PODESTA'E VINTERA: RITORNO ASAVONA ... - Villa Cambiaso
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villacambiaso<br />
DIMORA STORICA • MUSEO CAMBIASO • ASSOCIAZIONE D’ARTE, CULTURA E COLLEZIONISMO<br />
Pubblicazione di informazione, arte e cultura N. 13, gennaio 2002 Reg. Trib. di Savona, reg. period., n. 519/2001 Sped. in a. p. art. 2 comma 20/C, legge 662/96 Savona<br />
Direttore editoriale: Pio Vintera Direttore responsabile: Ferdinando Molteni www.villacambiaso.it cambiaso@freemail.it tel. 019822546 fax 019806657<br />
Editore: Editoriale Darsena Direzione, redazione e amministrazione: via Torino 10, Savona Stampa: Cooptipograf, c.so Viglienzoni 78r, Savona Stampato e distribuito in 6000 copie<br />
Piccoli equivoci<br />
Priamàr<br />
e dinamite<br />
Qualche anno fa, un consigliere del comune<br />
di Savona offrì di pagare di tasca propria la<br />
dinamite occorrente a far saltare in aria il<br />
Priamàr. Ogni volta che il bilancio comunale<br />
viene pubblicato, l’ardita proposta trova<br />
nuovi sostenitori, tanto è lo sconforto per i<br />
miliardi di risorse pubbliche divorate dal simbolo<br />
della prevaricazione e della vendetta<br />
genovesi. Una vendetta che, più ancora che<br />
nel calamitoso XVI secolo, sembra aver sortito<br />
i suoi effetti ai giorni nostri, costringendo<br />
la città a dissanguarsi per tenere in piedi la<br />
sinistra fortezza.<br />
Dinamite e vendette a parte, resta il fatto che<br />
il Priamàr è tra le croci più pesanti che le<br />
amministrazioni cittadine si son trovate a portare<br />
negli ultimi decenni. Senza peraltro fare<br />
mai niente per alleviarne il peso.<br />
Anni fa ci guadagnavamo da vivere scrivendo<br />
cronache per “Il Secolo XIX”. Erano gli anni,<br />
tra fine Ottanta e primi Novanta, di amministrazioni<br />
i cui membri, in quanto a capacità<br />
improvvisative, avrebbero fatto indivia al più<br />
celebrato complesso be-bop. Un giorno, tanto<br />
per dimostrare che del Priamàr ci si continuava<br />
ad occupare, uno sparuto manipolo di consiglieri<br />
e giornalisti, guidati da un allampanato<br />
vicesindaco, si arrampicò fin sul desolato<br />
promontorio. I lavori di ripristino erano di là<br />
da venire, la vegetazione dominava ancora il<br />
paesaggio intra-moenia e gli amministratori,<br />
col naso all’insù e coll’indice puntato, parevano<br />
sfidarsi alla proposta più intelligente:<br />
«qui ci metterei un ristorante» diceva uno,<br />
«qua non vedrei male un solarium» aggiungeva<br />
l’altro, «che ne direste di un piano-bar proprio<br />
sotto la Sibilla?» osava un terzo. Dalla<br />
jam-session di proposte uscimmo, il collega<br />
de “La Stampa” e noi, francamente intristiti.<br />
Più di un decennio è trascorso, ma la vocazione<br />
jazzistica delle nostre amministrazioni non<br />
è mai venuta meno. Il Priamàr ha rischiato di<br />
diventare una sorta di Disneyland del Ponente<br />
ligure, la necropoli bizantina ha vibrato agli<br />
ipnotici ritmi della dance contemporanea, il<br />
frangersi delle onde che consolava Mazzini<br />
prigioniero è stato sostituito dal vociare di<br />
osti e avventori, sul pavimento — non è<br />
molto — sono spuntati turgidi funghi porcini.<br />
Fortunatamente, apprendiamo dai giornali,<br />
alcuni imprenditori milanesi avrebbero inviato<br />
al Comune una lettera (sic) nella quale<br />
sarebbe contenuta una proposta concreta di<br />
gestione della fortezza. Nient’altro è dato<br />
sapere. Palazzo Sisto, solitamente prodigo di<br />
notizie ai giornali, sul contenuto e sui mittenti<br />
della misteriosa epistola nicchia.<br />
Sempre ai tempi in cui sbarcavamo il lunario<br />
nell’amato quotidiano cittadino, ci capitò di<br />
discutere del problema-Priamàr con due<br />
esperti al di sopra d’ogni sospetto: il gentile<br />
Edoardo Benvenuto, allora preside della<br />
facoltà d’architettura di Genova e Bruno<br />
Zevi, che disturbammo all’ora del té. I compianti<br />
Benvenuto e Zevi, alla domanda su<br />
cosa fare della fortezza di Savona ci dettero la<br />
stessa risposta, che così sintetizziamo: «Fate<br />
come hanno fatto gli altri. Non c’è nulla da<br />
inventare, ma solo da imparare da chi ha<br />
affrontato il problema prima di voi. Guardate<br />
a Castel dell’Ovo di Napoli, alla fortezza di<br />
Montepulciano o di Siena…».<br />
Non ricordiamo se l’opinione di Benvenuto e<br />
Zevi fu pubblicata. Ma immaginiamo di sì.<br />
Ferdinando Molteni<br />
Dal 25 gennaio al 15 febbraio due personali di maestri savonesi da tempo assenti dal capoluogo<br />
PODESTA’ E <strong>VINTERA</strong>: <strong>RITORNO</strong> A SAVONA<br />
Due rassegne d’arte, presentate da Silvia Bottaro, e dedicate alla nostra città<br />
Renato Podestà e Pio Vintera appartengono<br />
a due universi artistici piuttosto<br />
lontani. Figli di due generazioni e<br />
temperie culturali differenti, hanno un pubblico<br />
di fedeli appassionati che forse, nell’amare<br />
uno, tende ad ignorare l’altro. Eppure,<br />
Podestà e Vintera, un tratto comune l’hanno:<br />
la naturale ritrosìa non tanto nell’esporre le<br />
proprie opere, quanto nell’imbarcarsi nell’impresa<br />
(perché d’impresa, sempre, si tratta)<br />
di una mostra personale.<br />
A dire il vero, la ritrosìa di Podestà è stata di<br />
recente vinta (il maestro non esponeva dalla<br />
morte di Luigi Pennone, gallerista savonese<br />
spesso evocato su queste pagine) da Silvia<br />
Bottaro che, con l’ausilio del marito Roberto<br />
Debenedetti, ha stretto all’angolo il maestro<br />
e lo ha convinto ad una rentrée — che si è<br />
Pio Vintera, Millesimo, olio su tela, 1982<br />
rivelata trionfale — al Santuario di Savona.<br />
Ma, come si dice, l’appetito vien mangiando<br />
e dunque, visto il successo della rassegna e il<br />
fatto che tanti, in città, non avevano potuto<br />
Sulla scia dei ricordi… quando a proposito del<br />
nostro cammino terreno gli incontri lasciano tracce<br />
più o meno evidenti, quando le emozioni o le passioni<br />
coinvolgono in un reciproco dialogo, nel momento<br />
della sosta, la realtà a posteriori ci appare come se avessimo<br />
vissuto più vite.<br />
Frazioni dall’intensità sincera di quel momento ormai trascorso<br />
per sempre.<br />
Ripetendo gesti, sorrisi, parole, lacrime, entusiasmi, illusioni,<br />
fatiche e quant’altro? Mentre il sole tramonta e si<br />
leva nuovamente al nuovo giorno sul sentiero del nostro<br />
cammino verso l’ineluttabile meta.<br />
«L’uomo è colui che è», sembra dire Giuseppe Bertolazzi<br />
con tutto il bagaglio delle proprie aspettative o dei propri<br />
drammi. Ogni tempo della storia vede l’affannarsi verso i<br />
bisogni primari insieme alla ricerca intellettuale e spirituale,<br />
inevitabile la violenza nel “violarsi” per mezzo dell’errore.<br />
Per Bertolazzi la figura umana si trasfigura in una realtà<br />
libera e incondizionata lontana dalle problematiche conflittuali<br />
tra uomo e società, tra angosce esistenziali e piaceri<br />
materiali.<br />
Per Bertolazzi, che non si pone come spettatore ma vive<br />
sulla propria pelle ogni esperienza, l’uomo a confronto<br />
con il prossimo è sostanzialmente simile, dallo scienziato<br />
all’uomo d’affari, dall’analfabeta all’artista, dallo scellerato<br />
all’asceta.<br />
Renato Podestà, Incontro in Via alla Stazione,<br />
olio su cartone, 2001<br />
arrampicarsi fin nel cuore della valle del<br />
Letimbro, si è pensato ad una sorta di “replica<br />
urbana” della mostra. Anche se di replica,<br />
a dire il vero, non si tratterà. Podestà ha pro-<br />
dotto alcuni nuovi straordinari dipinti dedicati<br />
al centro di Savona che andranno ad<br />
aggiungersi ad altri, esclusi dalla mostra del<br />
Santuario, perché “fuori tema” (l’esposizione<br />
era, infatti, dedicata alla valle e ai luoghi<br />
di Nostra Signora di Misericordia). E, nella<br />
mostra di <strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong>, dovrebbero trovar<br />
posto — se le ultime resistenze del maestro<br />
saranno vinte — alcune tavole della sua<br />
imponente autobiografia per immagini. Un<br />
documento ricco di umorismo, autoironia,<br />
amore per l’arte e per le persone, che testimonia<br />
di un talento, invero un po’ nascosto,<br />
di disegnatore e vignettista davvero fuori dal<br />
comune.<br />
Alla mostra di Podestà, che aprirà la stagione<br />
2002 delle attività della villa, seguirà quella<br />
di Pio Vintera che della villa, è inutile tacerlo,<br />
è appassionato animatore. L’impresa di<br />
convincere Vintera ad affrontare una nuova<br />
personale dopo anni di silenzio, è toccata,<br />
ancora una volta, ad alcuni amici.<br />
Il maestro, che a realizzare una personale<br />
all’interno della dimora storica era stato vicino<br />
più volte (sempre rinunciando all’ultimo<br />
momento), obiettava che il suo poteva apparire<br />
come lo sfruttamento di una “posizione<br />
dominante”, in quanto patron della villa.<br />
Tuttavia, le insistenze di colleghi, collezionisti,<br />
appassionati della sua pittura e, da ultimo,<br />
la disponibilità di Silvia Bottaro e chi<br />
scrive a curare la rassegna, lo hanno convinto.<br />
Sarà, dunque, un’occasione da non perdere<br />
per ammirare dipinti mai esposti, tele di<br />
grandi dimensioni e opere più contenute tutte<br />
dedicate alla particolare ricerca di Vintera<br />
sulla città di Savona ma, anche, ad alcuni<br />
luoghi cari all’artista, mete affettive e spirituali.<br />
Un anno fa, improvvisamente, moriva uno dei più originali e generosi pittori liguri<br />
GIUSEPPE BERTOLAZZI, ARTISTA ROMANTICO<br />
«Per lui la figura umana si trasfigura in una realtà libera e incondizionata»<br />
F.M.<br />
Con questa impronta, la personalità dell’artista si fa<br />
romantica e bohemien. L’opera d’arte viene alla luce con<br />
qualsiasi oggetto che abbia suscitato un qualche interesse,<br />
le mani improvvisano come un abile prestigiatore un<br />
momento cosciente e insieme allusivo, giocando come un<br />
bambino carpisce allo spazio la bellezza poetica del soffio<br />
creatore e, per magia, intorno il silenzio si fa musica.<br />
Un desiderio ci prende, confondendo per un secondo l’aspetto<br />
esteriore di Bertolazzi, quello di poter ascoltare<br />
rapiti, i trilli del Guarneri, il violino dal quale non si<br />
separò mai l’enigmatico Paganini…<br />
Ed ancora: dalle profondità antiche sentire giungere l’eco<br />
della conturbante poesia di un Tristan Corbière: «Mon<br />
passé: c’est ce que j’oublie. / La seule chose qui me lie, /<br />
c’est ma main dans mon autre main. / Mon souvenir:<br />
Rien. / C’est une trace / mon présent: c’est tout ce qui<br />
passe. / Mon avenir: demain demain».<br />
Di Giuseppe Bertolazzi: «Io qua, tu là: / io e te. /<br />
Comunque, oggi. / Domani? / Domani».<br />
Lasciando ai critici d’arte la lettura della produzione artistica<br />
di Giuseppe Bertolazzi, mi sono permessa di rammentarlo<br />
a modo mio, in un saluto che abbraccia coloro<br />
che sono prematuramente scomparsi e che hanno dato,<br />
nei più svariati compiti, un’impronta alla contemporaneità<br />
della provincia di Savona.<br />
Silvana Alliri Venturino<br />
Mostre e incontri a <strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong><br />
Gennaio, febbraio e marzo<br />
25 gennaio-2 febbraio<br />
Dipinti dagli anni 70 ad oggi<br />
opere di<br />
Renato Podestà<br />
3-15 febbraio<br />
Il volto della città<br />
opere di<br />
Pio Vintera<br />
16-26 febbraio<br />
Silenzi e ombre dall’estremo Ponente<br />
fotografie di<br />
Luigi Betocchi<br />
2-15 marzo<br />
Antologica<br />
opere di<br />
Remo A. Borzini<br />
16-22 marzo<br />
Personale<br />
opere di<br />
Maristella Bono<br />
23-29 marzo<br />
Collettiva d’arte<br />
6-12 aprile<br />
Ceramiche e dipinti<br />
opere di<br />
Caterina Massa<br />
Novità!!!<br />
Premio<br />
<strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong><br />
2002<br />
Il bando a pagina 4<br />
Muore un grande artista<br />
ADDIO SABATELLI<br />
Fu un eccellente pittore e scultore<br />
Non è azzardato affermare che con la<br />
scomparsa di Antonio Sabatelli (in<br />
arte Saba Telli), una straordinaria stagione<br />
artistica si chiude inesorabilmente.<br />
Ricorderemo, com’è doveroso, il grande artista<br />
in un prossimo numero di “<strong>Villa</strong><br />
<strong>Cambiaso</strong>.<br />
Nella foto: Omaggio a Govi, Confucio di<br />
Genova, olio su tela, cm. 100x70, 1980 circa.
La scomparsa di Luciano De Giovanni, cantore del paesaggio<br />
MORTE DI UN POETA<br />
In uscita, proprio in questi giorni, la ristampa dei primi tre volumi di versi<br />
Nella pressoché totale apatia e<br />
distrazione di giornali e riviste<br />
letterarie, è d’obbligo segnalare<br />
la recente scomparsa di un grand’uomo,<br />
poeta ed amico: Luciano De Giovanni.<br />
Cara e umanissima presenza, rimane a<br />
noi, tuttavia, prepotentemente avvinto<br />
alla sua pagina:<br />
Io poi<br />
quando sarete andati<br />
e avrò sparecchiato<br />
e lavato i piatti<br />
e tolte le cicche<br />
dai portaceneri<br />
mi sdraierò per terra<br />
e guarderò dal basso<br />
questo mondo inutile<br />
ancora sporco di chiasso.<br />
Vi è, in lui, il bisogno di salvare il paesaggio,<br />
di eternarlo. Il paesaggio, luogo<br />
ove nasce, vive e muore l’esperienza del<br />
creato, è nello spazio e nel tempo e l’autore<br />
definisce Dio non un’essenza ricavata<br />
da un’ansia religiosa, ma il sub-strato<br />
che dà continuità al paesaggio medesimo:<br />
La pioggia annega fanali<br />
il selciato è umide stelle<br />
preme la notte<br />
sul mio parapioggia.<br />
Trascino il peso delle amaritudini<br />
nel tremolio delle pozzanghere.<br />
Mi regge Gesù il Signore<br />
mio fratello maggiore.<br />
Tempo, sogni, nuvole, vento, sono gli<br />
elementi di cui si nutre la poesia di<br />
Luciano De Giovanni e tutti conservano,<br />
nella loro assidua presenza, la connotazione<br />
di “rifugio” che pervade l’intera<br />
produzione dell’autore e che è, forse, la<br />
metafora del suo dire poetico:<br />
I miei sogni<br />
sono volati<br />
sulla collina.<br />
Io con loro<br />
come una nube inseguita<br />
e combattuta dal vento.<br />
La sua vena è lineare, d’una semplicità<br />
che commuove, rivolta a persone ch’egli<br />
ama e che il suo amico pittore Enzo<br />
Maiolino ha effigiato.<br />
Luciano nasce a Sanremo nel 1922, da<br />
padre piemontese e madre francese<br />
(“Francese, dolce lingua / di mia madre //<br />
dolce come il suo cuore // timido / come<br />
il suo amore / nascosto // come i rintocchi<br />
/ d’una mia nostalgia.”). Tale condizione<br />
ha sicuramente influenzato la sua<br />
natura; non a caso, l’altro grande d’occidente,<br />
Francesco Biamonti, è intriso di<br />
cultura francese.<br />
Disponibile alle amicizie con assolutezza<br />
(ed io ne sono, immeritatamente, testimone),<br />
ha fortuna negli incontri letterari con<br />
persone come lui, miti e non ossessionate,<br />
quanto inadatte al successo: Carlo<br />
Betocchi, Camillo Sbarbaro, Angelo<br />
Barile, Enzo Maiolino, Luigi Betocchi,<br />
Bruno Fonzi, Giacomo Natta, Mariella<br />
Rolfo - “pittrice di silenzi” 1, ma l’elenco<br />
potrebbe ancora continuare.<br />
Nella sua minuta casa, al riparo dalle traversie<br />
della vita che lo hanno duramente<br />
visitato, Luciano ha conservato, con inesausta<br />
e maniacale cura, i “fragili” manoscritti,<br />
che ci dicono di lui. Fra di essi<br />
uno stupendo inedito, Le case vicino al<br />
torrente, opera narrativa che ho avuto il<br />
privilegio di leggere e che aspetterebbe<br />
un editore, in una società libraria meno<br />
cieca.<br />
Sentire parlare Luciano con tono pacato,<br />
da nonno a nipote, è una esperienza che<br />
ringrazio d’aver avuto. Affascinata dalla<br />
sua persona e dalla sua opera (non<br />
dimentico certo l’affettuosa premura con<br />
cui ha seguito la mia tesi di laurea sulla<br />
sua produzione poetica, il pudore con cui<br />
mi ha fornito tutto ciò che il suo archivio<br />
possedeva e il dissapore con il quale mi<br />
comunicò, malato, di non poter percorrere<br />
la distanza da Sanremo a Genova, per<br />
presenziare alla discussione del mio lavoro),<br />
ho avuto modo di realizzare un’amicizia<br />
che è uno degli affetti più tenaci che<br />
posseggo.<br />
Al pubblico dei lettori rimane oggi l’ultima<br />
testimonianza del poeta di Sanremo.<br />
Per le edizioni Philobiblon di<br />
Ventimiglia, esce, in queste ore, il cofanetto<br />
che raduna, in un’unicum davvero<br />
straordinario, le tre prime prove poetiche<br />
degiovannee, Viaggio che non finisce<br />
(Rebellato, Padova, 1957), Cautamente<br />
presente (Managò, Bordighera, 1987), Il<br />
bosco (Managò, Bordighera, 1986),<br />
introdotte da un illuminante saggio critico<br />
di Stefano Verdino e accompagnate,<br />
quasi per mano, da una plaquette di<br />
Domenico Astengo, Caro Domenico…,<br />
che si configura quale saggio-intervista,<br />
da oggi indispensabile strumento per la<br />
comprensione della poetica dell’autore.<br />
Paola Mallone<br />
1 Cfr. Luciano De Giovanni, Mariella Rolfo, pittrice di<br />
silenzi, in “Provincia d’Imperia”, n. 49, 1991, p. 27.<br />
In alto, Luciano De Giovanni visto da Enzo Maiolino in un disegno del 1957. In basso, il poeta in<br />
occasione della presentazione (Sanremo, 1993) di Tentativo di cantare una nuvola. Oltre a De<br />
Giovanni si riconoscono, da sinistra, Luigi Betocchi, Stefano Verdino e Vanni Scheiwiller.<br />
Qualche anno fa un gruppo di cittadini savonesi visitò, accolto con calore, l’omonima cittadina canadese<br />
SAVONA NEL PAESE DELLE GIUBBE ROSSE<br />
Una proposta di gemellaggio, a suo tempo presentata, non fu presa in considerazione dalla nostra amministrazione<br />
Nel precedente numero di “<strong>Villa</strong><br />
<strong>Cambiaso</strong>” abbiamo raccontato di<br />
come all’altro capo del mondo, nel<br />
continente nordamericano, esistano ben tre<br />
città chiamate Savona, due delle quali situate<br />
negli Stati Uniti, la terza in Canada. Tutte e tre,<br />
abbiamo detto, furono fondate all’inizio della<br />
seconda metà del secolo XIX da alcuni savonesi<br />
emigrati nel Nuovo Mondo in cerca di<br />
fortuna. Concittadini di cui, purtroppo, non<br />
sappiamo nulla, neppure il nome, ma che, evidentemente,<br />
ebbero sempre cara la terra di<br />
Liguria che aveva dato loro i natali.<br />
Dell’esistenza di quelle tre città, in verità, si è<br />
sempre saputo: nel civico Archivio di Stato<br />
sono conservate, infatti, alcune lettere scritte<br />
nel lontano 1933 dai sindaci di quelle città al<br />
podestà di Savona Giuseppe Aonzo.<br />
L’interesse verso questa realtà ai piú sconosciuta<br />
ha spinto, poco piú di tre anni fa, i dirigenti<br />
dell’associazione “A-Storia” a tentare di<br />
stabilire un qualche tipo di rapporto con le<br />
Savona d’Oltreoceano e con quella canadese in<br />
particolare. Ad un primo contatto stabilito l’8<br />
ottobre 1998, è seguita un’intensa corrispondenza:<br />
il Major dell’amministrazione civica di<br />
Kamloops, Cliff G. Branchflower, ha immediatamente<br />
manifestato apertamente l’intenzione<br />
di porre le basi per un vero e proprio gemellaggio<br />
tra la Savona italiana e quella canadese.<br />
Il 14 luglio 1999, addirittura, inviato appositamente<br />
da Branchflower per sondare il terreno<br />
sulla fattibilità di questa iniziativa, è giunto<br />
nella nostra città il Chief Administrative<br />
Officer di Kamloops, Joe E. Martignago (dalle<br />
lontane origini trevigiane): questi si è incontrato<br />
con Ignazio Polizzi e Giuseppe Ciccone,<br />
presidente de “A-Storia”, e ha dato loro carta<br />
bianca relativamente all’attuazione del progetto<br />
di gemellaggio tra la sua città e la nostra.<br />
Una richiesta ufficiale, in tal senso, fu dunque<br />
presentata alla nostra giunta comunale nell’autunno<br />
di quel 1999: ma la cosa, come è evidente,<br />
non ha avuto alcun seguito.<br />
A tutt’oggi, dunque, non esiste alcun tipo di<br />
legame o rapporto diretto tra la nostra amministrazione<br />
civica e quella del paese delle<br />
Giubbe Rosse.<br />
Fortunatamente, della Savona canadese, in<br />
questi ultimi giorni, abbiamo appreso qualcosa<br />
di più grazie alla testimonianza di Elvio<br />
Montecucco, già titolare della Agenzia di viaggi<br />
“Priamar”, gentilmente indicatoci dal professor<br />
Stefano Giacardi, l’attuale titolare con<br />
Silvia Frumento.<br />
«Mi sono recato a Savona, in Canada, insieme<br />
ad una quarantina di nostri concittadini, alla<br />
fine dell’estate del 1995 — ha raccontato<br />
Montecucco — in occasione di un viaggio<br />
turistico organizzato dalla nostra agenzia e che<br />
si svolse tra il 27 agosto ed il 13 settembre di<br />
quell’anno. Il corrispondente locale dell’agenzia<br />
organizzatrice, in America, ci aveva detto<br />
di aver scoperto casualmente che in Canada,<br />
nella regione High Country, nello Stato della<br />
British Columbia, pareva esistesse una città<br />
omonima della nostra, affacciata sul lago di<br />
Kamloops. Incuriositi della cosa, decidemmo<br />
dunque di visitarla, desiderosi di scoprire il<br />
motivo di quell’omonimia. Durante la tappa di<br />
trasferimento in pullman da Vancouver a<br />
Kamloops, compiendo una breve deviazione,<br />
giungemmo così in quella città. La prima cosa<br />
che notammo, non appena la Savona canadese<br />
si presentò di fronte ai nostri occhi, nel<br />
momento in cui, col nostro pullman, arrivammo<br />
sulla sommità di un promontorio panoramico,<br />
fu la sua incredibile somiglianza con una<br />
delle tante cittadine della nostra Riviera ligure.<br />
Giunti poi in città, venimmo accolti dalla<br />
popolazione locale in un’atmosfera di simpatica<br />
cordialità. Naturalmente avevamo preannunciato<br />
il nostro arrivo nei giorni precedenti.<br />
Portavamo con noi i saluti del nostro sindaco<br />
di allora, Francesco Gervasio, dell’associazione<br />
“A Campanassa” e dell’Ente Provinciale<br />
per il Turismo, da noi debitamente informati<br />
dell’esistenza di questa cittadina americana.<br />
Nell’occasione, il Sindaco di Savona ci aveva<br />
pregato di far dono alla comunità canadese di<br />
alcuni opuscoli e depliants sulle bellezze della<br />
nostra città. Il presidente de “A Campanassa”,<br />
Rocco Peluffo, ci aveva invece incaricato di<br />
consegnare al Sindaco della cittadina americana<br />
un bel piatto di ceramica e, analogamente, i<br />
2<br />
dirigenti dell’Ente Provinciale per il Turismo<br />
ci avevano affidato un elegante vaso in ceramica<br />
bianca e blu. L’accoglienza che la comunità<br />
di Savona ci riservò fu a dir poco calorosa: il<br />
Sindaco e la moglie ci riservarono lo stesso<br />
trattamento che, di solito, si dedica alle alte<br />
autorità. Tutti ci accolsero in modo commovente,<br />
semplice e spontaneo, quasi fossimo<br />
stati dei lontani parenti. Fummo subito festosamente<br />
circondati da moltissime persone, alcune<br />
delle quali indossavano delle vistose bluse<br />
gialle recanti in grandi caratteri la scritta<br />
“Savona Lions Club”. Ricordo anche che<br />
fummo intervistati da una simpatica giornalista<br />
di una emittente televisiva regionale e, che,<br />
nell’occasione, fu realizzato un servizio che fu<br />
poi trasmesso in tv quella sera stessa.<br />
Consegnammo al Sindaco i doni che ci erano<br />
stati affidati dalle nostre autorità cittadine,<br />
ricevendo in cambio da questi un martelletto di<br />
legno: il Mayor della Savona canadese era<br />
infatti anche un giudice. Naturalmente, rientra-<br />
Savona, British Columbia (Canada). Il<br />
“Balancing Rock” sul lago di Kamloops<br />
(foto fornita da E. Montecucco)<br />
ti in Italia, provvedemmo a consegnare al sindaco<br />
Gervasio il prezioso oggetto. L’incontro<br />
proseguì poi in un pub, dove era stato allestito<br />
un bel rinfresco in nostro onore. Ci ritrovammo,<br />
così, quasi senza accorgercene, davanti ad<br />
un numero incredibile di grandi boccali di<br />
birra e ad alcuni invitanti prodotti della cucina<br />
locale. Il Sindaco, o meglio il Presidente della<br />
Comunità, era una persona davvero squisita e<br />
affabile; ricordo ancora come si distinguesse<br />
per la sua snellezza dai suoi concittadini, tutti<br />
invece decisamente panciuti, ma comunque di<br />
carattere allegro, sempre pronti alla risata e<br />
gran bevitori di birra... tipici soggetti da film<br />
western americani. Le signore, poi, esprimevano<br />
la simpatia delle persone semplici, gentili e<br />
sempre sorridenti.<br />
Parlando con l’impiegata postale della cittadina<br />
canadese, apprendemmo inoltre come, negli<br />
anni successivi alla fine dell’ultima guerra<br />
mondiale, molta corrispondenza spedita dagli<br />
Stati Uniti o da altri stati americani venisse a<br />
volte erroneamente recapitata in Canada,<br />
creando difficoltà e confusione.<br />
Situata 300 km. a Nord Est di Vancouver, la<br />
città di Savona è adagiata sulle rive della punta<br />
occidentale del lago di Kamloops (nome che,<br />
nella lingua indiana Shuswap, sta a significare<br />
“Punto d’incontro”), a Nord del Logan Lake,<br />
lungo la Highway n. 1 (autostrada anche conosciuta<br />
col nome di Transcanada Highway), ai<br />
piedi delle Montagne Rocciose, nella regione<br />
High Country, nello Stato della British<br />
Columbia, la più grande delle dieci provincie<br />
che compongono il Canada.<br />
È davvero una piacevole cittadina, totalmente<br />
immersa nella rigogliosa vegetazione canadese,<br />
incastonata in un panorama naturale di stupenda<br />
bellezza. A Sud di Savona si innalza il<br />
Mount Savona, una montagna dall’aspetto un<br />
po’ selvaggio. L’area in cui sorge Savona è<br />
compresa all’interno di un altipiano caratterizzato<br />
in particolar modo da alcuni dei più grandi<br />
ranches per l’allevamento del bestiame esistenti<br />
in tutto il Nord America. Visitando il territorio<br />
circostante, tra l’altro, è possibile compiere<br />
dei bellissimi percorsi guidati a cavallo,<br />
arrivando ad esplorare l’area desertica della<br />
Deadman’s Creek Valley, punteggiata da cactus<br />
e da stupefacenti formazioni rocciose.<br />
Fra le colline aride, punteggiate da piccoli<br />
cespugli di artemisia, ma prevalentemente<br />
desertiche, che si incontrano prima di giungere<br />
al lago di Kamloops, si incontrano molte piantagioni<br />
di GinSeng: proprio qui, nella Savona<br />
canadese, se ne trova la piantagione più grande<br />
del mondo.<br />
La comunità di Savona vive di agricoltura,<br />
industria del legno e turismo; un migliaio di<br />
persone, che, durante la stagione turistica, possono<br />
anche arrivare a superare il numero di<br />
tremila. Diffusi sono lo sport acquatico e la<br />
pesca delle trote, che vivono in abbondanza<br />
nel lago di Kamloops.<br />
Nel suo complesso, la Savona canadese si presenta<br />
formata da un’agglomerato di casette a<br />
uno o due piani, tutte circondate da giardini<br />
curatissimi ed eleganti. La comunità ha il centro<br />
della sua vita religiosa in una bella chiesetta<br />
anglicana, posta al centro della cittadina.<br />
Numerosi sono i parchi ben tenuti, con le grandi<br />
aiuole fiorite. Meravigliosi i paesaggi che si<br />
possono osservare di fronte e alle spalle del<br />
centro abitato. La strada che costeggia il lago,<br />
per oltre due km., è caratterizzata da splendidi<br />
boschetti di conifere e di pini, in un’oasi di<br />
autentica pace e tranquillità.<br />
L’attrattiva turistica della cittadina è rappresentata<br />
dal “Balancing Rock”, ossia “la roccia<br />
in equilibrio” una grossa pietra rimasta in bilico<br />
sulla sommità di una colonna di pietra dai<br />
tempi dell’ultima glaciazione: una formazione<br />
rocciosa molto simile al nostro “fungo” di<br />
Piana Crixia. Il “Balancing Rock” rappresenta<br />
il simbolo di Savona in Canada, così come la<br />
Campanassa o la Torretta sono il simbolo della<br />
nostra Savona. Naturalmente, quindi, suscitò<br />
grande meraviglia nella popolazione locale una<br />
fotografia che, fra le tante che avevamo portato<br />
dalla nostra città, riproduceva proprio il<br />
“fungo di Piana Crixia”.<br />
La città di Savona fu fondata nel 1850 da un<br />
nostro concittadino, un certo Giovanni Velatti,<br />
all’epoca emigrato in Nordamerica in cerca di<br />
fortuna. Il Velatti si guadagnava da vivere traghettando<br />
tra una sponda e l’altra del lago di<br />
Kamloops i cercatori d’oro, che a quel tempo<br />
confluivano nella zona dagli Stati Uniti e dal<br />
Canada. In breve tempo, Giovanni Velatti ben<br />
comprese come le possibilità di ricchezza<br />
sarebbero a lui derivate più dall’uso di quel<br />
traghetto che dalla frenesia della caccia al prezioso<br />
metallo: decise quindi di stabilirsi in<br />
quel luogo e di dar vita ad un nucleo abitato.<br />
Secondo quanto si racconta, il Velatti decise di<br />
battezzare il villaggio da lui fondato col nome<br />
della sua città natale poichè l’aspetto paesaggistico<br />
di quel luogo, affacciato sul lago, gli<br />
ricordava moltissimo quello della terra in cui<br />
aveva vissuto gli anni più belli della sua giovinezza.<br />
Tutt’intorno, rapidamente, si andò così<br />
formando un fiorente centro urbano, processo<br />
che si intensificò ancor più quando, intorno al<br />
1870, la linea ferroviaria raggiunse la cittadina.<br />
Insieme al Velatti viveva allora nel villaggio<br />
un altro suo conterraneo ligure, Angelo<br />
Pendola, tuttora ricordato per aver fondato in<br />
quel luogo una famosa fabbrica di birra.<br />
Tornati che fummo in Italia, compimmo alcune<br />
ricerche su questi due personaggi, purtroppo<br />
infruttuose: pare che il Velatti avesse origini<br />
varazzine, ma, su questo, non v’è nulla di sicuro.<br />
Ad ogni buon conto, una lapide commemorativa,<br />
posta a poca distanza dal “Balancing<br />
Rock”, ricorda ancora oggi a tutti i visitatori<br />
come la cittadina canadese sia stata fondata nel<br />
1850 dal savonese Giovanni Velatti.<br />
La nostra permanenza nella cittadina candese<br />
durò appena lo spazio di un pomeriggio, il<br />
tempo sufficiente, comunque, per lasciare in<br />
ciascuno di noi un indelebile ricordo.<br />
Inevitabilmente, esaurimmo le esigue riserve<br />
di cartoline e souvenirs presenti nell’unico<br />
supermercato. La nostra visita, come ho già<br />
detto, venne trasmessa, in serata, in televisione:<br />
un modo, questo, per portare nelle case di<br />
migliaia di Canadesi i saluti della “nostra”<br />
Savona».<br />
Sarebbe davvero bello se, qualcuno, prima o<br />
poi, si occupasse di riprendere ed approfondire<br />
i contatti tra la nostra città e i nostri “cugini”<br />
canadesi. Un atto quasi doveroso, ora che,<br />
almeno, tutti sappiamo della loro esistenza.<br />
Giuseppe Milazzo
Personale, dal 25 gennaio al 2 febbraio, con opere degli ultimi trent’anni<br />
LA POESIA DI PODESTA’<br />
In mostra i dipinti savonesi e quelli del “periodo francese”<br />
Dopo il grande successo della<br />
mostra personale di Renato<br />
Podestà, in buona parte dedicata<br />
al Santuario di Savona, tenutasi<br />
lo scorso autunno nel Palazzo delle<br />
Azzarie — un contenitore storico che<br />
dal mese di marzo 2001 ospita appuntamenti<br />
culturali di indubbio interesse<br />
(la prima mostra qui organizzata da<br />
chi scrive, ha visto quale protagonista<br />
la personale pittura di Arturo Santillo)<br />
— Podestà si ripropone all’attenzione<br />
della critica e del pubblico con una<br />
rassegna di opere dal carattere più<br />
antologico. La timidezza, la riservatezza<br />
dell’uomo, lo spingono ad essere<br />
presente nella cornice particolare di<br />
<strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong> per stupirci, ancora<br />
una volta, con i suoi quadri datati<br />
1970-2001. Una sorta di viaggio nel<br />
suo far pittura dal vivo e attraverso<br />
ricordi vivaci ed attenti. In questa<br />
sorta di “diario di viaggio” nei luoghi<br />
meglio conosciuti da Podestà è di<br />
aiuto al nostro autore, non solo una<br />
memoria formidabile, ma pure il “diario”<br />
quotidiano da lui vergato di volta<br />
in volta con arguti bozzetti e caricature<br />
riguardanti gli incontri della giornata<br />
e gli avvenimenti accaduti nella<br />
più viva contemporaneità. Podestà lo<br />
custodisce con geloso riguardo e evita<br />
sguardi impertinenti ma, qualche<br />
volta, gli sfugge un riferimento oppure,<br />
per gli amici più veri, sfoglia qualche<br />
pagina e… allora si vedono i suoi<br />
tratti sapienti e ironici ricordare visivamente<br />
le persone che frequentavano<br />
il suo studio — da Renzo Aiolfi a<br />
Pennone —, gli incontri casuali, l’animazione<br />
presso la Galleria<br />
Sant’Andrea. Questo “diario” è una<br />
sorta di cronaca per immagini di una<br />
Savona che, purtroppo, è sempre più<br />
rara. L’amore per la sua città è, poi,<br />
sottolineato dai tanti quadri aventi per<br />
tema via Paleocapa, piazza dei<br />
Popolo, via Luigi Corsi, piazza dei<br />
Consoli, alcune facciate delle chiese<br />
cittadine, alcuni momenti vissuti<br />
all’interno di esse (un’opera ricorda il<br />
senatore Varaldo).<br />
Una Savona ricca di vita partecipativa,<br />
una città amata per il suo grande<br />
passato che diviene propedeutico,<br />
secondo Podestà, per una qualità della<br />
vita fatta di cultura, di colori, di architetture<br />
da salvare, da conoscere, da<br />
amare di più. Messaggi senza tempo e<br />
che inducono alla riflessione.<br />
Si potranno, inoltre, osservare i quadri<br />
creati dal vivo durante la sua frequentazione<br />
francese: opere ampie, dai<br />
colori più tersi e luminosi propri di un<br />
pittore pastellista dove l’atmosfera è<br />
completamente diversa da quella che<br />
si respira nelle opere aventi per tema<br />
Savona. Da questo contrasto pare<br />
emergere la voce di Podestà ad invitarci,<br />
in qualche modo, ad approfondire<br />
la cultura francese, quella voglia di<br />
passeggiare insieme, di guardare le<br />
costruzioni dei vari luoghi, di vivere<br />
in consonanza di intenti per conoscere<br />
meglio la propria storia, la propria<br />
civiltà. Non vi è nostalgia, ma solo<br />
desiderio del bello.<br />
Il colore è un comune denominatore<br />
dell’opera pittorica di Podestà, un<br />
decano savonese in tal senso, che ha<br />
ancora una tavolozza vivida, vivace,<br />
fresca come è la sua voglia di dialogo<br />
che le sue tavolette e tele sono capaci<br />
di inventare. Ecco perché la pittura di<br />
Podestà ha così successo. Colori originali,<br />
nei verdi delle sue ubertose<br />
piante, negli azzurri luminosi dei suoi<br />
cieli al Santuario, nei rossi-viola di<br />
alcune sue nature morte (le sapide<br />
rape e cipolle), nei gialli smorzati e<br />
poetici delle corolle di alcuni suoi<br />
fiori dal silente richiamo alle sfumature<br />
di De Pisis, colori personali di una<br />
tavolozza che nel tempo si è affinata,<br />
ha perso gli accenti forti per regalarci<br />
una poesia ricca ed interiore. Questa è<br />
la magia della pittura di Renato<br />
Podestà. Un artista da scoprire quadro<br />
dopo quadro nella semplice verità del<br />
suo segno, della sua composizione,<br />
dei suoi colori. Mi sembrano appropriati<br />
i versi di Anna Merlotti (pittrice<br />
e scrittrice) per concludere queste<br />
brevi note: «Guardare tra le foglie<br />
deliranti del fico / a ridosso dei vecchio<br />
muro di pietra a secco, / i colori<br />
irrecuperabili del cielo / certi surreali<br />
guizzi di luce, / certe tenere ambre<br />
azzurre dardeggiate / di gocciole<br />
d’oro, / certe curiose silhouettes che<br />
hanno un che, appena un che, / di<br />
ossessivo, / è andare oltre, di là / della<br />
stessa follia. (A. Merlotti, Colori, in<br />
Quasi vero, Editrice Liguria, Savona<br />
1991, p. 25).<br />
Silvia Bottaro<br />
Nelle immagini: due opere di Renato Podestà<br />
(La polenta, olio su cartone, cm. 50x40, 1996<br />
e Mercato a Digione, olio su cartone, cm.<br />
50x40, 1979) e il pittore accanto ad un’opera<br />
dedicata al Santuario.<br />
A <strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong>, dal 3 al 15 febbraio, si potranno anche ammirare le grandi tele dedicate a Savona<br />
PIO <strong>VINTERA</strong>, IL RACCONTO DELLA CITTA’<br />
«L’artista sembra compiere un’osservazione astronomica del cielo della nostra quotidianità»<br />
Quanti giovani personalità si sono<br />
avvicinate al mondo dell’arte attraverso<br />
sì una propria inclinazione e<br />
sensibilità ma grazie, pure, ad un certo<br />
clima culturale che viveva e lievitava nella<br />
città di Savona con l’attività costante della<br />
Galleria Sant’Andrea, in piazza dei Consoli,<br />
ove il poeta-gallerista Luigi Pennone sapeva<br />
incoraggiare chi voleva esprimersi con i<br />
pennelli, oppure con i versi e le parole. In<br />
tale ambiente (anni Sessanta-Settanta) ha<br />
iniziato a maturare la vena artistica di Pio<br />
Vintera, docente di materie geografico-economiche<br />
presso il locale Istituto Nautico “L.<br />
Pancaldo”, le prime sue mostre, anche collettive,<br />
le ha proprio svolte da Pennone e lì<br />
ha conosciuto gli altri artisti savonesi (da<br />
Caldanzano a Tinti, dalla Minuto a Carlo<br />
Giusto), già affermati alcuni, altri alle prime<br />
armi. Vintera ricorda con lucido rimpianto<br />
quei momenti di crescita assieme a quello<br />
che, in allora, era un mondo culturale molto<br />
vivace e capace di suscitare opinioni, riflessioni.<br />
Tale sentimento non è mera nostalgia<br />
ma voglia di risvegliare, nuovamente, canali<br />
di comunicazioni ove ognuno possa ritrovarsi<br />
e confrontare le idee.<br />
Con una silenziosa caparbietà, da allora,<br />
Vintera ha continuato a dipingere con la<br />
verità del suo tratto inconfondibile (linee<br />
decise e schiette, molto spesso delimitanti i<br />
soggetti raffigurati come fossero una sottolineatura<br />
ulteriore del “pensiero” visivo che<br />
si vuole esplicitare), spesso ha ritratto scorci<br />
di Savona (alcune strade, muri, finestre) in<br />
una sorta di “geografia” interiore della città<br />
per cercare di “congelare” la realtà che<br />
osserva sulla tela. Pare applicare, in un<br />
certo modo, la filosofia dell’arte della fotografia:<br />
catturare una porzione di tempo<br />
attraverso l’immaterialità della luce, fissare<br />
una realtà p ercepibile visivamente. Via<br />
Paleocapa diviene, in tal modo, dilatata<br />
quasi otticamente e fissata nel rosario degli<br />
archi dei suoi portici ottocenteschi.<br />
L’osservatore, così, s’immerge in una veduta<br />
sì reale ma che attraverso il miracoloso,<br />
in un certo senso, far pittura di Vintera,<br />
diviene un sogno: creare una sorta di mondo<br />
illusorio. Le facciate delle eleganti case,<br />
alcune con forti accenti Liberty, si confondono<br />
nel colore unico che le rende eguali, in<br />
fila, contigue in una varietà di frase di una<br />
prosa senza tempo. Scompaiono gli spigoli,<br />
gli angoli di queste nostre architetture pensate<br />
con i vertici acuti, una specie di repulsione<br />
verso chi si avvicina, a guisa di barriera<br />
architettonica culturale che Vintera<br />
vuole appianare, limare nel suo racconto.<br />
Sembra che in questo ampio ciclo di opere<br />
si cerchi di dialogare in modo “piano”,<br />
riscoprendo la forza del parlare e la grande<br />
importanza dell’ascoltare. La quotidianità<br />
(le case dentro le quali scorre la nostra routine<br />
e la nostra vita) diviene l’“oggettivazione”<br />
del potenziale descrittivo e creativo<br />
della raffigurazione pittorica. Vintera si<br />
pone senza alcun filtro di fronte alla realtà,<br />
così come avviene per la fotografia, ma<br />
supera tale limite” perché non celebra la<br />
banalità, non crea il mondo nel suo insieme,<br />
non avverte il bisogno di accumulare un<br />
enorme numero di fotogrammi per attuare<br />
una banca dati dentro una specie di gigantesca<br />
memoria comune. Invece, mi pare di<br />
poter dire che compia esattamente l’opera-<br />
3<br />
zione inversa: l’immagine dipinta della<br />
realtà che lo interessa è singola, è una pagina<br />
originale di una sua personale riflessione<br />
sulla qualità della vita. Non viene mai a<br />
mancare la citazione storica, non si rinnegano<br />
le radici di appartenenza culturale, etnica,<br />
sociale ma si esaltano i motivi comuni<br />
da cui partire per capire meglio dove siamo,<br />
chi siamo. Tale lingua non è circoscritta alla<br />
mera immagine pittorica, è un “esperanto”<br />
senza confini che può dare luogo ad una<br />
realtà diversa che Vintera non vuole far<br />
rimanere solo virtuale. Da questo genere di<br />
“lingua universalis” scaturisce, naturalmente,<br />
un linguaggio artistico: la sua comunicazione<br />
visiva. Non ci dobbiamo soffermare<br />
ed arrestare al mero impatto estetico, questa<br />
pittura, apparentemente semplice, ingenua<br />
nella composizione, sottende una continua<br />
interazione con la cultura contemporanea,<br />
con la possibilità di nuovi dialoghi con la<br />
tradizione, con il sentimento di appartenenza<br />
ad una comunità. Tra gli ultimi lavori di<br />
Vintera troviamo, infatti, muri di case antiche,<br />
di nicchie votive inserite sugli incroci<br />
delle vecchie “crose” dove l’immagine<br />
sacra, o la sua parvenza lasciata quale “presenza”<br />
dal segno del tempo e delle temperie,<br />
è la memoria, quella vera, è il sentimento<br />
profondo di tutte quelle generazioni che<br />
lì hanno lavorato e vissuto. Il segno forte e<br />
deciso, il colore netto della tavolozza di<br />
Vintera (predilige i verdi in tutta la loro<br />
vasta gamma di cromie: dal verde marcio a<br />
quello bandiera, in un verdeggiare di toni e<br />
mezzi toni), la luce radente usata, quasi<br />
come un “occhio di bue” per sottolineare<br />
certi aspetti dell’urbanistica contemporanea,<br />
mettono in luce il desiderio di dialogo che<br />
cerca con le sue opere. Oggi inserisce, pure,<br />
dell’oro o comunque dei guizzi lampeggianti<br />
di faville dorate per rendere più aulico il<br />
suo riferimento alla cultura tradizionale a<br />
cui ogni uomo si riferisce. Nascono, così,<br />
alcuni quadri che paiono essere degli exvoto:<br />
dedicati al recupero di certe tradizioni,<br />
di alcuni riti, di diversi canti.<br />
È’ attento osservatore dell’uomo, interroga<br />
sé, si guarda intorno e va oltre l’anonimato<br />
di certe strade, delle case: dietro quell’infilata<br />
di finestre pare ascoltare la voce del<br />
ragazzino che risponde in malo modo alla<br />
madre, oppure ascolta la parola dell’anziano<br />
nonno che racconta le traversie della propria<br />
vita.<br />
Vintera sembra compiere una sorta di “uranometria”<br />
con i suoi quadri: un’osservazione<br />
astronomica del cielo della nostra quotidianità,<br />
della rete delle strade delle nostre<br />
città e vuole scrivere una toponomastica<br />
nuova delle relazioni tra uomini e cose. Con<br />
urbanità compositiva ci dimostra di essere<br />
“un appartenente alla città attento, riflessivo,<br />
creativo, si può definire, in un certo<br />
senso, un pittore urbico? Probabilmente sì<br />
se intendiamo il suo far pittura legato,<br />
anche, alla promozione di un discorso, di un<br />
dibattito stretto insieme a chi vive nella città<br />
per cercare di dare delle risposte alla lunga<br />
e articolata serie dei bisogni delle persone<br />
che risiedono e vivono la proprio quotidianità<br />
nell’urbe. Non si può, però, incanalare<br />
in senso stretto tale personalità artistica in<br />
questo o in quel gruppo: egli è un uomo<br />
libero sempre. Tale bisogno di dialogo<br />
vuole, anche, sottolineare la solitudine che<br />
certa vita produce e come tale condizione<br />
sia la meno “umana” possibile. Vintera ama<br />
stare insieme con gli altri, gli piace il verde<br />
tenero dell’erba di un “verde urbano” sempre<br />
più depredato dal cemento, dall’incuria<br />
e dalla non cultura dell’uomo, gli “alberi”<br />
di Vintera sono gli intonaci delle varie facciate<br />
delle case, sono i sentimenti, sono le<br />
relazioni serie tra gli uomini.<br />
Persona schiva dal fare sue mostre personali,<br />
ma capace di catalizzare l’attenzione con<br />
la sua vivacità, persona disponibile a lavorare<br />
per progetti, persona che saprà incuriosirci<br />
con la presentazione dei suoi trittici,<br />
delle sue grandi opere: quadri che faranno<br />
parlare perché parlano. Savona ed il territorio<br />
limitrofo (il Vadese e le Albisole) per<br />
tutto il Novecento hanno originato, accolto<br />
artisti locali, italiani e stranieri divenendo<br />
luogo d’incontro, di lavoro, di crescita<br />
comune, di coinvolgimento del territorio<br />
antropizzato. Pio Vintera con la sua attività,<br />
in senso lato, creativa e propositiva per le<br />
arti desidera continuare a percorrere tale<br />
strada, senza nostalgie, per dar vita a nuove<br />
occasioni culturali per sé, per gli altri e per<br />
chi vorrà vedere, commentare questi lavori<br />
e tali azioni.<br />
S.B.<br />
Nelle immagini, tre opere di Pio Vintera. In alto Trento<br />
(olio su tela, 2001), al centro Palazzo Ducale (olio su<br />
tela con applicazioni, 2000), in basso Zuccarello (olio su<br />
tela, I parte 1985, II parte 1995). Le foto di questa pagina<br />
e di pagina 1 sono di R. Debenedetti.
Presentato al pubblico lo scorso dicembre, parte il grande concorso<br />
“PREMIO VILLA CAMBIASO”: IL BANDO<br />
Un’occasione per una panoramica sull’arte contemporanea italiana<br />
L’associazione “Museo <strong>Cambiaso</strong>” organizza la prima edizione del<br />
concorso nazionale biennale “Premio <strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong>” riservato agli<br />
allievi delle accademie di Belle Arti, dei Licei artistici e ai creativi<br />
operanti nel mondo dell’arte italiana e straniera.<br />
Perché il “Premio <strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong>”<br />
Produrre arte, oggi, è una sfida. Significa essere ancora capaci di misurarsi<br />
con le idee e le emozioni, soprattutto in un momento come questo nel quale<br />
lo strapotere dei media si è fatto quasi assoluto.<br />
Articolo 1: dei fini<br />
Il concorso ha come unico fine quello di promuovere l’opera di artisti italiani<br />
e stranieri, allievi di accademie di Belle Arti e di Licei artistici. Le opere<br />
selezionate verranno esposte — per un massimo di 3 settimane — nell’estate<br />
2002 nelle sale messe a disposizione da <strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong> in Savona. Nel<br />
periodo in oggetto potranno essere organizzati seminari, incontri, laboratori.<br />
Alle opere selezionate sarà data ampia divulgazione attraverso la stampa<br />
locale e nazionale, le radio-televisioni, internet. Le opere selezionate saranno<br />
inserite in un catalogo pubblicato l’anno successivo la mostra.<br />
Articolo 2: partecipazione al concorso<br />
La partecipazione al concorso è riservata, per la categoria “Allievi”, ai giovani<br />
di età fino al 25 anni, per la categoria “Maestri” a quanti operino con<br />
continuità nel mondo dell’arte italiana da almeno un decennio.<br />
Articolo 3: modalità di partecipazione<br />
I candidati potranno presentare un’opera significativa della loro produzione,<br />
mai esposta o presentata su cataloghi o riviste d’arte. La documentazione<br />
di cui all’articolo 4 dovrà essere presentata entro e non oltre il 15 maggio<br />
2002 presso la sede di <strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong>, via Torino 10, Savona. La quota<br />
di partecipazione è fissata in lire 150.000 a parziale copertura delle spese<br />
organizzative e di segreteria.<br />
Articolo 4: documenti occorrenti<br />
I documenti occorrenti per la partecipazione sono:<br />
1) Curriculum del candidato<br />
2) Eventuali materiali illustrativi (cataloghi, depliant, ecc.)<br />
3) Scheda tecnica dell’opera proposta<br />
4) Presentazione dell’artista (max 15 righe di 60 battute) che illustri, oltre<br />
all’attività svolta, anche i punti della riflessione compiuta con l’opera<br />
proposta.<br />
5) Un’immagine dell’opera idonea per la riproduzione a stampa (fotografia<br />
a colori, dia o altro)<br />
Articolo 5: dimensione e caratteristiche delle opere<br />
Le opere bidimensionali dovranno avere misure non superiori a 100 cm x<br />
100 cm; le opere tridimensionali dovranno avere misure non superiori a 120<br />
cm x 120 cm x 120 cm. L’organizzazione si occuperà dell’allestimento<br />
della mostra delle opere selezionate con materiali standard già a disposizione.<br />
Non possono essere previsti allestimenti complessi (con ausilio di tecnologie,<br />
supporti particolari, ecc.).<br />
Articolo 6: commissione giudicatrice<br />
La commissione giudicatrice sarà composta da artisti, storici e critici d’arte.<br />
I nomi dei componenti la giuria saranno divulgati prima della chiusura dei<br />
termini di presentazione delle opere. Il giudizio della Commissione è insindacabile.<br />
Articolo 7: trasporto, assicurazione<br />
Le opere dovranno pervenire adeguatamente imballate con materiali riutilizzabili.<br />
L’assicurazione e il trasporto sono a carico del concorrente.<br />
Articolo 8: accettazione delle condizioni<br />
I concorrenti sono garanti dell’originalità dell’opera presentata e partecipando<br />
all’iniziativa accettano implicitamente le norme del presente bando.<br />
Articolo 9: premi<br />
La commissione proclamerà un vincitore per la categoria “Maestri” ed uno<br />
per la categoria “Allievi”. Saranno anche indicati i secondi e i terzi classificati.<br />
La commissione si riserva di conferire premi speciali o segnalare opere<br />
di particolare significato. Ai vincitori sarà consegnata una targa in oro.<br />
Il recente riconoscimento de “A Campanassa”<br />
RENATA MINUTO ARTISTA DELL’ANNO<br />
La straordinaria mostra sugli stemmi papali anche a Firenze<br />
Il biennio 2000-2001 resterà, nella<br />
vita artistica di Renata Minuto, come<br />
uno dei più ricchi di soddisfazione.<br />
La mostra Gli stemmi dei papi dei<br />
Giubilei ha portato il lavoro nella nota<br />
artista savonese a Roma e Firenze, mentre<br />
ai suoi concittadini ha regalato la<br />
splendida rassegna della Cappella Sistina<br />
svoltasi a cavallo tra 2000 e 2001.<br />
Un intenso periodo di lavoro a contatto<br />
con un mondo, quello della Chiesa, che<br />
sembra aver adottato l’arte della Minuto,<br />
prima donna, ricordiamolo, a ricevere<br />
una commessa vaticana per la realizzazione<br />
dell’immagine della Madonna di<br />
Misericordia posta nei giardini papali.<br />
A chiudere l’intenso periodo è giunto,<br />
ora, il riconoscimento dell’associazione<br />
“A Campanassa”. Un attestato significativo<br />
perché giunge alla Minuto dalla sua<br />
città.<br />
R.V.C.<br />
Renata Minuto, Stemma di Pio XI. Giubilei<br />
del 1925 e 1933. L’opera è tratta dalla serie<br />
di stemmi dedicati ai papi giubilari realizzata<br />
in occasione dell’anno santo del 2000.<br />
Riceviamo e pubblichiamo<br />
ANCORA SU PENNONE<br />
Continua il dibattito sul gallerista<br />
Leggo sul numero 11 del novembre<br />
2001 del giornale “<strong>Villa</strong><br />
<strong>Cambiaso</strong>” un articolo su<br />
Pennone dal titolo Pennone borghese?<br />
con il sottotitolo Ma favori l’esordio<br />
di molte pittrici, altrimenti discriminate.<br />
Sono curioso di continuare la lettura.<br />
All’istante mi ritorna alla mente un<br />
altro scritto su Pennone che lessi,<br />
sempre sul giornale “<strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong>”<br />
nell’aprile 2001.<br />
In esso c’è proprio quello che cerco<br />
da contrapporre al giudizio, tutto personale,<br />
di Silvana Alliri su Pennone<br />
gallerista: la sua grande apertura mentale.<br />
L’articolo porta la firma di Giovanni<br />
Farris, docente universitario, studioso,<br />
uomo di vasta cultura che, pur con<br />
tutte queste doti, quando ricorda il suo<br />
incontro con Eso Peluzzi non esita a<br />
dire con molta umiltà «fui presentato»,<br />
al contrario di chi, forse non<br />
altrettanto dotato, proclama «Achille<br />
Cabiati mi presentò Farfa», «Dante<br />
Tiglio mi presentò Tullio d’Albisola e<br />
Maria Ferrero Gussago».<br />
Ma ritorniamo all’articolo di Giovanni<br />
Farris a proposito di Pennone. «Non<br />
amava chiusure di alcun tipo — scrive<br />
—. Ricordo che un giorno entrando<br />
nella sua galleria vidi esposti dei quadri<br />
che mi apparivano di limitato valore.<br />
Egli se ne accorse e mi disse:<br />
“Vede, esporre un quadro vuol talvolta<br />
indicare una partecipazione del gallerista<br />
ai problemi umani della persona<br />
che espone, specie se giovane. Non<br />
sta al gallerista spegnere le speranze”.<br />
Questo giudizio mi colpì, così da<br />
accondiscendere a pubblicare, su “Il<br />
Letimbro” alcune sue recensioni di<br />
mostre che erano particolarmente lontane<br />
dai miei gusti. Tuttavia, attraverso<br />
questa esperienza, scoprii quell’umanità<br />
così grande che lo costituiva<br />
perno di solide amicizie e faceva della<br />
sua galleria un luogo d’incontro culturale<br />
di artisti».<br />
Mi sembra che quanto ho riportato<br />
dell’articolo possa essere una efficace<br />
risposta allo scritto di Silvana Alliri.<br />
Alla Sant’ Andrea c’era posto per<br />
tutti, dal giovane esordiente — possiamo<br />
citare un giovanissimo Mario<br />
Rossello fino ad arrivare ad Aligi<br />
Sassu che ricordo molto fiero del suo<br />
Porto di Savona, mostra (alla Sant’<br />
Andrea) traboccante di chiglie di navi<br />
nere e rosse — ed essi non erano «pittrici<br />
dal buon gusto borghese con<br />
acquirenti adagiati su atmosfere idilliache».<br />
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Lettera firmata<br />
Si può definire artista «dal buon<br />
gusto borghese» chi ha la fortuna<br />
e le capacità di esporre con<br />
successo in una galleria d’arte molto<br />
nota e soprattutto condotta da un critico<br />
d’ arte, giornalista, poeta, da tutti<br />
stimato per la sua apertura mentale e<br />
ricnoosciuto come esperto?<br />
A me pare che la definizione sminuisce<br />
e denigra quelle pittrici e scultrici<br />
che a distanza di decenni sono riconosciute<br />
tali esponendosi al giudizio<br />
della critica e del pubblico per fortuna<br />
ben più vasto e preparato degli<br />
«acquirenti adagiati su atmosfere idilliache».<br />
Non è forse più “borghese” fare sfoggio<br />
di conoscenza di personaggi noti e<br />
non andare oltre, invece di mettersi<br />
alla prova attraverso la costante ricerca<br />
e impegno nell’arte?<br />
Ritengo che il tempo trascorso e le<br />
soddisfazioni e attestazioni di stima<br />
ricevute dimostrino che chi era valida<br />
abbia superato ogni esame aldilà di<br />
qualsiasi “etichetta”.<br />
Vilma Fenoglio<br />
Grande successo delle numerose iniziative natalizie<br />
IL TRANSYLVANIA A GONFIE VELE<br />
Grande interesse anche per la collettiva degli artisti di <strong>Villa</strong> <strong>Cambiaso</strong><br />
Un Natale davvero intenso,<br />
quello appena trascorso. Due<br />
serate musicali di straordinario<br />
interesse, con l’esibizione del coro “La<br />
Ginestra” e del Circolo Mandolinistico<br />
Savonese, una affollatissima collettiva<br />
d’arte con la partecipazione di pittori e<br />
ceramisti che gravitano intorno a <strong>Villa</strong><br />
<strong>Cambiaso</strong> e una splendida mostra sull’affondamento<br />
del Transylvania e sul<br />
fumetto avventuroso dell’età d’oro<br />
hanno costituito il menù, assai ricco,<br />
di quest’anno.<br />
Il successo della collettiva d’arte costituisce<br />
indubbiamente il presupposto<br />
per nuove proposte, mentre la mostra<br />
dedicata alla tragedia del mare che, nel<br />
1917, coinvolse militari inglesi e<br />
popolazione rivierasca, sarà proposta,<br />
a richiesta di alcune amministrazioni<br />
comunali, in varie località del Ponente.<br />
Molte le collaborazioni (pubbliche e<br />
private) delle manifestazioni, per un<br />
modello organizzativo che, ci auguriamo,<br />
possa avere un futuro.<br />
R.V.C.<br />
La sala principale della collettiva d’arte organizzata per il Natale 2001. Tra i maestri presenti: Chapel,<br />
Cestino, Augusto e Pietro De Paoli, Locci, Malmignati, Morelli, Podestà, Rita Spirito, Tinti…<br />
Lo stand della Croce Rossa ha riscosso un suo “personale” successo. Grande interesse per i problemi del volontariato<br />
in città e grande curiosità per la collaborazione tra l’ente di pubblica assistenza e il mondo della cultura savonese.<br />
Uno dei motivi di interesse della mostra sull’affondamento del Transylvania è stato il modellino<br />
del transatlantico gentilmente concesso dal Comune di Noli.<br />
Molto ammirate le sedici tavole originali della riduzione a fumetti della tragedia, realizzate da<br />
Maurizio Grosso su testo di Sergio Giuliani.