carestia.<br />

Fu un giudizio molto severo e la condizione<br />

di chi ne fu colpita era pietosa.<br />

Qualche tempo prima Dio aveva corretto<br />

il suo popolo con una scarsità di provviste<br />

dovuta alla carenza di pioggia (Gr 14:1).<br />

Questo giudizio piú lieve non aveva indotto<br />

il popolo a pentirsi, quindi in quel<br />

momento con la durezza dell’assedio Dio<br />

portò il suo giudizio all’estremo.<br />

(a) I bambini morivano di fame tra le<br />

braccia delle loro madri: i bambini e i lattanti,<br />

la cui condizione di innocenza e impotenza<br />

dà loro il diritto di ricevere sollievo,<br />

venivano meno per le piazze (v. 11),<br />

come de’ feriti (v. 12) poiché per loro non<br />

c’era cibo. La morte di chi è affamato è<br />

tanto certa quanto quella di chi è accoltellato.<br />

Giacevano gridando a lungo alle povere<br />

madri affinché dessero loro del pane<br />

da mangiare e del vino con cui ristorarsi,<br />

perché erano stati abituati a bere il vino e<br />

in quel momento lo volevano, ma non ce<br />

n’era. Alla fine, quindi, rendevano l’anima<br />

sul seno delle madri loro esalando il<br />

loro ultimo respiro. Questo fatto è menzionato<br />

una seconda volta: Vengono meno<br />

per la fame ai canti di tutte le strade (v.<br />

19). Questa non era la cosa peggiore però:<br />

(b) Alcune madri uccisero con le loro<br />

mani dei bambini piccoli e li mangiarono<br />

(v. 20). La scarsità di cibo era tale che le<br />

donne avevano divorato il frutto dei loro<br />

propri corpi, persino i loro figli appena<br />

nati, secondo quanto minacciato in<br />

Deuteronomio 28:53. Qualcosa di simile<br />

accadde nell’assedio di Samaria (2 R<br />

6:29). Queste madri arrivarono a tali<br />

estremi, anzi, a tali barbarie, a causa della<br />

carestia. Ringraziamo Dio nella nostra<br />

abbondanza, perché abbiamo cibo sufficiente<br />

non solo per noi, ma anche per i<br />

68<br />

nostri bambini.<br />

2. Moltitudini caddero per la spada,<br />

che divora l’uno e l’altro, specialmente<br />

quando si trova nella mano di nemici crudeli<br />

come i Caldei.<br />

(a) Non fu risparmiata nessuna persona<br />

importante, neppure le piú eminenti.<br />

Perfino i sacerdoti e i profeti, che teoricamente<br />

avrebbero potuto attendersi protezione<br />

dal cielo e rispetto sulla terra piú di<br />

tutti gli altri uomini, ma persino loro sono<br />

massacrati. Non vengono uccisi all’aperto<br />

sul campo di battaglia, dove sarebbero<br />

stati fuori luogo come Ofni e Fineas,<br />

ma nel santuario del Signore, il luogo in<br />

cui svolgevano la loro attività, che speravano<br />

sarebbe stato un rifugio per loro.<br />

(b) Non fu risparmiato nessuno, di<br />

nessuna età. Nessuno fu esentato dall’impugnare<br />

la spada, neppure a motivo della<br />

sua tenera età o per la vecchiaia. Persino<br />

questi, infatti, son caduti per la spada. «I<br />

fanciulli, che non avevano ancora preso le<br />

armi, e i vecchi, che erano stati congedati,<br />

giacciono per terra nelle vie finché non si<br />

trovi qualche mano compassionevole che<br />

li seppellisca».<br />

(c) Non fu risparmiato nessuno, di nessun<br />

sesso: Le mie vergini e i miei giovani<br />

son caduti per la spada. Nelle esecuzioni<br />

militari piú barbare menzionate in precedenza,<br />

le vergini furono risparmiate e<br />

considerate parte del bottino (Nu 31:18;<br />

Gc 5:30), ma qui le vergini sono uccise<br />

con la spada come i giovani.<br />

(d) Questa è opera del Signore.<br />

L’Eterno permise che i Caldei divorassero<br />

senza distinzione: Tu li hai uccisi nel dí<br />

della tua ira, poiché è Dio che toglie e dà<br />

la vita e salva come vuole. Tuttavia,<br />

quanto segue è molto duro: Li hai massacrati<br />

senza pietà. L’Eterno lo fece perché<br />

la sua anima era addolorata dalla miseria<br />

di Israele. I nemici che trattarono gli<br />

Israeliti con cosí tanta crudeltà erano stati<br />

raccolti e chiamati da lui: «Tu hai convocato,<br />

come ad un giorno di festa solenne,<br />

i miei terrori da tutte le parti, vale a dire<br />

i Caldei, che mi terrorizzano (v. 22)». I<br />

nemici entravano a Gerusalemme come


una folla, come gli adoratori nei giorni<br />

delle feste solenni, perciò gli abitanti<br />

della città furono completamente sopraffatti<br />

dal loro numero e nessuno scappò né<br />

rimase in vita. Gerusalemme diventò un<br />

mattatoio. Le madri furono colpite al<br />

cuore vedendo il modo disumano in cui<br />

furono trattati i loro piccoli, che avevano<br />

curato tanto e di cui si erano tanto preoccupate,<br />

che amavano tanto, ma che improvvisamente<br />

erano stati uccisi prima<br />

che fossero cresciuti. Quelli che avevo accarezzati<br />

e allevati, il mio nemico li ha<br />

consumati, come se fossero stati partoriti<br />

per essere uccisi, come agnelli per il macellaio<br />

(Os 9:13). Sion, che era madre di<br />

tutti loro, si lamentò vedendo diventare<br />

una preda quelli che erano stati allevati<br />

nei suoi cortili e sotto la tutela dei suoi<br />

oracoli.<br />

3. I loro falsi profeti li ingannarono<br />

(v. 14). Geremia si era lamentato di questo<br />

molto tempo prima e aveva osservato<br />

con molta preoccupazione: Ah, Signore,<br />

Eterno! Ecco, i profeti dicono loro: Voi<br />

non vedrete la spada (Gr 14:13). In questo<br />

brano inserisce nella lamentazione la<br />

sua osservazione: I tuoi profeti hanno<br />

avuto per te visioni vane e delusorie (v.<br />

14). Hanno preteso di scoprire per te e rivelarti<br />

i pensieri e la volontà di Dio, di<br />

vedere le visioni dell’Onnipotente e di<br />

riportare le sue parole, ma sono state<br />

tutte cose vane e stolte. Le loro visioni<br />

erano tutte fantasie e, se pur avessero<br />

pensato di avere realmente delle visioni,<br />

si trattava soltanto del prodotto di una<br />

mente malata o di un’immaginazione<br />

estrosa, come si può vedere da ciò che<br />

dissero. Era un parlare ozioso e impertinente.<br />

È piú probabile che loro stessi sapessero<br />

che le visioni che fingevano di<br />

avere erano contraffatte e false, e che le<br />

usassero soltanto per colorire ciò che imponevano<br />

al popolo con premeditazione,<br />

per trarne favore per sé. Questi sono i<br />

tuoi profeti, non i profeti di Dio.<br />

L’Eterno non li aveva mai mandati, né<br />

erano pastori secondo il suo cuore, ma<br />

era il popolo che li aveva innalzati di-<br />

69<br />

cendogli cosa avrebbero dovuto dire,<br />

quindi erano profeti secondo il loro<br />

cuore.<br />

(a) I profeti dovrebbero far notare al<br />

popolo le sue colpe e mostrargli i suoi<br />

peccati, affinché sia indotto a ravvedersi e<br />

per prevenirne la rovina. Questi profeti,<br />

però, sapevano che avrebbero perduto<br />

l’affetto del popolo e le sue contribuzioni,<br />

sapevano che non potevano rimproverare<br />

i loro ascoltatori senza rimproverare<br />

anche se stessi, e quindi: Non hanno<br />

messo a nudo la tua nequizia. Non la vedevano<br />

loro stessi o, se la vedevano, vi<br />

scorgevano tanto poco male o non ne vedevano<br />

talmente poco il pericolo, che non<br />

volevano mostrarla al popolo, anche se allontanare<br />

la sua iniquità avrebbe potuto<br />

essere un modo per allontanarne la deportazione.<br />

(b) I profeti dovrebbero avvertire il popolo<br />

dei giudizi di Dio che stanno per ricadere<br />

su di lui, ma questi profeti hanno<br />

avuto visioni vane. Sapevano che i messaggi<br />

che pretendevano di trasmettere da<br />

parte di Dio erano falsi e erroneamente attribuiti<br />

a Dio. Lusingando il popolo nella<br />

sicurezza carnale causarono la deportazione<br />

che avrebbero potuto evitare affrontando<br />

il peccato con decisione.<br />

4. I vicini si fecero beffe di loro: Tutti<br />

i passanti battono le mani al vederti (v.<br />

15). Gerusalemme aveva un’ottima reputazione<br />

e un grande nome e godeva di una<br />

grande autorità tra le nazioni. Era l’invidia<br />

e il terrore di tutti quelli che le erano<br />

intorno e, quando la città fu ridotta in questo<br />

stato, tutti trionfarono per la sua caduta<br />

(come gli uomini tendono a fare in<br />

simili occasioni): Fischiano, scuotono il<br />

capo, compiacendosi nel vedere quanto<br />

fosse caduta in basso dalla sua posizione<br />

precedente di superbia. «È questa la città<br />

che la gente chiamava una bellezza perfetta<br />

(Sl 50:2)? Adesso è una deformità<br />

perfetta! Dov’è tutta la sua bellezza<br />

adesso? È questa la città che era chiamata<br />

la gioia di tutta la terra (Sl 48:2),<br />

che gioiva dei doni della generosità di<br />

Dio e della grazia piú di ogni altro luogo,


e in cui tutta la terra gioiva? Dov’è adesso<br />

tutta la sua gioia? Dov’è la sua gloria?».<br />

Prendersi gioco in questo modo delle miserie<br />

degli altri è un gran peccato e accresce<br />

molto la sofferenza di chi è addolorato.<br />

5. I nemici trionfarono su di loro (v.<br />

16). Chi desiderava il male di<br />

Gerusalemme e della sua pace, adesso<br />

sfoga il suo astio e la sua malignità, che<br />

prima nascondeva. Adesso aprono larga<br />

la bocca, la spalancano, fischiano, digrignano<br />

i denti in segno di disprezzo e<br />

indignazione. Trionfano del loro successo<br />

contro di lei e del ricco bottino<br />

che hanno ottenuto impadronendosi di<br />

Gerusalemme. «L’abbiamo inghiottita!<br />

È opera nostra e nostro guadagno,<br />

adesso è tutta nostra. Gerusalemme non<br />

sarà piú corteggiata o temuta come in<br />

passato. Sí, questo è il giorno che aspettavamo;<br />

ci siamo giunti, lo vediamo! È<br />

questo che volevamo». Si noti che i nemici<br />

del popolo di Dio tendono a interpretare<br />

le sue scosse come la sua rovina<br />

e quindi a trionfare su di lui, ma scopriranno<br />

di essersi ingannati poiché le<br />

porte dell’Ades non potranno mai vincere<br />

la Chiesa.<br />

6. In tutto questo, il loro Dio dimostrò<br />

di essere contro di loro: L’Eterno ha fatto<br />

quello che si era proposto (v. 17). I distruttori<br />

di Gerusalemme non avrebbero<br />

potuto avere potestà alcuna contro di lei,<br />

se ciò non gli fosse stato dato dall’alto.<br />

Erano soltanto la spada nella mano di<br />

Dio: È lui che ha distrutto senza pietà.<br />

«In questa sua controversia con noi non<br />

abbiamo ricevuto le consuete dimostrazioni<br />

della sua compassione per noi». Ha<br />

fatto di te la gioia del tuo nemico (cfr. Gb<br />

30:11), ha esaltato la potenza dei tuoi avversari,<br />

ha dato loro forza e motivo di essere<br />

orgogliosi. Questa era l’aggravante<br />

peggiore della disgrazia: Dio era diventato<br />

loro nemico. Eppure il fatto che la devastazione<br />

di Gerusalemme sia opera di<br />

Dio è anche l’argomento piú forte a favore<br />

della pazienza sotto questa afflizione.<br />

Siamo tenuti a sottometterci a ciò<br />

70<br />

che Dio fa, poiché:<br />

(a) È il compimento del suo proposito:<br />

L’Eterno ha fatto quello che s’era proposto.<br />

Lo ha fatto con consiglio e deliberazione,<br />

non affrettatamente o in seguito a<br />

una decisione improvvisa. È il male che<br />

ha preparato (Gr 18:11), e possiamo essere<br />

certi che sia stato preparato in modo<br />

da rispondere esattamente alle sue intenzioni.<br />

Ciò che Dio si propone contro il<br />

suo popolo è pensato per essere a suo favore,<br />

e alla fine si rivelerà tale.<br />

(b) È il compimento delle sue predizioni,<br />

l’adempimento della Scrittura.<br />

Adesso ha adempiuta la parola che avea<br />

pronunziato fino dai giorni antichi.<br />

Quando diede loro la sua legge per mezzo<br />

di Mosè, Dio gli illustrò i giudizi che gli<br />

avrebbe sicuramente inflitto se la avessero<br />

trasgredita, e adesso che si sono resi<br />

colpevoli della trasgressione di questa<br />

legge l’Eterno ne esegue la condanna,<br />

conformemente a quanto scritto (Le 26:16<br />

ss.; De 28:15). Notate: in tutta la<br />

Provvidenza di Dio nei riguardi del suo<br />

popolo è bene prendere nota dell’adempimento<br />

della sua Parola, poiché tra i giudizi<br />

della mano di Dio e i giudizi della sua<br />

bocca c’è un accordo puntuale, e quando<br />

li si confronta si spiegano e si illustrano<br />

vicendevolmente.<br />

IV. Sono ricercate e prescritte consolazioni<br />

per la cura di queste lamentazioni.<br />

1. Le consolazioni sono cercate e richieste<br />

(v. 13). Il profeta cerca di trovare<br />

parole adatte e accettabili da dire in questo<br />

caso: Che troverò di simile a te per<br />

consolarti, o vergine figliuola di<br />

Gerusalemme? Si noti che dovremmo<br />

cercare di confortare le persone di cui lamentiamo<br />

la disgrazia e, dopo che le nostre<br />

emozioni la hanno dipinta nel modo<br />

peggiore, la nostra saggezza dovrebbe<br />

correggerle e lavorare per trarne il meglio.<br />

Dovremmo fare in modo che la nostra<br />

solidarietà verso i nostri amici afflitti<br />

per loro sia una consolazione. Geremia<br />

prova i due argomenti di conforto piú comuni<br />

in caso di afflizione, ma li mette da<br />

parte perché non reggono. Normalmente


tentiamo di consolare i nostri amici dicendo<br />

loro che<br />

(a) Il loro caso non è singolare, né<br />

senza precedenti. Ci sono molti che si trovano<br />

in difficoltà peggiori e sono schiacciati<br />

da un fardello piú pesante. Tuttavia,<br />

il caso di Gerusalemme non permette<br />

questa argomentazione: «Che troverò di<br />

simile a te, o a cosa ti paragonerò, per<br />

consolarti? Quale città, quale paese ha attraversato<br />

una situazione simile alla tua?<br />

Quale testimonianza potrò produrre per<br />

mostrare un esempio che raggiunga il tuo<br />

stato di calamità attuale? Purtroppo non<br />

ce n’è alcuna, non c’è alcun dolore come<br />

il tuo, poiché nessuno ha avuto un onore<br />

come il tuo».<br />

(b) Il loro caso non è disperato, ma vi<br />

si può porre facilmente rimedio. In questa<br />

situazione, però, considerando le probabilità<br />

umane, nessuna di queste cose è<br />

appropriata poiché la tua ferita è larga<br />

come il mare, come la breccia che talvolta<br />

il mare apre nella terra, che non può<br />

essere riparata ma si allarga sempre di<br />

piú. Sei ferita, e chi ti potrà guarire?<br />

Nessuna sapienza né capacità umana può<br />

riparare la devastazione di un simile stato<br />

di distruzione. Non c’è quindi motivo di<br />

fornire alcuno di questi conforti comuni.<br />

Quindi:<br />

2. Il metodo di cura prescritto consiste<br />

nel rivolgersi a Dio, nell’affidargli il pro-<br />

71<br />

prio caso con una preghiera di ravvedimento,<br />

e nell’essere instancabili e costanti<br />

in queste preghiere (v. 19): «Levatevi dalla<br />

polvere, dal vostro abbattimento, gridate<br />

di notte, vegliate nella preghiera quando<br />

gli altri sono addormentati, inginocchiatevi,<br />

importunando Dio per chiedergli misericordia<br />

al principio d’ogni vigilia, di<br />

ognuna delle quattro vigilie della notte (gli<br />

occhi tuoi le prevengano, Sl 119:148).<br />

Spandete com’acqua il cuor vostro davanti<br />

alla presenza del Signore, siate liberi<br />

e accurati nella preghiera, sinceri e seri,<br />

aprite il vostro cuore a Dio, esponete il vostro<br />

caso al Signore, levate le mani verso<br />

di lui con un desiderio e un’attesa santi,<br />

pregate per la vita de’ vostri bambini.<br />

Cosa hanno fatto questi poveri agnellini (2<br />

S 24:17)? Portatevi delle parole, queste<br />

parole: Guarda, o Eterno, considera! Chi<br />

mai hai trattato cosí (v. 20)? Non sono<br />

tuoi, progenie di Abramo tuo amico e di<br />

Giacobbe il tuo eletto? Signore, considera<br />

il loro caso con la tua compassione!».<br />

Notate: la preghiera è un balsamo per ogni<br />

dolore, persino per il piú acuto, un rimedio<br />

per ogni malattia, persino la piú grave.<br />

Inoltre, il nostro compito nella preghiera<br />

non è prescrivere, ma approvare la saggezza<br />

e la volontà di Dio, rimettergli il nostro<br />

caso e poi lasciarlo alla sua cura.<br />

Signore, guarda e considera e sia fatta la<br />

tua volontà.

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