IL LIBRO DEL PROFETA ISAIA - Casa Editrice HILKIA
IL LIBRO DEL PROFETA ISAIA - Casa Editrice HILKIA
IL LIBRO DEL PROFETA ISAIA - Casa Editrice HILKIA
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
<strong>IL</strong> <strong>LIBRO</strong> <strong>DEL</strong> <strong>PROFETA</strong> <strong>ISAIA</strong><br />
Introduzione<br />
L’appellativo di profeta è di grande effetto per quanti lo comprendono sebbene, agli<br />
occhi del mondo, molti di coloro che furono in tal modo insigniti apparirono come persone<br />
alquanto severe. Un profeta è colui che ha un rapporto molto intimo col cielo, un<br />
grande interesse in tutto ciò che riguarda le realtà divine e, di conseguenza, possiede<br />
un’autorità di conduttore sulla terra. La Profezia è un elemento importante in ogni rivelazione<br />
divina (2 P 1:20, 21), poiché queste erano comunemente trasmesse mediante<br />
sogni, voci o visioni, prima ai profeti e poi, per loro mezzo, ai figli degli uomini (Nu<br />
12:6). Una volta Dio ha parlato egli stesso alle migliaia di Israeliti dalla cima del<br />
Monte Sinai, ma l’effetto fu talmente potente da essere insostenibile, al punto che essi<br />
implorarono Dio di non parlargli piú allo stesso modo in futuro, ma tramite uomini<br />
come loro, in modo che spavento di me non potrà quindi sgomentarti, e il peso della<br />
mia autorità non ti potrà schiacciare (Gb 33:7). Dio approvò la richiesta (tutto quello<br />
che hanno detto, sta bene, dice il Signore, De 5:27, 28), e il fatto fu dunque stabilito<br />
per consenso da entrambe le parti, vale a dire che non dovremo mai piú aspettarci di<br />
ascoltare un messaggio da Dio in quello stesso modo, ma mediante dei profeti che ricevono<br />
istruzioni da Dio per trasmetterle alla Sua Chiesa. Prima che il sacro canone<br />
dell’Antico Testamento iniziasse a essere scritto vi furono appunto dei profeti che fungevano<br />
da Bibbia per la Chiesa. Il nostro Salvatore sembra riconoscere Abele fra i profeti<br />
(Mt 23:31, 35). Enoc era un profeta; e per mezzo di lui vi fu la predizione del giudizio<br />
di tutte le opere degli empi negli ultimi tempi, ossia il giudizio del gran giorno.<br />
In Giuda 1:14 è riportato: Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi. Noè era<br />
un predicatore di giustizia. Dio disse di Abraamo: È profeta (Ge 20:7). Giacobbe predisse<br />
cose che dovevano accadere (Ge 49:1). Tutti i patriarchi sono chiamati profeti.<br />
Nel Salmo 105:15 ci è riferito: Non fate alcun male ai miei profeti. Mosè fu, al di sopra<br />
di ogni altro, il piú illustre dei profeti dell’Antico Testamento, poiché con lui il Signore<br />
parlò faccia a faccia (De 34:10). Egli fu il primo profeta a scrivere, e per sua mano furono<br />
stabilite le fondamenta dei primi scritti sacri. Anche coloro che furono chiamati a<br />
essere i suoi assistenti nel comando avevano lo spirito di profezia, infatti in quel periodo<br />
vi era un’abbondante effusione di tale spirito (Nu 11:25). Dopo la morte di Mosè,<br />
però, per molte epoche, lo Spirito del Signore apparve e agí nella Chiesa di Israele piú<br />
come uno spirito bellico che profetico, ispirando gli uomini piú ad agire che a parlare;<br />
mi riferisco al periodo dei Giudici. Possiamo notare che lo Spirito del Signore scende<br />
su Otniel, Gedeone, Sansone e altri, per offrire servizio alla loro nazione, con la spada<br />
e non con la penna. Furono poi mandati dei messaggi dal cielo per mezzo di angeli,<br />
come a Gedeone, a Manoa e al popolo (Gc 2:1). In tutto il libro dei Giudici non compare<br />
neppure una volta il termine profeta, soltanto Debora viene chiamata profetessa.<br />
In quel periodo la Parola del Signore era quindi preziosa; non vi era manifestazione di<br />
chiare visioni (1 S 3:1). Essi avevano la legge di Mosè, appena scritta; potevano studiarla.<br />
Eppure in Samuele la profezia fu ristabilita, e il suo periodo corrisponde a un’epoca<br />
celebre, in cui ebbe vita la Chiesa, un tempo di grande luminosità, caratterizzato<br />
da una successione costante e ininterrotta di profeti, fino a poco dopo la cattività, momento<br />
in cui il canone dell’Antico Testamento fu completato con Malachia, quando la<br />
profezia cessò per quasi quattrocento anni, fino alla venuta del Grande Profeta e del<br />
suo predecessore. Alcuni profeti sono stati ispirati divinamente a scrivere le storie della<br />
Chiesa, ma non hanno messo il proprio nome su quegli scritti; come prova essi hanno<br />
soltanto fatto riferimento ai documenti autentici del loro tempo che erano già noti come
Isaia 2<br />
Introduzione<br />
scritti profetici, opere di profeti, come Gad, Iddo, e altri ancora. Davide e altri erano<br />
profeti che hanno scritto cantici sacri a uso della Chiesa. Dopo di loro possiamo spesso<br />
leggere di profeti inviati in luoghi particolari e suscitati per cause e servizi pubblici<br />
speciali, fra i quali i piú famosi sono stati, nel Regno d’Israele, Elia ed Eliseo. Nessuno<br />
di questi, però, mise le proprie profezie per iscritto, né possediamo oggi alcun resto dei<br />
loro scritti, eccetto alcuni frammenti nelle storie del loro tempo; non c’è nulla dei loro<br />
scritti (almeno che io possa ricordare) fatta eccezione della menzione di uno scritto di<br />
Elia (2 Cr 21:12). Tuttavia, verso la fine del Regno di Giuda e di Israele, è piaciuto a<br />
Dio guidare i suoi profeti servitori a scrivere e pubblicare alcuni dei loro sermoni, o<br />
parti di essi. La datazione di molte delle loro profezie è alquanto incerta, ma la piú antica<br />
risale ai giorni di Uzzia, re di Giuda, e di Geroboamo II, re di Israele e suo contemporaneo,<br />
circa duecento anni prima della cattività e non molto tempo dopo che Ioas<br />
aveva ucciso Zaccaria, figlio di Ieoiada, nei cortili del Tempio. Se uccidono i profeti,<br />
non potranno però eliminare le loro profezie; queste rimarranno come testimoni contro<br />
gli uccisori. Osea è stato il primo dei profeti-scrittori; Gioele, Amos e Abdia hanno<br />
pubblicato le proprie profezie quasi allo stesso tempo. Isaia invece ha cominciato un<br />
po’ di tempo dopo, non molto, ma la sua profezia viene posizionata all’inizio perché è<br />
la piú lunga e contiene maggiori informazioni su Colui al quale tutti i profeti rendono<br />
testimonianza; anzi parla talmente tanto di Cristo da essere giustamente indicato come<br />
Profeta Evangelico, e, da alcuni antichi, come un quinto Evangelista. In questo contesto<br />
sarà presentato il titolo generale del libro (Is 1:1) e ci accingeremo a osservare soltanto<br />
alcune caratteristiche a proposito,<br />
I. Del profeta. Egli faceva parte (se vogliamo credere alle tradizioni dei Giudei)<br />
della famiglia reale, poiché suo padre era fratello (cosí sostengono) del re Uzzia. In<br />
ogni caso egli frequentava spesso l’ambiente di corte, in particolare durante il tempo<br />
di Ezechia, come possiamo esaminare nella sua storia, e molti ritengono che il suo stile,<br />
maggiormente insolito e aggraziato di quello di altri profeti dipenda proprio da questo<br />
fatto. Il suo linguaggio si presenta, in alcuni casi, anche eccessivamente elevato e superiore.<br />
A volte lo Spirito di Dio realizzò il Suo scopo tramite la particolare genialità<br />
del profeta, poiché i profeti non erano semplicemente dei passivi strumenti parlanti, attraverso<br />
i quali lo Spirito si esprimeva, ma erano delle persone che si esprimevano,<br />
mediante i quali lo Spirito comunicava, usando le loro capacità naturali, nel rispetto<br />
della loro personalità ma elevandoli al di sopra di loro stessi.<br />
II. Della profezia. Si tratta di qualcosa di trascendentalmente eccellente e utile; fu<br />
cosí per la Chiesa di Dio di quei tempi, per convincere di peccato, per guidare nel servizio<br />
e per consolare nei momenti di difficoltà. Si fa qui riferimento a due grandi afflizioni<br />
della Chiesa, e al conforto ricevuto in rapporto a esse: quella dovuta all’invasione<br />
di Sennacherib, avvenuta ai suoi giorni, e quella della cattività in Babilonia, che<br />
avvenne molto tempo dopo. Nel sostegno e negli incoraggiamenti offerti in ciascuno<br />
di questi periodi di bisogno possiamo trovare abbondante evidenza della grazia<br />
dell’Evangelo. Non vi sono tante citazioni negli Evangeli delle profezie dell’Antico<br />
Testamento quante ve ne sono di questo; e neppure si può trovare, negli altri libri, una<br />
testimonianza altrettanto chiara del Cristo, della Sua nascita da una vergine (Is 7) e<br />
delle Sue sofferenze (Is 53). L’inizio del libro contiene numerose riprensioni per il peccato<br />
e minacce di giudizio, la parte finale è invece ricca di parole incoraggianti e favorevoli.<br />
È questo il metodo formalmente adoperato dallo Spirito di Cristo nei profeti<br />
allora e ancora oggi, quello di convincere prima e poi di confortare; coloro che vogliono<br />
essere benedetti col conforto devono prima sottomettersi al convincimento.<br />
Senza dubbio, Isaia diede vita a un gran numero di sermoni e trasmise al popolo molti<br />
messaggi che non sono riportati in questo libro, come nel caso di Cristo, e probabil-
Peccati e sofferenze del popolo 3<br />
Isaia 1:1<br />
mente questi sermoni sono stati trasmessi con piú parole e, forse, particolari di quanto<br />
è riportato qui, ma ci è stata lasciata la quantità che la Sapienza Infinita ha ritenuto giusta<br />
e sufficiente per trasmetterci da dove derivano i limiti del mondo; e queste profezie,<br />
cosí come le storie di Cristo, sono state scritte affinché possiamo credere nel nome<br />
del Figlio di Dio e, credendo, possiamo avere vita nel Suo nome; poiché l’Evangelo è<br />
stato qui predicato a noi come a loro che hanno vissuto allora, e ancora piú chiaramente.<br />
Possa, tutto ciò, essere ritenuto come fede!<br />
CAPITOLO 1<br />
Il primo verso di questo capitolo è inteso come<br />
titolo per l’intero libro, ed è probabile che questo<br />
sia stato il primo sermone che il profeta abbia dovuto<br />
preparare e pubblicare per iscritto, appuntandolo<br />
alla porta del Tempio (secondo il pensiero di<br />
Calvino in merito all’abitudine di quell’epoca),<br />
cosí come ai nostri giorni è uso esporre annunci in<br />
luoghi pubblici, in modo che tutti possano leggerli<br />
(Ac 2:2). Chi voleva, poteva farsi delle copie, mentre<br />
l’originale veniva, dopo un po’ di tempo, conservato<br />
dai sacerdoti fra i documenti del Tempio. Il<br />
sermone contenuto in questo capitolo possiede:<br />
I. Una vasta accusa, nel nome di Dio, contro la<br />
chiesa giudaica e la nazione, a causa della:<br />
1. Loro ingratitudine (vv. 2, 3).<br />
2. Loro ribellione (v. 5). Per la corruzione universale<br />
e degenerazione del popolo (vv. 4, 6, 21,<br />
22). Per la perversione della giustizia da parte dei<br />
loro regnanti (v. 23).<br />
II. Una triste lamentela per i giudizi di Dio,<br />
che essi avevano attirato su se stessi con i loro<br />
peccati, e a causa dei quali erano giunti quasi alla<br />
distruzione completa (vv. 7-9).<br />
III. Una giusta repulsione di quegli spettacoli<br />
e ombre di religione che essi rispettavano in<br />
mezzo a loro, nonostante l’apostasia e la defezione<br />
generale (vv. 10-15).<br />
IV. Un accorato appello al pentimento e al rinnovamento,<br />
con la prospettiva di scelta fra la vita<br />
e la morte, la vita nel caso in cui avessero raccolto<br />
l’appello rivoltogli e la morte se non l’avessero<br />
fatto (vv. 16-20).<br />
V. Una minaccia di rovina per coloro che non<br />
erano disponibili al rinnovamento (vv. 24, 28-31).<br />
VI. Una promessa di una gioiosa riforma finale,<br />
e un ritorno all’originaria purezza e prosperità<br />
(vv. 25-27). Tutto ciò deve essere da noi applicato,<br />
non solo nell’ambito delle comunità di cui<br />
siamo parte, per il loro interesse pubblico, ma<br />
anche allo stato della nostra anima.<br />
1:1<br />
Troviamo,<br />
I. Il nome del profeta, Isaia, o<br />
Jesahiahu (cosí in Ebraico), che, nel<br />
Nuovo Testamento legge Esaias. Il suo<br />
nome indica la salvezza del Signore – un<br />
nome adeguato a un profeta tramite il<br />
quale Dio offre conoscenza di salvezza al<br />
suo popolo, particolarmente nel caso di<br />
questo profeta, che profetizza ampiamente<br />
di Gesú, il Salvatore, e della<br />
grande salvezza da lui provveduta. Egli è<br />
descritto come figlio di Amots, non di<br />
Amos il profeta (i due nomi in Ebraico<br />
differiscono piú di quanto non lo facciano<br />
in Italiano), ma, secondo i Giudei, di<br />
Amots il fratello o figlio di Amazia re di<br />
Giuda. Si tratta di una tradizione incerta,<br />
cosí come lo è la presenza di una regola<br />
secondo la quale quando di un profeta veniva<br />
citato il padre, anche quest’ultimo lo<br />
era. I discepoli e successori dei profeti<br />
sono spesso definiti loro figli, ma vi sono<br />
alcuni casi, pochi, in cui troviamo che i<br />
loro propri figli sono stati loro successori.<br />
II. La natura della profezia. Si tratta di<br />
una visione, rivelata al profeta sveglio,<br />
che ha l’occhio aperto, che ode le parole<br />
di Dio, che contempla la visione<br />
dell’Onnipotente (secondo le parole di<br />
Balaam, Nu 24:4), sebbene forse all’inizio<br />
non si trattasse di una visione sorprendente<br />
quanto quella ricevuta in seguito<br />
(Is 6:1). I profeti furono chiamati<br />
veggenti, o uomini che vedevano, ecco<br />
perché le loro profezie erano giustamente<br />
chiamate visioni. Ciò che il profeta vedeva<br />
con gli occhi della mente, e prevedeva<br />
chiaramente per rivelazione divina,<br />
era sicuro, apprezzato e influente, proprio<br />
come se fosse stato visto con gli occhi fisici.<br />
Notiamo che,<br />
1. I profeti di Dio constatavano quello<br />
di cui parlavano, sapevano ciò che dicevano,<br />
e chiedevano di credere in nulla di<br />
piú di quanto essi stessi credevano ed<br />
erano certi (Gv 6:69; 1 Gv 1:1).
Isaia 1:2-9 4 Peccati e sofferenze del popolo<br />
2. Essi non potevano che parlare di<br />
quello che vedevano, perché capivano<br />
quanto quelli attorno a loro ne avevano<br />
bisogno (At 4:20; 2 Co 4:13).<br />
III. L’argomento della profezia. Si<br />
tratta di quello che il profeta vide a proposito<br />
di Giuda e Gerusalemme, il paese<br />
delle due tribú, e la città che era la loro<br />
metropoli; c’è poco in essa che riguarda<br />
Efraim o le dieci tribú, di cui si parla invece<br />
tanto nella profezia di Osea. In questo<br />
libro vi sono alcuni capitoli che trattano<br />
di Babilonia, dell’Egitto, di Tiro, e di<br />
alcune delle nazioni vicine, ma prende il<br />
suo titolo da ciò che è l’argomento principale<br />
in esso, e perciò è conosciuto come<br />
libro riguardante Giuda e Gerusalemme,<br />
mentre le altre nazioni vengono descritte<br />
come popoli con cui i Giudei avevano a<br />
che fare. Isaia parla di loro in un modo<br />
speciale, usando:<br />
1. Istruzione, in quanto è prerogativa<br />
di Giuda e Gerusalemme, essendo stato<br />
dato a loro il privilegio degli oracoli di<br />
Dio.<br />
2. Riprensione e minaccia, poiché se in<br />
Giuda, dove Dio era conosciuto, se in<br />
Salem, dove il suo nome era grande, si<br />
fosse trovata l’iniquità, allora gli abitanti<br />
di questi luoghi ne avrebbero dovuto render<br />
conto prima degli altri.<br />
3. Conforto e incoraggiamento nei momenti<br />
difficili; poiché i figli di Sion avrebbero<br />
dovuto essere gioiosi nel loro Re.<br />
IV. La datazione della profezia. Isaia<br />
profetizzò nei giorni di Uzzia, Iotam,<br />
Acaz, e di Ezechia. Con questo fatto sembra<br />
che,<br />
1. Abbia profetizzato per lungo tempo,<br />
specialmente se (come sostengono i<br />
Giudei) egli fu alla fine messo a morte da<br />
Manasse, in modo crudele, segato in due,<br />
alla quale morte alcuni pensano che l’apostolo<br />
Paolo si riferisce (Eb 11:37).<br />
Dall’anno della morte del re Uzzia (Is<br />
6:1) alla morte e guarigione di Ezechia<br />
trascorsero quarantasette anni; non si sa<br />
quanto egli abbia profetizzato prima e<br />
dopo; alcuni pensano abbia profetizzato<br />
per sessanta, altri settanta anni in tutto.<br />
Era un onore per lui e una gioia per la sua<br />
nazione che egli continuasse cosí a lungo<br />
nel suo utile servizio; e dobbiamo immaginare<br />
che abbia cominciato quando era<br />
ancora giovane e che terminò quando era<br />
abbastanza vecchio. I profeti non erano limitati,<br />
come lo erano i sacerdoti, dall’età,<br />
per l’inizio e il termine del proprio servizio.<br />
2. Abbia attraversato diversi periodi.<br />
Iotam era un buon re, ed Ezechia lo era<br />
ancora di piú, provvedendo entrambi,<br />
senza dubbio, incoraggiamento e ascolto<br />
a questo profeta. Essi furono per lui come<br />
dei protettori, e lui fece loro da consulente<br />
privato, ma nel periodo intermedio,<br />
quando Isaia era al meglio del suo percorso,<br />
il regno di Acaz si dimostrò oltremodo<br />
empio e malvagio. In quel periodo<br />
non v’è dubbio che egli non fu ben visto<br />
a corte ed è molto probabile che fu costretto<br />
a fuggire. Gli uomini e i ministri<br />
pii devono aspettarsi dei periodi difficili<br />
in questo mondo, e devono prepararsi ad<br />
affrontarli. In quel periodo la religione era<br />
cosí svalutata e ostacolata a tal punto che<br />
le porte della casa del Signore furono<br />
chiuse, e al loro posto furono eretti altari<br />
idolatri in ogni angolo di Gerusalemme;<br />
Isaia, con tutta la sua divina eloquenza e i<br />
messaggi ricevuti direttamente da Dio<br />
stesso, non poté farci nulla. I più opportuni<br />
tra gli uomini e i migliori ministri<br />
non possono certo compiere nel mondo<br />
tutto il bene che vorrebbero.<br />
1:2-9<br />
Speriamo di incontrare una scena piú<br />
luminosa e piacevole prima di giungere<br />
alla fine di questo libro, ma effettivamente<br />
qui, all’inizio, ogni cosa a proposito<br />
di Giuda e Gerusalemme sembra davvero<br />
cupa, negativa e malvagia. In quale<br />
condizione di aridità si troverà il mondo<br />
se la Chiesa, la vigna, avrà il suo stesso<br />
terribile aspetto?<br />
I. Sebbene parlasse nel nome di Dio, il<br />
profeta, disperando di guadagnarsi l’ascolto<br />
del popolo, si rivolge al cielo e alla<br />
terra, e richiama la loro attenzione (v. 2):
Peccati e sofferenze del popolo 5<br />
Isaia 1:2-9<br />
Udite, o cieli! E tu, terra, presta orecchio!<br />
Le creature inanimate, che osservano la<br />
legge e rispondono alla fine della loro<br />
creazione, avrebbero ascoltato piú presto<br />
di questo popolo stolto e insensibile.<br />
Possano le luci del cielo vergognarsi della<br />
loro mancanza di luce, e la produttività<br />
della terra la sua mancanza di frutto, e la<br />
loro puntualità nel tempo della propria irregolarità.<br />
Mosè inizia proprio cosí in<br />
Deuteronomio 32:1, e a questo si riferisce<br />
il profeta, intimando che erano ormai<br />
giunti quei tempi predetti da Mosè (De<br />
31:29). Oppure questo è un appello al<br />
cielo e alla terra, agli angeli e poi agli abitanti<br />
del mondo superiore e di quello inferiore.<br />
Giudichino fra Dio e la sua vigna:<br />
potrebbe l’uno o l’altra produrre un tal<br />
grado di ingratitudine? Notiamo: Dio sarà<br />
giustificato nel suo parlare ed entrambi, il<br />
cielo e la terra, dichiareranno la sua giustizia<br />
(Mi 6:1-2; Sl 50:6).<br />
II. Egli li accusa di una fondamentale<br />
irriconoscenza, crimine di maggiore gravità.<br />
Addita un uomo come ingrato, e non<br />
potrai dirgli di peggio. Possano il cielo e<br />
la terra ascoltare e stupire in merito a:<br />
1. Le opere misericordiose di Dio nei<br />
riguardi di un popolo talmente irritabile e<br />
offensivo: «Io li ho nutriti e fatti crescere<br />
come figli, sono stati ben cibati e ben<br />
istruiti (De 32:6)»; «Io li ho resi grandi ed<br />
esaltati» (e alcuni), «non solo li ho fatti<br />
crescere ma li ho anche resi grandi, non<br />
solo li ho sostenuti ma li ho preferiti, non<br />
solo li ho istruiti ma li ho condotti in<br />
alto». Consideriamo: Noi dobbiamo la<br />
continuità della nostra vita e delle nostre<br />
comodità, nonché di ogni nostro successo<br />
e miglioramento, alla cura paterna e alla<br />
gentilezza di Dio verso di noi.<br />
2. La loro condotta malvagia verso di<br />
Lui, che era cosí amorevole nei loro confronti:<br />
«Essi si sono ribellati a me» o<br />
(come alcuni lo rendono) «essi si sono<br />
voltati via da me; mi hanno disertato,<br />
sono stati dei traditori contro la mia corona<br />
e la mia dignità». Notiamo: Tutte le<br />
opere del favore di Dio verso di noi, del<br />
Dio sia della nostra natura che del nostro<br />
benessere, non fanno che aggravare le nostre<br />
infedeltà e separazioni da Lui, la nostra<br />
presuntuosa opposizione a lui - figli<br />
eppure ribelli!<br />
III. Egli attribuisce ciò alla loro ignoranza<br />
e mancanza di considerazione (v.<br />
3): Il bue conosce il suo possessore, e l’asino<br />
la greppia del suo padrone, ma<br />
Israele non ha conoscenza. Osservare:<br />
1. La sagacia del bue e dell’asino, che<br />
non sono soltanto delle creature irragionevoli,<br />
ma del tipo piú ottuso, eppure il<br />
bue ha un senso del dovere e di servizio<br />
derivante dal conoscere il suo padrone, ha<br />
un senso di sottomissione al suo giogo e<br />
al compito che possiede; l’asino ha un tal<br />
senso di interesse nel conoscere la mangiatoia<br />
del suo padrone, dove viene cibato,<br />
e nel dimorarvi che vi si recherebbe<br />
da solo se fosse lasciato libero. L’uomo è<br />
giunto al punto di doversi vergognare al<br />
confronto della conoscenza e comprensione<br />
di questi semplici animali, e non è<br />
invitato a imparare da loro (Pr 6:6, 7), ma<br />
a modelli ancora inferiori (Gr 8:7), ci fa<br />
piú intelligenti delle bestie dei campi (Gb<br />
35:11) eppure ha meno conoscenza.<br />
2. La miseria e stoltezza di Israele. Dio<br />
è il loro Signore e Possessore. È Dio che<br />
ci ha fatti, e noi siamo suoi piú di quanto<br />
i nostri buoi possono essere nostri; Egli<br />
ha provveduto convenientemente per noi,<br />
la Provvidenza è prerogativa del nostro<br />
Signore, eppure molti che sono chiamati<br />
popolo di Dio non conoscono e non vogliono<br />
considerare questa verità, e chiedono:<br />
«Cos’è l’Onnipotente che dovremmo<br />
servirlo? Non è il nostro padrone;<br />
e quale profitto avremo se preghiamo<br />
Lui? Egli non possiede alcuna<br />
mangiatoia alla quale possiamo cibarci».<br />
Egli si lamentava (v. 2) dell’ostinatezza<br />
della loro volontà: Essi si sono ribellati a<br />
me. A questo punto risale alle cause:<br />
«Perciò si sono ribellati perché non hanno<br />
conoscenza, non hanno discernimento».<br />
La comprensione è oscurata, e dunque<br />
l’anima intera è alienata da Dio (Ef 4:18).<br />
«Israele non ha conoscenza, sebbene la<br />
loro terra sia terra di luce e conoscenza; in
Isaia 1:2-9 6 Peccati e sofferenze del popolo<br />
Giuda Dio è conosciuto, eppure, poiché<br />
non sono coerenti con quello che<br />
conoscono, in effetti è come se non conoscessero<br />
affatto. Essi conoscono ma<br />
la loro conoscenza non serve loro a<br />
nulla perché non prendono in considerazione<br />
ciò che sanno e non l’applicano<br />
alla loro vita, alle loro situazioni,<br />
né prendono sul serio tale sapere».<br />
Notiamo:<br />
(a) Perfino fra coloro che si professano<br />
parte del popolo di Dio, che hanno effettivamente<br />
i vantaggi e i legami del suo<br />
popolo, ve ne sono molti che non se ne<br />
curano affatto, trascurando le realtà della<br />
loro anima.<br />
(b) Trascurare di prendere in considerazione<br />
ciò che conosciamo è altrettanto<br />
dannoso, nel campo religioso, di quanto<br />
non lo sia l’ignoranza e la mancanza di<br />
conoscenza di ciò che dovremmo sapere.<br />
(c) Le persone voltano le spalle a Dio<br />
e si ribellano a Lui, perché non conoscono<br />
e non considerano o non hanno discernimento<br />
dei doveri che hanno nei confronti<br />
di Dio, della gratitudine e dell’interesse<br />
che gli devono.<br />
IV. Dio si lamenta della perversità e<br />
corruzione universale della loro Chiesa e<br />
del loro regno. La malattia del peccato era<br />
epidemica, e tutti gli ordini e le regole<br />
degli uomini erano infetti da tale cattiva<br />
tendenza, nazione peccatrice! (v. 4). Il<br />
profeta fa cordoglio al posto di coloro che<br />
non mostravano alcun dolore: Poveri<br />
loro! Guai a loro! Egli parla con una santa<br />
indignazione in seguito alla loro depravazione,<br />
con sofferenza e timore per le conseguenze<br />
di questa condizione.<br />
Osserviamo a questo punto:<br />
1. In che modo gli fa pesare il loro peccato,<br />
mostrando la malvagità che vi era in<br />
esso (v. 4).<br />
(a) L’iniquità era universale. Essi<br />
erano una nazione peccatrice; il popolo<br />
era in generale malvagio e profano, lo<br />
erano come nazione intera. Erano corrotti<br />
nella pratica dei loro negoziati con le altre<br />
nazioni, come nell’amministrazione della<br />
pubblica giustizia nella loro stessa na-<br />
zione. Notiamo: un popolo diventa malvagio<br />
quando il peccato diventa nazionale.<br />
(b) Era una questione molto grave e<br />
abominevole nella sua stessa natura. Era<br />
un popolo carico d’iniquità; la colpa di<br />
tali iniquità e la maledizione risultante da<br />
tale colpa pesava sul loro capo, era un’accusa<br />
pesante contro di loro, e un’accusa di<br />
cui non avrebbero mai potuto liberarsi; la<br />
loro malvagità era su di loro come una<br />
piastra di piombo (Za 5:7, 8). Dal momento<br />
che essi se ne facevano facilmente<br />
sopraffare, anzi, erano molto inclini a<br />
esso (Eb 12:1), il loro peccato gravava su<br />
di loro.<br />
(c) Essi erano il frutto di una razza<br />
malvagia, erano figli corrotti! L’inganno<br />
fluiva nelle loro vene, era il loro consueto<br />
modo di vivere e perciò la cosa era piú<br />
grave e irritante, e meno curabile. Essi<br />
crebbero prendendo il posto dei loro padri<br />
e seguirono i loro stessi passi, per rendere<br />
l’ira del Signore ancora piú ardente contro<br />
Israele (Nu 32:14). Erano una razza e<br />
una famiglia di ribelli.<br />
(d) Coloro che erano essi stessi dei<br />
corrotti facevano il possibile per corrompere<br />
anche altri. Non soltanto erano dei<br />
figli peccaminosi, nati macchiati, ma<br />
erano dei figli corruttori, che propagavano<br />
l’iniquità e infettavano altri col male<br />
– non erano solo dei peccatori, ma anche<br />
dei tentatori – non solo bersagli di Satana,<br />
ma anche suoi agenti. Se le persone che si<br />
chiamano figli, figli di Dio, segnalati e<br />
considerati come membri della sua famiglia,<br />
si comportano in modo malvagio e<br />
vile, allora il loro esempio diventa la piú<br />
terribile influenza.<br />
(e) Il loro peccato era il tradimento a<br />
causa dell’allontanamento da Dio. Erano<br />
disertori, avevano tradito l’alleanza con<br />
Dio: «Essi hanno abbandonato il Signore,<br />
al quale si erano legati; hanno indietreggiato,<br />
si sono ritirati; si sono alienati o separati<br />
da lui, gli hanno voltato le spalle,<br />
hanno abbandonato la loro bandiera e<br />
smesso il loro servizio». Esortati ad andare<br />
avanti, sono invece proceduti all’in-
Peccati e sofferenze del popolo 7<br />
Isaia 1:2-9<br />
dietro, come una giovenca restia, non abituata<br />
al giogo (Os 4:16).<br />
(f) Si trattava di una sfida impudente e<br />
ardita: Essi hanno provocato il Santo<br />
d’Israele ad ira, volontariamente e con<br />
premeditazione, sapendo cosa l’avrebbe<br />
adirato, l’hanno fatto. Consideriamo:<br />
L’allontanamento di coloro che hanno<br />
professato di essere credenti e in comunione<br />
con Dio è particolarmente offensivo<br />
per Lui.<br />
2. Il modo in cui egli lo illustra mediante<br />
un paragone tratto da un corpo malato,<br />
tutto coperto di lebbra, o, come nel<br />
caso di Giobbe, di piaghe dolorose (v. 5,<br />
6).<br />
(a) La malattia ha afferrato i vitali e<br />
minaccia di essere mortale. Le malattie<br />
nel capo e nel cuore sono le piú pericolose.<br />
Ora il capo, tutto il capo è malato –<br />
il cuore, tutto il cuore è fiacco. Erano diventati<br />
corrotti nel loro giudizio: la lebbra<br />
era nella loro testa; erano completamente<br />
impuri. Il loro affetto per Dio e la loro religione<br />
erano freddi o del tutto svaniti; le<br />
cose che rimanevano erano pronte a svanire<br />
(Ap 3:2).<br />
(b) Si era propagata in tutto il corpo diventando<br />
cosí deleteria ed enormemente<br />
nociva; Dalla pianta del piede fino alla<br />
testa, dal piú semplice contadino al piú<br />
importante nobile, non vi è nessuno sano,<br />
nessun principio sano, nessuna religione<br />
(la salute dell’anima), non rimangono che<br />
piaghe e ferite, colpa e corruzione, i tristi<br />
effetti della caduta di Adamo, affronto al<br />
Santo Dio, dolore per l’anima sensibile;<br />
fu cosí per Davide quando lamentò: Le<br />
mie piaghe sono fetide e purulente per la<br />
mia follia (Sl 38:5; cfr. Sl 32:3, 4).<br />
Nessun tentativo veniva fatto per giungere<br />
a una restaurazione, o, se ne facevano,<br />
erano inefficaci: Le ferite non venivano<br />
ripulite né fasciate, né lenite con<br />
olio. Mentre si rimane in una condizione<br />
in cui non ci si pente del peccato, le ferite<br />
non sono lavate, né medicate e la carne<br />
malata non viene tolta via. Di conseguenza,<br />
mentre il peccato non viene perdonato,<br />
le ferite non sono lenite o rimar-<br />
ginate, e neppure viene fatto qualcosa che<br />
possa fare guarire o evitare le loro conseguenze<br />
fatali.<br />
V. Egli si lamenta tristemente per i giudizi<br />
di Dio che essi avevano attirato su sé<br />
stessi a causa del loro peccato, e del loro<br />
stato di ostinazione alla luce di tali giudizi.<br />
Il loro regno era quasi rovinato (v.<br />
7). Erano in uno stato di tale miseria che<br />
sia le loro città sia le loro terre erano distrutte,<br />
e allo stesso tempo erano cosí<br />
stolti che avevano bisogno che queste<br />
cose fossero loro dette e mostrate. «Venite<br />
a vedere come stanno le cose; Il vostro<br />
paese è desolato; il terreno non è coltivato,<br />
per volere degli abitanti, i villaggi<br />
sono deserti (Gc 5:7). I campi e le vigne<br />
erano diventati come deserti, le spine vi<br />
crescevano dappertutto (Pr 24:31). Le vostre<br />
città sono consumate dal fuoco, per<br />
mano dei nemici invasori» (fuoco e spada<br />
vanno generalmente assieme); «per<br />
quanto riguarda i frutti della vostra terra,<br />
che dovrebbero essere il cibo per le vostre<br />
famiglie, li divorano degli stranieri; e,<br />
cosa ancora piú irritante, ciò avviene sotto<br />
i vostri occhi, e non potete evitarlo. Voi<br />
morite di fame mentre i vostri nemici si<br />
saziano con quello che dovrebbe essere il<br />
vostro sostentamento. La distruzione del<br />
vostro paese è come l’abbattimento degli<br />
stranieri, usato dagli invasori, come ci si<br />
aspetterebbe fosse usato da stranieri». La<br />
stessa Gerusalemme, che era come la figlia<br />
di Sion (il Tempio costruito su Sion<br />
era una madre, una madre amorevole, per<br />
Gerusalemme), o la stessa Sion, la montagna<br />
sacra, preziosa per Dio come una figlia,<br />
era ora perduta, abbandonata ed<br />
esposta come un frascato, una capanna in<br />
una vigna, di cui nessuno si cura piú,<br />
quando la produzione è finita, e che si<br />
presenta severa e spregevole come una<br />
capanna in un campo di cocomeri; e ogni<br />
persona ha timore di avvicinarvisi, ansiosi<br />
di eliminarvi i suoi effetti, come se<br />
fosse una città assediata (v. 8). Alcuni<br />
pensano si tratti di uno stato di calamità<br />
del regno che viene rappresentato come<br />
un corpo malato (v. 6). Probabilmente
Isaia 1:2-9 8 Peccati e sofferenze del popolo<br />
questo sermone fu predicato nel regno di<br />
Acaz, quando Giuda fu invasa dal re di<br />
Siria e dal re di Israele, gli Edomiti e i<br />
Filistei, che ne uccisero molti e ne condussero<br />
altrettanti in cattività (2 Cr 28:5,<br />
17-18). Consideriamo: L’empietà e l’immoralità<br />
a livello nazionale portano a una<br />
desolazione nazionale. La terra di<br />
Canaan, la gloria di tutte le terre, il Monte<br />
Sion, la gioia di tutta la terra, divennero<br />
entrambi una vergogna e una rovina. Era<br />
stato il peccato a renderli cosí, a opera del<br />
grande ingannatore.<br />
2. Eppure non furono tutti riformati, e<br />
quindi Dio minaccia di prendere altri<br />
provvedimenti con loro (v. 5): «Per quale<br />
ragione colpirvi ancora, e aspettarsi di<br />
condurvi a un miglioramento se, in risposta<br />
all’aumento di riprensioni, non fate<br />
che accrescere le vostre ribellioni?<br />
Aggiungereste altre rivolte, come avete<br />
fatto finora», come fece Acaz che, nella<br />
sua distretta, si ribellò ancora di piú al<br />
Signore (2 Cr 28:22). Come il medico non<br />
si preoccupa piú delle cure, quando vede<br />
che il caso del paziente è disperato, o<br />
come il padre non si preoccupa piú di correggere<br />
suo figlio, quando percepisce che<br />
il suo cuore si è indurito ed è incorreggibile,<br />
disponendo semplicemente di diseredarlo.<br />
Osserviamo:<br />
(a) Ci sono coloro che, come esito<br />
delle azioni usate da Dio per farli migliorare,<br />
peggiorano, e piú vengono ripresi e<br />
maggiormente si ribellano; la loro corruzione<br />
invece di essere mortificata, viene<br />
irritata ed esasperata dalle loro afflizioni e<br />
il loro cuore si indurisce gradualmente.<br />
(b) A volte Dio, seguendo il suo giusto<br />
giudizio, cessa di correggere coloro che<br />
sono stati per lungo tempo incorreggibili<br />
e li destina, quindi, alla distruzione.<br />
L’argento di rifiuto sarà gettato via, non<br />
nella fornace, ma nel letamaio (Gr 6:29,<br />
30; cfr. Ez 24:13; Os 4:14). Colui che è<br />
corrotto, sarà abbandonato alla sua corruzione.<br />
VI. Il suo conforto è la considerazione<br />
che vi sarà una rimanenza che esemplificherà<br />
la grazia e la misericordia di Dio,<br />
nonostante la corruzione e desolazione<br />
generali (v. 9). A questo punto possiamo<br />
considerare:<br />
1. Quanto sono stati vicini a un annientamento<br />
totale. Erano quasi come<br />
Sodoma e Gomorra rispetto al peccato e<br />
alla rovina. Il peccato si era talmente sviluppato<br />
che non potevano essere trovati<br />
fra loro neppure dieci uomini retti, ed<br />
erano miserabili al punto tale da essere<br />
considerati tutti condannati a morte, ma il<br />
loro paese divenne come un lago di zolfo.<br />
La giustizia divina diceva: Rendili simili<br />
ad Adma, riducili allo stato di Seboim;<br />
ma la Misericordia diceva: Come potrei<br />
(Os 11:8, 9)?<br />
2. Cos’era che li aveva salvati da questa<br />
rovina? Il Signore lasciò un piccolo<br />
residuo, un rimanente che rimase puro,<br />
incontaminato dall’apostasia comune e al<br />
sicuro, sopravvivendo alla calamità generale.<br />
Questo fatto viene citato dall’apostolo<br />
(Ro 9:27) e applicato a quei pochi<br />
della nazione giudaica che al momento<br />
opportuno abbracciarono il<br />
Cristianesimo, quando il nucleo del popolo<br />
invece lo respinse e nei quali furono<br />
adempiute le promesse fatte ai padri.<br />
Consideriamo:<br />
(a) Quando le situazioni giungono alla<br />
loro condizione peggiore, vi è un residuo<br />
preservato dall’iniquità e riservato alla<br />
misericordia di Dio, come Noè e la sua famiglia<br />
al diluvio, Lot e la sua famiglia<br />
alla distruzione di Sodoma. La grazia divina<br />
trionfa nella distinzione per mezzo di<br />
un atto di sovranità.<br />
(b) Questo residuo è spesso di piccola<br />
entità rispetto al vasto numero di peccatori<br />
ribelli che sono distrutti. La gran moltitudine<br />
non è mai il segno della vera<br />
Chiesa, in quanto il gregge di Cristo è piccolo.<br />
(c) La salvezza e la santificazione di<br />
un certo numero di persone, mentre altri<br />
periscono nelle loro impurità, è opera di<br />
Dio, della sua potenza come Signore degli<br />
eserciti. Se egli non avesse lasciato questo<br />
residuo, non vi sarebbe rimasto nessuno; i<br />
corruttori (v. 4) facevano tutto il possibile
Peccati e sofferenze del popolo 9<br />
Isaia 1:10-15<br />
per contaminare chiunque, e i divoratori<br />
(v. 7) facevano il possibile per distruggere<br />
tutti, e ci sarebbero riusciti se Dio non<br />
fosse intervenuto per assicurarsi un residuo<br />
col compito di dargli tutta la gloria.<br />
(d) È buono che un popolo salvato<br />
dalla distruzione completa guardi indietro<br />
per vedere quanto era vicino, proprio ai limiti<br />
dell’annientamento, e comprendere<br />
quanto sono debitori a pochi uomini retti<br />
che hanno fatto in un certo senso da garanti,<br />
mediatori, e soprattutto quanto sono<br />
debitori a Dio misericordioso che ha lasciato<br />
loro questi pochi uomini retti. È<br />
grazie alla misericordia di Dio che non<br />
siamo consumati.<br />
1:10-15<br />
Ecco,<br />
I. Dio li chiama (ma invano) ad ascoltare<br />
la sua parola (v. 10).<br />
1. Il modo con cui Dio li definisce è<br />
molto insolito: capi di Sodoma e popolo<br />
di Gomorra. Questa definizione indica<br />
quanto sarebbe stato giusto da parte di<br />
Dio giudicarli con la stessa distruzione di<br />
Sodoma e Gomorra (v. 9), proprio perché<br />
si comportavano come gli abitanti di<br />
Sodoma e Gomorra per quanto concerne<br />
il peccato. Gli uomini di Sodoma erano<br />
perversi e grandi peccatori contro il<br />
Signore (Ge 13:13), come pure gli uomini<br />
in Giuda. Se i governanti erano malvagi,<br />
non c’è da meravigliarsi che lo fosse<br />
anche il popolo. I vizi superavano le virtú<br />
poiché i responsabili, gli uomini di rilievo,<br />
erano a essi favorevoli. La loro<br />
forza non era inferiore a quella assicurata<br />
da Dio al residuo (v. 9). I governanti vengono<br />
coraggiosamente attaccati qui dal<br />
profeta, come capi di Sodoma, poiché costui<br />
non ricorreva certo a false lusinghe.<br />
La tradizione dei Giudei dice che per questa<br />
stessa espressione egli fu, molto<br />
tempo dopo, accusato e messo a morte,<br />
come se avesse maledetto gli dèi e parlato<br />
male del capo del suo popolo.<br />
2. Ciò che egli chiedeva da loro è<br />
molto ragionevole: «Ascoltate la parola<br />
del Signore, e prestate orecchio alla legge<br />
del nostro Dio; prestate ascolto a ciò che<br />
Dio ha da dirvi, lasciate che la sua parola<br />
sia legge per voi». L’affermazione che<br />
segue di non gradire i loro sacrifici sarebbe<br />
stata come una nuova legge per<br />
loro, anche se in realtà non era che una diversa<br />
espressione dell’antica legge, con<br />
un riguardo e una considerazione speciale<br />
(Sl 50:7, 8). «Ascoltate e tremate; sentite<br />
e state in guardia».<br />
II. Egli rifiuta giustamente di ascoltare<br />
le loro preghiere e accettare i loro servizi,<br />
i loro sacrifici e olocausti, del grasso e del<br />
sangue degli animali offerti (v. 11), della<br />
loro presenza nei suoi cortili (v. 12), delle<br />
loro oblazioni, del loro incenso, e delle<br />
loro riunioni solenni (v. 13), dei loro noviluni<br />
e delle loro feste stabilite (v. 14), i<br />
loro tentativi piú devoti di avvicinarsi a<br />
lui (v. 15); essi sono tutti respinti perché<br />
le loro mani sono sporche di sangue. A<br />
questo punto è possibile osservare che:<br />
1. Vi sono molte persone che sono<br />
straniere e nemiche del potere della religione,<br />
pur sembrando esteriormente<br />
molto zelanti. Questa nazione peccatrice,<br />
questi figli iniqui, questi capi di Sodoma<br />
e questo popolo di Gomorra, portavano<br />
non agli altari dei falsi dèi (non è questa<br />
l’accusa che gli viene qui resa), ma all’altare<br />
del Dio di Israele, sacrifici, una moltitudine<br />
di immolazioni, quante erano<br />
prescritte dalla legge e ancor di piú, non<br />
soltanto offerte di cui essi potevano avere<br />
la loro parte, ma anche olocausti che venivano<br />
totalmente consumati per portare<br />
onore a Dio; e non portavano animali miseri,<br />
zoppi e malati, ma portavano bestie<br />
in pasto, il loro grasso, il meglio della<br />
loro specie. Inoltre essi non mandavano<br />
altri a porgere le proprie offerte, ma si<br />
presentavano personalmente davanti a<br />
Dio. Rispettavano i luoghi istituiti (né in<br />
luoghi importanti e neppure nei campi,<br />
ma nei cortili di Dio), rispettavano i tempi<br />
istituiti, i noviluni, i sabati, e le feste stabilite,<br />
senza trascurarne nessuna. In piú<br />
essi convocavano riunioni straordinarie e<br />
assemblee solenni per l’adorazione religiosa,<br />
oltre a quelle già stabilite da Dio. E
Isaia 1:10-15 10 Peccati e sofferenze del popolo<br />
non è ancora tutto: essi si presentavano a<br />
Dio non soltanto con le loro osservanze<br />
cerimoniali, ma con pratiche devozionali.<br />
Imploravano, pregavano spesso e molto,<br />
pensando di essere ascoltati per la moltitudine<br />
delle loro parole; erano ferventi in<br />
preghiera e sconvenienti, innalzavano le<br />
loro mani come persone in attesa, ansiose<br />
e accorate. Sulla base di tutte queste caratteristiche<br />
potremmo pensare che essi<br />
siano stati un popolo pio e religioso<br />
(come, senza dubbio, essi si ritenevano),<br />
eppure essi erano ben lontani dall’esserlo,<br />
poiché:<br />
(a) Nel loro cuore non c’era vera devozione.<br />
Essi erano concentrati sull’apparenza<br />
dinanzi a Dio (v. 12), su come<br />
erano visti davanti a lui (possiamo leggerlo<br />
fra le righe); si sentivano tranquilli<br />
nell’assolvere ai doveri e compiti esteriori,<br />
si interessavano solo di come venivano<br />
visti dagli uomini e non ricercavano<br />
che la loro approvazione, accentrandosi<br />
su quanto gli altri possono constatare.<br />
(b) Le loro mani erano piene di sangue;<br />
erano colpevoli di omicidi, rapine e<br />
oppressioni, in nome della legge e della<br />
giustizia. Il popolo spargeva sangue e i<br />
capi non li punivano per quello che facevano.<br />
I capi versavano sangue e il popolo<br />
li aiutava ed era loro complice, come gli<br />
anziani di Izreel lo furono per Izebel nello<br />
spargimento del sangue di Nabot. La malizia<br />
è un omicidio nel cuore agli occhi di<br />
Dio: colui che nel suo cuore odia suo fratello,<br />
in effetti è come se avesse le mani<br />
piene di sangue.<br />
2. Quando i peccatori cadono sotto il<br />
giudizio di Dio, si dedicheranno piú facilmente<br />
alle devozioni che al pentimento,<br />
all’abbandono dei propri peccati, e al rinnovamento<br />
della propria vita. Il loro<br />
paese era ormai desolato, le loro città consumate<br />
dal fuoco (v. 7), e questo li spinse<br />
a portare i propri sacrifici e le proprie offerte<br />
a Dio con ancora maggiore costanza<br />
di prima, come se potessero ingannare<br />
Dio Onnipotente per fargli rimuovere la<br />
punizione e concedere il permesso per<br />
continuare a peccare. Quando li faceva<br />
perire, essi lo cercavano (Sl 78:34).<br />
Signore, essi, nell’angoscia ti hanno cercato<br />
(Is 26:16). Alcuni che sarebbero ben<br />
disposti a rinunciare a qualcosa da sacrificare<br />
non sarebbero invece facilmente persuasi<br />
a rinunciare ai propri peccati.<br />
3. Le devozioni piú sontuose e dispendiose,<br />
da parte di persone malvagie, senza<br />
una vera riforma del cuore e della vita,<br />
sono davvero lontane dall’essere accettevoli<br />
agli occhi di Dio, anzi sono ai suoi<br />
occhi un vero e proprio abominio. Il fatto<br />
che l’ubbidienza val meglio del sacrificio<br />
è mostrato qui con una gran varietà di<br />
espressioni; il sacrificio senza ubbidienza<br />
è un insulto, un affronto e una provocazione<br />
per Dio. Il rifiuto che egli esprime<br />
qui dell’osservanza dei cerimoniali era<br />
un’intimazione tacita di ciò a cui sarebbero<br />
giunti alla fine, spazzati via dalla<br />
morte di Cristo. Ciò che ora aveva poco<br />
valore, al momento opportuno non ne<br />
avrebbe avuto affatto: «Sacrifici e offerte,<br />
e la preghiera emessa in modo passivo, tu<br />
non li gradisci; poi io dissi, ecco, io<br />
vengo». I loro sacrifici qui rappresentati,<br />
sono:<br />
(a) Infruttuosi e insignificanti; Che<br />
m’importa dei vostri numerosi sacrifici<br />
(v. 11)? Sono offerte inutili (v. 13). Invano<br />
mi rendono il loro culto (Mt 15:9). La<br />
loro attenzione verso le istituzioni di Dio<br />
era energia dissipata e non era affatto<br />
prova di buona consapevolezza, perché:<br />
[1] Non era considerata come un atto di<br />
dovere o di ubbidienza a Dio: Chi vi ha<br />
chiesto di contaminare i miei cortili (v.<br />
12)? Non che Dio rinneghi le proprie istituzioni,<br />
o che rifiuti le sue stesse regole;<br />
ma in ciò che facevano essi non avevano<br />
Dio in mente, non guardavano a chi le<br />
aveva richieste; e neppure Dio richiedeva<br />
tale comportamento esteriore da chi possedeva<br />
mani colme di sangue e continuava<br />
impenitente in tale condizione. [2]<br />
Non valeva come garanzia per far guadagnare<br />
il favore di Dio. Egli non si compiaceva<br />
del sangue dei loro sacrifici, perché<br />
non era questo che lo onorava. [3]<br />
Non li risollevava per nulla dalle loro
Peccati e sofferenze del popolo 11<br />
Isaia 1:16-20<br />
colpe. Essi pregano ma Dio non ascolterà<br />
perché essi tramano il male (Sl 66:18);<br />
Egli non li libererà, poiché, sebbene facciano<br />
molte preghiere, nessuna procede<br />
da un cuore retto; tutto il servizio che offrivano<br />
non serviva loro a nulla, anzi era,<br />
(b) Odioso e offensivo. Non solo Dio<br />
non l’accettava, ma lo detestava e aborriva.<br />
«Sono i vostri sacrifici, non sono i<br />
miei; mi sono un peso che sono stanco di<br />
portare». Non ne aveva bisogno (Sl<br />
50:10), e non desiderava tali sacrifici, ne<br />
aveva avuto abbastanza. Il loro entrare nei<br />
suoi cortili egli l’indica come contaminazione,<br />
la loro frequenza nei suoi ordinamenti<br />
era solo motivo di disprezzo; il loro<br />
incenso, anche il piú profumato, era per<br />
lui un’abominazione, poiché bruciava<br />
nell’ipocrisia e nella malvagità di cuore.<br />
Le loro assemblee solenni egli non le poteva<br />
piú sopportare, non aveva piú pazienza<br />
di subire, insieme all’affronto che<br />
essi gli facevano. L’assemblea solenne è<br />
un’iniquità, anche se in sé stessa non lo<br />
era; eppure, il modo in cui essi si incontravano<br />
rendeva la riunione abominevole.<br />
Era una cosa irritante (cosí alcuni leggono),<br />
una provocazione per Dio, vedere<br />
le sue ordinanze prostituite in tal modo,<br />
non solo per mano di gente malvagia ma<br />
anche per scopi malvagi: «L’anima mia<br />
odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite;<br />
mi sono un peso; non li sopporto<br />
piú, e sono un peso che sono stanco di<br />
portare». Dio non si stanca mai di ascoltare<br />
le preghiere del giusto, mentre si<br />
stanca presto dei sacrifici costosi e impegnativi<br />
del malvagio. Egli si nasconde<br />
dalle loro preghiere, proprio come a realtà<br />
avverse o a persone contro le quali è adirato.<br />
Tutto questo per mostrare che: [1] Il<br />
peccato è davvero odioso per il Signore,<br />
al punto da rendere odioso ai suoi occhi<br />
perfino le preghiere degli uomini e il loro<br />
servizio religioso. [2] La misericordia<br />
dissimulata è una doppia iniquità. Fra<br />
tutte le cose, l’ipocrisia nella religione è<br />
la cosa piú abominevole agli occhi di Dio.<br />
Girolamo applica il brano ai Giudei del<br />
tempo di Cristo. Essi mostravano un<br />
grande zelo per la legge e il Tempio, ma<br />
rendevano abominevole le proprie persone<br />
e il proprio servizio davanti a Dio,<br />
perché avevano le mani sporche del sangue<br />
di Cristo e degli apostoli. In tal modo<br />
avevano completato la misura della propria<br />
iniquità.<br />
1:16-20<br />
Anche se Dio aveva respinto il loro<br />
servizio come insufficiente per la redenzione<br />
o la propiziazione dei loro peccati,<br />
poiché essi perseveravano in essi, bisogna<br />
dire che però Dio non li rifiuta come se<br />
fossero in una condizione senza speranza,<br />
ma li chiama a ravvedimento, ad abbandonare<br />
i propri peccati, che avevano ostacolato<br />
proprio l’approvazione del loro<br />
servizio. In tal caso tutto sarebbe stato sistemato.<br />
Non si può dunque dire che Dio<br />
ce l’avesse con loro e niente altro, anzi<br />
egli propose loro un metodo di riconciliazione.<br />
Possiamo osservare una chiamata<br />
al pentimento e al rinnovamento: «Se volete<br />
che i vostri sacrifici siano accettati, e<br />
che le vostre preghiere ricevano risposta,<br />
dovete offrire ogni cosa con il giusto atteggiamento:<br />
Convertitevi alla mia<br />
legge» (cosí la traduzione Caldea comincia<br />
questa esortazione), «fate in modo che<br />
la coscienza faccia parte dei vostri doveri<br />
e compiti, altrimenti non vi aspettate di<br />
essere accettati affatto negli atti della vostra<br />
devozione». Come la giustizia e la carità<br />
non saranno mai l’emendamento dell’ateismo<br />
e dell’essere profani, allo stesso<br />
modo le preghiere e i sacrifici non possono<br />
fare ammenda per la frode e l’oppressione,<br />
poiché la giustizia verso il<br />
prossimo è un ramo della fede pura<br />
quanto la fede verso Dio è un ramo della<br />
giustizia universale.<br />
1. Essi devono smettere di fare il male,<br />
non devono piú commettere errori, spargere<br />
sangue innocente. È questo il significato<br />
di lavarsi e purificarsi (v. 16). Non significa<br />
soltanto rattristarsi per il peccato<br />
commesso, ma spezzare e interrompere la<br />
pratica di esso, smettere di compierlo e<br />
mortificare tutte quelle influenze e dispo-
Isaia 1:16-20 12 Peccati e sofferenze del popolo<br />
sizioni negative che hanno condotto a tali<br />
azioni peccaminose. Il peccato contamina<br />
l’anima. Il nostro compito è di lavarci dal<br />
peccato tramite il pentimento e il ricongiungimento<br />
a Dio; dobbiamo abbandonare<br />
non soltanto quel male o quegli atti<br />
che sono visibili agli occhi del mondo,<br />
trattenendoci dal compiere quei peccati<br />
evidenti e notevoli, ma dobbiamo preoccuparci<br />
anche di quello che solo Dio può<br />
vedere, le radici e le abitudini del peccato,<br />
che sono nel nostro cuore; anche queste<br />
devono essere spezzate e messe a morte.<br />
2. Essi devono imparare a fare il bene.<br />
Questo era necessario per rendere completo<br />
il loro pentimento. Possiamo notare<br />
che non è sufficiente smettere di compiere<br />
il male: dobbiamo imparare a fare il<br />
bene.<br />
(a) Dobbiamo essere in attività, e non<br />
semplicemente smettere di agire nel male<br />
e rimanere inattivi.<br />
(b) Dobbiamo essere attivi nel fare il<br />
bene, il bene che il Signore nostro Dio richiede<br />
e che produrrà un buon risultato; e,<br />
(c) Dobbiamo farlo per bene, con un<br />
giusto atteggiamento e per una giusta<br />
causa;<br />
(d) Dobbiamo imparare a fare il bene,<br />
dobbiamo pagare il duro prezzo dell’impegno<br />
per giungere alla conoscenza del<br />
nostro dovere, essere alla ricerca e interessarci<br />
a esso, e poi abituarci a praticarlo,<br />
in modo da riuscire facilmente a<br />
operare e diventare esperti nelle azioni<br />
sante e oneste. Egli li incita particolarmente<br />
in quegli aspetti del ben fare in cui<br />
erano stati difettosi, quelle azioni non visibili,<br />
private: «Cercate la giustizia; siate<br />
alla ricerca di ciò che è corretto, per farlo,<br />
siate desiderosi di essere trovati attivi nel<br />
vostro dovere, e non camminate superficialmente,<br />
con trascuratezza. Cercate opportunità<br />
per fare il bene: Rialzate l’oppresso,<br />
colui che voi stessi avete afflitto,<br />
liberateli dal loro peso (Is 58:6). Voi che<br />
avete il potere di farlo, usate la vostra capacità<br />
per risollevare coloro che altri opprimono,<br />
perché questo fa parte del vostro<br />
dovere. Vendicate coloro che soffrono in-<br />
giustamente, preoccupandovi in modo<br />
particolare degli orfani e delle vedove, dei<br />
quali, poiché deboli e senza aiuto, approfittano<br />
i piú forti e prepotenti. Siate presenti<br />
a loro favore sia nei locali pubblici<br />
che in luoghi all’aperto, ogni qual volta<br />
ne avete l’opportunità. Parlate in favore di<br />
coloro che non possono difendersi da soli<br />
e che non hanno modo di ricambiarvi e<br />
gratificarvi per la vostra gentilezza».<br />
Consideriamo che noi onoriamo davvero<br />
Dio quando facciamo del bene nel<br />
mondo; gli atti di giustizia e di carità sono<br />
piú graditi a Dio di quanto non lo siano le<br />
offerte, gli olocausti e i sacrifici.<br />
I. Una dimostrazione, per quanto riguarda<br />
la giusta ragione, dell’equità dell’operato<br />
di Dio nei loro confronti: «Poi<br />
venite e discutiamo (v. 18); mentre le vostre<br />
mani sono piene di sangue non vorrò<br />
avere niente a che fare con voi, anche se<br />
mi portate una moltitudine di sacrifici; ma<br />
se vi lavate e vi purificate, siete benvenuti<br />
ad avvicinarvi a me: venite e discutiamone<br />
assieme». Notiamo che coloro, e<br />
soltanto coloro, che spezzano i propri legami<br />
con il peccato, sono benvenuti nel<br />
patto e nella comunione con Dio; Egli<br />
dice: Poi venite, alle persone a cui prima<br />
aveva vietato l’entrata nei suoi cortili. Vi<br />
erano alcuni fra loro che si consideravano<br />
fronteggiati dal giudizio di offesa stabilito<br />
da Dio sulla moltitudine dei loro sacrifici<br />
(cfr. Gm 4:8), come riporta Isaia 58:3:<br />
Quando abbiamo digiunato (dicevano),<br />
non ci ha visti? E rappresentavano Dio<br />
come un Padrone severo e impossibile da<br />
soddisfare. «Venite» dice Dio, «discutiamo<br />
assieme, con onestà, dell’argomento,<br />
e sono certo che concluderemo<br />
che le mie vie sono giuste, mentre le vostre<br />
non lo sono (Ez 18:25)». Bisogna osservare<br />
che la religione ha dalla sua parte<br />
la ragione, vi sono tutte le ragioni al<br />
mondo per cui noi dovremmo fare ciò che<br />
Dio ci dice. Il Dio del cielo accetta di ragionare<br />
del caso con quelli che lo contraddicono<br />
e non trovano giusto quanto<br />
egli stabilisce; perché egli è giusto<br />
quando parla e giudica (Sl 51:4). Il caso
Peccati e sofferenze del popolo 13<br />
Isaia 1:16-20<br />
deve soltanto essere preso in considerazione<br />
e affermato (molto onestamente) ed<br />
esso proverà di essere corretto. Dio mostra<br />
quali erano le loro condizioni (come<br />
le sue, Ez 18:21-24; Ez 33:18-19) e poi<br />
lascia a loro giudicare se i presupposti<br />
erano legittimi o meno.<br />
1. Ragionevolmente, se si pentivano e<br />
cambiavano direzione, essi non potevano<br />
aspettarsi di piú che essere accolti nuovamente<br />
nel favore di Dio, nonostante le<br />
loro precedenti provocazioni. «Potete<br />
aspettarvi questo» dice Dio, ed è molto<br />
gentile da parte sua; chi poteva avere la<br />
faccia di desiderare ciò tramite qualche<br />
altra via?<br />
(a) Ciò che viene richiesto è molto<br />
poco, «soltanto essere ben disposti e ubbidienti,<br />
che si acconsenta a ubbidire»<br />
(come molti leggono), «che voi sottomettiate<br />
la vostra volontà a quella di Dio, che<br />
siate soddisfatti in essa e rinunciate a voi<br />
stessi in ogni cosa per essere guidati da<br />
Colui che è infinitamente saggio e<br />
buono». Non troviamo che essi devono<br />
fare alcuna penitenza per la loro precedente<br />
condizione di caparbietà, né il loro<br />
peso è reso piú pesante per loro; soltanto:<br />
«Mentre prima eravate perversi e ribelli, e<br />
non vi attenevate a quello che era per il<br />
vostro bene, adesso siate arrendevoli, governabili».<br />
Egli non dice: «Se sarete perfettamente<br />
ubbidienti» ma «se siete disposti<br />
ad ubbidire». Poiché ciò che ci<br />
rende accettabili ai suoi occhi è la mente<br />
ben disposta.<br />
(b) È di grande importanza quanto è<br />
promesso su questi principi, in modo che:<br />
[1] Tutti i loro peccati sarebbero stati perdonati,<br />
e non sarebbero stati considerati e<br />
citati contro di loro. «Se anche fossero<br />
stati rossi come lo scarlatto e la porpora,<br />
se fossero stati soggetti alla colpa di sangue,<br />
se si fossero pentiti, tutto sarebbe<br />
stato perdonato, e sarebbero comparsi dinanzi<br />
a Dio bianchi come la neve».<br />
Possiamo considerare che anche i piú<br />
grandi peccatori, se si pentono davvero,<br />
possono essere perdonati e sperimentare<br />
una coscienza purificata e in pace. Anche<br />
se i nostri peccati fossero stati come lo<br />
scarlatto e la porpora, e ci avessero macchiato<br />
profondamente, come una tintura,<br />
doppia, prima nella lana della corruzione<br />
originale e poi nelle molte trame del tessuto<br />
della trasgressione attuale odierna –<br />
sebbene fossimo stati immersi spesso in<br />
tale tintura, tramite i nostri numerosi allontanamenti<br />
da Dio per scivolare nel<br />
peccato, e sebbene avessimo goduto in<br />
esso per lungo tempo, assorbendo tutto il<br />
suo colore, proprio come la stoffa nel colorante<br />
rosso, la misericordia purificatrice<br />
scolorerebbe completamente e libererebbe<br />
dalla macchia come fa l’issopo con<br />
i tessuti e saremmo puliti (Sl 51:7). Se ci<br />
purifichiamo con il pentimento e il rinnovamento<br />
(v. 16), Dio ci renderà bianchi<br />
con una completa remissione. [2]<br />
Potessero avere tutta la gioia e il conforto<br />
desiderato. «Basta che siate disponibili e<br />
ubbidienti, e mangerete il buon frutto<br />
della terra, la terra della promessa, avrete<br />
tutte le benedizioni del nuovo patto, della<br />
Canaan celeste, tutto il buon frutto della<br />
terra». Coloro che perseverano nel peccato,<br />
anche se vivono in una terra fruttuosa,<br />
non potranno godere dei suoi frutti<br />
perché il senso di colpa renderà tutto piú<br />
amaro; ma se il peccato viene perdonato,<br />
i conforti potenziali diventano conforti effettivi.<br />
2. Ragionevolmente essi non avrebbero<br />
potuto aspettarsi altro: se avessero<br />
continuato a ostinarsi nella loro disubbidienza,<br />
sarebbero stati abbandonati alla<br />
rovina e la sentenza della legge sarebbe<br />
stata sul loro capo, e questo sarebbe stata<br />
una conseguenza giusta senza pari (v. 20):<br />
«Ma se rifiutate e siete ribelli, se continuate<br />
a ribellarvi contro la guida di Dio,<br />
rifiutando le offerte della grazia divina,<br />
sarete divorati dalla spada, dalla spada<br />
dei vostri nemici, che saranno mandati a<br />
distruggervi – dalla spada della giustizia<br />
di Dio, della sua ira, della sua vendetta,<br />
sfoderata contro di voi, poiché la bocca<br />
del Signore ha parlato e ha detto questo e<br />
lo farà per perpetuare il rispetto del proprio<br />
onore». Notiamo che coloro che non
Isaia 1:21-31 14 Peccati e sofferenze del popolo<br />
si faranno governare dallo scettro di Dio<br />
saranno certamente e giustamente divorati<br />
dalla sua spada. «E adesso vita e<br />
morte, il bene e il male sono in questo<br />
modo davanti a voi. Venite, e discutiamo.<br />
Cosa avete da obiettare contro l’equità di<br />
questa decisione e cosa avete da dire contro<br />
le regole da lui stabilite?».<br />
1:21-31<br />
In questo contesto notiamo,<br />
I. Il terribile stato di corruzione di<br />
Giuda e di Gerusalemme viene tristemente<br />
presentato come una lamentela.<br />
Consideriamo:<br />
1. Ciò che la città regale era stata. Fu<br />
una città fedele, devota a Dio e agli interessi<br />
del suo regno fra gli uomini, fedele<br />
alla nazione e ai suoi interessi pubblici.<br />
Era piena di rettitudine; la giustizia veniva<br />
amministrata come si doveva nei tribunali<br />
e nelle sedi giuridiche ivi stabilite:<br />
«I troni per il giudizio, i troni della casa<br />
di Davide (Sl 122:5)». Gli uomini erano<br />
generalmente onesti nei loro affari, aborrivano<br />
ed evitavano le azioni ingiuste. La<br />
giustizia vi abitava, era costantemente<br />
presente nei loro palazzi e in tutte le loro<br />
azioni, non usata solo saltuariamente a seconda<br />
dei bisogni e dell’utilità, ma era la<br />
norma. Notiamo che né le città sante e<br />
neppure quelle regali, né i luoghi dove è<br />
professata la religione e neppure quelli<br />
dove è amministrato il governo, saranno<br />
davvero fedeli al loro compito se la religione<br />
non vi dimora.<br />
2. Ciò che era diventata. Quella bella e<br />
virtuosa sposa si era corrotta ed era diventata<br />
adultera; la giustizia non dimorava<br />
piú a Gerusalemme (terras Astraea<br />
reliquit–Astrea aveva lasciato la terra);<br />
perfino gli omicidi passavano impuniti e<br />
vivevano lí indisturbati; i principi stessi<br />
erano cosí crudeli e opprimenti che non<br />
erano migliori degli assassini; le persone<br />
innocenti potevano piú facilmente proteggersi<br />
contro le truppe di banditi che contro<br />
tali giudici. Possiamo osservare che si<br />
tratta di un grave peggioramento della<br />
malvagità di ogni famiglia o popolo di cui<br />
gli antenati erano famosi per la loro virtú<br />
e moralità, e in genere coloro che generano<br />
un tale cambiamento mostrano di essere<br />
i piú malvagi di tutti. Corruptio optimi<br />
est pessima–La corruzione di coloro<br />
che erano i migliori li porta a diventare i<br />
peggiori (Lu 11:26; Ec 3:16; cfr. Gr<br />
22:15-17). La degenerazione di<br />
Gerusalemme viene illustrata:<br />
(a) Per mezzo di similitudini (v. 22): Il<br />
tuo argento si è cambiato in scorie.<br />
Questa corruzione dei magistrati, il carattere<br />
dei quali è il contrario dei loro predecessori,<br />
è una grande vituperio e una seria<br />
ingiuria contro il regno altrettanto quanto<br />
lo sarebbe stata la svalutazione del loro<br />
argento fino a essere considerato come<br />
semplici scorie. Città e principi giusti<br />
sono come argento nel tesoro di un regno,<br />
mentre città e principi ingiusti sono come<br />
scorie per il letamaio. Come mai si è<br />
oscurato l’oro (La 4:1)? Il tuo vino è stato<br />
tagliato con acqua, ed è cosí diventato<br />
svanito e aspro. Alcuni interpretano entrambe<br />
queste indicazioni letteralmente: il<br />
vino che essi vendevano era alterato, era<br />
per metà diluito; il denaro che pagavano<br />
era falsificato e in tutte le cose che facevano<br />
c’era qualche imbroglio. Ma questa<br />
descrizione deve essere piuttosto vista<br />
come figurativa: la giustizia era stata corrotta<br />
dai loro principi; mentre la religione<br />
e la Parola di Dio erano state deturpate e<br />
manipolate dai loro sacerdoti che se ne<br />
servivano a loro piacimento, secondo le<br />
necessità. Forse alcune scorie possono essere<br />
rilucenti come l’argento, e il vino a<br />
cui viene aggiunta acqua potrebbe anche<br />
conservare lo stesso colore, ma entrambi<br />
perdono il loro valore. In tal modo mantengono<br />
soltanto un’apparenza e una pretesa<br />
visiva di virtú, ma in realtà hanno<br />
perso il loro vero significato.<br />
(b) In alcuni casi (v. 23): «I tuoi principi,<br />
che dovrebbero incoraggiare e guidare<br />
gli altri a essere in alleanza con Dio<br />
e in sottomissione alla sua legge, sono invece<br />
essi stessi ribelli, sfidando lui e le<br />
sue leggi». Coloro che dovrebbero ostacolare<br />
i ladri (gli oppressori ricchi e su-
Peccati e sofferenze del popolo 15<br />
Isaia 1:21-31<br />
perbi, i peggiori ladri, e coloro che premeditatamente<br />
imbrogliano i loro creditori,<br />
che non sono migliori), sono essi<br />
stessi compagni di tali persone, sono loro<br />
complici, si comportano proprio come<br />
loro, e con maggiore sicurezza e successo<br />
perché sono principi e detengono il potere;<br />
essi condividono con i ladri i quali<br />
essi proteggono nei loro guadagni illegali<br />
(Sl 50:18) ed estraggono a sorte la loro<br />
parte con i malfattori (Pr 1:13, 14). [1] Il<br />
profitto personale è tutto ciò a cui aspirano,<br />
trarre il piú possibile a proprio vantaggio,<br />
che sia giusto o meno. Amano i<br />
doni, e vanno dietro alle ricompense,<br />
hanno il cuore volto alla retribuzione, ai<br />
guadagni e alle mance delle proprie attività,<br />
e ne sono assetati, non se ne saziano<br />
mai, non ne hanno mai abbastanza.<br />
Farebbero qualunque cosa, anche contraria<br />
alla legge e alla giustizia, per ricevere<br />
un regalo in segreto. Donazioni e regali li<br />
accecano del continuo e li spingono a pervertire<br />
la giustizia. Sono queste le persone<br />
che essi amano e che sono ansiosi di seguire<br />
(Os 4:18). [2] Fare il loro dovere<br />
non è piú loro interesse, non se ne curano<br />
piú. Dovrebbero proteggere gli ingiuriati<br />
e prendersi cura delle richieste fatte loro,<br />
altrimenti per quale motivo essi dovrebbero<br />
essere stati scelti? Intanto, non fanno<br />
giustizia all’orfano, non fanno nulla per<br />
curare e aiutare chi non ha padre, e la<br />
causa della vedova non giunge fino a<br />
loro, perché la povera vedova non ha doni<br />
da offrire per perorare la propria causa e<br />
farsi valere. Queste persone, che avrebbero<br />
dovuto essere i protettori degli oppressi<br />
e invece sono i loro maggiori oppressori,<br />
avranno molto da render conto.<br />
II. Viene presa la decisione di riaffrontare<br />
questo motivo di lagnanze (v. 24):<br />
Perciò il Signore, il Signore degli eserciti,<br />
il Potente d’Israele, dice – Colui che ha il<br />
potere di rendere buono ciò che dice, che<br />
ha eserciti sotto il suo comando per l’esecuzione<br />
dei suoi obiettivi e il cui potere è<br />
adoperato per il suo Israele – Guai! Io<br />
avrò soddisfazione dai miei avversari.<br />
Osserviamo:<br />
1. I nemici, gli avversari di Dio sono le<br />
persone malvagie, in particolare i malvagi<br />
governatori, crudeli e oppressivi, e tali saranno<br />
considerati ricevendo una retribuzione<br />
appropriata. Se la gente santa si era<br />
corrotta, era diventata essa stessa nemica<br />
della casa di Dio.<br />
2. Essi sono un peso per il Dio dei<br />
cieli, cosa che si può trarre dall’espressione<br />
adoperata. Il Potente d’Israele, che<br />
può sopportare e affrontare qualsiasi cosa,<br />
che sostiene ogni cosa, si lamenta di essere<br />
tormentato dalle iniquità degli uomini<br />
(Is 43:24; Am 2:13).<br />
3. Dio troverà il modo e il tempo per liberarsi<br />
di questo peso, vendicandosi di<br />
quelli che mettono a dura prova la sua pazienza.<br />
In questo contesto Dio parla come<br />
uno che prevede già il proprio trionfo e la<br />
propria rivendicazione: Guai! Io avrò<br />
soddisfazione dai miei avversari. Dio libererà<br />
la terra dal peso sotto il quale essa<br />
geme (Ro 8:21-22), libererà il suo stesso<br />
nome di tutte le infamie con cui è stato<br />
appesantito; Egli avrà soddisfazione dai<br />
suoi avversari, vendicandosi dei suoi nemici;<br />
Egli li vomiterà dalla sua bocca, e in<br />
tal modo se ne libererà (Ap 3:16). Egli<br />
dice con soddisfazione che il giorno della<br />
vendetta è nel suo cuore (Is 63:4). Se il<br />
popolo che si professa di Dio non si conforma<br />
alla sua immagine, come il Santo di<br />
Israele (Is 14), allora esso sentirà il peso<br />
della sua mano, come il Potente di Israele:<br />
la sua potenza che era a loro favore, sarà<br />
armata contro di loro. Dio avrà soddisfazione<br />
da questa situazione pesante in due<br />
modi:<br />
(a) Riformando la sua Chiesa, e ristabilendo<br />
dei buoni giudici al posto di<br />
quelli corrotti. Anche se la Chiesa possiede<br />
una gran quantità di scorie, non sarà<br />
comunque gettata via, ma affinata (v. 25):<br />
«Ti purificherò delle tue scorie. Metterò a<br />
posto ciò che è sbagliato. Il vizio e la profanità<br />
saranno soppressi e messi fuori<br />
gioco, gli oppressori saranno tolti via e<br />
privati del potere di fare il male». Anche<br />
quando le cose sono al culmine del male,<br />
Dio può rimetterle a posto, può ristabilire
Isaia 1:21-31 16 Peccati e sofferenze del popolo<br />
il bene e suscitare una completa riforma;<br />
quando comincia un’opera egli la porta a<br />
compimento, portando via ogni imperfezione.<br />
Osserviamo che: [1] La riforma di<br />
un popolo è opera di Dio; e se avviene, è<br />
perché Dio la fa succedere: «Ti rimetterò<br />
la mano addosso; lo farò per ristabilire la<br />
religione che ho piantato inizialmente».<br />
Dio può farlo senza alcuna difficoltà, con<br />
un colpo di mano; ma lo fa efficacemente<br />
dal momento che quale opposizione può<br />
resistere al braccio del Signore che si rivela?<br />
[2] Egli può realizzarlo dando loro<br />
buoni magistrati e buoni ministri di stato<br />
come una benedizione (v. 26):<br />
«Ristabilirò i tuoi giudici com’erano anticamente,<br />
per far rispettare le leggi contro<br />
i cattivi operatori, e i tuoi consiglieri,<br />
per le transazioni degli affari pubblici, com’erano<br />
al principio». Potevano essere<br />
sia le stesse persone cambiate o altre dello<br />
stesso tipo. [3] Egli realizza questo tramite<br />
il rinnovamento del giudizio e della<br />
giustizia fra loro (v. 27), impiantando<br />
nella mente degli uomini principi di giustizia<br />
e governando la loro vita secondo<br />
tali principi. Gli uomini possono fare<br />
molto seguendo delle limitazioni esteriori,<br />
ma Dio agisce e guida in modo<br />
molto piú efficace per mezzo dell’influenza<br />
del suo Spirito, come Spirito di<br />
giudizio (Is 4:4 28:6; cfr. Sl 85:10, 11).<br />
[4] Il rinnovamento e la riforma di un popolo<br />
porta alla sua redenzione, all’affrancamento<br />
dei suoi convertiti, poiché quella<br />
del peccato è la peggior schiavitú, e la piú<br />
grande ed eterna redenzione è quella tramite<br />
la quale Israele viene redenta da<br />
tutte le sue colpe (Sl 130:8), e il<br />
Redentore benedetto è Colui che allontana<br />
da Giacobbe l’iniquità (Ro 11:27), e<br />
salverà il suo popolo dai suoi peccati (Mt<br />
1:21). Tutti i redenti del Signore saranno i<br />
convertiti, e la loro conversione è la loro<br />
redenzione: «E quelli che in lei si convertiranno<br />
saranno salvati mediante la giustizia».<br />
Dio opera la liberazione per noi<br />
preparandoci a essa con giudizio e giustizia.<br />
[5] La riedificazione delle virtú di un<br />
popolo è la riedificazione del suo onore:<br />
Dopo questo, sarai chiamata la città<br />
della giustizia, la città fedele; vale a dire,<br />
per prima cosa: «Voi sarete cosí» la riforma<br />
della magistratura è un buon passo<br />
verso la riforma della città e anche della<br />
nazione. In secondo luogo: «Sarete lodati<br />
per essere cosí» e non vi può essere maggiore<br />
lode per una città che essere chiamata<br />
la città della giustizia, e recuperare<br />
l’antico onore che aveva perso quando la<br />
città fedele è diventata una prostituta (v.<br />
21).<br />
(b) Eliminando tutti quelli che odiano<br />
essere riformati, in modo che non possano<br />
rimanere come insidie o scandali in<br />
mezzo alla città fedele. [1] Si tratta della<br />
minaccia di una ulteriore rovina. Essi saranno<br />
distrutti e consumati, non soltanto<br />
castigati o corretti. La loro espiazione<br />
sarà necessaria per la redenzione di Sion.<br />
[2] È una rovina universale che coinvolgerà<br />
sia i trasgressori che i peccatori,<br />
ossia quelli che saranno apertamente profani<br />
avendo respinto la religione, e gli<br />
ipocriti che vivono una vita malvagia<br />
sotto la protezione e copertura di una professione<br />
religiosa. Entrambe le categorie<br />
saranno distrutte, poiché sono entrambe<br />
un abominio agli occhi di Dio, coloro che<br />
contraddicono la religione e coloro che<br />
confutano sé stessi nella pretesa di credere.<br />
E quelli che abbandonano il<br />
Signore, al quale si erano precedentemente<br />
uniti, saranno distrutti, cosí come<br />
si prosciuga presto l’acqua in un condotto<br />
quando è staccata dalla fontana. [3] È una<br />
rovina inevitabile, non vi è via di fuga.<br />
Per prima cosa, i loro idoli non saranno in<br />
grado di aiutarli, i terebinti che avete<br />
amati, e i giardini che vi siete scelti; vale<br />
a dire le immagini e gli immondi dèi che<br />
essi avevano adorato nei loro giardini e<br />
sotto i loro alberi verdi, di cui erano innamorati<br />
e a cui si legavano intimamente, e<br />
per cui abbandonarono il vero Dio, adorando<br />
privatamente perfino quando l’idolatria<br />
fu pubblicamente impedita. «Questa<br />
è la pratica dei trasgressori e dei peccatori,<br />
ma essi se ne vergogneranno, non<br />
con una manifestazione di pentimento,
Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 17<br />
Isaia 2:1-5<br />
quanto di disperazione (v. 29). Avranno<br />
motivo di vergognarsi dei loro idoli poiché<br />
dopo tutto il corteggiamento mostrato<br />
loro non ne trarranno alcun beneficio; ma<br />
gli idoli stessi andranno in cattività (Is<br />
46:1, 2)». Possiamo notare che coloro che<br />
ripongono la propria fiducia nelle creature<br />
non fanno che prepararsi alla confusione.<br />
Voi amavate i terebinti e i giardini,<br />
ma voi stessi sarete:<br />
1. «Come un terebinto dalle foglie appassite,<br />
secche e colpite, e spogliato di<br />
tutti i suoi ornamenti». È giusto che coloro<br />
che non portano frutto non abbiano<br />
più foglie, come il fico maledetto da<br />
Cristo.<br />
2. «Come un giardino senz’acqua, che<br />
non riceve pioggia dal cielo né acqua alle<br />
radici (De 11:10), senza fontane (Ca<br />
4:15), e che conseguentemente è disseccato,<br />
e tutti i suoi frutti si sono avvizziti».<br />
Cosí saranno quelli che confidano negli<br />
idoli, che fanno della carne il loro braccio<br />
(Gr 17:5, 6). Ma coloro che confidano in<br />
Dio non lo troveranno mai arido, o come<br />
acque scarse (Gr 2:31). In secondo luogo,<br />
essi non potranno far nulla per sé stessi (v.<br />
31): «L’uomo forte sarà come stoppa, non<br />
solo facilmente distrutto e fatto a pezzi,<br />
ma che speditamente si incendia; e la sua<br />
opera, per mezzo della quale egli spera di<br />
diventare forte e sicuro, sarà come una<br />
scintilla verso la sua stessa stoppa, lo farà<br />
incendiare, lui e la sua opera bruceranno<br />
assieme. I suoi consigli saranno la sua rovina,<br />
la sua stessa pelle accende il fuoco<br />
dell’ira di Dio che brucerà nell’inferno<br />
piú profondo, e nessuno potrà estinguerlo».<br />
Cosa può evitare la totale distruzione<br />
del peccatore quando costui si è<br />
reso come la stoppa, e Dio diviene per lui<br />
come un fuoco consumante? Adesso tutto<br />
questo può essere applicato:<br />
3. Alla benedetta opera di riforma<br />
inaugurata al tempo di Ezechia dopo le<br />
abominevoli corruzioni del regno di<br />
Acaz. Iniziarono a essere preferiti gli uomini<br />
retti, e i volti dei malvagi furono coperti<br />
di vergogna.<br />
4. Al ritorno dalla loro schiavitú in<br />
Babilonia, che li aveva curati completamente<br />
dall’idolatria.<br />
5. All’Evangelo del Regno e al dono<br />
dello Spirito, grazie ai quali e per mezzo<br />
dei quali la Chiesa del Nuovo Testamento<br />
sarebbe divenuta una nuova<br />
Gerusalemme, una città di giustizia.<br />
6. Alla seconda venuta di Cristo,<br />
quando egli purificherà completamente il<br />
suo suolo, il suo campo, egli raccoglierà il<br />
grano nel suo granaio, nel suo deposito, e<br />
brucerà la pula, le zizzanie, con un fuoco<br />
inestinguibile.<br />
CAPITOLO 2<br />
Con questo capitolo ha inizio un nuovo sermone,<br />
che prosegue poi nei prossimi due capitoli.<br />
Il soggetto del discorso sono Giuda e<br />
Gerusalemme (v. 1). In questo capitolo il profeta<br />
argomenta circa:<br />
I. La gloria dei Cristiani, di Gerusalemme,<br />
della Chiesa dell’Evangelo negli ultimi giorni,<br />
nell’accorrere di molti a essa (vv. 2, 3), e della<br />
profonda pace che dovrebbe introdurre nel mondo<br />
(v. 4), da cui deduce il compito della casa di<br />
Giacobbe (v. 5).<br />
II. La vergogna dei Giudei, di Gerusalemme,<br />
come era allora e come sarebbe stata dopo aver respinto<br />
l’Evangelo ed essere stata respinta da Dio:<br />
1. Il loro peccato era la loro vergogna (vv. 6-<br />
9).<br />
2. Attraverso i suoi giudizi Dio li avrebbe umiliati<br />
e svergognati (vv. 10-17).<br />
3. Essi stessi avrebbero dovuto avvertire<br />
disagio per la loro fiducia negli idoli e in un braccio<br />
di carne (vv. 18-22). E di quale Gerusalemme<br />
saremo noi abitanti? Di quella che è piena della<br />
conoscenza di Dio, che sarà il nostro onore eterno,<br />
o di quella che è piena di cavalli e carrozze, di argento<br />
e oro e di tali idoli, che alla fine risulterà a<br />
nostra vergogna?<br />
2:1-5<br />
Il titolo particolare di questo sermone<br />
(v. 1) è lo stesso del libro intero (Is 1:1),<br />
ed è indicato come Parola che Isaia ebbe<br />
in visione (o l’episodio, l’argomento che<br />
egli scorse), la verità di cui egli ebbe la<br />
certezza in mente proprio come se l’avesse<br />
vista con i suoi stessi occhi fisici.<br />
Oppure, questa parola gli fu manifestata<br />
in una visione; qualcosa che vide quando<br />
ricevette questo messaggio da Dio.
Isaia 2:1-5 18 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />
Giovanni si voltò per vedere chi gli stava<br />
parlando (Ap 1:12). Questo sermone comincia<br />
con la profezia a proposito degli<br />
ultimi giorni, i giorni del Messia, quando<br />
il suo regno sarà stabilito nel mondo, durante<br />
l’ultima parte delle risorse mosaiche.<br />
Negli ultimi giorni della<br />
Gerusalemme terrena, appena prima della<br />
sua distruzione, sarà stabilita quella celeste<br />
(Eb 12:22; Ga 4:26). È importante notare<br />
che i giorni dell’Evangelo sono gli<br />
ultimi giorni. Poiché:<br />
1. Si sono fatti attendere a lungo, per<br />
molto tempo sono stati attesi dai santi<br />
dell’Antico Testamento, e poi alla fine<br />
sono sopraggiunti.<br />
2. Non deve essere ricercata alcun’altra<br />
dispensazione della grazia divina se<br />
non quella rivelata nell’Evangelo (Ga<br />
1:8-9).<br />
3. Dobbiamo attendere la seconda venuta<br />
di Gesú Cristo, alla fine dei tempi,<br />
come i santi dell’Antico Testamento attesero<br />
la sua prima venuta; questa è l’ultima<br />
ora (1 Gv 2:18). A questo punto il profeta<br />
predice:<br />
I. L’inizio della Chiesa cristiana e della<br />
religione cristiana nel mondo. Il<br />
Cristianesimo sarebbe stato il monte della<br />
<strong>Casa</strong> del Signore; dove esso veniva professato<br />
Dio assicurava la sua presenza,<br />
accettava gli omaggi del suo popolo, e garantiva<br />
insegnamento e benedizione,<br />
come aveva fatto anticamente nel Tempio<br />
sul Monte di Sion. La Chiesa<br />
dell’Evangelo, incorporata grazie al patto<br />
di Cristo, sarà il luogo d’incontro di tutta<br />
la discendenza spirituale d’Abramo. A<br />
questo punto viene promesso che il<br />
Cristianesimo:<br />
1. Sarà predicato e professato apertamente;<br />
sarà preparato (cosí leggiamo tra<br />
le righe) sulla cima dei monti, dove tutti<br />
potranno vedere e ascoltare. Per questa<br />
ragione i discepoli di Cristo sono paragonati<br />
a una città posta su di un monte, che<br />
non può rimanere nascosta (Mt 5:14).<br />
Molti occhi erano rivolti verso di loro.<br />
Cristo stesso ha parlato apertamente al<br />
mondo (Gv 18:20). Ciò che fecero gli<br />
apostoli non fu compiuto in segreto (At<br />
26:26). Fu come la luce di un faro, la manifestazione<br />
di un segnale, un modello.<br />
Dappertutto si parla contro le supposizioni<br />
che di esso se ne parlasse ovunque.<br />
2. Sarà fermamente stabilito e radicato;<br />
sarà stabilito sulla cima dei monti<br />
eterni, edificato su una roccia, in modo<br />
che le porte dell’inferno non lo potranno<br />
sopraffare, a meno che non possa estirpare<br />
un monte dalle radici. Colui che dimora<br />
al sicuro è indicato come colui che<br />
dimora in luoghi elevati (Is 33:16). Il<br />
Signore ha fondato la Sion dell’Evangelo.<br />
3. Non solo supererà ogni opposizione,<br />
ma prevarrà e sarà al di sopra di ogni<br />
competizione; sarà elevato al di sopra dei<br />
colli. Questa sapienza di Dio in un mistero<br />
supererà e sarà piú luminosa di tutta<br />
la saggezza di questo mondo, di tutta la<br />
sua filosofia e politica. L’adorazione spirituale<br />
che esso introdurrà abbasserà tutta<br />
l’idolatria dei pagani, e tutte le altre istituzioni<br />
religiose appariranno severe e meschine<br />
al suo confronto (cfr. Sl 68:16).<br />
Perché, o monti dalle molte cime, guardate<br />
con invidia al monte che Dio ha<br />
scelto per sua dimora? Sí, il Signore vi<br />
abiterà per sempre.<br />
II. I Gentili saranno benvenuti e accolti<br />
in esso.<br />
1. Le nazioni saranno ammesse a farvi<br />
parte, perfino gli incirconcisi, ai quali era<br />
vietato entrare nei cortili del Tempio di<br />
Gerusalemme. Il muro di separazione che<br />
li teneva fuori, li teneva separati da loro,<br />
ma ora sarà abbattuto.<br />
2. E tutte le nazioni affluiranno ad<br />
esso; avendo libertà di accesso, avranno<br />
maggiore libertà e moltitudini abbracceranno<br />
la fede cristiana. Affluiranno a esso<br />
come fiumi d’acqua, denota l’abbondanza<br />
di convertiti che l’Evangelo produrrà, e la<br />
prontezza e la gioia nell’entrare a far<br />
parte della Chiesa. Non saranno forzati a<br />
entrarvi, ma vi affluiranno spontaneamente.<br />
Il tuo popolo si offre volenteroso,<br />
tutti volontari (Sl 110:3). L’incontro di<br />
tutti i popoli sarà attorno a Cristo (Ge<br />
49:10; cfr. Is 60:4, 5).
Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 19<br />
Isaia 2:1-5<br />
III. L’assistenza e l’incoraggiamento<br />
reciproci che questa confluenza di convertiti<br />
offrirà gli uni per gli altri. Il loro<br />
santo affetto e i loro propositi saranno<br />
cosí armoniosi che faranno parte di uno<br />
stesso ricco fiume. Cosí come i Giudei tre<br />
volte l’anno, partendo da tutte le parti<br />
della nazione, si incontravano assieme<br />
per adorare a Gerusalemme, e invitavano<br />
con entusiasmo gli amici che incontravano<br />
per strada ad aggregarsi a loro, allo<br />
stesso modo i Gentili inviteranno parenti,<br />
amici e vicini ad aggregarsi e abbracciare<br />
la religione cristiana (v. 3): «Venite, saliamo<br />
al monte del Signore; anche se è in<br />
salita e pesante per il cuore, eppure è il<br />
monte del Signore, il quale assisterà la salita<br />
della nostra anima verso di lui».<br />
Possiamo notare che coloro che entrano<br />
nel patto e nella comunione con Dio, portano<br />
quante piú persone possono insieme<br />
a loro; i Cristiani si inciteranno gli uni gli<br />
altri a buone opere e a rendere la comunione<br />
dei santi sempre piú calorosa e invitante.<br />
Non si dirà: «Vai, sali sul monte<br />
del Signore e prega per noi che rimarremo<br />
a casa», e neppure: «Noi andiamo, voi<br />
fate come volete», bensì: «Venite, saliamo<br />
al monte dell’Eterno, saliamo in armonia,<br />
uniamo le nostre forze, rafforziamoci e<br />
sosteniamoci gli uni gli altri», e non «Lo<br />
prenderemo in considerazione, lo consiglieremo<br />
e poi verremo». Piuttosto:<br />
Venite, andiamo avanti insieme (cfr. Sl<br />
122:1). Molti diranno cosí. Coloro a cui è<br />
stato detto lo diranno a loro volta ad altri.<br />
La Chiesa dell’Evangelo viene qui definita<br />
non solo il monte del Signore ma la<br />
casa dell’Iddio di Giacobbe; poiché in<br />
essa il patto di Dio con Giacobbe e la sua<br />
discendenza di preghiera viene tenuta<br />
viva e raggiunge la sua realizzazione; poiché<br />
a noi oggi, cosí come in quel tempo a<br />
loro, egli non ha mai detto: Cercatemi invano<br />
(Is 45:19). A questo punto possiamo<br />
notare:<br />
1. Ciò che si aspettano e si ripromettono<br />
nel salire al monte del Signore: Lí<br />
egli ci ammaestrerà intorno alle sue vie.<br />
Notiamo: Le vie di Dio devono essere ap-<br />
prese nella sua Chiesa, in comunione col<br />
suo popolo e nell’uso dei suoi ordinamenti<br />
istituiti – le vie del dovere in cui<br />
egli ci chiede di camminare, le vie della<br />
grazia nelle quali egli si dirige a noi. È<br />
Dio che insegna il suo popolo, per mezzo<br />
della sua Parola e dello Spirito Santo.<br />
Vale la pena decidere di salire al suo<br />
monte santo per imparare le sue vie, e coloro<br />
che sono disposti ad affrontare la difficoltà<br />
della salita scopriranno che non è<br />
uno sforzo inutile. Allora sapremo se continuiamo<br />
a progredire nella conoscenza<br />
del Signore.<br />
2. Ciò che hanno promesso a sé stessi<br />
e gli uni agli altri: «Se egli ci insegnerà le<br />
sue vie, noi cammineremo per i suoi sentieri;<br />
se egli ci farà conoscere il nostro dovere,<br />
per la sua grazia noi ci impegneremo<br />
coscienziosamente a farlo». Coloro<br />
che investigano la Parola di Dio con questa<br />
umile risoluzione non saranno mai<br />
mandati via senza istruzione.<br />
IV. Il mezzo col quale questo si realizzerà:<br />
Da Sion, infatti, uscirà la legge, la<br />
legge del Nuovo Testamento, la legge di<br />
Cristo, cosí come nell’antichità la legge di<br />
Mosè procedette dal Monte Sinai, e da<br />
Gerusalemme la parola dell’Eterno.<br />
L’Evangelo è una legge, una legge di<br />
fede, è la Parola del Signore, proceduta<br />
da Sion, dove era costruito il Tempio, e da<br />
Gerusalemme. Cristo stesso ha iniziato in<br />
Galilea (Mt 4:23; Lu 23:5). Ma quando ha<br />
mandato i suoi apostoli a predicare<br />
l’Evangelo a tutte le nazioni, ha detto loro<br />
di cominciare a Gerusalemme (Lu 24:47;<br />
cfr. Ro 15:19). Anche se la maggior parte<br />
di loro avevano dimora in Galilea, dovevano<br />
però non allontanarsi da<br />
Gerusalemme perché dovevano ricevere<br />
la promessa dello Spirito (At 1:4). E nel<br />
Tempio, sul monte di Sion, essi predicarono<br />
l’Evangelo (At 5:20). Questo onore<br />
fu accordato a Gerusalemme anche dopo<br />
che Cristo vi fu crocifisso, per amore di<br />
ciò che era stata, e fu grazie a questo<br />
Evangelo, che ebbe inizio a<br />
Gerusalemme, che fu stabilita la Chiesa<br />
dell’Evangelo, sulla vetta dei monti.
Isaia 2:1-5 20 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />
Questo era lo scettro del potere di Dio,<br />
proceduto da Sion (Sl 110:2).<br />
V. La fondazione del regno del<br />
Redentore nel mondo: Egli giudicherà<br />
tra nazione e nazione. Egli la cui Parola<br />
procede da Sion, con essa non solo assoggetterà<br />
le anime a sé, ma governerà in<br />
esse (v. 4). Egli ordinerà e governerà in<br />
sapienza e giustizia gli affari del mondo<br />
per il bene della sua Chiesa, riprendendo<br />
e trattenendo coloro che si oppongono ai<br />
suoi interessi. Operando, tramite il suo<br />
Spirito, nella coscienza degli uomini,<br />
egli giudicherà e la disciplina metterà<br />
alla prova e rivelerà gli uomini; il suo<br />
regno è spirituale, e non è di questo<br />
mondo.<br />
VI. La grande pace che sarà l’effetto<br />
del successo dell’Evangelo nel mondo (v.<br />
4): Ed essi trasformeranno le loro spade<br />
in vomeri d’aratro; i loro attrezzi di<br />
guerra saranno trasformati in attrezzi da<br />
lavoro, cosí come, al contrario, quando<br />
viene proclamata la guerra, Fabbricate<br />
spade con i vostri vomeri (Gl 3:10). Una<br />
nazione non alzerà piú la spada contro<br />
un’altra, come fanno adesso, e non impareranno<br />
piú la guerra, poiché non<br />
avranno piú né occasione né bisogno.<br />
Questo non rende ogni battaglia assolutamente<br />
illegale fra i Cristiani, e neppure è<br />
una profezia che durante il periodo del<br />
Messia non vi sarà alcuna guerra. I Giudei<br />
rivendicano questo contro i Cristiani<br />
come argomentazione che Gesú non è il<br />
Messia, perché questa promessa non è<br />
adempiuta, tuttavia:<br />
1. È stata adempiuta in parte nella potenzialità<br />
di pace presente al tempo in cui<br />
Cristo è nato, periodo in cui le guerre<br />
erano per lo piú cessate, da cui il censimento<br />
(Lu 2:1).<br />
2. Lo scopo e la direzione<br />
dell’Evangelo sono verso la pace e l’eliminazione<br />
di tutte le inimicizie.<br />
L’Evangelo possiede in sé le piú potenti<br />
direttive e motivazioni alla pace, in modo<br />
che era ragionevole aspettarsi che<br />
avrebbe prodotto proprio questo effetto, e<br />
cosí sarebbe stato se non fosse stato per le<br />
concupiscenze degli uomini da cui derivano<br />
guerre e combattimenti.<br />
3. Giudei e Gentili si riconciliarono e<br />
furono unificati dall’Evangelo, e non vi<br />
furono piú battaglie fra di loro come ce<br />
n’erano state in precedenza, poiché dei<br />
due popoli ne ha fatto uno solo (cfr. Ef<br />
2:15).<br />
4. L’Evangelo di Cristo, quando è seguito<br />
e rispettato, dispone gli uomini a essere<br />
pacifici, intenerisce il loro spirito e li<br />
addolcisce; l’amore di Cristo, che inonda<br />
il loro cuore, costringe gli uomini ad<br />
amarsi gli uni gli altri.<br />
5. I primi Cristiani furono noti per il<br />
loro amore fraterno, i loro stessi avversari<br />
non poterono che notare questa realtà.<br />
6. Abbiamo motivo di sperare che questa<br />
promessa avrà la sua completa realizzazione<br />
negli ultimi tempi della Chiesa<br />
cristiana, quando lo Spirito sarà riversato<br />
dall’alto piú abbondantemente. Allora ci<br />
sarà la pace sulla terra. Chi sarà in vita<br />
quando Dio farà questo? Eppure, al momento<br />
opportuno egli lo farà, poiché Egli<br />
non è un uomo che può mentire. Infine,<br />
ecco una conseguenza pratica che si può<br />
trarre da tutto questo (v. 5): <strong>Casa</strong> di<br />
Giacobbe, venite, e camminiamo alla luce<br />
dell’Eterno. Quanto alla «casa di<br />
Giacobbe» si intende:<br />
1. Israele secondo la carne, Israele fisico.<br />
Sperando in qualche maniera di<br />
provocare la gelosia di quelli del mio<br />
sangue (Ro 11:14). «Vedendo che i<br />
Gentili sono cosí pronti e risoluti per Dio,<br />
cosí disposti a salire alla casa del Signore,<br />
allora decidiamoci anche noi ad andare.<br />
Anche se non è mai detto che i peccatori<br />
fra i Gentili erano migliori amici del<br />
monte sacro di quanto non lo fosse la casa<br />
di Giacobbe». In tal modo lo zelo di alcuni<br />
spingeva e influenzava molti altri.<br />
Oppure:<br />
2. Israele secondo lo Spirito, Israele<br />
spirituale, formato da tutti quelli che si<br />
avvicinano al Dio di Giacobbe. Vi sarà<br />
una tale grande conoscenza nel periodo<br />
dell’Evangelo (v. 3), e una tale grande<br />
pace (v. 4), e noi testimonieremo e guste-
Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 21<br />
Isaia 2:6-9<br />
remo tali privilegi? Allora venite e viviamo<br />
di conseguenza. Qualsiasi cosa<br />
facciano gli altri, venite, venite, e camminiamo<br />
alla luce dell’Eterno!<br />
(a) Camminiamo con circospezione<br />
alla luce di questa conoscenza. Dio ci insegnerà<br />
le sue vie? Ci mostrerà la sua gloria<br />
nel volto di Cristo? Egli ci dice:<br />
Comportatevi come figli di luce (Ef 5:8; 1<br />
Te 5:8; Ro 13:12).<br />
(b) Camminiamo tranquillamente alla<br />
luce di questa pace. Non ci saranno piú<br />
guerre? Proseguiamo per la nostra via rallegrandoci<br />
e facendo in modo che questa<br />
gioia derivi da Dio e sia la nostra forza<br />
(Ne 8:10). In questo modo cammineremo<br />
sotto i raggi del Sole della giustizia.<br />
2:6-9<br />
La chiamata dei Gentili fu accompagnata<br />
dall’abbandono dei Giudei; la loro<br />
caduta e la loro diminuzione è stata una<br />
ricchezza per il mondo; e il loro ripudio è<br />
stato la riconciliazione del mondo (Ro<br />
11:12-15); sembra che questi versetti facciano<br />
riferimento proprio a questo, e sono<br />
intesi a giustificare Dio, eppure è probabile<br />
che siano principalmente intesi a convincere<br />
e risvegliare gli uomini di quella<br />
generazione in cui visse il profeta, poiché<br />
di norma i profeti parlavano di argomenti<br />
che erano al momento attuali, sia per<br />
quanto riguardava la misericordia che il<br />
giudizio, come simboli e indicazioni di<br />
realtà che sarebbero dovute avvenire in<br />
seguito. Ecco:<br />
I. La sorte di Israele. Viene indicata in<br />
due parole, la prima e l’ultima di questo<br />
paragrafo, ma sono due parole terribili,<br />
che descrivono:<br />
1. Il loro triste e disperato caso: Poiché<br />
tu, o Eterno, hai abbandonato il tuo popolo<br />
(v. 6). Misera è la condizione di quel<br />
popolo che viene abbandonato da Dio, e<br />
grande davvero deve essere stata la provocazione<br />
se Dio ha abbandonato coloro<br />
che sono stati il suo popolo. Questo era il<br />
caso deplorevole della chiesa giudaica<br />
dopo che ebbe respinto Cristo. Migremus<br />
hinc – Andiamocene, dunque. Ecco, la vo-<br />
stra casa sta per esservi lasciata deserta<br />
(Mt 23:38). Ogni volta che i Giudei avessero<br />
subito qualche calamità, il Signore<br />
sarebbe stato cosí lontano dal sottrarre<br />
loro il suo aiuto e soccorso, altrimenti non<br />
sarebbero mai caduti nelle mani dei loro<br />
nemici. Tuttavia, Dio non abbandona mai<br />
alcuno se costui, per primo, non abbandona<br />
lui.<br />
2. Il loro caso infelice, di completa angoscia:<br />
Perciò… e tu non li perdoni (v. 9).<br />
Questa preghiera profetica è come una<br />
minaccia che non sarebbero stati perdonati;<br />
alcuni pensano che le parole dovrebbero<br />
essere interpretate: Tu non li perdonerai.<br />
Ciò non si riferisce a persone specifiche<br />
(molti di loro si sono pentiti e<br />
sono stati perdonati), ma alla nazione nel<br />
suo insieme, come corpo unitario, contro<br />
la quale venne stabilita una sorte irreversibile,<br />
che sarebbe stata tagliata via e che<br />
la loro chiesa sarebbe stata smantellata, e<br />
non si sarebbe piú formata nello stesso<br />
modo, né avrebbe potuto in futuro riformare<br />
e recuperare le sue caratteristiche.<br />
II. Lo stato desertico nella sorte di<br />
Israele, e le ragioni per cui ciò avviene. In<br />
generale è il peccato la motivazione per la<br />
loro distruzione; è questo, e null’altro che<br />
questo, che spinge Dio ad abbandonare il<br />
suo popolo. I peccati specifici che il profeta<br />
sottolinea abbondavano fra loro in<br />
quel periodo, ed egli li cita per convincere<br />
coloro ai quali predicava, piuttosto che<br />
quello che mostrò essere il peccato culminante,<br />
il crocifiggere Cristo e perseguitare<br />
i suoi seguaci; poiché i peccati di ogni<br />
epoca hanno contribuito alla realizzazione<br />
finale di questa terribile crocifissione.<br />
E furono parzialmente e temporaneamente<br />
abbandonati nell’esperienza<br />
della cattività babilonese, che fu un esempio<br />
di ciò che sarebbe stata la loro distruzione<br />
finale per mano dei Romani, che i<br />
loro peccati qui menzionati attirarono sul<br />
loro capo. I loro peccati erano tali da contraddire<br />
innegabilmente tutti i progetti di<br />
misericordia e di benevolenza che Dio<br />
aveva per loro.<br />
1. Dio li aveva scelti e appartati per sé,
Isaia 2:6-9 22 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />
come un popolo speciale, distinto e reso<br />
degno al di sopra di tutti gli altri popoli<br />
(Nu 23:9); ma essi erano pieni di pratiche<br />
divinatorie, invece di fare proseliti, si<br />
adeguavano agli stranieri e li incoraggiavano<br />
a stabilirsi, a fare alleanza e a mescolarsi<br />
con loro (Os 7:8). La loro nazione<br />
conteneva Siriani e Caldei, Moabiti e<br />
Ammoniti, e altri popoli orientali, e insieme<br />
a loro accolsero anche le loro pratiche<br />
e abitudini, si compiacevano dei figli<br />
degli stranieri, ne erano soddisfatti, preferivano<br />
le loro usanze alle proprie, e pensavano<br />
che piú si conformavano alle loro<br />
usanze e costumi, piú diventavano raffinati;<br />
in tal modo profanarono la propria<br />
corona e il proprio patto. Da notare: Sono<br />
in pericolo di essere estraniati da Dio coloro<br />
che trovano gioia e si dilettano insieme<br />
a quelli che non conoscono Dio,<br />
poiché siamo sempre pronti ad apprendere<br />
le vie delle persone di cui amiamo la<br />
compagnia.<br />
2. Dio aveva donato loro i propri oracoli,<br />
ai quali essi avrebbero potuto chiedere<br />
consiglio, non soltanto le Scritture e<br />
i veggenti, ma la corazza del giudizio, eppure<br />
essi li trascurarono e disprezzarono,<br />
e iniziarono a compiere pratiche divinatorie<br />
come i Filistei, introdussero le loro arti<br />
della divinazione e prestarono ascolto a<br />
quelli che basandosi sugli astri, sulle nuvole,<br />
sul volo degli uccelli, o sulla forma<br />
degli intestini delle bestie, oppure su altre<br />
superstizioni magiche, pretendevano di<br />
poter scoprire cose segrete o predire<br />
eventi futuri. I Filistei erano noti per le<br />
loro arti divinatorie (1 S 6:2). Possiamo<br />
notare che coloro che trascurano la vera<br />
divinità cadono giustamente nella trappola<br />
delle false divinazioni, e saranno certamente<br />
abbandonati da Dio; lasciano Dio<br />
e la sua misericordia per delle vanità<br />
menzognere.<br />
3. Dio li aveva incoraggiati a riporre la<br />
loro fiducia in lui, assicurando loro che<br />
sarebbe stato la loro ricchezza e forza;<br />
ma, non confidando nella sua potenza e<br />
promessa, essi riposero invece la loro speranza<br />
nell’oro e si procuravano sempre<br />
piú cavalli e carrozze e su queste si basarono<br />
per la propria sicurezza (v. 7). Dio<br />
aveva espressamente vietato perfino ai<br />
loro re di moltiplicare i cavalli, l’argento<br />
e l’oro, perché voleva che dipendessero<br />
soltanto da lui. Essi invece non pensavano<br />
che il loro interesse in Dio li potesse fare<br />
stare all’altezza dei popoli vicini, a meno<br />
che non fosse accompagnato da ricchi tesori<br />
d’argento e d’oro, e da considerevoli<br />
quantità di carrozze e cavalli, come effettivamente<br />
si procurarono. Non è però il<br />
possedere argento e oro, carrozze e cavalli<br />
che è una provocazione per Dio, ma:<br />
(a) Il desiderio insaziabile per queste<br />
cose, in modo che non c’è mai limite a ciò<br />
che si può possedere, le carrozze non bastano<br />
mai, il desiderio di avere sempre di<br />
piú non conosce limiti. Le persone che<br />
non si accontentano mai dei beni materiali<br />
in questo mondo (che alla meglio<br />
sono insufficienti), non si accontenteranno<br />
mai di Dio (che da solo è completamente<br />
sufficiente).<br />
(b) Dipendere da queste cose come se<br />
non potessimo essere al sicuro, tranquilli<br />
e felici senza di esse, e come se possedendole<br />
potessimo invece esserlo.<br />
4. Dio stesso era il loro Dio, il solo oggetto<br />
della loro adorazione, ed egli stesso<br />
aveva istituito delle ordinanze per la loro<br />
adorazione (v. 8). La loro terra era piena<br />
di idoli; ogni città aveva il suo dio (Gr<br />
11:13); e, secondo la fertilità della loro<br />
terra, si erano creati delle immagini (Os<br />
10:1). Quelli che pensano che un solo Dio<br />
sia troppo poco, scopriranno che due sono<br />
troppi, eppure centinaia non erano sufficienti,<br />
poiché quelli che amano gli idoli<br />
ne inventeranno sempre di nuovi; essi si<br />
erano talmente istupiditi ed erano cosí terribilmente<br />
infatuati, che adoravano l’opera<br />
delle loro stesse mani, come se queste<br />
cose potessero davvero essere come<br />
un dio per loro, cose che non soltanto<br />
erano delle creature, ma erano fatto proprio<br />
da loro, frutto della loro fantasia e<br />
delle loro stesse mani. Era un’aggravante<br />
alla loro idolatria il fatto che Dio li avesse<br />
arricchiti d’argento e d’oro, ed essi ave-
Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 23<br />
Isaia 2:10-22<br />
vano fatti di quest’argento e oro degli<br />
idoli, e l’avevano usato per Baal (Os 2:8).<br />
5. Dio aveva dato loro dei privilegi,<br />
degli onori, ma essi non seppero trarne<br />
buon frutto, sminuendo e sottovalutando<br />
sé stessi (v. 9): L’uomo spregevole si inchina<br />
al suo idolo, qualcosa di cosí basso<br />
senza la benché minima traccia di ragionevolezza.<br />
Peccare significa scendere al<br />
livello piú basso e misero, porta l’uomo a<br />
inginocchiarsi ad un pezzo di legno (Is<br />
44:19). Non sono soltanto le persone<br />
poco colte e semplici che fanno questo,<br />
ma anche quelle importanti dimenticano i<br />
privilegi della propria condizione e si<br />
umiliano ad adorare gli idoli, pronti a deificare<br />
uomini che non sono migliori di<br />
loro, e consacrano delle pietre che sono<br />
molto piú vili di loro. Gli idolatri sono indicati<br />
come chi si abbassa fino al soggiorno<br />
dei morti (Is 57:9). È una vergogna<br />
che uomini importanti pensino che<br />
servire il vero Dio sia degradante e non<br />
sono pronti ad abbassarsi a quel livello,<br />
mentre invece sono disposti a umiliarsi<br />
inchinandosi a un idolo! Alcuni la vedono<br />
come una minaccia che gli uomini forti<br />
siano abbassati e che gli uomini importanti<br />
siano umiliati dai giudizi di Dio.<br />
2:10-22<br />
Il profeta qui prosegue per mostrare<br />
quale grande desolazione sarebbe stata riversata<br />
sulla loro terra quando Dio li<br />
avrebbe abbandonati. Questo potrebbe essere<br />
riferito particolarmente alla loro distruzione<br />
per mano prima dei Caldei e poi<br />
dei Romani, o potrebbe essere stato un riferimento<br />
generale al metodo usato da<br />
Dio per scuotere e umiliare i peccatori superbi,<br />
abbassando la loro presunzione<br />
proprio con ciò di cui si erano deliziati e<br />
in cui avevano riposto la loro fiducia. In<br />
questa parte ci viene riferito che presto o<br />
tardi Dio troverà un modo per:<br />
I. Far trasalire e svegliare i peccatori<br />
pieni di sé, che chiedono pace per sé, e<br />
lanciano una sfida a Dio e ai suoi giudizi<br />
(v. 10): «Entra nella roccia; Dio ti attaccherà<br />
con dei giudizi talmente terribili, e<br />
ti colpirà con preoccupazioni tanto<br />
grandi, che sarai forzato a entrare nella<br />
roccia; e nasconditi nella polvere per sottrarti<br />
al terrore dell’Eterno. Tu perderai<br />
tutto il tuo coraggio e tremerai al movimento<br />
di una foglia, il tuo cuore verrà<br />
meno per la paurosa aspettazione di quel<br />
che sarà per accadere (Lu 21:26), e ti nasconderai<br />
e cercherai di sottrartene (Pr<br />
28:1)». La stessa espressione è riportata al<br />
versetto 19: Gli uomini entreranno nelle<br />
caverne delle rocce e negli antri della<br />
terra, i luoghi piú tenebrosi e profondi;<br />
chiederanno alle rocce e alle montagne di<br />
cader loro addosso, di schiacciarli piú che<br />
coprirli (Os 10:8). Fu cosí, in particolare,<br />
in occasione della distruzione di<br />
Gerusalemme per mano dei Romani (Lu<br />
23:30) e dei potenti pagani che perpetuavano<br />
persecuzioni (Ap 6:16). E tutto questo<br />
per sottrarsi al terrore dell’Eterno, e<br />
allo splendore della sua maestà, vedendo<br />
lui allora come un fuoco consumante e sé<br />
stessi come stoppa dinanzi a lui, quando<br />
egli afferrerà i lembi della terra scuotendo<br />
via i malvagi (Gb 38:13), e scuoterà<br />
tutte quelle risorse e sicurezze terrene con<br />
le quali essi si erano sostenuti per strapparle<br />
via. Possiamo notare che:<br />
1. Lo splendore della sua maestà, e la<br />
gloria implicata saranno tali che presto o<br />
tardi ci obbligherà tutti a fuggire davanti<br />
a lui.<br />
2. Coloro che non vogliono temere Dio<br />
e rivolgersi a lui, saranno forzati a temerlo<br />
e a fuggire via da lui rifugiandosi<br />
nelle menzogne.<br />
3. È follia per quelli che sono perseguitati<br />
dall’ira di Dio pensare di poter<br />
sfuggire e nascondersi o proteggersi da<br />
essa.<br />
4. I beni della terra saranno scossi e<br />
sono soggetti a scuotimenti e sollecitazioni<br />
verso la dissoluzione.<br />
5. Lo smottamento della terra è, e sarà,<br />
un’esperienza terribile per coloro che ripongono<br />
le proprie affezioni totalmente<br />
sulle realtà terrene.<br />
6. Sarà inutile pensare di trovare rifugio<br />
e sicurezza nelle caverne della terra,
Isaia 2:10-22 24 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />
quando essa stessa sarà scossa. Non vi<br />
sarà altro posto sicuro allora al di fuori di<br />
Dio e delle realtà celesti.<br />
II. Per umiliare e abbassare i peccatori<br />
superbi, che si ritengono eminenti e pensano<br />
splendidamente di loro stessi, ridicolizzando<br />
tutti gli altri intorno a loro (v.<br />
11): Lo sguardo altero dell’uomo del<br />
volgo sarà umiliato. Gli occhi alteri, l’atteggiamento<br />
con cui la superbia del cuore<br />
si mostra saranno vergognosamente e miseramente<br />
abbassati. E l’orgoglio de’<br />
grandi sarà umiliato, il loro spirito e il<br />
loro orgoglio saranno infranti, e ciò di cui<br />
prima erano orgogliosi diventerà motivo<br />
di vergogna. È ripetuto: L’alterigia dell’uomo<br />
del volgo sarà abbassata, e l’orgoglio<br />
de’ grandi sarà umiliato (v. 17).<br />
Possiamo considerare che l’orgoglio, in<br />
un modo o nell’altro, subirà una caduta.<br />
L’alterigia degli uomini sarà annichilita,<br />
se non dalla grazia di Dio che li convincerà<br />
della malvagità di tale loro superbia,<br />
allora dalla sua Provvidenza che li priverà<br />
di tutte quelle cose di cui erano orgogliosi<br />
e che li porterà in basso. Il nostro<br />
Salvatore ha spesso indicato chiaramente<br />
che colui che esalta sé stesso sarà abbassato;<br />
un tale uomo o si umilia spinto da un<br />
sincero pentimento oppure sarà umiliato<br />
da Dio che lo svergognerà. In questa parte<br />
ci viene riferito:<br />
1. Il motivo per cui sarà compiuto ciò:<br />
perché l’Eterno solo sarà esaltato.<br />
Notiamo che gli uomini orgogliosi devono<br />
essere abbassati perché soltanto Dio<br />
sarà innalzato e magnificato. È per l’onore<br />
della potenza di Dio che l’orgoglioso<br />
viene umiliato. L’orgoglio spinge l’uomo<br />
a pensare di essere un dio, mostrando l’atteggiamento<br />
di rivaleggiare con Dio indicato<br />
da Giobbe: Mira tutti i superbi e abbassali!<br />
Mira tutti i superbi e umiliali!<br />
Allora, anch’io ti loderò (Gb 40:11-14).<br />
Questo è anche per l’onore della sua giustizia.<br />
Gli uomini superbi si pongono in<br />
competizione con Dio che è geloso della<br />
propria gloria e non sopporta che uomini<br />
prendano per sé stessi o diano a qualcun<br />
altro ciò che spetta solo a lui. Essi inoltre<br />
si mettono anche in opposizione contro di<br />
lui, gli resistono e, di conseguenza, egli<br />
resisterà a loro, poiché egli sarà glorificato<br />
fra le nazioni (Sl 46:10), e verrà un<br />
giorno in cui soltanto lui sarà esaltato,<br />
quando avrà ridotto al nulla ogni principato,<br />
ogni potestà e ogni potenza (1 Co<br />
15:24).<br />
2. Il modo in cui questo dovrà essere<br />
realizzato: tramite giudizi umilianti, volti<br />
a mortificare gli uomini e abbassarli: Il<br />
giorno dell’Eterno degli eserciti, il giorno<br />
della sua ira, contro tutto ciò ch’è orgoglioso<br />
e altero (v. 12). In quel giorno egli<br />
riderà della loro insolenza perché vede<br />
che il suo giorno si sta avvicinando, il<br />
giorno che sarà su di loro prima che se ne<br />
rendano conto (Sl 37:13). Nel nostro contesto<br />
leggiamo che questo giorno del<br />
Signore sarà contro tutti i cedri del<br />
Libano, alti, elevati. Gerolamo osserva<br />
che si dice che i cedri lodano Dio (Sl<br />
148:9) e sono gli alberi del Signore (Sl<br />
104:16), piantati da Dio (Is 41:19); l’ira di<br />
Dio si riversa qui contro i cedri, il che denota<br />
(secondo le sue parole) che alcuni<br />
uomini di ogni rango, alcuni uomini importanti,<br />
saranno salvati mentre altri periranno.<br />
Questa illustrazione è presentata<br />
come esempio della potenza della voce di<br />
Dio, tanto potente che spezza i cedri (Sl<br />
29:5), e qui il giorno del Signore è descritto<br />
come contro tutti i cedri, quelli del<br />
Libano; si trattava degli alberi piú stabili<br />
e diritti, contro tutte le querce, quelle di<br />
Basan, gli alberi piú forti e vigorosi, su<br />
tutte le elevazioni e fortezze naturali, contro<br />
tutti i monti alti e contro tutti i colli<br />
elevati (v. 14), che si innalzano al di sopra<br />
delle valli e sembrano toccare il cielo,<br />
contro ogni torre eccelsa, e contro ogni<br />
muro fortificato (v. 15). Consideriamo<br />
questo:<br />
(a) Sono rappresentazioni delle persone<br />
orgogliose, che nel loro comportamento<br />
sono come i cedri e le querce, sono<br />
ben radicate, non si fanno smuovere da<br />
tempesta alcuna e si guardano attorno dall’alto<br />
in basso, vedono gli altri come fuscelli;<br />
sono come le alte montagne e i
Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 25<br />
Isaia 2:10-22<br />
colli elevati che sembrano riempire la<br />
terra, che sono visti e ammirati da tutti,<br />
che pensano di essere inamovibili, ma che<br />
comunque sono lí a osservare consapevolmente<br />
i fulmini di Dio. Feriuntique<br />
summos fulmina montes – Le colline piú<br />
elevate sono le piú esposte ai fulmini.<br />
Prima della potenza dell’ira di Dio questi<br />
monti vengono frantumati e le colline abbassate<br />
e sciolte come cera (Ac 3:6; Sl<br />
68:8). Questi uomini vanagloriosi, che<br />
sono come delle torri in cui sono montate<br />
le fragorose campane, sulle quali erano<br />
posti i cannoni mortali e tonanti, come<br />
muri fortificati che rinforzano sé stessi<br />
con la loro forza naturale e si proteggono<br />
dietro la loro compattezza, saranno smantellati.<br />
(b) Un’indicazione delle cose di cui<br />
essi si vantano e vanno fieri, nelle quali<br />
confidano e rendono motivo di orgoglio.<br />
Il giorno del Signore si rivelerà contro tali<br />
cose su cui basano la loro sicurezza come<br />
fossero la loro forza e sorgente di tranquillità,<br />
e Dio toglierà via da loro tutto<br />
quello in cui essi hanno riposto la loro fiducia.<br />
Gli abitanti del Libano si sono vantati<br />
dei loro cedri, e quelli di Basan delle<br />
loro querce, come se nessun’altra nazione<br />
potesse eguagliarli? Il giorno del Signore<br />
strapperà via quei cedri e quelle querce, e<br />
le case costruite con il loro legno.<br />
Gerusalemme si è gloriata delle montagne<br />
che aveva intorno, come fossero una sua<br />
fortificazione inespugnabile, o si è gloriata<br />
delle sue alte mura e torri? Nel<br />
giorno del Signore tutto ciò sarà smantellato<br />
e livellato. Oltre a tali cose considerate<br />
la loro forza e sicurezza, essi erano<br />
orgogliosi: [1] Del loro commercio con<br />
altre nazioni; ma il giorno del Signore sarebbe<br />
stato contro tutte le navi di Tarsis,<br />
sarebbero state distrutte come quelle di<br />
Giosafat, affondate in mare o naufragate<br />
in porto. Zabulon era un porto-rifugio per<br />
le navi, ma non doveva piú vantarsi di<br />
questo: quando Dio riversa rovina su di<br />
un popolo, può sommergere tutte le risorse<br />
della sua sicurezza. [2] Delle bellezze<br />
e decorazioni della loro nazione; ma<br />
il giorno del Signore sarà contro tutto ciò<br />
che piace allo sguardo, i colori delle loro<br />
navi (cosí alcuni l’interpretano) o i dipinti<br />
curiosi che portavano a casa dai loro<br />
viaggi in altre nazioni, forse dalla Grecia,<br />
che in seguito divenne famosa proprio per<br />
i suoi pittori e artisti. Contro tutto ciò che<br />
è bello da vedersi, forse le rappresentazioni<br />
di parenti, e perciò piacevoli, e dei<br />
loro dèi, che per gli idolatri erano dilettevoli;<br />
o forse cose ammirate per la finezza<br />
ed eleganza di colori e forme. Non c’è<br />
nulla di male nel fare dei dipinti e neppure<br />
nell’adornare con essi pareti e<br />
stanze, almeno che non infrangano il secondo<br />
o il settimo comandamento, ma<br />
considerare i nostri dipinti e rappresentazioni<br />
come cose di cui non possiamo fare<br />
a meno, ed esserne orgogliosi, spendendo,<br />
per tali oggetti, soldi che dovremmo adoperare<br />
in altri modi, magari in qualche<br />
gesto caritatevole, e dipendere da essi per<br />
il proprio appagamento, come coloro che<br />
si circondano di beni materiali per gioire<br />
e sentirsi soddisfatti, non è altro che una<br />
provocazione nei confronti di Dio, una<br />
provocazione a toglierci tutti questi vani<br />
ornamenti palliativi.<br />
III. Fare in modo che gli idolatri si vergognino<br />
dei loro idoli e di tutta la cura, l’amore<br />
e il rispetto che hanno nutrito per tali<br />
cose: Gl’idoli scompariranno del tutto (v.<br />
18). Quando il Signore solo sarà esaltato<br />
(v. 17) non solo egli riverserà vergogna e<br />
disonore sugli uomini orgogliosi, che<br />
come il Faraone esaltano sé stessi al posto<br />
di Dio, ma ancor di piú su tutte queste pretese<br />
divinità, che si pongono come rivali<br />
contro di lui per ottenere gli onori divini.<br />
Essi saranno aboliti, scompariranno del<br />
tutto. I loro amici li abbandoneranno, i loro<br />
nemici li distruggeranno, cosí che, in un<br />
modo o nell’altro, vi sarà una completa liberazione<br />
da loro. Da notare qui:<br />
1. La vanità dei falsi dèi; essi non possono<br />
assicurare e proteggere sé stessi, figurarsi<br />
quanto siano ancor piú incapaci di<br />
offrire sicurezza ai loro adoratori.<br />
2. La vittoria del vero Dio contro di<br />
loro; poiché maestosa è la verità e pre-
Isaia 2:10-22 26 Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse<br />
varrà. Dagon cadde al cospetto dell’Arca<br />
e Baal al cospetto del Dio di Elia. Gli dèi<br />
dei pagani saranno annientati (So 2:11), e<br />
scompariranno (Gr 10:11). Il giusto sovrano<br />
trionferà su tutti i falsi contendenti,<br />
e nello stesso modo in cui Dio abolirà gli<br />
idoli, cosí questi saranno abbandonati dai<br />
loro adoratori, perché convinti della loro<br />
vanità e falsità con una convinzione derivante<br />
dalla grazia (come Efraim quando<br />
disse: Cosa me ne faccio piú di questi<br />
idoli?), oppure in seguito a tristi e tardive<br />
esperienze della loro incapacità di aiutarli,<br />
con una disperata richiesta e il tentativo<br />
di liberarsi di loro (v. 20). Quando gli<br />
uomini stessi sono terrorizzati dai giudizi<br />
di Dio ed entreranno nelle fessure delle<br />
rocce e nei crepacci della terra, scoprendo<br />
che però tutto ciò è inutile e che non possono<br />
salvarsi, getteranno via i loro idoli,<br />
che avevano considerati loro dèi sperando<br />
diventassero loro amici nel momento del<br />
bisogno, e li getteranno ai topi e ai pipistrelli,<br />
fuori dalla loro vista, per non<br />
averli piú dinanzi agli occhi e poter entrare<br />
nelle fessure delle rocce e nei crepacci<br />
delle rupi per sottrarsi al terrore del<br />
Signore (v. 21). Consideriamo che:<br />
(a) Coloro che non abbandonano consapevolmente<br />
e volontariamente i propri<br />
peccati, presto o tardi saranno per essi terrorizzati<br />
(b) Dio può rendere gli uomini disgustati<br />
dei propri idoli, di cui erano stati innamorati,<br />
perfino di quelli d’argento e<br />
d’oro; verrà il momento in cui li sentiranno<br />
come un peso in pari misura di<br />
come li avevano precedentemente sentiti<br />
una sicurezza, e si sentiranno cosí esposti<br />
e vulnerabili a causa loro, cosí come in<br />
passato si erano sentiti da loro protetti,<br />
quando tali cose tenteranno i loro nemici,<br />
faranno affondare le loro navi o ritardare<br />
i loro voli. C’è stato un tempo in cui i marinai<br />
gettavano in mare le mercanzie e<br />
perfino il grano (Gn 1:5; At 27:38), o che<br />
facevano come i Siri che gettarono via vestiario<br />
e oggetti, nella loro fuga precipitosa<br />
(2 R 7:15). Oppure gli uomini potrebbero<br />
gettare via i propri idoli spinti<br />
dall’indignazione contro sé stessi per essersi<br />
basati su cose cosí indegne (cfr. Ez<br />
7:19). Nel nostro contesto gli idolatri gettano<br />
via i loro idoli perché se ne vergognano<br />
e si vergognano della propria follia<br />
nell’aver riposto la propria fiducia in tali<br />
cose, oppure perché hanno paura che si<br />
trovino in loro possesso al momento del<br />
giudizio di Dio, cosí come il ladro getta<br />
via la refurtiva quando sta per essere fermato<br />
e interrogato.<br />
(c) I crepacci e le insenature piú buie,<br />
abitazioni dei topi e dei pipistrelli, sono<br />
proprio i luoghi piú adatti agli idoli, che<br />
hanno occhi e non vedono, e Dio può forzare<br />
gli uomini a gettare lí i loro idoli (Is<br />
30:22), quando si vergogneranno dei terebinti<br />
che avevano amati (Is 1:29). Moab<br />
avrà vergogna di Chemos, come la casa<br />
d’Israele ha avuto vergogna di Betel (Gr<br />
48:13).<br />
(d) È possibile che il peccato sia odiato<br />
e abbandonato, ma non ci sia stato un<br />
vero pentimento per averlo commesso:<br />
odiato perché motivo di accusa, abbandonato<br />
perché non se ne ha piú opportunità,<br />
e si può essere pentiti non a motivo dell’amore<br />
per Dio, ma soltanto per il timore<br />
della sua ira.<br />
IV. Per far vergognare quelli che<br />
hanno confidato in un braccio di carne, di<br />
tale fiducia (v. 22): «Smettete di confidarvi<br />
nell’uomo. I provvedimenti di Dio<br />
per voi dovrebbero essere abbastanza eloquenti,<br />
e quindi siete avvertiti in anticipo,<br />
in modo da poter evitare la difficoltà e la<br />
vergogna derivanti dalla delusione, e considerate:<br />
[1] La debolezza dell’uomo,<br />
nelle cui narici non è che un soffio,<br />
espulso minuto per minuto, e che presto<br />
se ne va per sempre e diventa l’ultimo».<br />
L’uomo è una creatura che muore, potrebbe<br />
morire velocemente; le nostre narici,<br />
in cui risiede il soffio, il nostro respiro,<br />
fanno parte dell’esteriore del nostro<br />
corpo. Ciò che presentano è come una<br />
persona che sta alla porta, pronta ad andarsene;<br />
le porte delle narici sono sempre<br />
aperte, il soffio in loro potrebbe sfuggire<br />
in un attimo, senza che neppure ce ne ac-
Gloria futura d’Israele, giudizi e promesse 27<br />
Isaia 2:10-22<br />
corgiamo. Qual è dunque il valore di un<br />
uomo? Nessuno! Quale considerazione<br />
può essere fatta di lui; egli non è quello<br />
che sembrerebbe o vorrebbe far sembrare<br />
di sé, o come noi spesso lo rappresentiamo.<br />
L’uomo è una vanità, anzi è vanità,<br />
risulta essere ancora piú leggero della vanità<br />
quando è pesato sulla bilancia del<br />
santuario. [2] Quanto saggi sono dunque<br />
coloro che smettono di confidare negli<br />
uomini». È nostro dovere, nostro interesse,<br />
farlo. «Cessate di confidarvi nell’uomo,<br />
neanche nel piú potente degli uo-<br />
mini, smettete di farlo. Non puntate il vostro<br />
sguardo e la vostra speranza sulla potenza<br />
dell’uomo poiché questa è limitata,<br />
derivata e dipendente, non è da lui che<br />
proviene il nostro giudizio. Non abbiate<br />
timore dell’uomo, non sia lui la vostra<br />
speranza; ma abbiate lo sguardo rivolto al<br />
Signore, alla sua potenza, a cui sono soggetti<br />
e subordinati tutti i poteri dell’uomo;<br />
abbiate timore dell’ira di Dio, assicuratevi<br />
il suo favore, la sua approvazione e<br />
scegliete lui come vostro aiuto, che la vostra<br />
speranza sia nel Signore vostro Dio».
GEREMIA<br />
Introduzione<br />
I libri profetici dell’Antico Testamento, cosí come le Lettere del Nuovo Testamento,<br />
non sono ordinati cronologicamente quanto piuttosto in base alla voluminosità degli<br />
scritti: prima i piú lunghi, non i piú antichi. Vi furono molti profeti contemporanei di<br />
Isaia che lasciarono opere scritte, come Michea, o poco prima di lui, Osea, Gioele e<br />
Amos; oppure, probabilmente subito dopo di lui, Abacuc e Naum. Tuttavia, la profezia<br />
di Geremia, che ebbe inizio molti anni dopo la conclusione di quella di Isaia, è riportata<br />
immediatamente dopo la sua, per via della sua lunghezza. Si è data dunque la precedenza<br />
cronologica a dei testi piú lunghi, però dobbiamo fare attenzione a non disprezzare<br />
o escludere i testi meno voluminosi. Dopo aver parlato della profezia in generale,<br />
concentriamoci su quella di Geremia, riguardo a cui possiamo osservare che:<br />
I. Iniziò a profetizzare, in giovane età. Questo gli permise di affermare per esperienza<br />
personale: che buona cosa è per l’uomo portare il giogo nella sua giovinezza<br />
(La 3:27). Il dott. Girolamo osserva che a Isaia, che era piú anziano, per purificarlo dall’iniquità,<br />
fu toccata la bocca con un carbone ardente (Is 6:6, 7). Al contrario, quando<br />
Dio toccò la bocca di Geremia, che era ancora giovane, non viene detto nulla a proposito<br />
di una purificazione dall’iniquità (Gr 1:9) perché, a causa della sua tenera età,<br />
Geremia non aveva cosí tanti peccati di cui rispondere.<br />
II. Fu un profeta per molti anni, alcuni pensano per cinquant’anni, e altri per quaranta<br />
circa. Cominciò il suo ufficio profetico nel tredicesimo anno di Giosia, quando<br />
durante il governo di questo re devoto le cose andavano bene, ma continuò durante tutti<br />
i regni malvagi successivi. Quando ci si impegna al servizio di Dio, infatti, anche se in<br />
quel momento il vento è calmo e favorevole, in qualsiasi momento potrebbe diventare<br />
impetuoso.<br />
III. Fu un profeta ammonitore. Fu mandato ad annunciare il loro peccato al popolo<br />
di Giacobbe nel nome di Dio, e ad avvertirli delle punizioni divine che stavano per ricadere<br />
su di loro. Gli storici, inoltre, osservano che il suo stile e il suo modo di esprimersi<br />
sono piú diretti e brutali, e meno diplomatici, di quelli di Isaia e di alcuni altri<br />
profeti. Chi è mandato a rivelare il peccato deve mettere da parte le parole seducenti<br />
della sapienza umana. Quando si cerca di indurre i peccatori a ravvedersi è meglio parlare<br />
chiaro.<br />
IV. Era un profeta di cordoglio. Geremia è chiamato spesso in questo modo, non<br />
solo perché compose le Lamentazioni, ma anche perché davanti ai peccati del suo popolo<br />
e alle punizioni desolanti che lo colpivano fu sempre uno spettatore in cordoglio.<br />
Forse è per questo motivo che quelli che credevano che il nostro Salvatore fosse uno<br />
dei profeti lo identificavano principalmente con Geremia (Mt 16:14), perché era un<br />
uomo di dolore, familiare col patire (Is 53:3).<br />
V. Fu un profeta sofferente. Come si legge nella storia narrata nel suo libro, Geremia<br />
fu perseguitato dal proprio popolo piú di tutti gli altri profeti. Visse e predicò appena<br />
prima della distruzione degli Ebrei da parte dei Caldei, nel periodo in cui sembra che<br />
il loro comportamento fosse lo stesso di quando stavano per essere distrutti dai romani;<br />
quando di loro si legge: Hanno ucciso e il Signore Gesú e i profeti, e non piacciono a<br />
Dio, e sono avversi a tutti gli uomini e ormai li ha raggiunti l’ira finale (1 Te 2:16).<br />
L’ultima cosa che si narra nella sua storia è che gli Ebrei rimasti lo costrinsero ad andare<br />
con loro in Egitto mentre, secondo l’attuale tradizione degli Ebrei e dei cristiani,<br />
Geremia subí il martirio. Il dott. Hottinger, rifacendosi allo storico arabo Elmakin, sostiene<br />
che, poiché aveva continuato a profetizzare in Egitto contro gli egiziani e le altre<br />
nazioni, Geremia fu lapidato, e che, molto tempo dopo, quando Alessandro giunse in
Geremia 1:1-3 29<br />
Vocazione di Geremia<br />
Egitto, prese le ossa di Geremia seppellite in segreto, le portò a Alessandria e quivi le<br />
seppellí. Le profezie dei primi diciannove capitoli di questo libro probabilmente sono<br />
le parti piú importanti dei sermoni che Geremia predicò rimproverando Israele per il<br />
peccato in generale, e annunciandogli il castigo. Le profezie successive sono piú specifiche<br />
e sporadiche, sono mescolate alla storia del profeta, ma non in ordine cronologico.<br />
Alle minacce si alternano molte promesse di misericordia per i penitenti, e di liberazione<br />
dalla cattività per gli Ebrei, e alcune profezie che si riferiscono chiaramente<br />
al regno del Messia. Tra gli scritti apocrifi c’è una lettera che presumibilmente fu<br />
scritta da Geremia agli Ebrei in cattività a Babilonia per metterli in guardia contro l’adorazione<br />
degli idoli, in cui il profeta illustra la vanità degli idoli e la follia degli idolatri.<br />
Questa lettera si trova nel libro di Baruc e nel capitolo 6 del libro di Geremia, ma<br />
è probabile che non sia autentica e, a mio avviso, non rispecchia la vitalità e lo spirito<br />
degli scritti di Geremia. Riguardo a Geremia si legge anche in 2 Maccabei 2:4 che,<br />
quando Gerusalemme fu distrutta dai Caldei, il profeta, obbedendo all’ordine di Dio,<br />
prese l’Arca e l’altare dei profumi, li portò sul monte Nebo e li chiuse in una caverna.<br />
Alcune persone che lo seguirono e che pensavano di aver segnato il posto non riuscirono<br />
piú a trovarlo. Geremia li rimproverò per averlo cercato, e gli disse che il posto<br />
doveva rimanere sconosciuto fino al momento in cui Dio avrebbe nuovamente raccolto<br />
il proprio popolo. Tuttavia, anche se nel libro dei Maccabei si legge che fu riportata nei<br />
documenti storici, non so quanto si possa dar credito a questa storia. Leggendo le profezie<br />
di Geremia, occorre osservare che le persone della sua generazione le considerarono<br />
molto poco; questa, però, per noi deve essere un motivo per tenerle ancora di piú<br />
in considerazione, poiché sono state scritte anche per istruire noi, e per mettere in guardia<br />
sia noi, che la nostra terra.<br />
CAPITOLO 1<br />
In questo capitolo abbiamo:<br />
I. La dedica generale, o titolo del presente<br />
libro, insieme al periodo in cui Geremia svolse il<br />
proprio ministero (vv. 1-3).<br />
II. La chiamata di Geremia all’ufficio profetico,<br />
la risposta alla sua modesta obiezione, e un<br />
ampio mandato affinché lo mettesse in pratica (vv.<br />
4-10).<br />
III. La visione di un ramo di mandorlo e di una<br />
caldaia che bolliva, simbolo della prossima rovina<br />
di Giuda e di Gerusalemme operata dai Caldei (vv.<br />
11-16).<br />
IV. L’incoraggiamento dato al profeta affinché<br />
procedesse impavidamente nella propria opera,<br />
con la certezza della presenza di Dio al proprio<br />
fianco (vv. 17-19). Geremia ricevette il proprio incarico<br />
da colui che lo avrebbe sicuramente sostenuto.<br />
1:1-3<br />
Qui si legge ciò che è stato ritenuto opportuno<br />
specificare riguardo alla genealogia<br />
di questo profeta e alla cronologia<br />
della sua profezia.<br />
1. La famiglia a cui apparteneva il profeta.<br />
Era figliuolo di Chilchia (v. 1); pro-<br />
babilmente non si tratta del Chilchia che<br />
era sommo sacerdote ai tempi di Giosia<br />
[perché altrimenti sarebbe stato specificato<br />
e non si sarebbe detto che era uno dei<br />
sacerdoti che stavano ad Anatot (v. 1)],<br />
ma di un altro sacerdote omonimo. Il<br />
nome Geremia significa allevato<br />
dall’Eterno. A proposito di Cristo, si<br />
legge che è un profeta che il Signore nostro<br />
Dio ha suscitato per noi (De 18:15,<br />
18). Geremia era un sacerdote, perciò era<br />
autorizzato e incaricato di istruire il popolo;<br />
a questa autorità e a questo incarico,<br />
però, Dio aggiunse il mandato straordinario<br />
di profeta. Anche Ezechiele era un sacerdote.<br />
In questo modo Dio sostenne l’onore<br />
del sacerdozio in un periodo in cui, a<br />
causa dei peccati d’Israele e delle conseguenti<br />
punizioni divine, era tristemente<br />
oscurato. Geremia discendeva dai sacerdoti<br />
di Anatot, una città di sacerdoti che si<br />
trovava a circa tre miglia da<br />
Gerusalemme. A Anatot, Abiatar possedeva<br />
una terra (1R 2:26).<br />
2. Il periodo approssimativo delle sue
profezie, che è un elemento fondamentale<br />
per comprenderle.<br />
(a) Geremia cominciò a profetare nel<br />
tredicesimo anno del regno di Giosia (v.<br />
2). Giosia, nel dodicesimo anno del suo<br />
regno, cominciò un’opera di riforma impegnandosi<br />
in tutta sincerità a purificare<br />
Giuda e Gerusalemme dagli alti luoghi,<br />
dagl’idoli d’Astarte, dalle immagini scolpite<br />
e dalle immagini fuse (2 Cr 34:3). Il<br />
giovane profeta, quindi, fu molto opportunamente<br />
chiamato ad assistere e incoraggiare<br />
il giovane re in quest’opera pia.<br />
In quel momento la Parola dell’Eterno<br />
gli fu rivolta (v. 2), non solo con l’ordine<br />
e l’incarico di profetare, ma anche con la<br />
rivelazione specifica delle cose che doveva<br />
dire. Per i ministri essere favoriti e<br />
protetti da giudici pii come Giosia è un<br />
incoraggiamento. Analogamente, nelle<br />
opere di riforma, essere consigliati, animati<br />
e vedere gran parte della propria<br />
opera compiuta da ministri fedeli e zelanti<br />
come Geremia, per i giudici è un grande<br />
aiuto. Teoricamente, unendo le loro forze<br />
[come era accaduto in una situazione simile<br />
(cfr. Ed 5:1, 2)], un principe e un<br />
profeta del genere, entrambi giovani,<br />
avrebbero dovuto attuare una riforma talmente<br />
completa da prevenire la rovina<br />
della Chiesa e dello stato, ma le cose andarono<br />
diversamente. Si legge, infatti,<br />
che nel diciottesimo anno di Giosia c’era<br />
ancora moltissima idolatria da purificare,<br />
ma cosa possono fare i principi e i profeti<br />
migliori per evitare la rovina di un popolo<br />
che aborre le riforme? Di conseguenza,<br />
sebbene fosse un periodo di riforma,<br />
Geremia continuava ad annunciare i castighi<br />
distruttivi che stavano per ricadere su<br />
Israele. Per un popolo, infatti, non ci sono<br />
sintomi piú minacciosi dei vani tentativi<br />
di riforma. Giosia e Geremia avrebbero<br />
voluto sanarli, ma loro non volevano.<br />
(b) Geremia continuò a profetare durante<br />
i regni di Ioiachim e Sedechia,<br />
ognuno dei quali regnò per undici anni.<br />
Profetò fino a quando Gerusalemme fu<br />
menata in cattività (v. 3), il grande evento<br />
che aveva profetizzato cosí spesso.<br />
30<br />
Geremia continuò a profetare anche in seguito<br />
(Gr 40:1), ma qui il calcolo termina<br />
con questo episodio perché sancí l’adempimento<br />
di molte sue predizioni. Inoltre,<br />
dal tredicesimo anno di Giosia alla cattività<br />
passarono solo quarant’anni. Il dott.<br />
Lightfoot osserva che, come Mosè rimase<br />
cosí a lungo con il popolo, istruendolo nel<br />
deserto finché non prese possesso della<br />
propria terra, allo stesso modo Geremia li<br />
istruí a lungo nella loro terra, prima che<br />
fossero portati nel deserto dei pagani. Lo<br />
studioso ritiene, inoltre, che proprio per<br />
questo motivo gli ultimi quarant’anni dell’iniquità<br />
di Giuda, che Ezechiele sopportò<br />
per quaranta giorni, un giorno per<br />
ogni anno, siano sottolineati in modo particolare<br />
perché durante tutto quel periodo<br />
Geremia aveva profetato in mezzo a loro,<br />
e questo aggravava ulteriormente la loro<br />
impenitenza. Attraverso il profeta, Dio<br />
sopportò le loro vie malvagie per quarant’anni,<br />
e alla fine nella sua ira giurò che<br />
non avrebbero continuato nel suo riposo.<br />
1:4-10<br />
Qui abbiamo:<br />
I. La designazione prematura di<br />
Geremia all’opera e all’ufficio profetici,<br />
di cui Dio lo informò per motivare il suo<br />
impiego in questa faccenda in giovane<br />
età: La parola dell’Eterno mi fu rivolta<br />
(vv. 4, 5) con una assicurazione soddisfacente<br />
che si trattava della Parola del<br />
Signore, e non di un’illusione. Dio gli<br />
disse che:<br />
1. Lo aveva costituito profeta delle nazioni<br />
(v. 5), o contro le nazioni. Innanzi<br />
tutto contro quella degli Ebrei, che ormai<br />
erano contati nel novero delle nazioni (Nu<br />
23:9) perché si erano mescolati con loro<br />
nell’idolatria, altrimenti questo non sarebbe<br />
successo. Geremia, però, non doveva<br />
essere un profeta soltanto per gli<br />
Ebrei, ma anche per le nazioni vicine, a<br />
cui doveva mandare de’ legami (Gr 27:2,<br />
3) e a cui doveva far bere la coppa dell’ira<br />
dell’Eterno (Gr 25:17). Con i suoi scritti,<br />
Geremia è ancora un profeta per le nazioni<br />
(e anche per la nostra) che annuncia
i castighi nazionali che bisogna aspettarsi<br />
a causa del peccato nazionale. Le nazioni<br />
farebbero bene a considerare Geremia il<br />
proprio profeta e a dare ascolto ai suoi avvertimenti.<br />
2. Prima che nascesse, nei suoi progetti<br />
eterni, Dio lo aveva preparato per questo<br />
compito. Geremia doveva sapere che chi<br />
gli assegnava questo incarico era lo stesso<br />
che gli aveva dato la vita, che lo aveva<br />
formato nel seno di sua madre e lo aveva<br />
fatto uscire dal suo seno (v. 5). Dio,<br />
quindi, era il suo padrone giusto e poteva<br />
impiegarlo e servirsi di lui come voleva.<br />
Inoltre, questo incarico era stato affidato a<br />
Geremia per raggiungere il fine che Dio<br />
aveva prefissato per lui prima che nascesse:<br />
Io t’ho conosciuto e io t’ho consacrato<br />
(v. 5). In altre parole: «Ho stabilito<br />
che tu saresti diventato un profeta e ti ho<br />
messo da parte per questo compito».<br />
Similmente, Paolo parlando di sé, afferma<br />
che Dio lo aveva appartato fin dal seno di<br />
sua madre (Ga 1:15) affinché fosse un<br />
Cristiano e un apostolo. Si osservi che:<br />
(a) Il grande Creatore sa come usare<br />
ogni uomo prima ancora di averlo creato.<br />
L’Eterno ha fatto ogni cosa per uno scopo<br />
(Pr 16:4) e dalla medesima massa di argilla<br />
ha creato un vaso per uso nobile, e<br />
un altro per uso ignobile (Ro 9:21).<br />
(b) Dio chiama ogni uomo a compiere<br />
ciò che ha programmato per lui. I suoi<br />
progetti, infatti, non possono essere vanificati.<br />
Dio conosce tutte le proprie opere<br />
in anticipo, la sua conoscenza è infallibile<br />
e i suoi progetti sono inalterabili.<br />
(c) Dio ha un progetto e un programma<br />
particolare per i propri profeti e i propri<br />
ministri, che sono destinati alla loro opera<br />
mediante un piano speciale e sono resi<br />
idonei per ciò a cui sono destinati: io che<br />
t’ho conosciuto, t’ho consacrato (v. 5).<br />
Quando, all’inizio, Dio forma lo spirito di<br />
un uomo, lo destina a un’opera e lo rende<br />
adatto a compierla. Propheta nascitur,<br />
non fit – Profeti si nasce, non si diventa.<br />
II. Il suo modesto rifiuto di quest’onorabile<br />
incarico (v. 6). Nonostante Dio lo<br />
avesse predestinato per questo, appren-<br />
31<br />
dere che avrebbe dovuto essere un profeta<br />
delle nazioni (v. 5), per Geremia fu una<br />
novità e una grande sorpresa. Noi non conosciamo<br />
i progetti di Dio per noi, ma lui<br />
li conosce. Teoricamente, Geremia<br />
avrebbe dovuto interpretarla come una<br />
promozione, perché in realtà lo era, ma<br />
invece la obbiettò considerandola un’opera<br />
che non era qualificato a compiere:<br />
«Ahimè, Signore, Eterno, io non so parlare<br />
(v. 6) ai grandi uomini e alle moltitudini<br />
come fanno i profeti. Non so parlare<br />
con eleganza, né con disinvoltura, non riesco<br />
a esprimermi bene come occorre fare<br />
per formulare un messaggio di Dio. Non<br />
so parlare con autorità, e non posso aspettarmi<br />
di essere ascoltato, poiché non sono<br />
che un fanciullo (v. 6) e le mie parole saranno<br />
disprezzate». Si noti che, quando si<br />
hanno dei servizi da svolgere per Dio, per<br />
evitare di amministrarli male e che risentano<br />
della nostra debolezza e inadeguatezza,<br />
è opportuno essere timorosi.<br />
Similmente, conviene avere un’umile<br />
opinione di sé e non confidare nelle proprie<br />
capacità. I giovani dovrebbero ricordarsene,<br />
dimostrandosi timorosi come<br />
Eliú, senza fare il passo piú lungo della<br />
gamba.<br />
III. L’assicurazione di Dio, che gli<br />
promise di stare al suo fianco e di sostenerlo<br />
nella sua opera. Geremia non doveva<br />
obbiettare:<br />
1. Di essere un fanciullo, perché sarebbe<br />
stato un profeta. «Non dire piú:<br />
Sono un fanciullo (v. 6). È vero che lo sei,<br />
ma:<br />
(a) Hai il mandato di Dio, non permettere<br />
che la tua giovane età ti impedisca di<br />
obbedirgli. Vai da tutti quelli ai quali ti<br />
manderò e digli tutto quello che io ti comanderò<br />
(v. 7)». È importante notare che,<br />
anche se la consapevolezza delle nostre<br />
debolezze e della nostra inadeguatezza<br />
dovrebbe indurci a procedere con umiltà<br />
nella nostra opera, quando Dio ci chiama<br />
a compierla, però, non deve farci tirare indietro.<br />
Dio si arrabbiò con Mosè persino<br />
per le sue modeste scuse (cfr. Es 4:14).<br />
(b) «Hai la presenza di Dio, non la-
sciare che la tua giovane età ti scoraggi<br />
dal dipendere da questo. Anche se sei un<br />
fanciullo, sarai in grado di andare da tutti<br />
quelli ai quali ti manderò (v. 7), anche se<br />
sono molto grandi e molto numerosi.<br />
Inoltre, tutto quello che io ti comanderò<br />
(v. 7), avrai giudizio, memoria, e proprietà<br />
di linguaggio sufficienti per annunciarlo<br />
nel modo opportuno». Quando riportò<br />
il messaggio di Dio a Eli, Samuele<br />
era un bambino. Si noti che, quando<br />
vuole, Dio può rendere profeti i bambini e<br />
trarre forza dalla bocca de’ fanciulli e de’<br />
lattanti (Sl 8:2).<br />
2. Che avrebbe incontrato molti nemici<br />
e molte opposizioni, perché Dio lo<br />
avrebbe protetto: Non li temere (v. 8).<br />
«Anche se appaiono grandi, e quindi pensano<br />
di tenerti testa e di sconcertarti, tu<br />
non aver paura di parlargli, e neppure di<br />
dirgli le cose piú spiacevoli. Tu parli nel<br />
nome del Re dei re, e sei autorizzato da<br />
lui, e con questo puoi dominarli. Anche se<br />
sembrano arrabbiati, non temere la loro<br />
disapprovazione e non lasciarti influenzare<br />
dal timore delle conseguenze della<br />
loro collera». Chi ha dei messaggi di Dio<br />
da riportare non deve temere alcun uomo<br />
(De 1:17; cfr. Ez 3:9). «Inoltre, tu hai motivo<br />
di essere coraggioso e tranquillo, poiché<br />
io son teco (v. 8), non solo per aiutarti<br />
nella tua opera, ma per liberarti dalle<br />
mani dei tuoi persecutori, e se Dio è per<br />
te, chi sarà contro di te (Ro 8:31)?».<br />
Anche se Dio non libera i suoi ministri<br />
dalle difficoltà, sostenendoli nella difficoltà<br />
ottiene lo stesso risultato. Il dott.<br />
Gataker osserva giustamente che i principi<br />
terreni non seguono i loro ambasciatori;<br />
Dio, invece, quelli che manda, li accompagna<br />
e, con la sua potente protezione,<br />
è con loro in qualsiasi momento e<br />
in ogni luogo. È basandosi su questo,<br />
quindi, che occorre darsi animo (At<br />
18:10).<br />
3. Di non essere in grado di parlare<br />
adeguatamente, perché Dio lo avrebbe<br />
reso capace di parlare:<br />
(a) Con intelligenza, come una persona<br />
che conosce Dio. Dopo che Geremia<br />
32<br />
ebbe una visione della gloria divina,<br />
l’Eterno stese la mano (v. 9) e con un<br />
segno percettibile gli conferí il dono della<br />
Parola di cui necessitava: gli toccò la<br />
bocca e con un gesto aprí le sue labbra affinché<br />
la sua bocca lodasse Dio. Con un<br />
tocco mise dolcemente le sue parole nella<br />
bocca di Geremia affinché fossero pronte<br />
in ogni occasione e non gli venissero mai<br />
a mancare, perché gliele aveva fornite<br />
colui che ha fatto la bocca dell’uomo (Es<br />
4:11). Dio, non mise solo la conoscenza<br />
nella sua testa, ma anche parole nella sua<br />
bocca. Ci sono, infatti, parole insegnate<br />
dallo Spirito (1 Co 2:13). Affinché sia riportato<br />
accuratamente è opportuno che il<br />
messaggio di Dio sia rivelato con le sue<br />
parole: Riferisci loro le mie parole (Ez<br />
3:4). Inoltre, a quelli che lo fanno fedelmente<br />
non mancheranno mai le istruzioni<br />
necessarie. Dio, infatti, gli darà la bocca e<br />
la sapienza in quell’ora stessa (Mt<br />
10:19).<br />
(b) Con potenza, come una persona<br />
che ha ricevuto autorità da Dio.<br />
L’incarico che gli fu affidato era strano:<br />
Vedi, io ti costituisco oggi sulle nazioni e<br />
sopra i regni (v. 10). Sembrava una cosa<br />
grandiosa, ma in realtà Geremia era un sacerdote<br />
povero e umile. Non fu costituito<br />
sui regni come un principe che li governa<br />
con la spada, ma come un profeta che li<br />
governa mediante la Parola di Dio. Quelli<br />
che usano queste parole per giustificare la<br />
supremazia del papa sui re, e la sua autorità<br />
di deporli e di disporre dei loro regni<br />
a suo piacimento, devono dimostrare che<br />
il papa ha lo stesso straordinario spirito<br />
profetico che aveva Geremia, altrimenti<br />
come può detenere lo stesso potere che<br />
Geremia aveva in virtú di questo spirito?<br />
Eppure, il potere di Geremia (che, nonostante<br />
la sua potenza, visse con umiltà, disprezzato<br />
e oppresso) non soddisfaceva<br />
questi uomini superbi. Geremia fu costituito<br />
sulle nazioni (v. 10), in primo luogo<br />
su quella ebrea e poi sulle altre, tra cui alcune<br />
grandi, contro cui profetava. Non fu<br />
costituito sulle nazioni per riscuotere tributi,<br />
né per arricchirsi con le loro ric-
chezze, ma per svellere, per demolire e<br />
per abbattere e anche per edificare e per<br />
piantare (v. 10). Geremia doveva [1]<br />
Cercare di riformare le nazioni; svellere,<br />
demolire e abbattere l’idolatria e le altre<br />
malvagità; estirpare le abitudini e le<br />
usanze dissolute radicate da tempo; abbattere<br />
il regno del peccato per edificare<br />
e per piantare la religione e la virtú. Per<br />
introdurre e costituire il bene, prima occorre<br />
rimuovere il male. [2] Dire alle nazioni<br />
che per loro le cose sarebbero andate<br />
bene, o male, in base alla loro volontà<br />
di riformarsi o meno. Doveva porre<br />
davanti a loro la vita e la morte (De<br />
30:19), il bene e il male, secondo la strategia<br />
che Dio dichiara di adottare con i<br />
regni e le nazioni (cfr. Gr 18:7-10).<br />
Doveva assicurare a quelli che persistevano<br />
nella loro malvagità che sarebbero<br />
stati estirpati e distrutti, e a quelli che si<br />
ravvedevano, che sarebbero stati edificati<br />
e piantati. Geremia fu autorizzato a rivelare<br />
il destino delle nazioni e Dio avrebbe<br />
confermato e attuato le sue parole (cfr. Is<br />
44:26), lo avrebbe fatto secondo la sua<br />
Parola; per questo si dice che lo avrebbe<br />
fatto mediante la sua Parola. La cosa è<br />
espressa in questo modo, in parte per dimostrare<br />
la certezza della profezia, il cui<br />
adempimento è talmente certo che può<br />
considerarsi già avvenuto, e in parte per<br />
conferire onore all’ufficio profetico e<br />
farlo apparire veramente grandioso, affinché<br />
gli altri non disprezzino i profeti, né<br />
sviliscano se stessi. Tuttavia, il ministero<br />
dell’Evangelo è ancora piú onorabile, a<br />
causa del potere dichiarativo che Cristo<br />
conferí ai suoi apostoli di rimettere e ritenere<br />
i peccati (cfr. Gv 20:23) e di legare e<br />
sciogliere (cfr. Mt 18:18).<br />
1:11-19<br />
Qui:<br />
I. Con una visione, Dio illustrò a<br />
Geremia il compito principale che doveva<br />
svolgere: annunciare la distruzione di<br />
Giuda e Gerusalemme da parte dei Caldei<br />
a causa dei loro peccati, l’idolatria in particolare.<br />
All’inizio, il suo incarico gli fu<br />
33<br />
illustrato in modo che gli rimanesse impresso,<br />
affinché Geremia potesse tenerlo<br />
a mente ogni volta che si rapportava al<br />
proprio popolo.<br />
1. La visione gli annunciava che il popolo<br />
si stava avvicinando velocemente<br />
alla rovina, e la rovina stava procedendo<br />
rapidamente verso di loro. Dopo aver risposto<br />
alle obiezioni di Geremia che sosteneva<br />
di essere un fanciullo (v. 6), Dio<br />
procedette iniziandolo all’istruzione e al<br />
linguaggio profetici. Inoltre, avendo promesso<br />
di renderlo capace di parlare al popolo<br />
in modo intelligibile, Dio gli insegnò<br />
a capire ciò che gli diceva. I profeti, infatti,<br />
oltre alla lingua, nella testa devono<br />
avere anche degli occhi; non devono soltanto<br />
essere degli oratori, ma anche degli<br />
osservatori. Di conseguenza, Dio gli domandò:<br />
«Geremia, che vedi (v. 11)?<br />
Guardati intorno e osserva». Geremia si<br />
rese subito conto di ciò che gli era stato<br />
presentato: «Vedo un ramo (v. 11), che indica<br />
afflizione e castigo, un ramo che incombe<br />
su di noi per correggerci; è un<br />
ramo di mandorlo (v. 11), che è uno dei<br />
primi alberi che fioriscono in primavera,<br />
sboccia velocemente quando gli altri alberi<br />
stanno a malapena germogliando».<br />
Secondo il dott. Pliny, il mandorlo fiorisce<br />
a Gennaio, e a Marzo i suoi frutti sono<br />
già maturi; è per questo motivo che in<br />
ebraico si chiama Shakedh, cioè albero<br />
rapido. Se il ramo che vide fosse già fiorito,<br />
come ritengono alcuni, o se fosse ancora<br />
spoglio e secco, come sostengono<br />
altri, non è specificato; Geremia, però, riconobbe<br />
ugualmente che era di un mandorlo,<br />
come il ramo di Aronne. Tuttavia,<br />
Dio chiarí subito la cosa: Hai veduto bene<br />
(v. 12). Dio lodò il suo spirito di osservazione,<br />
la sua velocità nel comprendere<br />
che si trattava di un ramo di mandorlo,<br />
anche se era la prima visione che Geremia<br />
aveva visto, e il fatto che la sua mente<br />
fosse cosí tranquilla da riuscire a distinguerlo.<br />
I profeti devono avere occhi<br />
buoni, e non saranno lodati solo quelli che<br />
parlano bene, ma anche quelli che vedono<br />
bene. «Hai visto un “albero rapido”, e
questo significa che io vigilo sulla mia<br />
parola per mandarla ad effetto (v. 12)».<br />
Geremia doveva profetizzare ciò che<br />
avrebbe visto avverarsi con i propri occhi;<br />
la spiegazione di questo si legge in<br />
Ezechiele 7:10, 11: La verga è fiorita!<br />
L’orgoglio è sbocciato! La violenza s’eleva<br />
e divien la verga dell’empietà.<br />
«L’iniquità di Gerusalemme arriva velocemente<br />
al culmine. Inoltre, come se la<br />
loro distruzione tardasse ad arrivare, loro<br />
la risvegliano e la sollecitano, perciò presto<br />
metterò in pratica ciò che ho annunciato<br />
contro di loro».<br />
2. Dio gli indicò il momento in cui intendeva<br />
far ricadere la rovina su di loro. A<br />
Geremia fu domandato una seconda<br />
volta: Che vedi?; e questa volta vide una<br />
caldaia che bolliva (v. 13), simbolo di<br />
Gerusalemme e Giuda in grande tumulto,<br />
come dell’acqua che bolle, a causa dell’attacco<br />
dell’esercito caldeo. Come in<br />
una fornace ardente (Sl 21:9), tutti in agitazione,<br />
si consumeranno come l’acqua<br />
che bolle, evaporando e diminuendo vistosamente,<br />
pronti a degenerare e a essere<br />
cacciati dalla propria città e dalla propria<br />
terra; dalla padella alla brace, di male in<br />
peggio. Alcuni ritengono che gli schernitori<br />
si riferissero a questo quando affermarono:<br />
Questa città è la pentola e noi<br />
siamo la carne (Ez 11:3). In quel momento<br />
la bocca o la facciata della fornace<br />
o del cuore, su cui bolliva la caldaia, era<br />
volta dal settentrione (v. 13), perché era<br />
da qui che dovevano provenire il fuoco e<br />
il combustibile per far bollire la caldaia in<br />
quel modo. La visione è spiegata nel seguente<br />
modo: Dal settentrione verrà fuori<br />
la calamità (v. 14). Da tempo era stata<br />
programmata dalla giustizia di Dio, e da<br />
tempo il popolo la meritava a causa del<br />
proprio peccato, ma la pazienza divina<br />
l’aveva contenuta, frenandola per tutto<br />
quel tempo. I nemici volevano la loro rovina,<br />
ma Dio li aveva ostacolati. Adesso,<br />
però, tutti gli argini dovevano essere abbattuti<br />
e la calamità (v. 14) sarebbe<br />
giunta; lo spettacolo tremendo sarebbe<br />
iniziato, e il nemico li avrebbe travolti<br />
34<br />
come una valanga. Sarebbe stata una calamità<br />
generale, su tutti gli abitanti del<br />
paese (v. 14), dal piú importante al piú<br />
umile, perché erano tutti corrotti.<br />
Aspettatevi che la tempesta arrivi dal<br />
nord, da cui di solito viene il bel tempo<br />
(Gb 37:22). Quando Ezechia e il re di<br />
Babilonia erano amici, si erano ripromessi<br />
molti vantaggi dal settentrione, ma<br />
le cose andarono diversamente poiché dal<br />
settentrione arrivarono problemi. Allo<br />
stesso modo, a volte le tempeste piú violente<br />
arrivano da dove ci si aspetta il bel<br />
tempo. La visione è spiegata ulteriormente<br />
nel versetto 15, in cui si può osservare:<br />
(a) La chiamata dell’esercito che<br />
avrebbe dovuto invadere e radere al suolo<br />
Giuda: «Io sto per chiamare tutti i popoli<br />
dei regni del settentrione, dice l’Eterno<br />
(v. 15). Tutti i re del nord si uniranno a<br />
Nabucodonosor e lo seguiranno in questa<br />
spedizione. Adesso sono disseminati, ma<br />
Dio, che tiene in mano tutti i cuori degli<br />
uomini, li radunerà; ora sono lontani da<br />
Giuda, ma Dio, che guida tutti i passi<br />
degli uomini, li chiamerà e loro verranno,<br />
anche se sono molto lontani perché la<br />
convocazione di Dio sarà ascoltata».<br />
Quando Dio ha un’opera qualsiasi da<br />
svolgere, anche se deve convocarli dall’altra<br />
estremità della terra, trova sempre<br />
gli strumenti per compierla. Inoltre, affinché<br />
gli eserciti da far scendere in campo<br />
fossero abbastanza numerosi e forti, Dio<br />
non solo intendeva chiamare al servizio<br />
tutti i regni del settentrione, ma anche<br />
tutti i popoli (v. 15) di quei regni. Non<br />
avrebbe escluso neppure uno degli uomini<br />
in grado di combattere.<br />
(b) L’avanzata di questo esercito. Ogni<br />
comandante delle truppe delle diverse nazioni<br />
avrebbe avuto il proprio ruolo nell’assedio<br />
di Gerusalemme e delle altre<br />
città di Giuda. Porranno ognuno il suo<br />
trono (v. 15), o posto. Quando una città è<br />
assediata si dice che il nemico vi si è installato.<br />
Alcuni, quindi, si sarebbero sistemati<br />
all’ingresso delle porte di<br />
Gerusalemme, e altri contro tutte le sue
mura all’intorno (v. 15), per bloccare<br />
ogni rifornimento e farli morire di fame.<br />
3. Dio gli spiegò chiaramente che la<br />
causa di tutte queste punizioni era il peccato<br />
di Gerusalemme e delle città di<br />
Giuda: Pronunzierò i miei giudizi contro<br />
di loro (o li giudicherò in questo modo) a<br />
motivo di tutta la loro malvagità (v. 16). È<br />
la malvagità, infatti, che sradica le barriere<br />
e lascia che le calamità ci travolgano.<br />
Hanno abbandonato Dio e gli<br />
hanno disubbidito, hanno offerto il loro<br />
profumo ad altri dèi, dèi nuovi, stranieri e<br />
falsi, simulatori, usurpatori, creature immaginarie,<br />
e si son prostrati dinanzi all’opera<br />
delle loro mani (v. 16). Geremia<br />
era giovane e aveva osservato poco il<br />
mondo, e forse non era a conoscenza delle<br />
abominevoli idolatrie di cui erano colpevoli<br />
i figli del suo popolo, né poteva crederci.<br />
Dio, però, gli disse che avrebbe saputo<br />
cosa rimproverare e su cosa basare le<br />
proprie minacce, e che lui stesso sarebbe<br />
stato convinto dell’equità della condanna<br />
che avrebbe pronunciato contro di loro<br />
nel nome di Dio.<br />
II. Dio incitò e incoraggiò Geremia a<br />
dedicarsi a quest’opera con diligenza e<br />
serietà totali. A Geremia fu affidato un<br />
grande incarico. Fu mandato nel nome di<br />
Dio come un araldo alle armi a dichiarare<br />
guerra ai suoi sudditi ribelli. A Dio, infatti,<br />
piace avvertire in anticipo dell’arrivo<br />
della sua punizione affinché i peccatori<br />
si risveglino e si rivolgano a lui con<br />
pentimento e Dio storni la propria ira da<br />
loro, e cosicché, se non lo fanno, siano ingiustificabili.<br />
Insieme all’incarico,<br />
Geremia ricevette anche un ordine: «Tu<br />
dunque, cingiti i lombi (v. 17); liberati da<br />
tutte le cose che ti rendono inadatto o che<br />
ti ostacolano in questo servizio. Cingiti di<br />
prontezza e risolutezza e non lasciarti intrappolare<br />
da nessun dubbio a riguardo».<br />
Geremia doveva essere svelto: «Lèvati (v.<br />
17) e non perdere tempo». Doveva darsi<br />
da fare: Lèvati, e dí loro (v. 17) a tempo e<br />
fuor di tempo (2 Ti 4:2). Doveva essere<br />
coraggioso: Non ti sgomentare per via di<br />
loro (v. 17; cfr. v. 8). In una parola,<br />
35<br />
Geremia doveva essere fedele, come debbono<br />
esserlo gli ambasciatori.<br />
1. Le cose in cui Geremia doveva essere<br />
fedele erano due:<br />
(a) Doveva proclamare tutto ciò che<br />
gli veniva ordinato: Dirai tutto quello che<br />
io ti comanderò (v. 7). Non doveva dimenticare<br />
nulla, perché niente era marginale,<br />
insolito o non degno di nota. Ogni<br />
Parola di Dio, infatti, è importante. Non<br />
doveva omettere nulla per paura di essere<br />
offensivo e non doveva alterare niente nel<br />
tentativo di renderlo piú accettabile o gradevole,<br />
ma, senza aggiungere né eliminare<br />
alcunché, doveva annunciare tutto il<br />
consiglio di Dio (At 20:27).<br />
(b) Doveva rivolgersi a tutti quelli a<br />
cui gli era stato ordinato di opporsi. Non<br />
doveva parlare sottovoce a pochi amici in<br />
particolare che avrebbero accolto bene le<br />
sue parole ma, se erano malvagi, doveva<br />
schierarsi contro i re di Giuda (v. 18) e<br />
rendere la propria testimonianza persino<br />
contro i peccati dei suoi principi (v. 18).<br />
Neppure gli uomini piú insigni, infatti,<br />
sono esenti dalle punizioni provenienti<br />
dalla mano o dalla bocca di Dio. Geremia,<br />
anzi, non doveva risparmiare i suoi principi.<br />
Nonostante fosse lui stesso un sacerdote<br />
e desiderasse mantenere la dignità<br />
del proprio ordine, per questo non doveva<br />
adularli nei loro peccati. Visto che erano<br />
contro l’Eterno, anche se era il suo popolo,<br />
Geremia doveva schierarsi contro il<br />
popolo del paese (v. 18).<br />
2. Le ragioni per cui Geremia doveva<br />
comportarsi cosí erano due:<br />
(a) Perché, se non fosse stato sincero,<br />
avrebbe avuto motivo di temere l’ira di<br />
Dio: «Non ti sgomentare per via di loro,<br />
disertando il tuo ufficio o non facendo il<br />
tuo dovere, ond’io non ti renda sgomento<br />
in loro presenza, altrimenti ti abbandonerò<br />
alla tua codardia». Quelli che<br />
si preoccupano della propria reputazione,<br />
tranquillità e sicurezza piú che<br />
della loro opera e del proprio dovere,<br />
sono giustamente abbandonati da Dio<br />
alla vergogna della propria codardia.<br />
Alcuni interpretano le parole di Dio nel
seguente modo: «altrimenti farò i conti<br />
con te per la tua codardia e ti distruggerò».<br />
Per questo Geremia disse a Dio:<br />
Non esser per me uno spavento (Gr<br />
17:17). Si noti che il timore di Dio è<br />
l’antidoto migliore contro la paura degli<br />
uomini. Occorre temere sempre di offendere<br />
Dio, che, oltre a uccidere, ha anche<br />
il potere di mandare all’inferno. In questo<br />
modo, non si rischia piú di temere gli<br />
uomini che possono solamente uccidere<br />
il corpo (cfr. Lu 12:4, 5: Ne 4:14).<br />
Piuttosto che lo sia Dio, è meglio che<br />
tutto il mondo sia nostro nemico.<br />
(b) Perché, se fosse stato fedele, non<br />
avrebbe avuto motivo di temere l’ira degli<br />
uomini. Il Dio che serviva, infatti, lo<br />
avrebbe protetto e sostenuto, quindi non<br />
sarebbero riusciti a scoraggiarlo, né a distoglierlo<br />
dalla sua opera, e finché non<br />
avesse terminato la propria testimonianza,<br />
non avrebbero potuto metterlo a<br />
tacere, né ucciderlo (v. 18). La potenza di<br />
Dio trasformò questo profeta giovane e<br />
inesperto in una città inespugnabile, fortificata<br />
da colonne di ferro e circondata da<br />
mura di rame. Geremia si scagliò contro il<br />
nemico con rimproveri e minacce, mettendolo<br />
in soggezione. Lo avrebbero aggredito<br />
da ogni parte, i re e i principi lo<br />
avrebbero colpito con il loro potere, i sacerdoti<br />
avrebbero inveito contro di lui con<br />
le censure della Chiesa, e il popolo gli<br />
avrebbe fatto la guerra arrivando al punto<br />
di pronunciare amare calunnie contro di<br />
lui. Geremia, però, non avrebbe perso terreno<br />
arrendendosi, anzi li avrebbe sempre<br />
tenuti a freno: Essi ti faranno la guerra,<br />
ma non ti vinceranno, perché io sono teco<br />
per liberarti (v. 19) dalle loro mani.<br />
Inoltre, non sarebbero riusciti a sconfiggere<br />
la Parola che Dio avrebbe mandato<br />
mediante Geremia, né a salvarsi. La<br />
Parola di Dio, infatti, li avrebbe catturati<br />
perché Dio intendeva distruggerli. È importante<br />
notare che chi è sicuro di avere<br />
Dio al suo fianco (come certamente è Dio<br />
se questa persona è con lui) non ha bisogno,<br />
e non deve, temere nessuno che si<br />
schieri contro di lui.<br />
36<br />
CAPITOLO 2<br />
Probabilmente questo capitolo è il primo sermone<br />
di Geremia dopo la sua ordinazione. Si<br />
tratta, inoltre, del sermone piú energico e commovente<br />
di tutti quelli riportati nei libri profetici.<br />
Geremia non doveva dire «Io non so parlare, perché<br />
non sono che un fanciullo (Gr 1:7)», perché<br />
ora che Dio gli aveva toccato la bocca ponendovi<br />
le sue parole nessuno poteva parlare meglio di lui.<br />
Questo capitolo intende illustrare al popolo di Dio<br />
le loro trasgressioni, e alla casa di Giacobbe i loro<br />
peccati. Nel capitolo si leggono un rimprovero e<br />
una condanna volti a indurre il popolo a ravvedersi<br />
dai propri peccati per evitare che la rovina<br />
imminente ricadesse su di loro. L’accusa presentata<br />
contro Israele è molto seria, le aggravanti<br />
sono evidenti, le argomentazioni usate per condannarli<br />
sono molto accurate e pressanti, e le rimostranze<br />
sono pungenti e toccanti. Furono accusati<br />
principalmente di idolatria, perché avevano<br />
abbandonato il vero Dio, il loro Dio, per seguire<br />
falsi dèi. In quest’occasione a Israele fu annunciato<br />
che:<br />
I. Erano stati ingrati verso Dio, che con loro<br />
era stato molto benevolo (vv. 1-8).<br />
II. Non era mai accaduto che una nazione<br />
cambiasse dio (vv. 9-13).<br />
III. Comportandosi cosí si erano denigrati e<br />
rovinati (vv. 14-19).<br />
IV. Avevano violato i loro patti e, dopo i buoni<br />
inizi, erano degenerati (vv. 20, 21).<br />
V. La loro malvagità era troppo evidente per<br />
essere celata e troppo empia per essere scusata<br />
(vv. 22-25).<br />
VI. Avevano perseverato volontariamente e<br />
ostinatamente nel peccato e la loro idolatria era incorreggibile<br />
e incessante (vv. 24, 25, 33, 36).<br />
VII. Con la loro idolatria si erano umiliati e presto,<br />
vedendo che i loro idoli non erano in gradi di<br />
aiutarli, se ne sarebbero vergognati (vv. 26-29, 37).<br />
VIII. Non si erano lasciati persuadere e riformare<br />
dai rimproveri mandatigli dalla Provvidenza<br />
(v. 30).<br />
IX. Avevano disprezzato molto Dio (vv. 31, 32).<br />
X. Alla loro idolatria avevano aggiunto gli<br />
omicidi piú barbari, versando il sangue di poveri<br />
innocenti (v. 34). Se quando gli furono rivelati i<br />
loro peccati in questo modo non ne furono per<br />
niente colpiti, né umiliati i loro cuori dovevano essere<br />
veramente induriti. Meditando su questo capitolo<br />
occorre pentirsi delle proprie idolatrie spirituali<br />
che inducono a concedere al mondo e alla<br />
carne lo spazio della nostra anima che dovrebbe<br />
essere riservato soltanto a Dio!<br />
2:1-8<br />
Qui abbiamo:<br />
I. L’ordine dato a Geremia di andare
ad annunciare il messaggio di Dio agli<br />
abitanti di Gerusalemme. A Geremia era<br />
stato ordinato di andare a parlare con loro<br />
in generale (Gr 1:17), ma qui gli fu ordinato<br />
in modo particolare. Si noti che è<br />
bene che i ministri, quando si dedicano<br />
solennemente a una delle loro opere, ottengano<br />
un nuovo mandato con la fede e<br />
la preghiera. Occorre, inoltre, che i ministri<br />
confrontino con attenzione ciò che intendono<br />
annunciare con la Parola di Dio e<br />
si assicurino che le cose corrispondano,<br />
non solo per poter dire «l’Eterno mi ha<br />
mandato», ma anche: «Mi ha mandato per<br />
dire queste cose». Geremia doveva lasciare<br />
Anatot, la città in cui viveva appartato<br />
tranquillamente e in cui (probabilmente)<br />
trascorreva il proprio tempo a studiare<br />
la legge con pochi amici, e doveva<br />
recarsi a Gerusalemme, una città rumorosa<br />
e tumultuosa, e gridare ai suoi orecchi<br />
(v. 1), comportandosi da uomo fervoroso<br />
e facendosi ascoltare: «Grida forte,<br />
affinché tutti ti sentano e nessuno dica che<br />
non lo sapeva. Avvicinati e grida agli<br />
orecchi di Gerusalemme (v. 1), che se li è<br />
tappati».<br />
II. Il messaggio che gli fu ordinato di<br />
annunciare. Doveva redarguirli per la<br />
terribile ingratitudine che avevano dimostrato<br />
abbandonando Dio, che era sempre<br />
stato molto benevolo con loro, affinché<br />
se ne vergognassero e si ravvedessero,<br />
o potessero giustificare il castigo di<br />
Dio.<br />
1. Dio gli ricordò i favori di cui li<br />
aveva colmati fin dall’antichità, quando<br />
per la prima volta li costituí in un popolo:<br />
«Io mi ricordo, e vorrei che anche voi ve<br />
lo ricordaste, e uso questo ricordo per<br />
voi; non posso dimenticarmi dell’affezione<br />
che avevi per me quand’eri giovane,<br />
del tuo amore quand’eri fidanzata<br />
(v. 2)».<br />
(a) Questo potrebbe riferirsi alla benevolenza<br />
con cui guardavano a Dio. In<br />
realtà, non era tale da dargli motivo di<br />
vanto, o da indurli a domandare il favore<br />
di Dio (molti di loro, infatti, erano scortesi<br />
e provocatori e, quando ritornavano e<br />
37<br />
si rivolgevano a Dio, cercavano solo di<br />
adularlo), ma a Dio piacque ugualmente<br />
menzionarla, adducendola a loro favore.<br />
Anche se l’amore che gli avevano mostrato<br />
era poco, infatti, Dio lo aveva accolto<br />
con benevolenza. Quando avevano<br />
creduto nell’Eterno e in Mosè suo servo<br />
(Es 14:31), quando avevano cantato la<br />
lode dell’Eterno presso il Mar Rosso,<br />
quando ai piedi del monte Sinai avevano<br />
promesso di fare tutto quello che l’Eterno<br />
ha detto e di ubbidire (Es 24:7) avevano<br />
dimostrato l’affezione della loro giovinezza<br />
e l’amore del loro fidanzamento.<br />
Quando si erano dimostrati cosí solleciti<br />
verso Dio, l’Eterno aveva detto: Certo,<br />
essi sono il mio popolo, figliuoli che non<br />
m’inganneranno (Is 63:8). Si noti che<br />
quelli che cominciano bene e promettono<br />
con onestà, ma non agiscono e non perseverano,<br />
saranno giustamente rimproverati<br />
per i loro inizi speranzosi e promettenti.<br />
Dio ricorda l’affezione della gioventú e<br />
l’amore del fidanzamento, lo zelo che a<br />
quel tempo sembravamo avere per lui e<br />
l’amore con cui abbiamo stipulato il nostro<br />
patto con lui, i germogli e i fiori che<br />
non hanno mai raggiunto la perfezione.<br />
Inoltre, è bene che anche noi ce ne rammentiamo,<br />
per ricordarci da dove siamo<br />
caduti e per tornare al nostro primo amore<br />
(Ap 2:4, 5; Ga 4:15). L’amore della loro<br />
gioventú fu rivelato dal fatto che: [1] Nel<br />
deserto, avevano seguito le indicazioni<br />
della colonna di nuvola e di quella di<br />
fuoco. Inoltre, anche se a volte avevano<br />
pensato di tornare in Egitto o di accelerare<br />
verso la terra di Canaan, non fecero<br />
nessuna delle due cose, ma per quarant’anni<br />
seguirono Dio nel deserto, confidando<br />
nel suo aiuto, anche se era una<br />
terra non seminata (v. 2). Dio li aveva accettati<br />
con benevolenza perché, sebbene<br />
tra loro ci fosse molto male, non avevano<br />
mai abbandonato la loro guida, e ne aveva<br />
preso nota per poterli lodare molto tempo<br />
dopo. Cosí, anche se Cristo si era lamentato<br />
spesso dei suoi discepoli, quando si<br />
allontanò da loro li lodò perché erano rimasti<br />
al suo fianco (Lu 22:28). L’unica
cosa che ci può indurre a seguire Dio nel<br />
deserto, con fede assoluta e abbandono<br />
totale, è l’amore forte della gioventú e del<br />
fidanzamento. È un peccato che chi lo ha<br />
seguito cosí, un giorno lo diserti. [2]<br />
Avevano rispettato i decreti divini, erigendo<br />
un Tabernacolo e servendolo. A<br />
quel tempo Israele era consacrato<br />
all’Eterno (v. 3), perché si era unito a lui<br />
stipulando un patto e diventando un popolo<br />
speciale. Visto che avevano cominciato<br />
nello spirito, Dio voleva fargli capire<br />
che dovevano vergognarsi di aver<br />
concluso nella carne.<br />
(b) Oppure, potrebbe riferirsi alla benevolenza<br />
di Dio nei loro confronti, descritta<br />
ampiamente in seguito. Quando<br />
Israele era fanciullo, io l’amai (Os 11:1).<br />
In quel momento Dio aveva unito a sé<br />
quel popolo con tutto l’amore con cui un<br />
giovine sposa una vergine (Is 62:5), perché<br />
quello era il tempo degli amori (Ez<br />
16:8). [1] Dio si era impadronito di loro.<br />
Anche se erano un popolo di peccatori, in<br />
virtú del patto stipulato con loro e della<br />
Chiesa stabilita tra di loro, erano un popolo<br />
consacrato all’Eterno (v. 3), dedicato<br />
al suo onore e sotto la sua speciale<br />
tutela. Erano le primizie della sua rendita<br />
(v. 3), la prima Chiesa che Dio aveva costituito<br />
nel mondo. Loro erano le primizie,<br />
ma il raccolto completo doveva essere<br />
raccolto tra i pagani. Le primizie<br />
della rendita erano la parte che apparteneva<br />
a Dio, erano offerte a lui e lui era<br />
onorato di averle; gli Ebrei erano questo,<br />
e il poco tributo, reddito e omaggio che<br />
Dio riceveva dal mondo, lo riceveva principalmente<br />
da loro. Essere riservati a Dio<br />
in questo modo, per loro era un onore, e<br />
quest’onore appartiene a tutti i santi, che<br />
sono le primizie delle sue creature (Gm<br />
1:18). [2] Avendo sposato Israele, Dio<br />
aveva sposato la loro causa diventando<br />
nemico de’ loro nemici (Es 23:22).<br />
Inoltre, visto che erano le primizie della<br />
sua rendita, tutti quelli che lo divoravano<br />
si rendevan colpevoli (v. 3); peccavano, si<br />
rendevano rei e il male ricadeva su di<br />
loro, come accadeva a chi era considerato<br />
38<br />
colpevole per aver divorato le primizie, o<br />
ciò che dev’esser consacrato all’Eterno<br />
(Le 5:15), appropriandosene o usandolo<br />
per sé. Chiunque cercasse di danneggiare<br />
in qualche modo il popolo di Dio, lo faceva<br />
a suo rischio e pericolo. Dio, infatti,<br />
era pronto a vendicare le loro dispute, e ai<br />
re piú superbi disse: Non toccate i miei<br />
unti (Sl 105:14, 15; Es 17:14). Dio opponeva<br />
in modo particolare quelli che cercavano<br />
di corrompere il suo popolo e di indurlo<br />
a non essere consacrato all’Eterno,<br />
come testimonia la sua opposizione ai<br />
Madianiti nell’affare di Peor (Nu 25:17,<br />
18). [3] Dio li aveva tratti dall’Egitto con<br />
mano potente e con grandi terrori (De<br />
4:34), ma con mano benevola e con<br />
grande tenerezza li aveva menati per il<br />
deserto, per un paese di solitudine e di<br />
crepacci, o di tombe (terram sepulchralem<br />
– una terra sepolcrale) in cui la terra<br />
non era per sfamarli, ma per seppellirli, in<br />
cui non ci si poteva aspettare del bene<br />
perché era un paese d’aridità, e in cui bisognava<br />
temere ogni tipo di male perché<br />
era una terra d’ombra e di morte (v. 6). In<br />
quella valle tetra avevano camminato per<br />
quarant’anni, ma Dio era con loro; il suo<br />
bastone, nella mano di Mosè, e la sua<br />
verga li consolavano, e anche lí Dio apparecchiava<br />
davanti a loro la sua mensa (Sl<br />
23:4, 5), mandandogli pane dal cielo e<br />
acqua dalle rocce. Era una terra abbandonata<br />
dall’umanità perché non garantiva né<br />
una via, né riposo. Non era un’arteria di<br />
traffico, né un luogo in cui insediarsi perché<br />
era un paese per il quale nessuno<br />
passò mai e dove non abitò mai nessuno<br />
(v. 6). Dio, infatti, insegna al proprio popolo<br />
a percorrere vie nuove, ad abitare da<br />
solo e a stare per conto suo. Le difficoltà<br />
del viaggio sono sottolineate per magnificare<br />
la potenza e la bontà di Dio che, malgrado<br />
tutte le avversità, li fece arrivare incolumi<br />
alla fine del viaggio. Tutto<br />
l’Israele spirituale di Dio deve riconoscere<br />
il proprio debito con lui, perché Dio<br />
lo conduce e lo protegge nel deserto di<br />
questo mondo, che per l’anima non è<br />
meno pericoloso di quanto quel deserto
fosse per il corpo. [4] Alla fine li fece sistemare<br />
a Canaan: Io v’ho condotti in un<br />
paese ch’è un frutteto (v. 7); che per loro,<br />
dopo tutti gli anni passati in un paese d’aridità<br />
(v. 6) sarebbe stato ancora piú gradito.<br />
Da allora ne mangiarono i frutti e i<br />
buoni prodotti (v. 7) perché gli era permesso<br />
farlo. Io v’ho condotti in un paese<br />
di Carmelo (la parola è questa); Carmelo<br />
era un luogo straordinariamente fertile e<br />
Canaan era come un unico grande frutteto<br />
(De 8:7). [5] Dio gli diede i mezzi per ottenere<br />
conoscenza e grazia e per essere in<br />
comunione con lui; questo è sottinteso in<br />
Geremia 2:8. Gli Ebrei avevano dei sacerdoti<br />
che erano depositari della legge (v.<br />
8). Leggere la legge e spiegarla, quindi,<br />
era parte del loro ministero (De 33:8).<br />
Avevano dei pastori che li guidavano e si<br />
prendevano cura di loro, dei magistrati e<br />
dei giudici; avevano dei profeti che consultavano<br />
Dio per loro e gli rivelavano il<br />
suo pensiero.<br />
2. Dio li rimproverò per la loro terribile<br />
ingratitudine e per il modo malvagio<br />
con cui avevano ricambiato i suoi favori.<br />
Tutti dovevano rispondere di quest’accusa<br />
che fu presentata nel nome di Dio<br />
contro tutte le famiglie della casa<br />
d’Israele (v. 4), poiché nessuno di loro<br />
poteva dichiararsi innocente.<br />
(a) Dio li sfidò a fornirgli degli esempi<br />
di ingiustizia e scortesia nei loro confronti.<br />
Anche se in alcune circostanze Dio<br />
gli aveva concesso il proprio favore, se in<br />
altre fosse stato duro con loro, Israele non<br />
sarebbe stato totalmente inscusabile. Dio,<br />
perciò, giustamente gli diede l’opportunità<br />
di giustificare la loro diserzione:<br />
Quale iniquità hanno trovata i vostri<br />
padri, o voi, in me (v. 5)? «Nei momenti<br />
difficili, Dio è stato un padrone duro con<br />
voi? I suoi ordini hanno mai imposto<br />
delle privazioni o costretto a fare qualcosa<br />
di inappropriato, ingiusto o sconveniente?<br />
Le sue promesse vi hanno mai ingannati,<br />
o hanno mai creato delle aspettative<br />
che poi sono state deluse? Voi che<br />
avete rinunciato al vostro patto con Dio,<br />
potete dire che era un accordo duro e che<br />
39<br />
non potevate vivere cosí? Voi che avete<br />
abbandonato i decreti di Dio, potete affermare<br />
di averlo fatto perché erano servizi<br />
gravosi, o opere che non portavano a<br />
nulla? No. Le vostre delusioni erano dovute<br />
a voi, non a Dio. Il giogo dei suoi comandamenti<br />
è dolce, e v’è gran ricompensa<br />
ad osservarli (Sl 19:11)». Si noti<br />
che quelli che abbandonano Dio non possono<br />
dire che l’Eterno li abbia mai provocati<br />
a farlo; per questo si può tranquillamente<br />
fare appello alle coscienze dei peccatori.<br />
Il servo malvagio che presentò<br />
questa scusa fu giudicato dalle sue parole<br />
(Lu 19:22). Anche se Dio ci affligge, infatti,<br />
non si può dire che in lui ci sia iniquità,<br />
perché non ci fa mai del male. Le<br />
vie del Signore sono sicuramente eque e<br />
tutte le iniquità appartengono alle nostre<br />
vie.<br />
(b) Li accusò di essere molto ingiusti e<br />
ingrati nei suoi confronti. [1] Avevano abbandonato<br />
il suo servizio: Si sono allontanati<br />
da me (v. 5). Avevano cercato di allontanarsi<br />
da Dio e dal proprio dovere,<br />
discostandosi il piú possibile dai suoi comandamenti<br />
e dalle proprie convinzioni.<br />
Di solito, chi diserta la religione ne sta piú<br />
alla larga, e la oppone maggiormente di<br />
chi non la ha mai conosciuta. [2] Avevano<br />
abbandonato il servizio di Dio per servire<br />
gli idoli, e questo era il gesto di maggior<br />
disprezzo verso Dio e il suo servizio. Non<br />
si erano allontanati da lui per migliorare,<br />
ma ingannandosi: Sono andati dietro alla<br />
vanità (v. 5), cioè all’idolatria. Un idolo,<br />
infatti, è una cosa vana e non è nulla nel<br />
mondo (1 Co 8:4; De 32:21; Gr 14:22), e<br />
le adorazioni degli idoli sono vanità (At<br />
14:15). Anche gli idolatri sono vani perché<br />
quelli che creano degli idoli sono<br />
come loro (Sl 115:8), sono legno e pietra<br />
come le statue che adorano e, come loro,<br />
non servono a niente. [3] Insieme all’idolatria,<br />
avevano introdotto ogni sorta di<br />
malvagità. Quando entrarono nella buona<br />
terra che Dio gli aveva affidato, la deturparono<br />
(v. 7), contaminando se stessi e<br />
rendendosi inadatti al servizio di Dio. Era<br />
la terra di Dio e loro erano soltanto suoi
locatari e avventizi (Le 25:23); era la sua<br />
eredità, era una terra santa che apparteneva<br />
a Emmanuele. Loro, però, la resero<br />
un’abominazione (v. 7) persino per lo<br />
stesso Dio, che era sdegnato e aborriva<br />
enormemente Israele. [4] Dopo aver abbandonato<br />
l’Eterno, anche se presto si resero<br />
conto di aver cambiato al peggio,<br />
non pensarono di tornare a lui, né fecero<br />
alcun passo in questa direzione. Né il popolo,<br />
né i sacerdoti si rivolsero a lui o<br />
pensarono al loro dovere nei sui confronti,<br />
né espressero il desiderio di recuperare<br />
il suo favore. Innanzi tutto, il popolo<br />
non domandò: Dov’è l’Eterno (v. 6)?<br />
Sebbene fossero stati educati a guardare a<br />
lui come loro Dio, e anche se spesso gli<br />
era stato detto che Dio li aveva tratti fuori<br />
dal paese d’Egitto (v. 6) affinché diventassero<br />
il suo popolo, loro non si rivolsero<br />
mai a lui, né desiderarono conoscere le<br />
sue vie. In secondo luogo, i sacerdoti non<br />
dissero: Dov’è l’Eterno (v. 8)? Quelli che<br />
avevano il dovere di servirlo con prontezza<br />
non si preoccuparono di conoscerlo,<br />
né di compiacerlo. Neppure chi avrebbe<br />
dovuto istruire il popolo nella conoscenza<br />
di Dio si curò di conoscerlo. Gli Scribi,<br />
depositari della legge (v. 8), non conoscevano<br />
né Dio né la sua volontà e non<br />
erano assolutamente in grado di spiegare<br />
le Scritture, o perlomeno non nel modo<br />
giusto. I pastori, che avrebbero dovuto<br />
pascere il gregge lontano dalle trasgressioni,<br />
erano i primi a trasgredire: Si sono<br />
ribellati a me (Gr 33:8). I falsi profeti<br />
profetavano nel nome di Baal e in suo<br />
onore, perché i re malvagi li sostenevano<br />
e li incitavano a contrapporsi ai profeti<br />
dell’Eterno. I profeti di Baal si unirono ai<br />
sacerdoti di Baal andando dietro a cose<br />
che non giovano a nulla (v. 8), cioè seguendo<br />
gli idoli che non possono aiutare<br />
in nessun modo i loro adoratori. Si osservi<br />
il modo in cui si usurpano le cariche migliori,<br />
e quanto siano soggetti alla corruzione<br />
i compiti migliori. Inoltre, quando i<br />
ciechi sono guide di ciechi (Mt 15:14),<br />
non ci si deve stupire del peccato e della<br />
rovina di un popolo.<br />
40<br />
2:9-13<br />
Dopo aver dimostrato la loro meschina<br />
ingratitudine nell’abbandonare Dio, il<br />
profeta dimostrò la loro volubilità e follia<br />
ineguagliabili: Io contenderò con voi (v.<br />
9). Si noti che prima di punire i peccatori,<br />
Dio contende con loro per indurli a ravvedersi.<br />
Inoltre, è importante notare che<br />
anche quando si dice molto riguardo alla<br />
malvagità del peccato, rimane sempre<br />
qualcos’altro da dire. Quando un capo<br />
d’accusa è stato reso effettivo, ce n’è subito<br />
un altro da aggiungere; anche dopo<br />
aver detto molto a pro di Dio, ci sono ancora<br />
molte altre cose da dire (Gb 36:2).<br />
Chi ha a che fare con i peccatori e deve<br />
condannarli deve addurre svariati argomenti<br />
e seguire il proprio corso. In passato,<br />
Dio aveva conteso con i loro padri<br />
domandando loro perché erano andati<br />
dietro alla vanità diventando essi stessi<br />
vanità (v. 5). Adesso, invece, contendeva<br />
con quelli che, insieme ai loro nipoti, persistevano<br />
nella pratica vana ereditata per<br />
tradizione dai loro padri, vale a dire con<br />
tutte le persone di ogni età che seguivano<br />
le loro orme. Chi abbandona Dio deve sapere<br />
che per poter giustificare le sue parole<br />
l’Eterno è disposto a discutere giustamente<br />
la questione con loro. Con noi<br />
Dio contende su ciò per cui dovremmo<br />
contendere con noi stessi.<br />
I. Dio gli dimostrò che avevano agito<br />
contrariamente alle usanze di tutte le nazioni.<br />
I loro vicini erano piú saldi e piú fedeli<br />
ai loro falsi dèi di quanto non lo fossero<br />
loro con il Dio vero. Gli Ebrei avevano<br />
l’ambizione di essere come le nazioni,<br />
ma in questo erano molto diversi.<br />
Dio li sfidò a fornire un esempio di una<br />
nazione che avesse cambiato dio (vv. 10,<br />
11) o che desiderasse farlo. Verificando<br />
gli annali o la situazione attuale delle<br />
isole di Chittim, della Grecia, le isole europee,<br />
che erano i paesi piú civilizzati e<br />
istruiti, e delle isole di Chedar che si trovavano<br />
a sud-est (mentre le altre erano a<br />
nord-ovest) ed erano piú incivili e barbare,<br />
non avrebbero trovato neppure una<br />
nazione che avesse cambiato dio, anche
se la aveva mai aiutata; non essendo un<br />
dio, infatti, non poteva farlo. Le nazioni<br />
avevano una venerazione tale per i loro<br />
dèi, un’opinione cosí buona di loro e un<br />
tale rispetto per le scelte dei loro padri<br />
che, sebbene fossero dèi di legno e di pietra,<br />
non intendevano cambiarli con dèi<br />
d’oro e d’argento, e neppure con il Dio<br />
vivo. Dovremmo forse lodarli per questo?<br />
Assolutamente no. Tuttavia, per rimproverare<br />
Israele, si può benissimo affermare<br />
che loro, pur essendo l’unico popolo che<br />
non aveva motivo di cambiare Dio, erano<br />
gli unici che lo avevano fatto. Si noti che,<br />
anche se è assurda o grossolanamente<br />
falsa, è difficile che gli uomini si allontanino<br />
dalla religione con cui sono cresciuti.<br />
Lo zelo e la costanza degli idolatri<br />
dovrebbe far vergognare i cristiani della<br />
loro freddezza e incostanza.<br />
II. Gli dimostrò che avevano agito<br />
contrariamente al buon senso perché, non<br />
solo avevano cambiato (a volte cambiare<br />
può essere doveroso e saggio), ma avevano<br />
cambiato al peggio facendo un cattivo<br />
affare.<br />
1. Si erano allontanati da Dio, che era<br />
la loro gloria e che li aveva resi veramente<br />
gloriosi onorandoli in ogni modo.<br />
In realtà, invece, con umile certezza<br />
avrebbero potuto gloriarsi di avere un Dio<br />
simile, che di per sé è un Dio glorioso ed<br />
è la gloria di quelli che lo hanno come<br />
Dio. Dio era la gloria del suo popolo<br />
Israele in particolare, poiché la sua gloria<br />
si era manifestata spesso sul loro<br />
Tabernacolo.<br />
2. Si erano avvicinati a degli dèi che<br />
non potevano assolutamente fargli del<br />
bene, dèi che non favoriscono i loro adoratori.<br />
Gli idolatri mutano la gloria di Dio<br />
in vergogna (Ro 1:23), e cosí fanno anche<br />
con la loro gloria. Chi disonora Dio, denigra<br />
e scredita se stesso e agisce contro i<br />
propri interessi. Si noti che a chiunque si<br />
rivolgano quelli che abbandonano Dio,<br />
non ne riceveranno mai del bene; ne saranno<br />
lusingati e compiaciuti, ma non ne<br />
trarranno mai profitto. Qui persino il<br />
Cielo è chiamato a stupirsi del peccato e<br />
41<br />
della follia di questi apostati da Dio: O<br />
cieli, stupite di questo (vv. 12, 13)! La<br />
terra è cosí totalmente corrotta che non se<br />
ne accorgerà neppure. I cieli e i corpi celesti,<br />
però, devono stupirsene. Che il sole,<br />
vedendo una simile ingratitudine, arrossisca<br />
e abbia timore di risplendere su dei<br />
disgraziati cosí irriconoscenti. Chi aveva<br />
abbandonato Dio adorava l’esercito celeste,<br />
cioè il sole, la luna e le stelle che, invece<br />
di compiacersi dell’adorazione che<br />
ricevevano, ne erano stupiti e terribilmente<br />
spaventati. Piuttosto che dare motivo<br />
a qualcuno di adorarli, avrebbero preferito<br />
essere molto desolati, completamente<br />
esausti (secondo l’originale) e privi<br />
di luce. Alcuni ritengono che L’Eterno si<br />
riferisca agli angeli del cielo che, se<br />
quando le anime ritornano a Dio si rallegrano,<br />
presumibilmente, quando le anime<br />
si ribellano da lui, si stupiscono e hanno<br />
molta paura. Il significato di queste parole<br />
è che la condotta di Israele nei confronti<br />
di Dio era tale da:<br />
(a) Stupirci e farci meravigliare del<br />
fatto che degli uomini che pretendevano<br />
di essere ragionevoli potessero fare una<br />
cosa cosí assurda.<br />
(b) Suscitare in noi un santo sdegno<br />
per l’empietà e l’affronto al nostro<br />
Creatore, del cui onore ogni uomo devoto<br />
dovrebbe essere geloso.<br />
(c) Farci tremare al pensiero delle<br />
conseguenze. Come andrà a finire?<br />
Dovremmo essere terribilmente spaventati<br />
al pensiero dell’ira e della maledizione<br />
che ricadranno su quelli che si allontanano<br />
in questo modo dalla grazia e<br />
dal favore di Dio. A che cosa occorre<br />
pensare con tutto questo terrore? A questo:<br />
«Il mio popolo, che ho istruito e che<br />
avrei dovuto governare, ha commesso<br />
due gravi peccati: ingratitudine e follia.<br />
Ha agito contrariamente al proprio dovere<br />
e al proprio interesse». [1] Avevano<br />
affrontato il loro Dio voltandogli le<br />
spalle come se non fosse degno della<br />
loro attenzione: «Hanno abbandonato<br />
me, la fonte di acqua viva, da cui traggono<br />
abbondantemente e costantemente
tutto il conforto e il sollievo di cui<br />
hanno bisogno, e lo traggono gratuitamente».<br />
Dio è la fonte di vita (Sl 36:9) e<br />
in lui ci sono grazia e forza sufficienti in<br />
eterno. Tutte le nostre fonti e i nostri<br />
fiumi sono in lui, e in realtà abbandonare<br />
lui significa negare questo. Con<br />
noi, Dio è stato un benefattore generoso,<br />
una fonte di acqua viva traboccante in<br />
eterno dei doni del suo favore.<br />
Abbandonare Dio significa rifiutare di<br />
riconoscere la sua benevolenza e di offrire<br />
il tributo di amore e di lode che la<br />
sua benevolenza ci chiama a rendergli.<br />
[2] Si erano ingannati, avevano rinunciato<br />
alla misericordia per seguire vanità<br />
mendaci. Avevano fatto molta fatica per<br />
scavare delle cisterne, dei pozzi o dei<br />
serbatoi nella terra o nella roccia in cui<br />
portare l’acqua o in cui raccogliere la<br />
pioggia. Tuttavia, si erano rivelate cisterne<br />
rotte e bucate, quindi non potevano<br />
contenere l’acqua. Quando andarono<br />
a dissetarsi trovarono solamente<br />
fango e melma, e i sedimenti di un lago.<br />
Agli adoratori degli idoli successe la<br />
stessa cosa, e il cambiamento di chi abbandonò<br />
Dio per servire gli idoli portò<br />
allo stesso risultato. Quando si fa di una<br />
creatura, della ricchezza, del piacere o<br />
dell’onore un idolo, se si basa la propria<br />
felicità su questo, se si spera di trovare<br />
in una creatura il conforto e la soddisfazione<br />
che si ottengono solo in Dio, e se<br />
si rende una creatura la propria gioia e il<br />
proprio amore, la propria speranza e sicurezza,<br />
allora si troverà una cisterna<br />
costruita e riempita con grandi sforzi,<br />
che nella migliore delle ipotesi conterrà<br />
poca acqua, ma che sarà morta e inerme<br />
e presto si corromperà diventando nauseante.<br />
Anzi, sarà una cisterna rotta, che<br />
con il caldo si incrina e si spacca facendoci<br />
perdere l’acqua nel momento in cui<br />
ne abbiamo piú bisogno (Gb 6:15). Di<br />
conseguenza, cerchiamo di essere fedeli<br />
solo al Signore con fermo proponimento<br />
di cuore; a chi altro ce ne andremmo<br />
noi? Dio ha le parole di vita eterna (Gv<br />
6:68).<br />
42<br />
2:14-19<br />
Il profeta, per provare ulteriormente la<br />
follia di aver abbandonato Dio, gli mostrò<br />
il male che si erano già procurati facendolo.<br />
Gli era già costata cara, tutte le calamità<br />
che stavano colpendo il loro paese,<br />
infatti, dipendevano da questo, ma erano<br />
soltanto la garanzia delle ulteriori e maggiori<br />
difficoltà che avrebbero incontrato<br />
se non si fossero ravveduti. Si osservi<br />
quanto soffrirono a causa della loro follia.<br />
I. I loro vicini, loro nemici dichiarati,<br />
prevalsero su di loro a causa del loro peccato.<br />
1. Furono schiavizzati e persero la libertà:<br />
Israele è egli uno schiavo (v. 14)?<br />
«No, Israele è il mio figliuolo, il mio primogenito<br />
(Es 4:22). Sono figli, e sono<br />
eredi; sono di estrazione nobile. Sono la<br />
progenie di Abramo, l’amico di Dio, e di<br />
Giacobbe il suo prescelto. È egli uno<br />
schiavo nato in casa (v. 14)? No, non è figlio<br />
della schiava, ma della donna libera».<br />
Israele era destinato a dominare, non a<br />
servire. Ogni tratto della sua costituzione<br />
delineava libertà e onore. Perché allora fu<br />
privato della sua libertà? Perché fu reso<br />
servo, come uno schiavo nato in casa?<br />
Perché si rese schiavo delle proprie passioni,<br />
dei propri idoli e di ciò che non<br />
porta a nulla (v. 11)? Che peccato che un<br />
diritto di nascita simile sia venduto per un<br />
piatto di minestra, e che una corona del<br />
genere sia profanata e buttata nella spazzatura!<br />
Perché Israele divenne schiavo<br />
dell’oppressore? Dio aveva ordinato che<br />
il settimo anno lo schiavo ebreo fosse liberato<br />
e che gli schiavi di Israele dovevano<br />
essere stranieri, non fratelli (Le<br />
25:44, 46). Ciononostante i principi<br />
schiavizzavano i loro sudditi e i padroni<br />
schiavizzavano i loro servi (Gr 34:11),<br />
rendendo cosí il loro paese, che Dio aveva<br />
reso felice e onorabile, infimo e miserabile.<br />
I principi e le potenze vicini li attaccarono<br />
e resero alcuni di loro schiavi nel<br />
proprio paese, e forse vendettero gli altri<br />
come schiavi ai paesi stranieri. Come avevano<br />
fatto a perdere la loro libertà cosí?<br />
Si erano venduti per le loro iniquità (Is
50:1). Queste cose si possono applicare<br />
anche all’aspetto spirituale. L’anima dell’uomo<br />
è schiava? È come uno schiavo<br />
nato in casa? No, non lo è. E allora perché<br />
è rapita? Perché ha venduto la propria libertà<br />
facendosi schiava delle concupiscenze<br />
e delle passioni; questa è una lamentazione<br />
e deve essere intesa come<br />
tale.<br />
2. Si impoverirono e persero le loro<br />
ricchezze. Dio li aveva condotti in un<br />
paese prospero (v. 7), ma tutti i loro vicini<br />
li attaccarono: «I leoncelli ruggono contro<br />
di lui, e fanno udire la loro voce (v.<br />
15); per Israele sono un terrore continuo».<br />
A volte un potente nemico, a volte un<br />
altro, e altre volte molti nemici insieme lo<br />
attaccavano e trionfavano su di lui.<br />
Portavano via i frutti della sua terra e la<br />
rovinavano e, dopo averle saccheggiate,<br />
bruciavano le città affinché rimanessero<br />
senza abitanti a causa della mancanza di<br />
case in cui abitare, o perché gli abitanti<br />
venivano portati in cattività.<br />
3. Furono maltrattati, ingiuriati e colpiti<br />
da tutti: «Perfino gli abitanti di Nof e<br />
di Tafanes, uomini spregevoli che non<br />
emergono né per coraggio militare, né per<br />
la loro forza, ti divorano il cranio (v. 16),<br />
o se ne sfamano. In tutte le lotte contro di<br />
te sono stati troppo duri per te, e tu ne sei<br />
sempre uscito con il cranio spaccato. La<br />
parte principale del tuo paese, quella accanto<br />
a Gerusalemme, per loro è stata ed<br />
è una preda». La condizione disastrosa in<br />
cui si trovava Giuda durante il regno di<br />
Manasse è descritta in 2 Cronache 33:11,<br />
e probabilmente non era migliorata<br />
molto.<br />
4. Tutto questo era dovuto al loro peccato:<br />
«Non ve la siete voluta voi (v. 17)?».<br />
Stipulando alleanze peccaminose con le<br />
altre nazioni, e soprattutto conformandosi<br />
alle loro usanze e abitudini idolatre, si<br />
erano resi molto infimi e spregevoli,<br />
come fanno tutti quelli che prima professano<br />
la religione e poi la abbandonano. A<br />
quel punto non si vedeva nulla di ciò che,<br />
in base alla loro costituzione, li rendeva<br />
onorabili e temibili, perciò nessuno li ri-<br />
43<br />
spettava né li temeva. Questo non era<br />
tutto, però. Avevano provocato Dio ad abbandonarli<br />
nelle mani dei loro nemici,<br />
rendendoli loro fustigatori e garantendogli<br />
successo contro Israele. Inoltre: «Tutto<br />
questo non ti succede egli perché hai abbandonato<br />
l’Eterno, il tuo Dio (v. 17),<br />
violando la tua alleanza con lui e fuggendo<br />
dalla sua protezione? La protezione<br />
e l’alleanza, infatti, vanno di pari<br />
passo». In qualsiasi difficoltà ci troviamo,<br />
in ogni momento, possiamo ringraziare<br />
soltanto noi stessi, perché siamo noi che,<br />
abbandonando Dio, le cerchiamo: «Hai<br />
abbandonato l’Eterno, il tuo Dio, mentr’egli<br />
ti menava per la buona via (v. 17).<br />
Proprio quando ti stava conducendo verso<br />
la pace e la felicità, e ti mancava soltanto<br />
un passo, lo hai abbandonato sbarrandoti<br />
la strada da solo».<br />
II. I loro vicini, che fingevano di essergli<br />
amici, li ingannarono, li tormentarono<br />
e non li aiutarono, e anche questo era<br />
dovuto al loro peccato.<br />
1. Avevano cercato invano l’aiuto<br />
dell’Egitto e dell’Assiria: Che hai tu da<br />
fare sulla via che mena in Egitto (v. 18)?<br />
«Quando temete il pericolo correte a chiedere<br />
aiuto all’Egitto (Is 30:1-2; 31:1), per<br />
andare a bere l’acqua del Nilo (v. 18).<br />
Fate affidamento sulla loro numerosità, e<br />
vi lasciate ristorare dalle loro allettanti<br />
promesse. Altre volte, andate velocemente<br />
avanti e indietro sulla via che mena<br />
in Assiria (v. 18) per cercare delle reclute,<br />
e pensate di dissetarvi con le acque del<br />
fiume Eufrate, ma cosa ci andate a fare?<br />
Cosa pensate di ottenere rivolgendovi a<br />
loro? Il loro aiuto sarà vano e per voi sarà<br />
come una canna rotta, e quello che consideravate<br />
un fiume, per voi sarà soltanto<br />
una cisterna rotta».<br />
2. Anche questo fu causato dal loro<br />
peccato. La punizione che si erano meritati<br />
peccando, sarebbe inevitabilmente ricaduta<br />
su di loro. A cosa serviva, quindi,<br />
chiedere aiuto per contrastarla? «La tua<br />
propria malvagità è quella che ti castiga<br />
(v. 19), perciò è impossibile che loro ti<br />
salvino. Sappi e vedi, quindi, che abban-
donare Dio è sempre una cosa malvagia, e<br />
che è proprio questo che rende i tuoi nemici<br />
veramente nemici, e rende vana l’amicizia<br />
dei tuoi amici». Si osservino:<br />
(a) La natura del peccato: abbandonare<br />
l’Eterno come nostro Dio; l’alienazione<br />
dell’anima da lui e l’avversione verso di<br />
lui. Rimanere fedeli al peccato significa<br />
lasciare Dio.<br />
(b) La causa del peccato: non avere timore<br />
dell’Eterno. Si pecca per mancanza<br />
di un buon principio in sé, in particolare<br />
per mancanza di timore di Dio. È questa,<br />
infatti, la radice della nostra apostasia; gli<br />
uomini non fanno il loro dovere verso Dio<br />
perché non lo paventano e non hanno<br />
paura della sua disapprovazione.<br />
(c) La malignità del peccato: è una<br />
cosa malvagia e amara. Il peccato è un<br />
male, è soltanto un male, e non comprende<br />
nulla di buono; è la radice e la<br />
causa di tutti gli altri mali. È un male veramente<br />
perché non è soltanto la massima<br />
opposizione alla natura divina, ma è<br />
anche la corruzione maggiore della natura<br />
umana. È una cosa amara: la condizione<br />
di peccato è come fiele amaro e alla fine<br />
ogni via peccaminosa conduce all’amarezza.<br />
Il salario del peccato è la morte<br />
(Ro 6:23), e la morte è amara.<br />
(d) Le conseguenze fatali del peccato:<br />
essendo malvagio e amaro, ha una spiccata<br />
tendenza a renderci infelici. La tua propria<br />
malvagità è quella che ti castiga, e le tue<br />
infedeltà sono la tua punizione (v. 19).<br />
«Non solo ti distruggeranno e ti rovineranno<br />
in futuro, ma ti correggeranno e ti<br />
rimprovereranno adesso. Sicuramente ti<br />
metteranno in difficoltà; la punizione, infatti,<br />
sarà una conseguenza del peccato talmente<br />
inevitabile, che si può dire che sarà<br />
il peccato stesso a punirti. Anzi, il tipo di<br />
castigo e le sue circostanze risponderanno<br />
cosí direttamente al peccato, che vi si potrà<br />
leggere il peccato stesso. La giustizia del<br />
castigo, inoltre, sarà cosí evidente che non<br />
avrai parole da pronunciare in tua difesa.<br />
La tua malvagità ti convincerà e ti metterà<br />
a tacere per sempre, e sarai costretto a riconoscere<br />
che l’Eterno è giusto».<br />
44<br />
(e) Il modo in cui mettere in pratica<br />
questo insegnamento: «Sappi dunque e<br />
vedi (v. 19), e pentiti del tuo peccato, affinché<br />
l’iniquità che ti castiga non diventi<br />
la tua rovina».<br />
2:20-28<br />
In questi versetti Geremia continua la<br />
propria accusa contro questo popolo apostata.<br />
Si osservino:<br />
I. Il peccato di cui li accusò: idolatria,<br />
la grande provocazione di cui erano notoriamente<br />
colpevoli.<br />
1. Frequentavano i luoghi in cui si adoravano<br />
gli idoli: Sopra ogni alto colle e<br />
sotto ogni albero verdeggiante (v. 20).<br />
«Negli alti luoghi e nei boschi, in tutti i<br />
posti in cui i pagani sono stati cosí schiocchi<br />
da venerare, ti sei buttata, prima da<br />
una parte e poi dall’altra, come un vagabondo<br />
o una persona che non è mai tranquilla,<br />
né soddisfatta, come una prostituta<br />
(v. 20)». L’adorazione di falsi dèi, che è<br />
prostituzione spirituale, era comunemente<br />
associata alla prostituzione carnale. Chi<br />
lascia Dio vaga all’infinito, e la concupiscenza<br />
errante è insaziabile.<br />
2. Si erano costruiti delle statue a cui<br />
rendevano onore (vv. 26, 27). Non solo la<br />
gente comune, ma persino i re e i capi,<br />
che avrebbero dovuto dissuadere il popolo<br />
dal commettere il male, e i sacerdoti<br />
e i profeti, che avrebbero dovuto insegnargli<br />
a fare il bene, furono cosí maledettamente<br />
stolti e sciocchi, e furono dominati<br />
da un’illusione cosí potente, da<br />
dire al legno: «Tu sei mio padre (vale a<br />
dire, “tu sei il mio dio, il mio creatore<br />
verso cui sono in debito e da cui dipendo”)»;<br />
e alla pietra, cioè a un idolo di<br />
pietra: «Tu ci hai dato la vita, perciò proteggimi,<br />
abbi cura di me ed educami (v.<br />
27)». Che affronto piú grande potevano<br />
fare gli uomini a Dio, che è nostro Padre<br />
e ci ha creati? Questo fu un diniego assoluto<br />
dei loro obblighi verso di lui. In che<br />
modo gli uomini potevano offendere di<br />
piú se stessi e la propria ragione, se non<br />
riconoscendo ciò che di per sé è assurdo e<br />
impossibile e ritenendo il legno e la pietra
loro genitori, senza considerarsi migliori<br />
del legno e delle pietre? Quando li scelsero<br />
come oggetti di adorazione per la<br />
prima volta, pensavano che sarebbero<br />
stati animati da qualche potere o spirito<br />
celestiali. Tuttavia, questo pensiero fu<br />
gradualmente abbandonato e gli idolatri,<br />
persino i capi e i sacerdoti, nella loro illusione<br />
divennero talmente vani da considerare<br />
loro padre l’idolo in sé e da adorarlo,<br />
anche se era fatto di legno e di pietra.<br />
3. Costruivano idoli inutili senza sosta:<br />
O Giuda, tu hai tanti dèi quante città (v.<br />
28)! Dopo aver abbandonato il Dio unico<br />
e onnipotente:<br />
(a) Non furono appagati da nessuno<br />
dei loro dèi, perciò desideravano sempre<br />
di nuovi. Il fatto che sotto quest’aspetto<br />
l’idolatria sia uguale alla cupidigia, che è<br />
idolatria spirituale (piú gli uomini hanno,<br />
infatti, piú desiderano avere), dimostra<br />
chiaramente che quando l’uomo fa di<br />
qualcosa un idolo, in seguito si accorge<br />
che è l’idolo insufficiente e insoddisfacente,<br />
e che non può render perfetti quelli<br />
che si accostano a lui.<br />
(b) Non riuscirono a credere tutti nello<br />
stesso dio. Avendo abbandonato il fulcro<br />
dell’unità, incorsero in infinite discordie.<br />
A una città piaceva un idolo e all’altra un<br />
altro, e ognuna era ansiosa di avere a portata<br />
di mano il proprio idolo da accudire.<br />
In questo modo cercarono invano in molti<br />
dèi ciò che si può trovare soltanto in un<br />
Dio.<br />
II. La prova del loro peccato. Non<br />
c’era bisogno di convocare alcun testimone,<br />
perché i famigerati episodi che ne<br />
davano prova erano noti.<br />
1. Cercarono di negarlo e furono pronti<br />
a dichiararsi innocenti. Finsero di voler<br />
abbandonare questa colpa; si lavarono col<br />
nitro e usarono molto sapone adducendo<br />
svariate scuse e attenuanti per il loro<br />
gesto (v. 22). Finsero di non averli adorati<br />
come dèi, ma come demoni e mediatori<br />
tra il Dio immortale e gli uomini mortali,<br />
o di non avergli conferito un onore divino,<br />
ma un rispetto civile. In questo<br />
modo cercarono di eludere le condanne<br />
45<br />
della Parola di Dio e di ripararsi dal terrore<br />
della sua ira. Alcuni di loro ebbero<br />
persino l’impudenza di negare la cosa, dicendo:<br />
Io non mi son contaminata, non<br />
sono andata dietro ai Baal (v. 23). Visto<br />
che lo avevano fatto in segreto, occultando<br />
la cosa accuratamente (cfr. Ez<br />
8:12), pensavano che nessuno avrebbe<br />
mai potuto provarlo, ed ebbero il coraggio<br />
di negarlo. In questo, e in altre cose, la<br />
loro condotta era uguale a quella della<br />
donna adultera che dice: Non ho fatto<br />
nulla di male (Pr 30:20)!<br />
2. Malgrado tutte le loro scuse, furono<br />
considerati colpevoli e condannati:<br />
«Come puoi tu negarlo e dire: Non sono<br />
andata dietro ai Baal? Come puoi negare<br />
la tua colpa e dire: Non mi sono contaminata<br />
(v. 23)? Il profeta, di fronte alla loro<br />
impudenza, si meravigliò: «Come potete<br />
avere la faccia tosta di negarlo, se è evidente?».<br />
(a) «L’onniscienza di Dio testimonia<br />
contro di voi: La tua iniquità lascia una<br />
macchia dinanzi a me, dice il Signore,<br />
l’Eterno (v. 22). È conservata e nascosta e<br />
sarà presentata contro di te nel giorno del<br />
giudizio, sigillata nei miei tesori (De<br />
32:34; Gb 21:19; Os 13:12); è profondamente<br />
impressa e visibile dinanzi a me<br />
(come ritengono alcuni). Anche se cerchi<br />
di cancellarla, come fanno gli assassini<br />
cercando di eliminare le tracce di sangue<br />
della persona uccisa dai loro abiti, non la<br />
eliminerai mai. Dio la vede, e certamente<br />
il suo giudizio si basa sulla verità».<br />
(b) «La tua stessa coscienza testimonia<br />
contro di te». Guarda i tuoi passi nella<br />
valle [non avevano adorato gli idoli soltanto<br />
sugli alti colli, ma anche nelle valli<br />
(Is 57:5, 6)], nella valle dirimpetto a Bet-<br />
Peor (secondo alcuni) in cui adoravano<br />
Baal-Peor (De 34:6; Nu 25:3), come se il<br />
profeta guardasse ai tempi dell’iniquità di<br />
Peor (Gs 22:17). Se si riferiva a una valle<br />
in particolare, però, sicuramente si trattava<br />
della valle del figliuolo di Innom (Gr<br />
7:31) perché era qui che sacrificavano i<br />
propri figli a Moloc e quindi era questo il<br />
luogo che testimoniava contro di loro piú
di tutti gli altri: «Guarda in quella valle, e<br />
non potrai non riconoscere quello che hai<br />
fatto (v. 23)».<br />
III. Le aggravanti del peccato di cui<br />
erano accusati, che lo resero ancora piú<br />
grave.<br />
1. Dio aveva fatto grandi cose per loro,<br />
ma loro si erano allontanati da lui e si<br />
erano ribellati contro di lui: Già da lungo<br />
tempo tu hai spezzato il tuo giogo e rotto<br />
i tuoi legami (v. 20). Questo si riferisce al<br />
momento in cui erano stati tratti<br />
dall’Egitto, dalla casa di servitú (Es<br />
13:3), di cui loro non si ricordavano (v.<br />
6), ma Dio sí. Quando gli aveva detto che<br />
non avrebbero dovuto avere altri dèi al<br />
suo cospetto, infatti, per giustificare l’ordine<br />
Dio aveva fatto questa premessa: Io<br />
sono l’Eterno, l’Iddio tuo, che ti ho tratto<br />
fuori dal paese d’Egitto (De 5:6). I loro<br />
legami, che l’Eterno aveva spezzato,<br />
avrebbero dovuto vincolarli a Dio per<br />
sempre, ma loro, per ingratitudine, avevano<br />
rotto i legami del proprio dovere<br />
verso il Dio che aveva spezzato i legami<br />
della loro schiavitú.<br />
2. Avevano promesso onestamente, ma<br />
non avevano mantenuto la promessa:<br />
«Diceste che non avreste mai trasgredito<br />
(v. 20). Nel momento in cui la misericordia<br />
della vostra liberazione era fresca, voi<br />
ne foste talmente colpiti da essere disposti<br />
a sottostare ai legami piú sacri per continuare<br />
a essere fedeli al vostro Dio senza<br />
mai tradirlo». A quel tempo avevano<br />
detto: No! No! Noi serviremo l’Eterno<br />
(Gs 24:21). Quante volte abbiamo detto<br />
che non avremmo peccato, che non<br />
avremmo piú offeso, ma poi ci siamo rivoltati<br />
come un arco fallace (Sl 78:57), ripetendo<br />
e moltiplicando le nostre trasgressioni?<br />
3. Rispetto a ciò che erano stati nel<br />
momento in cui Dio li aveva resi il proprio<br />
popolo la prima volta erano miseramente<br />
degenerati: Io t’avevo piantato<br />
come una nobile vigna (v. 21). La costituzione<br />
del loro governo, sia nella Chiesa<br />
che nello stato, era eccellente, le loro<br />
leggi erano giuste, e tutti i loro decreti<br />
46<br />
erano istruttivi e molto significativi.<br />
Inoltre, quella che si era stabilita per la<br />
prima volta nella terra di Canaan, era una<br />
generazione di uomini devoti. Israele<br />
serví all’Eterno e rimase fedele a lui durante<br />
tutta la vita di Giosuè e durante<br />
tutta la vita degli anziani che sopravvissero<br />
a Giosuè (Gs 24:31). A quel tempo<br />
erano veramente del miglior ceppo (v.<br />
21), adatti e ripopolare la vigna in cui<br />
erano stati trapiantati insieme alle viti migliori,<br />
ma le cose andarono diversamente.<br />
La generazione immediatamente successiva,<br />
infatti, non conosceva l’Eterno, né le<br />
opere ch’egli avea compiute (Gc 2:10), e<br />
cosí peggiorarono sempre di piú fino a diventare<br />
rampolli degenerati di una vigna<br />
straniera (v. 21). In quel momento erano<br />
l’opposto di ciò che erano stati all’inizio.<br />
La loro costituzione era stata violata e in<br />
loro non c’era nulla delle cose buone che<br />
ci si sarebbe potuti aspettare da un popolo<br />
formato cosí felicemente, non c’era nulla<br />
della purezza e della devozione dei loro<br />
avi. La loro vigna vien dalla vigna di<br />
Sodoma (De 32:32). Questo può essere<br />
opportunamente riferito alla natura dell’uomo,<br />
che fu creato dal suo grande autore<br />
come una nobile vigna tutta del miglior<br />
ceppo [(v. 21); Dio ha fatto l’uomo<br />
retto (Ec 7:29)], ma l’uomo è cosí totalmente<br />
corrotto che è diventato il rampollo<br />
degenere di una vigna straniera (v. 21)<br />
che produce veleno e assenzio (De 29:18).<br />
Per Dio, infatti, è disgustoso e offensivo.<br />
4. Erano impetuosi e desiderosi di dedicarsi<br />
all’idolatria, adoravano i loro idoli<br />
e ne volevano di nuovi. Inoltre, il loro impulso<br />
a perseverare in questo peccato era<br />
talmente forte che non si lasciavano persuadere<br />
ad abbandonarlo né dalla Parola<br />
di Dio, né dalla sua Provvidenza. Furono<br />
paragonati a una dromedaria leggera e<br />
vagabonda (v. 23), una femmina di questa<br />
specie in cerca del maschio, e a un’asina<br />
selvatica avvezza al deserto con lo stesso<br />
fine, non ammaestrata dal lavoro, e quindi<br />
molto dissoluta che, quando si avvicina<br />
all’asino, aspira l’aria nell’ardore della<br />
sua passione (v. 24) con una brama che
nessuno potrà impedirle di soddisfare.<br />
Chi potrà ostacolarla nell’ottenere ciò che<br />
desidera? Tutti quelli che la cercano non<br />
hanno da affaticarsi (v. 24) perché sanno<br />
che non ce n’è bisogno; basterà solo un<br />
po’ di pazienza finché non sarà incinta e<br />
finché non arriverà l’ultimo mese, in cui<br />
partorirà (Gb 39:2), sarà pesante e impacciata,<br />
e allora chi la cerca la troverà nel<br />
suo mese (v. 24) e non potrà sfuggirgli. Si<br />
noti che:<br />
(a) La concupiscenza bramosa è una<br />
cosa negativa, e chi non intende smettere<br />
di cercare di gratificarla, ma la asseconda<br />
con la ragione, con la coscienza e con l’onore<br />
deve essere considerato alla stregua<br />
di un animale selvaggio nato e rimasto<br />
come un puledro d’onagro (Gb 11:12).<br />
Non bisogna, quindi, considerarlo una<br />
creatura ragionevole.<br />
(b) L’idolatria inebria in modo insolito,<br />
e chi ne diventa dipendente non guarisce<br />
molto facilmente. È una passione<br />
molto piú ostinata di tutte le altre.<br />
(c) Ci sono persone cosí tanto determinate<br />
a perseverare nelle loro concupiscenze,<br />
che cercare di frenarle non serve a<br />
nulla; chi lo fa, infatti, non ottiene alcun<br />
risultato. Efraim s’è congiunto con gl’idoli;<br />
lascialo (Os 4:17)!<br />
(d) Verrà il giorno in cui le persone piú<br />
selvagge saranno ammaestrate e quelle<br />
piú dissolute saranno docili. Quando l’afflizione<br />
e l’angoscia li colpiranno, allora<br />
le loro orecchie daranno ascolto alla disciplina<br />
e questo sarà il momento in cui si<br />
potranno recuperare (Sl 141:5, 6).<br />
5. Erano ostinati nel loro peccato e<br />
come non si lasciavano frenare, cosí non<br />
si riformavano (v. 25). Qui abbiamo:<br />
(a) Il chiaro avvertimento della rovina<br />
in cui alla fine sarebbero caduti se avessero<br />
perseverato in queste pratiche malvagie,<br />
e il conseguente suggerimento a non<br />
persistere su questa strada ma a cambiarla.<br />
Dio li avrebbe certamente condotti<br />
a una miserabile condizione di cattività,<br />
lasciandoli scalzi e costringendoli a camminare<br />
scalzi, e inducendo i loro oppressori<br />
a non concedergli acqua, facendo<br />
47<br />
cosí inaridire le loro gole. Questa sarebbe<br />
stata la loro fine. Chi adora dèi stranieri e<br />
chi adora come gli stranieri sarà giustamente<br />
fatto prigioniero di re stranieri in<br />
terra straniera. «Cerca di rimediare in<br />
tempo, quindi. Correndo dietro ai tuoi<br />
idoli il tuo piede rimarrà scalzo, e anelando<br />
a loro farai inaridire la tua gola.<br />
Smettila, quindi, di perseguire questi<br />
scopi impetuosi e di avere questi desideri<br />
impetuosi». Teoricamente, considerare il<br />
male a cui alla fine ci conduce il peccato,<br />
dovrebbe indurci a non perseverare nel<br />
peccato.<br />
(b) Il loro rifiuto di questo chiaro avvertimento.<br />
A quelli che volevano persuaderli<br />
a ravvedersi e a riformarsi, Israele<br />
disse: «Non c’è rimedio; no (v. 25). Non<br />
credete di influenzarmi, o di convincermi<br />
a rinnegare i miei idoli, io amo gli stranieri,<br />
e andrò dietro a loro (v. 25). Sono<br />
determinato a farlo, perciò non disturbatevi,<br />
e non disturbatemi piú con i vostri<br />
ammonimenti, perché sono inutili. Non<br />
c’è rimedio, non abbandonerò mai la mia<br />
cattiva abitudine e la mia inclinazione, è<br />
inutile cercare di dominarle, tanto vale lasciarsene<br />
governare». Si noti che la condizione<br />
di chi è arrivato al punto di permettere<br />
che la corruzione trionfi sulle sue<br />
convinzioni è veramente disperata. Sa di<br />
doversi riformare, ma dice di non poterlo<br />
fare, perciò decide di non farlo. Tuttavia,<br />
cosí come non bisogna mai smettere di<br />
sperare nella misericordia di Dio, ma occorre<br />
credere che sia sufficiente a perdonare<br />
i nostri peccati, anche se sono atroci;<br />
allo stesso modo, se ci si ravvede e si implora<br />
la sua misericordia, non si deve<br />
smettere di sperare nella grazia di Dio, ma<br />
occorre credere che, se si prega e la si<br />
sfrutta, sia in grado di soggiogare le nostre<br />
corruzioni, anche le piú gravi. Un<br />
uomo, finché si trova in questo mondo,<br />
non deve mai dire che non c’è rimedio (v.<br />
25) .<br />
6. Con il loro peccato, confidando in<br />
ciò che nel momento del bisogno sicuramente<br />
li avrebbe traditi, e abbandonando<br />
colui che li avrebbe aiutati, si erano resi
vergognosi. Come il ladro è confuso<br />
quando, malgrado l’abilità e i trucchi per<br />
non essere scoperto, è colto sul fatto e punito,<br />
cosí son confusi quelli della casa<br />
d’Israele (vv. 26-28). Non con vergogna<br />
penitente per il peccato di cui sono colpevoli,<br />
ma con vergogna per la delusione<br />
che puniva il loro peccato. Si sarebbero<br />
vergognati rendendosi conto che:<br />
(a) Erano costretti a invocare il Dio<br />
che avevano disprezzato. Nella loro prosperità<br />
avevano voltato le spalle a Dio, e<br />
non la faccia (v. 27); lo avevano disprezzato<br />
comportandosi come se lo avessero<br />
dimenticato, o avevano fatto il possibile<br />
per dimenticarlo senza guardare a lui, ma<br />
guardando altrove. Si erano allontanati da<br />
lui il piú velocemente e il piú lontano possibile,<br />
ma nel momento del bisogno,<br />
senza rivolgersi a Dio, non avevano trovato<br />
alcun sostegno. Allora, infatti, dissero:<br />
Lévati e salvaci (v. 27)! I loro padri<br />
avevano subito questa vergogna piú di<br />
una volta (Gc 3:9; 4:3; 10:10) ma non volevano<br />
lasciarsi persuadere a essere fedeli<br />
a Dio per rivolgersi a lui con maggior fiducia<br />
nel momento del bisogno.<br />
(b) Gli dèi che avevano corteggiato<br />
non potevano confortarli. Si sarebbero<br />
vergognati capendo che gli dèi che avevano<br />
creato non potevano aiutarli, e che il<br />
Dio che aveva creato loro non li avrebbe<br />
aiutati. Affinché si vergognassero e si ravvedessero,<br />
furono rimandati agli dèi che<br />
avevano scelto (Gc 10:14). Invocarono<br />
Dio dicendo: Lévati e salvaci (v. 27)! A<br />
proposito degli idoli Dio disse: «Si lévino,<br />
se ti possono salvare (v. 28). Non potete<br />
aspettarvi che, se possono, io li lasci lévarsi<br />
dai luoghi in cui sono sistemati.<br />
Metteteli pure alla prova per vedere se<br />
sono in grado di salvarvi, ma rimarrete delusi<br />
e vedrete che non possono aiutarvi<br />
perché, sebbene abbiate un dio per ogni<br />
città, le vostre città sono arse, e non vi son<br />
piú abitanti (v. 15)». Allo stesso modo, la<br />
follia dei peccatori è quella di compiacersi<br />
in ciò che sicuramente diverrà il proprio<br />
dolore e di essere fieri di ciò che certamente<br />
sarà causa di vergogna.<br />
48<br />
2:29-37<br />
Qui il profeta procede nel medesimo<br />
tentativo di condurre al ravvedimento un<br />
popolo di peccatori per evitare la loro distruzione.<br />
I. Confermò la veridicità dell’accusa.<br />
Era una cosa evidente e impossibile da<br />
contraddire. Pensare di negarla, era l’assurdità<br />
piú grande possibile e immaginabile:<br />
«Perché contendereste meco, perché<br />
mi mettereste alla prova, e perché cerchereste<br />
di trovare delle scusanti o di ottenere<br />
un’attenuazione della pena? La vostra richiesta<br />
sarà sicuramente respinta, e sarete<br />
puniti. Sapete di essere stati tutti infedeli<br />
(v. 29), e allora perché discutete con me<br />
perché contendo con voi?».<br />
II. Considerando la loro incorreggibilità<br />
e ingratitudine aggravò l’accusa.<br />
1. Non si erano lasciati persuadere<br />
dalle punizioni divine da cui erano stati<br />
colpiti: Invano ho colpito i vostri figliuoli<br />
(v. 30), cioè i figli o il popolo di Giuda.<br />
Dio, cercando di indurli a ravvedersi, li<br />
aveva rimproverati in molti modi, ma invano.<br />
Le punizioni divine, infatti, non<br />
avevano ottenuto gli effetti sperati, perché<br />
le coscienze del popolo di Giuda non si risvegliarono<br />
e i loro cuori non si intenerirono<br />
e non si umiliarono, né furono indotti<br />
a cercare Dio. Non ne hanno ricevuto<br />
correzione (v. 30) e non sono migliorati.<br />
Inoltre, non sfruttare un’afflizione in<br />
questo modo è una grande perdita. Non ne<br />
hanno ricevuto, cioè non si sono sottomessi<br />
e non si sono conformati alla correzione<br />
(v. 30), anzi i loro cuori si sono ostinati<br />
contro Dio, perciò sono stati colpiti<br />
invano. Persino i figli, i giovani (si potrebbe<br />
interpretare cosí) sono stati colpiti<br />
invano. Si sono opposti al ravvedimento<br />
cosí in fretta da diventare intrattabili<br />
come gli anziani che da tempo erano abituati<br />
a fare il male (Gr 13:23).<br />
2. Non si erano lasciati persuadere<br />
dalla Parola che Dio gli aveva mandato<br />
per bocca dei profeti suoi servitori. Al<br />
contrario, avevano ucciso i messaggeri a<br />
causa del loro messaggio: La vostra<br />
spada ha divorato i profeti, come un
leone distruttore (v. 30). «A causa della<br />
loro fedeltà li avete uccisi con la stessa<br />
rabbia, con la stessa furia, con la medesima<br />
avidità e con lo stesso piacere con<br />
cui il leone divora la sua preda». I profeti,<br />
che erano la loro benedizione piú grande,<br />
al contrario furono trattati come se fossero<br />
la piaga maggiore della loro generazione,<br />
e questo fu il loro peccato piú<br />
grave (2 Cr 36:16): Hanno ucciso i profeti<br />
(1 Te 2:15).<br />
3. Non si erano lasciati persuadere dai<br />
favori che Dio gli aveva concesso: «O generazione<br />
[anche se avrebbe potuto, Dio<br />
non li chiamò generazione incredula e<br />
perversa (Mt 17:17; Lu 9:41), né razza di<br />
vipere (Mt 3:7), ma parlò con gentilezza<br />
chiamandoli “uomini di questa generazione”],<br />
considera la parola dell’Eterno<br />
(v. 31), non ascoltarla soltanto, ma considerala<br />
con diligenza e applicatici con dedizione».<br />
Cosí come ci viene ordinato di<br />
ascoltare la verga (Mi 6:9) perché ha una<br />
voce, allo stesso modo ci viene comandato<br />
di considerare la Parola (v. 31) poiché<br />
ha delle manifestazioni e delle riproduzioni.<br />
Questo indica che le cose dette in<br />
quell’occasione erano ovvie e innegabili e<br />
che era chiaro che fossero evidenti. La<br />
Parola è scritta come un raggio di sole affinché<br />
chi corre possa leggere: Sono io<br />
stato un deserto per Israele? O un paese<br />
di fitte tenebre (v. 31)? È importante notare<br />
che nessuno che abbia avuto a che<br />
fare con Dio, ha mai avuto motivo di lamentarsi<br />
che fosse un deserto o un paese<br />
di fitte tenebre. Dio ci ha benedetti con i<br />
frutti della terra, perciò non possiamo dire<br />
che per noi è stato un deserto. Inoltre, non<br />
ha mai smesso di concederceli, quindi<br />
non possiamo dire che per noi è stato un<br />
paese di fitte tenebre. Dio ha fatto risplendere<br />
il suo sole e ha fatto cadere la<br />
sua pioggia, sia sui malvagi che sugli ingrati.<br />
Il significato, in generale, è anche<br />
che il servizio di Dio non è mai stato spiacevole<br />
o improduttivo per nessuno. A<br />
volte Dio ha condotto il proprio popolo<br />
nel deserto o in un paese di fitte tenebre,<br />
ma in quei momenti lui stesso era tutto<br />
49<br />
ciò di cui avevano bisogno: li sfamò con<br />
la manna, e li condusse mediante una colonna<br />
di fuoco, affinché il deserto per loro<br />
fosse come un campo fruttifero e una<br />
terra di luce. Per chi lo considera la propria<br />
casa e la propria parte, il mondo è un<br />
deserto e una terra di fitte tenebre, di vanità<br />
e di corsa dietro al vento. Per quelli<br />
che dimorano in Dio, però, la sorte è caduta<br />
in luoghi dilettevoli (Sl 16:6).<br />
4. Invece di lasciarsi persuadere da<br />
queste cose, erano diventati intollerabilmente<br />
insolenti e prepotenti. Dicevano:<br />
Noi siamo liberi, non vogliamo tornar piú<br />
a te (v. 31). Ora che erano diventati un<br />
regno potente, o che credevano di esserlo,<br />
si basavano sulle proprie forze e avevano<br />
smesso di dipendere da Dio. Questo è il<br />
linguaggio dei peccatori presuntuosi, e<br />
non solo è molto empio e profano, ma<br />
anche molto irragionevole e sciocco. È<br />
assurdo che:<br />
(a) Noi che siamo sudditi diciamo: Noi<br />
siamo liberi (cioè padroni) e non vogliamo<br />
tornar piú a Dio per ubbidire ai<br />
suoi ordini. Essendo il Re ab antico (Sl<br />
74:12), infatti, è anche il Re eterno e noi<br />
non potremo mai pretendere di non sottostare<br />
alla sua autorità.<br />
(b) Noi che siamo mendicanti diciamo:<br />
Noi siamo liberi, cioè siamo ricchi e non<br />
vogliamo tornar piú a Dio per ricevere i<br />
suoi favori, come se potessimo vivere<br />
senza di lui, senza aver bisogno di essergli<br />
grati. Dio se la prende giustamente a<br />
male quando quelli con cui è stato un benefattore<br />
generoso non si preoccupano né<br />
di ascoltarlo, né di parlare con lui.<br />
III. Geremia dichiarò che la loro empietà<br />
era interamente dovuta all’aver dimenticato<br />
Dio: Il mio popolo ha dimenticato<br />
me (v. 32). Avevano industriosamente<br />
bandito dalle loro menti ogni pensiero<br />
relativo a Dio, avevano sostituito i<br />
pensieri su Dio con pensieri sui loro idoli<br />
e avevano evitato tutte le cose che gli<br />
avrebbero fatto ricordare Dio.<br />
1. Nonostante fossero il suo popolo e<br />
malgrado avessero stipulato un patto con<br />
lui e professassero comunione con lui, e
anche se tra loro c’erano segni della presenza<br />
di Dio e del suo favore nei loro confronti,<br />
lo dimenticarono ugualmente.<br />
2. Lo avevano trascurato a lungo, da<br />
giorni innumerevoli (v. 32), da moltissimo<br />
tempo. Non avevano avuto dei seri<br />
pensieri su Dio per molto tempo, perciò<br />
sembrava che lo avessero dimenticato e<br />
che avessero deciso di non pensarci piú.<br />
Quanti giorni della nostra vita sono passati<br />
senza che ci ricordassimo di Dio nel<br />
modo dovuto! Chi può contare quei giorni<br />
vuoti?<br />
3. Non avevano avuto la considerazione<br />
e l’affetto verso Dio che di solito le<br />
giovani donne mostrano per i loro bei vestiti:<br />
«La fanciulla può essa dimenticare i<br />
suoi ornamenti, o la sposa la sua cintura<br />
(v. 32)? No, perché il loro cuore tiene a<br />
queste cose; le apprezzano talmente tanto<br />
e le ritengono cosí importanti, da pensare<br />
e parlare sempre di questo. Quando devono<br />
apparire in pubblico non si dimenticano<br />
i loro ornamenti, ma li indossano<br />
tutti (cfr. Is 3:18 ss.). Tuttavia, il mio popolo<br />
ha dimenticato me (v. 32)». È triste<br />
che ci siano delle persone che amano di<br />
piú i loro bei vestiti di Dio, e che preferiscano<br />
accantonare la religione, o allontanarsene,<br />
piuttosto che lasciare i loro ornamenti<br />
o separarsene. Non è Dio il nostro<br />
ornamento? Per il suo popolo, non è forse<br />
una splendida corona e un diadema d’onore<br />
(Is 28:5)? Se noi lo considerassimo<br />
cosí e se considerassimo la nostra religione<br />
come una corona di grazia sul nostro<br />
capo e come dei monili al collo (Pr<br />
1:9), ce ne preoccuperemmo come fanno<br />
tutte le donne con i loro ornamenti, o<br />
come fa una sposa col proprio abito, staremmo<br />
attenti a preservarli e ameremmo<br />
indossarli.<br />
IV. Geremia gli dimostrò la cattiva influenza<br />
che i loro peccati avevano sugli<br />
altri. I peccati delle persone che professano<br />
Dio induriscono e incoraggiano<br />
quelli che li circondano a fare il male,<br />
specialmente quando si dimostrano smaniosi<br />
e pronti a peccare: Come sei brava a<br />
trovar la via per correr dietro ai tuoi<br />
50<br />
amori (v. 33)! Qui si allude alle abitudini<br />
delle donne immonde che cercano di far<br />
bella figura con il loro aspetto seducente<br />
e i loro abiti vistosi, come Izebel che si<br />
diede il belletto agli occhi e si acconciò il<br />
capo (2 R 9:39). Cosí facendo, avevano<br />
indotto i loro vicini a unirsi a loro in complotti<br />
peccaminosi e in comunione con le<br />
loro idolatrie. Inoltre, avevano insegnato<br />
alle male femmine i loro modi (v. 33),<br />
cioè a combinare le istituzioni di Dio con<br />
i loro usi e costumi idolatri, e questa era<br />
una grave profanazione delle cose sacre e<br />
rendeva le loro pratiche idolatre peggiori<br />
di quelle degli altri. Quelli che, a causa<br />
della loro partecipazione alle opere infruttuose<br />
delle tenebre, rendono gli altri ancora<br />
piú malvagi di quanto siano, dovranno<br />
rispondere di molte cose.<br />
V. Oltre all’accusa di idolatria, furono<br />
accusati di omicidio: Fino nei lembi della<br />
tua veste si trova il sangue di poveri innocenti<br />
(v. 34) che gridavano al cielo e<br />
per cui in quel momento Dio stava domandando<br />
spiegazioni. Ci si riferisce ai<br />
figli offerti in sacrificio a Moloc, oppure<br />
queste parole possono essere interpretate<br />
in modo piú generico in riferimento a<br />
tutto il sangue innocente versato da<br />
Manasse, con cui aveva riempito<br />
Gerusalemme (2 R 21:16); il sangue giusto<br />
(Mt 23:35), specialmente quello dei<br />
profeti e delle altre persone che testimoniavano<br />
contro la loro empietà. Questo<br />
sangue non fu colto in flagrante delitto di<br />
scasso (v. 34), ma era alla luce del sole.<br />
Questo indica che la colpa di cui si erano<br />
macchiati era certa ed evidente, e non poteva<br />
essere in dubbio, né causare dispute.<br />
Inoltre, era dichiarata e chiara, e il fatto<br />
che fossero cosí sensibili da vergognarsene<br />
o da temere cercando di nasconderla,<br />
aggravava ulteriormente la loro colpa.<br />
VI. Geremia respinse la loro dichiarazione<br />
di innocenza. «Sebbene la questione<br />
sia chiara, voi dite: Io sono innocente;<br />
certo, l’ira sua s’è stornata da me;<br />
inoltre dite: Non ho peccato (v. 35). Di<br />
conseguenza, io contenderò con voi e vi<br />
convincerò del vostro errore». Siccome
negavano l’accusa e cercavano di giustificarsi,<br />
Dio avrebbe discusso e conteso con<br />
loro mediante la sua Parola e la sua verga.<br />
Di solito si spiega che si stanno ingannando<br />
a quelli che:<br />
1. Dicono di non aver offeso Dio e di<br />
aver agito con innocenza, malgrado siano<br />
colpevoli delle mostruosità piú grossolane.<br />
2. Si aspettano che Dio si riconcili con<br />
loro anche se non si sono né ravveduti, né<br />
riformati. Riconoscono di aver ricevuto i<br />
segni dell’ira di Dio, ma ritengono che<br />
siano immotivati. Pensano, inoltre, che dichiararsi<br />
innocenti basti a dimostrare di<br />
esserlo e concludono che Dio fermerà immediatamente<br />
le proprie azioni allontanando<br />
da loro la propria ira. Questa è una<br />
grande provocazione, per cui Dio contenderà<br />
con loro e li convincerà che la propria<br />
ira è giusta perché hanno peccato, e che<br />
finché loro, invece di giustificarsi in questo<br />
modo, non si umilieranno, non si giudicheranno<br />
e non condanneranno se stessi,<br />
non porrà mai fine alla sua controversia.<br />
VII. Li rimproverò per le vergognose<br />
delusioni in cui erano incorsi riponendo la<br />
loro fiducia nelle creature e inimicandosi<br />
Dio (vv. 36, 37). Spesso si erano resi colpevoli<br />
di idolatria spirituale perché confidavano<br />
in un braccio di carne (2 Cr 32:8)<br />
e cosí facendo i loro cuori si erano allontanati<br />
dall’Eterno. Qui Geremia gli dimostrò<br />
la follia del loro comportamento.<br />
1. Nella scelta delle loro sicurezze<br />
erano incessanti e insoddisfatti: «Perché<br />
hai tanta premura di mutare il tuo cammino<br />
(v. 36)? Sicuramente perché non<br />
trovi ciò che ti eri ripromesso di trovare in<br />
quelli in cui confidavi». Chi spera in Dio<br />
e cammina in continua dipendenza da lui<br />
non ha bisogno di avere fretta di mutare il<br />
suo cammino. Per avere quiete, infatti, la<br />
sua anima può tornare a lui e riposare in<br />
lui. Chi confida nelle creature, però, sarà<br />
ansioso in eterno, come la colomba di<br />
Noè che non riusciva a posarsi a terra.<br />
Tutto ciò in cui confida, infatti, lo delude<br />
e a quel punto pensa di cambiare in meglio,<br />
ma rimarrà sempre deluso. Prima<br />
Israele aveva confidato nell’Assiria e,<br />
51<br />
quando si era dimostrata una canna rotta,<br />
aveva cominciato a dipendere dall’Egitto,<br />
ma le cose non erano migliorate. Visto<br />
che le creature sono vanità, per tutti quelli<br />
che si affidano a loro sarà come correre<br />
dietro al vento, e chi ha fretta di trovare<br />
riposo, non ne troverà mai alcuno.<br />
2. Rimasero piuttosto delusi dalle sicurezze<br />
che avevano scelto. Il profeta,<br />
quindi, gli disse: «Dall’Egitto, in cui ora<br />
confidi, riceverai confusione come già<br />
l’hai ricevuta dall’Assiria (v. 37), che ti<br />
ridusse alle strette e non ti sostenne affatto<br />
(2 Cr 28:20)». Gli Ebrei, nella loro<br />
professione religiosa, erano un popolo<br />
particolare, e per questo motivo nessuna<br />
delle nazioni vicine si curava di loro, né<br />
poteva amarli sinceramente. Gli Ebrei,<br />
però, continuavano a cercare il loro favore<br />
e a confidare in loro, perciò se venivano<br />
ingannati se lo meritavano. Si osservino<br />
le conseguenze: «Anche di là uscirai,<br />
i tuoi ambasciatori e i tuoi inviati torneranno<br />
dall’Egitto re infecta – delusi,<br />
con le mani sul capo (v. 37), piangendo<br />
per la condizione disperata del proprio<br />
popolo. Oppure, anche di là, cioè in cattività<br />
in una terra straniera, uscirai con le<br />
mani sul capo (v. 37) perché ti farà male<br />
(ubi dolor ibi digitus – il dito si posa sulla<br />
piaga), o perché ti vergognerai». Tamar,<br />
infatti, al culmine della confusione, si<br />
mise la mano sul capo (2 S 13:19).<br />
«Inoltre, l’Egitto, a cui vi affidate, non<br />
sarà in grado di evitarlo, né di liberarvi<br />
dalla cattività». Chi non intende mettersi<br />
una mano sul cuore con pio dolore, che<br />
genera vita, sarà costretto a mettersi una<br />
mano sul capo con dolore mondano, che<br />
procura morte. Inoltre, visto che Dio non<br />
voleva aiutarli, non c’era da stupirsi se<br />
l’Egitto non poteva aiutarli. «Se Dio non<br />
ti aiuta, perché dovrei farlo io? Gli<br />
Egiziani sono canne rotte, perché<br />
l’Eterno rigetta quelli ne’ quali tu confidi<br />
(v. 37). Non li adopererà per sollevarti e<br />
non li onorerà a tal punto, né incoraggerà<br />
la tua fiducia in loro fino al punto di sceglierli<br />
come strumenti per farti del bene,<br />
perciò non riuscirai nel tuo intento per
loro mezzo (v. 37). Non vi saranno di<br />
alcun aiuto, né vi soddisferanno in nessun<br />
modo». Cosí come non esistono né consigli,<br />
né sapienza in grado di prevalere<br />
sull’Eterno, allo stesso modo nessuno può<br />
prevalere senza di lui. Alcuni interpretano<br />
il versetto nel seguente modo: «L’Eterno<br />
ti ha rigettato a causa di quelli in cui confidi.<br />
Siccome ti sei comportato cosí male<br />
52<br />
con lui da affidarti alle sue creature, anzi<br />
ai suoi nemici, quando invece avresti dovuto<br />
confidare soltanto in lui, Dio ti ha<br />
abbandonato alla distruzione a cui pensavi<br />
di scampare. Di conseguenza, non riuscirai<br />
nel tuo intento (v. 37) perché nessuno<br />
di quelli che si sono induriti contro<br />
Dio o che si sono estraniati da lui è ha mai<br />
avuto successo».
Introduzione<br />
53<br />
<strong>LIBRO</strong> <strong>DEL</strong>LE LAMENTAZIONI<br />
Salomone scrisse che la tristezza val meglio del riso, e che è meglio andare in una<br />
casa di duolo che in una casa di convito. Questo è certamente vero, quindi dovremmo<br />
accingerci alla lettura e alla meditazione dei capitoli malinconici di questo libro non<br />
solo di buon grado ma anche aspettandoci di esserne edificati. Per farlo è necessario<br />
assumere un atteggiamento composto, con una santa tristezza, ed essere disposti a<br />
piangere insieme al profeta piangente. Consideriamo:<br />
I. Il titolo del libro. In ebraico ha un titolo rappresentato, come accade per i libri di<br />
Mosè, dalla prima parola del testo: Ecah-How. Tuttavia, i commentatori israeliti lo<br />
chiamano come i greci: Kinoth – Lamentazioni; noi usiamo questo stesso titolo. Come<br />
abbiamo sacre odi, o canti di gioia, abbiamo anche elegie sacre, o canti di lamentazione.<br />
La Sapienza Infinita si serve di una varietà di metodi per agire su di noi e toccare<br />
le nostre emozioni, per ammorbidire il nostro cuore e renderlo capace di ricevere<br />
l’impronta delle verità divine, come fa la cera con il sigillo. Non solo vi abbiam sonato<br />
il flauto, ma abbiam cantato anche de’ lamenti (Mt 11:17).<br />
II. L’autore del libro. È il profeta Geremia, qui il poeta Geremia. La parola vate indica<br />
entrambi i ruoli, quindi questo libro è appropriatamente collocato accanto al libro<br />
della sua profezia e ne costituisce un’appendice. Nello scritto delle sue profezie sono<br />
descritte per esteso le predizioni della devastazione sofferta da Giuda e da<br />
Gerusalemme, e la sua storia, che dimostra la puntualità con cui si realizzarono le predizioni,<br />
per confermare la nostra fede. In questo libro leggiamo il dolore di Geremia<br />
per quella devastazione, con cui ci mostra la sincerità delle sue frequenti proteste. Il<br />
profeta non desiderava vedere quel giorno malvagio ma, al contrario, tale prospettiva<br />
lo riempiva di amarezza. Quando vide quelle calamità da lontano desiderò che la sua<br />
testa fosse mutata in acqua e i suoi occhi fossero una fonte di lacrime. Quando la calamità<br />
arrivò, Geremia dimostrò l’autenticità del suo desiderio e di essere ben lontano<br />
dal disaffezionarsi al suo paese, crimine di cui era accusato dai suoi nemici. Il suo<br />
paese gli aveva riservato un trattamento molto aspro, accusandolo di essere un falso<br />
profeta. Nonostante il disastro incombente fosse a un tempo una prova del suo essere<br />
realmente un profeta, e una punizione per la persecuzione inflittagli dai suoi connazionali,<br />
cosa che avrebbe potuto farlo gioire per il disastro incombente, pure si lamentò<br />
con tristezza della rovina del paese. In questo mostrò un atteggiamento migliore di<br />
quello di Giona nei confronti di Ninive.<br />
III. L’occasione di queste Lamentazioni fu la distruzione di Giuda e Gerusalemme<br />
da parte dell’esercito caldeo, e il conseguente scioglimento dello stato Ebraico, sia<br />
quello civile che quello religioso. Alcuni dei rabbini ritengono che questo libro riguardi<br />
le lamentazioni scritte da Geremia in occasione della morte di Giosia, menzionate in 2<br />
Cronache 35:25. Tuttavia, per quanto sia vero che quell’avvenimento aprí le porte a<br />
tutte le calamità successive, queste Lamentazioni sembrano essere state scritte alla<br />
vista, e non in previsione, della devastazione; non quando era ancora lontana ma dopo<br />
che ebbe luogo. Inoltre, non contengono elogi né riferimenti a Giosia, come ci si aspetterebbe<br />
in un libro di lamentazioni per la sua morte. In realtà, si tratta di un’elegia è<br />
per il funerale di Gerusalemme. Altri rabbini pensano che queste Lamentazioni fossero<br />
contenute nel rotolo scritto da Baruc sotto dettatura di Geremia, bruciato da Ioiachim,<br />
e suggeriscono che inizialmente contenesse soltanto i capitoli 1, 2 e 4, e i capitoli 3 e<br />
5 costituissero le molte altre parole simili aggiunte in seguito, ma questa è un’ipotesi
CAPITOLO 1<br />
In questo capitolo abbiamo il primo alfabeto<br />
di questa lamentazione, ventidue stanze in cui le<br />
miserie di Gerusalemme sono lamentate con<br />
amarezza e la sua deplorevole condizione è aggravata<br />
dal confronto con il suo precedente stato<br />
di prosperità. In tutto il capitolo il peccato è riconosciuto<br />
come la causa che ha provocato tutte<br />
le miserie descritte e il profeta si lamenta proprio<br />
del peccato. Fa appello a Dio per ottenere giustizia<br />
contro i nemici di Giuda e si rivolge a lui affinché<br />
abbia compassione del popolo. Il capitolo<br />
costituisce un tutto unico e le diverse rimostranze<br />
si intrecciano. È tuttavia possibile distinguere:<br />
I. Una lamentazione rivolta a Dio per la calamità<br />
del popolo e il desiderio di ricevere la sua<br />
compassione (vv. 1:1-11).<br />
II. La stessa lamentazione rivolta agli amici,<br />
col desiderio di ricevere la loro compassione (vv.<br />
1:12-17).<br />
III. Un appello rivolto a Dio e alla sua giustizia<br />
a proposito della calamità, in cui Dio è riconosciuto<br />
giusto nell’afflizione del popolo e in cui gli<br />
si chiede umilmente di dimostrarsi giusto con la<br />
sua liberazione (vv. 1:18-22).<br />
54<br />
infondata. È scritto espressamente, infatti, che quel rotolo era una ripetizione e un riassunto<br />
dei sermoni del profeta (Gr 36:2).<br />
IV. La sua composizione. Non è soltanto poetica ma anche alfabetica. I versi di tutti<br />
i capitoli, a eccezione del quinto, iniziano con una lettera seguendo l’ordine dell’alfabeto<br />
ebraico, come alcuni dei Salmi di Davide. La prima è aleph, la seconda beth, ecc.<br />
Il terzo capitolo, però, è per cosí dire un alfabeto triplo, poiché i primi tre versi iniziano<br />
con aleph, i successivi tre con beth e cosí via. Questo stile era di aiuto alla memoria<br />
(poiché questi detti lamentevoli furono scritti per essere imparati a memoria) ed era<br />
elegante. Si tratta di uno stile molto apprezzato all’epoca e quindi oggi non dovrebbe<br />
essere disprezzato. È stato osservato che nei capitoli 2, 3 e 4 la lettera pe precede ain,<br />
che in tutti gli alfabeti ebraici viene dopo. Per spiegate la cosa il dott. Lightfoot propone<br />
la seguente ipotesi: la lettera ajin, la lettera che rappresentava il numero settanta,<br />
messa fuori posto attirava l’attenzione e ricordava i settanta anni al cui termine Dio<br />
avrebbe liberato il suo popolo dalla prigionia.<br />
V. L’utilità del libro. Questo libro fu senza dubbio molto utile agli Israeliti devoti<br />
durante le loro sofferenze, e offriva loro un linguaggio spirituale con cui esprimere il<br />
loro dolore naturale, aiutando a mantenere vivo il ricordo di Sion tra di loro e a farla<br />
conoscere ai loro figli che, mentre si trovavano a Babilonia, non la avevano mai vista.<br />
Era utile per dirigere le lacrime degli Israeliti nel canale appropriato (in questo libro è<br />
insegnato a lamentarsi per il peccato e a farlo rivolgendosi a Dio), e quindi per incoraggiare<br />
la speranza che Dio sarebbe tornato e avrebbe avuto pietà di loro. È utile<br />
anche per noi, affinché possiamo essere toccati da un santo dolore per le calamità del<br />
popolo di Dio, come si conviene a chi ne è un membro vivente ed è deciso a dividere<br />
la propria sorte con l’Israele spirituale.<br />
1:1-11<br />
Le lamentazioni di questo capitolo<br />
sono talmente ricche di emozione che chi<br />
è disponibile a piangere con coloro che<br />
piangono, in teoria, leggendo questi versetti,<br />
non dovrebbe essere in grado di trattenere<br />
le lacrime. In questo capitolo:<br />
I. Si lamentano le miserie di<br />
Gerusalemme, che sono molto pesanti e<br />
aggravate da numerose circostanze.<br />
Osserviamo queste miserie riguardanti:<br />
1. La condizione della vita civile.<br />
(a) Una città popolosa adesso è vuota<br />
(La 1:1). Si parla di questo con meraviglia:<br />
chi avrebbe mai pensato che si sarebbe<br />
arrivati a questo?! Oppure, con una<br />
domanda: cosa ha portato a questo? O con<br />
una lamentazione (cfr. Ap 18:10, 16, 19):<br />
Ahi! Ahi! Come mai siede solitaria la<br />
città già cosí popolata? Era piena del suo<br />
popolo, e colma di gente di altre nazioni<br />
che vi affluivano, con cui aveva rapporti<br />
commerciali utili e relazioni piacevoli.
Adesso, però, il suo popolo è stato deportato<br />
e gli stranieri non la corteggiano piú.<br />
Siede solitaria. I luoghi principali della<br />
città non sono piú crocicchi affollati, in<br />
cui la sapienza grida (Pr 1:20, 21).<br />
Giustamente, non sono piú frequentati,<br />
poiché quivi non hanno ascoltato la sapienza.<br />
Si noti che Dio può abbattere in<br />
un istante anche chi ha prosperato grandemente.<br />
Come mai è diventata simile a<br />
una vedova? Il suo re, che per lei era o<br />
avrebbe dovuto essere come un marito, è<br />
stato abbattuto, il suo Dio la ha lasciata e<br />
le ha consegnato l’atto di divorzio. È privata<br />
dei suoi figli, solitaria e dolente<br />
come una vedova. Nessuna famiglia, nessuno<br />
stato, neppure Gerusalemme o la<br />
stessa Babilonia devono sentirsi sicure e<br />
dire: Siedo come una regina e non rimarrò<br />
mai vedova (Ap 18:7, Is 47:8).<br />
(b) Una città che dominava si trova ora<br />
sottomessa. Era stata grande fra le nazioni,<br />
amata grandemente da alcune e<br />
grandemente temuta da altre, molto rispettata<br />
e ubbidita da tutte. Alcune nazioni<br />
le mandavano regali e altre le pagavano<br />
tributi, perciò Gerusalemme era una<br />
principessa tra le province e ogni covone<br />
le si inchinava dinanzi. Persino i re cercavano<br />
il suo favore. Adesso, però, la situazione<br />
è ribaltata: non solo ha perduto i<br />
suoi amici e siede solitaria, ma ha perduto<br />
anche la sua libertà e siede tributaria.<br />
Gerusalemme, prima pagò tributi<br />
all’Egitto e poi a Babilonia. Si noti che il<br />
peccato non porta le persone soltanto alla<br />
solitudine ma anche alla schiavitú.<br />
(c) Una città che era piena di allegria è<br />
diventata malinconica e colma di dolore<br />
sotto tutti gli aspetti. Gerusalemme era<br />
stata una città gioiosa, a cui le tribú affluivano<br />
per gioire in presenza del<br />
Signore. Era la gioia di tutta la terra, ma<br />
adesso piange amaramente, il suo riso è<br />
diventato pianto, le sue feste solenni non<br />
ci sono piú. Piange durante la notte,<br />
come fa chi è realmente in lutto e piange<br />
in segreto, nel silenzio e nella solitudine;<br />
quando gli altri si preparano a riposare i<br />
suoi pensieri sono piú concentrati sui suoi<br />
55<br />
problemi e il suo dolore la tiranneggia.<br />
Adesso la sua testa è come quella del profeta,<br />
quando lei non si curava di lui: La<br />
sua testa è mutata in acqua, e i suoi occhi<br />
sono una fonte di lacrime, perciò piange<br />
giorno e notte (Gr 9:1). Le lacrime le coprono<br />
le guance continuamente. Sebbene<br />
niente si asciughi in fretta quanto una lacrima,<br />
pure il dolore fresco produce lacrime<br />
nuove, cosicché le sue guance non<br />
ne sono mai prive. È importante notare<br />
che sotto il sole non c’è niente di piú comune<br />
delle lacrime degli oppressi, che<br />
sono come nuvole che tornano dopo la<br />
pioggia (Ec 4:1).<br />
(d) Quelli che vivevano separati dai<br />
pagani adesso abitano in mezzo alle nazioni,<br />
quelli che erano un popolo particolare<br />
adesso sono un popolo misto: Giuda<br />
è andato in esilio (v. 3), lontano dalla sua<br />
terra e nella terra dei suoi nemici. Quivi<br />
abita e probabilmente continuerà ad abitare,<br />
tra gli stranieri, alieni alla conoscenza<br />
di Dio e dei patti della promessa.<br />
Tra di loro non trova riposo, non trova<br />
soddisfazione né stabilità in cui abitare, è<br />
continuamente mandato da un posto all’altro,<br />
secondo l’imperiosa volontà dei<br />
tiranni vincitori. «I suoi bambini sono andati<br />
in cattività, davanti all’avversario.<br />
Quelli che avrebbero dovuto essere il<br />
seme della generazione seguente sono<br />
stati portati via, perciò il paese adesso è<br />
devastato e probabilmente continuerà ad<br />
esserlo, e sarà perduto per mancanza di<br />
eredi (v. 5)». Chi abita tra il proprio popolo,<br />
un popolo libero sulla sua propria<br />
terra, se solo considerasse le afflizioni di<br />
chi è costretto ad andare in un paese straniero,<br />
sarebbe piú grato della misericordia<br />
di cui gode.<br />
(e) Il popolo abituato a vincere le sue<br />
guerre adesso è vinto e il nemico trionfa<br />
su di lui: «Tutti i suoi persecutori l’hanno<br />
raggiunto quand’era fra le gole strette (v.<br />
3). I nemici hanno ottenuto tutti i vantaggi<br />
possibili su di lui e il suo popolo è caduto<br />
inevitabilmente in man dell’avversario<br />
(v. 7) poiché non c’era modo di scappare.<br />
Fu circondato da ogni parte e da qualsiasi
parte cercasse di fuggire trovava degli<br />
ostacoli. Quando tentò di fuggire non ci<br />
riuscí, ma fu raggiunto e sopraffatto. Da<br />
ogni lato i suoi avversari hanno preso il<br />
sopravvento e i suoi nemici prosperano<br />
(v. 5)»; ovunque i nemici rivolsero la<br />
spada, ebbero la meglio. Gli uomini si infilano<br />
in simili gole strette per mezzo del<br />
peccato. Se permettiamo al nostro avversario<br />
e nemico piú grande di avere il dominio<br />
su di noi e di essere il nostro capo,<br />
giustamente Dio permetterà che gli altri<br />
nostri nemici dominino su di noi.<br />
(f) Quello che era stato un popolo<br />
degno, onorato da Dio e rispettato da tutti<br />
i vicini, adesso è disprezzato: Tutti quelli<br />
che l’onoravano la sprezzano (v. 8). Chi<br />
corteggiava Gerusalemme per esserle alleato<br />
adesso non la stima piú, chi la carezzava<br />
quando era sfarzosa e prosperava,<br />
adesso che si trova in difficoltà la sdegna,<br />
perché hanno visto la sua nudità.<br />
Scorgono la sua debolezza perché i suoi<br />
nemici hanno prevalso su di lei, e si accorgono<br />
che non è piú forte come in passato.<br />
Scorgono la sua malvagità poiché<br />
Dio la ha abbattuta, adesso la sua iniquità<br />
è visibile e se ne parla ovunque. È chiaro<br />
che con i suoi peccati si è resa vile: Il suo<br />
nemico trionfa (v. 9), la calpesta e la insulta,<br />
ai suoi occhi è diventata come una<br />
cosa impura, il rifiuto delle nazioni, nonostante<br />
una volta ne fosse l’orgoglio. Si<br />
noti che il peccato è la vergogna di ogni<br />
popolo.<br />
(g) Quelli che vivevano in una terra<br />
fertile sono prossimi alla morte, e molti<br />
muoiono realmente, per mancanza del<br />
cibo necessario: Tutto il suo popolo sospira<br />
per la debolezza e la disperazione, è<br />
vicino allo svenimento, il suo animo è abbattuto<br />
e per questo sospira, cerca del<br />
pane, e lo cerca invano (v. 11). Alla fine<br />
furono ridotti allo stremo, tanto che non<br />
c’era piú pane per il popolo del paese (Gr<br />
52:6) e nella loro prigionia dovevano<br />
darsi molto da fare per ottenerlo: Dà le<br />
cose sue piú preziose, i gioielli e i quadri,<br />
tutto l’arredo dello studio e degli uffici,<br />
con cui compiaceva la propria vista, per<br />
56<br />
comprare pane per se stessa e per la sua<br />
famiglia. Se ne è separata in cambio di<br />
cibo per rianimare la sua vita (La 5:6),<br />
poiché stava per venir meno. Non desiderava<br />
altro sostegno all’infuori del cibo.<br />
L’uomo dà tutto quel che possiede per la<br />
sua vita, e per il pane, che ne è il sostegno.<br />
Chi possiede cose preziose in abbondanza<br />
non deve esserne orgoglioso e non<br />
deve affezionarvisi, poiché potrebbe arrivare<br />
il momento in cui sarà felice di abbandonarle<br />
per procurarsi l’indispensabile.<br />
Chi ha cibo adatto a sollevare la propria<br />
anima deve esserne contento e grato,<br />
anche se non possiede oggetti preziosi o<br />
gradevoli.<br />
2. La condizione della vita religiosa.<br />
La rovina degli interessi sacri degli<br />
Israeliti, degna di essere commiserata<br />
molto piú delle afflizioni secolari.<br />
(a) Le feste religiose non sono piú osservate,<br />
non vi si partecipa piú: Le vie di<br />
Sion fanno cordoglio (v. 4), hanno un<br />
aspetto triste, le zizzanie le hanno invase.<br />
Guardare la gente andare avanti e indietro<br />
lungo la strada che portava al Tempio era<br />
un intrattenimento piacevole, ma adesso<br />
si può stare a lungo là davanti senza vedere<br />
il minimo movimento, perché nessuno<br />
vien piú alle solenni assemblee. Con<br />
la distruzione della città delle solennità<br />
(Is 33:20), ne è stata decretata la fine. Le<br />
assemblee solenni furono trascurate e<br />
profanate (Is 1:11, 12), e quindi giustamente<br />
vi è stata posta fine. Tuttavia,<br />
quando le vie di Sion fanno cordoglio in<br />
questo modo, tutti i figli di Sion non possono<br />
fare a meno di fare cordoglio con<br />
loro. Per gli uomini retti è molto doloroso<br />
vedere le assemblee religiose interrotte e<br />
disperse, e la possibilità di parteciparvi<br />
tolta a chi lo avrebbe voluto fare volentieri.<br />
Le vie di Sion fanno cordoglio e similmente<br />
le sue porte, presso cui gli adoratori<br />
fedeli erano soliti incontrarsi, sono<br />
deserte, non c’è piú nessuno. Un tempo il<br />
Signore amava le porte di Sion piú di<br />
tutte le dimore di Giacobbe, ma adesso le<br />
ha abbandonate, è stato provocato e<br />
spinto ad allontanarsene, quindi non può
accadere loro niente di diverso da ciò che<br />
accadde al Tempio quando Cristo lo lasciò.<br />
Ecco, la vostra casa sta per esservi<br />
lasciata deserta (Mt 23:38).<br />
(b) Ai religiosi fu impedito di officiare<br />
le funzioni a cui erano consacrati, e ne furono<br />
avviliti: I suoi sacerdoti sospirano<br />
per la devastazione del Tempio, i loro<br />
canti sono diventati sospiri. Sospirano<br />
perché non hanno niente da fare e quindi<br />
non possono ricevere nulla. Sospirano,<br />
come il popolo, per la carenza di pane (v.<br />
11), poiché le offerte al Signore, che<br />
erano la loro fonte di guadagno, non si facevano<br />
piú. Quando i sacerdoti, i ministri<br />
di Dio, sospirano, quello è il momento di<br />
sospirare. Anche le sue vergini, che erano<br />
solite adornare la solennità delle feste con<br />
la musica e la danza, sono addolorate. Il<br />
loro servizio durante i giorni della prosperità<br />
di Sion è menzionato nel libro dei<br />
Salmi (in mezzo c’erano le fanciulle, che<br />
battevano i tamburi, Sl 68:25) e adesso<br />
che mancava la sua assenza era sentita. Le<br />
sue vergini sono addolorate, e quindi ella<br />
stessa è piena d’amarezza. Questo significa<br />
che lo sono tutti gli abitanti di Sion il<br />
cui carattere li rende addolorati per le assemblee<br />
solenni, e per cui il loro disprezzo<br />
è un dolore.<br />
(c) I luoghi religiosi sono stati profanati:<br />
Ella ha visto i pagani entrare nel suo<br />
santuario (v. 10); nello stesso Tempio, in<br />
cui nessun Israelita, per quanto fosse riverente<br />
e devoto, poteva accedere, ad eccezione<br />
dei sacerdoti. Fu prescritto che lo<br />
straniero che s’accosterà all’altare, sia<br />
pure per adorare, sarà messo a morte, ma<br />
adesso in quello stesso luogo i pagani si<br />
affollano, non per adorare ma per saccheggiare.<br />
Dio aveva comandato che gli<br />
Ammoniti e i Moabiti non entrassero<br />
nella radunanza dell’Eterno e che non<br />
fossero inclusi nel popolo degli Israeliti<br />
(De 23:3). Eppure adesso entrano nel<br />
santuario senza controllo. È importante<br />
notare che per chi ha realmente a cuore la<br />
gloria di Dio niente è piú doloroso né piú<br />
lamentevole della violazione delle leggi<br />
di Dio e del disprezzo per le cose sacre. Il<br />
57<br />
profeta si lamenta della devastazione prodotta<br />
nel santuario dal nemico (Sl 74:3,<br />
4).<br />
(d) Gli utensili religiosi e tutti gli oggetti<br />
preziosi che adornavano il Tempio e<br />
lo abbellivano, usati per l’adorazione di<br />
Dio, furono presi dal nemico come bottino:<br />
L’avversario ha steso la mano su<br />
quanto ella avea di piú caro (v. 10), ha afferrato<br />
tutto, ha preso tutto per sé. In Isaia<br />
64:11 apprendiamo quali fossero queste<br />
cose preziose. In quel brano, alla lamentazione<br />
per il rogo del Tempio si aggiunge:<br />
Tutto quel che avevamo di piú<br />
caro è stato devastato. L’Arca e l’altare,<br />
insieme a tutti gli altri segni della presenza<br />
di Dio tra di loro, erano le cose piú<br />
preziose di tutte; queste sono le cose che<br />
furono fatte a pezzi e portate via. Cosí,<br />
dalla figliuola di Sion se n’è andato tutto<br />
il suo splendore (v. 6). Lo splendore della<br />
santità era la bellezza della figliuola di<br />
Sion. Quando il Tempio, la casa santa e<br />
splendida, fu distrutto la sua bellezza<br />
sparí. La sottrazione dei pegni e dei sigilli<br />
del patto costituiva la rottura della verga<br />
Favore (Za 11:10).<br />
(e) I giorni consacrati divennero oggetto<br />
di scherno: I suoi avversari la guardano,<br />
e ridono del suo misero stato (v. 7);<br />
la versione della Bibbia utilizzata dall’autore<br />
traduce del suo misero stato con dei<br />
suoi sabati, N.d.T.). I nemici si prendevano<br />
gioco degli Israeliti perché osservavano<br />
un giorno su sette come giorno di riposo<br />
dalle attività secolari. Giovenale, un<br />
poeta pagano, ridicolizza gli Israeliti della<br />
sua epoca dicendo che perdevano una settima<br />
parte del loro tempo: cui septima<br />
quaeque fuit lux ignava et vitae partem<br />
non attigit ullam – osservano i loro sabati<br />
pagandone il costo, poiché in questo<br />
modo un giorno su sette è perduto. I sabati,<br />
invece, se sono santificati in modo<br />
dovuto, si dimostreranno piú utili di tutti<br />
gli altri giorni della settimana. Mentre gli<br />
Israeliti professavano di osservarli in ubbidienza<br />
al loro Dio e per onorarlo, i loro<br />
avversari domandavano: «Che cosa ne ottenete<br />
ora? Che profitto traete dall’osser-
vare le istituzioni del vostro Dio, che vi<br />
ha abbandonato nei vostri guai?». Si noti<br />
che per tutti quelli che amano Dio sentir<br />
deridere le sue istituzioni è un dolore<br />
molto grande, in particolar modo nel caso<br />
dei sabati. Sion li chiama i suoi sabati,<br />
poiché il sabato è stato fatto per l’uomo.<br />
Si tratta di un’istituzione divina, ma i sabati<br />
sono il privilegio di Sion, e tutti i figli<br />
di Sion considerano lo scherno indirizzato<br />
ai sabati rivolto a loro personalmente, e lo<br />
prendono a cuore. Inoltre, quando sono<br />
derisi, non considerano il sabato, né nessun’altra<br />
istituzione divina, meno onorevoli<br />
o meno apprezzabili.<br />
(f) Il fatto che la condizione attuale di<br />
Sion fosse l’esatto opposto di ciò che era<br />
stata in precedenza aggravava profondamente<br />
tutti questi dolori. Ora, nei giorni<br />
della sua afflizione e della sua vita errante,<br />
in cui ogni cosa appariva tetra e uggiosa,<br />
si ricorda di tutti i beni preziosi che<br />
possedeva fino dai giorni antichi. Ora sa<br />
come apprezzarli piú di prima, piú di<br />
quando poteva goderne pienamente.<br />
Spesso Dio ci fa conoscere il valore delle<br />
sue benedizioni per mezzo della loro<br />
mancanza, e l’avversità è sopportata con<br />
difficoltà maggiore da chi vi è caduto dall’alto<br />
della prosperità. Quando fu bandito<br />
dalla partecipazione alle funzioni di Dio,<br />
Davide fu colpito al cuore dal ricordo di<br />
quando procedeva con la folla e la guidava<br />
alla casa di Dio (Sl 42:4).<br />
II. Il profeta si lamenta dei peccati di<br />
Gerusalemme, riconoscendo che sono la<br />
causa di tutte queste calamità. Chiunque<br />
possa esserne stato lo strumento, Dio è<br />
l’autore di tutte queste sofferenze. È<br />
l’Eterno che l’ha afflitta (v. 5) e lo ha<br />
fatto da Giudice giusto, poiché<br />
Gerusalemme ha gravemente peccato.<br />
1. I suoi peccati sono innumerevoli. I<br />
suoi dolori sono molti? I suoi peccati<br />
sono molti di piú. L’Eterno l’ha afflitta<br />
per la moltitudine delle sue trasgressioni<br />
(cfr. Gr 30:14). Quando le trasgressioni di<br />
un popolo si moltiplicano non possiamo<br />
dire, come fece Giobbe, che le piaghe<br />
sono moltiplicate senza motivo (Gb 9:17).<br />
58<br />
2. I suoi peccati hanno una natura<br />
estremamente orribile: Gerusalemme ha<br />
gravemente peccato, ha peccato il peccato<br />
(secondo l’originale); ha peccato volontariamente,<br />
deliberatamente, ha commesso<br />
il peccato che è la cosa abominevole<br />
piú odiata dall’Eterno, il peccato di<br />
idolatria. I peccati di Gerusalemme, che<br />
fa una professione simile e gode di simili<br />
privilegi, sono i peccati piú gravi di tutti.<br />
Ha peccato gravemente (v. 8) e quindi è<br />
caduta in modo sorprendente (v. 9). Si<br />
noti che i peccati gravi comportano una<br />
rovina sorprendente. Per alcuni operatori<br />
di iniquità c’è una punizione strana (Gb<br />
31:3), si tratta dei peccati che possono essere<br />
chiaramente compresi dalla punizione.<br />
(a) Gli Israeliti sono stati oppressori,<br />
quindi adesso sono oppressi giustamente:<br />
Giuda è andato in esilio, a motivo dell’afflizione<br />
e del duro servaggio (v. 3), poiché<br />
i ricchi affliggevano i poveri e li obbligavano<br />
a servire con durezza, e in modo<br />
particolare perché (secondo la parafrasi<br />
Caldea di questo versetto) avevano oppresso<br />
i loro servitori Israeliti, come li accusa<br />
Geremia (Gr 34:11). L’oppressione<br />
era uno dei peccati che gridava a gran<br />
voce (Gr 6:6, 7).<br />
(b) Si sono resi vili e quindi sono giustamente<br />
vilipesi. Tutti la sprezzano (v. 8)<br />
per la lordura nelle pieghe della sua<br />
veste. Dalla veste si vede che<br />
Gerusalemme la ha voltolata nel fango<br />
del peccato. Se non la macchiamo noi<br />
stessi, nessuno può macchiare la nostra<br />
gloria.<br />
(c) Sono stati al sicuro e quindi si sorprendono<br />
di questa rovina: Sion non pensava<br />
alla sua fine (v. 9). Non aveva colto<br />
le esortazioni a considerare la sua fine, a<br />
considerare l’esito di comportamenti cosí<br />
malvagi, e quindi è caduta in modo sorprendente,<br />
in una maniera stupefacente,<br />
affinché provasse ciò che non voleva temere.<br />
Per questo Dio rende le loro piaghe<br />
sorprendenti.<br />
III. Il profeta si lamenta della falsità,<br />
della vigliaccheria e dello scortesia degli
amici di Gerusalemme: Tutti i suoi amici<br />
l’hanno tradita, perciò in realtà le son diventati<br />
nemici (v. 2). L’inganno dei suoi<br />
amici le ha causato tanta afflizione quanto<br />
la devastazione dei suoi nemici. Il bastone<br />
che si rompe sotto di noi può procurarci<br />
un danno grande quanto il bastone che ci<br />
batte (Ez 29:6-7). I suoi capi, che avrebbero<br />
dovuto proteggerla, non hanno avuto<br />
abbastanza coraggio da opporsi al nemico<br />
per difendere se stessi. Sono come cervi<br />
affamati per mancanza di pastura, se ne<br />
vanno spossati dinanzi a colui che l’insegue<br />
e, non avendo la forza di fuggire,<br />
sono subito raggiunti e diventano preda<br />
dei loro vicini, poiché:<br />
1. Nessuno la soccorre (v. 7). I vicini<br />
non potevano o non volevano soccorrere<br />
Gerusalemme.<br />
2. Non ha chi la consoli, nessuno che<br />
simpatizzi con lei o suggerisca qualcosa<br />
per alleviare il suo dolore (vv. 7, 9). Come<br />
gli amici di Giobbe, i suoi amici vedevano<br />
che non sarebbe servito: la sua afflizione<br />
era troppo grande e in ogni caso sarebbero<br />
stati dei consolatori miserabili.<br />
IV. La lamentazione per tutte queste<br />
cose è rivolta al Dio di Gerusalemme e<br />
tutto è sottoposto alla sua considerazione<br />
compassionevole: «O Eterno, vedi la mia<br />
afflizione, prendine atto (v. 9); guarda o<br />
Eterno, vedi in che stato sono ridotta,<br />
considera la mia situazione (v. 11)». Si<br />
noti che l’unico modo per alleggerirci dei<br />
nostri pesi è darli a Dio, lasciando che<br />
disponga di noi come ritiene opportuno.<br />
1:12-22<br />
In questi versetti le lamentele sono sostanzialmente<br />
le stesse della parte precedente<br />
del capitolo, ma qui il profeta, a<br />
nome del popolo di Dio che si lamenta, riconosce<br />
piú chiaramente la mano<br />
dell’Eterno in queste calamità, e la sua<br />
giustizia.<br />
I. La Chiesa afflitta amplifica la sua afflizione,<br />
ma non piú di quanto lo giustificassero<br />
le circostanze. I suoi lamenti non<br />
erano piú gravosi dei colpi che subí. Sion<br />
fa appello a tutti gli spettatori: Guardate,<br />
59<br />
se v’è dolore pari al dolore da cui sono<br />
oppressa (v. 12). Forse questo avrebbe<br />
potuto essere vero per il dolore della<br />
Chiesa, ma quando abbiamo delle difficoltà<br />
noi tendiamo ad applicarlo a noi<br />
stessi con fin troppa consapevolezza, e<br />
piú del necessario. Sentiamo il peso dei<br />
nostri problemi e non ci lasciamo persuadere<br />
ad accettarli, quindi siamo pronti a<br />
gridare: «Di sicuro non c’è mai stato dolore<br />
pari al mio». In realtà, se i nostri problemi<br />
fossero messi insieme a quelli degli<br />
altri e se poi si dividessero equamente e si<br />
ridistribuissero, ognuno di noi direbbe:<br />
«Vi prego, ridatemi il mio».<br />
II. La Chiesa guarda al di là degli strumenti,<br />
all’autore delle sue afflizioni e riconosce<br />
che tutte sono dirette, determinate<br />
e disposte da lui: «È l’Eterno che mi<br />
ha afflitta, e mi ha afflitta perché è adirato<br />
con me. La grandezza del suo dispiacere<br />
può essere misurata dalla grandezza del<br />
mio dolore. È il giorno ardente della sua<br />
ira (v. 12)». Quando vediamo che provengono<br />
dall’ira di Dio, come fa il popolo<br />
di Dio qui, le afflizioni non possono non<br />
essere un dolore. La Chiesa è:<br />
1. Febbricitante, e la febbre è stata mandata<br />
da Dio: «Egli ha mandato un fuoco<br />
nelle mie ossa (v. 13), un calore soprannaturale<br />
che se n’è impadronito, in modo che<br />
si consumano come un tizzone (Sl 102:3),<br />
sono doloranti, si consumano e si seccano».<br />
2. In una rete e piú si dibatte per<br />
uscirne piú vi rimane impigliata. Inoltre, è<br />
Dio che ha steso questa rete: «Se Dio non<br />
avesse teso una rete ai miei piedi, gli stratagemmi<br />
dei miei nemici non avrebbero<br />
potuto avere successo».<br />
3. Nel deserto, il suo cammino è confuso,<br />
solitario e spossante: «M’ha rovesciata<br />
a terra in modo che non possa andare<br />
avanti, m’ha gettata nella desolazione,<br />
senza alcun sostegno, cosicché<br />
sono in un languore tutti i giorni».<br />
4. Sotto il giogo, non per il servizio ma<br />
per l’espiazione. Il collo e le caviglie sono<br />
legate insieme: Dalla sua mano è legato il<br />
giogo delle mie trasgressioni (v. 14). Si<br />
osservi che l’unico giogo a cui siamo le-
gati è quello costruito dalle nostre trasgressioni.<br />
Il peccatore è tenuto stretto<br />
dalle funi del suo peccato (Pr 5:22). Il<br />
giogo dei comandamenti di Cristo è un<br />
giogo leggero (Mt 11:30), ma quello delle<br />
nostre trasgressioni è pesante. È scritto<br />
che Dio lega questo giogo quando ci addebita<br />
la colpa e provoca le difficoltà interiori<br />
ed esteriori meritate dai nostri peccati;<br />
quando la coscienza ci lega come un<br />
suo gendarme e ci porta davanti al suo<br />
giudizio. Allora la mano della sua giustizia<br />
lega il giogo del nostro peccato e<br />
niente, tranne la mano della sua grazia<br />
che perdona, lo scioglierà.<br />
5. Sulla polvere, e l’Eterno ha atterrati<br />
tutti i suoi prodi, li ha resi incapaci di rimanere<br />
in piedi e li ha abbattuti con un<br />
giudizio dopo l’altro, ha lasciato che i<br />
vincitori superbi la calpestassero (v. 15).<br />
Anzi, è in un tino, non solo è atterrata ma<br />
calpestata e fatta a pezzi, schiacciata<br />
come uva nel tino della collera di Dio, da<br />
cui il suo sangue esce come vino. Dio ha<br />
calcato la vergine figliuola di Giuda.<br />
6. Nelle mani dei suoi nemici, ed è<br />
stato l’Eterno che la ha data nelle loro<br />
mani, che ha fiaccato la sua forza cosicché<br />
non può resistere, non può levarsi<br />
contro di loro né può rialzarsi, e quindi<br />
l’ha data nelle loro mani (v. 14). «Ha<br />
convocato contro di me una gran radunanza,<br />
per schiacciare i miei giovani, una<br />
radunanza tale da rendere vano persino il<br />
pensiero di opporvisi (v. 15)». L’Eterno<br />
ha comandato ai nemici di Giacobbe di<br />
circondarlo da tutte le parti (v. 17). Colui<br />
che molte volte ha ordinato la salvezza di<br />
Giacobbe (Sl 44:4) adesso ordina un’invasione<br />
contro di lui, poiché ha disubbidito<br />
ai comandamenti della sua legge.<br />
III. La Chiesa chiede agli spettatori<br />
della sua miseria di avere pietà e compassione<br />
di lei: «Nulla di simile vi avvenga, o<br />
voi che passate di qui. Riuscite a guardarmi<br />
senza esserne toccati? I vostri cuori<br />
sono duri come il diamante? E le vostre<br />
orecchie come marmo, tanto da non potermi<br />
rivolgere un pensiero, uno sguardo<br />
o una lacrima compassionevole? Non<br />
60<br />
avete un corpo anche voi? Il fatto che la<br />
casa del vostro vicino sia in fiamme non<br />
significa nulla per voi (v. 12)?». Per alcuni<br />
i dolori e la rovina di Sion non rappresentano<br />
nulla. Non sono addolorati<br />
per l’afflizione di Giuseppe. Come è commovente<br />
il modo in cui la Chiesa chiede<br />
la loro compassione! «Deh, ascoltate, o<br />
popoli tutti, e vedete il mio dolore. Sentite<br />
i miei lamenti e osservatene il motivo (v.<br />
18)». Questa richiesta è come quella di<br />
Giobbe: Pietà, pietà di me, voi miei amici<br />
(Gb 19:21)! Se i nostri amici simpatizzano<br />
con noi e uniscono le loro lacrime<br />
alle nostre, questo aiuta ad alleggerirne il<br />
peso poiché è una prova del fatto che<br />
anche se siamo afflitti non siamo disprezzati,<br />
cosa normalmente molto temuta.<br />
IV. La Chiesa giustifica il proprio dolore,<br />
sebbene fosse estremo, dovuto a<br />
queste calamità: «Per questo io piango,<br />
piango durante la notte (v. 2), quando nessuno<br />
mi vede. I miei occhi, i miei occhi si<br />
struggono in lacrime (v. 16)». È importante<br />
notare che per il popolo di Dio questo<br />
mondo è una valle di lacrime. I figli di<br />
Sion spesso fanno cordoglio per lei. Sion<br />
stende le mani (v. 17), e in questo caso lo<br />
fa per esprimere la sua disperazione piú<br />
che il suo desiderio: stende le mani come<br />
per rinunciare a tutto, considerandolo perduto.<br />
Osservate in che modo giustifica<br />
questo intenso dolore:<br />
1. Il suo Dio si è ritirato da lei, e<br />
Michea, che aveva soltanto dei d’oro,<br />
quando gli furono rubati gridò: Cosa ho<br />
io di piú? E cosa è questo che mi dici?<br />
Cosa ti tormenta? Qui la Chiesa si addolora<br />
eccessivamente poiché dice: Lungi<br />
da me è il Consolatore, che potrebbe rianimarmi<br />
la vita. Dio è il consolatore,<br />
colui che la consolava. Solo lui, infatti,<br />
può consolare efficacemente. La sua<br />
Parola conforta, il suo Spirito ci parla e ci<br />
conforta. La consolazione profonda, capace<br />
di rianimare la vita, di riportarla<br />
quando se ne è andata e non possiamo riprenderla,<br />
gli appartiene. Adesso, però, se<br />
ne è andato perché è dispiaciuto. È lungi<br />
da me e mi guarda da lontano. Notate:
quando Dio, che è il solo Consolatore che<br />
può rianimare le anime, si tiene a distanza,<br />
se le anime dei santi vengono<br />
meno non ci si deve meravigliare.<br />
2. I suoi figli le sono stati portati via e<br />
non possono aiutarla in alcun modo.<br />
Piange per loro, come Rachele per i suoi,<br />
perché non sono piú e quindi rifiuta di essere<br />
consolata. I suoi figliuoli sono desolati,<br />
perché il nemico ha trionfato su di<br />
loro. Fra tutti i suoi figlioli non v’è alcuno<br />
che la prenda per la mano (Is<br />
51:18). Non possono aiutare se stessi,<br />
perciò come potrebbero aiutare lei? Le<br />
sue giovani e i suoi giovani, che erano la<br />
sua gioia e la sua speranza, sono andati in<br />
cattività (v. 18). Si legge che i Caldei non<br />
risparmiarono né giovane, né fanciulla,<br />
non ebbero compassione del sesso debole,<br />
né della tenera età (2 Cr 36:17).<br />
3. I suoi amici la hanno abbandonata.<br />
Alcuni non erano disposti e altri non<br />
erano in grado di darle alcun sollievo.<br />
Stende le mani come per implorare conforto,<br />
ma non v’è alcuno che la consoli (v.<br />
17), nessuno che possa o che voglia farlo.<br />
Ha chiamato i suoi amanti e, per spingerli<br />
ad aiutarla li ha chiamati amanti, ma essi<br />
la hanno ingannata (v. 19), si sono dimostrati<br />
infidi come i torrenti estivi per il<br />
viaggiatore assettato (Gb 6:15). Notiamo<br />
che le creature a cui diamo il nostro cuore<br />
e da cui ci aspettiamo molto solitamente<br />
ci ingannano e ci deludono. Gli idoli di<br />
Sion erano i suoi amanti. L’Egitto e<br />
l’Assiria erano i suoi confidenti, ma la ingannarono.<br />
Quelli le fecero la corte durante<br />
la sua prosperità, nella sua avversità<br />
si dimostrarono riservati ed estranei.<br />
Beato chi ha fatto amicizia con Dio e si<br />
conserva nel suo amore, poiché l’Eterno<br />
non lo deluderà!<br />
4. Quelli che avevano il compito di<br />
guidarla furono resi incapaci di esserle di<br />
alcun aiuto. I sacerdoti e gli anziani, che<br />
nel bel mezzo di questa calamità avrebbero<br />
dovuto essere occupati, erano morti<br />
di fame: avevano esalato l’anima, o stavano<br />
per spirare, mentre cercavano del<br />
cibo (v. 19). Andavano in giro mendi-<br />
61<br />
cando il pane con cui mantenersi in vita.<br />
Nel paese in cui non c’è cibo per i saggi e<br />
in cui i sacerdoti e gli anziani muoiono di<br />
fame la carestia è grave veramente. I sacerdoti<br />
e gli anziani avrebbero dovuto essere<br />
i consolatori di Gerusalemme, ma<br />
come potevano consolare altri quando<br />
erano loro stessi sconsolati? «M’odono<br />
sospirare, e questo avrebbe dovuto chiamarli<br />
in mio soccorso, ma non v’è chi mi<br />
consoli. Hai allontanato da me amanti e<br />
amici».<br />
5. I suoi nemici erano troppo forti per<br />
lei e la oltraggiavano: hanno trionfato su di<br />
lei (v. 16). Fuori, la spada uccide tutti<br />
quelli che trova sulla sua strada, e dentro<br />
tutte le provviste sono prese dal nemico<br />
perciò c’è la morte, cioè la carestia, dannosa<br />
quanto la pestilenza o peggio: Di<br />
fuori la spada, e di dentro il lutto (De<br />
32:25). I nemici, gli strumenti della sua afflizione,<br />
erano privi di scrupoli, proprio<br />
come gli spettatori, gli Edomiti e gli<br />
Ammoniti che si auguravano il male di<br />
Israele: «Hanno udita la mia sciagura, e si<br />
rallegrano che tu l’abbia cagionata (v.<br />
21). Gioiscono dell’afflizione, gioiscono<br />
del fatto che è opera di Dio». Sono contenti<br />
di vedere come Dio e il suo Israele si sono<br />
separati e di conseguenza si comportano<br />
come degli estranei. Gerusalemme è, in<br />
mezzo a loro, come una cosa impura, che<br />
hanno paura di toccare e tengono lontano<br />
(v. 17). Considerando tutto questo, non ci<br />
si può stupire della Chiesa, né la si può biasimare<br />
se i suoi sospiri per la sua condizione<br />
presente sono numerosi, e se il suo<br />
cuore è languente per paura delle disgrazie<br />
future.<br />
V. La Chiesa riconosce che Dio è giusto<br />
in tutte le calamità che ha fatto ricadere<br />
su di lei, e riconosce di aver meritato<br />
questo castigo severo con i suoi peccati. Il<br />
giogo cosí pesante e stretto è il giogo<br />
delle sue trasgressioni (v. 14). I ceppi in<br />
cui siamo chiusi sono di nostra fattura, e<br />
siamo colpiti con la nostra stessa verga.<br />
Dopo aver considerato il Signore severo,<br />
il popolo di Dio fa bene a correggere se<br />
stesso, almeno per spiegarsi, ricono-
scendo che l’Eterno è giusto (v. 18).<br />
Trattandoci cosí Dio non ci fa un torto, né<br />
possiamo accusarlo di alcuna ingiustizia.<br />
Per quanto gli uomini siano ingiusti,<br />
siamo sicuri che l’Eterno è giusto e manifesta<br />
la sua giustizia anche se gli uomini<br />
violano tutte le loro leggi. Notate: non importa<br />
quali siano le afflizioni che il<br />
Signore si compiace di infliggerci, dobbiamo<br />
riconoscere che egli è giusto. Se<br />
non lo riconosciamo mostriamo di non<br />
comprendere né lui né noi stessi (2 Cr<br />
12:6). La Chiesa riconosce l’equità delle<br />
azioni di Dio riconoscendo l’iniquità<br />
delle proprie: Io mi son ribellata alla sua<br />
parola (v. 18) e la mia ribellione è stata<br />
grave (v. 20). Non è possibile parlare sufficientemente<br />
male del peccato e dobbiamo<br />
sempre parlare del nostro peccato<br />
nei termini peggiori. Deve essere chiamato<br />
ribellione, una grave ribellione. È<br />
molto doloroso per ogni vero penitente, e<br />
opprime Sion piú delle afflizioni in cui si<br />
trovava: «Le mie viscere si commuovono,<br />
dentro di me sono come un mare agitato.<br />
Il cuore mi si sconvolge in seno, non trova<br />
pace, è sottosopra, perché la mia ribellione<br />
è stata grave». Si noti che il dolore<br />
per il nostro peccato deve essere grande e<br />
deve farci soffrire.<br />
VI. La Chiesa fa appello alla grazia e<br />
alla giustizia di Dio.<br />
1. Fa appello alla grazia di Dio per<br />
quanto riguarda i suoi dolori, che la hanno<br />
resa l’oggetto della sua compassione: «O<br />
Eterno, guarda, ch’io sono in angoscia!<br />
Prendi atto della mia condizione e disponi<br />
per il mio soccorso come tu desideri (v.<br />
20)». Notate: sapere che l’occhio di Dio<br />
vede i problemi che opprimono il nostro<br />
spirito per noi è un conforto.<br />
2. Fa appello alla giustizia di Dio relativamente<br />
alle ferite inflitte dai suoi nemici:<br />
«Tu farai venire il giorno che hai<br />
annunziato, il giorno stabilito nel progetto<br />
di Dio e reso noto nelle profezie, in<br />
cui i miei nemici che adesso mi perseguitano<br />
saranno come me, quando la coppa<br />
di stordimento che è stata posta tra le mie<br />
mani, sarà posta tra le loro (vv. 21, 22)».<br />
62<br />
Questa frase può essere letta come una<br />
preghiera: «Venga il giorno stabilito» e<br />
poi prosegue: «Venga dinanzi a te tutta la<br />
loro malvagità, sia ricordata, sia retribuita.<br />
Vendicati di loro per tutti i torti che<br />
mi hanno fatto (Sl 109:14-15). Affretta il<br />
tempo in cui li tratterai per le loro trasgressioni<br />
come hai trattato me per la<br />
mia». Questa preghiera è una protesta<br />
contro ogni pensiero di un’alleanza con<br />
loro e una predizione della loro rovina,<br />
che sottoscrive ciò che Dio aveva annunciato<br />
nella sua Parola. Si noti che le nostre<br />
preghiere possono e debbono concordare<br />
con la Parola di Dio. Dobbiamo invocare<br />
il giorno che Dio ha stabilito, e nessun<br />
altro. Sebbene la carità ci spinga a perdonare<br />
i nostri nemici e a pregare per loro,<br />
tuttavia in fede possiamo pregare per l’adempimento<br />
di ciò che Dio ha detto contro<br />
i nemici suoi e del suo popolo, contro<br />
quelli che non si pentiranno e non vogliono<br />
rendergli gloria.<br />
CAPITOLO 2<br />
La seconda elegia in ordine alfabetico è composta<br />
sulla stessa melodia lamentosa della prima,<br />
e la sua sostanza è molto simile. Inizia con Ecah,<br />
come la prima: «Quanto è triste la nostra condizione!<br />
Poveri noi!». I punti salienti di questo capitolo<br />
sono:<br />
I. Il riconoscimento dell’ira del Dio di Sion<br />
quale causa delle calamità (vv. 1-9).<br />
II. Il riconoscimento del dolore dei figli di<br />
Sion quale effetto delle calamità (vv. 10-19).<br />
III. La lamentela rivolta a Dio, e tutta la situazione<br />
sottoposta alla sua considerazione compassionevole<br />
(vv. 20-22). La mano che ha ferito deve<br />
sanare.<br />
2:1-9<br />
In questi versetti la rappresentazione<br />
dello stato del popolo di Dio, di Giacobbe<br />
e di Israele, di Sion e di Gerusalemme è<br />
molto triste, ma l’enfasi sembra essere<br />
posta sull’opera della mano di Dio nelle<br />
calamità sotto cui gemevano. Il dolore<br />
non è motivato tanto dall’accadere di tali<br />
cose, quanto dal fatto che sono state fatte<br />
da Dio, che è adirato con loro. È Dio che<br />
li castiga, e lo fa nella sua ira, nella sua
ira ardente. È diventato il loro nemico e<br />
combatte contro di loro. Sono questi l’assenzio<br />
e l’amarezza dell’afflizione e della<br />
miseria. C’era stato un tempo in cui:<br />
I. Dio si compiaceva della sua gente, si<br />
mostrava a lei, e interveniva in suo favore<br />
come un amico. Adesso, però, Dio disapprova<br />
il suo popolo, è adirato con lui, agisce<br />
e interviene contro di lui come un nemico.<br />
In questi versetti questo è ripetuto<br />
spesso e costituisce l’oggetto di una frequente<br />
lamentazione. Ciò che Dio ha fatto<br />
lo ha fatto nella sua ira. Il fatto che fosse<br />
il giorno della sua ira lo rendeva un<br />
giorno veramente triste (v. 1). Si ripete:<br />
«Lo ha fatto nella sua ira (v. 2) e nell’ardente<br />
sua ira (v. 3), ha devastato e distrutto<br />
nell’indignazione della sua ira (v.<br />
6)». Notate: per chi sa come apprezzare il<br />
favore di Dio niente appare piú tremendo<br />
della sua collera; le correzioni amorevoli<br />
si sopportano con facilità, ma i rimproveri<br />
amorevoli feriscono profondamente. È<br />
l’ira di Dio che consuma Giacobbe a<br />
guisa di un fuoco fiammeggiante (v. 3), e<br />
si tratta di un fuoco consumante, che divora<br />
d’ogni intorno, divora tutto quel che<br />
onorava Gerusalemme e le dava conforto.<br />
Questo è il suo furore riversato come un<br />
fuoco (v. 4), come il fuoco e lo zolfo che<br />
piovvero su Sodoma e Gomorra. Tuttavia,<br />
fu il loro peccato ad accendere quel<br />
fuoco. Dio è un Padre tanto tenero per i<br />
suoi figli che possiamo essere certi che<br />
non si adirerà mai con loro, se non<br />
quando lo provocheranno e gliene daranno<br />
motivo. Inoltre, non si adira mai<br />
piú di quanto ce ne sia motivo. Secondo il<br />
Patto di Dio con gli Israeliti, se questi ultimi<br />
avessero ubbidito alla sua voce<br />
l’Eterno sarebbe stato il nemico dei loro<br />
nemici (Es 23:22), e lo fu fintanto che rimasero<br />
vicino a lui. Adesso, però, per loro<br />
Dio è un nemico, o perlomeno è come un<br />
nemico (v. 5). Ha teso il suo arco come il<br />
nemico (v. 4), ha alzata la destra impugnando<br />
una spada sguainata contro di loro<br />
come un avversario. In realtà Dio non è<br />
un nemico per il suo popolo, neppure<br />
quando è adirato con lui e lo corregge<br />
63<br />
nella sua ira. Si può essere dolorosamente<br />
dispiaciuti con i propri amici e parenti piú<br />
cari, pur essendo ben lontani dall’essere<br />
loro nemici. Tuttavia, qualche volta per il<br />
suo popolo Dio è come un nemico,<br />
quando sembra che tutte le sue disposizioni<br />
tendano alla sua rovina, quando<br />
ogni cosa sembra essere contro di lui e<br />
non per lui. Tuttavia, benedetto sia Dio<br />
poiché Cristo è la nostra pace, colui che<br />
fa la pace per noi, che ha abbattuto l’inimicizia<br />
e in cui possiamo essere d’accordo<br />
con il nostro avversario. Faremmo<br />
bene a cercare questa pace, poiché è vano<br />
contendere con lui e Cristo ci offre condizioni<br />
di pace vantaggiose.<br />
II. Il popolo di Dio appariva nel suo<br />
splendore, era illustre e tenuto in gran<br />
considerazione dalle nazioni. Adesso,<br />
però, il Signore ha coperto di una nube<br />
oscura la figliuola di Sion (v. 1), cosa terribile<br />
per se stesso, attraverso cui lei non<br />
può vedere il suo volto. Una nuvola<br />
spessa (è questo il significato di questa<br />
parola), una nuvola nera, che eclissa tutta<br />
la sua gloria e nasconde tutta la sua eccellenza.<br />
Non una nuvola come quella sotto<br />
cui Dio aveva guidato il suo popolo nel<br />
deserto o quella al cui interno Dio prese<br />
possesso del Tempio e lo riempí della sua<br />
gloria. No, adesso le era rivolta la parte<br />
della nuvola che fu rivolta verso gli<br />
Egiziani nel Mar Rosso. La gloria di<br />
Israele è stata gettata di cielo in terra. I<br />
suoi principi (2 S 1:19), il suo culto, la<br />
sua bellezza derivante dalla santità, tutte<br />
le cose che la raccomandavano all’affetto<br />
e alla stima dei suoi vicini e la rendevano<br />
amabile, che la avevano innalzata al<br />
cielo, adesso erano appassite e svanite,<br />
poiché Dio aveva coperto la sua gloria<br />
con una nuvola. Egli ha infranta tutta la<br />
potenza d’Israele (v. 3), tutta la sua bellezza<br />
e tutta la sua maestà (Sl 132:17),<br />
tutta la sua abbondanza e la sua pienezza,<br />
tutta la sua potenza e la sua autorità. Nella<br />
loro superbia avevano usato la loro potenza<br />
contro Dio, perciò giustamente Dio<br />
infranse tutta la potenza d’Israele. Lo<br />
rese incapace di resistere e di opporsi ai
suoi nemici. Ha ritirato la propria destra<br />
in modo che non potesse portare a segno<br />
il colpo inferto né parare il colpo infertogli.<br />
Cosa può fare la sua destra contro il<br />
nemico, se Dio la ritira e la fa appassire<br />
come la mano di Geroboamo? In questo<br />
modo la gloria di Israele è stata gettata in<br />
terra, e un popolo famoso per il suo coraggio<br />
non fu capace di mantenere il terreno<br />
né di sfruttare le sue posizioni.<br />
III. Gerusalemme e le città di Giuda<br />
erano solide e ben fortificate, gli abitanti si<br />
sentivano sicuri e i nemici, considerandole<br />
inespugnabili, le lasciavano stare. Adesso,<br />
però, nella sua ira il Signore le ha distrutte.<br />
Non ci sono piú. I forti e le barriere sono<br />
stati rimossi e gli invasori non hanno incontrato<br />
alcuna opposizione. Le strutture<br />
sontuose, la forza e la bellezza delle città,<br />
sono state abbattute e devastate.<br />
1. Nella sua ira il Signore ha distrutto<br />
senza pietà tutte le abitazioni di Giacobbe<br />
(v. 2), sia le città che le case di campagna.<br />
Sono bruciate o comunque distrutte, rovinate<br />
completamente, tanto da apparire divorate,<br />
senza aver lasciato resti. Il<br />
Signore ha distrutto senza pietà.<br />
Teoricamente era un peccato che delle<br />
case tanto sontuose, costruite cosí bene e<br />
arredate con tale gusto, fossero distrutte<br />
completamente e ci si sarebbe aspettata<br />
misericordia per i poveri abitanti che furono<br />
cacciati in questo modo e obbligati a<br />
vagabondare. Tuttavia, la consueta pietà<br />
di Dio sembrò venir meno: Ha divorato<br />
Israele come un leone divora la sua preda<br />
(v. 5).<br />
2. Il Signore ha distrutto non solo le<br />
abitazioni comuni, ma anche i palazzi,<br />
tutti i suoi palazzi, le abitazioni dei suoi<br />
principi e degli uomini importanti (v. 5),<br />
sebbene fossero piú sontuosi e forti, ricchi<br />
e ben protetti. I giudizi di Dio, quando<br />
giungono con il suo mandato, pongono<br />
sullo stesso piano palazzi e casupole, e li<br />
distruggono con la stessa facilità. Se i palazzi<br />
sono contaminati dal peccato, come<br />
lo erano quelli di Israele, si aspettino di<br />
essere visitati da una maledizione che li<br />
consumerà col legname e le pietre che<br />
64<br />
contiene (Za 5:4).<br />
3. Il Signore non ha distrutto solo le<br />
abitazioni, ma anche le sue fortezze, i castelli,<br />
le cittadelle e i luoghi di difesa. Le<br />
ha rovesciate, le ha stese al suolo nella<br />
sua ira. Avrebbero ostacolato i suoi giudizi<br />
e rallentato la loro avanzata? No, cadano<br />
come foglie in autunno, siano distrutte<br />
perfino le fondamenta e rase al<br />
suolo (v. 2). Si ripete: Ha distrutto le sue<br />
fortezze, perché che forza avrebbero potuto<br />
avere contro Dio? In questo modo ha<br />
moltiplicato nella figliuola di Giuda i lamenti<br />
e i gemiti (v. 5), poiché quando videro<br />
tutte le loro difese rimosse gli<br />
Israeliti non poterono non essere terribilmente<br />
costernati. Nei versetti 7-9 si insiste<br />
su questo punto. Per divorare i suoi<br />
palazzi il Signore ha dato i muri dei palazzi<br />
di Sion in mano dei suoi nemici. Le<br />
sue mura erano la sua sicurezza e, una<br />
volta distrutte le mura, si irruppe facilmente<br />
nei palazzi stessi. Le mura dei palazzi<br />
non li possono proteggere, a meno<br />
che Dio stesso non sia un muro di fuoco<br />
intorno a loro. Dio fece questo nella sua<br />
ira, eppure lo fece deliberatamente. Fu il<br />
risultato di un proposito precedente, compiuto<br />
da una provvidenza saggia e ferma,<br />
poiché il Signore ha deciso di distruggere<br />
le mura della figliuola di Sion. Condusse<br />
l’esercito caldeo affinché compisse questa<br />
esecuzione. Si noti che qualsiasi devastazione<br />
Dio produca nel suo popolo, è<br />
conforme al suo progetto. Porta a compimento<br />
quel che ha stabilito per noi, persino<br />
ciò che ci oppone di piú. Dopo averlo<br />
compiuto, però, stende la corda, una<br />
corda per misurare, per compiere ciò che<br />
ha stabilito esattamente e secondo la sua<br />
misura. La distruzione arriverà fin qui e<br />
non andrà oltre. Niente sarà distrutto al di<br />
là del segno che ha posto. Oppure, si può<br />
riferire alla corda della desolazione (Is<br />
34:11), una corda che livella, poiché Dio<br />
procederà con la sua opera: Non ha ritirato<br />
la mano prima di averli distrutti, la<br />
mano destra che ha steso contro il suo popolo<br />
come un avversario (v. 4).<br />
L’attuazione si spingerà fin dove il propo-
sito ha stabilito, e la sua mano compierà il<br />
suo progetto fino alla fine, senza essere ritirata.<br />
Quindi Dio ha coperto di lutto bastioni<br />
e mura, di cui il popolo aveva<br />
gioito e su cui forse aveva festeggiato, e<br />
adesso si lamentano e languiscono insieme.<br />
Bastioni e mura caddero insieme e<br />
furono lasciati a lamentarsi gli uni con le<br />
altre della loro caduta. Le sue porte furono<br />
rimosse in un istante, e si sarebbe<br />
potuto pensare che fossero sprofondate<br />
nel terreno a causa del loro peso, ed egli<br />
ha distrutto, spezzato le sue sbarre, le<br />
sbarre delle porte di Gerusalemme, che in<br />
passato aveva rinforzato (Sl 147:13). Se<br />
Dio ritira la sua protezione, le porte e le<br />
sbarre non ci saranno di alcun aiuto.<br />
IV. Il suo governo era florido, i suoi<br />
principi erano splendidi, il suo regno era<br />
grande tra le nazioni e il potere era dalla<br />
sua parte. Adesso, però, la situazione è del<br />
tutto diversa: Il Signore ha profanato il<br />
regno e i capi (v. 2). Prima si sono contaminati<br />
con le loro idolatrie, e poi Dio li ha<br />
trattati come cose impure, li ha gettati sul<br />
letamaio, il luogo piú adatto a loro. Ha<br />
abbandonato la loro gloria, che era considerata<br />
sacra (questa è una caratteristica<br />
che attribuiamo alla maestà), lasciando<br />
che fosse calpestata e profanata. Se il re e<br />
i sacerdoti, i cui ruoli erano sempre stati<br />
ritenuti venerabili e inviolabili, sono disprezzati<br />
da tutti, non bisogna stupirsi perché<br />
Dio, nell’indignazione della sua ira,<br />
ha reietto re e sacerdoti (v. 6). Li ha abbandonati.<br />
Non li considera piú degni<br />
degli onori tributati loro dai patti di regalità<br />
e sacerdozio, poiché li hanno abbandonati.<br />
Il re Sedechia fu trattato con disprezzo<br />
e Seraia, il sommo sacerdote, fu<br />
messo a morte come un malfattore. La corona<br />
è caduta dalle loro teste, poiché il<br />
suo re e i suoi capi sono fra le nazioni,<br />
prigionieri tra di loro, insultati (v. 9) e non<br />
solo trattati come persone comuni, ma<br />
come le piú vili, senza alcun riguardo per<br />
il loro lignaggio. Notate: quando con i<br />
suoi giudizi degrada chi si è degradato<br />
con il peccato Dio è giusto.<br />
V. I sacramenti di Dio erano ammini-<br />
65<br />
strati tra gli Israeliti nella loro potenza e<br />
nella loro purezza e Israele aveva i segni<br />
della presenza di Dio con loro. Adesso,<br />
però, quei segni, la parte della bellezza di<br />
Israele che era in realtà la sua bellezza<br />
piú grande, sono stati portati via.<br />
1. L’Arca era lo sgabello dei piedi di<br />
Dio, posta sotto il trono di grazia, tra i<br />
cherubini. Questo era il simbolo piú sacro<br />
della presenza di Dio (è chiamato lo sgabello<br />
de’ piedi di Dio in 1 Cr 28:2; Sl<br />
99:5; 132:7). Là si trovava la gloria<br />
dell’Eterno e spesso Israele fu protetto e<br />
salvato grazie a questo. Adesso, però, Dio<br />
non s’è ricordato dello sgabello de’ suoi<br />
piedi. Sembrerebbe che tollerò che l’Arca<br />
stessa cadesse nelle mani dei Caldei. Dio,<br />
essendo adirato, la gettò via. Lo sgabello<br />
dei suoi piedi non sarebbe piú stata<br />
l’Arca, ma la terra, come prima che<br />
l’Arca fosse costruita (Is 66:1). Quanto<br />
poco valore hanno i simboli della sua presenza<br />
quando la sua presenza se ne è andata!<br />
Inoltre, non era la prima volta che<br />
Dio faceva catturare la sua Arca (Sl<br />
78:61). Dio e il suo regno possono sussistere<br />
senza quello sgabello.<br />
2. Quelli che amministravano le cose<br />
sante erano stati cari a vedersi nella tenda<br />
della figliuola di Sion (v. 4). Erano stati<br />
piú splendenti della neve, piú bianchi del<br />
latte (v. 7). Nessuno appariva piú bello<br />
agli occhi delle persone rette di chi prestava<br />
il suo servizio al tabernacolo.<br />
Adesso, però, sono stati uccisi e il loro<br />
sangue è stato mescolato con i loro sacrifici.<br />
In questo modo il sacerdote è disprezzato<br />
quanto il re. Si noti che quando<br />
quelli che erano piacevoli alla vista nel<br />
Tabernacolo di Sion sono uccisi, occorre<br />
riconoscere la mano di Dio. È stato lui a<br />
farlo, infatti, e bisogna fare cordoglio per<br />
l’arsione che l’Eterno ha fatto da tutta la<br />
casa di Israele, come nel caso di Nadab e<br />
Abiu (Le 10:6).<br />
3. Il Tempio era il Tabernacolo di Dio<br />
(il tabernacolo, a suo tempo, era chiamato<br />
il suo Tempio, Sl 27:4) e fu devastato (v.<br />
6). Dio stesso ne ha divelto i bastoni e ne<br />
ha tagliato le corde: non sarà piú un
Tabernacolo, e tanto meno il suo. Lo ha<br />
devastato, come chi cura un giardino<br />
porta via la sua capanna o la sua tenda<br />
quando ha finito e non ne ha piú bisogno.<br />
Lo ha portato via facilmente, velocemente<br />
e con poco dispiacere o riluttanza,<br />
come se fosse un frascato in una vigna o<br />
una capanna in un campo di cocomeri (Is<br />
1:8), un capanno che fa il guardiano della<br />
vigna (Gb 27:18). Quando gli uomini profanano<br />
il Tabernacolo di Dio e l’Eterno lo<br />
porta via da loro, agisce con giustizia. Dio<br />
si è giustamente rifiutato di trarre piacere<br />
nelle solenni raunanze degli Israeliti (Am<br />
5:21). Con le loro provocazioni lo avevano<br />
spinto ad allontanarsi da loro, non ci<br />
si meravigli quindi se ha distrutto il luogo<br />
della sua raunanza: a cosa sarebbero serviti<br />
quei luoghi quando il culto era diventato<br />
un’abominazione? Adesso ha aborrito<br />
il suo santuario (v. 7). Il Tempio è<br />
stato contaminato col peccato, la sola<br />
cosa che Dio odia, e per questo motivo<br />
l’Eterno aborrisce persino il suo santuario,<br />
di cui aveva gioito e che aveva chiamato<br />
il suo luogo di riposo in eterno (Sl<br />
132:14). Cosí aveva fatto a Silo. I nemici<br />
hanno levato grida di festa e di dissacrazione<br />
nella <strong>Casa</strong> dell’Eterno, come accadeva<br />
con gli inni e la musica intonati nel<br />
Tempio in un giorno di festa (Sl 74:4).<br />
Alcuni sostengono che espressione il<br />
luogo della sua raunanza (v. 6) non si riferisca<br />
soltanto al Tempio, ma anche alle<br />
sinagoghe e alle scuole dei profeti, che il<br />
nemico aveva arso (Sl 74:8).<br />
4. Le feste solenni e i sabati erano stati<br />
ricordati con cura e rammentati costantemente<br />
al popolo, ma adesso il Signore li<br />
ha fatti dimenticare non solo nel paese,<br />
tra quelli che vivevano lontano, ma persino<br />
in Sion. Non era rimasto nessuno che<br />
potesse ricordarli e non era rimasto nessun<br />
luogo in cui si era soliti osservarli.<br />
Adesso che Sion era in rovina non si faceva<br />
piú differenza tra il sabato e gli altri<br />
giorni. Ogni giorno era un giorno di lutto,<br />
perciò le feste solenni furono dimenticate.<br />
Notate: quando priva del beneficio e del<br />
conforto dei sabati e delle feste solenni<br />
66<br />
quelli che non le hanno debitamente apprezzate<br />
né osservate coscienziosamente<br />
ma le hanno profanate Dio è giusto.<br />
Questo è uno dei peccati di cui gli Israeliti<br />
furono spesso accusati. Chi ha visto i<br />
giorni del Figliuol dell’uomo e li ha<br />
sprezzati, potrebbe desiderare di vedere<br />
uno di quei giorni senza che gli sia permesso<br />
(Lu 17:22).<br />
5. L’altare che aveva santificato i loro<br />
doni adesso è posto da parte, poiché Dio<br />
non accetterà piú i loro doni né sarà piú<br />
onorato dai loro sacrifici (v. 7). L’altare<br />
era la tavola del Signore, ma Dio non si<br />
intratterrà piú con loro, non allestirà piú<br />
una festa per loro né festeggerà con loro.<br />
6. Erano stati benedetti con profeti e<br />
insegnanti della legge, ma adesso non v’è<br />
piú legge (v. 9): la non è piú letta dal popolo<br />
e non è piú spiegata dagli scribi. Le<br />
tavole della legge sono andate con l’Arca.<br />
Il libro della legge è stato portato via e al<br />
popolo è proibito averlo. Cosa se ne farebbero<br />
delle Bibbie, se non ne hanno approfittato<br />
quando le avevano? Anche i<br />
suoi profeti non ricevono piú visioni<br />
dall’Eterno. Dio non risponde piú né mediante<br />
i profeti né per via di sogni come<br />
nel triste caso di Saul (1 S 28:15).<br />
Avevano perseguitato i profeti di Dio e disprezzato<br />
le visioni che avevano ricevuto<br />
dal Signore, e quindi è giusto che Dio<br />
dica che non avranno piú profeti né visioni.<br />
Vadano pure dai profeti che li avevano<br />
lusingati e ingannati con visioni provenienti<br />
dal loro proprio cuore, poiché da<br />
Dio non riceveranno uomini che possano<br />
confortarli o dire loro fino a quando. Chi<br />
maltratta i profeti di Dio, giustamente li<br />
perde.<br />
2:10-22<br />
Questo libro è giustamente chiamato<br />
Lamentazioni, poiché sono lamenti ricchi<br />
di emozione, espressione perfetta di dolore,<br />
lutto e pena e nient’altro, come il<br />
contenuto del rotolo di Ezechiele (Ez<br />
2:10). Qui:<br />
I. Sono presentate delle raffigurazioni<br />
delle lamentazioni, rappresentate con illu-
strazioni vivide.<br />
1. I giudici e i magistrati, abituati ad<br />
apparire in abiti sontuosi, li hanno messi<br />
da parte o, meglio, ne sono stati spogliati<br />
e hanno indossato l’abito di chi fa cordoglio<br />
(v. 10). Gli anziani non siedono piú<br />
sui seggi del giudizio, i troni della casa di<br />
Davide, ma seggono in terra, perché non<br />
hanno un seggio su cui sedere o in segno<br />
di grande dolore, come gli amici di<br />
Giobbe rimasero seduti per terra, presso<br />
a lui (Gb 2:13). Non aprono la bocca<br />
presso le porte per esprimere la loro opinione,<br />
come erano soliti fare, ma stanno<br />
in silenzio, sopraffatti dal dolore, senza<br />
sapere cosa dire. Si son gettati della polvere<br />
sul capo, si son cinti di sacchi, come<br />
usava fare chi era in profondo lutto.<br />
Avevano perso il potere e la ricchezza, e<br />
questo li aveva addolorati cosí. Ploratur<br />
lachrymis amissa pecunia veris –<br />
Genuine sono le lacrime che versiamo<br />
sulla proprietà perduta.<br />
2. Le giovani che si vestivano riccamente<br />
e andavano col collo teso (Is 3:16)<br />
sono umiliate: Le vergini di Gerusalemme<br />
curvano il capo al suolo. Quelle che sembravano<br />
sfidare il dolore ed erano sempre<br />
inclini all’allegria, adesso sono costrette a<br />
conoscere il dolore profondamente.<br />
3. Il profeta stesso è un modello per chi<br />
fa cordoglio: I miei occhi si consumano<br />
dal lacrimare (v. 11). Il profeta ha pianto<br />
fino a non poter piú continuare, a forza di<br />
piangere è quasi diventato cieco. Gli effetti<br />
interiori del suo dolore non sono da<br />
meno di quelli esteriori: Le sue viscere si<br />
commuovono, come quando vide arrivare<br />
queste calamità (Gr 4:19-20). Si potrebbe<br />
pensare che la sua previsione e il suo dolore<br />
di allora avrebbero potuto risparmiagli<br />
la sofferenza presente, ma persino lui,<br />
per cui questo disastro non fu una sorpresa,<br />
provò un dolore insopportabile,<br />
tanto che il suo fegato si spanse per terra.<br />
Si sentiva liquefare, le sue viscere erano<br />
sciolte e dissolte, come in Salmo 22:14.<br />
Geremia stesso ricevette un trattamento<br />
migliore dei suoi compatrioti, migliore di<br />
quello che aveva ricevuto in precedenza<br />
67<br />
dai suoi connazionali. Anzi, la loro distruzione<br />
risultò essere il suo riscatto, e la<br />
loro prigionia la sua liberazione. Le stesse<br />
persone che fecero prigionieri gli abitanti<br />
di Gerusalemme e di Giuda gli concessero<br />
il loro favore, eppure i suoi interessi<br />
personali furono divorati dalla sua preoccupazione<br />
per quelli pubblici. Il profeta<br />
lamenta il disastro della figliuola del suo<br />
popolo con tanta sensibilità che, nella calamità<br />
comune, sembra aver sofferto piú<br />
di tutti. Si noti che dobbiamo dolerci dei<br />
giudizi di Dio sul paese e sulla nazione,<br />
anche se noi, per quanto ci riguarda, li abbiamo<br />
scampati senza subire troppi danni.<br />
II. Il profeta esorta alla lamentazione.<br />
Il loro cuore grida al Signore (v. 18).<br />
Alcuni temono che non si trattasse di un<br />
grido di vero ravvedimento, ma di amara<br />
recriminazione. Il loro cuore era colmo di<br />
dolore fino all’orlo, e lo sfogarono con<br />
grida e urla dolenti, in cui usarono il<br />
nome di Dio. Tuttavia, supponiamo con<br />
carità che molti di loro abbiano gridato a<br />
Dio con sincerità implorando la sua misericordia<br />
nella loro disgrazia, e che il profeta<br />
li abbia invitati a continuare a farlo:<br />
«O mura della figliuola di Sion! Voi che<br />
state sulle mura, voi sentinelle sulle mura<br />
(Is 62:6), quando vedete i nemici accampati<br />
intorno alle mura che si stanno avvicinando,<br />
oppure a causa delle mura (questo<br />
è il soggetto della lamentazione), a<br />
causa dell’abbattimento delle mura (che<br />
non fu realizzato prima di circa un mese<br />
dopo la presa della città), a causa di questa<br />
ulteriore disgrazia, lasciate che la figliuola<br />
di Sion continui a lamentarsi».<br />
Neemia si lamentò di questo molto tempo<br />
dopo (Ne 1:3, 4). «Spandete lacrime<br />
come un torrente, giorno e notte, piangete<br />
senza sosta, non fate pause, non abbiano<br />
riposo le pupille degli occhi vostri».<br />
Questo indica che:<br />
1. Le calamità sarebbero continuate e<br />
le cause del dolore sarebbero state ricorrenti.<br />
Giorno e notte sarebbero state date<br />
loro nuove occasioni di lamentarsi.<br />
2. Gradualmente sarebbero diventati<br />
insensibili alla mano di Dio, si sarebbero
intontiti e avrebbero avuto bisogno di essere<br />
chiamati ripetutamente ad affliggere<br />
sempre di piú la loro anima, finché il loro<br />
cuore duro e orgoglioso non sarebbe stato<br />
del tutto umiliato e ammorbidito.<br />
III. Le lamentazioni sono motivate e le<br />
calamità da lamentare sono descritte dettagliatamente<br />
e con emozione.<br />
1. Moltitudini perirono per la carestia.<br />
Fu un giudizio molto severo e la condizione<br />
di chi ne fu colpita era pietosa.<br />
Qualche tempo prima Dio aveva corretto<br />
il suo popolo con una scarsità di provviste<br />
dovuta alla carenza di pioggia (Gr 14:1).<br />
Questo giudizio piú lieve non aveva indotto<br />
il popolo a pentirsi, quindi in quel<br />
momento con la durezza dell’assedio Dio<br />
portò il suo giudizio all’estremo.<br />
(a) I bambini morivano di fame tra le<br />
braccia delle loro madri: i bambini e i lattanti,<br />
la cui condizione di innocenza e impotenza<br />
dà loro il diritto di ricevere sollievo,<br />
venivano meno per le piazze (v. 11),<br />
come de’ feriti (v. 12) poiché per loro non<br />
c’era cibo. La morte di chi è affamato è<br />
tanto certa quanto quella di chi è accoltellato.<br />
Giacevano gridando a lungo alle povere<br />
madri affinché dessero loro del pane<br />
da mangiare e del vino con cui ristorarsi,<br />
perché erano stati abituati a bere il vino e<br />
in quel momento lo volevano, ma non ce<br />
n’era. Alla fine, quindi, rendevano l’anima<br />
sul seno delle madri loro esalando il<br />
loro ultimo respiro. Questo fatto è menzionato<br />
una seconda volta: Vengono meno<br />
per la fame ai canti di tutte le strade (v.<br />
19). Questa non era la cosa peggiore però:<br />
(b) Alcune madri uccisero con le loro<br />
mani dei bambini piccoli e li mangiarono<br />
(v. 20). La scarsità di cibo era tale che le<br />
donne avevano divorato il frutto dei loro<br />
propri corpi, persino i loro figli appena<br />
nati, secondo quanto minacciato in<br />
Deuteronomio 28:53. Qualcosa di simile<br />
accadde nell’assedio di Samaria (2 R<br />
6:29). Queste madri arrivarono a tali<br />
estremi, anzi, a tali barbarie, a causa della<br />
carestia. Ringraziamo Dio nella nostra<br />
abbondanza, perché abbiamo cibo sufficiente<br />
non solo per noi, ma anche per i<br />
68<br />
nostri bambini.<br />
2. Moltitudini caddero per la spada,<br />
che divora l’uno e l’altro, specialmente<br />
quando si trova nella mano di nemici crudeli<br />
come i Caldei.<br />
(a) Non fu risparmiata nessuna persona<br />
importante, neppure le piú eminenti.<br />
Perfino i sacerdoti e i profeti, che teoricamente<br />
avrebbero potuto attendersi protezione<br />
dal cielo e rispetto sulla terra piú di<br />
tutti gli altri uomini, ma persino loro sono<br />
massacrati. Non vengono uccisi all’aperto<br />
sul campo di battaglia, dove sarebbero<br />
stati fuori luogo come Ofni e Fineas,<br />
ma nel santuario del Signore, il luogo in<br />
cui svolgevano la loro attività, che speravano<br />
sarebbe stato un rifugio per loro.<br />
(b) Non fu risparmiato nessuno, di<br />
nessuna età. Nessuno fu esentato dall’impugnare<br />
la spada, neppure a motivo della<br />
sua tenera età o per la vecchiaia. Persino<br />
questi, infatti, son caduti per la spada. «I<br />
fanciulli, che non avevano ancora preso le<br />
armi, e i vecchi, che erano stati congedati,<br />
giacciono per terra nelle vie finché non si<br />
trovi qualche mano compassionevole che<br />
li seppellisca».<br />
(c) Non fu risparmiato nessuno, di nessun<br />
sesso: Le mie vergini e i miei giovani<br />
son caduti per la spada. Nelle esecuzioni<br />
militari piú barbare menzionate in precedenza,<br />
le vergini furono risparmiate e<br />
considerate parte del bottino (Nu 31:18;<br />
Gc 5:30), ma qui le vergini sono uccise<br />
con la spada come i giovani.<br />
(d) Questa è opera del Signore.<br />
L’Eterno permise che i Caldei divorassero<br />
senza distinzione: Tu li hai uccisi nel dí<br />
della tua ira, poiché è Dio che toglie e dà<br />
la vita e salva come vuole. Tuttavia,<br />
quanto segue è molto duro: Li hai massacrati<br />
senza pietà. L’Eterno lo fece perché<br />
la sua anima era addolorata dalla miseria<br />
di Israele. I nemici che trattarono gli<br />
Israeliti con cosí tanta crudeltà erano stati<br />
raccolti e chiamati da lui: «Tu hai convocato,<br />
come ad un giorno di festa solenne,<br />
i miei terrori da tutte le parti, vale a dire<br />
i Caldei, che mi terrorizzano (v. 22)». I<br />
nemici entravano a Gerusalemme come
una folla, come gli adoratori nei giorni<br />
delle feste solenni, perciò gli abitanti<br />
della città furono completamente sopraffatti<br />
dal loro numero e nessuno scappò né<br />
rimase in vita. Gerusalemme diventò un<br />
mattatoio. Le madri furono colpite al<br />
cuore vedendo il modo disumano in cui<br />
furono trattati i loro piccoli, che avevano<br />
curato tanto e di cui si erano tanto preoccupate,<br />
che amavano tanto, ma che improvvisamente<br />
erano stati uccisi prima<br />
che fossero cresciuti. Quelli che avevo accarezzati<br />
e allevati, il mio nemico li ha<br />
consumati, come se fossero stati partoriti<br />
per essere uccisi, come agnelli per il macellaio<br />
(Os 9:13). Sion, che era madre di<br />
tutti loro, si lamentò vedendo diventare<br />
una preda quelli che erano stati allevati<br />
nei suoi cortili e sotto la tutela dei suoi<br />
oracoli.<br />
3. I loro falsi profeti li ingannarono<br />
(v. 14). Geremia si era lamentato di questo<br />
molto tempo prima e aveva osservato<br />
con molta preoccupazione: Ah, Signore,<br />
Eterno! Ecco, i profeti dicono loro: Voi<br />
non vedrete la spada (Gr 14:13). In questo<br />
brano inserisce nella lamentazione la<br />
sua osservazione: I tuoi profeti hanno<br />
avuto per te visioni vane e delusorie (v.<br />
14). Hanno preteso di scoprire per te e rivelarti<br />
i pensieri e la volontà di Dio, di<br />
vedere le visioni dell’Onnipotente e di<br />
riportare le sue parole, ma sono state<br />
tutte cose vane e stolte. Le loro visioni<br />
erano tutte fantasie e, se pur avessero<br />
pensato di avere realmente delle visioni,<br />
si trattava soltanto del prodotto di una<br />
mente malata o di un’immaginazione<br />
estrosa, come si può vedere da ciò che<br />
dissero. Era un parlare ozioso e impertinente.<br />
È piú probabile che loro stessi sapessero<br />
che le visioni che fingevano di<br />
avere erano contraffatte e false, e che le<br />
usassero soltanto per colorire ciò che imponevano<br />
al popolo con premeditazione,<br />
per trarne favore per sé. Questi sono i<br />
tuoi profeti, non i profeti di Dio.<br />
L’Eterno non li aveva mai mandati, né<br />
erano pastori secondo il suo cuore, ma<br />
era il popolo che li aveva innalzati di-<br />
69<br />
cendogli cosa avrebbero dovuto dire,<br />
quindi erano profeti secondo il loro<br />
cuore.<br />
(a) I profeti dovrebbero far notare al<br />
popolo le sue colpe e mostrargli i suoi<br />
peccati, affinché sia indotto a ravvedersi e<br />
per prevenirne la rovina. Questi profeti,<br />
però, sapevano che avrebbero perduto<br />
l’affetto del popolo e le sue contribuzioni,<br />
sapevano che non potevano rimproverare<br />
i loro ascoltatori senza rimproverare<br />
anche se stessi, e quindi: Non hanno<br />
messo a nudo la tua nequizia. Non la vedevano<br />
loro stessi o, se la vedevano, vi<br />
scorgevano tanto poco male o non ne vedevano<br />
talmente poco il pericolo, che non<br />
volevano mostrarla al popolo, anche se allontanare<br />
la sua iniquità avrebbe potuto<br />
essere un modo per allontanarne la deportazione.<br />
(b) I profeti dovrebbero avvertire il popolo<br />
dei giudizi di Dio che stanno per ricadere<br />
su di lui, ma questi profeti hanno<br />
avuto visioni vane. Sapevano che i messaggi<br />
che pretendevano di trasmettere da<br />
parte di Dio erano falsi e erroneamente attribuiti<br />
a Dio. Lusingando il popolo nella<br />
sicurezza carnale causarono la deportazione<br />
che avrebbero potuto evitare affrontando<br />
il peccato con decisione.<br />
4. I vicini si fecero beffe di loro: Tutti<br />
i passanti battono le mani al vederti (v.<br />
15). Gerusalemme aveva un’ottima reputazione<br />
e un grande nome e godeva di una<br />
grande autorità tra le nazioni. Era l’invidia<br />
e il terrore di tutti quelli che le erano<br />
intorno e, quando la città fu ridotta in questo<br />
stato, tutti trionfarono per la sua caduta<br />
(come gli uomini tendono a fare in<br />
simili occasioni): Fischiano, scuotono il<br />
capo, compiacendosi nel vedere quanto<br />
fosse caduta in basso dalla sua posizione<br />
precedente di superbia. «È questa la città<br />
che la gente chiamava una bellezza perfetta<br />
(Sl 50:2)? Adesso è una deformità<br />
perfetta! Dov’è tutta la sua bellezza<br />
adesso? È questa la città che era chiamata<br />
la gioia di tutta la terra (Sl 48:2),<br />
che gioiva dei doni della generosità di<br />
Dio e della grazia piú di ogni altro luogo,
e in cui tutta la terra gioiva? Dov’è adesso<br />
tutta la sua gioia? Dov’è la sua gloria?».<br />
Prendersi gioco in questo modo delle miserie<br />
degli altri è un gran peccato e accresce<br />
molto la sofferenza di chi è addolorato.<br />
5. I nemici trionfarono su di loro (v.<br />
16). Chi desiderava il male di<br />
Gerusalemme e della sua pace, adesso<br />
sfoga il suo astio e la sua malignità, che<br />
prima nascondeva. Adesso aprono larga<br />
la bocca, la spalancano, fischiano, digrignano<br />
i denti in segno di disprezzo e<br />
indignazione. Trionfano del loro successo<br />
contro di lei e del ricco bottino<br />
che hanno ottenuto impadronendosi di<br />
Gerusalemme. «L’abbiamo inghiottita!<br />
È opera nostra e nostro guadagno,<br />
adesso è tutta nostra. Gerusalemme non<br />
sarà piú corteggiata o temuta come in<br />
passato. Sí, questo è il giorno che aspettavamo;<br />
ci siamo giunti, lo vediamo! È<br />
questo che volevamo». Si noti che i nemici<br />
del popolo di Dio tendono a interpretare<br />
le sue scosse come la sua rovina<br />
e quindi a trionfare su di lui, ma scopriranno<br />
di essersi ingannati poiché le<br />
porte dell’Ades non potranno mai vincere<br />
la Chiesa.<br />
6. In tutto questo, il loro Dio dimostrò<br />
di essere contro di loro: L’Eterno ha fatto<br />
quello che si era proposto (v. 17). I distruttori<br />
di Gerusalemme non avrebbero<br />
potuto avere potestà alcuna contro di lei,<br />
se ciò non gli fosse stato dato dall’alto.<br />
Erano soltanto la spada nella mano di<br />
Dio: È lui che ha distrutto senza pietà.<br />
«In questa sua controversia con noi non<br />
abbiamo ricevuto le consuete dimostrazioni<br />
della sua compassione per noi». Ha<br />
fatto di te la gioia del tuo nemico (cfr. Gb<br />
30:11), ha esaltato la potenza dei tuoi avversari,<br />
ha dato loro forza e motivo di essere<br />
orgogliosi. Questa era l’aggravante<br />
peggiore della disgrazia: Dio era diventato<br />
loro nemico. Eppure il fatto che la devastazione<br />
di Gerusalemme sia opera di<br />
Dio è anche l’argomento piú forte a favore<br />
della pazienza sotto questa afflizione.<br />
Siamo tenuti a sottometterci a ciò<br />
70<br />
che Dio fa, poiché:<br />
(a) È il compimento del suo proposito:<br />
L’Eterno ha fatto quello che s’era proposto.<br />
Lo ha fatto con consiglio e deliberazione,<br />
non affrettatamente o in seguito a<br />
una decisione improvvisa. È il male che<br />
ha preparato (Gr 18:11), e possiamo essere<br />
certi che sia stato preparato in modo<br />
da rispondere esattamente alle sue intenzioni.<br />
Ciò che Dio si propone contro il<br />
suo popolo è pensato per essere a suo favore,<br />
e alla fine si rivelerà tale.<br />
(b) È il compimento delle sue predizioni,<br />
l’adempimento della Scrittura.<br />
Adesso ha adempiuta la parola che avea<br />
pronunziato fino dai giorni antichi.<br />
Quando diede loro la sua legge per mezzo<br />
di Mosè, Dio gli illustrò i giudizi che gli<br />
avrebbe sicuramente inflitto se la avessero<br />
trasgredita, e adesso che si sono resi<br />
colpevoli della trasgressione di questa<br />
legge l’Eterno ne esegue la condanna,<br />
conformemente a quanto scritto (Le 26:16<br />
ss.; De 28:15). Notate: in tutta la<br />
Provvidenza di Dio nei riguardi del suo<br />
popolo è bene prendere nota dell’adempimento<br />
della sua Parola, poiché tra i giudizi<br />
della mano di Dio e i giudizi della sua<br />
bocca c’è un accordo puntuale, e quando<br />
li si confronta si spiegano e si illustrano<br />
vicendevolmente.<br />
IV. Sono ricercate e prescritte consolazioni<br />
per la cura di queste lamentazioni.<br />
1. Le consolazioni sono cercate e richieste<br />
(v. 13). Il profeta cerca di trovare<br />
parole adatte e accettabili da dire in questo<br />
caso: Che troverò di simile a te per<br />
consolarti, o vergine figliuola di<br />
Gerusalemme? Si noti che dovremmo<br />
cercare di confortare le persone di cui lamentiamo<br />
la disgrazia e, dopo che le nostre<br />
emozioni la hanno dipinta nel modo<br />
peggiore, la nostra saggezza dovrebbe<br />
correggerle e lavorare per trarne il meglio.<br />
Dovremmo fare in modo che la nostra<br />
solidarietà verso i nostri amici afflitti<br />
per loro sia una consolazione. Geremia<br />
prova i due argomenti di conforto piú comuni<br />
in caso di afflizione, ma li mette da<br />
parte perché non reggono. Normalmente
tentiamo di consolare i nostri amici dicendo<br />
loro che<br />
(a) Il loro caso non è singolare, né<br />
senza precedenti. Ci sono molti che si trovano<br />
in difficoltà peggiori e sono schiacciati<br />
da un fardello piú pesante. Tuttavia,<br />
il caso di Gerusalemme non permette<br />
questa argomentazione: «Che troverò di<br />
simile a te, o a cosa ti paragonerò, per<br />
consolarti? Quale città, quale paese ha attraversato<br />
una situazione simile alla tua?<br />
Quale testimonianza potrò produrre per<br />
mostrare un esempio che raggiunga il tuo<br />
stato di calamità attuale? Purtroppo non<br />
ce n’è alcuna, non c’è alcun dolore come<br />
il tuo, poiché nessuno ha avuto un onore<br />
come il tuo».<br />
(b) Il loro caso non è disperato, ma vi<br />
si può porre facilmente rimedio. In questa<br />
situazione, però, considerando le probabilità<br />
umane, nessuna di queste cose è<br />
appropriata poiché la tua ferita è larga<br />
come il mare, come la breccia che talvolta<br />
il mare apre nella terra, che non può<br />
essere riparata ma si allarga sempre di<br />
piú. Sei ferita, e chi ti potrà guarire?<br />
Nessuna sapienza né capacità umana può<br />
riparare la devastazione di un simile stato<br />
di distruzione. Non c’è quindi motivo di<br />
fornire alcuno di questi conforti comuni.<br />
Quindi:<br />
2. Il metodo di cura prescritto consiste<br />
nel rivolgersi a Dio, nell’affidargli il pro-<br />
71<br />
prio caso con una preghiera di ravvedimento,<br />
e nell’essere instancabili e costanti<br />
in queste preghiere (v. 19): «Levatevi dalla<br />
polvere, dal vostro abbattimento, gridate<br />
di notte, vegliate nella preghiera quando<br />
gli altri sono addormentati, inginocchiatevi,<br />
importunando Dio per chiedergli misericordia<br />
al principio d’ogni vigilia, di<br />
ognuna delle quattro vigilie della notte (gli<br />
occhi tuoi le prevengano, Sl 119:148).<br />
Spandete com’acqua il cuor vostro davanti<br />
alla presenza del Signore, siate liberi<br />
e accurati nella preghiera, sinceri e seri,<br />
aprite il vostro cuore a Dio, esponete il vostro<br />
caso al Signore, levate le mani verso<br />
di lui con un desiderio e un’attesa santi,<br />
pregate per la vita de’ vostri bambini.<br />
Cosa hanno fatto questi poveri agnellini (2<br />
S 24:17)? Portatevi delle parole, queste<br />
parole: Guarda, o Eterno, considera! Chi<br />
mai hai trattato cosí (v. 20)? Non sono<br />
tuoi, progenie di Abramo tuo amico e di<br />
Giacobbe il tuo eletto? Signore, considera<br />
il loro caso con la tua compassione!».<br />
Notate: la preghiera è un balsamo per ogni<br />
dolore, persino per il piú acuto, un rimedio<br />
per ogni malattia, persino la piú grave.<br />
Inoltre, il nostro compito nella preghiera<br />
non è prescrivere, ma approvare la saggezza<br />
e la volontà di Dio, rimettergli il nostro<br />
caso e poi lasciarlo alla sua cura.<br />
Signore, guarda e considera e sia fatta la<br />
tua volontà.