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Proliferazione di termini nella critica contemporanea.pdf

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Modulo 4<br />

<strong>Proliferazione</strong> <strong>di</strong> <strong>termini</strong> <strong>nella</strong> <strong>critica</strong> <strong>contemporanea</strong><br />

Flag for the European union<br />

“L’arte viva, morta o moribonda continua ad essere quel luogo <strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>menti e <strong>di</strong><br />

approfon<strong>di</strong>menti in cui specchiarsi e da cui farsi riflettere <strong>nella</strong> strada tortuosa che conduce alla<br />

conoscenza e alla memoria <strong>di</strong> sé. Quello che cambia sono gli spazi della liturgia, lo sguardo<br />

degli officianti, le parole <strong>di</strong> rito” (P. Basso, Il dominio dell’arte, Meltemi, 2002).<br />

E’ una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> estetica <strong>di</strong>scepolo <strong>di</strong> Omar Calabrese che ci permette <strong>di</strong><br />

puntare l’occhio sulla contemporaneità per considerare il nuovo ruolo dell’opera d’arte, il valore<br />

conoscitivo che svolge, le <strong>di</strong>verse problematiche che apre, il ruolo del critico e il vario interesse<br />

che riscuote da parte dei singoli e da parte delle istituzioni.<br />

Musei, Gallerie pubbliche Gallerie private esposizioni temporanee o permanenti sono<br />

luoghi <strong>di</strong> riferimento autorevole per l’arte <strong>contemporanea</strong> e svolgono un ruolo <strong>di</strong> non<br />

secondaria importanza per la vita dell’arte.<br />

I Musei sono se<strong>di</strong> espositive permanenti che si sono preparate via via a svolgere sempre <strong>di</strong> più<br />

una funzione promozionale oltre a quella <strong>di</strong> catalogare, conservare, collezionare, esporre le<br />

opere d’arte.<br />

E’ stimolante l’osservazione <strong>di</strong> Angela Vettese che attribuisce all’arte <strong>contemporanea</strong><br />

un’importante funzione <strong>di</strong> identità in una collettività, pari a quella che, in passato, era esercita<br />

dalle reliquie, capaci <strong>di</strong> “… conferire alla comunità che le possiede un’aura <strong>di</strong> prestigio che<br />

supera la potenza militare o economica, per toccare le sfere più alte della spiritualità umana.<br />

La Sindone era uno strumento politico, così come qualsiasi reliquia, per esempio come la lancia<br />

custo<strong>di</strong>ta nel Duomo <strong>di</strong> Norimberga appartenuta prima a Costantino e poi a Carlo Magno:<br />

oggetti come questi muovevano folle <strong>di</strong> pellegrini e davano autorevolezza alla comunità che le<br />

aveva sapute conquistare e custo<strong>di</strong>re. Lo stesso accade tendenzialmente oggi per l’arte<br />

<strong>contemporanea</strong>” (Vettese, 2005).


http://www.illuweb.it/misteri/longino/longino04.htm<br />

Il Museo è dunque avvicinabile alla funzione esercitata nell’antichità dalle cattedrali, quella <strong>di</strong><br />

conservare i tesori e le opere <strong>di</strong> grande valore che erano anche motivo <strong>di</strong> ampio prestigio per<br />

la collettività.<br />

La stu<strong>di</strong>osa osserva come la nascita e la politica <strong>di</strong> un museo sottenda un atteggiamento<br />

sociale ed etico che implica saper affrontare e valutare aspetti fondamentali della vita culturale<br />

<strong>di</strong> una società, come “… <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong> aver risolto i problemi più gravi della convivenza civile;<br />

… mostrare una fiducia <strong>nella</strong> propria capacità <strong>di</strong> proporsi al consesso internazionale tale da non<br />

temere gli aspetti sperimentali della cultura. Un altro aspetto significativo è evidenziare l’agire<br />

in modo lungimirante, considerando l’opera un nodo <strong>di</strong> scambio tra mo<strong>di</strong> d’essere sociali,<br />

estetici, tecnologici, filosofici”. (Vettese, 2005)<br />

Fredericianum, una delle se<strong>di</strong> <strong>di</strong> Documenta a Kassel in Germania<br />

Fra i luoghi <strong>di</strong> grande interesse per le arti visive, troviamo in Germania, la città <strong>di</strong> Kassel,<br />

capitale dell’Assia e, prima della guerra, fiorente centro industriale che ha visto nascere il<br />

Museo Fredericianum, il primo museo pubblico d’Europa, fatto costruire tra il 1769 e il 1779 dal<br />

Conte Federico II. Dopo l’isolamento nazista, quando ha inizio il processo <strong>di</strong> ricostruzione, la<br />

città viene reintrodotta, per opera <strong>di</strong> Arnol Bode, nel circuito delle arti visive attraverso la<br />

rassegna <strong>di</strong> Documenta, una mostra temporanea dei capolavori del XX secolo, allestita tra le<br />

rovine del vecchio museo. La mostra dal 1955 continua a riproporsi circa ogni cinque anni, per<br />

confrontarsi sulla complessa problematicità del mondo dell’arte <strong>contemporanea</strong>, rivaleggiando<br />

fin da principio con la Biennale <strong>di</strong> Venezia. Particolarmente importante è il cambiamento che ha<br />

luogo con Documenta quattro, che si apre nell’estate del 1968: la manifestazione rinuncia<br />

completamente ad uno sguardo retrospettivo che aveva caratterizzato le precedenti e<strong>di</strong>zioni<br />

per mostrare esclusivamente l’arte degli ultimi quattro anni, centrando l’attenzione sui<br />

problemi e i movimenti artistici rilevanti al momento dell’esposizione. 5450 m cubici, l’enorme<br />

pallone a gas <strong>di</strong> Christo, che accoglie il pubblico <strong>nella</strong> piazza antistante il Fredericianum,<br />

<strong>di</strong>venta il simbolo della manifestazione. Bode sente l’esigenza <strong>di</strong> confrontarsi costruttivamente<br />

con situazioni nuove e in catalogo afferma: “il quadro a parete perde <strong>di</strong> senso, le sculture<br />

spesso non hanno più bisogno del piedestallo e le opere d’arte si impadroniscono dello spazio


… non si tratta più soltanto <strong>di</strong> ciò che fanno gli artisti importanti, ma <strong>di</strong> mostrare con esempi<br />

significativi come la nuova realtà visuale organizza lo spazio … il fare, l’azione è <strong>di</strong> nuovo<br />

primaria rispetto alla riflessione sopra <strong>di</strong> essa”. Kassel, accanto all’affermazione del ruolo<br />

politico e sociale dell’arte, propone anche una stringente prospettiva sul contemporaneo con<br />

proposte rivolte al futuro.<br />

Christo,The gates,23 febbraio 2005, Central Park New York.


Bode apre uno sguardo <strong>di</strong>retto al farsi dell’arte <strong>contemporanea</strong> e lo stesso sguardo caratterizza<br />

l’attività <strong>di</strong> alcune donne, che operano con un fondamento comune in tempi <strong>di</strong>versi e geografie<br />

<strong>di</strong>verse. Mettono in luce l’importanza della <strong>critica</strong> militante, cioè la necessità <strong>di</strong> trovarsi a<br />

stretto contatto con l’opera per viverne sulla pelle le istanze formali e culturali con una presa<br />

più cogente delle elaborazioni complesse, intellettualistiche spesso presenti nei commenti della<br />

<strong>critica</strong>. Emergono in particolare Marisa Volpi, Lea Vergine, Francesca Alinovi, Angela Vettese.<br />

Marisa Volpi, studentessa universitaria a Roma negli anni ’50, docente poi <strong>di</strong> Storia dell’arte<br />

presso l’Università <strong>di</strong> Cagliari, in una testimonianza autobiografica, si presenta<br />

imme<strong>di</strong>atamente come “una ragazza che voleva capire il mondo attraverso la pittura e l’arte”.<br />

Re<strong>di</strong>ge un articolo a due mani, in collaborazione con Carla Lonzi, su Ben Shahn, interessata<br />

specialmente alla collocazione sociale dell’opera e in questo caso al New Deal americano,<br />

mentre la Lonzi si occupa della produzione fotografica dell’artista. Amiche per la vita, anche se<br />

le loro strade si <strong>di</strong>videranno, la Lonzi si volgerà ad un’attività legata ad una visione più etica,<br />

più strettamente femminista rispetto a quella più estetica della Volpi.<br />

Ben Shahn, Paesaggio italiano, 1943<br />

Ben Shahn, artista <strong>di</strong> origine russa (Kovno 1898-1969), ma vissuto in America con uno<br />

sguardo sempre fisso verso l’Italia, rappresenta una corrente ben definita in senso marxista.<br />

Impara a <strong>di</strong>segnare sui marciapie<strong>di</strong> dei quartieri più poveri <strong>di</strong> Brooklin, eseguendo schizzi delle<br />

figure del mondo dello sport. Profondo conoscitore della grande pittura messicana, amico <strong>di</strong><br />

Diego Rivera con cui lavorò al murale Man at the Crossroad del Rockfeller Center, operò, in<br />

uno scambio continuo tra due filoni creativi quello pittorico e quello fotografico, nell’ottica <strong>di</strong> un<br />

commento narrativo alla vita e alla società del suo tempo, un’attività caratterizzata da una<br />

grande apertura e libertà che si manifesta <strong>nella</strong> profonda conoscenza dei problemi e dei<br />

rapporti <strong>di</strong> classe. Combatte la grande battaglia civile degli anni 1931-32, in <strong>di</strong>fesa dei due<br />

anarchici Sacco e Vanzetti, <strong>di</strong> cui fa il ritratto. Rifiuta il ruolo dell’intellettuale che giu<strong>di</strong>ca e<br />

manipola contesti all’interno dei quali si trova ad operare.


Ben Shahn, la passione <strong>di</strong> Sacco e Vanzetti,1927<br />

In seguito alla sua presenza alla Biennale <strong>di</strong> Venezia del ’54, Plinio de Martiis, gallerista de<br />

La Tortuga, organizza una mostra e degli avvenimenti a cui è chiamata a partecipare anche la<br />

Volpi per il saggio che ha scritto e qui, giovanissima, entra in contatto con artisti<br />

contemporanei come Afro, Scialoja, Corpora, Turcato. Frequenta la galleria Notizie <strong>di</strong><br />

Luciano Pistoi a Torino, collabora alla sua rivista, e conosce i pittori “aformali”, tra<strong>di</strong>zione non<br />

ancora co<strong>di</strong>ficata in Italia, o informali come saranno definiti nel 1952 da Tapiè.<br />

Il tentativo compiuto da Arcangeli su “Paragone”, <strong>di</strong> mettere in parallelo la situazione italiana<br />

degli anni ’50 con quella americana, la regione padana da cui provenivano Morlotti, Mandelli,<br />

Romiti con lo Wyoming <strong>di</strong> Pollock e le esortazioni <strong>di</strong> Longhi a viaggiare, andare in giro per il<br />

mondo per capire cosa succedeva, spinge le due studentesse universitarie a fare un giro in<br />

autostop che le porta in tutta Europa.<br />

A Roma il contatto con il gruppo Forma 1 tocca “dal vivo” cosa fosse il linguaggio pittorico e<br />

vedendo come <strong>di</strong>pingevano in stu<strong>di</strong>o, Dorazio, Turcato, Carla Accar<strong>di</strong> cerca <strong>di</strong> cogliere, nel<br />

linguaggio <strong>di</strong> questi artisti, il senso del segno e del ritmo.<br />

In un successivo viaggio in America del 1966 incontra Nevelson, i pittori minimalisti Marden e<br />

Ryman, De Kooning, Rothko, Gottlieb, Rauschenberg, Lichtenstein, i pop-artisti e re<strong>di</strong>ge delle<br />

interviste per la rivista “La Fiera Letteraria” <strong>di</strong>retta da Lorenzo Trucchi. Conosce i cosiddetti<br />

“pittori germinali” <strong>di</strong> Solomon come Noland, frequenta stu<strong>di</strong>osi come Greenberg e Rosenberg,<br />

collezionisti come William Rubin <strong>di</strong>rettore del Museum of Modern Art, entra in appartamenti<br />

svuotati per fare spazio alle tele <strong>di</strong> Pollock. Attraverso l’amicizia <strong>di</strong> Beverly Pepper conosce<br />

Barbara Rose, Rosalind Kraus e Barnet Newman con cui gira un video nelle strade <strong>di</strong> New<br />

York e si trova a scoprire nelle spaccature <strong>di</strong> cielo tra un grattacielo e l’altro le feritoie della sua<br />

pittura. Erano artisti che avevano un sogno, rendere l’arte astratta, arte della gente del<br />

mondo, non da mettere sopra il <strong>di</strong>vano in salotto. Un’arte monumentale.


Barnett Newman, Achilles, 1952<br />

E’ lo stesso momento in cui in Italia cominciava l’arte povera <strong>di</strong> Pistoletto, Kounellis, Pascali,<br />

Fabro, Marisa e Mario Merz e altri. In una riflessione degli anni successivi nota che attraverso<br />

una “... lettura secondo i propri gusti e la propria formazione, non c’è una <strong>di</strong>fferenza ra<strong>di</strong>cale<br />

tra arte americana e arte europea e che se sono riconoscibili tracce <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zioni co<strong>di</strong>ficate<br />

come astrattismo lirico, neoprimitivismo, minimalismo la ricerca si muove al <strong>di</strong> là delle formule<br />

della <strong>critica</strong>”. Negli anni sessanta al ritorno dall’America collabora con la Galleria <strong>di</strong> Piero<br />

Sadun Qui Arte Contemporanea pubblicando una rivista con lo stesso nome, in collaborazione<br />

con Lorenza Trucchi, Pasmore, Fontana, Colla.<br />

Viene presa dall’intreccio <strong>di</strong> rapporti tra artisti, galleristi, collezionisti che la tengono in<br />

tensione continua sulla contemporaneità anche se ha inizio l’insegnamento <strong>di</strong> Storia dell’arte<br />

all’Università <strong>di</strong> Cagliari. Matura anche la volontà <strong>di</strong> esprimere la propria creatività de<strong>di</strong>candosi<br />

alla scrittura.<br />

E’ interessante e propositivo una sorta <strong>di</strong> vademecum per il pubblico, amatori d’arte e critici<br />

<strong>di</strong>sposti ad avviarsi nei meandri dell’arte <strong>contemporanea</strong> che consiste in strumenti essenziali <strong>di</strong><br />

carattere culturale e relazionale come la “… sensibilità per le arti plastiche, l’immaginazione<br />

sull’esperienza che ha condotto l’artista a quel risultato, la partecipazione personale alle<br />

vicende dell’arte <strong>contemporanea</strong>”.<br />

Esplicito, <strong>di</strong>retto, empatico ed esistenziale è il suo modo <strong>di</strong> affrontare la comunicazione delle<br />

sue esperienze estetiche: “Io sono assorbita dall’osservazione della nostra maniera <strong>di</strong> vivere<br />

come una matassa da sbrogliare all’infinito, e mi pare bellissimo poterla raccontare”.


Francesca Alinovi (Parma 1948- Bologna 1983), studentessa universitaria negli anni ’60,<br />

allieva <strong>di</strong> Francesco Arcangeli e Renato Barilli, compie un percorso storico critico che si<br />

concentra sulle contaminazioni tra le varie arti, tra le varie <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> esperienza visiva,<br />

sonora, tattile-motoria, che coinvolge musica, teatro, video, danza, architettura, arredo, moda.<br />

Assimila il messaggio delle generazioni critiche precedenti ma è su quanto è avvenuto nel<br />

passaggio dagli anni Settanta agli anni Ottanta che si esprime con chiarezza ed efficacia,<br />

dando voce ad un’intera fase <strong>di</strong> vita artistica con estremo calore partecipativo, fatto a tambur<br />

battente con un coinvolgimento febbrile. Inizia il percorso critico con Piero Manzoni varcando i<br />

limiti dell’opera in “quadro” per affacciarsi alle nuove <strong>di</strong>mensioni del comportamento,<br />

esperienze nello spazio e nel tempo, <strong>di</strong> scrittura concettuale o <strong>di</strong> registrazioni video. Aderisce<br />

poi alle ricerche <strong>di</strong> “pittura ambientale”, <strong>nella</strong> quale rinasceva la presenza fisica del colore, ma<br />

come fenomeno totale, provvisto <strong>di</strong> un carattere architettonico, scenografico, spettacolare<br />

dando inizio ai frequenti soggiorni a New York. Esplora e accoglie il fenomeno della Pattern<br />

Painting movimento che la fa incontrare con la gallerista newyorkese Holly Salomon e i<br />

suoi artisti Bob Kushner, Ned Smyth, Donna Dennis. Nascono i saggi de<strong>di</strong>cati al mito <strong>di</strong> New<br />

York e al concetto <strong>di</strong> decoro. In Europa si apre alla ricerca misurata e tesa del gruppo Alchimia<br />

<strong>di</strong> Alessandro Men<strong>di</strong>ni in una età postmoderna e contro gli aut-aut, tra la fase concettuale che<br />

recupera le origini e la storia dell’arte come una collezione <strong>di</strong> ready-made.<br />

La Alinovi invita ognuno a trovare un proprio equilibrio nelle “tensioni”, mo<strong>di</strong>ficando<br />

il senso della “frontiera” che può essere trovata ovunque con una <strong>di</strong>sponibilità ad<br />

angolo giro verso tutti i punti dell’orizzonte.<br />

Sua è la scoperta dei graffitisti newyorkesi alla fine degli anni ‘70, che interferiscono con il<br />

presente, <strong>di</strong>slocando un grande affresco per tutta New York, “la metropoli si è autodegradata<br />

per eccesso, e ora come un immenso campo <strong>di</strong> terra bruciata, offre frutti spontanei dal<br />

sottosuolo: monitors, ferraglie d’auto fracassate, vetri infranti, frammenti <strong>di</strong> mobili usati, cavi<br />

elettrici, valvole spinterogeni; Natura e cultura sono, <strong>nella</strong> nuova prateria <strong>di</strong> New York,<br />

perfettamente integrate”. Frequenta le nuove gallerie trasferitesi nell’autunno del 1979 da<br />

Soho nel quartiere più malfamato, il South Bronx come la Fashion Moda <strong>di</strong> Stefan Eins. Egli<br />

afferma che “… la creatività si avvicina sempre più a una con<strong>di</strong>zione spontanea <strong>di</strong> esplosione <strong>di</strong>


energia biologica” e <strong>di</strong> conseguenza dalla sua vetrina sulla strada, compare un graffitista<br />

eccezionale come Crash e le pareti interne sono rivestite <strong>di</strong> tags.<br />

La Alinovi, nelle sue “scorrerie percettive in città”( Barilli, 1984), s’imbatte nel The ra<strong>di</strong>ant<br />

Child, il bambino raggiante o ra<strong>di</strong>ottivo <strong>di</strong> Keith Haring, <strong>di</strong>sseminato nelle cavità sotterranee<br />

della metropolitana <strong>di</strong> N.Y. Così incontra anche Kenny Scharf che <strong>di</strong>pinge su qualsiasi oggetto<br />

piccoli eroi dei fumetti anni Settanta.<br />

Cutrone, Celgirls Kenny Scharf, Dogeyeguy<br />

Riesce a dare agli artisti una identità estetica attraverso una descrizione magnetica che tiene<br />

conto del linguaggio, delle ra<strong>di</strong>ci culturali, della collocazione ambientale.<br />

Mi è sempre più chiaro che<br />

l'arte non è un'attività elitaria<br />

riservata all'apprezzamento <strong>di</strong><br />

pochi: l'arte è per tutti e questo<br />

è il fine a cui voglio lavorare"


Ju<strong>di</strong> Rifka<br />

Numerosi esponenti <strong>di</strong> questa realtà artistica americana sono presenti a Dokumenta VII (1982)<br />

<strong>di</strong> Kassel come Keith Haring, Jean Michel Basquiat, George Lee Quinones, Judy Rifka.<br />

Le sue parole rendono esplicita la funzione <strong>di</strong> critico che lei intende: “… cadute le barriere<br />

dell’arte uniforme e standar<strong>di</strong>zzata, e l’omogeneità in<strong>di</strong>fferenziata del Buon Gusto, (le<br />

roccaforti del Modernismo), l’unico criterio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione possibile resta ,ora, il confronto<br />

tra la mia arte e l’arte <strong>di</strong> tutti, il mio gusto e il gusto <strong>di</strong> tutti. Ognuno è libero <strong>di</strong> volere e <strong>di</strong> fare<br />

purché sia in grado <strong>di</strong> sapere e <strong>di</strong> captare quanto sta accadendo simultaneamente in tutto il<br />

mondo e in tutti i campi: arte, appunto, ma anche moda, musica, spettacolo, mass me<strong>di</strong>a,<br />

filosofia, letteratura, poesia … perché tutto oggi si tocca e si compenetra. E il citta<strong>di</strong>no bene<br />

informato occidentale deve saper captare per flussi <strong>di</strong> sensibilità sottili e invisibili … il MIO è<br />

un’onda <strong>di</strong> energia e <strong>di</strong> sensibilità destinata a ballare il surf sulla superficie increspata <strong>di</strong> mille<br />

altre onde…”.<br />

http://www.tekneme<strong>di</strong>a.net/conferenze-presentazioni/archivi/mostra/21030.html<br />

http://216.239.59.104/search?q=cache:DPjRqpWdkQYJ:www.elisabettacatalano.it/servizi/v/va<br />

utrier/index.htm+Ben+Vautrier&hl=it&ct=clnk&cd=2&gl=it


Angela Vettese è storica dell’arte e <strong>critica</strong> militante. Vasta è l’attività <strong>di</strong>dattica nelle<br />

Accademie <strong>di</strong> Belle Arti <strong>di</strong> Milano, Venezia, Bergamo e in Istituti universitari, come il Politecnico<br />

de la Universidad de Valencia in Spagna, la Bocconi <strong>di</strong> Milano e lo IUAV <strong>di</strong> Venezia, dove ha<br />

progettato insieme a Marino Folin, Marco de Michelis e Germano Celant la Facoltà delle Arti e<br />

dal 2001 <strong>di</strong>rige il CLASAV (Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in Arte Visiva). Ha fatto parte del<br />

comitato scientifico della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, della Fondazione Ratti, le è<br />

stata assegnata la <strong>di</strong>rezione della Galleria Civica <strong>di</strong> Arte Moderna e Contemporanea <strong>di</strong> Modena<br />

ed è Presidente della Fondazione Bevilacqua La Masa <strong>di</strong> Venezia, ha collaborato con Gillo<br />

Dorfles <strong>nella</strong> cura <strong>di</strong> testi <strong>di</strong>dattici.<br />

Partecipe delle più avanzate esperienze internazionali e con un approccio a tutto tondo al<br />

valore e alla tra<strong>di</strong>zione dei temi relativi all’arte, al concetto d’arte, alla figura dell’artista, è<br />

attenta alle mostre, ai meccanismi <strong>di</strong> mercato, ai curatori e ai premi.<br />

La Vettese analizza il concetto <strong>di</strong> arte, da sempre legato a quello <strong>di</strong> valore declinato nelle sue<br />

molteplici componenti estetiche, morali ed economiche, e i criteri che oggi lo determinano<br />

fornendo degli interessanti spunti <strong>di</strong> riflessione. Parte da una visione dell’arte come<br />

manifestazione del pensiero e del fare che da sempre è rivelatrice dei mutamenti sociali,<br />

politici, tecnologici, culturali.<br />

Brancusi, ’oiseau dans l’espace, bronzo dorato, 1934


Per far riflettere su ciò che si può intendere per arte racconta <strong>di</strong> un episo<strong>di</strong>o singolare avvenuto<br />

nel 1926.<br />

Il transatlantico “Paris”, arrivato il primo ottobre 1926 nel porto <strong>di</strong> New York, portava a bordo<br />

Costantin Brancusi in compagnia <strong>di</strong> Marchel Duchamp con le opere destinate ad un’esposizione<br />

della galleria d’avanguar<strong>di</strong>a Brummer. La legge americana permetteva alle opere d’arte <strong>di</strong><br />

favorire <strong>di</strong> un regime fiscale agevolato rispetto agli altri oggetti d’artigianato, ma il doganiere<br />

non ritenne opportuno che le sculture <strong>di</strong> Brancusi potessero godere <strong>di</strong> tale legge, in particolare<br />

la scultura Uccello nello spazio, che venne classificata come Kitchen Utensils, e quin<strong>di</strong> soggetto<br />

alla tassazione <strong>di</strong> merce destinata al commercio. La <strong>di</strong>atriba continuò sulla stampa e in<br />

tribunale con un processo durato due anni. L’accusa sosteneva che quello non era un uccello,<br />

perché privo d'ali, e a chi sosteneva che non era arte, la risposta <strong>di</strong> Brancusi restava<br />

incomprensibile “… è l’uomo la verità immensa e la vera potenza è il cosmo, ed è proprio<br />

questo che la mia scultura mette in mostra … solo gli imbecilli <strong>di</strong>cono che il mio lavoro è<br />

astratto”. La causa fu vinta da Brancusi con la seguente sentenza “L’oggetto considerato … è<br />

bello e dal profilo simmetrico, e se qualche <strong>di</strong>fficoltà può esserci ad associarlo ad un uccello,<br />

tuttavia è piacevole da guardare e molto decorativo, è inoltre evidente che si tratti <strong>di</strong> una<br />

produzione originale <strong>di</strong> uno scultore professionale … accogliamo il reclamo e stabiliamo che<br />

l’oggetto sia duty free”.<br />

L’arte può essere considerata in vari mo<strong>di</strong> e l’approccio può richiedere vari punti <strong>di</strong> vista. Può<br />

essere considerata come la soluzione o la esposizione <strong>di</strong> un problema, l’espressione <strong>di</strong> un<br />

in<strong>di</strong>viduo, un oggetto destinato a creare un impatto emotivo, un momento <strong>di</strong> originalità ed<br />

espressione linguistica, l’interpretazione dello spirito <strong>di</strong> un luogo, un investimento economico,<br />

una sintesi <strong>di</strong> tematiche universali <strong>di</strong> un certo tempo.<br />

A questo proposito riprende il tema del <strong>di</strong>battito sulla “morte dell’arte” e lo addebita ad un<br />

errore <strong>di</strong> trascrizione da parte dell’allievo <strong>di</strong> Hegel, Heinrich Gustav Hotho che pubblicò gli<br />

appunti in una libera sistemazione, facendo un errore <strong>di</strong> trascrizione- reportatio. Considera il<br />

tutto un falso problema, che chiude in maniera decisa considerandolo argomento d’interesse<br />

da parte <strong>di</strong> due categorie <strong>di</strong> “catrastofisti: gli storici marxisti e coloro che non comprendono la<br />

grammatica dell’arte <strong>contemporanea</strong> a cui sono da aggiungere tutti quelli che ritengono che<br />

l’arte visiva debba consentire a chiunque <strong>di</strong> esprimere un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> gusto”.<br />

Vettese afferma che una civiltà senza arte non è immaginabile, ciò che muta nel corso della<br />

storia è il linguaggio e la tecnica in relazione ai mutamenti antropologici <strong>di</strong> cui è testimone (G.<br />

Kubler, 1972). Molti artisti in particolare appartenenti alle correnti degli anni Sessanta e<br />

Settanta, hanno ridotto a zero il supporto delle opere che assieme al collasso della materia e<br />

della manualità è stata una <strong>di</strong>chiarazione della potenza delle opere e della loro forza poetica<br />

oltre la tecnica. La rivoluzione scientifica ha cominciato a farci vedere ciò che una volta era<br />

ignoto e misterioso ampliando i nostri sensi e le possibilità percettive, traducendosi anche in un<br />

allargamento delle possibilità espressive. La riduzione all’osso degli elementi della forma come<br />

in Paolini, l’azzeramento della comunicazione visiva come in Kosuth, la focalizzazione sul<br />

degrado delle periferie <strong>di</strong> Dan Graham, è un modo <strong>di</strong> affrontare l’arte in cui si rafforza il


concetto artistico, anziché essere sminuito o deteriorato dalla mancanza dell’oggetto da<br />

ammirare. “Questo ra<strong>di</strong>calismo ha <strong>di</strong>mostrato quanto l’arte sia in effetti vitale :come per certe<br />

spezie, ne è sufficiente un’idea per cambiare sapore al mondo”. (Vettese, 2005)<br />

Marcel Duchamp, Ruota <strong>di</strong> bicicletta, h.126,5 cm, 1913<br />

La Vettese nell’analisi <strong>di</strong> due opere esemplari come la Ruota <strong>di</strong> bicicletta <strong>di</strong> Marcel Duchamp<br />

del 1913 e il Bastone Eurasiatico <strong>di</strong> Joseph Beuys, compie un’operazione magistrale. Nella<br />

Ruota <strong>di</strong> bicicletta riconosce lo scossone dato alla materia tra<strong>di</strong>zionale e alla riconoscibilità dei<br />

contenuti, ogni elemento in<strong>di</strong>cato è un commento critico al ruolo dell’accademia, prescrittiva <strong>di</strong><br />

forme e tecniche che <strong>nella</strong> storia invece hanno visto continui mutamenti. “Al posto del<br />

pie<strong>di</strong>stallo uno sgabello, un umile oggetto su cui <strong>di</strong> norma poggiamo le terga, non eroi fusi in<br />

bronzo. Al posto della scultura fatta a mano c’è un oggetto <strong>di</strong> produzione industriale e seriale.<br />

Invece <strong>di</strong> una composizione unitaria e pensata <strong>nella</strong> sua forma, troviamo il pezzo <strong>di</strong> un vecchio<br />

veicolo, per <strong>di</strong> più montato sottosopra. Nel luogo per eccellenza dove stavano le cose fisse,<br />

ferme e immutabili, in <strong>termini</strong> fisici così come in <strong>termini</strong> metaforici, troviamo una ruota che<br />

non solo è mobile in sé, prima che qualsiasi altra opera d’arte avesse messo in scena una<br />

simile <strong>di</strong>sposizione al cinetismo, ma ad<strong>di</strong>rittura può muoversi e fermarsi a <strong>di</strong>screzione dello<br />

spettatore. In questo modo il pubblico <strong>di</strong>venta partecipe dell’opera stessa e in parte anche suo<br />

autore”<br />

Josep Beuys, 1924-1976


Nell’analisi dell’opera <strong>di</strong> Joseph Beuys il Bastone eurasiatico cambia registro e centrale <strong>di</strong>venta<br />

la persona dell’artista tedesco che credeva “fermamente <strong>nella</strong> capacità salvifica della natura,<br />

della storia, dell’uomo occidentale una volta redento dal suo amore per la guerra. Uno dei<br />

simboli <strong>di</strong> tale credo, inscritto <strong>nella</strong> sua arte come segno ricorrente, fu appunto il bastone<br />

eurasiatico, un normale bastone <strong>di</strong> rame che venne definito così per la sua capacità <strong>di</strong><br />

ricordare la cultura originalmente unitaria <strong>di</strong> Europa e Asia…strumento che ricorda la verga dei<br />

condottieri biblici e in genere del pastore, della guida, <strong>di</strong> colui che conduce la sua gente con<br />

atteggiamento profetico”. Affida alle parole dell’artista lo svelamento <strong>di</strong> una simbologia d’altro<br />

genere “… una sbarra, cioè una lunga asta <strong>di</strong> rame. Il materiale ha un carattere simile a quello<br />

<strong>di</strong> un conduttore elettrico e quin<strong>di</strong> “conduce”: si tratta <strong>di</strong> un materiale attraverso il quale si<br />

muove qualcosa. Per me il rame ha quasi sempre la proprietà <strong>di</strong> un conduttore e questo<br />

conduttore ha una forma e un movimento particolare … la sbarra in<strong>di</strong>ca il percorso dell’Oriente<br />

in Occidente.Tutto lo sviluppo <strong>nella</strong> storia proviene da Oriente; soltanto più tar<strong>di</strong>, qualcosa<br />

nascerà da Occidente … Ora data le situazione, è possibile ritornare <strong>nella</strong> <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> prima.<br />

Per esempio, ho detto che Marx ha portato in Oriente un’idea occidentale: ciò significa che un<br />

giorno il movimento tornerà al punto <strong>di</strong> partenza, concludendosi” (Bonito Oliva,1993).<br />

La Vettese <strong>nella</strong> sua indagine <strong>critica</strong>, ci propone l’attività <strong>di</strong> autori <strong>di</strong>stanti nel tempo ma che<br />

hanno in comune l’aver proposto due opere che sul pubblico hanno esercitato un’azione<br />

straniante. Ritenute sul momento lontane dall’idea <strong>di</strong> arte, poi sono state lucide <strong>nella</strong><br />

premonizione <strong>di</strong> un futuro e per nulla derisorie nei confronti dell’arte, e quin<strong>di</strong> non più affette<br />

da “mutismo” formale e iconolgico.<br />

Indaga in modo minuzioso e attento sulla tipologie dei materiali utilizzati che in queste opere<br />

hanno a loro volta una significato. Riscatta il valore del tempo storico e giustifica il fatto del<br />

cambiamento delle forme e delle tecniche dell’arte visiva scrivendo: “Anche nell’arte, ogni<br />

epoca parla con le parole che ha. Le evoluzioni tecniche e i cambiamenti tematici si<br />

intersecano in una danza che prevede del resto anche la permanenza del vecchio: nessuna<br />

novità è capace <strong>di</strong> cancellare le precedenti esperienze, quelle <strong>di</strong> cui essa stessa risulta figlia”.<br />

Segnala con evidenza la <strong>di</strong>ffidenza in Italia verso l’arte <strong>contemporanea</strong>, che pur è riuscita a<br />

costruirsi una nicchia <strong>di</strong> appassionati, e in<strong>di</strong>vidua le cause nei seguenti motivi “la presenza <strong>di</strong><br />

storici dell'arte <strong>di</strong> formazione attribuzionista, il sospetto secolare nei confronti <strong>di</strong> ciò che non<br />

nasce come "arte liberale", cioè del fare manuale anche se in arte oggi ce n'è ben poco, ma è<br />

così che la pensano gli intellettuali ignoranti, la <strong>di</strong>ffidenza nei confronti delle immagini, che è<br />

strisciante persino nel mondo più iconofilo che ci sia, quello cattolico, e la presenza<br />

mercantile”.<br />

Allarga il campo <strong>di</strong> indagine e delinea una cornice, entro la quale colloca i movimenti artistici<br />

che si sono accavallati nell’ultimo cinquantennio, costituita da parti non secondarie come il<br />

pubblico, i musei, le esposizioni internazionali, le mostre perio<strong>di</strong>che, i curatori, gli attrattori.<br />

Sembra che il linguaggio sempre più specialistico adottato dagli artisti abbia allontanato il<br />

grande pubblico, d’altra parte mai nel corso degli anni ottanta si è <strong>di</strong>latata la rete dei musei<br />

specializzati, dotati <strong>di</strong> strutture che conservano ma anche stimolano e sostengono


economicamente i fenomeni artistici emergenti, e suggerisce che della crescente <strong>di</strong>sponibilità<br />

<strong>di</strong> tempo libero abbia beneficiato anche l’arte <strong>contemporanea</strong>.<br />

I musei e soltanto loro sono in grado <strong>di</strong> accogliere le opere del dopo guerra spesso<br />

smaterializzate, spesso programmaticamente destinate a deperire nel tempo, estese nello<br />

spazio fino ad occupare ambienti interi. Solo loro sono in grado <strong>di</strong> attribuire valore all’opera a<br />

cui hanno dato ricovero e che <strong>di</strong>fficilmente sarebbe potuta sopravvivere grazie ai soli<br />

meccanismi mercantili, <strong>di</strong>ventando così riferimento delle scelte culturali <strong>di</strong> una elite e<br />

responsabile della formazione <strong>di</strong> un gusto volutamente selettivo. Il critico americano Harold<br />

Rosenberg scrive: “il museo giu<strong>di</strong>ce -per principio- <strong>di</strong> ciò che sarà da ritenersi arte, si è reso<br />

conto che i rapporti stilistici configurati dallo storico fra le creazioni del passato e quelle del<br />

presente (comprese le opere che mancano <strong>di</strong> stile) gli conferiscono il potere <strong>di</strong> aumentare<br />

l’effetto che esse avranno nel futuro”.<br />

Le mostre perio<strong>di</strong>che collettive trovano ra<strong>di</strong>ce nei Saloon ufficiali parigini o negli anti-Saloon<br />

organizzati dagli artisti come Courbet, dagli impressionisti e in quelle promosse dall’Armory<br />

Show <strong>di</strong> New York agli inizi del Novecento. La <strong>critica</strong> le mette sotto la lente <strong>di</strong> ingran<strong>di</strong>mento<br />

cercando <strong>di</strong> capirne alcuni aspetti, ma riconoscendone il ruolo <strong>di</strong> “palestra sperimentale o, nel<br />

caso <strong>di</strong> esposizioni più paludate, <strong>di</strong> prestigiosa vetrina … alcuni vizi <strong>di</strong> forma nello scegliere gli<br />

artisti o nel manipolarne il lavoro … ma per tutto il XX secolo sono state lo strumento<br />

espressivo più caro ai movimenti d’avanguar<strong>di</strong>a …: sono infatti atti comunicativi destinati a<br />

venir smantellati, quin<strong>di</strong> più liberi <strong>di</strong> quanto non sia, per esempio, una collezione museale<br />

permanente”.<br />

Manifesto della mostra all’Armory Show del 1913 a New York<br />

Le esposizioni internazionali sono cresciute d’importanza come la Biennale <strong>di</strong> Venezia, la<br />

Biennale <strong>di</strong> Whitney, la Biennale <strong>di</strong> San Paolo in Brasile, Documenta Kassel, la Biennale <strong>di</strong><br />

Kwangju <strong>nella</strong> Corea del Sud, nel 2004 è stata inaugurata la prima biennale <strong>di</strong> Siviglia, e altre<br />

si stanno <strong>di</strong>ffondendo a Dakar, Istanbul, Havana, Lubiana … con l’ambizione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare


centro culturale <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong> tutto il bacino territoriale <strong>di</strong> pertinenza ed oltre, si sono<br />

accomodate in se<strong>di</strong> storiche, vecchie fabbriche o palazzi <strong>di</strong>sabitati. Il fenomeno è <strong>di</strong>lagato a tal<br />

punto che molti si chiedono a cosa servano queste mostre quando in un’esposizione presentata<br />

a Mosca nel 2005, i curatori erano stati quasi tutti protagonisti anche alla Biennali <strong>di</strong> Venezia,<br />

Istanbul, Santa Fè e Kassel.<br />

West Eight Street Entrance 1931<br />

Gertrude Vanderbilt Whitney in Vogue Magazine, 15 Januar 1917<br />

Vettese segnala il rischio <strong>di</strong> sovrapponibilità dei contenuti, delle formule, degli artisti prescelti,<br />

del tipo <strong>di</strong> poetica e <strong>di</strong> tecniche usate.<br />

La seconda metà degli anni novanta è stata segnata dalla mostra itinerante “Sensation”, una<br />

“mostre pilota” <strong>di</strong> cui il pubblico esperto <strong>di</strong> arte è sempre in attesa. La prima puntata la ebbe<br />

alla Royal Accademy <strong>di</strong> Londra nel 1997, fu poi riproposta a Berlino, e giunse a New York nel<br />

1999 dove venne censurata dal sindaco Rudolph Giuliani, il quale contribuì involontariamente a<br />

pubblicizzarla.<br />

Vi erano esposti, tra l’altro, un maiale in formaldeide <strong>di</strong> Damien Hirst, manichini amputati e<br />

sanguinanti dei fratelli Chapam,una Madonna nera dell’ afro-britannico Chris Ofili,decorata con<br />

immagini oscene e sterco <strong>di</strong> elefante. All’ ingresso della mostra veniva precisato che era<br />

sconsigliata ai ragazzi <strong>di</strong> età inferiore ai 17 anni e che, comunque, dovevano essere<br />

accompagnati da un adulto. Il primo giorno dell’inaugurazione si sono presentati più <strong>di</strong> 12.000<br />

visitatori. Anche i gadget venduti nel museo erano in linea con l’esposizione.<br />

Questa mostra fece scandalo soltanto negli USA. Il punto cruciale della rassegna, era quello <strong>di</strong><br />

mostrare come l’arte visiva potesse essere non seconda alla televisione nel proporre immagini<br />

shock, e inoltre <strong>di</strong>mostrò che ciò che scandalizzava il pubblico, in realtà era fruito<br />

tranquillamente attraverso le immagini offerte dal cinema e dal piccolo schermo.<br />

La rassegna “Sensation”, nota Vettese, “ebbe almeno il merito <strong>di</strong> costringere il pubblico ad<br />

ammettere l’ipocrisia con la quale ancora oggi si tende a <strong>di</strong>chiarare “arte” solo ciò che non<br />

turba o che turba in modo sottile” e continua affermando che le mostre “… hanno la grande<br />

capacità <strong>di</strong> proporsi come laboratori <strong>di</strong> idee e momenti <strong>di</strong> incontro tra artisti. In mancanza <strong>di</strong>


gran<strong>di</strong> committenze pubbliche per opere permanenti, sempre più rare, esse sono il luogo per<br />

eccellenza in cui l’artista cerca <strong>di</strong> dare il meglio”. Riesce a mettere il <strong>di</strong>to su molti punti dolenti<br />

del mondo contemporaneo, le responsabilità culturale delle istituzioni pubbliche e lo scarso<br />

livello <strong>di</strong> coscienza della società.<br />

Un altro luogo, con sede stabile, dove avviene questa legittimazione culturale sono le gallerie<br />

private che hanno il compito <strong>di</strong> mostrare le opere degli artisti con i quali operano e anche <strong>di</strong><br />

promuoverle. Per fare questo una galleria deve <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> tre risorse:il portafoglio dei clienti, il<br />

prestigio e la reputazione <strong>di</strong> cui gode nel mondo dell’arte, le risorse economiche.<br />

Delle migliaia <strong>di</strong> gallerie presenti nel mondo occidentale solo una cinquantina sono in grado <strong>di</strong><br />

definire un trend o <strong>di</strong> fare emergere un artista su scala internazionale, sono le gallerie leader.<br />

La scuderia <strong>di</strong> cui fa parte un artista, ovvero la galleria a cui è affiliato, risulta una garanzia <strong>di</strong><br />

enorme importanza, garanzia fondamentale per un investitore. La scelta <strong>di</strong> quali artisti far<br />

entrare nel gruppo <strong>di</strong> rilievo, e quin<strong>di</strong> da promuovere, è ricca <strong>di</strong> conseguenze.<br />

Una grande galleria è come una corporation che può proporre un alto numero <strong>di</strong> brands,<br />

possibilmente tutti <strong>di</strong> pari eccellenza, ma in <strong>di</strong>versi momenti del loro ciclo <strong>di</strong> vita, quin<strong>di</strong><br />

saranno presenti giovani artisti emergenti, ed artisti che hanno raggiunto la maturità artistica.<br />

I primi, in particolare, richiedono investimenti per ottenere il cosiddetto brand buil<strong>di</strong>ng, cioè la<br />

costruzione dell’immagine che garantirà il successo al giovane emergente.<br />

Le gallerie sono aumentate nell’ultimo cinquantennio e si sono stratificate secondo precisi<br />

segmenti <strong>di</strong> mercato, a New York per esempio le galleria della cinquantasettesima strada<br />

trattano solo artisti <strong>di</strong> sicuro successo, nel quartiere <strong>di</strong> Soho compaiono i nomi dei giovani a cui<br />

offrono una sede, sostegno promozionale, il contatto con la <strong>critica</strong> e la presenza in mostre<br />

pubbliche.<br />

Per citare un unico esempio, in Italia, si è inaugurata in questi giorni a Milano nel cuore <strong>di</strong><br />

Brera, <strong>nella</strong> casa natale <strong>di</strong> Piero Manzoni, la galleria milanese JZ art Tra<strong>di</strong>ng <strong>di</strong> Jonathan<br />

Zebina calciatore francese in forza alla Juventus, per l’opening ha scelto Ben Vautier.<br />

Ben Vautier e Jonathan Zebina <strong>nella</strong> Galleria Jz art tra<strong>di</strong>ng, 2006,Milano


La Vettese scrive “… si comprende come la nascita del collezionismo moderno sia stata una<br />

delle maniere privilegiate in cui l’in<strong>di</strong>viduo -ma anche alcune collettività, in cui i ricchi<br />

rivaleggiavano tra loro acquistando varianti della stessa categoria <strong>di</strong> oggetti- ha potuto dare<br />

alla propria identità una forma riconoscibile all’esterno”.<br />

I collezionisti sono soltanto una delle categorie implicate nel mercato d’arte, che è<br />

influenzato da tutti i soggetti del sistema, artisti, galleristi, collezionisti, speculatori in stretta<br />

commistione<br />

Solo l’interazione tra i vari attori può lanciare un artista e un consenso critico determina<br />

quotazioni molto alte. Il gruppo <strong>di</strong> collezionisti che contribuisce alla crescita della domanda è in<br />

realtà esiguo,in quanto pochi hanno un potere d’acquisto e personalità tali da consentire loro <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ventare opinion leader. Sono questi che segnano comunque il trend dell’arte.<br />

I collezionisti hanno sempre raccolto opere per vari motivi, per amore <strong>di</strong> status symbol, per<br />

desiderio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguersi, per il desiderio <strong>di</strong> accumulo, per l’associarsi <strong>di</strong> speculazione ma anche<br />

<strong>di</strong> impegno civile. In generale, nota la Vettese, tutte le categorie <strong>di</strong> collezionisti fanno<br />

riferimento al concetto <strong>di</strong> lusso derivato dal Rinascimento italiano in cui il mecenatismo non era<br />

una scelta, ma un obbligo sociale.<br />

Un aspetto comune che emerge dalle biografie <strong>di</strong> questi collezionisti è “una sorta <strong>di</strong> coazione a<br />

comprare … un senso della sfida,dell’azzardo … che tende a favorire certe tipologie <strong>di</strong> opere o<br />

<strong>di</strong> autori più <strong>di</strong> altri” (Vettese, 2005).<br />

Uno per tutti può valere l’esempio, tratto da Francis Haskel, riguardante il patrizio veneziano<br />

Teodoro Correr che contribuì a dare vita ad uno dei gran<strong>di</strong> musei <strong>di</strong> Venezia. Fu lo stereotipo<br />

del collezionista maniacale che troppo assorbito da questo tipo <strong>di</strong> passione, per tutta la vita<br />

aveva evitato <strong>di</strong> lavorare per la Serenissima. Lo stu<strong>di</strong>oso inglese narra che: “ebbe cura <strong>di</strong><br />

evitare ogni impegno e, su carta con l’intestazione Libertà e Uguaglianza, scrisse ai nuovi<br />

governanti democratici <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>sgraziatamente costretto ‘a resistere al violento stimolo del<br />

patriottismo e a chiedere <strong>di</strong> essere esentato dal dovere <strong>di</strong> far parte della Guar<strong>di</strong>a Civica a<br />

causa delle sue con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute, allegando certificati dei suoi dottori e del dentista per<br />

corroborare la propria richiesta … continuò a comperare <strong>di</strong>pinti anche in pieno Ottocento senza<br />

che nessuno lo notasse <strong>nella</strong> Venezia <strong>di</strong> Byron, facile preda <strong>di</strong> rigattieri senza scrupoli. Morì<br />

infine nel 1830 lasciando alla sua città natale … il frutto <strong>di</strong> oltre mezzo secolo <strong>di</strong> avido<br />

collezionismo, e concludendo nel modo più degno quella tra<strong>di</strong>zione d’interesse artistico per le<br />

arti che aveva avuto inizio tanti secoli prima”. (Haskell,2000)<br />

I mercanti si <strong>di</strong>fferenziano dai galleristi e trattano solo opere che fluttuano nel mercato, vitale<br />

per l’attività fervida delle fiere d’arte come Basilea e Colonia dove le gran<strong>di</strong> gallerie possono<br />

svolgere il loro potere promozionale e per l’interesse fluido, ma efficace anche delle case d’asta<br />

come Christie’s e Sotheby’s.<br />

Nel secondo dopoguerra il ruolo del critico d’arte è <strong>di</strong>ventato ancora più determinante, basti<br />

pensare a Clement Greenberg che passava il suo tempo negli atelier degli artisti spagnoli<br />

spingendoli a <strong>di</strong>pingere secondo i dettami delle sue teorie. Senza il <strong>di</strong>battito critico che si è


svolto tra questi e il suo nemico Harold Rosenberg, l’action painting americana secondo la<br />

Vettese non sarebbe esistita.<br />

Altri critici <strong>di</strong> rilevo furono Leo Stenberg, William Rubin e Lawrence Alloway che <strong>di</strong>edero voce<br />

alla pop art (fu proprio <strong>di</strong> Alloway la contrazione del termine popular)<br />

Fu il francese Pierre Restany a teorizzare il Nouveau Réalisme, Germano Celant a dare una<br />

definizione all’Arte Povera e Achille Bonito Oliva a creare la Transavanguar<strong>di</strong>a.<br />

Alla fine degli anni Settanta la figura del critico si è trasformata in quella dell’organizzatore <strong>di</strong><br />

mostre, e la figura del curatore ha assunto un’importanza enorme da quando i musei hanno<br />

iniziato a concepire la mostra come uno degli elementi più importanti per conservare vitalità e<br />

attirare il pubblico. Il curatore <strong>di</strong> musei ha assunto un ruolo critico <strong>di</strong> valore carismatico, <strong>di</strong><br />

guida per le nuove tendenze e <strong>di</strong> talent-scout per giovani promettenti.<br />

Il curatore, a volte, ha una formazione universitaria ma è, secondo la Vettese, “essenzialmente<br />

auto<strong>di</strong>datta”. Gli anni dai Settanta ai Novanta sono stati quelli in cui la sua ascesa è stata<br />

maggiore. In genere è una figura ibrida, lavora spesso nei musei, raccoglie sponsor, tratta con<br />

le gallerie e in qualche caso si occupa anche <strong>di</strong> trovare artisti da esporre nelle sezioni delle<br />

mostre-mercato. La sua figura ha una storia che coincide con i mutamenti del ruolo del critico<br />

d’arte.<br />

“L’obiettivo del critico era un tempo <strong>di</strong> portare a visibilità un artista, un gruppo <strong>di</strong> artisti, delle<br />

opere e delle idee. L’obiettivo del curatore <strong>di</strong> oggi è quello <strong>di</strong> costruire un proprio <strong>di</strong>scorso<br />

teorico, con l’aiuto delle opere prescelte e degli artisti selezionati. La visibilità <strong>di</strong>venta sempre<br />

più glamour, almeno negli ambienti <strong>di</strong> avanguar<strong>di</strong>a, e pure un prestigio che aumenta la sua<br />

vera ricchezza professionale e il capitale relazionale, quin<strong>di</strong> la rete <strong>di</strong> rapporti con gallerie,<br />

collezionisti, sponsor, amministrazioni, <strong>di</strong>rettori <strong>di</strong> musei e artisti” (Vettese,2005).<br />

Il mondo della <strong>critica</strong> si trova a gestire ruoli molto <strong>di</strong>versi tra loro, ha imparato a gestire le<br />

modalità della scrittura in ragione della <strong>di</strong>versità del pubblico, vasto e inesperto per la stampa<br />

ad alta tiratura, più attento e ridotto, <strong>nella</strong> stesura, <strong>di</strong> un catalogo. La Vettese in<strong>di</strong>ca<br />

l’importanza del <strong>di</strong>ffondersi nelle facoltà umanistiche dei cultural stu<strong>di</strong>es, rivolti in particolare<br />

all’analisi <strong>di</strong> un mondo connotato dall’incrocio <strong>di</strong> civiltà e dall’emergere <strong>di</strong> minoranze represse e<br />

ancora più importanti e attuale la comparsa <strong>di</strong> un’altra area <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o rappresentata dai visual<br />

stu<strong>di</strong>es che indagano la retorica delle nuove comunicazioni visive globalizzate con particolare<br />

attenzione alle arti visive, e soprattutto ai video clip, agli spot, alle immagini con funzione<br />

pubblicitaria.<br />

Tutto ciò ha portato a stu<strong>di</strong>are l’arte <strong>contemporanea</strong> anche come “fonte <strong>di</strong> ispirazione per la<br />

comunicazione visiva a scopo funzionale, quin<strong>di</strong> come parte del linguaggio dell’informazione e<br />

delle traduzione in immagini del pensiero”.<br />

Compie una riflessione sugli stu<strong>di</strong>osi-docenti del mondo accademico che con l’arroccarsi<br />

sempre sulle stesse referenze metodologiche corrono il pericolo <strong>di</strong> perdere l’efficacia,<br />

l’aggiornamento e la flessibilità <strong>di</strong> opinione e <strong>di</strong> perpetuare un <strong>di</strong>scorso a circuito chiuso.<br />

Una categoria <strong>critica</strong> che la Vettese in<strong>di</strong>vidua sono gli “attrattori” , personaggi <strong>di</strong> una forte<br />

personalità, scrittori, filosofi, artisti, teorici, galleristi, signore con un salotto che come


scopritori hanno saputo dare un or<strong>di</strong>ne alle forme caotiche con cui solitamente si presenta<br />

l’avanguar<strong>di</strong>a, fornendo una base teorica a <strong>di</strong>versi movimenti e sostenendoli anche<br />

economicamente. Il poeta Andrè Breton è stato l’artefice del surrealismo e Gustav Freud<br />

l’inconsapevole suggeritore, il poeta Marinetti artefice consapevole del Futurismo, il gallerista<br />

Leo Castelli è stato promotore della Pop Art, intorno a John Cage gravitava il gruppo Fluxus,<br />

alle teorie del filosofo Jean-Fancois Lyotard è stata attribuita la promozione dello stile<br />

postmoderno, Margherita Sarfatti nel periodo fascista ha dato vita al gruppo “Novecento”,<br />

collezionisti come l’americana Peggy Guggenheim, l’italiano Panza <strong>di</strong> Biumo, l’inglese Charles<br />

Saatchi hanno promosso e accre<strong>di</strong>tato molti artisti a loro contemporanei.<br />

Cadute le funzioni religiose, decorative e promozionali all’arte rimane quella “<strong>di</strong> esprimere<br />

attraverso forme e immagini lo spirito del proprio tempo, in modo tanto più imme<strong>di</strong>ato quanto<br />

meno con<strong>di</strong>zionato dalle richieste dei committenti <strong>di</strong> un tempo”. E <strong>di</strong> fronte al senso<br />

catastrofico della fine dell’arte <strong>di</strong> molti commentatori la Vettese trova prove della sua vitalità<br />

nel fatto che sia continuamente saccheggiata da registi, grafici e pubblicitari.<br />

Spesso gli artisti hanno percorso tragitti simili sotto cieli <strong>di</strong>versi, nel dopoguerra sono stati<br />

analizzati, rilevati e condotti alle conseguenze più estreme temi proposti in maniera intuitiva<br />

dalle avanguar<strong>di</strong>e del primo novecento come la riduzione dell’opera ai minimi <strong>termini</strong> in<strong>di</strong>cata<br />

da Mondriand e Brancusi, la riflessione sull’uso dell’oggetto comune avanzata dal Ready-Made<br />

<strong>di</strong> Marchel Duchamp, l’accento sul processo del fare piuttosto che sul risultato finale avanzato<br />

dalle teorie surrealiste, la riduzione del colore al monocromo avanzata da Malevic,<br />

l’accentuazione degli aspetti bizzarri o sciamanici della personalità dell’artista evidente in<br />

personaggi come Picasso e Duchamp. Si attua una revisione approfon<strong>di</strong>ta dei problemi già<br />

posti <strong>nella</strong> prima parte del secolo, le tendenze si sono ramificate, moltiplicate ma trovare<br />

l’esatta collocazione temporale dell’operato degli artisti o l’apice creativo non può esser fatto<br />

che in maniera empirica e contingente. Sicuramente la produzione artistica del secondo<br />

Novecento si è affrancata dal predominio delle tecniche aprendo il varco ad un eclettismo che<br />

smussa i confini tra le categorie tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> scultura e pittura.<br />

In un articolo recente comparso sul Il Sole 24 Ore, la Vettese delinea una nuova tendenza, la<br />

Street Art che ha poco a che fare con i graffitisti anche se forse ne è un’evoluzione. E’<br />

comparsa <strong>contemporanea</strong>mente in California e in Inghilterra e si sta <strong>di</strong>ffondendo anche da noi.<br />

Ha trovato una definizione a New York, dove il Wooster Collective questo <strong>di</strong>cembre ha<br />

organizzato, insieme ad altri, una tre giorni all’11 <strong>di</strong> Spring Street <strong>di</strong> Manhattan. Vengono<br />

stampati, <strong>di</strong>ffusi, appiccicati degli stickers per mezzo mondo, si realizzano installazioni<br />

ambientali destinate a venire <strong>di</strong>strutte il giorno dopo, occupa la strada in tutti i mo<strong>di</strong> e riempie<br />

completamente gli interni come l’inglese Bansky che decora una stanza con carta da parti<br />

dorata e rosa compreso un vero elefante, oppure Frank Shepard Fairey, americano che ha<br />

creato la campagna “Obey Giant” contro i comportamenti consumisti ma sfruttando il metodo<br />

consumista in contrad<strong>di</strong>zione con lo stile dei writers. Appare come un movimento variegato che<br />

<strong>di</strong>stingue con <strong>di</strong>fficoltà tra i <strong>di</strong>versi settori delle arti, spesso pungente, invasivo nei confronti<br />

delle con<strong>di</strong>zioni comunicative strutturali, per capire come funzionano su <strong>di</strong> noi. Unico


iferimento sono le pratiche delle ra<strong>di</strong>o libere, dell’internazionale situazionista e prima ancora<br />

quelle <strong>di</strong> Guy Debord.<br />

Eppure tra i compratori c’è già il Jet set, da Angiolina Jolie a Christina Aguilera, 25mila sterline<br />

è costata “una piccola cosa” <strong>di</strong> Bansky.<br />

Banksy, Rock Boy, on Palestinian side of the Israele West Bank Barrier e “va dove ti porta il<br />

vento” sul muro <strong>di</strong> Gaza<br />

http://www.banksy.co.uk/<br />

Banksy, stencil


Angiolina Jolie Christina Aguilera Peggy Guggenheim<br />

La Vettese, attenta al comportamento dell’artista e dell’osservatore, considera il valore<br />

emozionale e psicologico della fruizione estetica, e scrive: “… è necessario chiederci se sia<br />

possibile abbozzare una teoria estetica su base biologica o, più specificatamente, una teoria<br />

dell’arte fondata sull’attività del cervello e su quell’area che si denomina cervello visivo.<br />

La <strong>di</strong>visione mente/corpo, caratteristica della civiltà postsocratica e comunque dell’Occidente<br />

recente , ha fatto sì che si indagasse assai poco sulle caratteristiche fisiche dei processi mentali<br />

e dunque creativi. L’opera d’arte per secoli è stata considerata il frutto <strong>di</strong> un sentimento<br />

completamente estraneo alla corporeità.”<br />

La psicologia sperimentale ha cercato <strong>di</strong> indagare la genesi del fenomeno artistico, e gli stu<strong>di</strong><br />

sul legame mente-cervello hanno subito una notevole spinta anche per la teoria della Gestalt,<br />

un ambito <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> legato alla percezione, a cui ha dato ampio contributo Arhneim e Gombrich.<br />

L’idea che un’opera possa suscitare emozioni positive a prescindere dal background <strong>di</strong> una<br />

persona, concezione che è base delle teorie idealistiche, è sostanzialmente smentita dalla<br />

psicologia cognitiva, nel riconoscimento del valore dell’opere d’arte sia antica che<br />

<strong>contemporanea</strong>.<br />

Relativamente al concetto <strong>di</strong> emozione, entrato nell’uso tra la fine del sec. XIX e gli inizi del<br />

XX, in modo quasi sempre generico viene definito dalla Vettese come “elemento che induce<br />

una <strong>di</strong>sposizione all’azione, implicando forme <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dell’attenzione,<br />

verifiche <strong>di</strong> memoria, valutazione della componente personale … l’umanità è affamata <strong>di</strong><br />

emozioni negative,soprattutto nei suoi strati più ricchi e meno affannati dalla sopravvivenza<br />

quoti<strong>di</strong>ana. La psicologia cognitiva non ha ancora saputo dare una risposta all’attrazione che si<br />

prova verso la scene orrende <strong>di</strong> filmati fantastici o anche <strong>di</strong> eventi realmente accaduti”. E’<br />

un’osservazione che cerca una giustificazione ad un atteggiamento contemporaneo esteso ad<br />

ambiti <strong>di</strong>versi oltre che estetici, ammiriamo le scene <strong>di</strong> guerra e dolore tratte dai Capricci <strong>di</strong><br />

Goya, le foto dell’americano Andreas Serrano che fotografa giovani morti <strong>di</strong> AIDS, la iugoslava


Marina Abramovic che scarnifica una carcassa sanguinolenta … L’ipotesi formulata dalla<br />

psicologia cognitiva è che le scene ributtanti arricchiscono gli schemi cognitivi e fisiologici, in<br />

modo da raffinarli e rendere la persona pronta a dominare esperienze simili.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista psicologico, gli elementi che contribuirebbero a dare valore a un’opera<br />

sarebbero la sua capacità <strong>di</strong> suscitare emozioni, intrecciata con le informazioni che già<br />

abbiamo.<br />

Andreas Serrano, America (Wunmi Fa<strong>di</strong>pe, Sales Assistant at Investmente Bank),2002, Paula<br />

Kooper Gallery N.Y.<br />

Marina Abramovic, Shoot, 2006, Galeria Lafabrica Madrid<br />

Marina Abramovic, Balkan Baroque,1997, Hangar Bicocca Milano<br />

http://www.flashartonline.it/OnWeb/MARINA_ABRAMOVIC.htm<br />

http://www.whitneygen.org/

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