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a tavola i migliori 'affari' - Comune di Rimini - Progetto Barca e ...

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COLLAZIONE DI NOTIZIE ARCHEOLOGICHE TRAMANDATE, SU<br />

ENTRAMBE LE COSTE DELL’ADRIATICO, DA MEMORIALI A STAMPA<br />

DI VIAGGIATORI DEI SECC. XVI-XIX (CON PARTICOLARE<br />

RIFERIMENTO AL MEDIO-ADRIATICO);<br />

PREFAZIONE<br />

Sembra <strong>di</strong> vedere un campo <strong>di</strong> battaglia in cui il tempo ha combattuto contro il<br />

genio, e quelle membra mutilate attestano la sua vittoria e le nostre per<strong>di</strong>te<br />

(Corinne ou L’Italie, Madame De Staël)<br />

L’archeologia è un caleidoscopio, un amalgama <strong>di</strong> immagini che si<br />

integrano e si elidono a vicenda, giorno dopo giorno. Quasi un miraggio appaiono,<br />

dunque, quei mon<strong>di</strong> costellati <strong>di</strong> siti, musei, epigrafi, che emergono dalle pagine<br />

dei <strong>di</strong>ari dei viaggiatori stranieri calati in Italia e in Dalmazia. La maggior parte<br />

dei quali sembra, infatti, percorrere questi luoghi con la testa piena <strong>di</strong> Lucano e<br />

Teocrito. Oltre a saper raccontare con piglio brioso e coinvolgente la storia dei<br />

rispettivi viaggi, navigando con maestria in un mare <strong>di</strong> schemi classici, ma anche<br />

<strong>di</strong> originali spunti <strong>di</strong> ricerca. Archeologia, insomma, come onda planetaria, come<br />

onnipresente flusso <strong>di</strong> energia. Segno <strong>di</strong> una volontà <strong>di</strong> comprensione più<br />

profonda e <strong>di</strong> una comune attenzione alla storia del passato che a ogni latitu<strong>di</strong>ne<br />

influenza la vita presente e le con<strong>di</strong>zioni culturali <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui e comunità.<br />

L’archeologia <strong>di</strong>viene così strumento privilegiato per fare affiorare ciò che è<br />

nascosto, per portare in luce le stratificaizioni, il rimosso che ossessiona la<br />

1


coscienza collettiva, mescolando gli stimoli visivi alla ricchezza evocativa del<br />

racconto del viaggio e della memoria. Ma la realtà muta, evidentemente, a<br />

seconda del punto <strong>di</strong> vista, e questo è tanto più vero quanto più intensa e originale<br />

è la preparazione culturale dei viaggiatori, il cui profilo appare assolutamente<br />

fondamentale per chi tenti l’operazione <strong>di</strong> collazionare le notizie archeologiche<br />

che fanno capolino dai <strong>di</strong>ari e dalle relazioni <strong>di</strong> viaggio.<br />

Non si confondono con questo genere <strong>di</strong> letteratura odeporica, i <strong>di</strong>ari e le<br />

relazioni <strong>di</strong> viaggio degli intellettuali più noti.<br />

Stendhal, ad esempio, non appartiene alla schiera dei “voyageurs<br />

descriptifs”, pertanto il suo bellissimo viaggio in Italia non figura tra le pagine <strong>di</strong><br />

questo lavoro che si avvale più <strong>di</strong> relazioni spesso sconosciute che <strong>di</strong> quelle dei<br />

viaggiatori a tutti noti. Perché i <strong>di</strong>ari <strong>di</strong> viaggio <strong>di</strong> Sthendhal, Goehte, Sterne –<br />

solo per citare qualche nome altisonante – non sono, né vogliono essere in alcun<br />

modo, guide dettagliate del patrimonio archeologico del nostro Paese. Molti, a<br />

questo proposito, sono gli autori che si compiacciono <strong>di</strong> non avere scritto guide<br />

alla maniera <strong>di</strong> altri “commessi viaggiatori che corrono per l’Italia a contare<br />

colonne” (così scrive Sthendal).<br />

E tuttavia nell’ambito della presente ricerca le relazioni dei viaggiatori<br />

descrittivi hanno lo stesso peso specifico <strong>di</strong> quelle più conosciute; restituiscono<br />

infatti la fotografia <strong>di</strong> una Italia felix e <strong>di</strong> un passato che ci dà la misura del<br />

cambiamento. Frantumando la visione <strong>di</strong>storta dell’archeologia come apoteosi<br />

dell’inaccessibile e ostaggio degli specialisti. In questo febbrile lavoro <strong>di</strong> voler<br />

riportare nel dettaglio i monumenti visti durante il viaggio, traspare, infatti,<br />

l’entusiasmo della scoperta, la sensazione <strong>di</strong> aver trovato il mezzo <strong>di</strong> conservare e<br />

comunicare un patrimonio.<br />

2


Il bel Paese, vivisezionato dalla penna dei viaggiatori, vanta, dunque, un<br />

prezioso archivio per ripercorrere a ritroso la storia del proprio passato. E’<br />

affidato, pertanto, a questi intellettuali ‘noma<strong>di</strong>’ il compito <strong>di</strong> descrivere e<br />

illustrare le antiche vestigia delle città oggetto della ricerca.<br />

Volendo restringere la sfera <strong>di</strong> nostro interesse e limitarla all’indagine<br />

archeologica delle relazioni <strong>di</strong> viaggio che si riferiscono alle città bagnate dal<br />

me<strong>di</strong>o Adriatico, proponiamo qui <strong>di</strong> seguito alcuni passi significativi allo<br />

svolgimento della ricerca. (Va da sé che nel presente lavoro vengono prese in<br />

considerazione soltanto le città adriatiche menzionate sulla base <strong>di</strong> notizie<br />

rilevanti dal punto <strong>di</strong> vista archeologico. Pertanto non verranno citate le città<br />

adriatiche verso le quali l’interesse del viaggiatore si mostra altro rispetto alla<br />

sfera dell’archeologia. Mancheranno, dunque, spesso all’appello Venezia, Ferrara<br />

e talvolta anche Ravenna dove - in quest’ultima città - le notizie riportate nei <strong>di</strong>ari<br />

<strong>di</strong> viaggio sfuggono non tanto dal contesto archeologico quanto piuttosto all’arco<br />

cronologico <strong>di</strong> questa ricerca. La quale si ferma ai primi secoli dell’Impero<br />

Romano d’Occidente).<br />

Sembra doveroso aggiungere che anche i viaggiatori più celebri si sono occupati,<br />

talvolta, <strong>di</strong> descrivere nel dettaglio i monumenti archeologici del nostro Paese. E’<br />

il caso <strong>di</strong> Lessing nel suo “Viaggio in Italia”: e tuttavia il nostro autore non fa<br />

sosta né ad Ancona, né a <strong>Rimini</strong>, né a Ravenna. Si ferma, infatti, solo a Loreto.<br />

Parimenti, nemmeno le “Lettere italiane” <strong>di</strong> Winckelmann fanno menzione dei<br />

luoghi cui questo lavoro è de<strong>di</strong>cato.<br />

Infine, se per l’Italia, terra pre<strong>di</strong>letta dai viaggiatori del Grand Tour,<br />

<strong>di</strong>sponiamo delle guide illustri <strong>di</strong> notissimi intellettuali, per la Dalmazia ci<br />

avvaliamo talvolta dei quaderni <strong>di</strong> viaggio <strong>di</strong> perfetti carnea<strong>di</strong>. Tali <strong>di</strong>ari e<br />

annotazioni sono ulteriormente ridotti in considerazione del fatto che la Dalmazia<br />

3


era terra nota, conosciuta in tutti i suoi aspetti. Superfluo, dunque, era ritenuto<br />

soffermarsi sulla sua descrizione, la quale “non destava meraviglia”.<br />

4


RELAZIONI DI VIAGGIO<br />

Viaggiare, come raccontare – come vivere – è tralasciare. Un mero caso porta a<br />

NOME DELL’AUTORE: FLAVIO BIONDO (1392-1463)<br />

NOME DELL’OPERA: ITALIA ILLUSTRATA<br />

una riva e perde un’altra […]<br />

(Microcosmi – Clau<strong>di</strong>o Magris)<br />

Flavio Biondo (in latino Flavius Blondus) è stato uno storico ed umanista<br />

del Rinascimento italiano. Fu il primo a coniare il termine Me<strong>di</strong>o Evo e uno dei<br />

primi ad occuparsi degli stu<strong>di</strong> antiquari, precursori dell’archeologia. Biondo<br />

pubblicò tre guide documentate e sistematiche alle rovine dell’antica Roma, che<br />

gli <strong>di</strong>edero la fama <strong>di</strong> essere il primo degli archeologi. Ai sui tempi si era in gran<br />

parte persa a Roma la memoria dell’identità degli antichi e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> cui ancora<br />

emergevano le rovine. Quando nel 1430 Poggio Bracciolini scalò il Campidoglio<br />

vide intorno soltanto <strong>di</strong>stese <strong>di</strong> campi abbandonati: il Foro Romano era abitato dai<br />

maiali e cresceva liberamente la vegetazione. Flavio Biondo e i suoi colleghi<br />

umanisti, come Leon Battista Alberti, cominciarono a occuparsi dell’architettura,<br />

della topografia e della storia <strong>di</strong> Roma antica, sia documentandosi sulle fonti degli<br />

autori classici, sia esplorandone ed esaminando i resti antichi. Il primo lavoro <strong>di</strong><br />

Biondo, pubblicato in tre volumi tra il 1444 e il 1446, fu il De Roma instaurata<br />

("Roma restaurata"), una ricostruzione della topografia romana antica basata sui<br />

resti allora visibili, che fornisce anche una lista <strong>di</strong> chiese e cappelle. Nel 1459<br />

pubblicò quin<strong>di</strong> il popolare De Roma triumphante ("I trionfi <strong>di</strong> Roma"), che narra<br />

5


la storia della Roma pagana come modello per le attività <strong>di</strong> governo e militari<br />

contemporanee. Il libro ebbe il merito <strong>di</strong> risvegliare il patriottismo e il rispetto per<br />

la Roma antica, della quale il papato si proponeva in veste <strong>di</strong> erede e continuatore.<br />

I più importanti lavori <strong>di</strong> Biondo in campo storico furono l'"Italia illustrata",<br />

scritto tra il 1448 e il 1458 e pubblicato nel 1474, e l'Historiarum ab inclinatione<br />

Romanorum imperii decades ("Le deca<strong>di</strong> storiche dal declino dell'impero<br />

romano"), scritto tra il 1439 e il 1453 e pubblicato nel 1483. L'"Italia illustrata" è<br />

un libro <strong>di</strong> geografia, basata sui viaggi personali dell'autore, e <strong>di</strong> storia delle allora<br />

<strong>di</strong>ciotto provincie italiane. La storia inizia con la Repubblica Romana e l'Impero<br />

Romano, attraversa 400 anni <strong>di</strong> invasioni barbariche e propone un'analisi <strong>di</strong><br />

Carlomagno e degli imperatori del Sacro Romano Impero successivi. La maggiore<br />

opera <strong>di</strong> Biondo fu l'Historiarum, in ben 32 libri, una storia dell'Europa dalla<br />

prima presa <strong>di</strong> Roma nel 410 all'epoca dell'autore, nel 1442. L'opera utilizza solo<br />

fonti primarie e accertate e introduce il concetto <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>o Evo, che copre l'intero<br />

periodo dalla caduta dell'impero romano fino ai tempi dell'autore.<br />

6


NOME DELL’AUTORE: LEANDRO ALBERTI<br />

NOME DELL’OPERA: DESCRITTIONE DI TUTTA ITALIA<br />

Leandro Alberti (1497-1553), frate domenicano e bolognese, umanista,<br />

geografo, storico, inquisitore, conoscitore dell’Italia, esperto dell’Emilia<br />

Romagna, fu per questi suoi attributi destinato a incrociare molti percorsi<br />

intellettuali e religiosi <strong>di</strong> uomini e donne del suo tempo. Uscito nel gennaio del<br />

1550 il suo libro “Descrittione <strong>di</strong> tutta Italia” fu un bestseller del Cinquecento,<br />

l’opera in cui Alberti ha coagulato la sua conoscenza teorica ed empirica della<br />

nostra penisola. In essa si sommano gli spunti offerti da “L’Italia illustrata”, testo<br />

scritto da Flavio Biondo da Forlì nel 1453, e le esperienze personali <strong>di</strong> un viaggio<br />

durato due anni e spintosi fino alla Puglia e alla Sicilia. “La Descrittio – è<br />

l’incunabolo dell’immagine dell’Italia. Alberti, infatti, pur non pensando a<br />

un’identità politica, guardò alla penisola come al contenitore <strong>di</strong> un’unica cultura e<br />

fece dei suoi scritti il punto <strong>di</strong> riferimento per tutti gli intellettuali europei<br />

successivamente interessati al nostro paese, alla sua storia, alle sue vicende<br />

politiche e alla sua geografia”.<br />

ANCONA<br />

Anticamente sopra la sommità <strong>di</strong> questo monte d’Ancona, vi era il Tempio<br />

<strong>di</strong> Venere (come <strong>di</strong>mostra Giuvenale, narrando che fosse dato il Robo pigliato<br />

avanti il Tempio <strong>di</strong> Venere così Ante domum Veneris, quam Dorica sustinet<br />

Ancon.) hora abitano sopra questo monte alquanti romiti, che vi hanno fatto un<br />

Monastero con molte grotte, e capannuzze in qua, et in là per esso, ragunandosi<br />

però a certi tempi alla chiesa <strong>di</strong> detto Monastero. Sotto detto promontorio, da quel<br />

7


lato, onde si piega quello nel mar si vede posta l’antica città d’Ancona così detta<br />

dalla curvità, e piegatura del lito ove ella è e<strong>di</strong>ficata; imperò che in Greco Ancon,<br />

in Latino significa gobito: concio sta cosa che quivi si piega Italia nel mare<br />

Adriatico a somiglianza <strong>di</strong> un gobito (come <strong>di</strong>ce Pli. et Pomp.Mela) Era posta<br />

anticamente questa città si come termine tra’Galli, e gli Italiani, poiché come <strong>di</strong>ce<br />

Mela terminava quivi Italia, et cominciavano i Galli Senoni, et parimente la Gallia<br />

Togata. Fu e<strong>di</strong>ficata Ancona (secodo Catone) da gli Aborigeni, e da loro<br />

<strong>di</strong>mandata in lingua Hetrusca Picena: Ma secondo Strab. fu fabbricata da i<br />

Siracusani, che quivi passarono fuggendo la tirannia <strong>di</strong> Dionisio, come <strong>di</strong>ce<br />

etian<strong>di</strong>o Plinio, e Solino. Vero è, che par voler Giuvenale che quella avesse<br />

principio da i Dorici Greci, quando <strong>di</strong>ce. Ante domum Veneris, quam Dorica<br />

sustinet Ancon.<br />

Io credo che così si potrebbero concordare questi autori, cioè che la fosse<br />

principiata da i Greci Dorici, e poscia da i Siracusani, o siano Siciliani aggran<strong>di</strong>ta.<br />

Et pur quando alcuno ostinatamente volesse tenere che’l Poeta <strong>di</strong>ca della prima<br />

e<strong>di</strong>ficatione se li potrebbe rispondere che fossero molte Colonie de i Dorici in<br />

Sicilia, e che questa città avesse avuto principio da i Siciliani, già Colonia de i<br />

detti Dorici. La onde poi fu detta essere stata fabbricata da i prefati Dorici. Si<br />

potrebbe altresì <strong>di</strong>re, essere stato fondato il porto da i Dorici (come par’accennare<br />

Giuvenale,) et la città da i Siciliani. Sono altri che <strong>di</strong>cono ch’ella fosse e<strong>di</strong>ficata<br />

da i Dolopi <strong>di</strong> Tessaglia, come scrive Papia, e Carino historico: e altri da Anco<br />

Martio Re de’ Rom. Secondo che ho letto in una cronica molto antica senza nome<br />

<strong>di</strong> autore. Et perché non vedo in queste opinioni fermi fondamenti, tanta fede vi<br />

do quanta ne meritano. Par’a me, che ci dovemo appoggiare a quelle opinioni,<br />

nelle quali convengono gli autentici scrittori, si come Strabone, Plinio, e Solino, e<br />

non tanto <strong>di</strong> questo luogo, ma etian<strong>di</strong>o de gli altri, più tosto, che a quelle, che sono<br />

8


scritte senza nome <strong>di</strong> autore, e senza vero fondamento. E’ posta Ancona sotto il<br />

Promontorio sopra nominato, ove si vede il bello, e sicuro Porto, che risguarda al<br />

Settentrione (come etian<strong>di</strong>o scrive Strabone) Et è molto ben <strong>di</strong>sposto ad entrarvi<br />

dentro, e altresì per conservare sicuramente le navi. Il qual ristorato da Traiano<br />

Imperatore <strong>di</strong> belle pietre <strong>di</strong> marmo, e con gli scaglioni da scendere all’acqua, e<br />

salire <strong>di</strong> sopra per portare le robbe alle navi, e da quelle etian<strong>di</strong>o portarle <strong>di</strong> sopra<br />

ornandolo <strong>di</strong> un superbo Arco trionfale fatto con gran’artificio, e grande spesa,<br />

ove vi fece intagliare l’infrascritta inscrittione con misurate lettere. Imp.Caes.<strong>di</strong>vi<br />

Nervae.F.Nervae Traiano optumo Augu.Germanic.Datico<br />

Pot.Max.Tr.Pot.XIX.Imp.XI.Cos.VII.P.P. Providentissimo Princi. S.P.Q.R. Quod<br />

Adcessum Italiae Hoc Etiam Ad<strong>di</strong>to ex Pecunia sua Portum Tutiorem<br />

Navigantibus Red<strong>di</strong>derit. Dal lato destro <strong>di</strong> detto Arco così è scritto. Plotinae<br />

Augu.Coniugi.Aug.Et dal sinistro. Divae Marcianae Aug.Sorori Aug. Egli è<br />

questo eccellete porto tato dal naturale sito, quando dall’arte talmente <strong>di</strong>sposto,<br />

che si può annoverare fra i primi porti del mondo tanto in grandezza quanto in<br />

agevolezza, e sicurezza. Et per tanto al volgo si <strong>di</strong>ce. Unus Petrus in Roma, una<br />

Turris in Cremona, e unus portus in Ancona. Vero è, che per negligenza de gli<br />

Anconetani egli è hora atterrato in alcuni luoghi, con gran loro vergogna. […]<br />

FANO<br />

Lungo poi il lito del mare caminando tre miglia appare la città <strong>di</strong> Fano,<br />

Fanum nominato da Strabone, Plinio, Tolomeo, Antonino, Procopio, Agathio, e<br />

da Cornelio Tacito nel 10 libro dell’historie, nominandolo Fanum fortunae, […]<br />

Quivi si vede un sontuoso Arco Trionfale <strong>di</strong> marmo, molto artificiosamente<br />

lavorato alto trenta gobiti (come si può giu<strong>di</strong>car,) essendogli accresciuta la terra<br />

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intorno, et largo venti, la cui sommità fu rovinata, che era con gran magisterio<br />

fatta, Pur’ in parte si può considerare la <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> esso, e tanto più quanto si<br />

può cavare da una effige <strong>di</strong> quello scolpita nel sasso ivi vicina da i Fanesi a<br />

perpetua memoria. Essi in detto Arco così scritto <strong>di</strong> belle lettere cubitali. Divo<br />

Augusto Pio Constantino Patri Domino.Q.Imp.Caesar Divi.F.Augusts.Pontifex<br />

Max.Cos.xiij.tribunae potest.xxxij.Imp.Pater patriae murum de<strong>di</strong>t. Poscia così gli<br />

è sotto posto.Curante L.Turcio Secundo Aproniani Praef.Urb.Fil.Asterio, V.C.<br />

Corr.Flam e Piceni. Sotto quella figura <strong>di</strong> detto Arco intagliata nel sasso, che<br />

<strong>di</strong>mostra la grandezza dell’artificio <strong>di</strong> esso, sono intagliate queste lettere. Effigies<br />

Arcus ab Augusto erecti, postea tormentis ex parte <strong>di</strong>rupti bello Pauli, contra<br />

Fanenses. M. C C C C L X I I I. Fu roinata questa città da Totila Re de’Gotti si<br />

come Pesaro, e poi ristorata da Belisario, come <strong>di</strong>mostra Biondo nell’historie. Ella<br />

è assai onorevole città, e ha buono, e fertile territorio, del quale <strong>di</strong>ce Niccolò<br />

Perotto nel Cornucopia, essere amenissimo sopra gli altri delle città d’Italia, tanto<br />

per il sito, quanto per l’ingegno de gli uomini […]<br />

RIMINI<br />

Furono alcuni che <strong>di</strong>ssero che fosse fabricata questa città da Ottaviano, e<br />

certamente <strong>di</strong>mostrano questi tali non haver veduto Livio nel luogo <strong>di</strong>sopra citato,<br />

ove <strong>di</strong>nota che la fosse dedutta Colonia, avanti che Ottaviano vedesse il sole oltra<br />

<strong>di</strong> 200 anni: Con ciò fosse cosa che fu dedutta colonia essa città avanti<br />

l’avenimento <strong>di</strong> Cristo da 282 anni (come è detto.) Ancor questi tali non hano<br />

letto Livio, il quale in più luoghi fa onorevole memoria <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong>, e<br />

massimamente nel 27. lib. annoverandola fra quelle 18 colonie, che <strong>di</strong>erono aiuto<br />

a i Romani, essendo afflitti, et molto travagliati da Annibale, dandogli danari, et<br />

etian<strong>di</strong>o soldati. Et parimente non l’hanno veduto nel 31. lib. e altrove. Ben’è<br />

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vero, che Ottaviano la ornò <strong>di</strong> sontuosi e<strong>di</strong>fici, e tra gli altri, vi fece il superbo<br />

ponte, che infino ad oggi in pie<strong>di</strong> si vede sopra il fiume Rimine, <strong>di</strong> cui poi<br />

scriverò, e parimente fece l’Arco. Ne parla etian<strong>di</strong>o altrove Livio <strong>di</strong> detta città, si<br />

come nel 21. lib. e nel 109. e Cesare ne’ suoi Commentari, e anche Lucano […]<br />

Veggonsi in essa assai sontuosi e<strong>di</strong>fici, de i quali è quell’artificioso Arco fatto da<br />

Ottaviano alla porta, che mira all’Oriente verso Pesaro, ove sono quelle lettere<br />

intagliate, che così <strong>di</strong>cono.Cos.Septimio designat.Octavo.M.V.celeberrimeis<br />

Italiae vieis consilio Senat.Pop. Così ho ritrovato scritto. Ma così giace.<br />

Cos.Sept.Designat.Octavu.V.Celeberrimeis Italiae vieis cosilio.Senatus<br />

Pop.Ta.C.S.Vs.Nileis. Poi in un altro così si ritrova scritto.imp.Caesar <strong>di</strong>vi<br />

Iul.Fi.Augustus Pont.Max.Cos.XIII.Trib.Pont.XXVII.P.P. Murum De<strong>di</strong>t curante.<br />

L.Turno secundo Aproniani praef.Urbis.FiActeio.V.C.Corect.Plam.e Piceni.<br />

Vedesi altresì una parte del Teatro <strong>di</strong> mattoni cotti, che risguarda alla marina,<br />

qual’era quivi anticamente. Si leggono assai epitaffi, onde si <strong>di</strong>nota l’antichità <strong>di</strong><br />

essa. Veggonsi anche alcuni sontuosi palagi e<strong>di</strong>ficati p magior parte dalla nobile,<br />

et illustre famiglia dei Malatesti […]Uscendo fuori <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> dall’Occidente<br />

vedesi il superbo ponte fatto da Ottaviano sopra il fiume Marecchia, che<br />

congiunge la via Flaminia insieme con l’Emilia, e parimente la città col Borgo.<br />

Questo è un de’ quattro ponti fatti da Augusto nella via Flaminia con granda<br />

spesa. E non meno artificio, oltra la moltitu<strong>di</strong>ne de gli altri ponti che fece fare in<br />

detta via, ch’era per maggior parte silicata <strong>di</strong> selci, e fatta <strong>di</strong> buon bitume (come<br />

anche in più luoghi <strong>di</strong> essa si vede) che trascorreva infino a Roma. Erano detti<br />

quattro ponti, il primo questo <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> (<strong>di</strong> cui più in giù parlerò) l’altro era presso<br />

Narnia sopra il fiume Negra, come nell’Umbria <strong>di</strong>mostrai. Il terzo si vedea sotto<br />

Otricolo (che congiungeva amendue le rive del Tevere.) Il quarto hora si vede<br />

sopra il Tevere nell’entrar de i borghi <strong>di</strong> Roma, da gli antichi detto pons Milvius,<br />

11


ma oggidì ponte Mole. Questo ponte <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> è tutto <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> marmo ben<br />

quadrate, e ha cinque Arconi con le belle sponde sopra, da ogni lato. Egli è in<br />

larghezza pie<strong>di</strong> 15 e in lunghezza 200. In una delle sponde così è scritto,<br />

Imp.Caesar Divi.F.Augustus Pontifex Max. Cos. XIIII. Imp. XX. Tribunitiae<br />

potestat. XXXVII.P.P. Et nell’altra parte.Tib.Caesar Divi Augusti F.Divi Iuli. N.<br />

Augusti Pont.Max.Cos.IIII.Imp.VIII.Trib.potest.XVII.dedere.Vedesi poi il Borgo.<br />

Quivi cominciava la via Emilia […]<br />

RUBICONE<br />

Passando più avanti si giunge al piccolo fiume Pissatello, tanto da gli antichi<br />

nominato Rubicone, come da Strab. Livio, Plut.Plinio, Cesare ne’ commentari,<br />

Lucano, Silio Italico e da molti altri scrittori. Et perché appresso <strong>di</strong> molti è dubbio<br />

se questo Pissatello sia il Rubicone, overo quell’altro, che habbiamo descritto per<br />

Plusa, chiaramente il <strong>di</strong>mostra Strabone nel 5. lib. quando <strong>di</strong>ce. Cesena Isapi<br />

fluvio propinqua, e Rubiconi, cioè Cesena è vicinia all’Isapi fiume, e al Rubicone,<br />

conciosta cosa che dall’altro lato ha il Savio e da ques’altro il Rubicone. La onde<br />

pare a me che siano in errore quelli, che altrimenti vogliono tenere. Era<br />

anticamente sopra questo fiume un ponte <strong>di</strong> pietra per poter passare dall’una ripa<br />

all’altra, che hora è rovinato. Questo è quel fiume, che già era termine d’Italia,<br />

secondo Plinio, e Livio, il quale scrive qualmente quivi finiva Italia, e cominciava<br />

la Gallia, <strong>di</strong>poi che vi furono prolungati i termini dal fiume Esio infino a questo<br />

fiume. […]<br />

Non era lecito a i soldati, e meno a i capitani, ritornando dalla battaglia, a<br />

passar questo fiume co l’armi, senza licentia del Senato, e popolo R. altrimenti<br />

erano giu<strong>di</strong>cati nemici della Rep.Romana, come già vedeasi scritto in una pietra <strong>di</strong><br />

marmo quivi posta al ponte antidetto, che <strong>di</strong>ceva. Iussu mandatu ue<br />

12


P.R.Cos.Imp.Trib.Mil.Tiron.Commiliton.Arma quisquis es Manipulariae ue<br />

Centurio turmae ue legionariae hic sistito, vexillu sinito, arma deponito nec citra<br />

huc amnem Rubiconem signa ductu Exercitum commeautm ue traducito. Siquis<br />

ergo huiusce iusionis adversus praecepta ierit fecerit ue a<strong>di</strong>u<strong>di</strong>catus esto hostis.<br />

P.R. ac si contra patriam arma tulerit penatesq; ex sacris penetralibus asportaverit<br />

S.P.Q.R. sanctio plebesciti. S. ue consulti ultra hos fines arma ac signa proferre<br />

liceat nemini. Scrive Biondo lui haver veduto detta Tavola <strong>di</strong> marmo nella quale<br />

era tal proibitione del Senato, popolo R. Ma io sovente quin<strong>di</strong> passando, e<br />

<strong>di</strong>ligentemente cercandola mai l’ho possuta vedere. Ben’è vero che egli <strong>di</strong>ce,<br />

averla veduta istrata dal proprio luogo. La onde potrebbe occorrer che la sia stata<br />

portata altrove, overo <strong>di</strong> terra coperta in processo <strong>di</strong> tempo. A questo fiume si<br />

fermò Cesare ritornando alla Gallia in Italia per passare a Roma, essendo molto<br />

dubbioso se’l dovesse passare con l’armi, o nò, e co l’essercito, dopo molti<br />

consigli, vedendo alquanti pro<strong>di</strong>gii, che pareano invitarlo a valicare il fiume<br />

deliberò passarlo con l’armi <strong>di</strong>cendo (como <strong>di</strong>mostra Tranquillo). Eatur, quo<br />

Deoru ostenta, e inimicorum iniquitas vocat. Iacta sit alea, cioè si passi ove i<br />

pro<strong>di</strong>gi de gli Dei, e la iniquità de i nemici ci chiama, Sia gittato il dado. Il simile<br />

<strong>di</strong>ce Appiano Alessand. Nel 2. lib. Fu questo passaggio principio della guerra<br />

civile. Onde poi andò a <strong>Rimini</strong>, e più oltra come narra Plutarco, e Cesare ne’ suoi<br />

Commentari e Lucano nel I.lib.cos’.<br />

Iam gelidas Caesar cursu superaverat Alpes,<br />

Ingentesq; animo motus bellumq; futurum<br />

Coeperat, ut ventum est parui Rubiconis ad undas, e c.<br />

In più altri luoghi memora detto Rubicone, e massimamente quando <strong>di</strong>ce pur nel<br />

detto libro.<br />

13


[…]<br />

Puniceus Rubicon, quum fervida canduit aestas<br />

Perq; imas serpit valles, e gallica certus<br />

Limes ab Ausonijs <strong>di</strong>sterminat arua colonis.<br />

POLA<br />

Vedesi poi sopra l’alto, e <strong>di</strong>fficilmente, ch’è sopra questo golfo, o porto, del quale<br />

ho avanti scritto, la molto antica, e forte città <strong>di</strong> Pola, così nominata da Stradone,<br />

da Plin. Addì mandata Colonia, EDIFICATA DAI Colchi, parimente da Tolomeo.<br />

Vero è, che Plin. Ad<strong>di</strong>ce, che ne’ suoi tempi era nominata Iulia pietas. Etian<strong>di</strong>o la<br />

nomina Pola Antonino nel suo Itinerario. Ella è <strong>di</strong>scosta da Trieste 100.miglia, et<br />

da Ancona 200. Giace ella, come ho detto, sopra il monte avendo la sommità <strong>di</strong><br />

esso nel mezo, sopra il quale vi fu una forte Rocca, come dalle roine conoscere si<br />

può, ove vi è una gran cisterna per conservare l’acque, che dall’aria scendono. La<br />

fu e<strong>di</strong>ficata questa Città da i Colchi, che furono mandati da Oeta a seguitare gli<br />

Argonauti, che conduceano seco Medea sua figliola, con i tesori a lui robbati, i<br />

quali (come avanti <strong>di</strong>ssi) o per paura del Re, o per stracchezza del viaggio non<br />

avendo potuto aggiungere detti Argonauti, quivi si fermarono, et e<strong>di</strong>ficarono<br />

questa Città, nominandola così Pola, che significa in lingua Greca città de gli<br />

esuli, e ban<strong>di</strong>ti, come <strong>di</strong>ce Callimaco; ma secondo altri vuol significare, habbiamo<br />

fatto assai, così ragionando del viaggio fatto, e <strong>di</strong> quello che avevano a fare,<br />

parendo a loro <strong>di</strong> non più oltre procedere. Tutti gli Scrittori <strong>di</strong>cono che la fu<br />

e<strong>di</strong>ficata da’detti Colchi. Et perciò ella è molto antica. Dimostrano la sua antichità<br />

alcuni begli e<strong>di</strong>ficij, si come un’anfiteatro fatto <strong>di</strong> gran pietre quadre. Ove erano i<br />

belli se<strong>di</strong>li, che sono stati portati altrove. Anche vi si vede un altro grande e<strong>di</strong>ficio<br />

mezo roinato, ad<strong>di</strong>mandato Zadro. Et questi e<strong>di</strong>fici sono fuori della Città con<br />

molte antiquitati <strong>di</strong> marmo, porfido, serpentino, con colonne <strong>di</strong> preziosi marmi, et<br />

14


con molti sepolcri, che sono fuori, et che sono dentro la città. La fu rovinata anche<br />

ella da Attila si come l’altre Città <strong>di</strong> questi paesi, e poi la fu ristorata, ma da chi,<br />

non lo so […]<br />

15


NOME DELL’AUTORE: MICHEL DE MONTAIGNE<br />

TITOLO DELL’OPERA: JOURNAL DU VOYAGE DE MICHEL DE<br />

MONTAIGNE EN ITALIE, PAR LA SUISSE E L’ALLMEGNE, EN 1580 E<br />

1581AVEC DE NOTES PAR M. DE QUERLON<br />

Nel 1580 e nel 1581 viaggiò in Francia, Svizzera, Germania ed Italia, nella<br />

speranza <strong>di</strong> trovare beneficio nelle acque termali per combattere la calcolosi<br />

renale <strong>di</strong> cui soffriva. Dopo aver sostato brevemente a Verona e a Venezia, fu a<br />

Roma, dove rimase fino all'aprile del 1581, ricevuto con tutti gli onori. A maggio<br />

ripartì e visitò la Toscana, che gli parve più bella <strong>di</strong> tutte le altre regioni italiane.<br />

Si trattenne lungamente a Bagni <strong>di</strong> Lucca, per sottoporsi alla cura delle acque. A<br />

settembre dello stesso anno, ebbe notizia della sua nomina a sindaco <strong>di</strong> Bordeaux<br />

e prese la via del ritorno. Le annotazioni sul lungo viaggio furono da lui raccolte<br />

nel Journal du voyage en Italie par la Suisse et l'Allemagne - Diario del viaggio in<br />

Italia attraverso la Svizzera e la Germania - pubblicato soltanto due secoli dopo,<br />

nel 1774.<br />

ANCONA<br />

Ancona. C’est la maitresse ville de la Marque: la Marque etoit aus latins<br />

Picoenum. Elle est fort peuplée & notammant de Grecs, Turcs, & Escalvons, fort<br />

marchande, bien bastie, costoiée de deus grandes butes qui se jetent dans la mer,<br />

en l’une desqueles est un grand fort par où nous arrivasmes. En l’autre qui est fort<br />

voisin, il ya un’Eglise entre ces deus butes, & sur les pandans d’icelles, tant d’une<br />

part que d’autre, est plantée cette ville: mais le principal est assis au sons du<br />

16


vallon & le long de la mer, où est un très-beau port, où il se voit encores un grand<br />

arc à l’honur de l’Amperur Trajan, de sa feme, & de sa seur […]<br />

Ancone s’apeloit enfin antienemant du mot grec, pour l’encouignure que la<br />

mer faict en ce lieu; car ses deus cornes s’avancent & font un pli enfoncé, où est la<br />

ville couverte par le davant de ces deus testes & de la mer, & encore par derriere<br />

d’une haute bute, où autrefois il y avoit un fort. Il ya encores una Eglise Greque,<br />

& sur la porte, en une vieille pierre, quelques lettres que je pense Sclavones […]<br />

FANO<br />

Fano. Nous y vismes un grand arc antien, où il y a un’inscription sous le<br />

nom d’Auguste, qui muros dederat. Elle s’appelloit Fanum, & étoit Fanum<br />

Fortunae.<br />

17


NOME DELL’AUOTRE: BERNARDO BIZONI<br />

TITOLO DELL’OPERA : EUROPA 1606<br />

Poche, anzi pochissime sono le notizie sul conto <strong>di</strong> Bernardo Bizoni. Di lui si<br />

sa soltanto che nel 1606 accompagnò Vincenzo Giustiniano, marchese <strong>di</strong> Bassano,<br />

in un viaggio attraverso l’Austria, la Germania, le Fiandre, l’Inghilterra e la<br />

Francia. Di qui la Relazione in forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ario del viaggio che corse per <strong>di</strong>verse<br />

province d’Europa il signor Vincenzo Giustiniano, marchese <strong>di</strong> Bassano, l’anno<br />

1606 per lo spazio <strong>di</strong> cinque mesi, la quale fu giornalmente scritta dal Q. signor<br />

Bernardo Bizoni romano, il quale fece compagnia al marchese in quel viaggio<br />

come camerata e amico antico e confidente. La sua relazione <strong>di</strong> viaggio fu<br />

pubblicata per intero con il titolo <strong>di</strong> Europa 1606 (Milano, 1942).<br />

RIMINI<br />

[…] Alli 30 marzo, giovedì, dalla Cattolica andammo a desinare in <strong>Rimini</strong><br />

in casa del signor Alessandro Orio, padre del signor Giovambattista che serve per<br />

me<strong>di</strong>co al signor car<strong>di</strong>nal Giustiniano; dove ancora che fosse all’improvviso, ci<br />

ricevettero con molte <strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong> cortesia. Dopo aver vedute le parti più<br />

cospicue <strong>di</strong> quella città, particolarmente un arco antico fatto da’Romani e il porto<br />

[…]<br />

18


NOME DELL’AUTORE: TOMMASO ALBERTI<br />

TITOLO DELL’OPERA: VIAGGIO A COSTANTINOPOLI<br />

Di questo viaggiatore si sa soltanto che una prima volta fu a Costantinopoli<br />

e in Polonia fra il 1669 ed il 1614, e successivamente <strong>di</strong> nuovo a Costantinopoli,<br />

donde ritornò a Bologna nel 1621. La sua città d’origine è molto probabilmente<br />

Bologna, ma la ragione dei due viaggi in Oriente è da ricercarsi nella sua<br />

professione <strong>di</strong> rappresentante <strong>di</strong> mercanti veneziani. La relazione completa dei<br />

due viaggi è stata pubblicata da Alberto Bacchi della Lega nella “Scelta <strong>di</strong><br />

curiosità letterarie ine<strong>di</strong>te o rare dal secolo XIII al XVII” col titolo <strong>di</strong> Viaggio a<br />

Costantinopoli (Bologna, 1889).<br />

POLA<br />

[…] Dipoi andassimo a Pola, città antichissima ma piccola e tutta rovinata e<br />

cascata dall’antichità sua, ma a suo tempo dovea essere una bella cosa, essendo<br />

tutte le case ed altro <strong>di</strong> pietra viva; nella quale vedessimo una memoria sopra la<br />

porta del Duomo, dove egli è un millesimo che <strong>di</strong>ce dell’anno 757. Di poi gli è un<br />

teatro bellissimo e <strong>di</strong> molta alteza, tutto <strong>di</strong> pietra viva, cosa molto vaga da vedere,<br />

nel quale li palatini se ne servivano per farvi le loro giostre e tornei. Vi è anco il<br />

palazzo d’Orlando, qual poco più si tien insieme, ma doveva esser molto grande e<br />

bello. Vi è molte sepolture, cioè cassoni <strong>di</strong> pietra, ma tutti ruinati dall’antichità,<br />

quali <strong>di</strong>cono che sono sepolture de’ pagani.<br />

19


NOME DELL’AUTORE: SPON JACOB [1647-1685]<br />

TITOLO DELL’OPERA: VOYAGE D’ITALIE, DE DALMATIE, DE GRECE<br />

ET DU LEVANT<br />

Jacob Spon, nato a Lione il 13 gennaio 1647, è il più qualificato esponente<br />

dell’antiquaria francese in quella generazione a mezzo fra il Peiresc e il<br />

Monfaucon. Pressoché sconosciuto alla storia dell’archeologia novecentesca, il<br />

suo libro più noto è il Voyage d’Italie, de Dalmatie, de Grèce e du Levant, agile<br />

volume che ebbe un’enorme fortuna e che ha esercitato un’influenza duratura<br />

nella cultura europea come prototipo <strong>di</strong> un’interpretazione ampliata del Grand<br />

Tour e come prima descrizione atten<strong>di</strong>bile dei monumenti e delle opere dell’arte<br />

greca. Infatti, per metodo e interessi Spon si presta ad incarnare<br />

emblematicamente il sçavan secentesco, morbosamente curioso degli aspetti<br />

quoti<strong>di</strong>ani e domestici della vita degli antichi, più appassionato <strong>di</strong> epigrafi che <strong>di</strong><br />

sculture (“c’est mon fue, c’est ma passion que les inscriptions anqiques!”). Fu più<br />

eru<strong>di</strong>to che esteta: e questi aspetti, sommati alla mancanza <strong>di</strong> sistematicità, hanno<br />

finito per farlo <strong>di</strong>menticare. L’esor<strong>di</strong>o nel campo dell’archeologia è affidato a due<br />

scritti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa ambizione ma singolarmente coerenti nel metodo e<br />

complementari nel contenuto: due scritti che parlano <strong>di</strong> uno Spon intento a<br />

lustrare le memorie antiche della sua città: Lione. Il primo, la Recherche des<br />

antiquités et curiosité de la Ville de Lyon ancienne colonie des Romains et<br />

capitale de la Gaule Céltique avec un mémoire des principaux Antiquires et<br />

Curiex de l’Europe. Lione era piazza favorevole per gli stu<strong>di</strong> antiquari, con ottimi<br />

stampatori ed una tra<strong>di</strong>zione prestigiosissima nel campo dell’eru<strong>di</strong>zione, da<br />

20


Symphorien Champier a Claude Bèllievre, da Gabriele Simeoni al grande<br />

Guillame du Choul.<br />

Frequentò la facoltà <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> Parigi e assorbì una fede assoluta nella vali<strong>di</strong>tà<br />

dell’insegnamento e nell’attualità degli scritti <strong>di</strong> Ippocrate. Il viaggio <strong>di</strong> Spon è<br />

complessivamente ben conosciuto e debitamente valorizzato. Tuttavia, come sa<br />

chi si occupa <strong>di</strong> letteratura odeporica, le sue <strong>di</strong>verse fasi non hanno la stessa<br />

importanza dal punto <strong>di</strong> vista culturale e archeologico. Il Voyage de Provence et<br />

d’Italie, la porzione <strong>di</strong> itinerario che va da Lione a Venezia passando per Roma e<br />

Firenze, è meno noto e molto meno citato della corrispondente descrizione della<br />

Grecia, anche perché <strong>di</strong> interesse complessivamente minore. Un viaggio in Italia<br />

alla fine del XVII secolo non è che un momento in una tra<strong>di</strong>zione secolare che ha<br />

alle spalle gli itineraria me<strong>di</strong>evali e d’innanzi il Grand Tour settecentesco, con<br />

una messe ricchissima <strong>di</strong> <strong>di</strong>ari, resoconti e descrizioni, alcuni dei quali <strong>di</strong> alta<br />

qualità letteraria. Il Voyage de Grèce è, al contrario, un unicum che ha prodotto la<br />

prima descrizione atten<strong>di</strong>bile della Grecia e delle isole dell’arcipelago, rimasta<br />

tale per oltre un secolo. Per la prima volta dai tempi <strong>di</strong> Ciriaco <strong>di</strong> Ancona i<br />

viaggiatori europei hanno avuto a <strong>di</strong>sposizione una guida puntigliosa, dettagliata e<br />

basata su un accurato esame autoptico condotto con la consulenza del testo <strong>di</strong><br />

Pausania, che Spon utilizza con solido buon senso.<br />

Tome Premier<br />

ZARA<br />

Zara s’appelloit anciennement Fadera, & joüissoit des droits de Colonie<br />

Romaine. J’y lûs une Inscription antique, où l’Empereur Auguste est qualifié du<br />

tître de pere de cette Colonie, & il y est ajoûté qu’il en avoit fait bâtir les Tours &<br />

les murailles. Proche de l’Eglise des Grecs appellée S.Helie, je vid deux belles<br />

21


Colomnes canelées d’ordre Corinthien, dont la base, le plinthe, le chapiteau &<br />

l’architrave sont également de bonne maniere. On juge que c’est le reste d’un<br />

Temple de Junon par une Inscription qu’on à trouvée proche de là, & que je vids<br />

dans l’ancienne Eglise de S.Donant. La porte de Saint Chrysogone est composée<br />

d’une partie d’Arc antique transporté d’un quart de lieuë au delà. L’Inscription<br />

nous apprend de ce Arc étoit chargé de quelques statuës, qu’il y avoit en cet<br />

endroit-là un Marché, & qu’une certaine Melia Anniana l’avoit erigé à l’honneur<br />

de son mary Lepicius Bassus ; ce qui donne à connoître que la Ville avoit alors<br />

beaucoup plus d’étenduë qu’elle n’a presentement, le tour de ses murailles ne<br />

faisant pas plus de deux milles d’Italie, & le nombre de ses habitans ne pouvant<br />

guere monter qu’ù cinq ou six mille. Dans l’enceinte d’une demi-Lune il y avoit<br />

un reste d’Amphitheatre, dont on ne void maintenant aucun vestige, ayant été<br />

détruit pour regler la fortification. Les Romains ne pour voyoient pas tant au<br />

<strong>di</strong>vertissement, qu’ils ne pourvûssent davantage au necessaire. L’eau manquoit à<br />

la Ville, & même presentement il n’y a que des citernes. Pour reme<strong>di</strong>er à ce defaut<br />

ils avoient fait un Aqueduc, qui menoit l’eau masures, proche desquelles<br />

Monsieur l’Archi<strong>di</strong>acre nous assure qu’on avoit trouvé un fragment d’Inscription<br />

de l’Empereur Trajan, qu’on jugeoit par-là en avoir été l’Autheur. Cet Archi<strong>di</strong>acre<br />

s’appelle Valerio Ponte, homme sçavant, & qui possede bien l’histoire de son<br />

pays. Il me fit voir parmi ses Livres un manuscrit des Inscriptions d’Istrie & de<br />

Dalmatie […]<br />

SPALATO<br />

L’abord de Spalatro par mer est fort agreable, & il est situé au fond d’un<br />

grand Bord fait en demi-Lune. La Ville est quarrée, & n’a pas plus d’un mille de<br />

tour. Dans les monuments anciens de trois à quatre cent ans elle est appellée<br />

22


Spaletum, Spalatum & Aspalatum, & de cette maniere Spalato me sembleroit plus<br />

conforme à l’origine, que Spalatro, quoy que ce dernier soit plus en usage. Ce<br />

nom-là luy peut être venu du mot Latin Palatium, parceque ce n’étoit<br />

anciennement qu’un Palais de l’Empereur Diocletien, natif de Salone, qui n’est<br />

éloignée de Spalatro que d’une lieuë comme on l’apprend par la tra<strong>di</strong>tion du lieu,<br />

& par ce qu’en a <strong>di</strong>t Constantin Porphyrogenete, qui remarque que ce Palais étoit<br />

tout bâti de grandes pierres de taille. Ceux qui l’ont pris pour l’ancienne ville<br />

d’Epetium, se font écartez de six ou sept mille, car on en void les ruines plus au<br />

delà vers l’embouchûre de la petite riviere de Zarnovina […]<br />

Le Dome de Spalatro étoit autrefois un petit Temple au milieu du Palais de<br />

Diocletien. Il est octogone au dehors, & rond au dedans tout bâti de belles pierre<br />

de taille, horsmis la voûte qui est de brique, au dessous de laquelle est une galerie<br />

soûtenuë de huit colonnes Corinthiennes de prophyre & de granite. Entre le cul de<br />

lampe & cette galerie il y a une frise chargée de <strong>di</strong>fferens animaux, de festons, de<br />

mascarons, & de quelques têtes, que les gens du pays entêtez du nom de<br />

Diocletien, prennent pour des têtes de cet Empereur. Au dehors du Temple regne<br />

à moitié de sa hauteur un corridor couver de pierres de taille, travaillées en<br />

compartiment, & soûtenu de huit colonnes Corinthiennes de marbre, avec un frise<br />

bien travaillée. On y montoit par un autre Temple quarré long, qui donnoit aussi<br />

l’entrée à un autre Temple rond au fond, & en avoit un autre petit à main droite<br />

qu’on appelle maintenant S. Jean Baptiste. La place & la <strong>di</strong>sposition de l’ouvrage<br />

étoient de quelque bon maître, mais dans le détail les corniches ; les feuillages &<br />

les chapiteaux n’étoient pas de si bonne maniere que du temps des Empereurs.<br />

Depuis que ce Temple a été changé en Eglise, on l’a percé pour y faire un Chœur,<br />

& on y a fait quelques jours car auparavant il ne recevoit de jour que par la porte.<br />

Les Payens faisoient presque tous leurs Temples obseurs, pour ne pas profaner<br />

23


aux yeux des mortels les mysteres de leurs Dieux, & de là vint l’usage des<br />

flambeaux & des lampes qu’on y allumoit.<br />

On a aussi ajoûté au devant de la porte sur l’escalier un tres-beau Clocher,<br />

percé de quantité de fenêtrages, dont les materiaux de marbre ou de belle pierre<br />

ont été tirez des ruines de Salone, parmi lesquelles nous trouvâmes quelques<br />

Inscriptions qui parlent de cette Ville. Appian & Gruter en citent une dans ce<br />

temple quarré proche d’une Idole de Cybele. J’y vids l’Inscription ; mais cette<br />

prétenduë idole n’est autre chose qu’un Sphinx de marbre granite d’Egypte. Les<br />

colonnes qui sont là autour sont aussi de la même pierre.<br />

Les murailles du Palais de Diocletien qui embrassent les deux tiers de la<br />

Ville, sont presque entieres, & font un quarré juste, avec une porte au milieu de<br />

chaque face. Il en reste trois d’une architecture aussi belle que solide. Les pierres<br />

soûs l’arc sont entées en mortaise les unes sur les autres ; ceux qui bâtissoient<br />

alors prétendant de cette maniere rendre leur voute plus assurée. Aux côtez de<br />

chaque porte il y avoit deux petites. Tours hexagones, qui gardoient l’entrée, & y<br />

ajoûtoient quelque embellissement. Tout ce quartier de la Ville enfermé dans cette<br />

enceinte est vouté en plusieurs endroits, & a quantité de masures antiques. Du<br />

côté de la marine il y avoit un corridor entre le Palais & un mur élevé à même<br />

hauteur, mais percé de fenêtres qui lui laissoient la vûe de la mer. Ces fenêtre ont<br />

des entre-colonnes & une frise dessus d’ordre Dorique assez bien proportionnée.<br />

Nous y trouvâmes une douzaine d’Inscriptions qui peuvent avoir été portées de<br />

Salone, & dans l’Eglise de S.François un bas relief avec 25 figures ou environ, qui<br />

paroissoit être la victoire de Constantin sur Maxence qui se noya dans le Tybre.<br />

Vers la pointe Occidentale du Port il y a un Eglise de S.George, qui est<br />

apparemment l’endroit appellé Ad Dianam, dans la Table de Peutinger, à cause de<br />

quelque Temple de Diane qui y étoit. Près de la porte par où l’on sort en ce<br />

24


quartier-là, il y a deux ou trois petits ruisseaux d’eau salée & souffrée qui coulent<br />

dans la mer, & dont l’on ne tire aucun avantage […]<br />

LESINA<br />

Liesina est une Isle que Ptolomée appelle Pharia, & Strabon Pharo […] ils<br />

y ont fait un tres-beau mole de marbre & de pierre de taille, qui environne le<br />

demi-cercle de ce Port. Les éceuils qui font vers l’entrée tir en montant. A la<br />

façade sous l’angle du toict est un buste de marbre d’une femme couronnée. On<br />

nous <strong>di</strong>t que c’étoit la tête de la femme de cet Empereur. Mais je n’en voudrois<br />

pas être caution, ne l’ayant point connuë ni par les medailles, ni par le statuës. Elle<br />

est pourtant antique, & l’Eglise aussi, qui a deux rangs de colonnes en dedans<br />

l’une sur l’autre. Les materiaux en sont presque tout de marbre, qui se taille dans<br />

l’Isle même à autre ou cinq milles delà.<br />

25


NOME DELL’AUTORE: SPON JACOB [1647-1685]<br />

TITOLO DELL’OPERA: ITALIE – DESCRIPTIONS ET VOYAGES -<br />

ANCONE<br />

Cette ville est à quinze milles de Lorette, elle est belle & grande. Les fossez & le<br />

Bastions on sont bons, & il y a deux Forteresses, qui commandent la Mer. C’est le<br />

plus beau Port & le plus assuré qui soit sur la Mer Adriatique après celuy de<br />

Venise. La Mer fait là un coude, d’où est venu l’ancient nom d’Ancona car Ancon<br />

en Grec signifie le coude. Du temps des Romains ce Port estoit magnifiquement<br />

orné. Il y reste encore d’un côté du Mole l’Arc triomphal de Trajan, qui est un<br />

Ouvrage-merveilleux. Il avoit esté dressé pour cét Empereur comme porte<br />

d’Inscription, en reconnoissance de ce qu’il avoit fait pour rendre l’accez de ce<br />

Port assuré à tous, les Vaisseaux. On trouve le dessein de cét Arc dans les<br />

Observations antiques de Gabriel Simeoni, & l’Inscription dans Gruterus […]<br />

FANO<br />

Fano anciennement appellé Fanum Fortunae, pour le beau Temple de<strong>di</strong>é à la<br />

Fortune qui y estoit […]<br />

PESARO<br />

Pesaro est située dans le sable. C’est une ancienne Colonie Romaine, qu’on<br />

appelloit Pisaurum. […] Le Port est fort bon : proche de la ville coule l’Isaurus<br />

qu’on appelle aujourd’huy la Foglia.<br />

26


RIMINI<br />

<strong>Rimini</strong> qui est l’ancient Ariminum, cerniere ville d’Italie, estoit voisine de la<br />

Gallia togata ou Gaule Cisalpine. Il y a un beau Pont de marbre de cinq Arcades<br />

sur la riviere Marecchia. Il a eté basty par Tibere pendant le regne de l’Empereur<br />

Auguste, comme il paroit par de grandes Lettres, gravées sur le groffes pieces de<br />

marbre du Parapet. Ce fut sur ce Pont d’Auguste fit joindre les deux grandes<br />

voyes Flaminia qui venoit de Rome & AEmilia de Bologne, Parme & Plaisance.<br />

On acheva depuis la traverse de la Flaminienne jusq’à la ville d’Aquilée, capitale<br />

du Frioul. Le port d’Arimini, est à une portée de canon du Pont. Il estoit autrefois<br />

fort beau, mais on l’a laissé perire & ensabler, de forte qu’il n’y peut entrer que de<br />

petites Barques. […]<br />

La ville n’a qu’un fossé & de simples murailles sans aucune Fortification. On y<br />

void les restes d’un Amphiteatre ancien de brique. […] La place du marché est<br />

assez belle, l’on y voit la tour de l’horologe & une pierre sur laquelle est écrit le<br />

lieu où Cesar harangua ses Soldats après avori passé le Rubicon. L’inscription<br />

n’en est pourtant pas fort ancienne. Proche delà il y a une Chapelle bastie en<br />

memoire d’un miracle fait par S.Antoine : & un reste d’Arc de triomphe antique<br />

avec quelques inscritions.<br />

A seize milles de <strong>Rimini</strong> & quatre de Cesena on passe sur un Pont la pètite riviere<br />

du Rubicon, qui separoit autrefois l’Italie de la Gaule Cisalpine. Quelques<br />

Autheurs ne sont pas d’accord sur le nom qu’on donne à cette riviere, &<br />

pretendent que ce ne soit pas le Rubicon. Je croy pourtant qu’il en faut suivre le<br />

sentiment vulgaire, & je puis <strong>di</strong>re avec verité, qu’ayant trouvé tout aupres un<br />

vieux paysan qui racommodoit une haye, je luy demanday, Amico come si<br />

27


domanda questo fiumicello? il me répon<strong>di</strong>t, Rubicone, Signor. Ce qui fait voir que<br />

son ancien nome se conserve dans le pays. Il entre dans la Mer sous le nom de<br />

Fiumicino, après avoir receu deux petites rivieres la Pisatella & il Borcone. C’est<br />

fut ce Pont que Cesar passa avec son Armée, nonobstant la défense du Senat.<br />

Comme il approcha de cette riviere, <strong>di</strong>t Svetone, il s’arresta un moment, & faisant<br />

un peu de reflexion sur le grand dessein, qui estoit de se rendre maitre de<br />

l’Empire, il se retourna & <strong>di</strong>t à ceux qui estoient proche de luy, nous avons la<br />

liberté de nous en retourner, mais si nous passons une fois ce petit Pont, il ne faut<br />

plus avoir de confiance que sur nos Armes qui ne doivent rien épargner. Ensuite<br />

estant confirme par quelque bon presage, la pierre en est jettée, <strong>di</strong>t il, & estant<br />

passé, son Armée s’empara de l’Vmbrie & l’Etrurie, d’où s’ensuivit la guerre<br />

civile, qui le mit sur le Trône.<br />

On voit proche de ce Pont un Pilier où est écrit l’Arrest du Senat qui défendoit aux<br />

Generaux de passer cette cette riviere ; & de ceder leur Armée à ceux que le Senat<br />

envoyoit pour la commander. Cette Inscription n’est pas l’ancienne, mais falsifiée<br />

& bâtarde, & peut etre imitée de celle qui y estoit autrefois. Neantmoins telle<br />

qu’elle est la voicy, pou éviter aux curiex la peine de la copier.<br />

JVSSV MANDATVVE * P.R.<br />

COS. IMP. MILES TIRO<br />

COMMILITO MANIPV-<br />

LARISVE TVRMAEVE<br />

LEGIONARIAE ARMATE<br />

QVISQVIS ES HIC SISTITO<br />

VEXILLVM SINITO NEC<br />

CITRA HVNC AMNEM<br />

28


RVBICONEM SIGNA ARMA<br />

DVCTVM COMMEATVM<br />

EXERCITVMVE TRADVCITO<br />

SI QVIS HVIVSCE IVSSIONIS<br />

ERGO ADVERSVS IERIT<br />

FECERITVE ADIVDICATVS<br />

ESTO HOSTIS P.R. AC SI<br />

CONTRA PATRIAM ARMA<br />

TVLERIT SACROSQVE<br />

PENATES A PENETRALIBVS<br />

ASPORTAVERIT<br />

SANCTIO PLEBISCITI SENA-<br />

TVSVE CONSVLTI VLTRA<br />

HOS FINES ARMA PRO-<br />

FERRE LICEAT NEMINI<br />

S.P.Q.R.<br />

Populi Romani Consul Imperator.<br />

29


NOME DELL’AUTORE: ALBERTO FORTIS<br />

TITOLO DEL LIBRO: VIAGGIO IN DALMAZIA<br />

Fortis, nato a Padova nel 1741, si de<strong>di</strong>ca fin da giovanissimo agli stu<strong>di</strong><br />

naturalistici. Diventa a se<strong>di</strong>ci anni agostinaiano ma ben presto lascia la vita<br />

religiosa. Collabora con alcuni giornali tra i quali il “Giornale d’Italia” che<br />

pubblica i suoi “Pensieri geologici” elaborati in seguito al primo viaggio in Istria<br />

in cui comincia a manifestarsi l’interesse dello scrittore per le terre bagnate<br />

dall’Adriatico orientale, con la descrizione <strong>di</strong> tutti gli aspetti del paese che ha<br />

visitato, da quello naturalistico al letterario ed artistico-archeologico. E’ dunque<br />

l’interesse scientifico a spingere il Fortis verso la Dalmazia, per “andar<br />

riconoscendo quanto vi fosse <strong>di</strong> vero nelle meraviglie che si dcievano<br />

dell’estensione delle ossa fossili pell’isole della Liburnia, e pelle coste della<br />

Dalmazia”. Destinata ad allargare ben presto i suoi orizzonti, l’impresa del Fortis<br />

affianca al prevalente interesse naturalistico, la ricerca antiquaria ed epigrafica. Il<br />

libro ebbe una gran<strong>di</strong>ssimo successo non solo in Italia (la prima e<strong>di</strong>zione è del<br />

1774) ma anche in Germania, Francia ed Inghilterra, dove venne tradotto negli<br />

anni imme<strong>di</strong>atamente successivi.<br />

ZARA<br />

Zara, detta Jadera da’latini e Diadora nei bassi tempi, ch’era una volta la capitale<br />

della Liburnia, vale da <strong>di</strong>re della gran penisola che sporge in mare fra i due fiumi<br />

Tedanio e Tizio, ora conosciuti sotto i nomi <strong>di</strong> Zermagna e <strong>di</strong> Kerka, dopo la<br />

decadenza dell’impero romano è <strong>di</strong>venuta la capitale <strong>di</strong> una più estesa provincia<br />

[…]<br />

30


Delle antiche fabbriche romane che l’adoranavano, miserabili vestigi vi si<br />

conoscono appena, le fortificazioni moderne essendo state fatte a spese degli<br />

antichi rimasugli.<br />

Troverà vostra eccellenza agevolmente ne’collettori le molte iscrizioni che vi si<br />

conservano sino al principio <strong>di</strong> questo secolo. Elleno provano che questa città e<br />

colonia fu guardata con particolare affezione da molti imperadori romani, e<br />

segnatamente da Augusto e dall’ottimo Traiano. Il primo meritò d’esser chiamato<br />

padre della colonia jadertina, e <strong>di</strong> questo resta il documento in una pregevole<br />

lapida, il secondo fece fabbricare, o ristorare, un acquedotto che vi portava<br />

l’acqua <strong>di</strong> lontano, il che rivelasi da un frammento d’iscrizione tuttora esistente<br />

nella città.<br />

Io sono stato accolto a Zara con generosa ospitalità nella bella abitazione del<br />

signor dottor Antonio Danieli, dotto professore <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina. Ella è adornata da<br />

vari pezzi <strong>di</strong> scolture antiche, fra’quali <strong>di</strong>stinguonsi quattro statue colossali <strong>di</strong><br />

marmo salino, che a proprie esorbitanti spese questo zelante amatore dell’antichità<br />

fece trarre dalle rovine della vicina città <strong>di</strong> Nona. Parecchie lapide colà portate da<br />

vari luoghi della Dalmazia vi si veggono, fra le quali la riguardevole iscrizione<br />

riferita anche dallo Spon come esistente nella casa dei signori Tommasoni, che dal<br />

1675 in poi era stata nascosta da un intonaco <strong>di</strong> calce, e dal dottor Danieli fu<br />

scoperta e ridonata alla luce <strong>di</strong>etro alle traccie lasciatone dal viaggiator francese<br />

(Spon). V’hanno, fra le altre molte, tre tavole greche trasportate dall’isola <strong>di</strong><br />

Lissa, che sembrano frammenti delle sottoscrizioni dei senatori. Presso questo mio<br />

amico ed ospite trovasi anche un’abbondante collezione <strong>di</strong> monete antiche<br />

romane, e in buon numero <strong>di</strong> greche egregiamente conservate […]<br />

[…] A’ santi Filippo e Giacomo ho veduto i vestigi dell’acquedotto fabbricato o,<br />

ristorato da Traiano, e gli ho anche seguiti verso la loro meta non meno che verso<br />

31


il principio per lungo tratto […] I residui dall’acquedotto veggonsi comparire<br />

poco lontano dalle mura <strong>di</strong> Zara lungo il mare verso la villa <strong>di</strong> S.Cassano; in<strong>di</strong> pel<br />

bosco <strong>di</strong> Tustizia sino alle torrette, dove servono <strong>di</strong> sentiero ai pedoni e a’cavalli;<br />

poi presso a’Santi Filippo e Giacomo, e più oltre a Zara vecchia, nel qual luogo se<br />

ne perdono le tracce, che però accennano essere state <strong>di</strong>retta da Skra<strong>di</strong>ncki-Slap a<br />

dritta linea trenta buone miglia.<br />

BURNUM<br />

Andando per terra da Knin al monastero degli ospitalissimi Calogeri <strong>di</strong><br />

Sant’Arcangelo noi ci <strong>di</strong>lungammo mai sempre poco dal fiume, che <strong>di</strong> là alle foci<br />

scorre quasi costantemente fiancheggiato da monti…trovammo per la destra<br />

Bukoviza vestigia <strong>di</strong> antiche abitazioni romane: ma rozzamente appianate, nelle<br />

quali veggonsi scalpellati de’buchi in quadro per piantarvi travicelli, o altra cosa<br />

simile da sostenere le tende pegli accampamenti, giacciono da entrambe i lati<br />

lungo la via per quasi un miglio <strong>di</strong> cammino. Molti frammenti d’iscrizioni<br />

stritolate s’incontrano sparsi qua e colà, fra’quali un pezzo <strong>di</strong> pilastro a quattro<br />

faccie adorno <strong>di</strong> basso-rilievi agli angoli, su <strong>di</strong> cui si legge in lettere massime e<br />

ben conservate un residuo d’antico elogio. V’ha ogni ragion <strong>di</strong> credere che la città<br />

<strong>di</strong>strutta in questo sito sia stata il Burnum <strong>di</strong> Procopio, e la Liburnia <strong>di</strong> Strabone.<br />

La <strong>tavola</strong> <strong>di</strong> Peutingero mette Burno a destra sul fiume Tizio, sopra Scar<strong>di</strong>na, 24<br />

miglia lontano da Ne<strong>di</strong>num ch’è il Na<strong>di</strong>no de’giorni nostri, 25 miglia per<br />

l’appunto <strong>di</strong>stante da questo luogo, da’tre archi che tuttora vi si vedono chiamato<br />

Suppliacerqua, vale a <strong>di</strong>re chiesa traforata. Non ha molti anni eglino erano cinque,<br />

e da un Morlacco due ne furono <strong>di</strong>sfabbricati per far uso del pietrame. Di quei tre<br />

32


che sussistono, uno ha ventun piede <strong>di</strong> corda; i due minor, che gli stanno a destra,<br />

la metà meno[…]<br />

Non vorrei determinare a qual fine sieno stati eretti i cinque archi <strong>di</strong><br />

Suppliacerqua. Sembra però dovessero essere isolati, perché le scannellature e<br />

cornici dell’arco si vedono equalmente da entrambe le facciate. Potrebbe egli<br />

essere stato un monumento trionfale <strong>di</strong> cinque archi? Rovine rimarchevoli non<br />

v’hanno colà presso: ma <strong>di</strong> sotterra cavansi grosse pietre, e ne’contorni trovansi<br />

de’resti d’una strada romana. Suppliacerqua è nome precisamente del sito dove<br />

sono gli archi, il tratto poi <strong>di</strong> campagna vicina sparsa <strong>di</strong> ruderi chiamasi Trajanski-<br />

grad, vale a <strong>di</strong>re Traianopoli.<br />

SPALATRO<br />

Fra le foci del fiume Hyader, ora detto Salona, e l’imboccatura della Xernovniza,<br />

altro fiumicello non conosciuto forse da’geografi antichi, stendesi un<br />

promontorio, la <strong>di</strong> cui punta è formata dal monte Marian e la base delle ra<strong>di</strong>ci del<br />

Mossor. Costeggiando per mare colla barchetta questo tratto <strong>di</strong> paese, io feci più<br />

volte prender riposo a’ miei rematori, per esaminare dappresso le strane<br />

mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>di</strong> materie calcaree <strong>di</strong>sposte lungo quelle rive, con leggi<br />

<strong>di</strong>fferentissime da quelle che i maestri della natura sogliono prescrivere in bei<br />

<strong>di</strong>scorsi su le stratificazioni, pensati e dettati senza <strong>di</strong>lungarsi dallo scrittoio. Fra<br />

molti luoghi osservabili <strong>di</strong> quella costa, fabbricata <strong>di</strong> varietà che hanno però<br />

sempre una base argilloso-cretacea, io ne ho fatto <strong>di</strong>segnare uno del primo<br />

picciolo seno, che trovasi lungo al lido del medesimo promontorio, dove secondo<br />

la Tavola <strong>di</strong> Peutingero, era un tempio de<strong>di</strong>cato a Diana. Io l’ho creduto<br />

meritevole d’occupare il mio <strong>di</strong>segnatore […]<br />

33


De’ gran residui romani, che formano il pregio più conosciuto <strong>di</strong> questa città<br />

ragguardevole, io non farò parola. E’ bastevolmente nota agli amatori<br />

dell’architettura e dell’antichità l’opera del signor Adams, che ha donato molto a<br />

que’superbi vestigi coll’abituale eleganza del suo toccalapis e del bulino. In<br />

generale la rozzezza dello scalpello, e’l cattivo gusto del secolo vi gareggiano<br />

colla magnificenza del fabbricato. Non è già per questo ch’io voglio togliere il<br />

merito a quegli augusti residui del Palazzo <strong>di</strong> Diocleziano. Io gli annovero fra i<br />

più rispettabili monumenti dell’antichità che ci rimangono: ma non vorrei che gli<br />

scultori e gli architetti stu<strong>di</strong>assero a Spalato, piuttosto che fra le rovine <strong>di</strong> Roma, o<br />

fra i bei vestigi dell’antica grandezza <strong>di</strong> Pola.<br />

La cortesia degli abitatori moderni fa ben più onore a Spalato che i magnifici<br />

avanzi delle fabbriche antiche […]<br />

Io trovo in una pregevole relazione manoscritta della Dalmazia, scritta dal<br />

senatore Giambattista Giustiniani intorno alla metà del XVI secolo, un cenno <strong>di</strong><br />

quanto vi sussisteva in quel tempo.<br />

“La nobiltà, grandezza e magnificenza della città <strong>di</strong> Solona si comprende dai volti<br />

ed archi del teatro meraviglioso che oggi si vedono, dalle gran<strong>di</strong>ssime pietre <strong>di</strong><br />

finissimo marmore che sono sparse e sepolte per quei campi, dalla bella colonna<br />

fatta <strong>di</strong> tre pezzi <strong>di</strong> marmore, la quale sta ancor in pie<strong>di</strong> nel luogo dove si <strong>di</strong>ce<br />

ch’era l’arsenale verso la marina; e dai molti archi <strong>di</strong> meravigliosa eccellenza<br />

sostentati da colonne altissime <strong>di</strong> marmore, la cui altezza è un tirar <strong>di</strong> mano, sopra<br />

li qual v’era un acquedotto che conduceva da Salona a Spalato…Si vedono<br />

d’appresso <strong>di</strong>verse rovine e vestigie <strong>di</strong> gran palazzi, e in molte bellissime pietre <strong>di</strong><br />

marmore si leggono epitaffi antiqui: ma il terreno ch’è cresciuto ha sepolto le più<br />

antique pietre, e le più belle cose”.<br />

34


Gli abitanti del villaggio, che sorse dalle rovine <strong>di</strong> Salona, traggono pur troppo<br />

spesso <strong>di</strong> sotterra iscrizioni ed altri lavori d’antichi suppellettili: ma la costoro<br />

ingor<strong>di</strong>gia è così proporzionata alla barbarie, ch’eglino preferiscono il rompere e<br />

guastare ogni cosa al ritrarne un <strong>di</strong>screto prezzo. Io ho tentato <strong>di</strong> salvare alcune<br />

belle lapide nuovamente scoperte dalle triste mani d’un villano, che ne avea <strong>di</strong> già<br />

guaste molte altre, delle quali vi<strong>di</strong>mo i rottami, per farsi delle imposte <strong>di</strong> finestre e<br />

<strong>di</strong> porte: ma la <strong>di</strong> lui avi<strong>di</strong>tà ruppe i miei <strong>di</strong>segni per allora, e mi dovetti<br />

contentare <strong>di</strong> ricopiarle.<br />

Un gran numero d’iscrizioni salonitane non pubblicate ha raccolto un <strong>di</strong>ligente<br />

citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Spalato, dalla <strong>di</strong> cui cortesia io non ho potuto ottenerle. Egli le<br />

destinava all’illustratore <strong>di</strong> quelle, che per la maggior parte deformate si trovano<br />

nel vol. II dell’Illirico Sacro; e tanto meno ar<strong>di</strong>sco dolermi che mi sia stato<br />

preferito il celebre uomo, quanto più sono lontano dall’impegnarmi ad illustrarle<br />

<strong>di</strong>ffusamente, cosa che mi allontanerebbe dall’oggetto mio principale. Io avrei<br />

forse trascurato del tutto i residui antichi, se l’esempio rispettabile del signor de<br />

Tournefort non m’avesse dato coraggio <strong>di</strong> farne menzione alla sfuggita. L’aver<br />

poi conosciuto quanto facilmente traveggano, e scrivano cose ovvie o puerili,<br />

coloro che si mettono a far gl’illustratori <strong>di</strong> antiche cose senz’aver fatto <strong>di</strong><br />

proposito e a lungo stu<strong>di</strong> antiquari, mi ha persuaso a metter tutta questa messe fra<br />

le mani del dottissimo ed eru<strong>di</strong>tissimo amico mio, il conte abate Girolamo<br />

Silvestri <strong>di</strong> Rovigo, come farò <strong>di</strong> quanto ne’viaggi miei potesse cadermi sotto gli<br />

occhi d’antico. Il pericolo quoti<strong>di</strong>ano ne’viaggi miei potesse cadermi sotto gli<br />

occhi d’antico. Il pericolo quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>strutte minaccia tutte le cose <strong>di</strong><br />

questo genere, che trovansi sparse pella Dalmazia; ed anche per una sì<br />

lacrimevole ragione mi sono creduto in dovere <strong>di</strong> parlarne. Io spero che Voi, ben<br />

lungi dal condannarmi, approverete la mia <strong>di</strong>ligenza, che spargerà forse un poco<br />

35


<strong>di</strong> varietà non <strong>di</strong>saggradevole nel mio scritto, reso pur troppo stucchevole<br />

dall’ari<strong>di</strong>tà delle materie orittologiche.<br />

Se le lagrimevoli macerie <strong>di</strong> Salona non bastassero a precisamente determinare il<br />

sito, dov’ella sorgea stesa in riva del mare, ce lo avrebbe assai chiaramente<br />

in<strong>di</strong>cato Lucano:<br />

Qua maris Adriaci longas ferit unda Salonas,<br />

Et tepidum in molles zephyros excurrit Hyader.<br />

Dev’essere stato guasto il testo <strong>di</strong> Cesare, che mette Salona in e<strong>di</strong>to colle ; non si<br />

può credere altramente, da ch’egli dovea ben conoscere la vera situazione <strong>di</strong> que’<br />

luoghi.<br />

Questo fiumicello che non corre più <strong>di</strong> tre miglia, incappandosi tratto tratto in<br />

banchi tufacei, nodrisce nelle sue grotte muscose una squisita spezie <strong>di</strong> trote.<br />

Di qui prese motivo alcuno autore, ben più giusto apprezzatore dei bocconi ghiotti<br />

che delle azioni de’ grand’uomini, <strong>di</strong> lasciarci scritto che Diocleziano (facendo<br />

peggio d’Esaù) rinunziò al piacere <strong>di</strong> comandare a quasi tutta la terra allora<br />

cognita, per mangiarsi tranquillamente <strong>di</strong> que’ pesci a crepapancia, nel suo<br />

magnifico ritiro in Spalato. Io non so se a Diocleziano piacesse il pesce come gli<br />

piacevano gli erbaggi, ma credo che anche per un uomo non ghiotto Sapaltro<br />

dovess’essere un delizioso soggiorno; e per crederlo più fermamente m’immagino<br />

rivestita <strong>di</strong> antichi boschi la vicina montagna, che pell’orrida sua rudezza<br />

riverbera a’tempi nostri un troppo insofferibile caldo ne’giorni estivi. E’ ben<br />

chiara cosa che un accesso <strong>di</strong> buona filosofia, e forse un tratto <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ziosa<br />

politica sia stato il motivo della ritirata <strong>di</strong> Diocleziano. Egli visse <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong><br />

quiete in Spalato, e forse avrebbevi goduto <strong>di</strong> più lunga vita se le lettere <strong>di</strong><br />

36


Costantino e <strong>di</strong> Licinio non fossero venute a inquietarlo. Ad onta <strong>di</strong> tutto il male,<br />

che <strong>di</strong> questo Imperadore dalmatino hanno lasciato scritto ricopiandosi l’un l’altro<br />

gli autori cristiani, forse più pii che imparziali e veri<strong>di</strong>ci, fa d’uopo confessare<br />

ch’egli fu un uomo <strong>di</strong> merito sommo, salito al trono senza macchiarsi <strong>di</strong>ede per<br />

avventura il maggior esempio <strong>di</strong> moderazione filosofica che sia mai stato sentito<br />

al mondo. Io conto per <strong>di</strong>stinto pregio <strong>di</strong> Diocleziano l’essere stato lodato da<br />

Giuliano ne’ Cesari, che l’avrebbe certamente punto se avesse potuto farlo.<br />

37


NOME DELL’AUTORE : JANO PLANCO (1693-1775)<br />

TITOLO DELL’OPERA: ODEPORICI<br />

Archiatra, botanico, naturalista. Letterato, storico, archeologo. Giovanni<br />

Bianchi, alias Jano Planco (1693-1775) fu investito <strong>di</strong> innumerevoli onorificenze<br />

e gli furono affidati altrettanto innumerevoli incarichi. Prima fra tutti la cattedra <strong>di</strong><br />

Anatomia all’Università <strong>di</strong> Siena, incarico lasciato dopo tre anni a causa delle<br />

inimicizie che il suo carattere fiero e pieno <strong>di</strong> sé aveva creato; il titolo <strong>di</strong> me<strong>di</strong>co<br />

dei pontefici Clemente XIV e Pio VI, quello <strong>di</strong> aggregato alle Accademie <strong>di</strong><br />

Berlino, Lipsia e della Crusca, quello <strong>di</strong> membro del Collegio dei Me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

Venezia e principe perpetuo <strong>di</strong> quello dei Congetturanti <strong>di</strong> Modena, socio<br />

dell’Accademia dei Lincei, che fece risorgere nella sua casa; e questo solo per<br />

<strong>di</strong>rne alcuni. In secondo luogo fu autore <strong>di</strong> moltissimi saggi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina,<br />

veterinaria, storia naturale, scienze, storia eru<strong>di</strong>ta e archeologia. Infine le molte ed<br />

illustri amicizie, strette durante i numerosi viaggi e la sua corrispondenza con noti<br />

personaggi dell’epoca tra cui spiccano Winckelmann, Voltaire, Beccari,<br />

Spallanzani, Maffei e Muratori. Tra i suoi scritti ine<strong>di</strong>ti conservati presso la<br />

biblioteca Gambalunghiana <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong>, rimangono i Viaggi, relazioni che il<br />

Bianchi fece sui suoi spostamenti, conosciuti con il titolo <strong>di</strong> Odeporici. L’opera,<br />

che copre un arco cronologico che va dal 1740 fino al 1774, oggi si presenta come<br />

un unico corpus costituito da ventuno fascicoli <strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni, rilegati tra<br />

loro successivamente, le cui carte sono state numerate secondo questa<br />

sistemazione moderna per un totale <strong>di</strong> 631. Ravenna è ricordata quattro volte, e<br />

rispettivamente nelle relazioni <strong>di</strong> viaggio degli anni 1750, 1763, 1769 e 1772.<br />

38


RAVENNA<br />

[…]E con lui andai fuori <strong>di</strong> Porta Serrata a veder la Rotonda, che trovai tutta<br />

contornata da casupole conta<strong>di</strong>nesche, dentro delle quali si passa per salirci sopra<br />

e vi<strong>di</strong> che è tempio tutto <strong>di</strong> macigno o sia <strong>di</strong> marmo, <strong>di</strong>viso in due parti e tutto<br />

rotondo, la cui parte inferiore è ingombrata dall’acqua ed ha una parte, come <strong>di</strong><br />

chiesa, ma ha vari archi aperti lateralmente, per li quali comunica esteriormente,<br />

onde tutta questa macchina è sopra archi, come un anfiteatro.<br />

La chiesa superiore è coperta d’una cupola concava <strong>di</strong> dentro e convessa <strong>di</strong> sopra,<br />

e questa cupola o coperchio è tutta d’un marmo solo, con do<strong>di</strong>ci gran<strong>di</strong> maniglioni<br />

attorno, lungo ciascuno da un braccio e mezzo, onde il marmo era d’una<br />

pro<strong>di</strong>giosa grandezza; nella testata <strong>di</strong> questi maniglioni sono i nomi de’do<strong>di</strong>ci<br />

apostoli, ma <strong>di</strong> carattere non troppo antico, e molti credono che sopra questi<br />

do<strong>di</strong>ci maniglioni in ciascuno fosse collocato la statua d’un apostolo, il che è<br />

inverosimile, perciocché questi maniglioni sono tutti fatti a schiena d’asino,<br />

toltone qualcuno che è piano, onde non c’era modo da collocarci una statuta<br />

stabilmente, non essendo anche sui maniglioni alcun vestigio che ci potesse essere<br />

stata statua alcuna.<br />

Sul vertice della cupola ci sono sei buchi bislunghi e profon<strong>di</strong>, ne’ quali doveva<br />

essere incastrata quell’urna <strong>di</strong> porfido che si trova nella facciata del re Teodorico<br />

vicino a Sant’Apollinare de’Zoccolanti, che <strong>di</strong>cono essere stata rotta da una<br />

cannonata da francesi, ma il signor Zirar<strong>di</strong>ni mi <strong>di</strong>sse aver notizie che si trovasse<br />

rotta molto prima del tempo de’Franzesi. Sulla convessità della cupola sono due<br />

solchi che <strong>di</strong>cono essere stati fatti da un fulmine, ma sono solchi fatti ad arte per<br />

dare uno scolo giusto al <strong>di</strong> fuori all’acqua che piove sopra detta testu<strong>di</strong>ne; gli orli<br />

39


<strong>di</strong> questa testu<strong>di</strong>ne sono tutti lavorati con merli fatti <strong>di</strong> questa figura tra i marmi<br />

del lato rotondo del tempio, ivi trovai una pianta <strong>di</strong> paronicchia, o sia <strong>di</strong> ruta<br />

muraria. Per salire fino al vertice della testu<strong>di</strong>ne non esitai molto, benché i ferri da<br />

appoggiarsi non fossero fino a quel termine, ma nel <strong>di</strong>scendere feci la strada colle<br />

natiche temendo <strong>di</strong> vertigine. Dopo d’avere veduto questo illustre monumento<br />

d’antichità ch io credo opera romana e non de’ Goti, e forse del tempo <strong>di</strong><br />

Augusto 1 , che stabiliì la <strong>di</strong>mora dell’armata navale in Ravenna […]<br />

1 Il passo richiama quanto già espresso dal Bianchi in una lettera datata 26 settembre 1735 ed in<strong>di</strong>rizzata al Temanza,<br />

assertore della “goticità” dell’e<strong>di</strong>ficio: “Mi spiace che ella non si trattenne molto in Ravenna per osservare l’altre<br />

antichità de’ tempi bassi che colà sono, per le quali avrebbe compreso che la Rotonda non è <strong>di</strong> que’ tempi, né <strong>di</strong> quella<br />

maniera. Io credo che esso abbia i suoi errori <strong>di</strong> architettura, ma <strong>di</strong> questi errori ne hanno anche il nostro Ponte e il<br />

nostro Arco che pur sono de’ tempi <strong>di</strong> Augusto. Può essere che sia stata fabbricata al tempo <strong>di</strong> questo Imperatore, o<br />

circa, dove l’architettura non era a que’ gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> perfezione che fu dopo nei tempi <strong>di</strong> Nerone e in quei <strong>di</strong> Trajano. Al<br />

tempo certo <strong>di</strong> Teodorico Re Goto nel quale <strong>di</strong>cono essere stata fatta, non sapevano far tanto, né avrebbero saputo alzare<br />

quella tanta macchina della cupola che ella ha osservata….”<br />

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NOME DELL’AUTORE: MISSON FRANÇOIS MAXIMILIEN [ 1650 - 1722 ]<br />

TITOLO DELL’OPERA: NOUVEAUE VOYAGE D’ITALIE, FAIT EN<br />

L’ANNEE’ 1688.<br />

La vicenda professionale <strong>di</strong> Misson è strettamente legata alla confessione<br />

religiosa della famiglia <strong>di</strong> provenienza, che era protestante. Consigliere della<br />

Camera al Parlamento <strong>di</strong> Parigi, perse infatti questa carica in seguito alla revoca<br />

dell'e<strong>di</strong>tto <strong>di</strong> Nantes (1685). Si trasferì allora in Inghilterra dove attese<br />

all'educazione del conte d'Arran, <strong>di</strong> cui fu tutore nel Grand Tour realizzato tra<br />

Olanda, Germania e Italia (1687-88). Frutto delle note raccolte in quegli anni è il<br />

volume che lo rese celebre, intitolato Nouveau voyage d'Italie, fait en l'année<br />

1688. Avec un mémoire contenant des avis utiles à ceux qui voudront faire le<br />

même voyage (La Haye, Van Bulderen 1691): <strong>di</strong>venuto il primo best-seller del<br />

genere legato alla letteratura <strong>di</strong> viaggio, tradotto in inglese, tedesco e persino<br />

olandese - gli attirò anche non poche critiche per il suo pungente sarcasmo nei<br />

confronti della chiesa cattolica.<br />

Col Nouveau voyage Misson fece opera nuova dal punto <strong>di</strong> vista del<br />

contenuto, per la visione 'critica' che offrì del nostro paese. Ma fece opera nuova<br />

anche dal punto <strong>di</strong> vista formale, chiudendo la stagione dei <strong>di</strong>aristi e configurando<br />

una vera e propria guida, nei propositi e nell'impianto <strong>di</strong> scrittura. La forma<br />

epistolare gli consentì infatti <strong>di</strong> essere conciso e familiare allo stesso tempo. Poté<br />

così realizzare quanto si proponeva: non essere esaustivo ma scrivere solo ciò che<br />

aveva potuto osservare. Fu in Italia tra il 1687 e il 1688 ed in Toscana nel maggio<br />

<strong>di</strong> quell'anno provenendo da Roma e proseguendo poi per Bologna. Attraverso la<br />

via Emilia (Viterbo, Montefiascone, Bolsena, Acquapendente, Ra<strong>di</strong>cofani) giunge<br />

a Siena e poi visita Pisa, Livorno, Lucca, Pistoia, Firenze (maggio 1688),<br />

41


de<strong>di</strong>cando una lettera alla provincia ed una alla capitale. Ancora <strong>di</strong> queste città<br />

parlerà poi nel volume Memorie per i viaggiatori, ricco <strong>di</strong> nuovi consigli ed<br />

in<strong>di</strong>cazioni.<br />

Vol. II<br />

RAVENNA<br />

Le principal Port de mer que les Romains eussent sur le Golfe Adriatique.<br />

Aujourd’hui cet endroit a changé de face, non seulement les Lagunes se sont<br />

desséchées, mais la mer même s’est retirée à trois ou quatre mille au-delà & ce<br />

païs autrefois stérile & noyé, est devenu une des plus fertile campagne d’Italie. On<br />

ne doutera pas que la Ravenne d’aujourd’hui, ne soit l’ancienne Ravenne, puisque<br />

<strong>di</strong>vers monuments le prouvent assez. Il y a même contre les murailles qui sont du<br />

côté de la mer, plusieurs gros anneaux de fer, qui servoient autrefois à attacher les<br />

vaisseaux, & l’on voit encore un reste du Phare. Cette Ville a tant de fois été<br />

desolée par les guerres, qu’on y trouve fort peu de restes de sa premiere antiquité<br />

[…]<br />

RIMINI<br />

Nous avons suivi ce chemin jusq’à un mille de <strong>Rimini</strong>, où il a fallu<br />

reprendre les terres, afin de passer la riviere qui étoit autrefois appellée Ariminum,<br />

du même nom que la Ville de laquelle elle arrose les murs : la riviere porte<br />

aujourd’hui le nom de Maréchia.<br />

<strong>Rimini</strong> est une petite ville assez pauvre ; cependant le pais est gras & bien<br />

cultivé. Elle est mal bâtie, mal pavée, son mur tombe de tous cotés ; son Château<br />

42


est gotique ; le dome n’a point la façade : la petite riviere de Marechia arrose la<br />

ville ; on la passe sur un pont de cinq arches construit par Tiberre. Sigismond<br />

Pandolfe Malteste l’avoit autrefois fortifiée ; mais elle n’a présentement qu’une<br />

muraille en assez mauvais ordre. Vous sçavez que les Malatestes étoient autrefois<br />

Seigneurs de plusieurs Places dans cette Province. Le pont de marbre, sur lequel il<br />

paroît par deux Inscriptions fort bien conservées, qu’Auguste & Tibere l’ont fait<br />

bâtir, & l’Arc Triomphal érigés pour Auguste, sont les deux principaux<br />

monuments de cette ville. On y voit aussi les ruines d’un Amphitéâtre derriere le<br />

jar<strong>di</strong>n des Capucins, avec cette Inscription : Amphiteatri olim Sempronio Cos.<br />

excitati reliquias in<strong>di</strong>gitat Sen. Arim. Les murs de la Ville ont traversé le terrein<br />

qu’il occupoit ; & à cinq cens pas plus loin hors de la Ville, il y a une Tour qui est<br />

de brique qui étoit le Phare de l’ancien Port ; mais la mer s’est retirée à un demi<br />

mille de cet endroit, & le Phare est présentement environné de jar<strong>di</strong>ns. Cette Tour<br />

qui est de brique, a peu d’élevation, peu d’épaisseur ; ella a même des crenaux,<br />

ce qui rend incroyable qu’elle soit la même qui servoit de Phare à l’ancien Port.<br />

P. Malateste en 1451. acheva de détruire le Port, qui passoit pour un des plus<br />

beaux d’Italie, pour bâtir l’Eglise de S.François des pieces de marbre qu’il en<br />

enleva. Cette Eglise passeorit pour belle, si elle étoit achvée. On y garde une<br />

N.Dame, qui ne sert qu’à faire venir ou à faire cesser la pluye quand il en fait ou<br />

trop ou trop peu : jamais on ne lui demande rien qu’en l’une de ces deux<br />

occasions. […] au milieu du marché, une maniere de piedestal de marbre, sur le<br />

quel sont gravées ces paroles : Caïus Caesar Dict. Rubicone superato civili bel.<br />

Commilit. suos hîc in foro Ar. allocutus. Et sur une autre face on voit l’année où<br />

ce monument a eté réparé[…]<br />

43


FANO<br />

Fano est une assez jolie petite ville. Nous n’y avons rien vû de remarquable,<br />

qu’un Arc de Triomphe . construit du tems d’Auguste, à ce qu’on prétend, &<br />

duquel même les Inscriptions sont presque toutes effaccées. Cet Arc a toris portes,<br />

au lieu que celui de <strong>Rimini</strong> est d’une suele arcade.<br />

ANCONA<br />

Cette ville est fondée sur un double côteau, à la pointe du promontoire, de<br />

sorte qu’elle est un amphithéâtre. Elle est plus grande qu’aucune des quatre ou<br />

cinq dernieres dont je vous ai parlé ; mais elle n’est pas beaucoup plus riche,<br />

quelque bon que soit son port & quelque fertile que soit son païs. C’est une chose<br />

surprenante, que la maniere dont le trafic s’est aneanti dans un lieu, qu’il avoit<br />

autrefois rendu assez fameux. Il est vrai qu’après l’exemple d’Anvers, tien le<br />

semblable ne nous doit étonner. Les rues d’Ancone sont étroites, & par<br />

conséquent obscures ; il n’y a , ni fort belles maisons, ni belles Eglises, ni Places<br />

considerables, & sa situation haute & basse, la rend tout-à-fait incommode. La<br />

Citadelle que l’on voit en entrant sur la premiere hauteur, commande la ville & le<br />

port ; & l’autre côteau qui fait la pointe due cap, est l’Eglise de S.Cyriaque.<br />

L’Evêque fait sa résidence sur cette hauteur […] On voit à l’entrée du Mole un<br />

Arc Triomphal de très-fin marbre blanc : Cest une précieuse antiquité. Cet Arc fut<br />

érigé à Trajan par l’ordre du Sénat. L’Inscription qui s’y est conservée très-<br />

parfaite, nous a appris que ce fut en reconnoissance de ce que ce Prince avoit<br />

amelioré le Port de ses propres deniers.<br />

44


Imp. Caes. Divi Nervae F. Nervae Trajano<br />

Optimo Aug. Germanic. Dacio. Pont. Max.<br />

Tr. Pot. XVIII. Imp. XI. Cos. VII. P.P.<br />

Providentissimo Principi S.P.Q.R. Quod<br />

Adcessum Italiae hoc etiam ad<strong>di</strong>to ex pecunia<br />

sua portum tutiorem navigantibus red<strong>di</strong>derit.<br />

A droite. A gauche.<br />

Plotinae August. Divinae Marcianae Aug.<br />

Coniugi August. Sorori Aug.<br />

On nous <strong>di</strong>soit tantôt, comme nous considerions ce Monument, que je ne<br />

sçai quels Moines l’avoient plusieurs fois demandé avec instance, pour en<br />

employer les matériaux à quelque ouvrage de leur Couvent, & qu’il avoit enfin<br />

fallu les chasser avec menaces, pour se délivrer de leur importunité. La Statue<br />

Equestre de Trajan étoit placée sur le haut avec deux autres en pied. C’étoient<br />

sans doute celles de Plotine & de Marciane. Elles ont subsisté, à ce qu’on <strong>di</strong>t,<br />

jusq’au tems que les François ont pillé la Ville. On garde dans une grande sale le<br />

pied & une partie de la jambe du cheval de Trajan. Ce fait est attesté par une<br />

Inscription […]<br />

Vol. III<br />

RAVENNA<br />

Ravenne n’a pu réparer le dommage qu’elle a souffert par les armes de<br />

Loüis XII. Avant ce temps-là, on trouvoit encore quelques richesses, &<br />

45


particulierement dans les Eglises. Présentement, on n’y voit que de tristes restes,<br />

tout y paroist pauvre & comme abandonné. Ses ruines ont pourtant quelque chose<br />

de grand […] Proche de la porte qu’on appelle dorée, il y a quelques pieces de<br />

Marbre, qu’on <strong>di</strong>t avoir esté du magnifique Palais de Theodoric. Il ne paroist plus<br />

rien de l’Amphiteatre que ce Prince avoit basti ; non plus que de l’ancien Aqueduc<br />

don parle Blondus. Pour estre bien informé de tout ce qui regarde l’ancienne &<br />

fameuse Ville de Ravenne, il faut lire ce qu’en écrit Desiderius Spretus, & Jerôme<br />

Rubeï.<br />

CERVIA<br />

Cervia est une Ville nouvelle, & un nom nouveau. Il n’y a pas encore long-<br />

temps qu’elle s’appelloit Phycocle […]<br />

On y voit en passant un ancien Tombeau de marbre blanc, fait en pyramide,<br />

& haut d’environ six pieds, sur lequel paroissent deux enfans en bas relief, qui<br />

d’une main tiennent un flambeau allumé & tourné vers terre ; & qui soutiennent<br />

une guirlande de l’autre main. Entre ces deux figures on lit à peine l’inscription<br />

que voici, & dont je n’ay trouvé l’explication en aucun lieu : M. Aur. Mace. Vet.<br />

Nat. Delin -ex sub. Opt. sibi & anno Victoriae liberatae Vivus posuit. Si quis<br />

banc Arc. P. Ex. F.S.S.S.S.A.D.F.C.<br />

RUBICONE<br />

Il est certain que le Pisatello d’aujourd’huy est l’ancien RUBICON, & non<br />

l’autre petite Riviere dont j’ay parlé. Personne n’ignore avec combien de severité<br />

il estoit défendu, non seulement aux Officiers des Armées Romaines, mais aussi<br />

aux simples Soldats de passer cette Riviere en habit d’armes, quand mesme<br />

ç’auroit esté au retour de quelque Victoire. Ce fut cette defense qui arresta César,<br />

46


& qui le fit tant balancer au bord de ce ruisseau. EATUR, <strong>di</strong>t-il enfin, QUO<br />

DEORUM OSTENTA, ET INIMICORUM INIQUITAS VOCAT : JACTA SIT<br />

ALEA.<br />

Famgelidas Caesar cursu superaverat Alpes,<br />

Ingentesque animo motus, bellumque futurum<br />

Caperat, ut ventum est parvi Rubiconis ad un-<br />

das &c. Lucan. l. I.<br />

RIMINI<br />

Sur l’article de <strong>Rimini</strong>, j’ajoûteray seulement, pour la satisfaction du<br />

Voyageur, les Inscriptions de l’ancien Pont, & de l’Arc Triomphal dont j’ay parlé.<br />

Ce Pont est un des quatre principaux qu’Auguste avoit bastis sur la Via Flaminia,<br />

il la joignoit à <strong>Rimini</strong>, avec la Via Emilia.<br />

Casar Divi F. Augustus Pontifée Maxim.<br />

Cos. XIIII. Imp. XX. Tribunitix Potestat.<br />

XXXVII.P.P.<br />

Ti. Caesar Divi Augusti F.Divi Juli N.<br />

De l’autre costé<br />

Augusti. Pontif. Maxim. Cos. IIII. Imp. VIII.<br />

Trib. Potest. XVII. dedere.<br />

Sur l’Arc Triomphal<br />

Cos. Sept. Designat. Octavum. V. Celeberri-<br />

meis Italiae Vieis Consilio Senatus Pop. Ta. C.S.<br />

US. Nileis.<br />

Im. Caesar Divi Jul. Fi. Augustus Pont.<br />

Dans un autre endroït.<br />

47


Max. Cos. XIII. Trib. Pot. XXVII. P.P. Mu-<br />

rum de<strong>di</strong>t curante L. Turco Secundo Appronia-<br />

ni Praef. Urbis Fi. Acteio. V.C. Corect. Flam.<br />

& Piceni.<br />

FANO<br />

Fano aussi bien que Pesaro, fut détruite par Totila, & en suite réparée par<br />

Bellisaire. Voici l’inscription, qui se voyoit sur l’Arc Triomphal.<br />

Divo Augusto Pio Constantino Patri Domi-<br />

no. Q. Imp. Caesar Divi. F. Augustus.Pontifex<br />

Max. Cos. XIII. Tribunal. Potest. XXXII.<br />

Imp. Pater Patriae Murum de<strong>di</strong>t<br />

Curante L. Turcio Secundo. Aproniani Praef.<br />

Urb. Fil. Asterio. V. C. Corr. Flam. & Pice-<br />

ni.<br />

SENIGALLIA<br />

Senegallia est appellée Sena Gallorum, pour la <strong>di</strong>stinguer de Sienne, qui<br />

est Sena Hetruscorum. Une de montagnes voisines porte le nom d’Asdrubal, parce<br />

que ce General (fils d’Amilcar & frere d’Annibal) fut tué proché de là, avec près<br />

de soixante mille hommes de siens.<br />

ANCONE<br />

Ancone est ainsi nommée, à cause du coude ou du detour que fait son<br />

rivage. Sur la hauteur de son promontoire, il y avoit autrefois un Temple de<strong>di</strong>é à<br />

Venus.<br />

48


Ante Domum Veneris quam Dorica sustinet<br />

Ancon. Juven.<br />

49


NOME DELL’AUTORE: JOHANNE MABILLON<br />

TITOLO DELL’OPERA: MUSEUM ITALICUM<br />

Un’altra una vera e propria relazione <strong>di</strong> viaggio è quella pubblicata a Parigi nel<br />

1724 a firma <strong>di</strong> Johanne Mabillon 2 . Vi si trova la descrizione accurata dei<br />

monumenti, in particolare l’autore, che scrive significativamente in latino, inclina<br />

ad occuparsi soltanto <strong>di</strong> quelli antichi (con insistente attenzione per le epigrafi).<br />

Eru<strong>di</strong>to e paleografo francese, stu<strong>di</strong>ò all'università <strong>di</strong> Reims e pochi anni dopo<br />

entrò nel seminario della città. Le opere <strong>di</strong> Mabillon Annales Or<strong>di</strong>nis sancti<br />

Bene<strong>di</strong>cti ab anno 480 ad annum 1157 e De re <strong>di</strong>plomatica libri sex posero i<br />

fondamenti scientifici per lo stu<strong>di</strong>o della paleografia e della numismatica. Nel<br />

1685 Mabillon partì per l'Italia insieme a Michel German e nei quin<strong>di</strong>ci mesi <strong>di</strong><br />

permanenza andò alla ricerca d'antichi manoscritti nelle più importanti biblioteche<br />

italiane. Risultato <strong>di</strong> questo viaggio è l'opera Museum Italicum seu collectio<br />

veterum scriptorum ex bibliothecis italicis (Paris, Martin-Boudot-Martin 1687-<br />

89), che contiene sia i documenti trovati da Mabillon che un'accurata ed eru<strong>di</strong>ta<br />

descrizione dei monumenti presenti in Italia. Negli ultimi anni della sua vita si<br />

recò a Tours e ad Angers per raccogliere documenti concernenti la sua opera più<br />

rilevante - gli Annales de l'ordre de Saint Benoit - rimasta incompiuta.<br />

Tome premier<br />

RIMINI<br />

Ariminum, urbs antiqua, veteri fama & conciliabulo ariminensi celebratur<br />

[…] Supersunt Arimini duo praestantia antiquorum operum monumenta; nempe<br />

2 Johanne Mabillon, Museum italicum, Parigi, 1724.<br />

50


Ravennam versus pons super flumen Ariminum, quod urbem alluit; & porta<br />

vetustissima ex lapi<strong>di</strong>bus quadratis, qua Pisaurum ten<strong>di</strong>tur, in honorem Augusti<br />

constructa; ut inscriptionis reliquiae docent. Pontis structura permagnifica est,<br />

marmore un<strong>di</strong>que decorata.<br />

Arcubus quinque fluivii ripas conjungit, ad suburbium continuatus, ea latitu<strong>di</strong>ne,<br />

ut praeter marginem ex utraque parte, duae quadrigae adverso cursu concitate se<br />

se non impe<strong>di</strong>ant. Hunc pontem (quod litterae ab utraque sponda incisae testantur)<br />

Augustus & Tiberius con<strong>di</strong>dere […]<br />

FANO<br />

Fanum –fortunae, ubi reliquiae veteris arcus in honorem Augusti […]<br />

ANCONA<br />

Ad portum Anconis legitur inscriptio in honorem Trajani, qui ex pecunia<br />

fua portum tutiorem navigantibus red<strong>di</strong><strong>di</strong>t.<br />

51


NOME DELL’AUTORE: COLBERT JEAN-BAPTISTE MARQUIS DE<br />

SEIGNALAY [1651-1690]<br />

TITOLO DELL’OPERA: L'ITALIE EN 1671. RELATION D'UN VOYAGE<br />

DU MARQUIS DE SEIGNELAY SUIVIE DE LETTRES INÉDITES À...ET<br />

PRECEDÉE D'UNE ÉTUDE HISTORIQUE PAR PIERRE CLEMENT<br />

Il marchese <strong>di</strong> Seignelay, entrò al servizio del car<strong>di</strong>nale Mazzarino, <strong>di</strong> cui<br />

<strong>di</strong>venne l'amministratore personale delle finanze. Alla morte del car<strong>di</strong>nale, nel<br />

1665, <strong>di</strong>venne controllore generale delle finanze del regno <strong>di</strong> Luigi XIV. La<br />

politica economica <strong>di</strong> Colbert si basò sullo sviluppo delle attività industriali,<br />

comprimendo i salari ed istituendo una serie <strong>di</strong> misure protezionistiche oltre che<br />

d'incentivi agli investimenti nel settore. Nel 1667 fece re<strong>di</strong>gere un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

procedura civile (Ordonnance civile) e al 1673 risale la pubblicazione del primo<br />

co<strong>di</strong>ce moderno <strong>di</strong> commercio (Ordonnance du commerce). Molto importante fu<br />

l'azione <strong>di</strong> Colbert in campo culturale: fondò nel 1664 l'Accademia <strong>di</strong> pittura e<br />

scultura e nel 1671 quella <strong>di</strong> Architettura.<br />

Al 1666 risale la costituzione dell'Accademia Francese a Roma, dove gli artisti<br />

francesi trovarono il luogo ideale per conoscere e stu<strong>di</strong>are l'arte italiana. In questo<br />

contesto s'inserisce il viaggio <strong>di</strong> Colbert in Italia <strong>di</strong> cui rimane un'interessante<br />

relazione in L'Italie en 1671. Relation d'un voyage du marquis de Seignelay suivie<br />

de lettres iné<strong>di</strong>tes à...et precedée d'une étude historique par Pierre Clement<br />

(Paris, Di<strong>di</strong>er 1867). Il testo contiene le istruzioni che Colbert dà al figlio che va a<br />

compiere l’ormai classico viaggio in Italia.<br />

52


Negli ultimi anni della sua vita l'influenza <strong>di</strong> Colbert presso Luigi XIV andò<br />

<strong>di</strong>minuendo a favore del maggior peso politico assunto da Francois-Michel Le<br />

Tellier, marchese <strong>di</strong> Louvois e segretario alla Guerra dal 1666.<br />

53


NOME DELL’AUTORE: CAYLUS ANNE CLAUDE PHLIPPE COMPTE DE<br />

(1692-1765)<br />

TITOLO DELL’OPERA: VOYAGE D’ITALIE 1714-1715<br />

Caylus fu un personaggio <strong>di</strong> primo piano in Francia e in Europa tra il 1714 e<br />

il 1765. La passione per le arti e le lettere lo portò ad abbandonare la carriera<br />

militare e de<strong>di</strong>carsi ai viaggi per approfon<strong>di</strong>re la sua ricerca <strong>di</strong> oggetti antichi. Il<br />

rigore e la scientificità con cui il conte Caylus condusse le sue ricerche, ne fanno a<br />

tutti gli effetti uno dei padri dell'archeologia. Molto importante si rivelò per i suoi<br />

stu<strong>di</strong> sull'antichità il viaggio compiuto da Caylus in Italia nel 1714, <strong>di</strong> cui si ha<br />

un'ampia testimonianza nell'opera Voyage d'Italie 1714-1715 (Paris, Fischbacher,<br />

1914). L'opera si presenta sotto forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ario ed è ricca <strong>di</strong> annotazioni e<br />

osservazioni sulle città più importanti d'Italia. Fondamentale fu l'apporto del conte<br />

<strong>di</strong> Caylus nella <strong>di</strong>ffusione dello stile 'alla greca', corrente artistica che segnò la<br />

transizione dal rococò al neoclassico. La sua opera Recueil d'antiquités<br />

égyptiennes, étrusques, grecques et romaines... in 7 volumi illustrati, fu per pittori<br />

come Joseph-Marie Vien o Louis-Joseph Le Lorrain una ricca fonte cui attingere.<br />

Molto importante fu il rapporto tra Caylus e il pittore Watteau, nel cui laboratorio<br />

il conte compì il suo appren<strong>di</strong>stato come incisore. Il ruolo <strong>di</strong> mecenate sostenuto<br />

da Caylus nella Parigi del Settecento è testimoniato dalla sua elezione a membro<br />

onorario dell'Académie Royale de Peinture et de Sculpture, e in seguito<br />

dell'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, dove promosse la fondazione <strong>di</strong><br />

una borsa per un premio letterario de<strong>di</strong>cato allo stu<strong>di</strong>o dei popoli antichi.<br />

54


RAVENNE<br />

Pour y entrer je le passai sur un pont de brique. Ravenne est un archevêché ;<br />

la ville est assez grande, pauvre, déserte, pas bien bâtie : il y a cependant qeulques<br />

maisons qui portent le nom de palais. Elle est entourée d’une simple muraille<br />

délabrée en quelques endroits. On y trouve quelques pans de murs dont<br />

l’épaisseur et la construction m’on fait croire qu’ils estoient des Romains. […]<br />

Le Dôme ressemble à ces halles de nos villages de France. Un pavé de mosaïque<br />

tout rompu, deux rangs de colonnes antiques de chaque côté d’inégal grandeur, la<br />

porte de bois dont les planches hautes de quatorze à quinze pieds, larges de six à<br />

huit pouces et épaisses de deux, un chœur dont le le plafond est d’ancienne<br />

mosaïque, volà le Dôme de Ravenne. […]<br />

RIMINI<br />

<strong>Rimini</strong>, autrefois Ariminum comme je l’ai vu par plusieurs monuments, est<br />

une petite ville ayant l’air pauvre et je crois l’estand en effet, mal bâtie et encore<br />

plus mal pavée. Un vieux mur tombant en lambeaux en fait l’enceinte. Un château<br />

gothique délabré et soutenant mal le titre pompeux de fotreresse qu’on lui donne<br />

dans la ville, fait la force de lieu.<br />

Auprès de ce redoutable château est le Dôme, sans façade ; ce bâtiment moderne<br />

n’a de remarquable que son autel à l’envers, comme celui de Ravenne. <strong>Rimini</strong> est<br />

un évêché. L’eglise de S.Francesco bâtie par Sigismond Malatesta en 1450 a le<br />

commencement d’un portail élevé jusques au premier ordre de bon goût et riche.<br />

Le dedans de l’église peut estre fini jusques un peu plus de la moitié : ce qu’il y a<br />

de fait n’est pas laid ; le tout eut esté beau. Le côtés extérieurs sont<br />

55


extraor<strong>di</strong>nariers : ce sont sept grands portiques dont la base est élevée aux<br />

environs de deux toises de terre. Dans chacun il y a un tombeau de pierre d’égale<br />

construction, ce qui fait un coup d’œil pas commun. - Auprès de ces tombeaux il y<br />

a une grande inscritpion grecque. - Le côté de la maison des moines a les sept<br />

protiques, mais point de tombeau […] Derrière, sur le mur de la maison du<br />

gouverneur, on lit cette inscription :<br />

« C. Caesar. August. F. Cos. Vias omnes Arimni ster »<br />

Sur une autre place, on lit sur un pié<strong>di</strong>stal bien <strong>di</strong>stinctement ces paroles :<br />

« Caio Caesar <strong>di</strong>ct., Rubicone superato, civili bello commilitones suos hic, in foro<br />

Ar. adlocut”.<br />

Et derrière, messieurs de <strong>Rimini</strong> ont écrit l’année où ils ont un peu réparé le<br />

monument.<br />

Il y en a d’autres dans cette ville dont je vais parler. Sur la Marecchia, petite<br />

rivière qui arrosse la ville, est un pont de cinq arches de marbre ou plutôt de pierre<br />

dure. Il m’a paru que l’on a un peu travaillé à la première en entrant dans la ville.<br />

Il paroît par deux inscriptions bien écrites, un surtout, que ce pont a esté construit<br />

par Auguste et Tibère.<br />

A l’autre bout de la ville il y a un Arc de triomphe n’ayant qu’une porte et deux<br />

colonnes de chaque côté, d’ordre corinthien ainsi que tout le bâtiment. Le coté de<br />

la campagne et plus entier que celui de la ville ; les colonnes y ayant leur<br />

chapiteau on y lit <strong>di</strong>stinctement des mots entiers, mais les commencemens estant<br />

détruits, je n’y ai rien pu comprendre. Au milieu et de chaque côté est une tête de<br />

taureau et dans deux médaillons un teste de jeune homme et une de vieillard, ce<br />

dernier toujours à droite. Le haut de cet é<strong>di</strong>fice est cuouvert de brique et forme<br />

une espèce de tour avec des créneaux pour le conserver. On passe dessous pour<br />

sortir de la ville.<br />

56


Je fus aux Capucins, conduit par l’espérance d’y trouver un amphithéâtre, mais à<br />

pein en vis-je l’ombre. Dans les murs de la ville je vis deux portiques et une<br />

colonne soutenant un ceintre, le tout de brique et renouvelé, avec cette<br />

inscription :<br />

« Amphiteatri Olimp. Sempronio Cos. excitati reliquias in<strong>di</strong>gitat. sen. Ar.”<br />

avec un bas-relief en bas. Il n’est pas estonnant qu’il ne reste plus rien de ce<br />

monument, les murs de la ville s’estant trouvés passer dedans le terrain qu’il<br />

occupoit dans le temps des fortifications gothiques.<br />

Il y avoit autrefois un port, il n’en reste plus nul vestige : la mer s’est retirée<br />

d’environ un demi-mille. Le terrain qu’elle occupoit est fertile, plein de jar<strong>di</strong>ns.<br />

Une tour que l’on montre et que plusieurs ont écrit estre le phare, n’a nulle<br />

apparence ; celle qui reste est de peu d’élévation, mince, de brique, ayant encore<br />

des créneaux. Enfin elle a esté bâtie dans le temps de l’ignorance de tout : il se<br />

peut qu’elle soit à la place de l’ancienne.<br />

CATTOLICA<br />

[…] Je fis sur le bord de la mer quinze milles, suivant de temps en temps un<br />

chemin ferré fait en chaussée que je crois avoir esté fait par le Romains…..<br />

FANO<br />

Un reste d’arc de triomphe de pierre est tout ce qu’il y a de <strong>di</strong>gne de la<br />

curiosité. Il est peu épais, assez simple, ayant trois portes ; les deux petites en sont<br />

bouchées. On lit assez aisément les inscriptions et l’on apprend qu’il a esté fait<br />

sous le regne d’Auguste. Il y avoit un ordre de colonnes en portique dessus le<br />

ceintre de la voûte, on en voit encore quelques restes et l’on voit avec plaisir ce<br />

57


qu’estoit l’é<strong>di</strong>fice en entier, par un bas-relief en petit fait sur le mur de la petite<br />

église de Saint-Michel qui touche le bâtiment. Le proportions m’ont paru<br />

observées dans cette jolie copie ; on y lit aussi les inscriptions don il n’en reste<br />

plus que deux sur l’original.[…]<br />

ANCONA<br />

En y entrant, l’on passe au pied d’une citadelle qui commande la ville et la<br />

mer. Elle n’est pas mal fortifiée, elle se trouve entre cette hauteur et celle de<br />

Saint-Ciriaque. Elle est petite ; les rues vilaines, estroites, et son terrain montueux,<br />

m’en déplaisent […] Ce mont tire son nom de ce saint, autrefois évêque du lieu et<br />

qui est patron du Dôme qui est sur cette hauteur. […] L’on <strong>di</strong>t qui’il y a un port à<br />

Ancône, mais je ne l’ai pu trouver : [je n’ai vu] qu’une jetée ou mur assez mince<br />

qui va dans la mer en faisant un demi-cercle au bout duquel est un fortin ou<br />

redoute dans le goût gothique […]<br />

C’est en cet endroit que se trouve une des plus belles antiquités que l’on<br />

puisse voir. Au commencement du môle dont j’ai parlé qui forme le port et qui<br />

s’élève peut estre de vingt-cinq à trente pieds, l’on trouve un Arc de triomphe bien<br />

conservé, tout entier de mrabre blanc. Il n’y a qu’une seule voûte et les deux côtés<br />

sont égaux : deux colonnes de chaque côté s’y voyent ; toutes les moulures sont<br />

conservées. L’on voit les marques où dans l’entre-deux des colonnes estoient<br />

attachés des ornements fait en festons ou guirlandes de bronze. Le côté de la mer<br />

est le plus parfait, celui de la ville est un peu plus usé ; c’est celui qui a les<br />

inscriptions [suivantes] :<br />

Imp. Caes. <strong>di</strong>vi Nervae F. Nervae Traiano optimo Aug.<br />

Germanic. Dacio Pont. Max. Tr. Pot. XVIII. Imp. XI<br />

58


Cos. VII. P. P.. Providentissimo Principi S.P.Q.R. Quod adcessum Italiae hoc<br />

etiam ad<strong>di</strong>to ex pecunia sua portum tutiorem navigantibus red<strong>di</strong>derit.<br />

Au-dessous des colonnes:<br />

A droite: A gauche :<br />

PLOTINAE AUGUST. DIVAE MARCIANAE AUG.<br />

CONJUGI AUGUST. SORORI AUG.<br />

J’ai mesuré un des morceaux de marbre que j’ai trouvé. Il fait l’épaisseur du<br />

portique et la hauteur du piédestal avec les ornemens en dehors de chaque côté. Il<br />

a douze pieds et demie et un pouce de long sur cinq et demi de hauteur et trois<br />

pieds et demi et deux pouces d’épaisseur.L’on <strong>di</strong>t que sur le haut estoient une<br />

statue équestre de Trajan et deux en pied, apparemment des deux femmes<br />

mentionnées dans l’inscription, que le tout estoit de bronze et que cela a demeuré<br />

jusqu’au temps où les François ont pillé Ancône et brisé par avarice les précieuse<br />

antiques. Si cela est, j’en veux grand mal à ma nation ! En dedans la voûte, j’ai<br />

remrqué cinq entailles faites dans le marbre, à la hateur d’un homme, de<br />

<strong>di</strong>fférentes grandeurs, dans lesquelles apparemment estoient des lames de bronze<br />

qui servoient de mesures. On voit encore le morceaux de fer qui les attachoient au<br />

marbre. Tout ce qui s’élève depuis le bas du portique jusques au haut est de<br />

marbre fin et blanc come s’il venoit d’estre travaillé. Le fondement, qui est<br />

appuyé par les murs de brique qui forment le môle, est de marbre moins fins mais<br />

beau. Enfin c’est un beau monument et bien conservé ; on y voit jusques à la plus<br />

petite moulure. Du côté de la mer la ville est bien forte, mais jamais une place<br />

n’est prise par là. Les même hauteurs qui en font la force da ce côté, sont<br />

commandées du côte de terre. Il y a quantité de canons. La ville est en<br />

59


amphithéâtre. Il peut avori mille Juifs ou environ qui sont tous riches ; il n’en est<br />

pas de même des autres habitants de la ville où le pape tient un gouverneur ainsi<br />

qu’à Pesaro, Fano et Senigaglia,et les places où il n’a pas de légat. […]<br />

60


NOME DELL’AUTORE: ADDISON JOSEPH [ 1672 - 1719 ]<br />

TITOLO DELL’OPERA: REMARKS ON SEVERAL PARTS OF ITALY<br />

Joseph Ad<strong>di</strong>son prima ancora <strong>di</strong> essere un viaggiatore fu un noto saggista, un<br />

poeta, un uomo <strong>di</strong> stato nonché fondatore del giornalismo letterario in Inghilterra<br />

(«The Tatler»; «The Spectator»). Lasciò l'Inghilterra nel 1699. Fu prima a Parigi<br />

poi, per quasi un anno, a Blois. Durante la sua prolungata permanenza in Francia<br />

apprese la lingua francese e conobbe alcuni dei maggiori esponenti del mondo<br />

culturale parigino come il filosofo Nicolas Malebranche (1638-1715) e il poeta e<br />

critico Nicolas Boileau (1636-1711) storiografo alla corte <strong>di</strong> Luigi XIV.<br />

Nel 1700 ebbe inizio il suo viaggio in Italia che lo portò a Savona, Genova,<br />

Milano, Venezia, San Marino, Roma, Napoli, Capri, Ostia e Firenze. Raggiunse<br />

Genova nel 1701 per imbarcarsi nuovamente e far ritorno in Francia. Dopo alcune<br />

tappe a Vienna, ad Amburgo e in Olanda fece rientro definitivamente in<br />

Inghilterra, nel 1703. Il resoconto del viaggio in Italia Remarks on several parts of<br />

Italy, & c. in the years 1701, 1702, 1703, pubblicato a Londra nel 1705, mise in<br />

evidenza il forte contrasto esistente tra il passato, fatto <strong>di</strong> splendore culturale, ed il<br />

presente fortemente con<strong>di</strong>zionato da un immobilismo culturale e politico. Suscitò<br />

nell'Ad<strong>di</strong>son grande ammirazione il porto <strong>di</strong> Livorno <strong>di</strong>venuto meta irrinunciabile<br />

per le navi mercantili inglesi. La meraviglia nel constatarne l'efficienza e le<br />

potenzialità per il commercio e il profitto costituiscono una chiara testimonianza<br />

della crescente importanza del porto tirrenico.<br />

Joseph Ad<strong>di</strong>son è fermamente convinto che non esiste luogo al mondo dove un<br />

viaggiatore possa trovare tanta ricchezza e stimoli quanti in Italia: dalla natura alle<br />

61


collezioni, dalla musica ai gabinetti d'arte, dalla letteratura alle antichità. Intende<br />

descrivere i luoghi partendo da ciò che <strong>di</strong> quei luoghi hanno detto i classici, le<br />

fonti; desidera evitare i luoghi comuni ed in<strong>di</strong>viduare percorsi e strade nuove alla<br />

scoperta <strong>di</strong> questo paese.<br />

RIMINI<br />

From Ravenna I came to <strong>Rimini</strong> having pass’d the Rubicon by the way.<br />

This River is not so very contemptible as it is generally represented and was much<br />

increas’d bu the meltin of the Snows When Caesar pass’d it, accor<strong>di</strong>ng to Lucan.<br />

Fonte ca<strong>di</strong>t mo<strong>di</strong>co parvisque impellitur<br />

un<strong>di</strong>s<br />

Puniceus Rubicon, cum fervida canduit<br />

aestas:<br />

Perque imas serpit valles, & Gallica<br />

certus<br />

Limes ab Ausoniis <strong>di</strong>sterminat arva co-<br />

lonis:<br />

Tunc vires praebebat Hyems, atque auxe-<br />

rat undas<br />

Tertia jam gravido pluvialis Cyathia<br />

cornia<br />

Et ma<strong>di</strong>da Euri resoluate slatibus Al-<br />

pes. L. I.<br />

62


While Summer lasts, the Streams of<br />

Rubicon<br />

From their spent Source in a small<br />

Current run,<br />

Hid in the win<strong>di</strong>ng Vales they gently<br />

glide,<br />

And Italy from neighb’ring Gaul <strong>di</strong>vid:<br />

But now, with Winter Storms encreas’d,<br />

They rofe,<br />

By wat’ry Moons produc’d, and Alpine<br />

Snows,<br />

That melting on the hoary Mountain<br />

lay,<br />

And in warm Eastern Winds <strong>di</strong>ssov’d<br />

away.<br />

This River is now call’d Pisatello.<br />

<strong>Rimini</strong> has nothing at present to boast of. Its Antiquities are as follow: A<br />

Marble Bridge of Five Arches built buy Augustus and Tiberius, for the Inscription<br />

is still legible, tho’ not rightly transcrib’d by Gruter. A Triumphal Arch rais’d to<br />

Augustus, that makes a Noble Gate to the Town, tho’ part of it is ruin’d. The<br />

Ruins of an Amphitheater. The Suggestum, on which it is said that Julius Caesar<br />

harangu’d his Army after having pass’d the Rubicon. I must confess I can by no<br />

means look on this last as Authentick: It is built of hewn Stone, like Pedestal of a<br />

Pillar, but something higher than or<strong>di</strong>nary, and is but just broad enough for one<br />

Man to stand upon it. On the contrary, the ancient Suggestiums, as I have often<br />

63


observ’d on Medals, as well as on Constantine’s Arch, were made of Wood like a<br />

little kind of Stage, or Bulk of a Shop, for the Heads of the Nails are sometimes<br />

represented, that are suppos’d to have fasten’d the Boards together. We often see<br />

on ‘em the Emperor, and Two or Three General Officers, sometimes fitting and<br />

sometimes stan<strong>di</strong>ng, as they made Specches, or <strong>di</strong>stributed a Congiary to the<br />

Sol<strong>di</strong>ers or People. They were probably always in rea<strong>di</strong>ness, and carry’d among<br />

the Baggage of the Army, whereas this at <strong>Rimini</strong> must have been built or the<br />

Place, and requir’d some time before it could be finish’d.<br />

If the Observation I have here made is just, it may serve as a Confirmation<br />

to the Learned Fabretti’s Conjecture on Trajan’s Pillar; who supposes, I think,<br />

with a great deal of Reason, that the Camps, Intrenchments, and other Works of<br />

the same Nature, which are cut out as if they had been made of Brick or hewn<br />

Stone, were in reality only of Earth, Turf, or the like Materials; for there are on<br />

the Pillar some of these Suggestums that are made like those on Medals, with only<br />

this <strong>di</strong>fference, that they seem built of Brick or Free-Stone.<br />

ANCONA<br />

From <strong>Rimini</strong> to Loreto the Towns of Note are Pesaro, Fano, Senigallia<br />

and Ancona. Fano receiv’d its Name from the Temple of Fortune that stood in it.<br />

One may still see the Triumphal Arch that was there erected to Augustus: It is<br />

indeed very much defac’d by Time, but the Plan of it, as it stood entire with all its<br />

Inscriptions, is neatly cut upon the Wall of a neighbouring Buil<strong>di</strong>ng […]<br />

Ancona is much the most considerable of these Towns. It stands on a<br />

Promontory, and looks more beautiful at a <strong>di</strong>stance than when you are in it. The<br />

Port was made by Trajan, for which he has a Triumphal Arch erected to him by<br />

64


the Sea-side. The Marble of this Arch looks very white and fresh, as being<br />

expos’d to the Winds and Salt Sea-Vapours, that by continually fretting it<br />

preserves it self from that mouldy Colour, which others of the same Matter have<br />

contracted. Tho’ the Italians and Voyage-Writers call these of <strong>Rimini</strong>, Fano and<br />

Ancona Triumphal Arches, there was probably some Distinction made among the<br />

Romans between such Honorary Arches erected to Emperors, and those that were<br />

rais’d to ‘em on the Account of a Victory which are properly Triumphal Arches.<br />

This at Ancona was an Instance of Gratitude to Trajan for the Port he had made<br />

there, as the Two others I have mention’d were probably for some Reasion of the<br />

same Nature. One may however observe the Wisdom of the ancient Romans, that<br />

to encourage their Emperors in their Inlination of doing good to their Country,<br />

gave the same Honours to the great Actions of Peace, which turn’d to the<br />

Advantage of the Publick, as to those of War. This is very remarkable in the<br />

Medals that were stamp’d on the same Occasions. I remember to have seen one of<br />

Galba’s with a Triumphal Arch on the Reverse, that was made by the Senate’s<br />

Order for his having remitted a Tax. R. XXXX. REMISSA. S.C. The Medal<br />

which was made for Trajan in Remembrance of his Beneficence to Ancona is very<br />

common. The Reverse has on it a Port with a Chain running a crofs it, and<br />

betwixt’em both a Boat with this Inscription, S.P.Q.R. OPTIMO PRINCIPI. S.C.<br />

65


NOME DELL’AUTORE: ROBERT DE COTTE<br />

TITOLO DELL’OPERA : LE VOYAGE EN ITALIE<br />

Nato a Parigi nel 1656, Robert de Cotte, è figlio e nipote <strong>di</strong> architetti e nel<br />

1687 entra a far parte dell’Accademia Reale <strong>di</strong> Architettura. L’anno seguente gli<br />

viene affidato il progetto del peristilio del Trianon, nella sua qualità <strong>di</strong> braccio<br />

destro del primo architetto <strong>di</strong> corte. Egli, infine, gli succede nel 1734, quando<br />

<strong>di</strong>viene a sua volta primo architetto del re. Quanto al suo viaggio <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o in<br />

Italia, e alla relazione che ne seguì, il fatto che sia così poco conosciuta è<br />

probabilmente imputabile alla me<strong>di</strong>ocrità della stessa (il manoscritto ine<strong>di</strong>to e i<br />

<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> Robert de Cotte sono conservati a Parigi presso la Biblioteca<br />

nazionale). Il suo manoscritto ha subito il <strong>di</strong>sprezzo <strong>di</strong> tanta critica “On garde,<br />

après avoir lu ses petits pages couverts d’un écriture serrée, l’impression qu’il<br />

accomplit sagement un exercice scolaire, mais qu’il n’a pas ardemment désiré voir<br />

l’Italie et qu’il ne subit pas le charme de Florence et de Rome […] »<br />

ANCONA<br />

Nous allons coucher le lun<strong>di</strong> à Enconne qui est un port de mer, à 15 mil.<br />

J’allé visiter le port, qui n’est poin fermé, mais ayant un molle qui advence dans la<br />

mer aveq un fort au bout pour défendre les petits vaisseau [et] barque qui vien<br />

mouiller et ce mettre à couvert. Je vis un arc de triomphe entique contrui de<br />

marbre que l’on dresa pour Trajan 3 . J’en est fait un deseins pour mémoir mais<br />

cette ouvrage n’est pas d’un grande remarque. Dans la ville, l’église des<br />

Cordellier, un tableau du Titien. Sur la porte de la ville, un fragment d’arc entique.<br />

3 Arc de Trajan, attribué à Apollodore de Damas (peu après 115), légèrement restauré en 1667.<br />

66


Nous partisme le grand matin pour aler dîné à Seneglia, petit ville sur le<br />

bord de la mer. Elle est fortifier. L’on voit une Décente de croix du Baroche. / Ce<br />

mesme jour j’allé couché à Fano, peti ville à 15 mil de Seneglia. Dans l’église du<br />

dosme, une chapelle peinte par le Dominiquain mais mal décoré 4 . A Sant Pier, où<br />

il y a de Per de l’Oratoire : cette esglise est petite mais assez belle, en ayant fait un<br />

plan; il ya des tableau du Guide et Guerchin et de bon maistre. L’on voit ausy un<br />

reste d’arc antique dont ce qui reste donne des marque que ce n’estoit pas grand<br />

chose.<br />

Le 14 dîné à Catolica, petit bourg, et allé coucher à la ville de <strong>Rimini</strong> où<br />

l’on voit à l’entré un petit arc antique 5 […]<br />

4 Cathédrale du XII siècle, trés remaniéè au cours des siècles suivants ; la chapelle Nolfi est décorée de seize fresques<br />

du Dominiquin (1612).<br />

5 Arc d’Auguste (an 2 de notre ère), plutôt une porte d’entrée de la ville à l’issue de la route qui la reliait à la via<br />

Flaminia.<br />

67


NOME DELL’AUTORE: LORENZO MASCHERONI<br />

TITOLO DELL’OPERA: INVITO A LESBIA<br />

Il Mascheroni fu professore a Pavia dal 1786 al 1797, e due volte rettore,<br />

negli anni 1789-90 e 1793-94: splen<strong>di</strong><strong>di</strong>ssimo lume <strong>di</strong> quella Università, il brutto<br />

abate, il goffo maestro <strong>di</strong> seminario, il Misogino, com’egli firmava alcune lettere,<br />

<strong>di</strong>venne il professore-abate più ricercato ne’salotti pavesi. Il Mascheroni era stato<br />

preceduto a Pavia da Aurelio Bertòla, che dal 1784 al 1793 vi insegnò storia<br />

universale. La venuta del gentil Riminese avea determinato a Pavia un certo<br />

risveglio letterario, e fatto rifiorire l’Accademia degli Affidati, che, sorta nel<br />

1562, dormicchiava da un pezzo. Il Bertòla ne fu eletto principe nel 1785, e vi<br />

fece entrare il Parini, l’Amaduzzi, il Godard, il Pompei, Ippolito Pindemonte, il<br />

Tiraboschi e altri. Fin dal 1785 il Mascheroni aveva <strong>di</strong>retto alla contessa Paolina<br />

Secco Suardo Grismon<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bergamo (1748-1801), poetessa allora famosa, nota<br />

col nome <strong>di</strong> Lesbia Cidonia, il sonetto Vieni, e consola del Tesin la sponda,<br />

invitandola a Pavia. Apparve strano che, invitando Lesbia a Pavia, il Mascheroni<br />

non cercasse <strong>di</strong> allettare la gentile visitatrice, accennando, sia pur sobriamente,<br />

gl’insigni ricor<strong>di</strong> storici e i monumenti d’arte in quella città. Né mancava il culto<br />

dell’arte al nostro Poeta. Il quale, come ci fa sapere il Fantoni, “desideroso <strong>di</strong><br />

esaminare dappresso i gran<strong>di</strong>osi monumenti architettonici lasciati dalla romana<br />

potenza in <strong>Rimini</strong>, in Fano, in Ancona, in Roma, in Napoli, e quelli che, al<br />

risorgimento delle belle arti, inalzarono Giotto, il Brunelleschi, il Bramante e<br />

Michelangelo…; intraprese, coi professori Gregorio Fontana, Cesare Bal<strong>di</strong>notti e<br />

Giuseppe Mangili, nell’autunno del 1791, per le Legazioni, le Marche, gli Abruzi,<br />

il viaggio <strong>di</strong> Napoli e Roma.<br />

68


NOME DELL’AUTORE : JACQUES-NICOLAS BELLIN (1703-1772)<br />

TITOLO DELL’OPERA : DESCRIPTION GEOGRAPHIQUE DU GOLFE DE<br />

VENISE ET DE LA MOREE<br />

Cartografo, idrografo, nato a Parigi nel 1703 e morto a Versilles il 21 marzo<br />

1772). Nel 1721 Bellin è nominato idrografo dal ministro della marina in seguito<br />

alla creazione dell’ufficio idrografico francese e del deposito <strong>di</strong> carte e piante<br />

della marina. Membro de l’Académie de Marine e della Royal Society of London.<br />

E’ autore <strong>di</strong> numerossime carte. Fondatore dell’idrografia francese.<br />

ANCONA<br />

Il ya sur la jetté du port & à l’entreè du môle, un arc de triomphe de beau<br />

marbre blanc, qui a été érigé en l’honneur de Trajan, l’an cent douze de Jésus-<br />

Christ : cet arc est le mieux conservé qu’il y ait en Italie. A quelque <strong>di</strong>stance de<br />

cet arc de triomphe, on voit un autre arc moderne.<br />

RIMINI<br />

<strong>Rimini</strong> est à une lieu de la riviere d’Amarano ; c’est une ancienne ville,<br />

autrefois Colonie Romaine, aujourd’hui dépendante de l’Etat Ecclésiastique : son<br />

nom latin est Ariminum : elle est située à l’embouschure de la riviere de<br />

Marechia. Cette ville a été beaucoup plus considérable qu’elle n’est ; elle étoit<br />

bien forifiée : il y avoit un port qui passoit pour un des plus beaux de l’Italie ; mai<br />

la mer sétant retirée, le port a été détruit, & l’on a bâti une Eglise des pieces de<br />

marbre qui en ont été enlevées, de sorte qu’il ne reste qu’une espece de petit port,<br />

lù il ne se fait que très peu de commerce, car il n’y peut aborder que des barques<br />

de pêcheurs ; ce sont les atterrissements de la Marechia qui l’ont rendu<br />

69


impraticable depuis une quinzaine d’années, par la quantité de graviers & de<br />

galets qu’elle amene des montagnes.<br />

RAVENNA<br />

Ravenne est une ville qui contient quatroze mille ames : elle est grande,<br />

ancienne & célebre, située à soixante & trois lieues au nord de Rome, & à vigt-<br />

sept lieues au mi<strong>di</strong> de Venise.<br />

Strabon <strong>di</strong>t que Ravenne fut fondée par le Thessaliens, anciens peuples de<br />

Grece, qui envoyerent, comme beaucoup d’autres, des Colonies sur le côtes de la<br />

Mer Adriatique. Les Sabins l’occuperent ensuite, comme le <strong>di</strong>t Pline en parlant de<br />

la huitieme Région de l’Italie. Ravenne avoit un beau & vaste port, où l’Empereur<br />

Auguste tenoit les flottes de la Mer Adriatique. Les villes de Cesarea & de<br />

Classis, qui en étoient tout proche, contribuoient aussi à la sureté du port & aux<br />

richesses de cette côte ; mais les atterrissements qui ont comblé ce port, ont<br />

couvert les bâtiments superbes qui y étoient, dont on trouve souvent sous terre des<br />

vestiges considérables. On reconnôit encore la situation du phare qui servoit à<br />

guider le vaisseaux. De sorte que Ravenne est aujourd’hui à une grande lieues de<br />

la mer : ainsi la Martiniere se trompe lorsqu’il <strong>di</strong>t qu’elle se trouve présentement à<br />

sept lieues de la mer […]<br />

ZARA<br />

Cette ville a été Colonie Romaine, & beaucoup plus grande & plus peuplée<br />

qu’elle n’est aujourd’hui ; & comme l’eau y manquoit, n’y ayant à présent que des<br />

citernes, les Empereurs firent construire un aqueduc qui amenot l’eau de très loin,<br />

& donti il reste encore quelques ruines. Du côté du canal, dans toute la longueur<br />

de la ville, il regne un platin de roches que la mer couvre, & qui empêche les<br />

vaisseaux d’approcher des murailles […]<br />

70


SPALATO<br />

On voit dans Spalato des marques de son ancienne splendeur, sur-tout les<br />

restes du palais que l’Empereur Dioclétien y avoit fait construire pour se retirer<br />

lorsqu’il abandonna l’Empire ; ce Prince le fit bâtir l’an de grace 304. Ses<br />

murailles, qui embrassent les deux tiers de la ville, sont presque tout entieres. On<br />

a fait l’eglise cathédrale d’un temple qui étoit renfermé dans l’intérieur du palais<br />

[…]<br />

71


NOME DELL’AUTORE: LA ROCHE (1726-1798)<br />

TITOLO DELL’OPERA: VOYAGE D'UN AMATEUR DES ARTS EN<br />

FLANDRE, DANS LES PAYS-BAS, EN HOLLANDE, EN FRANCE, EN<br />

SAVOYE, EN ITALIE, EN SUISSE, FAIT DANS LES ANNÉES 1775-76-77-78<br />

ANCONA<br />

[…] On voit sur l’ancient Mole, un Arc de triomphe construit de très-gros<br />

blocs de marbre, érigé l’an 112 de J.C. à l’honneur de Trajan, de Plotine sa femme<br />

& de Martiana sa sœur. Le Statues, les Trophèes, les Inscriptions & autres<br />

ornemens en bronze en ont été enlevés. On y voit encore quelqus Bas-reliefs, qui,<br />

étant pris dans la masse, n’ont pu être déplacés. Cet Arc est bien conservé ; la<br />

composition en est simple, mais noble : Aux deux côtés de l’Arcade sont deux<br />

Colonnes élevées sur leurs piédestaux ; l’entablement profile sur chacune d’elles ;<br />

cette ordonnance est corynthienne. Un attique, dans lequel est encadrée la<br />

principale Inscription, couronne très-bien cet é<strong>di</strong>fice ; auquel cependant on peut<br />

reprocher un pue de maigreur dans ses masses, & quelques innovations dans le<br />

placement des moulures, qui réussisent mal.<br />

[…] L’Eglise de St. Syriaque, du côté de l’art, n’offre rien <strong>di</strong>gne de remarque ; les<br />

deux Colonnes, & les deux Lions antiques que l’on prise beaucoup sur les lieux,<br />

& qui entrent dans la décoration du grand Portail, sont au moins mé<strong>di</strong>ocres : le<br />

vaisseau est intérieurement triste & d’un mauvais plan…mais la vue dont ce<br />

plateau fait jouir, est très-étendue & très-variée..<br />

72


FANO<br />

La petite Ville de FANO, est agréablement située ; on y remarque quelques<br />

jolis bâtimens, qui annoncent une certaine aisance. Le grand chemin fait passer<br />

sous un Arc de triomphe, construit en marbre, originairement érigé à l’honneur<br />

d’Auguste. Il est vraisemblable que le temps, ou quelqu’accident particulier, en<br />

avront détruit la partie supérieure sur laquelle on aura élevé celle que l’on y voit<br />

aujourd’hui : Cette reconstruction a son époque vers les premières années du<br />

règne de Constantin, à qui elle fut dé<strong>di</strong>ée. La première composition porte<br />

l’empreinte du meileeur goût ; la seconde est, on ne peut pas plus mauvaise ; elle<br />

caractérise l’extrême décadence où les arts étoient tombés alors.<br />

On fait voir contre le mur d’une petite Eglise qui tient à cet arc, le dessein sculpté<br />

en relief, de cet é<strong>di</strong>fice, tel qu’il étoit autrefois : ce coup d’œil est bientôt donné.<br />

RIMINI<br />

[…] L’Arc de Triomphe élevé par Tibère, à l’honneur & sous le règne<br />

d’Auguste, est le premiere monument que l’on apperçoit en entrant dans la Ville ;<br />

le grand chemin le traverse. Il est fort dégradé, & l’on ne peut juger que<br />

<strong>di</strong>fficilement de sa première intention ; les réparations, les ad<strong>di</strong>tions qui y ont été<br />

successivement faites & dans <strong>di</strong>fférens siècles, sont autant de mêlanges sensibles<br />

de bonnes, de mé<strong>di</strong>ocres & de très-mauvaises parties. Le fronton qui couronne<br />

l’avant-corps n’entroit point dans la première composition, mais il ne fait pas mal.<br />

Les deux médaillons (que l’on croit représenter Jupiter & Junon) répétés de l’un<br />

& de l’autre côté de l’arc, sont peu d’effet, s’aggraffent mal, & cependant<br />

73


appartiennent à l’ancient dessein : en général, le grand Arc est d’une proportion<br />

mâle & belle ; mais cette partie est la seule que l’on puisse applau<strong>di</strong>r.<br />

Cette même rue traverse, à peu de <strong>di</strong>stance de l’Arc, une PLACE assez vaste,<br />

assez réguilière, mais peu décorée : elle est remarquable par un Piédestal antique,<br />

le même (du moins l’Inscription & la tra<strong>di</strong>tion le <strong>di</strong>sent ainsi) sur lequel Cézar<br />

harangua son armée, lorsqu’il passa le Rubicon.<br />

[…] Le Portail de l’Eglise de St. François est moderne, mais il n’est vaut pas<br />

mieux ; aussi n’est-ce point lui que nous avons intention d’in<strong>di</strong>quer ici ; mais<br />

bien, la <strong>di</strong>sposition de sept Tombeaux antiques, placés sous autant d’Arcades, qui<br />

closent cette Eglise par la droite, en longeant une assez belle rue, Toute cette<br />

composition est excellente dans son genre : le soubassement su lequel ces Arcs &<br />

ces Tombeaux sont élevés, est d’un caractère mâle & sérieux : il contribue pour<br />

beaucoup à répandre sur toute cette masse un ton vraiment sépulcral. Toute cette<br />

façade, ainsi qu’une partie de l’Eglise, est construite en marbre, qu l’on assure<br />

avoir été enlevé du bassin qui circonserivoit le Port, & des ornemens qui<br />

l’enrichissoient. Les amateurs de Ruines antiques, trouveront près du Jar<strong>di</strong>n des<br />

Capucins de gros matonages que l’on croit avoir fait partie d’un Amphithéatre.<br />

Assez près de ces ruines, sur la droite, se voyent les restes du Phare de l’ancient<br />

Port : c’est une tour construite en briques, aujour’hui éloignée de la mer de près<br />

d’un mille.<br />

[…] On traverse la Marecchia en sortant de <strong>Rimini</strong> sur un MAGNIFIQUE<br />

PONT : il est construit en marbre & composé de cinq arches d’une égale<br />

largeur.. »C’est un des plus beaux & de mieux conservés de tous ceux qui restent<br />

des anciens. Le style en est grand & sublime, les bandeaux des arcs sont fiers ; on<br />

remarque sur les clefs des couronnes & des vases sculpté ; la corniche est<br />

admirable par le ton mâle & l’élégance des profils, &c. »<br />

74


RAVENNA<br />

Ravenne, dont le Port, suos le règne d’Auguste, étoit si fréquenté, si célèbre,<br />

se trouve aujord’hui éloigné de prés de trois milles des bords de la mer : Les<br />

ruines du Phare qui servoit à l’éclairer, se voyent des monumens publics dont les<br />

Empereurs ne cesserent d’enbellir cette ville : quelques débris du Palais de<br />

Théodoric, in<strong>di</strong>quent seulement l’emplacement où il fut élevé ; de longuers<br />

guerres, & le temps, ont tout dévasté, tout détruit. Cette Ville dans son ètat actuel<br />

rassemble quinze à seize mille habitans ; on y remarque quelques belles Rues,<br />

bein bâties, mais silencieuses & sans mouvement.<br />

75


NOME DELL’AUTORE: DUCOS BASILE JOSEPH [1767-1836]<br />

TITOLO DELL’OPERA: ITINERAIRE ET SUOUVENIRS D’UN VOYAGE<br />

EN ITALIE EN 1819 ET 1820<br />

RIMINI<br />

On entre à <strong>Rimini</strong>, l’antique Ariminum, par un beau pont de marbre blanc,<br />

jeté sur la Marcochia, et d’une conservation parfaite. Il date des règnes d’Auguste<br />

et de Tibère. De ses cinq arches, quatre sont à plein cintre : celle du milieu est un<br />

peu moins arquée. Les assises des parapets se composent de blocs à peine<br />

dégrossis. On n’a taillé avec quelque soin, que celui destiné à recevoir<br />

l’inscription qui relate l’origine de ce monument. Au milieu, finit la voie<br />

émilienne, et commence celle qui conduit de <strong>Rimini</strong> à Rome. Le conusl Flaminius<br />

la fit paver en l’an 533. Elle en garda le nom de voie flaminienne. Un arc<br />

triomphal, consacrè à Auguste, décore son entrée […]<br />

Dans une des parties latèrales du marché, on voit une pierre antique, taillé<br />

en forme de piédestal, et posée sur un socle moderne. Elle passe pour avoir servi<br />

de tribune à Jules César, lorsqu’il harangua ses soldats après le passage du<br />

Rubicon. Les traces d’une inscription dont quelques lettres sont à peine lisibles, ne<br />

suffisent point pour confirmer cette tra<strong>di</strong>tion historique […]<br />

FANO<br />

[…] se nommait Fanum Fortunae, temple de la Fortune. Elle est arrosée<br />

par le Métaure, et renferme quelques antiquités.<br />

[…] Enfin, les restes d’un arc consacré à Auguste, terminent une des<br />

avenues qui conduisent à la ville. On n’aurait eu, d’après ces ruines, qu’une idée<br />

76


imparfaite du monument auquel elles appartiennent. L’ensemble en a èté dessiné ;<br />

et pour satisfaire la curiosité des amateurs, les habitans de Fano en ont fait tracer<br />

l’épure en plâtre, sur un mur voisin. La partie inférieure était percée de trois portes<br />

également espacées. Dans le haut, il y avait sept arcs semblables à ceux d’un<br />

aqueduc. Cette composition a de la lourdeur, et manque de régularité dans son<br />

ordonnance.<br />

ANCONE<br />

Ancône, bâtie sur le penchant d’un coteau escarpé, est exposèe au nord […]<br />

Sur le quai qui conduit au môle s’élèvent deux arcs triomphaux, l’un consacré à<br />

l’empereur Trajan, l’autre au pape Benoît XIV : celui-là, remarquable par sa<br />

forme élégante et légère, celui-ci par la noble simplicité de sa coupe. Le second<br />

est dépourvu d’ornemens. Dans le premier, ils avaient été pro<strong>di</strong>gués si l’on en<br />

juge par les pierres déchirées dont on les a probablement arrachés, et où des<br />

portions d’agrafes demeurent suspendues à des restes de scellemens. Ces<br />

monumens qui se touchent presque, n’ont dans leur position respective aucune<br />

symétrie. Placés comme au hasard, ils se nuisent par leur voisinage. Toutefois<br />

cette circonstance aide à étu<strong>di</strong>er en eux, la décadence ou les progrès de l’art, à<br />

l’époque de leur construction. On se plaît non-seulement à les comparer dans leur<br />

ensemble et dans leurs détails, mais encore à rapprocher les hommes célèbres en<br />

l’honneur desquels ils ont été érigés […]<br />

77


NOME DELL’AUTORE : RICHARD JEROME [1720-1800]<br />

TITOLO DELL’OPERA : DESCRIPTION HISTORIQUE ET CRITIQUE DE<br />

L’ITALIE<br />

Nacque a Digione e <strong>di</strong>venne canonico dell'abbazia <strong>di</strong> Vézelay. Grazie alle<br />

pubblicazioni in campo umanistico entrò a far parte dell'Accademia <strong>di</strong> Digione e<br />

<strong>di</strong>venne precettore del figlio del presidente del Parlamento. Nel 1761 Richard<br />

partì per l'Italia insieme a Jean-François Charles - presidente del Parlamento <strong>di</strong><br />

Borgogna - e vi si trattenne per quasi un anno. L'opera <strong>di</strong> Richard - Description<br />

historique et critique de l'Italie (Dijon, Des Ventes 1766) - rappresenta una<br />

descrizione molto puntuale dei molteplici aspetti che caratterizzano il nostro<br />

paese. Negli Avertissement l'autore informa che lo scopo del testo è quello <strong>di</strong><br />

fornire una dettagliata relazione non solo sulle bellezze del paese ma anche sulla<br />

storia, sulle scienze ed i costumi; intento che raggiunse pienamente, tanto da far<br />

<strong>di</strong>ventare il testo una delle descrizioni <strong>di</strong> viaggio più scrupolose del Settecento.<br />

Tra le altre opere dell'autore si ricorda: Hipparchie, histoire galante, traduite du<br />

grec, <strong>di</strong>visée en trois parties, Tablettes historiques, topographiques et physiques<br />

de Bourgogne, pour les annes 1753-1760, La théorie des songes<br />

Tome sixième<br />

ANCONE<br />

Ancone, ville actuellement très commerçante, & Port de mer très-fréquenté,<br />

a été fondée par les Syracusains lorsqu’ils fuyoient la tyrannie de Denys le pere ;<br />

le cap sur lequel ils commencerent leurs constructions, qui fait une courbure qui<br />

78


s’avance dans la mer, lui donna son nom d’Ancone ou Ancona ; c’est-là où ces<br />

peuples, originairement Grecs Doriens, bâtirent un Temple à Venus.<br />

Ante domum veneris quam dorica sustinet Ancon…Juv. 1. 4. Elle devint assez<br />

promptement une place importante. Deux cent vingt-sept ans après sa fondation,<br />

les Romains y établirent la station de la flotte, qui devoit tenir la mer supérieure<br />

pendant la guerre contre les Illiriens : Adversus Illiriorum classem, creati duum<br />

viri navales erant qui tuendam viginti navibus mari Superiore Anconam, veluti<br />

Car<strong>di</strong>nem haberent. (Tit. Liv. l. 41. A. 574.) Ce fut une des premieres villes où<br />

Cesar mit garnison après avoir passé le Rubicon. Trajan fit fortifier son Port. La<br />

Ville occupoit alors à-peu près le même emplacement où elle est aujourd’hui, s’il<br />

est vrai que la Cathédrale, qui est placée sur le cap, qui étoit l’ancien Crumerum,<br />

ait succédé au Temple de Venus que les Syracusains y avoient bâti. Ce qu’il v a<br />

de certain, c’est que les ouvrages de Trajan qui subsistent encore, ne laissent<br />

aucun doute à ce sujet. Les Goths détruisirent dans le cinquième siecle toute la<br />

partie inférieure de la ville, que Narses, Général des armées de Justinien, fit<br />

rétablir peu de tems après. Dans le <strong>di</strong>xième siecle les Sarrasins, après avoir brûlé<br />

la flotte des Vénitiens dans la golphe de Trieste, ravagerent plusieurs places de la<br />

mer Adriatique, Ancone fut du nombre. Il y a très-long-tems que’elle est du<br />

Domaine de l’Eglise ; Pie II qui y mourut en 1464, commença à la faire rétablir &<br />

à remettre son port en meilleur état, ouvrage auquel on a travaillé à <strong>di</strong>fférentes<br />

reprises, & que l’on continue à présent avec plus d’ardeur que jamais. Lorsque j’y<br />

passai en 1762 ; il y avoit le plus grand mouvement dans la ville & sur le Port, les<br />

Marchands, les Matelots, le Maçons travailloient chacun de leur côté ; les uns<br />

traînoient les pierres & les matériaux qui devoient être employés à finir le grand<br />

Mole, les autres réparoient le Port & le nettoyoient : ici on charge oit des<br />

vaisseaux des marchan<strong>di</strong>ses que l’on tiroit du pays même ; là on apportoit dans le<br />

79


magasins de la ville les productions des Indes & du Levant ; il sembloit voir les<br />

Tyriens en mouvement, occupés à établir la ville & le commerce de Carthage.<br />

Instant ardentes Tirii, pars ducere Muros,<br />

Molirique arcem, & manibus subvolvere Saxa,<br />

Hic portus alii effo<strong>di</strong>unt……<br />

Virg.AEneid. I...<br />

[…] L’arc de Trajan qui est à l’entrée du Mole, de marbre de<br />

Carrare avec des colonnes d’ordre Corinthien, petit & solide, mais de bonne<br />

maniere ; il a eu autrefois plusieurs ornement en bronze qui ont été enlevés, il n’en<br />

reste plus que les inscriptions antiques, qui sont très-lisibles 6 . Vanvitelli a fait<br />

élever un autre arc de triomphe à l’extrémité du nouveau Mole, qui est une<br />

continuation de l’ancien ; il est bâti en pierre d’une proportion plus grande que<br />

celui de Trajan, & très-beau […]<br />

RIMINI<br />

Ariminum est une ville ancienne, autrefois considérable, ainsi que<br />

l’annoncent les restes de plusiurs monumens don elle a été décorée du tems des<br />

6 Imp. Caesari. <strong>di</strong>vi. Nervae. F. Nervae.<br />

Trajano.optimo. Aug. Germanico. dacico. Pont.<br />

Max.Trib.pot.XIX. Imp. IX. Cos. V. P.P.<br />

providentissimo. Principi. S.P.Q.R. quod.<br />

Adessum. Italiae. hoc. etiam. ad<strong>di</strong>to. ex pecu<br />

nia. sua. portum. tutiorem. navigantibus. red<br />

<strong>di</strong>derit.<br />

Au dessous on lit à droite. à gauche.<br />

Plotinae. Aug. Divae. Marcianae.<br />

Conjugi. Aug. Sorori. Aug.<br />

80


Romains ; ce fut la premiere place dont César s’empara, après avori passé le<br />

Rubicon, E d’où il commença la guerre civile. Il y étoit entré avec la treizieme<br />

Légion : On prétend conserver encore dans la place publique de <strong>Rimini</strong>, la pierre<br />

sur laquelle il monta pour haranguer ses Soldats dans cette occasion, ainsi qu’on<br />

le peut voir au premier Livre de la guerre civile.<br />

L’Arc de triomphe sous lequel on passe en entrant dans cette ville, n’a rien de plus<br />

beau que son antiquité, e d’être encore sur pied après les révolutions de tant de<br />

siécles ; le Pont qui est à la suite, est du même âge, mais d’une construction plus<br />

belle e plus solide que l’Arc : ces deux monumens sont du temps d’Auguste. On y<br />

lit ces inscriptions antiques :<br />

Imp.Caes.<strong>di</strong>vi.Jul.Fil.Augustus.Pont.Max.<br />

Cos.XIII.XX.Tribun.pot.XXVII.P.P.<br />

Tib.Caes.Divi.Augusti.F.Divi Julii.N.<br />

Aug.Pont.Max.Cos.IV.Imp.VIII.pot.XXII.<br />

On voit encore à la face de l’Hôtel de –Ville cette inscription du meme siécle<br />

C.Caesar.Augusti.F.Cos.Vias.omnes.<br />

Ariminis.Ter..<br />

On sçait que la voie Flaminienne se terminoit à <strong>Rimini</strong>, e cette inscription désigne<br />

sans doute une réparation générale des voies Romaines faite sous l’empire<br />

d’Auguste, e achevée à cette Ville. On <strong>di</strong>t qu’il y a plusieurs autres restes<br />

d’antiquité e quelques é<strong>di</strong>fices gothiques du tems des Malatesta, seigneurs de<br />

<strong>Rimini</strong>, mais que je n’ai pas vu, n’ayant fait que traverser cette Ville assez<br />

promptement.<br />

A qualque <strong>di</strong>stance de là on trouve la riviere du Rubicon, si fameuse dans<br />

l’Historie par le passage de Cesar lorsqu’il vint des Gaules à Rome, dans<br />

81


l’intention de s’opposer au parti que Pompée avoit formé contre lui. On s’attend à<br />

passer un fleuve majestueux capable d’arrêter un conquérant, e on est tout étonné<br />

de ne trouver qu’un ruisseau bourbeux, coulant dans un lit fort large dont il<br />

occupe la sixieme partie au plus, e que l’on traverse aisément à gué, quoiqu’il soit<br />

peu éloigné de son embouchure dans la mer. On ne se rappelle point que Lucain<br />

n’en a pas donné une grande idée en <strong>di</strong>sant :<br />

Fonte ca<strong>di</strong>t mo<strong>di</strong>co, parvisque impellitur un<strong>di</strong>s.<br />

On ne songe qu’a Cesar qui hésita s’il le passeroit ou non ; mais il étoit plus<br />

occupé de la defense du Sénat e de la guerre civile, qu’il allant commencer, que<br />

de la <strong>di</strong>fficulté du passage. On l’appelle aujour’hui il pisatello. Cette riviere étoit<br />

la borne de l’Italie e de la Gaule Cispadane 7 . […]<br />

7 Sur une colonne d’une antiquité douteuse, relevée par les soins d’un Car<strong>di</strong>nal Legat de la Romagne, on lit le fameux<br />

Décret du Sénat, qui défendoit à tout Général ou Officier,; de passer cette borne à la téte d’une troupe armée, sous peine<br />

d’être déclaré ennemi de la Patrie, e qui étoit conçu en ces termes :<br />

Jussu, Mandatuve, P.R. – Cos.Imp.Trib.<br />

Miles, Tyro, - commilito armate – quisquis<br />

es – manipularisve Centurio turmaeve Legiona<br />

riae – hic sestito. Vexillum finito – arma dponito.<br />

– nec citra hunc Amuem-Rubiconem signa<br />

ductum – exercitum, commeatumve – Traducito.<br />

– Si quis hujusce jussionis – ergo ad<br />

versus praecepta – ierit feceritue – adju<strong>di</strong>ca.<br />

82


NOME DELL’AUTORE : COYER GABRIEL FRANÇOIS [ 1707 - 1782]<br />

TITOLO DELL’OPERA : VOYAGE D’IITALIE<br />

Compì la sua formazione presso i Gesuiti <strong>di</strong> Porrentruy, specializzandosi<br />

principalmente in materie a carattere filosofico e umanistico. Intorno al 1736<br />

<strong>di</strong>venne il precettore privato del principe <strong>di</strong> Turenne, futuro duca <strong>di</strong> Bouillon. Fu<br />

proprio per accompagnare i nipoti del duca che compì il viaggio in Italia, <strong>di</strong> cui<br />

abbiamo un interessante resoconto - redatto in forma epistolare - in Voyage<br />

d'Italie par m. l'abbé Coyer... (Paris, Duchesse 1776). La parte più originale<br />

dell'opera risulta quella conclusiva, intitolata Vue générale sur l'Italie, dove Coyer<br />

oltre a descrivere le bellezze monumentali del paese, si sofferma sugli usi e<br />

costumi degli italiani. L'abate Coyer scrisse <strong>di</strong>verse opere vicine alla corrente dei<br />

philosophes: da ricordare la pubblicazione, nel 1756, del volume Noblesse<br />

commerçante. L'opera può essere classificata come un importante trattato a<br />

carattere storico-economico, grazie alla ricostruzione <strong>di</strong> vicende storiche<br />

esemplari che portano a <strong>di</strong>mostrare l'origine mercantile <strong>di</strong> gran parte del ceto<br />

nobiliare europeo.<br />

Second tome<br />

Lettre XLI<br />

ANCONA<br />

83


Ancône. Ma premiere station, après Lorète, a été Ancône, que les<br />

Syracusains fonderent en fuyant la tyrannie de Denys. Devenue ensuite Colonie<br />

Romaine, elle eut beaucoup à se louer de Trajan, à qui elle marqua sa<br />

reconnoissance par un arc de triomphe tout en marbre, & bien conservé, avec une<br />

belle inscription, dont le plus beau mot est celui-ci, providentissimo Principi<br />

Trajan le méritait par sa vigilance sur le bien public. Deux Papes ont partagé la<br />

gloire de Trajan en faisant du bien à cette Ville. Exposée par son commerce<br />

maritime au danger de la contagion, elle n’avait point de Lazaret. Clément XII en<br />

a bâti un qui s’avance dans la mer. Le port n’était pas sûr ; il commença un môle<br />

que Benoît XIV a fait continuer, & on l’acheve à présent par les <strong>di</strong>spositions qu’il<br />

a laissées. Un marbre en face de l’arc de Trajan consacre la mémoire de ces deux<br />

Princes de l’Eglise, qui ont vraiment agi en Princes.<br />

FANO<br />

Fano. C’est Fano, que les Romains nommoient Fanum Fortunae, à cause<br />

d’un Temple dé<strong>di</strong>é à la Fortune. On y voit les restes d’un arc de triomphe qui fut<br />

érigé à Auguste, en marbre blanc, & ruiné par l’artillerie du Pape Paul II, lorsqu’il<br />

assiégea cette Place en 1463. A une lieue de la Ville le voyageur instruit considère<br />

l’endroit où Asdrubal, frère d’Annibal, fut défait par le Consul Claude-Néron, &<br />

per<strong>di</strong>t la vie.<br />

RIMINI<br />

<strong>Rimini</strong> a beaucoup perdu par la retraite de la mer. Son port ne reçoit plus<br />

que des barques de pêcheurs. Les amateurs de l’antiquité y trouvent encore de<br />

quoi satisfaire leur goût.<br />

84


Un arc d’ordre Corinthien, érigé à Auguste, pour avoir fait réparer les voies<br />

Romaines ; un pont de marbre sur la Maréchia, commencé par le même Empereur<br />

& achevé par Tibere, comme l’inscription en fait soi. Ce pont n’a rien perdu de sa<br />

soli<strong>di</strong>té, ni des belles proportions que Palla<strong>di</strong>o admirait. Le Lituus Augural qu’on<br />

y voit sculpté, ne <strong>di</strong>ffére en rien de la crosse épiscopale.<br />

On lit ces mots sur une colonne qui s’élève au milieu de la place publique…C’est<br />

ici que Jules César, après avoir passé le Rubicon, pour se rendre maître de Rome<br />

& du monde, harangua ses soldats…Ce petit fleuve coule à peu de <strong>di</strong>stance de la<br />

Ville. Un célébre Senatus-Consulte, qu’on lit encore, dévouait aux Dieux<br />

infernaux, déclarait sacrilége & parricide, tout Romain qui passerait le Rubicon<br />

avec des troupes. Ce ne fut pas sans frayeur, & sans hésiter, que César osa le<br />

passer. On a remarqué, comme une chose singuliere, qu’en 1740, le troupes de la<br />

Maison de Savoie vinrent pour la premiere fois jusqu’aux bords du Rubicon.<br />

RAVENNA<br />

Ravenne. La ville de Ravenne est bien <strong>di</strong>fférente de ce qu’elle était<br />

autrefois. Elle fut le siége de l’Empire de Théodoric, Roi de Ostrogoths, soumise<br />

ensuite aux Empereurs de Constantinople, qui la gouvernaient par des Exarques,<br />

puis à Charlemagne qui en donna la Souveraineté aux Pape. C’est un Légat qui y<br />

regne. Les Romanis y avaient fait plusieurs grands ouvrages; à peine en voit on<br />

les vestiges. Elle avait de leur tems un bon port. Jules César y tenait une flotte,<br />

pour défendre le Golphe. La mer s’étant retirée à la <strong>di</strong>stance de cinq milles, elle<br />

n’a plus de port. On lit sur la porte de la Ville...Naves cesserunt Aratro. Cette<br />

défection de la mer se remarque, mais un peu moins dans les autres Villes dont je<br />

85


viens de vous parler. On a suppléé, autant qu’on a pu, par des canaux qui ont<br />

rétabli la communication, que la nature avait coupée.<br />

NOME DELL’AUTORE : WATKINS THOMAS - 1792<br />

TITOLO DELL’OPERA : TRAVELS THROUGH SWISSERLAND, ITALY,<br />

SICILY, THE GREEK ISLANDS, TO COSTANTINOPLE<br />

Vol. II<br />

ANCONA<br />

We came to Ancona, a maritime town pleasantly situate, but ill built. Its port<br />

was declared free by Clement the XIIth, wich made it very commercial. It was<br />

originally formed by the Emperor Adrian, to whom the citizens in their gratitude<br />

erected an arch upon the mole; the structure of which is truly elegant, and the<br />

marble whiter than in any e<strong>di</strong>fice I ever saw.<br />

RUBICONE<br />

The Rubicon is a narrow river that scarce seem to move through its deep<br />

banks of clay. On the northern side are ancient lapidary inscriptions almost<br />

obliterated, at least I could not read them. Do you recollect the description of this<br />

rivulet in Lucan’s Pharsalia? […]<br />

POLA<br />

86


In the evening we were driven by the wind and current upon the coast of<br />

Istria within a mile of Pola, - a city founded (as Pliny and others tell us) by the<br />

Colchians, and called Julia Pietas by the Romans. I was very desirous of lan<strong>di</strong>ng<br />

there, to examine more minutely what appeared to be the noblest amphitheatre<br />

NOME DELL’AUTORE: CADELL WILLIAM ARCHIBALD [1775-1855]<br />

TITOLO DELL’OPERA: A JOURNEY IN CARNIOLA, ITALY, AND<br />

FRANCE IN THE YEARS 1817,1818, DEL 1820<br />

William Archibald Cadell (1775-1855) nacque nel Falkirk, in Scozia, e<br />

frequentò l'E<strong>di</strong>nburgh University <strong>di</strong>venendo membro della facoltà degli avvocati.<br />

Nel 1802, durante la guerra con la Francia, fu fatto prigioniero e riuscì a tornare in<br />

patria solo nel 1809. Attratto da interessi <strong>di</strong> tipo scientifico, fu l'amore per la<br />

scienza che lo spinse ad intraprendere i suoi viaggi attraverso la Carniola, l'Italia e<br />

la Francia, negli anni 1817-1818. Di questi viaggi riferì le esperienze più<br />

significative nel suo <strong>di</strong>ario A Journey in Carniola, Italy, and France, in the Years<br />

1817, 1818, del 1820.<br />

RIMINI<br />

The gate by wihich we enter <strong>Rimini</strong> is an ancient Roman arch, with two<br />

fluted Corinthian columns and a pe<strong>di</strong>ment. It was erected to commemorate the<br />

restoration of the Via Flaminia, which Augustus accomplished in his seventh<br />

consulship, an historians mention; and the mutilated inscription, which exists<br />

above the pe<strong>di</strong>ment, mentions the seventh consulship. The four medallions on the<br />

e<strong>di</strong>fice are the heads of Jupiter, Minerva, Neptune, and Venus; deities who<br />

favoured and protected the city of <strong>Rimini</strong>. A drawing of this arch is published by<br />

87


Temanza and by Fabretti, who considers it to resemble the monument of the Aqua<br />

Marcia at the Porta San Lorenzo, and the arch of Drusus near the Porta San<br />

Sebastiano of Rome. <strong>Rimini</strong> contains some buil<strong>di</strong>ngs of good architecture […]<br />

We leave <strong>Rimini</strong> by an ancient Roman bridge of five arches, built over the<br />

Maricchia. This is one of the most considerable ancient bridges in Italy, and was<br />

built by Augustus and Tiberius, as the inscriptions given by Gruter attest. The<br />

span of each of the three principal arches, accor<strong>di</strong>ng to Palla<strong>di</strong>o’s measurement, is<br />

twenty-seven English fett. The thickness of the piers is nearly one half of the span<br />

the arches.<br />

The ancient Roman bridges in Italy have semiricular arches, which are inferior in<br />

size to the arches of several stone bridges that have been constructed in Europe in<br />

modern times, such a Black-friars Bridge and the Wellington Bridge in London;<br />

the bridge of Neuilly, the bridge of Louis XVI., and the bridge of the Invalids,<br />

formerly called the bridge of Jena, at Paris. The Romans were unacquainted with<br />

bridges of cast iron, some of which have been constructed within the last thirty<br />

years with arches of a greater spam than the widest storn arches; and even<br />

suprassing the width of the wooden bridges at Schafhausen, and the Wettingen on<br />

the Limma, near Zurich. The largest Roman bridges that are known are those of<br />

Evora and of Salamanca in Spain, built or repaired in the time of Trajan. The<br />

bridge built by Trajan over the Danube, the greatest Roman work of this kind, was<br />

demolished by his successor Adrian. The Pont du Gard, over the gardon between<br />

Nismes and Avignon, now used as a bridge, was an ancient Roman aqueduct; it is<br />

magnificently constructed of squared bridges that are known are those of Evora<br />

and of Salamanca in Spain, built or repaired in the time of Trajan. The bridge built<br />

by Trajan over the Danube, the greatest Roman work of this kind, was demolished<br />

by his successor Adrian. The Pont du Gard, over the gardon between Nismes and<br />

88


Avignon, now used as a gridge, was an ancient Roman aqueduct; it is<br />

magnificently constructed of squared stones without mortar; and, in respect to the<br />

materials, supasses the arcades of the aqueducts at Rome, which are only of brick.<br />

The Via Flaminia extends from Rome to the bridge of <strong>Rimini</strong>; the ancient way,<br />

which begins on the other side of the bridge, is the Via Emilia, made in the year<br />

566 of Rome, from <strong>Rimini</strong> to Placentia.<br />

The harbour of <strong>Rimini</strong> at the mouth of the river is only capable of containing<br />

coasting barks. It is said that, since the time of the ancient Romans, the deposition<br />

of alluvial matter has extended the land in this place.<br />

SAVIGNANO<br />

At Savignano, between <strong>Rimini</strong> and Cesena, the road crosses an ancient<br />

Roman bridge of three arches. The bridge is repaired with Istrian marble, like that<br />

used at Venice. Each arch is twenty-one feet in span. The river, which now at this<br />

season contains little water, is called the Fiumesino, and is supposed by Cluverius,<br />

D’Anville, and others, to be the Rubicon of the ancients; but there was formerly a<br />

great <strong>di</strong>spute between the antiquaries of Cesena and those of <strong>Rimini</strong> on this<br />

subject. Each claimed the honour of having the Rubicon; the stream is in the<br />

territory of Cesena, and crosses the highroad two miles cast of that town, and near<br />

the river is to be seen an inscription, by which it is declared unlawful for a consul<br />

or legionary sol<strong>di</strong>er to pass the Rubicon. This inscription is considered to be a<br />

fabricated production of the antiquaries of Cesena and is published by Gruter<br />

amongst the false and spurious. <strong>Rimini</strong> maintained, that the Rubicon was the<br />

Fiumesino, which runs by Savignano. Some said it was the Luso, a small stream<br />

which crosses the road two miles cast of Savignano. Several <strong>di</strong>ssertation on this<br />

subject are published by Graevius. All the three streams are small. The Fiumesino<br />

is only about twenty miles in length from its source to its mouth, where it falls<br />

89


into the Adriatic. It is joined by the Pisatello before falling into the sea. The<br />

Rubicon <strong>di</strong>vided Italy from Cisalpine Gaul; <strong>Rimini</strong> was the city of Italy nearest<br />

the frontier on the Adriatic, and Ravenna was the city of Cisalpine Gaul nearest<br />

the frontier of Italy. On the Tuscan Sea, Lucca was in Cisalpine Gaul, Pisa in<br />

Italy.<br />

The Rubicon was the limit of Julius Caesar’s province, and the act of marching<br />

his troops beyond that limit was in effect a declaration of was against the senate.<br />

He marched from Ravenna, crossed the Rubicon, and imme<strong>di</strong>ately took<br />

possession of <strong>Rimini</strong>. […]<br />

<strong>Rimini</strong> and Cesena are near the south-eastern angle of the great and very fertile<br />

plain, which extends westward on both sides of the Po, and is bordered by the<br />

Alps to the north, and the Apennines to the south. This plain was the Gallia<br />

Cisalpina of the Romans, and, after it had been conquered by the Lombards in<br />

570, it acquired the name of Lombardy.<br />

This plain of the Po may be considered as forming an equilateral triangle, the base<br />

of which, from Cervia to Venice, is ninety English miles, and each of the sides,<br />

from Venice to Vercelli, and from Cervia to Vercelli, 180 English miles. This<br />

triangle, but more extended, is decribed by Polybius.<br />

90


NOME DELL’AUTORE:COCHIN CHARLES NICOLAS [ 1715 -1790]<br />

TITOLO DELL’OPERA : VOYAGE PITTORESQUE D’ITALIE<br />

Cochin, figlio del famoso incisore, apprese l'arte incisoria dal padre,<br />

completando la sua formazione presso due artisti <strong>di</strong> primo piano come Le Bas e<br />

Restout. La sua fama lo portò a lavorare per Luigi XV, riproducendo nelle sue<br />

incisioni molteplici occasioni pubbliche e politiche legate alla vita <strong>di</strong> corte.<br />

Quando nel 1749 Madame de Pompadour inviò suo fratello, il marchese <strong>di</strong><br />

Van<strong>di</strong>ères e Marigny, in Italia come sovrintendente delle residenze reali, Cochin,<br />

l'architetto Soufflot e l'abate Le Blanc lo accompagnarono nel viaggio.<br />

Ritornato in patria, Cochin pubblicò l'opera Voyage pittoresque d'Italie (Paris,<br />

Jombert, 1758), che <strong>di</strong>venne ben presto, grazie anche alle interessanti illustrazioni,<br />

un'utile guida per i viaggiatori in Italia. Non meno importante fu la pubblicazione<br />

del saggio Observations sur les antiquités de la ville d'Herculanum che contribuì,<br />

insieme all'opera <strong>di</strong> Caylus, alla <strong>di</strong>ffusione in patria dello stile 'gout grec'.<br />

Nel 1755 Cochin <strong>di</strong>venne segretario e storiografo dell'Accademia ma abbandonò<br />

tale carica pochi anni dopo per il posto <strong>di</strong> consigliere, così da avere più tempo<br />

libero per le sue ricerche a carattere umanistico. Con l'avvento della rivoluzione<br />

francese e i mutamenti politici nel paese, Cochin cadde in <strong>di</strong>sgrazia e morì pochi<br />

anni dopo.<br />

RIMINI<br />

91


On y voit un ARC DE TRIOMPHE, bâti par Tibere, sous le regne<br />

d’Auguste : il n’est point beau.<br />

Le pont est de la même antiquité, mais mieux décoré. Il est de marbre, & si<br />

bien bâti, qu’à peine introduiroit-on la pointe d’un canis dans les joints […]<br />

Un Amphithéâtre.<br />

ANCONE<br />

Le port est fort beau. Il ya un mole décoré d’un arc de triomphe antique, de<br />

marbre blanc, bien conservé, & d’une assez belle proportion; la port n’est pas<br />

large, ni écrasée comme dans la plǔpart des autres ; elle est dans la proportion à<br />

peu-près du double de sa hauteur.<br />

Un autre ARC DE TRIOMPHE sur le même mole, de Van Vitelli : il est<br />

bâti de pierre, & fort beau, quoiqu’il y ait quelques licences.<br />

On voit du même architecte un LAZARET bâti dans la mer : c’est un très-<br />

bel ouvrage. Son plan est un pentagone ; il y a plusieurs petites chambres & une<br />

grande cour, au milieu de laquelle est une petite chapelle décorée de colonnes,<br />

dont la penséè est fort belle : tout cela est traité de bon goǔt.<br />

92


NOME DELL’AUTORE:GROSLEY PIERRE JEAN [ 1718 - 1785]<br />

TITOLO DELL’OPERA : NOUVEAUX MEMOIRES, OU OBSERVATIONS<br />

SUR L’ITALIE ET SUR LES ITALIENS<br />

Compì gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto a Parigi e intraprese, come il padre, la carriera<br />

d'avvocato a Troyes. L'amore per i viaggi lo portò in varie parti d'Europa e in<br />

Italia, come testimonia l'opera Nouveaux mémoires ou observations sur l'Italie et<br />

sur les Italiens..., (Londres, Nourse 1764). Grosley partì per l'Italia insieme<br />

all'amico svedese Belly nel 1758 e visitò le città più importanti, soffermandosi sia<br />

sulle bellezze del paese che sulla con<strong>di</strong>zione politica dei vari stati italiani. Molte<br />

altre notizie sull'Italia si possono trovare nelle lettere pubblicate dopo la morte <strong>di</strong><br />

Grosley: Lettres iné<strong>di</strong>tes de Grosley, écrites de l'armée d'Italie en 1745 et 1746,<br />

Lettres iné<strong>di</strong>tes de Grosley, écrites pendant son voyage d'Italie e de France en<br />

1758 et 1759... Le pubblicazioni <strong>di</strong> Grosley gli valsero l'ammissione all'Académie<br />

des Inscriptions et Belles-Lettres; la passione per la letteratura lo avvicinò inoltre<br />

ad esponenti <strong>di</strong> primo piano dell'ambiente culturale parigino come Voltaire e<br />

Montesquieu. Molto interessante, per lo spirito critico, la lettera scritta da Grosley<br />

a Montesquieu, nella quale sono presenti interessanti osservazioni sul libro XV<br />

dell'Esprit des Lois.<br />

Primier Tom<br />

RIMINI<br />

93


Après avoir passé le Rubicon, que le Pizatello & une autre petite rivière se<br />

<strong>di</strong>sputent l’honneur de représenter, nous arrivâmes à <strong>Rimini</strong>, par un pont<br />

entiérement bâti de blocs du plus beau marbre blanc. L’inscription qui subsiste<br />

encore en entier, fait honneur de sa construction à Auguste & à Tibere. Ce pont<br />

également remarquable & par la soli<strong>di</strong>té de sa bâtisse, & par sa belle conservation,<br />

est le monument le plus entier du siécle d’Auguste […]<br />

<strong>Rimini</strong> eut aussi un port revêtu par Auguste, avec la même magnificence.<br />

Ce port devenu inutile par la retraite de la mer, fut démoli vers le milieu du<br />

quinziéme siécle ; & Pandolfe Malateste en employa les démolitions à la<br />

construction de l’église de S.François : église dans laquelle l’Architecture a<br />

déployé tout ce dont elle étoit capable avant la renaissance des baeaux arts.<br />

La cathédrale de <strong>Rimini</strong>, élevée sur les fondements d’un temple de Castor<br />

& Polux, est dé<strong>di</strong>ée à Sainte Colombe, née & morte a Sens en France […]<br />

En sortant de <strong>Rimini</strong>, on passe sous un arc de triomphe élevé en l’honneur<br />

d’Auguste, après le rétablissement des grandes routes d’Italie, qui toutes venoient<br />

aboutir à <strong>Rimini</strong>, où, si je ne me trompe, commençoit la voie triomphale. Cet arc<br />

très-surbaissé & degradé par le tems, ne ressemble au pont, qu’en ce qu’il est<br />

aussi de marbre blanc.<br />

CATTOLICA<br />

De la colline dont la Catolica occupe la croupe, on nous montra le<br />

lieu qu’occupoit autrefois une Ville que la mer couvre aujord’hui, ajant repris là<br />

ce qu’elle a perdu en s’eloignant de <strong>Rimini</strong>.<br />

PESARO<br />

94


Elle étoit fameuse dans l’antiquité, par la malignité de l’air qu’on y<br />

respiroit en été. Catulle l’appelloit moribundam sedem […]<br />

Les antiquités de Pézaro ont été illustrées depuis quelques années, par un<br />

de ses citoyens, dans un Ouvrage intitulé Marmora Pisaurensia. Cet ouvrage<br />

remplit un volume infolio, très-bien imprimé à Pézaro même.<br />

FANO<br />

Fano a aussi un arc de triomphe, erigé en marbre blanc a l’Honneur<br />

d’Auguste. Cet arc, qui avoit trente coudées d’elevation, fut à-demi ruiné par<br />

l’artillerie de Paul II […]<br />

On y montre aussi quelques restes fort équivoques du temple de la<br />

Fortune, qui a donné le nom à cette ville.<br />

A une lieu de Fano, la voie Flaminia traverse le Metaurus, aujourd’hui<br />

Métrò, dans la lieu même où Asdrubal fut défait par les Romanis :<br />

Testis Metaurum Flumen & Asdrubal Devictus.<br />

Ce fleuve avoir à peine de l’eau, lorsque nous le passames à son<br />

embouchure dans la mer. Le pompeux Silius Italicus lui a consacré ce vers<br />

empullé :<br />

Rapidasque sonanti<br />

Vortice contorquens undas & saxa Mataurus,<br />

RAVENNA<br />

95


En approchant de Ravenne, nous perdìmes la mer de vûe dans des lieux<br />

qu’elle couvroit encore sous les Exarques, c’est-à-<strong>di</strong>re, dans les sixiéme &<br />

septiéme siécles de l’ère chrétienne. Au milieu de la plaine qu’elle a formée en se<br />

retirant, nous laissâmes à la gauche, l’église de S.Apollinaire : magnifique, mais<br />

unique reste de l’importante ville de Clasce, qui, sous les Empereurs Romains,<br />

gardoit l’embouchure méri<strong>di</strong>onale d’un port où Auguste avoit établi la station de<br />

la flotte destinée à la garde de l’Adriatique. Le fond de ce port étoit défendu par<br />

une autre ville appellée Césarée, & Ravenne en commandoit l’embouchure<br />

septentrionale. Ce port, dont l’entrée étoit resserrée sans doute par des moles &<br />

des jettées, avoit une lieue de large sur autant de profondeur ; & ses bords, dans<br />

l’intervalle des trois villes qui le commandoient, étoient couverts de magasins, de<br />

casernes pour les soldats & pour les matelots, & de maisons de plaisance. Les<br />

fouilles découvrent tout les jours des vestiges de vastes & solides bâtimens, qui,<br />

des trois villes que je viens de nommer, formoient une ville continue. En<br />

abandonnant ces beaux lieux, la mer semble les avoir engloutis : ils n’offrent plus<br />

q’une plaine rase & toute unie.<br />

Ravenne domine cette plaine : son ancienne situation, d’après la<br />

description que Strabon nous en a laissée, ressembloit assez à la situation actuelle<br />

de Venise : elle est maintenant éloignée de la mer de plus d’une lieue.<br />

La Géographe que je viens de citer, <strong>di</strong>t qu’elle fut fondée par les<br />

Thessaliens, dans ces tems sans doute où des essains d’hommes fortis de la Gréce<br />

aujourd’hui presque déserte, vinrent couvrir d’habitans les côtes d’Italie qui<br />

étoient le plus à leur portée : elle fit partie des conquête des Romains sur les<br />

Gaulois-Boïens qui en avoient chassé les Sabins. Tibére releva ses murs avec une<br />

magnificence don la Porta aurea présente encore des vestiges.<br />

96


SPINA<br />

L’embouchure de ce bras du Po fut très-célebre dans l’antiquité, par la ville de<br />

Spina, que les anciens Pélasges y avoient bâtie. Dans les premiers siécles de sa<br />

fondation, cette ville, la Tyr & la Venise de ses parages, avoit envoyé au temple<br />

de Delphes des offrandes dont la richesse & le goût étoient encore des objets<br />

d’admiration dans les plus beaux siécles de la Gréce & de Rome. La mer, au<br />

milieu de laquelle elle étoit située, l’abandonna insensibilement, ensorte que, du<br />

tems de Strabon, elle en étoit déjà éloignée de 90 stades, c’est-à-<strong>di</strong>re, d’environ<br />

trois lieues de France ou douze milles d’Italie. Il ne reste plus de vestiges de cette<br />

ville. Si la mer a continué à s’en éloigner dans la proportion progressive de<br />

l’attérissement qu’elle a formé à cette côte, depuis le siécle de Strabon, il faudroit<br />

aujord’hui chercher les restes de Spina à 5 ou 6 dans les terres.<br />

Seconde Tome<br />

ANCONA<br />

Le vieux Mole bâti en marbre par Trajan, est coupé dans son milieu par cet<br />

arc de triomphe dont parlent toutes les relations. Avec le pont de <strong>Rimini</strong> & la<br />

maison quarrée de Nîmes, c’est l’un des restes les plus entiers que j’aye vus de la<br />

magnificence Romaine. Il est encore, pour ainsi <strong>di</strong>re, à fleur de coin. Les Siécles<br />

& les Elémens semblent avoir respecté dans ce monument, la mémoire d’un<br />

Prince qui trouva son bonheur dans la félicité genre humain. On y lit cette<br />

inscription :<br />

97


IMP. CAESARI DIVI NERVAE F.<br />

NERVAE TRAJANO<br />

OPTUMO, AUG. GERMANICO, DACICO,<br />

PONT. MAX.<br />

TRIB. POT. XIX. IMP. IX. COS. V. P. P.<br />

PROVIDENTISSIMO PRINCIPI,<br />

S.P.Q.R. QUOD ADCESSUM ITALIAE,<br />

HOC ETIAM ADDITO EX PICUNIA SUA PORTU,<br />

TUTIOREM NAVIGANTIBUS REDDIDERIT.<br />

Au-dessous de cette Inscription, on lit à droite:<br />

Et à gauche :<br />

PLOTINAE AUG.<br />

CONJUGI AUG.<br />

DIVAE MARCIANAE.<br />

SORORI AUG.<br />

L’ouverture on baye dont cet Arc est percé, paroît à l’œil d’une hauteur<br />

plus que double de sa largeur : proportion qui lui donne un air étranglé, mais qu’a<br />

déterminée le peu de largeur de son emplacement. En effet, si, sur cette largeur,<br />

on eût asservi la baye aux proportions or<strong>di</strong>naires ; ou en conservant à cet é<strong>di</strong>fice<br />

sa hauteur, la baye seroit devenue un guichet percé dans une masse qui l’eût<br />

écrasé ; ou, en réduisant proportionnellement l’é<strong>di</strong>fice, ce monument fait pour<br />

98


s’annoncer de loin aux Navigateurs, n’eût plus été q’un colifichet, que l’on<br />

n’auroit apperçu q’en le touchant, pour ainsi <strong>di</strong>re, à la main. Enfin, comme son<br />

vrai point de vûe est à la mer, l’étranglement de sa baye doit à peine être sensible<br />

aux Navigateurs, don la marche n’est jamais, ou que très-rarement,<br />

perpen<strong>di</strong>culaire à cette baye.<br />

La cathédrale d’Ancône occupe le sommet d’un promontoire appellé<br />

Cumerum par les anciens, & qui fut le premier emplacement d’Ancône. Ce<br />

promontorie forme la pointe de l’angle que décrit l’Apennin, en tournant là du<br />

Nord au Mi<strong>di</strong>, après avoir, depis Gênes, couru de l’Ouest à l’Est. C’est sans doute<br />

à cet angle qu’Ancône doit son nom, qui, dans la langue des Grecs qui le lui ont<br />

imposé, signifie coude, courbure ; & non à l’enfoncement de son port, qui n’a rien<br />

à cet égard qui le <strong>di</strong>stingue de tous les port se l’Univers […]<br />

La cathédrale dé<strong>di</strong>ée sous l’invocation de S.Quiriace, a pris la place d’un<br />

temple autrefois consacreé à Venus, & don parle Juvenal 8 . Elle n’offre rien de<br />

remarquable, que qulques tableaux de bonne main, & son portail bâti en marbre,<br />

aux dépens sans doute de l’ancien Mole, mais sans goût & sans dessein. Du parvis<br />

de cette église, on voit, à vûe d’oiseau, la mer, le port […]<br />

8 Satyre IV. Il parle d’un poisson monstrueux échoué dans le port:<br />

Ante domum Veneris quam Dorica sustinet Ancon.<br />

99


NOME DELL’AUTORE : ROLAND DE LA PLATIERE, JEAN- MARIE<br />

[1734-1793]<br />

TITOLO DELL’OPERA : LETTRES ÉCRITES DE SUISSE, D'ITALIE, DE<br />

SICILIE ET DE MALTHE<br />

Nato da una famiglia nobile, <strong>di</strong>venne ispettore delle manifatture ad Amiens.<br />

La passione <strong>di</strong> Roland per i viaggi lo portò a visitare l'Italia nel 1776, alla ricerca<br />

<strong>di</strong> luoghi rimasti inesplorati negli itinerari dei viaggiatori precedenti. Frutto <strong>di</strong><br />

questa esperienza sono le Lettres écrites de Suisse, d'Italie, de Sicilie et de Malthe<br />

(Amsterdam, Merkus 1780). L'opera testimonia la volontà <strong>di</strong> Roland <strong>di</strong> scoprire<br />

nuovi luoghi senza avvalersi del giu<strong>di</strong>zio dei notabili e governanti ma<br />

confrontandosi con la popolazione locale. Pochi anni dopo il ritorno dall'Italia,<br />

sposò Manon Jeanne Phlipon, meglio conosciuta negli anni della rivoluzione<br />

francese come Madame Roland.<br />

Le competenze <strong>di</strong> Roland nel settore commerciale lo portarono a collaborare alla<br />

nuova stesura dell'Encyclopé<strong>di</strong>e, nella quale, come in tutta la sua produzione<br />

letteraria, fu assistito dalla moglie. Con l'avvento della rivoluzione francese fu<br />

eletto deputato straor<strong>di</strong>nario presso l'Assemblea Costituente e sposò le idee dei<br />

Giacobini, mentre il salone <strong>di</strong> sua moglie <strong>di</strong>venne il luogo ideale d'incontro per<br />

personaggi come Brisson, Pétion, Robespierre. Negli anni seguenti la sua<br />

posizione mutò e si trovò in <strong>di</strong>saccordo con molteplici esponenti della rivoluzione<br />

francese; per questa ragione si rifugiò a Rouen, dove si tolse la vita nel 1793.<br />

100


Tome cinquième<br />

Lettre XXXI de Rome à Mantoue, par Terni, Foligno, Lorette, Ancone, <strong>Rimini</strong>,<br />

Ravenne, Ferrara.<br />

ANCONE<br />

Elle a peu d’é<strong>di</strong>fices remarquables; l’arc seul de Trajan, de marbre de<br />

Paros, qui coupe le mole; &, si l’on veut, celui bâti par les modernes.<br />

RIMINI<br />

<strong>Rimini</strong>, Ville antique & célèbre. L’arc d’Auguste & le pont bâti du temps<br />

de cet Empereur, en sont les monuments les plus remarquables. Le premier est le<br />

plus large de tous ceux qui nous restent des anciens : Palla<strong>di</strong>o <strong>di</strong>t que l’autre est,<br />

tant par sa soli<strong>di</strong>té que par son compartiment, le plus beau & le plus <strong>di</strong>gne<br />

d’attention qu’il ait jamais vu. On les a dessinés, gravés & décrits plusieurs fois :<br />

on ne croit pas, dans le pays, que les arcades en briques qui soutiennent des<br />

dépendances du Couvent des Capucins, soient les restes d’un amphithéatre, ni<br />

qu’elles aient l’antiquité q’on leur attribue. Quant à la tribune où César harangua<br />

son armée, ce qu’on en <strong>di</strong>t est une puérilité dont on se moque ; c’est le piedestal<br />

en marbre d’une colonne. Le marché au poisson, dont on fait quelque commerce<br />

& beaucoup de consommation, est remarquable par l’é<strong>di</strong>fice, par ses tables de<br />

marbre, ses fontaines, sa propreté. L’Eglise de San-Francesco, bâtie par<br />

Gismondo Malatesta, est revêtue en marbre, & fort remodernée, mais très-<br />

frappante par son grand goût d’architecture […] j’ai pris celle de Ravenne, que<br />

quitte la précédente à une demi-lieue pardelà <strong>Rimini</strong>, à huit à neuf milles de la<br />

sourche, dans un pays bas, plat & sablonneux ; on traverse, sur un méchant pont<br />

de bois, le Fiumicino ou Rubicon, célèbre par le décret du Sénat, affiché sur le<br />

lieu, qui déclaroit ennemi de la patrie, & dévouoit aux Puissances infernales,<br />

101


quiconque oseroit le passer à main armée ; & par l’attention de César, sacrilège<br />

envers les Dieux qu’il méprisoit, & la patrie qu’il sacrifia à son ambition.<br />

RAVENNA<br />

Cette Ville, de fondation grecque, occupée par les Sabins, puis par les<br />

Gaulois, fameuse sous les Romains, capitale du Roi des Hérules & de celui des<br />

Ostrogoths […] cette Ville qui dominoit sur le plus beau port de l’Adriatique, &<br />

qui avoit de superbes monuments, est repoussée avant dans les terres, par les<br />

acquisitions de celle-ci sur la mer, & n’offre plus que quelques débris de son<br />

ancien splendeur. L’Eglise de St Vital est de la construction la plus bizarre, telle<br />

qu’on ne la peut rapporter à aucun des genres, dont elle est plutôt un mélange<br />

confus & barbare ; mais elle est précieuse dans ses détails, par le belles colonnes<br />

de marbre Grec qui la soutiennent ; par d’autres d’un marbre autrement curieux, &<br />

si rare qu’on ne connoît rien qui y ressemble ; par des ornements en porphyre, en<br />

mosaïques, & c. ; & singulièrement par deux bas-reliefs en marbre […]<br />

La chapelle des tombeaux, dans la cour, est aussi ornée d’un beau marbre ;<br />

on va voir l’apothicairerie pour la collection intéressante des machines &<br />

instruments de chirurgie […]<br />

102


NOME DELL’AUTORE: BROSSES CHARLES [1709-1777]<br />

TITOLO DELL’OPERA: LETTRES FAMILIÈRES ÉCRITES D'ITALIE EN<br />

1739 ET 1740<br />

Compì i suoi stu<strong>di</strong> presso i Gesuiti a Digione <strong>di</strong>ventando, nel 1730, consigliere<br />

al Parlamento. Lo stu<strong>di</strong>o della filologia classica lo portò ad intraprendere, nel<br />

1739, un viaggio in Italia alla ricerca <strong>di</strong> manoscritti nelle più importanti<br />

biblioteche del paese, al fine <strong>di</strong> ampliare la sua conoscenza <strong>di</strong> Sallustio. Il viaggio<br />

compiuto in Italia è testimoniato dalle Lettres historiques et critiques sur l'Italie<br />

(Paris, Ponthieu, 1739), opera scritta in forma epistolare, che ebbe gran successo<br />

in patria. Charles de Brosses continuò i suoi stu<strong>di</strong> classici anche negli anni<br />

seguenti, entrando a far parte, nel 1746, dell'Académie des Inscriptions et Belles-<br />

Lettres e pubblicando il libro, tradotto anche in italiano, Lettres sur l'état actuel<br />

de la ville souterraine d'Herculée. Molto interessante, tra le opere dell'autore, è<br />

l'Histoire des Navigations aux Terres Australes, nel quale Charles de Brosses<br />

considerò l'Oceania come il quinto continente, intuizione che aprirà la strada a<br />

future scoperte. Con l'avvento <strong>di</strong> Luigi XVI, de Brosses <strong>di</strong>venne Presidente del<br />

Parlamento della Borgogna, continuando, nonostante la carriera, a coltivare i suoi<br />

stu<strong>di</strong> umanistici.<br />

A NCONA<br />

103


Ancône, où nous arrivâmes au sortir de Lorette, mérite mieux d’ètre vu. La<br />

ville est bâtie en très-bel aspetct, sur un rocher baigné par la mer. Elle a un bel et<br />

bon port que Trajan fit autrefois construire ou réparer. Il vient de l’être<br />

mignifiquement et à grands frais par le pape Clément XII. Il a fait bâtir dans la<br />

mer même un lazeret commode et sûr pour faire la quarantaine. Le port est fermé<br />

par un long môle ; c’est un des meilleurs de la mer Adriatique. A l’entrée du môle<br />

est un très-bel arc de triomphe de marbre blanc de Paros, élevé en l’honneur de<br />

Trajan, de Plotine sa femme et de Marciana sa sœur.<br />

La ville d’Ancône est ce que nous avons trovué de mieux depuis notre départ de<br />

Rome. […]<br />

Il tira à son enseigne et nous tout le long de la mer à Sinigaglia, petite ville de fort<br />

jolie apparence, où nous n’entrâmes point. Il s’y tient chaque été une foire célèbre<br />

pour la quantité pour la quntité de Levantins qui y abordent.<br />

FANO<br />

Après Sinigaglia, c’est Fano, où il y a un arc de triomphe à trois arcades,<br />

mal conservées. Puis Pesaro, petit, mais joli, avec une fontaine dans la place<br />

publique.<br />

RIMINI<br />

Enfin <strong>Rimini</strong>, où l’on entre par un arc de triomphe, ja<strong>di</strong>s élevé en l’honneur<br />

d’Auguste. J’y remarquai, au clair de la lune, une longue rue droite, una place, un<br />

beau pont de marbre antique à cinq arches. Toutes ces villes son bâties de briques.<br />

Rien n’est plus beau que toute cette route à travers la marche d’Ancône […]<br />

104


NOME DELL’AUTORE: LUIGI LANZI<br />

TITOLO DELL’OPERA: VIAGGIO DEL 1783 PER LA TOSCANA<br />

SUPERIORE, PER L’UMBRIA, PER LA MARCA, PER LA ROMAGNA,<br />

PITTORI VEDUTI: ANTICHITA’ TROVATEVI<br />

Luigi Lanzi nacque a Montecchio, oggi Treia, ma la sua famiglia era<br />

originaria <strong>di</strong> Montolmo, oggi Corridonia. Stu<strong>di</strong>ò presso i gesuiti, <strong>di</strong>venne abate e<br />

professore <strong>di</strong> greco. Dopo la soppressione dell'or<strong>di</strong>ne, nel 1775, fu chiamato dal<br />

granduca Pietro Leopoldo alla Galleria degli Uffizi a Firenze come vice<strong>di</strong>rettore<br />

ed antiquario. Pubblicò <strong>di</strong>versi saggi, tra cui: Guida della reale Galleria <strong>di</strong><br />

Firenze (1782); Saggio <strong>di</strong> lingua etrusca e <strong>di</strong> altre antiche d'Italia (1789); Storia<br />

pittorica della Italia (1796). Quest'ultimo in particolare fu tradotto in <strong>di</strong>verse<br />

lingue e l'enorme successo avuto lo portò, tra l'altro, ad essere eletto come<br />

presidente dell'accademia della Crusca e la storia lo consacrò come padre della<br />

moderna storiografia artistica italiana. Muore a Firenze ed è sepolto nella Basilica<br />

<strong>di</strong> Santa Croce.<br />

L’esperienza del viaggio <strong>di</strong> istruzione, a partire già dal Cinquecento e per i due<br />

secoli successivi, rientra in una pratica comune a gentiluomini, intellettuali ed<br />

eru<strong>di</strong>ti europei. Dai taccuini lanziani (un corpus <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci taccuini autografi <strong>di</strong><br />

105


Luigi Lanzi, veri e propri repertori <strong>di</strong> antichità e pittura, concepiti dall’abate in<br />

funzione <strong>di</strong> un utilizzo pratico e imme<strong>di</strong>ato dei materiali schedati nel corso delle<br />

perlustrazioni effettuate in Italia settentrionale e centrale e redatti in un arco <strong>di</strong><br />

tempo che va dal 1777 al 1794) emerge, infatti, un avanzamento rispetto<br />

all’inclinazione meramente eru<strong>di</strong>ta degli stu<strong>di</strong>osi a lui contemporanei, poiché la<br />

raccolta del materiale è solo momento propedeutico e non fine ultimo della<br />

ricerca. La classificazione dei reperti è l’in<strong>di</strong>spensabile presupposto per una<br />

sintesi <strong>di</strong> ben più ampio respiro e che va sicuramente oltre le tendenze del secolo.<br />

Si pensi ad esempio alla monumentale raccolta <strong>di</strong> documenti storici <strong>di</strong> un<br />

Muratori, al Diarium Italicum <strong>di</strong> un Montfaucon 9 , che per la stesura dell’opera si<br />

serve, al pari del Lanzi, del viaggio come momento <strong>di</strong> verifica sul campo delle<br />

informazioni, senza però superare la fase della semplice inventariazione del<br />

materiale reperto.<br />

Lanzi ad Adria: al suo tempo Spina era ancora sconosciuta, mentre Adria<br />

era nota fina dal 1500 e Lanzi sa che è un emporio greco, anche se la realtà <strong>di</strong><br />

Adria è oggi evidenziata, oltre che dai materiali archeologici misti, da iscrizioni<br />

greche, etrusche e paleovenete, perché doveva accogliere non solo merci ma<br />

anche etnie <strong>di</strong>verse.<br />

Si riportano le iscrizioni così come trascritte dal Lanzi ma con il<br />

corrimano critico offerto dal commento <strong>di</strong> Costanza Costanzi, curatrice della<br />

trascrizione del manoscritto lanziano concepito qui come agile strumento <strong>di</strong><br />

consultazione e riproposto con trascrizione critica dei testi originali,<br />

postillato e corredato <strong>di</strong> un ricco apparato iconografico. Il Taccuino, che<br />

risale al 1783 (e cioè negli stessi anni in cui Goehte si accingeva al suo viaggio<br />

9 B. de Montfaucon, Diarium Italicum sive monumentorum veterum, bibliothecarum, musaeorum, Paris, 1702.<br />

106


in Italia) si presentava, infatti, sconvolto nel suo or<strong>di</strong>ne dalla brutalità degli<br />

eventi.<br />

RIMINI<br />

Le iscrizioni <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> non dovevano essere estranee al Lanzi in quanto<br />

erano state <strong>di</strong>vulgate in una serie <strong>di</strong> lettere da Giovanni Bianchi (alias Janus<br />

Plancus) a G.Lami, e<strong>di</strong>te nelle Ephemerides Florentinae, riprese nel “Giornale dei<br />

Letterati” <strong>di</strong> Firenze, e spesso oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>atribe tra i dotti. Giovanni Bianchi –<br />

me<strong>di</strong>co, scienziato e filosofo riminese (1693-1775) – è elogiato anche da<br />

L.Muratori ceh in una lettera gli scrive: “mi rallegro […] a vedere che non passa<br />

letterato per <strong>Rimini</strong> che non faccia capo a lei”. Infatti alcune iscrizioni segnalate<br />

dal Muratori provenivano da schede del Bianchi, che aveva adottato il nome latino<br />

<strong>di</strong> Janus Plancus. Oltre a segnalare epigrafi, il Bianchi le acquistava; purtroppo la<br />

sua raccolta, passata ad Antonio Bianchi (1784-1840), è andata <strong>di</strong>spersa; nella<br />

Biblioteca Civica Gambalunga <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> si conserva tuttavia il suo manoscritto<br />

Inscriptiones Ariminenses, segnato “A.F.” 25”. Ai fogli 12r e 12v Lanzi trascrive<br />

una serie <strong>di</strong> iscrizioni raccolte nel coevo museo <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong>. Inizia con due epigrafi<br />

etrusche, rispettivamente desuente da un coperchio e da una cassa <strong>di</strong> urna; la<br />

prima (operculum) sinistrorsa: l:cvenle: caupnal. Le epigrafi saranno riportate nel<br />

Saggio <strong>di</strong> lingua etrusca <strong>di</strong> Luigi Lanzi (1789), al vol. II, p. 367, equivalenti ai nn.<br />

95 e 96, a p. 296 della II e<strong>di</strong>zione. L’epigrafe era stata trascritta da A.Francesco<br />

GORI nel Museum Etruscum (Florentiae 1737, III, classe II, tav. XIII, n.5); per la<br />

seconda epigrafe, ugualmente trascritta da destra a sinistra. Lanzi annota “urna” e<br />

scrive: “larth cvenle papa”. Nella e<strong>di</strong>zione recente che ne dà H. RIX (ET. Ager<br />

Senensis, I, 17 e I, 29) ve<strong>di</strong>amo che, nella seconda epigrafe, Lanzi ha tralasciato la<br />

107


i <strong>di</strong> larghi ed ha trascurato i due punti per cui l’epigrafe si presenta più<br />

correttamente come “larghi: cvenle:papa”. Il CIE, ai numeri 224 e 236, segnala<br />

come si tratti <strong>di</strong> un coperchio e <strong>di</strong> una urna in travertino appartenenti alla stessa<br />

famiglia. Il CIE, ai numeri 216 –246, ricorda ancora come quin<strong>di</strong>ci urne cinerarie<br />

– <strong>di</strong> cui un<strong>di</strong>ci iscritte e <strong>di</strong>ciassette vasi <strong>di</strong> terracotta rozzi, ma con iscrizioni,<br />

evidentemente usati come cinerari – fossero stati torvati il 13 <strong>di</strong>cembre 1728 tra<br />

Monteaperti e Pancole, nel territorio senese, in una tomba nei poderi del nobile<br />

Tommasi (CRISTOFANI 1979, pp. 179-183, n. 143 coll. Tommasi). Alcune<br />

iscrizioni furono trascritte da Pecci (ASS D60; D80) che le passò anche a Gori<br />

(Biblioteca Marucelliana <strong>di</strong> Firenze. Co<strong>di</strong>ce A IXXV); successivamente alcune<br />

urne furono donate dal Tommasi a Janus Plancus (Giovanni Bianchi) per il suo<br />

museo; il CIE le ricorda passate a <strong>Rimini</strong> nel Mueso Bianchi-Tonini.Dopo queste<br />

due epigrafi <strong>di</strong> urne, Lanzi nomina rottami <strong>di</strong> tegole con lettere a rilievo, ovvero<br />

con singole lettere, alcune delle quali scritte da sinistra a destra, altre da destra a<br />

sinistra; queste potrebbero essere anche etrusche visto che le lettere c. e, v<br />

ritornano nel gentilizio delle urnee considerato il fatto che nella tomba in<br />

questione erano vasi <strong>di</strong> terracotta. Si potrebbe pensare che il Tommasi avesse<br />

aggiunto al dono anche alcuni frammenti <strong>di</strong> cinerari <strong>di</strong> terracotta della stessa<br />

famiglia cvenel. Un altro nucleo laterizi con lettere a rilievo in un bollo<br />

rettangolare riporta invece all’età romana in cui abitualmente i bolli venivano<br />

impressi sopra le tegole usate per la copertura degli e<strong>di</strong>fici. Tali bolli riportano i<br />

nomi dei produttori e ci fanno addentrare nel vivo dell’economia del tempo. I bolli<br />

che segnao la proprietà della famiglia Pansiana sono stati stu<strong>di</strong>ati recentemente da<br />

MATIJASIC 1983, p. 961, che ne ha <strong>di</strong>stinto nove tipi con sessantadue varianti,<br />

tutti databili dalla metà del I secolo a.C. alla metà del I d.C. Tornando al foglio<br />

12r, la prima iscrizione è segnalata nel CIL, VI, 1ª p., n.950, a Roma, in casa<br />

108


Ciampolini, dove era già stata ricordata da G.Gruter nel 1603. Nel 1764 fu inviata<br />

al Bianchi ei il Tonini la segnala ancora a <strong>Rimini</strong> nel 1848. La lettura del CIL è<br />

precisata da Dessau, n. 7317: “Imp. Nervae/Caesari Aug. III cos. / Ti.<br />

Clau<strong>di</strong>us/felix et P. Lollius/ Paris allectores/cultores Silvani idem immun”. Si data<br />

nel 97 d.C. UGGERI 1975, pp. 135-154, oltre a ricordare la storia <strong>di</strong> C. Vibius<br />

Pansa, segnala la <strong>di</strong>ffusione dei più numerosi Pansiana nell’area da <strong>Rimini</strong> a<br />

Pesaro (CIL, XI, 6681, 6687) e “Solonate” -, secondo Uggeri non si riferiscono ad<br />

un gentilizio, ma piuttosto ad un etnico per cui si può supporre che un’epigrafe <strong>di</strong><br />

<strong>Rimini</strong> (CIL, XI, 414) ricorda un “curator” Sasinatium et Solonatium”. In fondo al<br />

foglio 12v, a destra, il Lanzi trascrive altri bolli annotando “laterculi litteris<br />

exstantibus ex majoribus tegulis”; MERCANDO 1974, pp. 426,427, nota I, figg.<br />

335-338, ne ricostruisce le misure tra i 60-61 cm <strong>di</strong> lunghezza e i 47-48 cm <strong>di</strong><br />

larghezza. Il primo è il bollo SOLONAS, il secondo PANSIANA, il terzo, A,<br />

F.AESONIA.F (CIL, IX, 6078, 85; CIL, XI, 6681, 1-5). Tutti e tre questi tipi <strong>di</strong><br />

bolli rettangolari con lettere a rilievo sono stati rinvenuti nelle tegole <strong>di</strong> copertura<br />

delle tombe scavate tra il 1962 e il 1965 nella necropoli a sud <strong>di</strong> Recanati, verso la<br />

colonia romana <strong>di</strong> Potentia (ALFIERI 1948, p.110). Non sarà inutile ricordare<br />

come nel CIL, XI, (II, p. 605, n. 6078) si trova scritto: “trovate in molti luoghi<br />

presso le spiagge dell’Adriatico”, ad Osimo nella casa dei Bellini (che le avevano<br />

comprate a Roma) e si allude anche a manoscritti <strong>di</strong> casa Leopar<strong>di</strong> in cui sono<br />

riportati i bolli, alla tav.4. visti nel 1826 dall’estensore del CIL. Sullo stesso<br />

foglio, sotto le lineette che la <strong>di</strong>stinguono dalle epigrafi delle tegole mattoni, è<br />

l’epigrafe incisa su una <strong>tavola</strong> <strong>di</strong> marmo (1x0,31 m) nota già nel Cinquecento, ma<br />

poi coperta <strong>di</strong> gesso, riscoperta e finita nella raccolta <strong>di</strong> Jano Planco, che ne dette<br />

notizai nelle “Ephemerides Florentinae” del 1746 , a.p. 533; successivamente fu<br />

trasferita alla Biblioteca Gambalunga, col n.5. Il CIL (XI, Iº, n.361) riporta la<br />

109


lettura che ne dava Borghesius in TONINI (290,5): “Saluti ex voto/Q(uintus)<br />

Plautius Iustus ae<strong>di</strong>l(is) Ar(imininsium) / n(omine) s(uo) et Cassiae Threptes<br />

c(oniugis) s(uae) et/ Q.Plauti Verecun<strong>di</strong> f(ilii) s(ui) aedem S(alutis) A(ugustae)<br />

ded(icavit) H(aec) A(edes) S(alutis) A(ugustae) h(abet) l(eges) q(uas) D(ianae)<br />

R(omae) in A(ventino)”. L’ultima riga dell’epigrafe allude ad una santuario<br />

de<strong>di</strong>cato da Quinto Plauto, dalla moglie e dal figlio alla Salus Augusta; egli fa<br />

questa de<strong>di</strong>ca come e<strong>di</strong>le secondo le leggi depositate nel tempio <strong>di</strong> Diana a Roma<br />

sull’Aventino (gli e<strong>di</strong>li avevano cura delle strade, degli e<strong>di</strong>fici ecc.). I magistrati<br />

<strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> ripetono il nome dei magistrati <strong>di</strong> Roma. La seconda epigrafe, riportata<br />

nella prima colonna a sinistra, si trova oggi nel Lapidario Romano <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong><br />

(v.DONATI 1981, p. 110, n.38); si tratta <strong>di</strong> una base in marmo greco, alta 1,69 m.<br />

larga 0,77m e spessa 0,20 m. Il CIL (XI, Iº, n.393) racconta come fosse stata<br />

trovata nel gennaio 1749 nelle fondazioni del muro antico <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong>; la parte<br />

destra dell’epigrafe è stata rotta nel reimpiego per cui Lanzi integra il testo. La<br />

base faceva parte del nucleo antico che si trovava in casa <strong>di</strong> Janus Plancus e che<br />

poi passò nella Biblioteca Gambalunga (n.40); <strong>di</strong>amo la trascrizione dell’epigrafe:<br />

“C(aio) Nonio/C(ai) f(ilio) An(iensis) Caepian(o), / equo pub(lico) ex<br />

quin(que)/deuris iu<strong>di</strong>cu(m)/praef(ecto) coh(ortis) III Britt(o)/num veteranor(um)<br />

equitate, trib(uno) leg(ionis)/ Ad(iu)tricis Piae Fidelis, pra(efecto)/alae Asturum,<br />

praepos(ito)/numeri equitum elector(um)/ex illyrico:/C(aius) Valerius Saturninus<br />

d(ecurio)/alae/Asturum praef(ecto) optim(o)/L(ocus) d(atus) d(ecreto)<br />

d(ecurionum)”. Trattasi della de<strong>di</strong>ca del sottufficiale Caio Valerio Satrunino al<br />

suo comandnante C. Nonio Cepiano, membro dell’or<strong>di</strong>ne equestre iscritto alla<br />

tribù Aniense in cui la citta<strong>di</strong>nanza romana <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> risulta iscritta dal 90 a.C. La<br />

gens Nonia, forse <strong>di</strong> orgine picena, probabilmente fu trapiantata tra altre simila<br />

famiglie nel periodo più antico della colonizzazione <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> (268 a.C.). La<br />

110


grande base onoraria doveva essere collocata in un luogo pubblico a seguito <strong>di</strong> un<br />

decreto dei decurioni. Per la carriera equestre si veda: DEVIJVER 1977, pp. 597,<br />

598. Sopra la trascrizione <strong>di</strong> questa lapide, a sinistra, Lanzi annota “parrus lapis”:<br />

infatti si tratta della tabella marmorea d 37x28x6 cm, rinvenuta nel 1754 e<br />

segnalata da Jano Planco nella “Ephem. Florent.” LXV dell’anno successivo, a p.<br />

823; successivamente passa, col n.96, nella Biblioteca Gambalunga. TONINI<br />

1848, p. 316, annota: “unica iscrizione greca trovata dalle nostre parti”; è riportata<br />

anche in CIL, XI, 553, e in IG, XIV, n. 2254. Lanzi non la riporta nel Saggio,<br />

tuttavia è già importante il fatto che egli copi questa piccola epigrafe perché,<br />

essendovi il ricordo <strong>di</strong> un altro liberto, sembra che egli voglia raccogliere più<br />

confronti possibili per cercare poi possibili equivalenze etrusche. A destra <strong>di</strong><br />

questa epigrafe il Lanzi riporta l’iscrizione<strong>di</strong> un cippo centinato<br />

(1,15x0,35x0,19m) <strong>di</strong> cui schizza la forma rotondeggiante. Il manufatto in pietra<br />

locale conserva solo il nome della defunta – CALPURNIA PARHANIUS(A) -,<br />

privo <strong>di</strong> ulteriori refernze biografiche; riuslta trovato il 13 novembre 1765 lungo<br />

la via Emilia. Plancus, che lo ebbe in dono, lo descrive nella “Ephem.Florent.” del<br />

1765, a p. 677; dalla sua collezione passò alla Biblioteca Gambalunga (n.138). Il<br />

recente spostamento al Museo <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> ha comportato la vanificazione <strong>di</strong> un<br />

nucleo dalla suggestiva storia antica. L’epigrafe è e<strong>di</strong>ta in CIL (XI, Iº, 448) e in<br />

DONATI 1981, p. 96; nella foto che questa stu<strong>di</strong>osa riproduce si nota una piccola<br />

s sovrapposta alla n, che il Lanzi non ha visto. Il cippo è riferito al I secolo d.C.<br />

Sotto l’epigrafe del cippo <strong>di</strong> Calpurnia il Lani annota: “in altero eiusdem formae<br />

cippo sed praealto et litteris majoribus”. In effetti possono essere due cippi in<br />

pietra calcarea locale, limitanti un’area sepolcrale, <strong>di</strong> cui uno è più curato<br />

dell’altro. Spesso i cippi che definivano le aree sepolcrali erano <strong>di</strong>sposti agli<br />

angoli, e potevano raggiungere anche il numero <strong>di</strong> quattro; in altri casi le aree<br />

111


erano circondate da un muro con un e<strong>di</strong>ficio al centro, a forma <strong>di</strong> e<strong>di</strong>cola o <strong>di</strong><br />

piramide. Il lato sulla fronte della via pubblica era più stretto perché più costoso,<br />

per cui abbiamo <strong>di</strong> frequente XIII pie<strong>di</strong> sul davanti XV verso l’interno,<br />

equivalenti a 4,20 e 4,80m. Questa seconda epigrafe ricorda una donna Nasinia,<br />

figlia o serva <strong>di</strong> Tito Labeone; entrambe le epigrafi sono trascritte in CIL, XI, Iª<br />

parte, n. 490 a, b (ma ne aveva già dato notizia Planucs nel 1765). I due cippi<br />

erano stati trovati lungo la via Flaminia e, dopo una breve permanenza nella<br />

raccolta <strong>di</strong> Planucs e del cavalier Belmonti, erano passati nella Biblioteca<br />

Gambalunga, dove sono registrati ai nn. 113 e 114 (DONATI 1981, n.29, li data al<br />

I secolo a.C.). A sinistra l’epigrafe <strong>di</strong> Nasinia, nella colonna centrale della carta, il<br />

Lanzi segnala una iscrizione “sotto un anaglifo ove è una donna molto simile ad<br />

una del Museo Me<strong>di</strong>ceo”; poi dà l’epigrafe EGNATIA L.CHILA/UXOR, e sotto<br />

annota “infra bina capita v m”. Nella stele funeraria, conservata oggi al Museo<br />

Civico <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong>, sono infatti due teste – resti <strong>di</strong> due busti femminili – con<br />

acconciatura del tipo <strong>di</strong> Ottavia; sopra queste è l’iscrizione e, entro una nicchia<br />

delimitata da due fusti <strong>di</strong> papiro, è una figura femminile acefala, con chitone e<br />

manto; questo taglia obliquamente il busto con un rotolo <strong>di</strong> pieghe che scende<br />

dalla spalla destra passando sotto la mano sinistra abbassata, per ricadere in terra.<br />

La stele – alat a 1,66m e larga 0,60m – è datata all’età augustea; fu trovata a<br />

Bordonchio presso Bellaria e fu donata a Plancus, che la pubblicò nelle “Ephem.<br />

Florent.” (1752, n. 387); passò poi nella Biblioteca Gambalunga (n.131) e<br />

recentemente è stata trasferita al Museo <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> (v.CIL, XI, 458; IG. XIV;<br />

MANSUELLI, p. 136, fig. 36; DONATI in Analisi…1980, p.233, tav. LXXII, 1).<br />

Nella colonna centrale, sotto la stele ricordata, Lanzi trascrive….<br />

RIMINI<br />

112


Arimino. Il ponte celebre è all’ingresso della Città sostenuto da gran<strong>di</strong><br />

archi ben centinati, fra quali è <strong>di</strong>segnata una porticina <strong>di</strong> soda e semplice<br />

architettura: il cornicione <strong>di</strong> sopra è retto da una fila <strong>di</strong> mensole: la sponda è<br />

composta <strong>di</strong> gran marmi l’uno presso l’altro <strong>di</strong> questa figura: nel mezzo del ponte<br />

<strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là sono due inscrizioni affatto compagne assai lunghe, che risaltano per<br />

altezza dalla spalliera predetta, scorniciate e incise con bellissimi e superbi<br />

caratteri molto gran<strong>di</strong> e roton<strong>di</strong> (scritta a memoria).<br />

MIMP.C.CAESAR.DIVI.IVLI.F.AVGVSTVS.P.M.COS.XIIII.IMP.XX.TR.P.XX<br />

XVII.P.P.DEDERETI.CAESAR.DI.AVGVSTI.F.D.IVLI.NEPOS.AVG.COS.IIII.<br />

IMP.VIII.TR.P.XXII<br />

L’arco è della maggior centina che si vegga, <strong>di</strong> struttura soda, antico fino al<br />

cornicione poi guasto da fabbrica laterizia <strong>di</strong> bassi tempi, a cui sono inseriti<br />

de’frammenti che credonsi appartenere all’antico arco.<br />

COS.SEPT.DESIGN.OCTAVO/SENATVS POPV/S…..<br />

CELEBERRIMEIS.ITALIAE.VIEIS.CONSILIO<br />

Le lettere sottosegnate credo sian supplite; così le ultime parole poco si capiscono<br />

né sono intere.<br />

Quattro colonne scanalate per lungo con capitelli corinzi sono due innanzi due<br />

in<strong>di</strong>etro composte <strong>di</strong> vari pezzi commessi, e 4 ton<strong>di</strong> similmente due innanzi due<br />

in<strong>di</strong>etro entro i quali dalla parte anteriore della iscrizione Nettuno e Marte; dalla<br />

opposta Giove e Venere teste <strong>di</strong> rilievo assai belle e <strong>di</strong> carattere, senonché quella<br />

che si ascrive a Marte è assai giovane imberbe mal composta ne’ capelli con sotto<br />

la testa o semibusto e nella cornice un uccello. Ve<strong>di</strong> Antichità <strong>di</strong> Rimino <strong>di</strong><br />

Antonio Temanza Architetto Veneziano stamapato nel 1741.<br />

Quest’arco è cinto <strong>di</strong> muro <strong>di</strong> bassi tempi e la posizione <strong>di</strong> essi, la grandezza<br />

dell’arco, le colonne ad alcuni han dato sospetto <strong>di</strong> rinnovazione.<br />

113


In Palazzo altra lapide C. CAES AVGVSTI F. CONSVL OMNES.ARIMINI.<br />

VIAS STRA<br />

La colonnetta in piazza grande che riferisce aver G. Cesare in quel foro parlato a<br />

soldati è cosa moderna e appoggiata non si sa dove […]<br />

L’antica chiesa <strong>di</strong> S.Gregorio è sul <strong>di</strong>segno de’battisterl antichi con catino, così<br />

l’altra del preteso pante. Innanzi la porta una croce in pietra, nella quale una mano<br />

che bene<strong>di</strong>ce come in Faenza etc.<br />

Urne trovate presso <strong>Rimini</strong> tutte dal taglio dell’Anconetana una sola con<br />

mascheroni, né manichi, le altre semplici.<br />

T.GEMINI. L. F L. GEMINVS<br />

STEL ANAMNESTVS<br />

PICAE. CENTVRIONI<br />

CLAVDIA. C. F. GALLA CLAVDIA. MVSA<br />

V.A.XVI V.AN. III<br />

Attaccato a una parete <strong>di</strong> S.Gregorio un frammento <strong>di</strong> bassorilievo: tre colonne in<br />

fila, e un giovane tunicato che volta loro le spalle […]<br />

operculum 10 l: cvenle: caupnal<br />

larth : cvenle papa Urna<br />

rottami <strong>di</strong> tegole con lettere a rilievo v e altra v c altra e<br />

columna IMP NERVAE<br />

quadrilatera CAESARI. AVG III COS<br />

10 Le iscrizioni <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong> non dovevano essere estranee al Lanzi in quanto erano state <strong>di</strong>vulgate in una serie <strong>di</strong> lettere da<br />

Giovanni Bianchi (alias Janus Plancus). Lanzi trascrive una serie d’iscrizioni raccolte nel coevo museo <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong>. Inizia<br />

con due epigrafi etrusche, rispettivamente desunte da un coperchio e da una cassa <strong>di</strong> urna.<br />

114


Laterculi cum litteris extantibus<br />

PASIANA in aliis PANSIANA<br />

TI CLAVDIVS<br />

FELIX EPIOLLIVS<br />

PARIS ALLICIORES<br />

CVLTORES SILVANI<br />

IDEM. IMMVN<br />

SOLONAS in aliis 2 SOLONATE<br />

SALVTI. EX VOTO<br />

Q. PLAVTIVS. IVSVS. AEDIL. ARIM<br />

N. S. E T. CASSIAE. THREPTES. C. S. ET<br />

Q. PLAVTI. VERECVNDI. F. S. SA DED<br />

H. A. S. A. TH. L. Q. D. R. I. N. A<br />

Basis litteri pulcherrimis quae semper decrescunt<br />

C. NONIO parvus lapis .ALPVRNIA<br />

C. F. AN. CAEPIANO M. AYP. MAPKOC PARTHANIV<br />

equo. publ. Ex QVIN CEB.AΠEΛEY in alia eiusdem formae cip-<br />

decuris. ju<strong>di</strong>cu ΘEPOC. MNH po sed praealto et<br />

praef. coh. ĪĪĪ britt MHC. XAPIN litteris majoribus<br />

num.veteranor NASINIAE. TITI<br />

equitate. trib. leg Ī. al Sub anaglypho ubi mulier LABEONIS<br />

bricis. piae fidelis prae M.M pen. similis IN. FRONTEM. P. XIIII<br />

alae Ī asturum. praepos EGNATIA. >. L. CHILA IN. AGRVM P. XV<br />

numeri equitum electo VXOR<br />

115


ex illyrico infra bina capita v.e m.e<br />

C. Valerius Saturninus. D<br />

alae Ī asturum. praef. optim<br />

l. d. d. d.<br />

PANTHEVM. SACRVM in columnula<br />

LVICRIVS CYPERVS SEX VIR C. VETTI.C.L.<br />

SEXVIR. AVGVSALIS VICTVM<br />

Inventa scorj in fragmenta lapidum sent.a. P.ri impugnata a Passeris SALVE<br />

Lapis ingens litteris majoribus<br />

IN. FRONT columna miliaria altra <strong>di</strong> b. r. co’ CCXI<br />

P.XII DDD. NNN<br />

VALENTIN. etc. BELENVS<br />

MONVETO Iacet post macer.m in lapide quadrata<br />

lapis integre litteris<br />

majoribus et pulcherrimis<br />

[<strong>di</strong>segno VI] Catinus cum manu anaglifa<br />

in arca litteris extant<br />

HIC EGO SVM POSITA IRENE PORTVM SVPER<br />

QVAE VIXI . X . VIII . KAL . HANC . MEI . MI<br />

MISERE POSVER . ARKA . PARENTES Lapis litteris major<br />

FELICISSIMVS . AVG . LIB . ET . FVRFVLANA . IRENE M.LIBVRNIVS .<br />

L.F<br />

CREDO . QVIA REDEMTOR MS VI M.VETTIVS.T.F<br />

VIT ET IN NOVISSIMO DIE SVSCITA EX.D.C.MVRVM.PVB<br />

VIT ME.HIC REQUIESCIT IN PA FAC. CVR<br />

116


CE VENERIVS.PRB.QVI.VIXIT<br />

ANN.QVADRAGINTADVO<br />

DEPOSIT.EST.DIE.XI.M.FEB Lapis apertis litteris parvus<br />

INDC.VIII.Q.H.TVM.VIOL.HABE HYP DE FORO SEDE<br />

AT ANATHEMA.ADCCCVIII INDICO<br />

PAT.P.VERB.DN SERGIVO.EPC.TE<br />

PORT.C.IN.ATR AD.DNIN.IHVXP D M<br />

C.SORNOIO…<br />

In Museo lapideo vetere litterae me<strong>di</strong>ocres MAIORIS.VIX<br />

FVNERE non aequo puer immatu- M SEX D XXI<br />

rus obivi marmoreisque meis his jaceo ORAS VIIII<br />

tumulis. Non potui parvus puerilem implere MONTANVS ET<br />

juventam nec vestire meam novo flore faciem SORTITA PATRES<br />

nec senior capiti niveos mutare capillos at FATO<br />

victus sorte puer perii. Heu crudele nefas quae<br />

me generaverat hora haec eadem vitae ter- Laterculi litteris extant.<br />

minus hora fuit. Non ego quid perii doleo set ex majoribus tegulis<br />

parvulus infans quod cum plus saperem spem me- SOLONAS<br />

NSIANA<br />

rui dubiam si vita incolumis potuisset vincere fata …<br />

crevisset generis gloria magna mei. Fortuna in- AESONA.F.<br />

visa est spes est frustrata parentes mors CVNCTA PANSIANA<br />

eripuit <strong>di</strong>ra quies hominum<br />

117


Sono nello stesso Museo alcuni bassorilievi in terra cotta specialmente due<br />

lottatori ben <strong>di</strong>segnati.<br />

In oltre un marmo quadrato con una testa <strong>di</strong> toro non iscarniata non so se<br />

ornamento <strong>di</strong> fabbrica o altro.<br />

Un grosso frammento <strong>di</strong> uccello (merlo nisi fallor) <strong>di</strong>segnato e <strong>di</strong>pinto assai bene<br />

in terra cotta con vernice durissima per calcestruzzo.<br />

Varj idoli <strong>di</strong> bronzo etruschi sul far de’ Me<strong>di</strong>cei trovati in queste vicinanze, così<br />

teste <strong>di</strong> toro con 2 falli e con intaccatura al <strong>di</strong> sotto.<br />

FANO<br />

Il celebre Arco <strong>di</strong> Augusto si conserva tuttora in buon essere nella parte<br />

inferiore dal cornicione in giù; è a tre porte, le due laterali sono strettissime e<br />

senza taglio <strong>di</strong> cornice; e rimangono quasi interrate sopra terra. Sopra il<br />

cornicione nella fascia era la inscrizione in bronzo che ora levato via del tutto<br />

rimangon solamente i segni delle lettere, che sono piuttosto rotonde A tagliate in<br />

cima, e altri caratteri del secolo augusteo. Nella fascia minore è la inscrizione <strong>di</strong><br />

Aproniano caratteri poco profon<strong>di</strong> che tirano all’alto e non hanno punto del<br />

barbaro. Vicino all’arco è la imagine in bassorilievo <strong>di</strong> ciò che fu prima che nella<br />

guerra mossa da Pio II fosse devastata la parte superiore <strong>di</strong> cui rimane piccolo<br />

avanzo. Vi erano degli archi piuttosto alti frammezzati da colonne corinzie, e ogni<br />

arco aveva parapetto che formava quasi una bella loggia.<br />

In cima era scritto DIVO AVGVSTO . PIO . CONSTANTINO . PATRI.<br />

DOMINORVM .<br />

118


Nella fascia leggesi Imp . Caes . Divi . F. Augustus . Pontifex . Max . Cos . XIII .<br />

Tribunicia protestate XXXII<br />

Imp . XXVI . Pater . Patriae . Murum . De<strong>di</strong>t<br />

Sotto Curante L . Turcio . Secundo . Aproniani . Praef . Vrbis . Fil . Asterio . V .<br />

C . Corr . Flam . et Piceni<br />

La inscrizione de’ Bagni è come in istampa. Vi è qualche interpunzione notabile<br />

DENOVO. E MAXIMA EX PARTE. Tutto senza punti che però si usano anche<br />

nella parola RES . PUB .<br />

Il carattere è bellissimo. Intorno la lapide sono come intaccature scavate a luogo a<br />

luogo per le grappe.<br />

E’ nel palazzo pubblico come la seguente ch’è in caratteri piuttosto roton<strong>di</strong><br />

specialmente l’O molto <strong>di</strong>latato e senz’apici ma d’un solco seguito e non molto<br />

profondo. Le linee son fitte, e nel Museo Me<strong>di</strong>ceo vi è qualche inscrizione dello<br />

stesso carattere. La pietra è un cippo poco alto, nella cui estremità è un pezzo<br />

rozzo per fissarla in terra.<br />

A . TERENTIVS . ET<br />

M. VARRO LVCVLLVS<br />

PRO . PR . TERMINOS<br />

RESTITVENDOS<br />

EX . S. C . COERAVIT<br />

QVA . P. LICINIVS<br />

AP . CLAVDIVS<br />

C. GRACCVS . III . VIR<br />

A . D. A. I . STATVERVNT<br />

119


In Palazzo Pubblico in un marmo che sporge e comparisce convesso come quello<br />

de’ 2 Ars <strong>di</strong> in lettere bellissime e non <strong>di</strong>ssimili molto da quelle<br />

P . PLTIVS . L . F. CAM<br />

VETERANVS . LEG . II<br />

AVGVSTAE . SIBI . ET<br />

VRBANAE . L .<br />

TESTAMENTO . FIERI . IVSSIT<br />

Casa Amiani<br />

C. SEI . G. L . CROCI<br />

Sejae C. L .<br />

Feliculae . col<br />

C . Sei . Mariti . FILI<br />

In Palazzo C. Vergisius . C . L<br />

PAMPHILVS<br />

Sexvir Fanestriv<br />

Ex testamento<br />

Ivi<br />

Q . Golius . Q . L . Nicomedes<br />

Me<strong>di</strong>cus Ocularius Sexvir<br />

Col . Iul . Fanestris<br />

Golia . Q . L . Salvia . Vxsor<br />

Q. Golius . Q . F . Pol . Fanester Filius<br />

Velia . Q . L . Prisca . Vxsor<br />

120


ex testamento . Fanestris . Fili .<br />

Ivi<br />

D. M .<br />

L . Titulenus L . L<br />

Tertius . oriundus<br />

Colonia . Iulia . Fano<br />

Fortunae . Sex . Vir<br />

L. Titulenus. Tituleni . F<br />

Vrsio . Annorum XII<br />

Casa Amiani in marmo che termina a semicerchio<br />

Loc ibidem<br />

Sepulturae Loc. Sep<br />

C. Dinilleni Val In fro . ped<br />

entis et uxoribus XVI<br />

concubinisque in ag. pe . XVI<br />

SENIGALLIA<br />

[…] Lanzi raccoglie una serie <strong>di</strong> epigrafi conservate nel palazzo dei<br />

Marchesi Baviera a Senigallia, che erano state trascritte nel 1783 in un<br />

manoscritto <strong>di</strong> Aurelio Guarnieri Ottoni (1737-1788), conservato nella Biblioteca<br />

Comunale <strong>di</strong> Osimo: CORRADINI 1995 ricostruisce la vicenda <strong>di</strong> questa<br />

raccolta. La collezione, che era costituita <strong>di</strong> 156 reperti, attualmente consta solo <strong>di</strong><br />

58 epigrafi; tuttavia è particolarmente interessante come documento del gusto del<br />

121


tempo in quanto i reperti archeologici sono <strong>di</strong>sposti, entro riquadri, nell’atrio del<br />

palazzo, nel cortile interno e lugno lo scalone. Il Lanzi ammirava questi lapidari<br />

privati, anche se agli Uffizi verrà <strong>di</strong>sfatta la decorazione barocca dell’ingresso,<br />

ricca <strong>di</strong> lapi<strong>di</strong> e <strong>di</strong> frammenti scultorei, per <strong>di</strong>videre le iscrizioni a seconda dei tipi<br />

e del contenuto, segnando una <strong>di</strong>varicazione tra quello che si ad<strong>di</strong>ceva ad un<br />

museo pubblico e quello che era consono ad una casa gentilizia. La raccolta in<br />

questione risaliva a Gian Giuseppe Baviera, appartenente alla casa reale <strong>di</strong><br />

Wittelsbach la cui famiglia si sistema a Senigallia fin dal 1474. Gian Giuseppe,<br />

cavaliere <strong>di</strong> Malta e referendario per volere <strong>di</strong> Innocenzo XII (1615-1700), fu<br />

autore del Lapidario in questione. E’ utile sottolineare a questo punto come il<br />

Baviera acquisti lapi<strong>di</strong> a Roma durante i suoi contatti con la capitale; questo dato<br />

<strong>di</strong> fatto può mettere in guar<strong>di</strong>a in tanti altri casi consimili in cui i reperti <strong>di</strong> antica<br />

sistemazione sono troppo sveltamente considerati come prodotti locali. E’ poi<br />

interessante notare come il Lanzi non si preoccupi della provenienza dei singoli<br />

reperti: egli vuole stu<strong>di</strong>are il contenuto delle iscrizioni, in<strong>di</strong>pendentemente dalla<br />

loro provenienza. La prima epigrafe riportata dal Lanzi (CORRADINI 1995, n.<br />

86) era situata nell’atrio ed oggi risulta perduta; è comunque trascritta nel CIL,<br />

(VI, p. III, 1813): D(IIS) M(ANIBUS)/TITUS FLAVIUS/ MARTIALIS<br />

HIC/SITUS EST/QUOD EDI/BIBI MECUM HABE/QUOD<br />

RELIQUI/PERDIDI/V(IXIT) A(NNIS) LXXX/IN F(RONTEM) P(EDES) V IN<br />

A(GRUM) PEDES VIII. Il Guarnirei (v.CORRADINI 1995) legge de<strong>di</strong>, ma<br />

invece il motto in settenario trocaico, secondo il DESSAU che legge e<strong>di</strong>, suona<br />

così: “Ho ciò che ho mangiato, ciò che ho bevuto, ho perduto ciò che ho lasciato”.<br />

Il Lanzi annota “caratteri forse <strong>di</strong> Domiziano” e quest’osservazione è anche oggi<br />

accettabile; a lato dell’epigrafe nota la corona tra le lettere D ed M ed esprime<br />

dubbi sulla sua autenticità “omnia genuina”. In effetti questa epigrafe fu trascritta<br />

122


dal Gori che la pubblicò (Firenze, Biblioteca Marucelliana, Cod. A 63) (cfr. DE<br />

VERGERS, p. 24). Risulta scavata a Roma nel 1731 e, secondo il Gori, fu subito<br />

nascosta; questa notizia costituisce una spia del materiale archeologico che,<br />

secondo le leggi papali, non poteva lasciare la città.<br />

Segue a destra un’epigrafe che corrispone in CORRADINI 1995 (p.56, n.66) e in<br />

CIL (VI, 11592) alla piccola stele marmorea funeraria – 0,25x0,22m – de<strong>di</strong>cata ad<br />

Ampliata, schiava <strong>di</strong> Primigenia. L’epigrafe – datata al I d.C. – termina con sei<br />

senari giambici della sventurata in forma consolatoria: D(IS)<br />

M(ANIBUS)/AMPLIATA V(IXIT) A(NNIS) IIII, /M(ENSIBUS) VI D(IEBUS)<br />

XXIV PEDANIA/PRIMIGENIA FECIT/VERNAE KARISSIMAE. NOLI<br />

DO(L)ERE MAMMA/FACIENDUM FUIT/PROSPERAVIT AETAS,<br />

FATUS/VOLVIT MEUS. Il Lanzi annota “sic” sopra “fatus” e, invece <strong>di</strong> “meus”<br />

legge “mejus”; per ultimo chiosa “caratteri come in una iscrizione <strong>di</strong> Arezzo”.<br />

A sinistra, nella stessa fascia alta, è un’altra epigrafe, oggi illeggibile, della sconda<br />

metà del I d.C. (CORRADINI 1995, p.55, n. 64; CIL, VI, 17843) che tratta<br />

ugualmente <strong>di</strong> uno schiavo contrad<strong>di</strong>stinto solo dal nome <strong>di</strong> battesimo, Felice<br />

(DIS M(ANIBUS) S(ACRUM)/FELICI VERNAE SUO/FEC(IT) AMARYLLIS).<br />

Forse questo è il motivo per cui il Lanzi ha trascritto l’epigrafe confermando così<br />

il suo interesse per l’onomastica latina e per le varie formule <strong>di</strong>stintive delle classi<br />

sociali, prima <strong>di</strong> affrontare le possibili equivalenze etrusche.<br />

Sotto all’epigrafe <strong>di</strong> Amaryllis il Lanzi ne segna un’altra:<br />

D.M/FELICITATIS/VIX(IT) ANNO UNO/M(ENSIBUS) IX<br />

D(IEBUS)VII/CALLISTUS PATER/FECIT (CORRADINI 1995, p. 62, n. 82),<br />

ove il padre della defunta Felicita (ironia della sorte) è contrassegnato dal solo<br />

prenome. Il CIL (VI, pars III, 17813) segnala questa epigrafe in casa Baviera<br />

123


Guarnieri nel 1783; il Lanzi la <strong>di</strong>ce “non più rilevabile” e, a lato, annota<br />

“caracteres aperti”.<br />

Nella fascia sottostante, da sinistra, Lanzi riporta alcune epigrafi che si trovavano<br />

nell’altrio, prima <strong>di</strong> salire le scale. A sinistra della precedente è un’epigrafe che<br />

non risulta al Guarnirei, de<strong>di</strong>cata dai genitori a Quinto Julio Strentoni, figli <strong>di</strong><br />

Aurychia; a lato il Lanzi chiosa “caratteri belli”.<br />

Al centro del medesimo foglio troviamo un’epigrafe – riportata dal Guarnieri –<br />

che si trovava nell’altrio (CORRADINI 1995, n. 74) e che il cristogramma<br />

riportato dal Lanzi in<strong>di</strong>ca come una epigrafe cristiana (ILCV, 3252). Il testo […]<br />

A destra è riportata un’epigrafe che si trovava sempre nell’atrio e che oggi risulta<br />

illeggibile; era stata trascritta dal Guarnirei (v.CORRADINI 1995, n. 70; CIL, VI,<br />

p. IV, 28458): M(ARCUS) VENILIUS/M(ARCI) L(IBERTUS),<br />

METELLUS/M(ARCUS) VENILIUS/O(BIIT)/METELLI L(IBERTUS)<br />

PRIMUS./OSSA HIC SITA SUNT.<br />

Lanzi trascrive questa epigrafe in cui sono riportati i nomi <strong>di</strong> due liberti della gens<br />

Venilia; al posto <strong>di</strong> “obiit” <strong>di</strong>segna, come è nell’epigrafe, il theta greco che, come<br />

inizio della parola “morte”, sta per “morì”; in fondo postilla “litterae oblongae ut<br />

inscriptae Iesi sed elegantius”.<br />

Sempre nell’atrio Lanzi trascrive un’altra epigrafe con l’onomastica <strong>di</strong> vari<br />

defunti e <strong>di</strong> uno schiavo augusteo: C(AIUS)<br />

VIBIUS/POLYCARPUS/C(AIUS)/VIBIUS DORUS HALUS TI(BERII)<br />

CLAUDII CAESARIS(SERVUS) AEDITUUS/DE AEDE JOVIS.PORTICUS<br />

OCTAVIAE. Per questa iscrizione, oggi non più leggibile, si veda CIL, VI, 8708,<br />

CORRADINI 1995, n. 16. In fondo alla trascrizione il Lanzi scrive “caratteri un<br />

po’ inclinati verso destra”.<br />

124


A destra è riportata un’altra epigrafe posta nell’atrio, oggi non più rilevabile;<br />

segnalata nel CIL (VI, p. III, 17296), è riscontrabile nel Guarnirei<br />

(v.CORRADINI 1995, n. 27): DIIS MANIBUS/EVANGELI/VERNACULI<br />

SUI/V(IXIT) ANN(IS) XIIII, MENS(IBUS) X/MEMORIAE TI(BERIUS)<br />

CLAUD(IUS)/HELENUS. Eleno è probabilmente un liberto imperiale.<br />

Nella penultima fascia della carta il Lanzi riporta quattro epigrafi: la prima a<br />

sinistra si trovava ancora nell’atrio e, prima <strong>di</strong> essere spostata lungo la scala, è<br />

e<strong>di</strong>ta in CIL (VI, p. III, 20595) ed è segnalata dal Guarnieri (v.CORRADINI 1995,<br />

n.40); è riportata su una stele con il busto della defunta dal nome grecanico,<br />

offerta dal figlio: D(IIS) M(ANIBUS)/JULIAE PARHALIAE/V(IXIT) AN(NIS)<br />

L.X./C(AIUS) JULIUS FELIX/MATRI B(ENE) M(ERENTI) F(ECIT). Il Lanzi<br />

non accenna al ritratto della defunta, evidentemente il suo interesse è rivolto<br />

soprattutto a tituli epigrafici.<br />

Nello stesso punto dell’atrio, prima <strong>di</strong> salire le scale, è l’epigrafe riportata in CIL<br />

(VI, 3376) e segnalata dal Guarnieri (v.CORRADINI 1995, p. 49, n. 39); in questa<br />

iscrizione, oggi non più rilevabile, una donna ricorda l’alunno Agatonico:<br />

AUR(ELIA) SALVILLA/AGHATONICO/ALUMNO FEC(IT) V(IXIT)<br />

AN(NIS) I M(ENSIBUS)/ I D(IEBUS) XXVI.<br />

A destra è l’epigrafe che trova corrispondenza in CORRADINI 1995, p. 44, n. 31,<br />

si trovava nell’atrio ed era parzialmente leggibile: P(UBLII) CLODII<br />

PULCHERI/L.FELICIS/SEMPER QUI FUIT/DULCIS SUEIS/CLODIA<br />

PULC(HRA) LATHAUST.<br />

Lanzi legge “Lucius”invece <strong>di</strong> “Publius”, è incerto tra il suis e il sueis arcaico;<br />

nell’ultima riga completa “pulchra” per cui l’ultimo nome riuslta thenate?<br />

Lanzi riporta una piccola stele marmorea con frontone semicircolare, datata al II-<br />

III secolo d.C.: D(IIS) M(ANIBUS)/DOMI/TIO ABAS/CANTO (v.CORRADINI<br />

125


1995, p. 50, n. 42; CIL, VI, 16922). Al Lanzi interessa soprattutto la formula del<br />

defunto con il gentilizio ed il cognome “Abascanto” (non invi<strong>di</strong>ato, amato),<br />

frequente tra le persone <strong>di</strong> umili con<strong>di</strong>zioni.<br />

Un’altra epigrafe, proveniente dalle catacombe <strong>di</strong> Callisto e Protestato – oggi non<br />

rilevabile – ricorda ancora una liberta: LAIS/L(IBERTA)<br />

COPONI/SARCINATRIX.<br />

Alla fine della pagina il Lanzi trascrive una epigrafe che si trovava nell’atrio e che<br />

oggi non è più rilevabile. CORRADINI 1995, p. 44, n. 34, ne dà il testo:<br />

P(UBLIUS) VIBIUS P(UBLII) ET/M(ULIERIS)<br />

L(IBERTUS)/ONESIMUS/VIX(IT) ANNIS XXVII. Si riscontrano <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong><br />

lettura tra il Guarnieri, che scrive “mulieris” e la parola quasi illeggibile del Lanzi<br />

forse ANICIAE (CIL, VI, p. IV, 28828); Guarnieri segna “annis XXVII”, il Lanzi<br />

“47”. Anche in questo caso è da segnalare la particolarità <strong>di</strong> un nome greco<br />

latinizzato come “Onesimos”, che <strong>di</strong> per sé in<strong>di</strong>ca uno stato servile, ed il fatto che<br />

il defunto sia un liberto <strong>di</strong> due padroni.<br />

La trascrizione si riferisce ad una lastra <strong>di</strong>visa in due a libro da un solco continuo,<br />

recante due epigrafi per un uomo e per una donna: L(UCIUS)<br />

VETTIENUS/L(UCII) L(IBERTUS) SALVIUS” e “VETTIENA/LUCII<br />

L(IBERTA)/ FĪLUMINA (v.CORRADINI 1995, n. 21; CIL, VI, 28657). Anche in<br />

questo caso la donna, un tempo serva, porta un nome greco; rimane problematico<br />

se i defunti fossero stati colliberti oppure se la donna fosse stata manomessa da<br />

Salvius. A lato della trascrizione, Lanzi annota: “eiusdem caracteris in Museo<br />

Mae<strong>di</strong>ceo”.<br />

L’epigrafe era nell’atrio; corrisponde a CORRADINI 1995, p. 37, n.11, e a CIL,<br />

VI, I, 2927: D(IIS) M(ANIBUS)/A(ULUS) UMBRICIUS SEDATUS/MIL(ES)<br />

COH(ORTIS) XII URB(ANAE)/ C(ENTURIAE) EGNATI, MILIT(AVIT)<br />

126


M(ENSES) XI/VIX(IT) AN(NIS) XIIX A(ULUS) UMBRICIUS/PROBUS<br />

FRATRI PIENT(ISSIMO) FEC(IT). Il Lanzi non sottolinea il gentilizio<br />

Umbricius che si è fatto derivare dall’etrusco Umria, Umrna o, più recentemente,<br />

da Umber (v. Prosopographia Imperii Romani 1887-1993); ma il cognome<br />

Probus riscritto a lato del testo. In effetti è un aggettivo <strong>di</strong> significato trasparente<br />

che col tempo deve perdere questa caratteristica per entrare nell’uso onomastico<br />

romano, per cui la formula <strong>di</strong>venterà trimembre (v.KAJANTO 1965). Il Lanzi<br />

osserva questo movimento interno della lingua latina e del costume romano; in<br />

effetti il cognomen sarà anche un elemento nella formula onomastica etrusca del<br />

periodo più recente, specialmente nell’Etruria settentrionale (v.CRISTOFANI<br />

1991, pp. 98-99). Si possono inoltre stabilire anche delle equivalenze tra alcuni<br />

cognomi latini come Balbus (balbuiente) e Pulpe etrusco, Crispus (ricciuto) e<br />

Crespe ecc.<br />

Un’altra epigrafe che si trovava nell’atrio del Palazzo Baviera, non più rilevabile.<br />

Il testo è riportato dal CORRADINI 1995, p. 39, n. 15, e nel CIL, VI, p. III,<br />

22651: L(UCIUS) MUNATIUS CHIUS AEDICULAM/EMIT AB IMO USQUE<br />

AD SUMMUM AB A(ULO)/AUTRONIO HERMETE ET AB METTIA<br />

ZOSIME/SIBI ET POSTERISQ(UE) SUIS.<br />

L’epigrafe – ricordata anche da DE VERGERS, p. 21 – tratta dell’acquisto <strong>di</strong> una<br />

e<strong>di</strong>cola funeraria da parte <strong>di</strong> L.Munatio Chio, che gli viene ceduta da due persone<br />

<strong>di</strong> origine grecanica. Sulla destra della trascrizione Lanzi trascrive una epigrafe<br />

dell’atrio ancora ben conservata ed oggi murata nel cortile interno del Palazzo: v.<br />

CORRADINI 1995, p.38, n. 14 e CIL, VI, I, 3109. Nel Corpus non è citato il<br />

Guarnieri, ma DE VERGERS. Il testo: D(IS)<br />

M(ANIBUS)/POMPONIAE/VALENTINAE./CONIUGI BEN/E MERENTI<br />

ET/M(ARCO) DOMITIO VAL/ENTINO FILIO/DULCISSIMO.QU/I VIXIT<br />

127


ANNIS/VI.MENSIB(US)XI./M(ARCUS) DOMITIUS VAL/ ENS.MIL(ES)<br />

CL(ASSIS) PR(AETORIAE)/MIS(ENESIS)/FECIT. Il Lanzi chiosa “e.o.<br />

ortografia sospetta in <strong>di</strong>verse E”; in effetti la grafia è caratteristica del II secolo<br />

d.C. e pertanto l’osservazione non è pertinente. Comunque l’epigrafe è già<br />

importante per il fatto che proviene dalla via Appia e perché de<strong>di</strong>cata ad un<br />

soldato che aveva fatto parte della flotta stanziata a Miseno e che era stato<br />

accasermato nell’urbe accanto ai pretoriani. Le flotte <strong>di</strong> Miseno e <strong>di</strong> Ravenna si<br />

denominano praetoriae a partire dal 114 d.C., se non dall’età flavia fino al 208<br />

d.C. Il de<strong>di</strong>cante Marco Domizio Valente, pur essendo un soldato, ha una formula<br />

onomastica tirmembre, che potrebbe essere connessa all’acquisto della<br />

citta<strong>di</strong>nanza latina o alla “grazia imperiale” che così gratificava i militari della<br />

flotta.<br />

Nella fascia centrale, che il Lanzi delimita tra due righe verticali, troviamo in alto<br />

una epigrafe che corrisponde ad una ara funeraria con patera ed urceus secondo il<br />

<strong>di</strong>segno del Gaurnieri, che la riporta al n.4 del suo manoscritto fra le epigrafi<br />

<strong>di</strong>sposte nell’atrio del Palazzo; corrisponde alla trascrizione della CORRADINI<br />

1995, n. 1 (CIL, VI, p. III, 20074). Il Lanzi scrive “in cippo sepolcrale” e riporta:<br />

DIS M(ANIBUS)/C.IULIO HILARO/CONIUGI BENE/MERENTI<br />

FECIT/PLOTIA PARTHENOPE.<br />

Ci sono delle <strong>di</strong>screpanze tra il testo <strong>di</strong> Gaurnieri e qullo <strong>di</strong> Lanzi; infatti alla<br />

formula onomastica dell’uomo il Lanzi fa precedere un C. e traslittera il cognome<br />

greco correttamente nel latino Hilaro da Hilarus invece che Hilario; anche la<br />

donna ha un nome greco. L’epigrafe è opera tarda, databile al III d.C.<br />

Nell’ultima zona verticale, a destra, il Lanzi riporta una epigrafe collocata sul<br />

primo ripiano della scala ed oggi affissa alla parete del cortile del Palazzo<br />

(corrispondente a: CORRADINI 1995, p. 67, n.88; CIL, VI, 12452). Il Lanzi<br />

128


premette “sincerissima” e in fondo ripete “sincera con encarpi non ru<strong>di</strong>” forse<br />

alludendo alla decorazione <strong>di</strong> fiori <strong>di</strong> acanto; la trascrizione: D(IS)<br />

M(ANIBUS)/M(ARCI)ARTANI/ATHENEI F(ECIT)/COIUX<br />

B(ENE)/M(ERENTI) LUCIA PR/OCLA (il lapicida scrive COIUX per<br />

CONIUX).<br />

Questa iscrizione viene definita anch’essa “sincera” e trova confronto in una<br />

piccola lapide nel secondo piano delle scale del Palazzo oggi affissa nella parete<br />

lungo lo scalone (CORRADINI 1995, p.79, n. 106; CIL, VI, 12678), anche questa<br />

tratta <strong>di</strong> un liberto, un certo Marco Azio Disca che compra quattro olle per le sue<br />

ceneri e per quelle dei familiari. I liberti avevano ottenuto lo ius sepulchri nel I<br />

secolo d.C.; i colombari, costruiti per le famiglie nobili, accoglievano anche le<br />

loro ceneri; nel II e nel III secolo d.C. i liberti e le liberte avevano colombari a se<br />

stanti dove erano deposte le olle con le ceneri dei cremati.<br />

Sotto alla precedente è la trascrizione <strong>di</strong> una epigrafe che si trovava nel primo<br />

piano della scala, in un’urna cineraria non più rilevabile, recante ai lati geni che<br />

sostenevano corone come ricorda il CIL, VI, 2518. La CORRADINI 1995, p. 67,<br />

n. 87, riporta il testo: D(IIS) M(ANIBUS)/ M(ARUCS.) ULPIUS M(ARCI)<br />

F(ILIUS)/ JUL(IUS) VERUS/EMONA/MESOR COH(ORTIS)/ III<br />

PR(AETORIA) V(IXIT) A(NNIS)/XXIX M(ENSIBUS) II/D(IEBUS) VII. Lanzi<br />

non commenta, ma scrive “mesor” rispettando l’errore del lapicida, mentre il<br />

Gaurnieri precisa “mensor” (architetto, agrimensore). Il defunto è un pretoriano<br />

che militava in una coorte <strong>di</strong> frombolieri me<strong>di</strong>ani. Il CIL, VI, 1, 2518, ci rende<br />

edotti della giusta trascrizione; quin<strong>di</strong> si può escludere che il Lanzi abbia ripreso<br />

le iscrizioni dal ms. Guarnieri, che è del resto dello stesso anno del suo viaggio.<br />

Anche l’elenco del Lanzi non rispecchia la sud<strong>di</strong>visione del ricordato manoscritto.<br />

La trascrizione dell’epigrafe in oggetto era stata fatta da Francesco Bianchini, il<br />

129


primo acquirente, che l’aveva inviata a S.Maffei, il quale la pubblica a p.310 del<br />

suo Museum Veronense, ne parla anche DE VERGERS, p. 23); quin<strong>di</strong> passa in<br />

casa Baviera.<br />

Nella stessa colonna, sotto l’iscrizione <strong>di</strong> Pomponia – murata oggi lungo lo<br />

scalone <strong>di</strong> Palazzo Baviera e un tempo sul secondo piano della scala entro un<br />

riquadro profilato – è una epigrafe che corrisponde a: CORRADINI 1995, p. 90,<br />

n.124; CIL, VI, 25011. Il testo: HABE D(IS) M(ANIBUS)/PRIMAE FILIAE. Il<br />

Lanzi non completa l’iscrizione, ma la riassume nei righi sottostanti: “(sic rel.ª sit<br />

in M.=così replicata nel Museo Me<strong>di</strong>ceo) pientissimae et incomparabili quae vixit<br />

an(nis) II mens(ibus) XI d(iebus) 28 ecc.ecc.”.<br />

Sotto a questa epigrafe il Lanzi ne trascrive un’altra premettendo la nota “non<br />

certa”; questo appunto viene a confermare l’ipotesi che nella collezione dovevano<br />

essere entrate epigrafi dubbie o ad<strong>di</strong>rittura false. L’epigrafe si trovava al secondo<br />

piano delle scale (v.CORRADINI 1995, n. 89, che riporta CIL, VI, 25638: errato,<br />

per 25636); il Guarnirei riporta il testo saltando, al V rigo, “Saturnina”, che<br />

invece il Lanzi ed il CIL riportano. Il testo: D(IS) M(ANIBUS). / RUSTIA<br />

SATURNINA CO/NIUGI ONESIMO BENE ME/RENTI FECIT. LIBERT(IS)<br />

LIBERTA/HUS(QUE) POSTERISQUE EORUM./TI(BERIUS) CL(AUDIUS)<br />

PANTHAGATHUS. TATAE SUO./FECIT.RUSTIA SATURNINA<br />

OLLAM/DONAVIT MAIO. CAES(ARIS) N(OSTRI) SERVO. TA/TULAE<br />

SUO. Secondo SCHULZE 1904 il nomen “Rustia” è molto <strong>di</strong>ffuso a Roma e<br />

sembra originario dell’Etruria e dell’Umbria.<br />

130


NOME DELL’AUTORE: GALY, PAUL (18..-18..; HISTORIEN).<br />

TITOLO DELL’OPERA: TROIS SEMAINES EN ITALIE : (NOTES DE<br />

VOYAGE). 1889.<br />

ANCONE<br />

Aprés avor rapidement franchi Bologne, Faenza, Forli, Urbino, <strong>Rimini</strong>,<br />

traversé la République de St-Marin et passé à Pesaro, nous arrivâmes à Ancône,<br />

où nous devions nous arrêter toute le journée du lendemain. – La pluie s’était<br />

calmée, et nous n’avions été éclairés, pendant la nuit, que par les lucioles mettant<br />

des miliers d’étincelles aux arbres et aux champs d’alentour.<br />

Ancône est une assez petite ville, située sur deux mamelons que baigne la mer<br />

Adriatique.<br />

Elle est bâtie en amphitéâtre et possède un joli port, en demi-cercle.<br />

A l’extrémité d’une jetée qui s’avance dans la mer, on aperçoit l’arc de triomphe<br />

élevé à Trajan, le bienfaiteur d’Ancône. Cet ar-de triomphe a été construit à la<br />

pointe meme d’un des promontoires du golfe, au sud de la ville, et se trouve dans<br />

une position superbe, dominant la mer ; les colonnes des chapiteaux sont d’ordre<br />

corinthien ; il est petit, mais paraît immense à cause de ses proportions ; au-<br />

dessous de l’entablement, on voit encore les trous qui servaient à fixer des<br />

ornements de bronze ou têtes de taurreaux avec leurs banderolles de fleurs.<br />

De l’autre coôté, comme faisant pendant, se trouve le phare. Nous vîmes de pres<br />

ces intéressant é<strong>di</strong>fices, et puis nous rentrâmes dans la ville en suivant les bords<br />

131


du golfe. J’eus la plaisir de rencontrer des pecheurs qui retraient leurs filets et<br />

leurs longues lignes. L’un d’eux eut la chance de prendre devant moi une<br />

magnifique anguille de mer ou congre.<br />

Nous primes le chemine de la ville et dégeunâmes à l’hôtel Milanèse. Dans la<br />

journée, nous visitames la citadelle, la cathédrale, qui est un ancien temple de<br />

Vénus, et après avor passé une bonne nuit, nous quittâmes Ancône pour Naples<br />

par Foggia.<br />

132


NOME DELL’AUTORE: ROCHE J. L. H. (18..? – 18..?)<br />

TITOLO DELL’OPERA: VOYAGE CLASSIQUE EN ITALIE ET EN SICILE<br />

ANCONE<br />

JOSEPH.<br />

Nous voici dans la marche d’Ancône et dans l’ancienne capitale de la province<br />

qui porte ce nom. La rade est belle et commode, et ce port au fond du quel s’élève<br />

un môle superbe me paraît très-fréquenté ; il doit avoir ses franchises<br />

commerciales.<br />

LE CICERONE.<br />

Ancône est située sur le penchant d’une colline et s’étend jusq’à la mer. Vous<br />

voyez, à l’entrée du môle dont vous venez de parler, un arc-de triomphe élevé en<br />

l’honneur de Trajan. Benoit XIV a aussi le sien.<br />

[…]<br />

LE CICERONE.<br />

133


Ancône dont le nom vient du mot Ancon, ou du coude que forme la côte vers le<br />

promontoire de Cumerium, fut fondée par les Syracusains qui fuyaient la tyrannie<br />

de Denys. Elle fut prise par César après la passage du Rubicon. Ce général s’en<br />

ren<strong>di</strong>t maître ainsi que de tout le Picenum.<br />

RIMINI<br />

Il s’empara de même d’Ariminum, aujourd’hui <strong>Rimini</strong>, et causa par ce nouveau<br />

succès une consternation affreuse dans Rome. Le préteur Roscius porta au<br />

triumvir des paroles de paix de la part du sénat ; mais les négociations ne purent<br />

avoir des résultats favorables.<br />

JOSEPH.<br />

On voit encore, <strong>di</strong>t-on, un piédestal de marbre qui faisant partie de la tribune sur<br />

laquelle César harangua ses soldats avant de marcher sur Rome.<br />

[…]<br />

ALFRED.<br />

Cette ville offre-t-elle un bon port au commerce ?<br />

LE CICERONE.<br />

L’ancien port n’existe plus ; la mer s’étant retirée, on ne voit plus à l’embouchure<br />

de la Marecchia que quelques bateaux de pêcheurs. On entre à <strong>Rimini</strong> par un pont<br />

134


superbe et bîen orné ; c’est là qu’aboutissaient les deux routes consulaires : la<br />

Flaminienne et l’Emilienne. En sortant par la port romaine, vous passerez sous un<br />

bel arc-de-triomphe élevé en l’honneur d’Auguste.<br />

NOME DELL’AUTORE: ROCHE EDMOND (1826-1861)<br />

TITOLO DELL’AUTORE: L’ITALIE DE NOS JOURS. 1860<br />

ANCONE<br />

Ancone est une ancienne ville bâtie sur le penchant d’une<br />

colline qui s’avance dans la mer. Son port, de forme circulaire,<br />

défendu par deux môles, est un des plus beaux et des plus fréquentés<br />

de l’Italie. Trajan le fit considérablement agran<strong>di</strong>r, et ce fut pour<br />

marquer leur reconnaissance à cet empereur que les habitantse<br />

érigèrent en son honneur l’arc de triomphe que nous voyons sur la<br />

jetée du port, à l’entrée du môle. Assez près est un autre arc de<br />

triomphe moderne élevé en l’honneur du pape Clément XII qui avait<br />

commencé le môle et le lazaret. Ce second arc, d’ordre dorique, est<br />

assez estimé […]<br />

La cathédrale dé<strong>di</strong>ée à saint Cyriaque est située sur la pointe du<br />

cap, où était autrefois le temple de Venus […].<br />

135


NOME DELL’AUTORE: MADAME DE STAEL<br />

TITOLO DELL’OPERA: CORINNE OU L’ITALIE<br />

Per Madame De Staël “E’ inutile affidarsi alla lettura della storia per<br />

comprendere i popoli. Ciò che si vede suscita in noi molte più idee <strong>di</strong> ciò che si<br />

legge, e gli oggetti esteriori producono un’emozione forte che dà allo stu<strong>di</strong>o del<br />

passato l’interesse e la vita che si riscontrano nell’osservazione degli uomini e<br />

dei fatti contemporanei”. Pertanto nel suo romanzo saggio sul suo viaggio italiano<br />

“Corinne ou L’Italie” del 1807 Madame De Staël narra il mito <strong>di</strong> un’Italia<br />

primitiva e, nello stesso tempo, coltissima.<br />

<strong>Rimini</strong>. “Per <strong>di</strong>eci giorni costeggiarono l’Adriatico; quel mare, sul versante<br />

romagnolo, non fa pensare né all’Oceano né al Me<strong>di</strong>terraneo. La strada si snoda<br />

lungo il litorale, e sulle rive ci sono dei prati: non è così che ci si raffigura lo<br />

spaventoso impero delle tempeste! A <strong>Rimini</strong> e a Cesena si lascia il territorio<br />

classico degli avvenimenti della storia romana, e l’ultima memoria che torna in<br />

mente è il Rubicone, attraversato da Cesare quando questi decise <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire il<br />

padrone <strong>di</strong> Roma. Per uno strano accostamento, non lontano dal Rubicone si trova<br />

oggi la Repubblica <strong>di</strong> San Marino, come se queste ultime e deboli vestigia della<br />

136


libertà dovessero sussistere accanto ai luoghi dove la repubblica del mondo venne<br />

<strong>di</strong>strutta.<br />

NOME DELL’AUTORE: GIOVANNI PASCOLI<br />

TITOLO DELL’OPERA: IL RUBICONE IN POESIE DAL 1872 AL 1880<br />

Tra le marruche in cui frascheggia il vento<br />

corre un’acqua che ha nome il Rubicone,<br />

un fil d’acqua che scivola al pilone<br />

d’un ponte eccelso come un monumento.<br />

NOME DELL’AUTORE: GIOVANNI PASCOLI<br />

TITOLO DELL’OPERA: IL MONTE TITANO IN POESIE MINORI ED<br />

EPIGRAMMI<br />

La pianura animata dalle bianche città e l’Adriatico, percorso per ampio<br />

tratto da can<strong>di</strong>de vele, ti guardano con rispetto, monte Titano, come un guar<strong>di</strong>ano,<br />

ti stagli con le tue tre vette nel cielo sereno.<br />

137


Chi sta per lasciare i fieri Lingoni e quei terreni sabbiosi che non hanno più<br />

nessun ricordo del mare, sia che oltrepassi a pie<strong>di</strong> i fiumi che scorrono sotto i<br />

ponti romani […]<br />

Mons Titan<br />

Te campus albis <strong>di</strong>scolor oppi<strong>di</strong>s<br />

velisque late can<strong>di</strong>dus Hadria<br />

Titana mirantur sereno<br />

tergeminum vigilare caelo.<br />

Te quisquis acres linquere Lingones<br />

vult atque harenas inmemores maris,<br />

sive ille pilis obstrepentes<br />

Romuleis pede transit amnes<br />

138


NOME DELL’AUTORE: PETIT-RADEL-PHILIPPE<br />

TITOLO DELL’OPERA: VOYAGE HISTORIQUE, CHOROGRAPHIQUE ET<br />

PHILOSOPHIQUE DANS LE PRINCIPALES VILLES DE L’ITALIE EN 1811<br />

ET 1812<br />

Vol. 1<br />

RIMINI<br />

C’est un ville dont la fondation se reporte fort loin, ainsi que l’attestent<br />

quelques monuments qui ont résisté à la barbarie des temps. Elle fut la première<br />

dont César s’empara sur le Ombriens, après avoir passé le Rubicon ; elle fut<br />

encore célèbre pour être le lieu où aboutissaient les voies Flaminienne et<br />

Emilienne. Elle voulut aussi se constituer en république, et, sous ce<br />

gouvernement, elle ne fut point heureuse, ayant été obligée de se soumettre aux<br />

Malatesti […]<br />

La mer s’est beaucoup retirée de cet endroit, où l’on trouve encore<br />

quelques vestiges de l’ancien port ; ce qui donne lieu de croire que la ville était<br />

autrefois très-commerçante. Au mi<strong>di</strong>, elle a pour rideau une suite des collines<br />

détachées du cordon des Apennins. La porte de Saint-Julien, par où l’on arrive à<br />

<strong>Rimini</strong>, est au lieu de jonction des anciennes routes romaines. Le pont sur lequel<br />

139


on passe, long de deux cent vingt pieds, fut construit sous les empereurs Auguste<br />

et Tibère ; il est en pierre blanche d’un très-gros volume, et d’un grain si fin, que<br />

la cassure imite celle du marbre. Il a cinq arches d’égale grandeur et de <strong>di</strong>x-sept<br />

pieds de rayon ; quatre sont anciennes et assez bien conservées, l’autre est de<br />

réparation. Les pierres énormes en sont encore si bien jointes, qu’on a peine à<br />

suivre leur défaut de continuité ; chaque clef offre des couronnes et autres<br />

ornemens. On <strong>di</strong>stingue encore la corniche et deux grandes inscriptions. Les<br />

attérissemens ont couvert une partie des piles, qui ont beaucoup moins de hauteur<br />

aujourd’hui que du temps de Palla<strong>di</strong>o, si on s’en tient à ses proportions. La rue<br />

que nous traversâmes est large, droite et fournie de belles maisons toutes en<br />

briques. Les monuments modernes ne sont pas d’une brillante architecture ; on<br />

cite néanmoins la cathédrale, faite et ornée des marbres qu’a fournis l’ancien<br />

port ; on la <strong>di</strong>t bâtie sur les ruines de l’ancien temple de Castor et Pollux. Elle a<br />

trois nefs. L’église de Saint-François date du quinzième siècle ; elle fut élevée<br />

d’après les dessins de Léon Alberti. On y voit de belles peintures du Giotto, et<br />

beaucoup de bas-reliefs fort curieux, entre autres ceux qui ornent la tombe de<br />

Malatesta, général vénitien qui aima les sciences et les savans. Cette église mérite<br />

attention, comme offrant un des premiers monumens où le genre gothique a<br />

commencé à empiéter sur le romain […]<br />

Les antiquaires ne doivent point dépasser la ville sans demander à voir la<br />

collection d’inscriptions, et autres objets d’antiquités formés par M.Bianchi.<br />

<strong>Rimini</strong>, outre son pont, offre encore quelques autres objets curieux à voir en fait<br />

d’antiquités, notamment au marché des poissons, un piédestal q’on <strong>di</strong>t être la<br />

tribune d’où Jules César harangua son armée au moment où il allait passer le<br />

Rubicon. Si la chose n’est point vraie, du moins l’inscription suivante la donne<br />

pour telle :<br />

140


Caїus Caesar Dict. Rubicone superato civili bell.<br />

Commilit. Suos hìc in foro Ar. allocutus.<br />

On doit aussi voir les ruines de l’amphithéâtre de Publius Sempronius, dont il<br />

reste encore neuf arcades en briques, soutenant une dépendance de l’ancien<br />

couvent des Capucins. Ayant resté le temps suffisant pour voir tous ces objets, et<br />

lesté mon estomac par un repas dont l’Adriatique avait fait le plus grand frais, je<br />

remontai en voiture au-dessous de la Porte Romaine, où je m’étais rendu seul pour<br />

mieux considérer ce reste d’antiquité. Cet art fut élevé par Tibère en l’honneur<br />

d’Auguste, après le rétablissement des grandes routes d’Italie, qui toutes venaient<br />

aboutir à <strong>Rimini</strong>. Il fut depuis exhaussé par une assise de brique dont le goût<br />

gothique dépare la portion de ce qui lui est inférieur. Le monument est en gros<br />

blocs de même nature que les pierres du pont ; il n’annonce pas une grande<br />

majesté dans ce qui manque. Sa hauteur est de soixante pieds, et l’ouverture de<br />

trente-un sur un soubassement sur lequel s’appuient les colonnes. Au-dessous de<br />

l’architrave se voient deux têtes en médaillons, don l’une paraît être un Jupiter, et<br />

l’autre une Junon. Sur la clef est un tête de taureau, attribut de l’empereur ; il n’y<br />

a aucune inscription. Tout ce monument est en pierre blanche des Apennins, dont<br />

le grain est aussi fin que le marbre, mais tirant sur le gris jaune, quant à la couleur.<br />

FANO<br />

Fano […] qui a reçu son nom d’un petit temple que la Fortune y avait du<br />

temps des Romains. Je m’y promenai cependant par un beau clair de lune qui me<br />

servit pour voir toute la grandeur et la régularité de la place, dont le sol est dessiné<br />

par compartiment, à l’aide de cette pierre blanche dont le nouveaux-venus sur les<br />

141


ponts de Venise ont tant raison de se défier. Cette ville, que je parcourus le<br />

lendemain de grand matin, est placée au bord de la mer, près du Métaure, dont un<br />

bras forme un petit port. Elle conserve encore les restes d’un arc de triomphe<br />

élevé en l’honneur d’Auguste, ou de Constantin, suivant quelques auteurs. Ce<br />

monument, tout en marbre blanc, a beaucoup souffert lors du siége que vint en<br />

faire Paul II, en 1463. A ces monument, d’une haute antiquité, se joignent des<br />

inscriptions in<strong>di</strong>quant des faits qu’on cherche en vain à deviner ; le temps les a<br />

rongés presque toutes. On <strong>di</strong>t encore que la salle de spectacle est une des plus<br />

remarquables de celles qui son en Italie, tant par la quantité et la <strong>di</strong>stribution des<br />

loges, que par la beauté des décoration […] En sortant de Fano, à un quart de<br />

mille, se trouve le Métaure, rivière fameuse dans l’histoire pour avoir été témoin<br />

des hauts faits d’armes des troupes romaines.<br />

SENIGAGLIA<br />

Nous quittâmes Sinigaglia à mi<strong>di</strong>, et longeant le rivage<br />

nous arrivâmes à une colline <strong>di</strong>te le montagne d’Asdrubal, en mémoire de la<br />

défaite qu’éprouva ce général carthaginois, lorsque venant au-devant de son frère<br />

Annibal, 206 ans avant notre ère, il fut attaqué et pris par les Romains, et ses<br />

troupes entièrement défaites. Cette brillante expé<strong>di</strong>tion est mentionnée dans une<br />

Ode d’Horace à Drusus, où le poete célébrant celui à qui elle était confiée <strong>di</strong>t :<br />

[…]<br />

ANCONE<br />

Ancône. Cette ville, dont la situation est pittoresque, fut fondée, à ce que <strong>di</strong>t<br />

l’histoire, par des Grecs siciliens qui, fuyant la tyrannie de Denys de Syracuse,<br />

142


vinrent s’établir sur le coteau qu’elle occupe aujourd’hui, et y bâtirent des<br />

maisons qui furent bientôt entourées d’autres que peuplèrent ceux qui se sentaient<br />

animés du même zèle pour la liberté.<br />

Les Romanis qui revenaient victorieux des Carthaginois<br />

qu’ils avaient combattus sur le Rubicon ne virent pas ce commencement de<br />

populations sans intérêt ; ils le consolidèrent, et bientôt s’en ren<strong>di</strong>rent maître. Leur<br />

prise de possession ne fut pas vue d’une manière in<strong>di</strong>fférente par le sénat ; aussi<br />

cette parti de l’Italie fut-elle réputée bientôt une de leurs colonies : non seulement<br />

alors ils y élevèrent des monuments de luxe, mais encore quelques temples qu’ils<br />

dé<strong>di</strong>èrent à leurs <strong>di</strong>vinités particulières. Trajan, pensant à l’utile, y fit creuser par<br />

la suite et à ses frais un port qui aujourd’hui est entièrement comblé. Ce fut pour<br />

éterniser la mémoire de ce bienfait que le sénat lui éleva, en l’an 115, un arc de<br />

triomphe qui aujourd’hui se voit au nord-est de la jetée. A juger par la blancheur<br />

du marbre, on pourrait croire que l’é<strong>di</strong>fice date d’un temps moderne ; mais la<br />

beauté de son ensemble, l’accord des <strong>di</strong>verses parties qui le forment, et la liaison<br />

intime de ses masses, forcent à le reporter au temps ancien, où régnait le meilleur<br />

goût. Mais quelle ne devait pas être sa majesté, quand il ne manquait rien à cet<br />

é<strong>di</strong>fice, qu’il était décoré de ses statues et autres ornemens en bronze, quand enfin<br />

il n’avait encore éprouvé aucune mutilation, et qu’il offrait dans tout son luxe un<br />

véritable monument triomphal ? Ce monument, suivant l’opinion du plus grand<br />

nombre, fut bâti d’après les dessins d’Apollodore. Il n’offre qu’une seule<br />

ouverture ; son soubassement est d’un seul bloc de marbre blanc, d’un immense<br />

volume, et soutenu sur un massif de pierres <strong>di</strong>sposés en talu et battues par les<br />

vagues. Ses deux faces sont semblables, et ont toutes deux pour ornement quatre<br />

colonnes corinthiennes de la plus belle proportion, bien conservées, et posées sur<br />

des piédestaux. Entre les deux têtes sculptées sur chaque face de la clef de<br />

143


l’arcade sont deux consoles où étaient scellés ou des bas-reliefs, ou des trophées et<br />

guirlandes de bronze que les barbares, au quinzième siècle, ont arrachés, ainsi que<br />

tous les autres ornemens en métal qui décoraient ce chef-d’œuvre d’architecture.<br />

Sur la partie de l’attique qui regarde la ville son quelques vestiges encore lisibles<br />

de l’inscription en lettres de bronze qui furent également la proie de la cupi<strong>di</strong>té.<br />

Sur celle qui fait face à la mer était sans doute un décor, ainsi que l’in<strong>di</strong>quent les<br />

quatre trous qui sont placés à <strong>di</strong>stances égales. Sur les deux entre-colonnes se<br />

lisent encore deux inscriptions, l’une à l’épouse, et l’autre à la sœur de Trajan.<br />

Elles sont ainsi conçues :<br />

Plotinae Divae<br />

Aug. Marcianae<br />

Conjug. Aug. Aug.<br />

Sorori Aug.<br />

L’empreinte que laissent les trous on étaient les lettres de la grande inscription<br />

donne lieu de l’établir de la manière suivante :<br />

Imp.Caesari, <strong>di</strong>vi Nervae F. Nervae, ___<br />

Trajano, optimo. Aug. Germanic. ____<br />

Dacico. Pout. Man. tr. pot. XVIIII Imp. IX. ___<br />

COS. VI. PP. Providentissimo. Principi.____<br />

Senatus P.Q. R. Quod. accessum.____ Italiae<br />

Hoc. etiam. ex. pecunia. sua. ___ portu.<br />

Tutiorem. navigantibus red<strong>di</strong>derit.<br />

144


Au sommet de l’attique, qui est dans un état de dégradation, était la statue de<br />

l’empereur, placée au milieu de celles de Plotine et e de Marciana. Ce monument<br />

faisant partie de l’ancienne ville qui alors se reportait plus sur la partie est, et était<br />

abritée par deux monticules que surmontait un plus élevé, où était le temple de<br />

Vénus, aujourd’hui la cathédrale. Isolé de la ville comme il l’est actuellement, il<br />

en acquiert plus de noblesse et de pittoresque.<br />

Le port d’aujourd’hui s’est formé insensiblement pour<br />

correspondre aux maisons actuelles qui se sont élevées, par la suite des temps, sur<br />

la pente de la montagne et sur le rivage. Il fut singulièrement agran<strong>di</strong>, embelli et<br />

rendu plus sûr par Clément XII, au moyen de deux <strong>di</strong>gues, dont celle près le<br />

Lazaret, qui restait à terminer, se poussait avec vigueur lors de mon passage. Celle<br />

opposée, élevée sur les ruines d’un ancien môle construit sous Trajan, est<br />

véritablement belle, tant par sa largeur que par sa soli<strong>di</strong>té […]<br />

145


NOME DELL’AUTORE : AUDIN JEAN MARIE VINCENT [1793-1851]<br />

TITOLO DELL’OPERA : GUIDE DU VOYAGEUR EN ITALIE<br />

Nato a Lione nel 1793 e morto a Orange nel 1851, lo scrittore ed e<strong>di</strong>tore francese,<br />

dopo avere atteso agli stu<strong>di</strong> in seminario veste subito l’abito ecclesiastico. In<br />

seguito egli concentra i suoi stu<strong>di</strong> sulla storia religiosa, è infatti autore <strong>di</strong><br />

numerose monografie che hanno contribuito alla sua notorietà. Anche se<br />

marginalmente, la sua cultura poliedrica, lo porta a occuparsi <strong>di</strong> letteratura<br />

odeporica, particolarmente carica <strong>di</strong> significato è la sua guida del viaggio in Italia,<br />

<strong>di</strong> ritorno dalla quale trova la morte nel 1851.<br />

RIMINI<br />

<strong>Rimini</strong> est une ville très ancienne, grande et peuplée de 16 à 17,000 âmes,<br />

située sur la Marecchia, autrefois Ariminum, qui la traverse près de la mer, avec<br />

un petit port à son embouchure, qui ne sert maintenant qu’à des bateaux pêcheurs.<br />

La mer s’étant retirée, on y voit à peine quelque trace de l’ancien port. On entre à<br />

<strong>Rimini</strong> par la porte de Saint-Julien, on voit un pont magnifique et bien orné,<br />

construit en beau marbre sous les empereurs Auguste et Tibère, dans le lieu même<br />

où se réunissent les deux routes consulaires Flaminienne et Emilienne. En sortant<br />

146


de la ville on passe par la porte Romaine sous un bel arc de triomphe, élevé en<br />

honneur d’Auguste. La cathédrale et plusieurs autres églises sont ornées de<br />

marbre, que l’on a transportés du port. On voit dans cette ville plusieurs é<strong>di</strong>fices<br />

élevés pour la plupart aux dépens des Malatesta. L’église principale, très<br />

ancienne, est bàtie sur les ruines de l’ancien temple de Castor et Pollux. Celle de<br />

Saint-François, superbe é<strong>di</strong>fice du 15 siècle, fut construite d’après les dessins de<br />

Léon Bptiste Alberti, architecte de Florence, et renferme de superbes tombeaux,<br />

des statues et des bas-reliefs de beaucoup de prix. A l’église ja<strong>di</strong>s des Capucins,<br />

on voit les ruines de l’amphithéâtre de Publins Sempronius, jugées par quelques<br />

antiquaires celles d’un bâtiment des siècles passés : et à la place du Marché, où est<br />

encore le portique de la poissonnerie, on remarque un piédestal qu’on <strong>di</strong>t être la<br />

tribune de Jules César, d’où il harangua son armée avant le passage du Rubicon.<br />

Sur la place devant le palais du Magistrat, on voit une belle fontaine en marbre, et<br />

la statue de Paul V, en bronze […] La collection d’inscriptions et d’autres objets<br />

d’antiquité, formée par les soins du docteur Jean Bianchi, mérite de fixer<br />

l’attention des antiquaires.<br />

PESARO<br />

[…] Il faut visiter aussi le port; les ruines d’un ancien pont construit sous l’empire<br />

d’Auguste ou de Trajan; la collection d’inscriptions et d’autres antiquités de MM.<br />

Amati e Olivieri, et le Musée Passeri […]<br />

FANO<br />

Fano, autrefois Fanum Fortnuae (déesse dont on voit sur une fontaine une très<br />

belle statue), est située sur la mer près du Métaure, fleuve célèbre à cause de la<br />

défaite d’Asdrubal, par le consul Livius Salinator et Claude Néron. Cette ville<br />

147


conserve les ruines d’un arc de triomphe élevé en l’honneur d’Auguste, ou, selon<br />

d’autres, en l’honneur de Constantin ; on y voit <strong>di</strong>fférents marbres et inscriptions<br />

[…]<br />

RAVENNA<br />

La cathédrale est un é<strong>di</strong>fice magnifique […] Les antiquaires verront avec<br />

plaisir un grand nombre de pierres sépulchrales, trouvées dans les fouilles qu’on a<br />

faites pour réparer ce temple, maintenant rangées avec ordre dans une cour. Les<br />

fonts baptismaux son encore dans leur état primitif, de forme octogone, avec 8<br />

grandes arcades, et sur le devant un grand bassin de marbre blanc grec.<br />

ANCONA<br />

Ancone est une ancienne ville bâtie sur le penchant d’une colline qui s’avance<br />

dans la mer. Son port de forme circulaire, défendu par deux môles, est un des plus<br />

beaux et des plus fréquentés de l’Italie. Trajan fit considérablement agran<strong>di</strong>r son<br />

port, et ce fut pour marquer leur reconnaissance à cet empereur, que les habitants<br />

d’Ancone érigèrent en son honneur, un arc de triomphe qu’on voit encore sur la<br />

jetée du port ou à l’entrée du môle, monument qui est un des mieux conservés de<br />

ce genre. Cet arc de triomphe est bâti en marbre de Paros, et joint si exactement,<br />

qu’il semble ne faire qu’une seule pièce. Il est décoré de colonnes corinthiennes,<br />

posée sur des piédestaux. Il y a un attique au-dessous avec une inscription que le<br />

temps n’a point affacée. La soli<strong>di</strong>té de cet ouvrage a beaucoup contribué à sa<br />

conservation ; mais la main des barbares l’a dépouillé d’un grand nombre de<br />

statues de bronze, de trophées et d’autres ornements accessoires […]<br />

La cathédrale, dé<strong>di</strong>ée à Saint Ciriaque, est située sur la point du cap où était<br />

autrefois un temple de Vénus.<br />

148


POLA<br />

[…] On voit à peine les traces de plusieurs anciens bâtiments magnifiques :<br />

l’Arène, la Porta Rata ou Aurea, et deux temples, existent encore en partie.<br />

L’Arène, dont il n’existe que toute l’enceinte extérieure, rappelle à la mémoire<br />

l’idée de la magnificence romaine. Elle est à 200 pas environ hors de la ville, et on<br />

la voit de plusieurs milles de loin avant que d’y arriver. Il paraît certain que cette<br />

arène était un vrai amphithéâtre. Sa figure est elliptique, elle est longue de 366<br />

pieds vénitiens, large de 292 et haute du sommet jusq’à la base apparente de 74<br />

pieds et deux onces. Tout ce monument est <strong>di</strong>visé en deux ordres, dont chacun a<br />

72 arcs, autant qu’il y en à l’arène de Vérone, surimposés l’un à l’autre; elle a<br />

aussi un troisème ordre de fenêtres carrées qui est placé sur les mêmes arcs. Ceux-<br />

ci ont entre chaque pilier 9 pieds d’ouverture, et pris irrégulièrement, ils en ont de<br />

4 onces jusqu’à 11, parceque le bâtiment étant de structure rustique et en pierres<br />

de taille, quelques rocs ont été plus ou moins endommagés et dégradés par le<br />

ciseau ou par le temps. La hauteur de ces cercles est de leur bas jusqu’aux clefs de<br />

16 pieds et un once. Deux grands arcs situé à l’extrémité de l’Arène, servent de<br />

portes, et elles sont hautes de 17 pieds 6 pouces, et larges de 14 pieds 10, 6. Ces<br />

deux portes sont entrecoupées par deux autres arcs qui ont une ouverture plus<br />

grande que tout les autres; c’est à <strong>di</strong>re de 10 pieds 7 onces, quoique égaux en<br />

hauteur, en sorte que six arcs dans tout le circuit surmontent par la grandeur tous<br />

les autres. L’ouvrage, qui est d’ordre étrusque, mais exécuté d’après un goût<br />

particulier, est rustique et pesant ; les rocs sont unis par peu de ciment, et de<br />

nombreux léviers de fer les resserrent d’une manière très sûr.<br />

149


La Porta Rata ou Aurea est un arc funèbre magnifique, érigé à l’instar d’un arc de<br />

triomphe, peu loin de l’entrée de la ville : elle est d’une très belle architecture<br />

corinthienne. Dans la frise on lit :<br />

SALVIA. POSTVMA. SERGII. DE. SVA. PECVNIA.<br />

On lit aussi d’autres inscriptions semblables dans trois bases situées au sommet de<br />

l’arc, qui soutenaient peut-être autant de statues.<br />

Les deux temples sont situés sur la place de la ville. Ils sont d’ordre corinthien,<br />

mais bien petits. L’un d’eux est tellement adossé au palais public qu’on le voit à<br />

peine : peut-être était-il dé<strong>di</strong>é à Diane, puisqu’un tel nom est passé par tra<strong>di</strong>tion<br />

parmi cette population. L’autre est encore tout entier, hormis le toit qui a été<br />

détruit par un incen<strong>di</strong>e. Sa longueur intérieure est de 26 pieds, et sa largeur de 20.<br />

La façade est décorée de 4 grandes colonnes, qui sont hautes de 26 pieds et demi.<br />

L’inscription suivante annonce sa dé<strong>di</strong>cace.<br />

ROMAE. ET. AVGVSTO. CAESARI. INVI. F.<br />

PAT. PATRIAE.<br />

Le Dome ou la Cathédrale a été érigé sur les fondements et avec les restes d’un<br />

temple ancien des payens, ainsi que le témoignent plusieurs fragments de marbres<br />

anciens, de chapiteaux, des frises, bases et autres pièces dont il est orné.<br />

ZARA<br />

150


La Dalmatie, une des Provinces Illyriennes, a pour capitale Zara. C’est une ville<br />

très ancienne; mais on n’y voit plus que quelques restes des é<strong>di</strong>fices romains<br />

qu’on y voyait autrefois ; on tira parti de tout ce qui existait de ces bâtiments pour<br />

élever des fortifications autour de la ville. Dans la ville il y a encore sur pied deux<br />

colonnes très grandes ; et au-dehors on voit les restes d’un acqueduc du temps de<br />

Trajan, et un grand nombre d’inscriptions anciennes. La ville est d’une grandeur<br />

mé<strong>di</strong>ocre, mais assez forte ; elle est d’une figure oblongue et compte 1330 pas de<br />

circonférences. Elle est située sur une langue de terre, qui, en s’avançant dans la<br />

mer, forme un très beau port qui peut contenir une armée navale tout entière. Ses<br />

fortifications sont sept grands boulevards, des cavaliers et une enceinte de bonnes<br />

murailles. Deux de ce boulevards, situés au nord, défendent l’entrée du port ; deux<br />

autres magnifiquement construits la couvrent du côté du pays, et les autres<br />

couvrent son flanc vers le<strong>di</strong>t port, l’autre flanc au mi<strong>di</strong> étant assez bien défendu<br />

par plusieurs ouvrages irréguliers, accommodés à la situation. Un double fossé la<br />

sépare de la terre ferme. Au dela du premier fossé on voit un vaste ouvrage à<br />

corne, appelé généralement le Fort, dont les hauts cavaliers dominent la demi-lune<br />

t l’esplanade, qui sont séparés par le second fossé.<br />

Parmi les églises, la cathédrale et celle de saint Chrysogone, protecteur de la ville,<br />

peuvent fixer l’attention de l’étranger par leur aspect imposant. Le portail de cette<br />

dernière est formé en partie avec un reste d’un arc ancien, dont elle était peu<br />

eloignée […]<br />

SPALATRO<br />

Entre les é<strong>di</strong>fices les plus <strong>di</strong>stingués de Spalatro on doit remarquer la<br />

cathédrale, qui était anciennement un petit temple du palais de Dioclétien. Il est<br />

octogone extérieurement et rond intérieurement, décoré de beaux marbres, hormis<br />

151


la voûte qui soutient une galerie appuyée sur huit belles colonnes corinthiennes de<br />

porphyre et de granit. On y voit plusieurs ornements, feuillages, contours et<br />

beaucoup de têtes que le peuple croit être de l’empereur Dioclétien. Au-dehors de<br />

cet é<strong>di</strong>fice, et à demi-hauteur, on voit une galerie qui tourne tout autour, incrustée<br />

de marbres artistement travaillés, et soutenue par huit colonnes de marbre, avec<br />

une belle frise correspondante. On montait à cette galerie par un autre petit temple<br />

oblong par où l’on entrait aussi dans un troisième petit temple rong qui surmontait<br />

le dernier ; à droite de celui-ci il y en avait encore un autre plus petit que tout ceux<br />

dont on a fait mention, qui existe encore à présent, étant dé<strong>di</strong>é à sain Jean –<br />

Baptiste, dont il porte le nom […] Spalatro a été bâti après la destruction de<br />

Salone, car il a été formé en grande partie avec le vaste palais de l’empereur<br />

Dioclétien qui était peu loin de Salone. En effet, les murailles de ce palais<br />

renferment deux bons tiers de la ville ; ils sont encore en bon état, et forment un<br />

carré parfait avec une porte au milieu de chaque côté. Trois de ces portes qui sont<br />

encore sur pied sont très belles, massives et solides. Les pierres des arcs sont<br />

enchâssées l’une dans l’autre pour les rendre plus fermes. Toute la partie de la<br />

ville qui est environnée de ces murailles est remplie d’arcs et de ruines anciennes.<br />

Du côté de la mer on voit encore à présent les restes d’un portique entre le palais<br />

et une enceinte de murailles, avec plusieurs fenêtres, ornées d’entrecolonnements<br />

et de frises doriques fort belles, d’où l’on jouissait du coup d’œil de la mer.<br />

Dioclétien, ennuyé de l’empire du monde, auquel il monta après avoir été simple<br />

soldat, ab<strong>di</strong>qua le commandement, et vint se retirer dans la délicieuse Illyrie à<br />

Salone, où il bâtit près de cette ville son fameux palais, dont on a parlé ci-dessus.<br />

Ici même cet empereur mourut en homme privé. Salone, qui avait un circuit de<br />

neuf milles, en conserve à peine le nome aujourd’hui, et ne présente rien de<br />

remarquable, pas même de ses anciens é<strong>di</strong>fices.<br />

152


NOME DELL’AUTORE : DOMENICO SAMBALINO<br />

TITOLO DELL’OPERA : GUIDA DEI VIAGGIATORI IN ITALIA E<br />

ALL’ISOLE DI SICILIA E MALTA CON L’INDICAZIONE DELLE STRADE<br />

ALLE PRINCIPALI CITTA’ D’EUROPA E CARTA GEOGRAFICA POSTALE<br />

RIMINI<br />

Città antichissima, passibilmente grande, la quale contiene circa 17mila abitanti,<br />

situata sul fiume Arimino, oggi Marecchia, che la traversa presso il mare, con<br />

porto al suo sbocco, ma il mare essendosi ritirato, non serve attualmente, che per<br />

barche pescherecce, e non si ravvisa alcun vestigio dell’antico porto. Si ha<br />

l’ingresso in <strong>Rimini</strong> per la porta S.Giuliano sopra un superbo ponte <strong>di</strong> finissimo<br />

marmo bianco, costruito sotto gl’Imperatori Augusto, e Tiberio nel luogo appunto<br />

dove si riuniscono le due strade consolari Flaminia, ed Emilia; ed uscendo dalla<br />

città si passa per la porta Romana sotto un bellissimo arco trionfale in onore <strong>di</strong><br />

Augusto. Molti marmi tolti dall’antico porto ornano la cattedrale, e <strong>di</strong>verse altre<br />

Chiese. La Chiesa principale antica fu eretta sulle rovine del Tempio <strong>di</strong> Castore, e<br />

Polluce, ora Casella. Il Tempio <strong>di</strong> S.Francesco superbo e<strong>di</strong>fizio del XV secolo fu<br />

153


fabbricato su <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Leon Battista Alberti celebre Architetto Fiorentino,<br />

racchiude dei magnifici seplcri, delle statue, e dei bassorilievi <strong>di</strong> molto pregio. Ai<br />

Cappuccini vedonsi gli avanzi dell’Anfiteatro <strong>di</strong> Publio Sempronio, ed alla piazza<br />

del mercato vi è un pie<strong>di</strong>stallo, che pretendesi fosse la Tribuna <strong>di</strong> Giulio Cesare,<br />

ove arringò l’armata, prima del passaggio del Rubicone […]<br />

FANO<br />

Fano altre volte Fanum Fortunae (Dea che viene<br />

rappresentata da una bella statua posta sopra una fonte) è situata sul mare presso il<br />

Metauro, fiume celebre per la <strong>di</strong>sfatta data ad Asdrubale dai Consoli Livio<br />

Senatore, e Clau<strong>di</strong>o Nerone. Questa città conserva le vestigia <strong>di</strong> un arco trionfale<br />

eretto da Augusto, o secondo altri a Costantino, ed altri monumenti antichi,<br />

particolarmente <strong>di</strong>versi marmi, ed iscrizioni […]<br />

SINIGAGLIA<br />

(Senogallìa) è una piccola città ma florida e ridente degli antichi Galli Senoni […]<br />

Nelle vicinanze <strong>di</strong> Sinigaglia fu <strong>di</strong>sfatto l’esercito <strong>di</strong> Asdrubale dal Console Livio<br />

Salinatore. In poca <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> Urbino esiste il <strong>di</strong> lui Sepolcro, chiamato il Monte<br />

Asdrubale.<br />

ANCONA<br />

Antica città capitale della Marca, provincia fertilissima è<br />

situata sul declive <strong>di</strong> una collina, e si estende sino alla spiaggia del Mare […] Il<br />

molo è un’opera bellissima, che misurato dal Lido ha 2000 pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> lunghezza, e<br />

68 <strong>di</strong> altezza. E’ ornato all’ingresso <strong>di</strong> un antico arco trionfale, eretto in onore <strong>di</strong><br />

Trajano, benissimo conservato, le cui proporzioni sono regolari, e giuste. Ve ne è<br />

154


un altro moderno alzato in onore <strong>di</strong> Benedetto XIV dal Vanvitelli, che fabbricò il<br />

molo, e terminò il lazzaretto […] La Cattedrale <strong>di</strong> S.Ciriaco è posta sulla sommità<br />

del promontorio, dove anticamente era un tempio <strong>di</strong> Venere.<br />

RAVENNA<br />

Essa contiene monumenti preziosi della sua antichità e<br />

magnificenza, ed è celebre per i suoi mosaici, marmi Orientali, e Sarcofagi<br />

meritevoli <strong>di</strong> attenzione. […] La Cattedrale è una fabbrica magnifica, a cui si è<br />

dato un aspetto moderno […] Gli antiquari osserveranno con piacere un buon<br />

numero <strong>di</strong> lapi<strong>di</strong> sepolcrali <strong>di</strong>ssotterrate in occasione <strong>di</strong> restaurare questo Tempio,<br />

e ora con bell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>sposte in un cortile.<br />

155


NOME DELL’AUTORE: DRIOU ALFRED (1810-1880)<br />

TITOLO DELL’OPERA: LES APENNINS ET LA MER ADRIATIQUE - 1872<br />

RIMINI<br />

Enfin nous arrivons sur le bords d’un ruisseau qui semble avoir soif tant son eau<br />

coule lentement sur son lit de cailloux, et déjà Garisenda veut la franchir d’un<br />

pied dédaigneux, lorsque messire Emile, saissant la bride, arrête court notre<br />

bucéphale, et s’écrie :<br />

- Malheur à nous ! voici le Rubicon…Sommes-nous des Césars pour sauter<br />

ainsi à pieds joints sur cette limite sacrée de la Gaule Cisalpine, et entrer dans<br />

l’Italie proprement <strong>di</strong>te, sans une autorisation bien en regle de la souveraine<br />

maitresse du monde, Rome ?<br />

- Hélas ! la souveraine maîtresse du monde est trépassée depuis long-temps, et<br />

le Rubicon n’est autre chose à cette heure que l’Uso, formé de ces trois cours<br />

d’eau que tu vois, là-bas, briller dans la plaine comme des rubans d’argent,<br />

suou les noms de Pisciatello, Ragosta et Fiumicino.<br />

- En tous cas, arrêtons-nous, et saluons cette modeste rivière, si fameuse<br />

pourtant, et le pont romain qui la couvre… continue Emile. J’ai le cœur qui<br />

156


at avec effort dans ma poitrine, en songeant que ce fut en ce lieu que César,<br />

irrité des hostilités que Pompée lui créait dans Rome, après avoir franchi les<br />

Alpes, vint passer le Rubicon afin d’éviter les défilés, dangereux pour son<br />

armée, de la Voie Emilienne, et s’ecriant Alea jacta est! s’élança, de ce pont,<br />

sur Rome, pour y porter la guerre civile.<br />

Je respecte le nobles impressions que subit mon compagnon de voyage : nous<br />

examinons donc et le Rubicon, et le pont romain qui le couvre.<br />

Un heure après nous apercevions, <strong>Rimini</strong>, l’antique<br />

Ariminum, s’élevant mélancoliquement dans la plaine, sur les bords marécageux<br />

de la mer, et, par un autre pont romain et un arc-de-triomphe, nous entrions dans<br />

la cité qu’immortalise Francesca <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong>.<br />

Cette capitale de l’Ombrie, dans l’origine, avait un excellent port ; nous en<br />

trouvons à peine les traces. Jules César employa des sommes considérables à<br />

l’embellir, et, Octave, devenu le premier empereur de Rome, sous le nom<br />

d’Auguste, y acheva les embellissements commecés par son bienfaiteur, et dont<br />

plusieur subsistent encore. Notre première visite leur appartient de droit.<br />

C’est d’abord le pont romain qui s’appelle le Pont<br />

d’Auguste, sur lequel nous avons traversé la rivière Ariminius, maintenant la<br />

Marecchia, en entrant dans la ville. Ce pont termine la Voie Emilienne qui<br />

s’arrête à <strong>Rimini</strong>. Il n’a pas moins de deux cents pieds de longueur et se compose<br />

de cinq arches. On lit sur la pierre du parapet, pierre blanche tirée de l’Istrie,<br />

l’inscription antique relative à sa construction. Auguste mourut avant que ce pont<br />

fût complétement terminé. Mais Tibère l’acheva.<br />

Vient ensuite l’Arco Triomfale ou la Porta Romana, que le habitants d’Ariminum<br />

élevèrent à la gloire d’Auguste et comme témoignage de leur reconnaissance pour<br />

la réparation des grandes Voies Romaines qui aboutissainet à leur ville. Cet arc-<br />

157


de-triomphe est en fort belle pierre blanche, imitant le marbre par ses tons et sa<br />

dureté, et venant d’Istrie, comme celle du pont. L’architecture de ce monument est<br />

simple, mais lourde. Elle se compose d’un fronton suppporté par deux demi-<br />

colonnes corinthiennes. Des médaillons, représentant Neptune et Vénus à<br />

l’intérieur, et au-dehors, Jupiter et Junon, décorent l’entre-deux de l’arcade et des<br />

colonnes.<br />

Enfin, dans le milieu de la ville, sur la Piazza del<br />

Mercato, on voit une pierre colossale, taillée en forme de tribune, du haut de<br />

laquelle la tra<strong>di</strong>tion rapporte qu’après avoir franchi le Rubicon, avant de les faire<br />

marcher contre Rome, Pompée et le sénat, Jules César fit entendre un <strong>di</strong>scours<br />

véhément à ses soldats. Vous comprenez quel intérêt nous offre cette pierre qui a<br />

nom, à <strong>Rimini</strong>, Piedestallo <strong>di</strong> Cesare.<br />

Autour de ces magnifiques souvenirs de la puissance<br />

romaine, groupez une série de larges rues qui rayonnent dans tous les sens;<br />

composez ces rues de maisons bien bâties; établissez ici un Marché aux Poissons<br />

entouré d’arcades, là ouvrez une Piazza Maggiore ornée d’une fontaine et de la<br />

statue de bronze du papa Paul V ; de l’ancienne Cathédrale élevée sur le<br />

décombres d’un temple de Castor et Pollux, faites une caserme occupée par des<br />

carabiniers pontificaux ; dressez ici le Domo Nuovo, dé<strong>di</strong>é à San-Francesco, église<br />

du VI siècle; entre la ville et la mer, couronnez un mamelon romantique d’une<br />

Citadelle de très belle construction, et vous aurez à peu près l’idée de <strong>Rimini</strong>.<br />

Seulement, quoique peuplée de <strong>di</strong>x mille citoyens, gardez-vous de vous figurer<br />

voir la foule aller et venir dans les rues et sur les places! <strong>Rimini</strong> est grande, elle<br />

est belle même, mais elle est solitaire, elle est comme déserte, elle est triste.<br />

Son rôle dans l’ancien temps a toujours été modeste. Elle<br />

n’eut de vie réelle que sous Auguste, qui l’aimait, et à cause de deux Voies :<br />

158


l’Emilienne qui lui venait de Rome, en passant par Pise, Plaisance, Modène,<br />

Bologne, etc., et la Flaminienne qui, partant de son enceinte, allaità Rome aussi,<br />

mais par le pays des Senones, l’Ombrie et la Sabine. César sétat emparé de vive<br />

force de <strong>Rimini</strong>, en 49 avant J.-C., après avori passé le Rubicon. Vitiges, roi des<br />

Ostrogoths, l’assiégea en 438 ; mais elle fut délivrée par Bélisaire […]<br />

FANO<br />

Fano, où la tombée du jour nous a surpris et où nous<br />

avanos pour dîner et coucher à l’Albergo del Tre Re, n’existait pas quand les rives<br />

du Métaure furent rougies du sang des Carthaginois. Mais après la victoire des<br />

Romains, le consul Salinator ayant élevé sur le champ de bataille un Temple à la<br />

Fortune, comme monument de reconnaissance, ce Fanum Fortunae appela bientôt<br />

une nombreuse population autor de son enceinte, et c’est ainsi que se forma Fano.<br />

Cette ville, qui devait son origine à une lutte sanglante, devint bientôt célèbre par<br />

un autre combat, celui dans lequel, en 545 après J.-C., Totila, le roi des Ostrogoths<br />

dont je vous parlais tout à l’heure, battit les Romains. Il détruisit alors Fano […]<br />

Rien de plus romantique que notre route. A notre droite,<br />

n’étaient de nombreux accidents du sol, des hauteurs voisines de Fano, comme du<br />

chemin que nous suivons, on verrait pendant longtemps, comme nous l’avons vu à<br />

<strong>di</strong>verse reprises, mais de loin, dans la brume d’or du matin, le long du cours du<br />

Métaure, une vaste contrée fort pittoresque et couverte de robustes chennes,<br />

abrités par la montagne de Pietramala, où eut lieu la defaite d’Asdrubale. C’est le<br />

lieu précis où furent couchées dans la poussière et le sang les cohortes<br />

carhaginoises, par Néron et Livius Salinator. On trouve dans les cavernes de la<br />

montagne des ossements fossiles que l’on <strong>di</strong>t être les débris des éléphants des<br />

159


Carhaginois. La ville de Fossombrone, sur le Métaure que couvre un pont<br />

moderne, magnifique, et qui est l’antique Forum Sempronii, est voisine du théâtre<br />

de ce drame mémorable.<br />

De Fano à Ancone, notre route continue à longer le<br />

rivage de l’Adriatique. J’estime que nous sommes à peu près en face de cette<br />

partie de la Dalmatie, sur le rivage opposé de la mer, qu’occupait ja<strong>di</strong>s Salone, et<br />

où le vieux Dioclétien, après avori ab<strong>di</strong>qué l’empire, était venu se livrer aux doux<br />

loisirs de planter ses choux. Oh ! que je voudrais être de cet autre côté de<br />

l’Adriatique, et y voir ses contrées fameuses ! […]<br />

Cette ville est Ancône.<br />

ANCONE<br />

[…] Mais elle est délicieusement placée en amphitéâtre, sur le penchant d’une<br />

colline qui s’avance dans la mer, escortée du Monte Ciriaco que dominait ja<strong>di</strong>s un<br />

Temple de Venus, remplacé maintenant par la Cathédrale dé<strong>di</strong>ée à Saint-<br />

Cyriaque, et couronnée d’une coupole, et du Monte Comero, qui forment de<br />

chaque côté de gracieux promontoires. Son port, creusé en hémicycle, est abrité<br />

par duex môles que décorent les deux arcs-de-triomphe, et c’est à sa position<br />

centrale sur la côte orientale de l’Italie qu’Ancône doit toute son importance.<br />

Toutefois, si Ancône, dans l’interieur de la ville, n’offre<br />

rien d’agréable, et même semble triste, vue du côté de la mer, ainsi bâtie sur les<br />

étages de la colline, avec ses églises qui la capitonnent de leurs tours, avec son<br />

Monte Ciriaco dont le cap met en saillie la belle église de Saint-Cyriaque, avec<br />

ses môle et ses autre décors, citadelle, arcs-de-triomphe, etc., elle produit un effet<br />

des plus pittoresques, qui rappelle les beaux promontoires de la Grèce avec les<br />

cités et les temples qui, de leur sit élevé, semblaient regarder les navires sillounant<br />

la haute mer, dans les brumes d’or du jour.<br />

160


Ja<strong>di</strong>s, vers 405 avant l’ère chrétienne, dans la Sicile, à<br />

Syracuse, il y eut un simple soldat, né d’un homme obscur, qui à raison de la<br />

vaillance qu’il déployait contre les dominateurs de l’Afrique, les Carthaginois, prit<br />

un tel empire ser ses camarades qu’il se fit proclamer roi. Il se nommait Denys :<br />

on le surnomma bientôt le Tyran, car, après la perte de la ville de Géla, voyant des<br />

siges de mécontentement et de désapprobation sur le front de ses sujets, il devint<br />

si morose d’abord, puis si farouche et si cruel, qu’il fut alors craint et dedouté de<br />

ceux mêmes qui l’approchainet le plus. Ainsi, jamais il n’admit sa femme et ses<br />

enfants dans son appartement sans la fouiller. Il fit creuser dans la roc vif<br />

d’immense souterrains, <strong>di</strong>sposés de manière à ce qu’il entendît tout ce qui se <strong>di</strong>sait<br />

autour de lui. En un mot, Denys devint tellement violent dans sa façon d’agir vis à<br />

vis de son peuple, que bon nombre de Syracusains, ne prévoyant pas que le tyran<br />

allait périr d’une in<strong>di</strong>gestion, par suite de sa gloutonnerie, désertèrent leur patrie,<br />

se livrèrent aux hasards des flots, et abordèrent sur la côte orientale de l’Italie<br />

qu’ils avaient tournee par le Golfe de Tarente. Ce sont eux qui fondèrent Ancône.<br />

Mais Ancône, qui devait son origine à l’amour de la<br />

liberté du peuple de Syracuse, finit par être esclave. Elle tomba, comme le monde<br />

entier, au pouvoir des Romains. Les traces de leur passage qu’ils y ont laissées,<br />

prouvent la puissance de ces étranges civilisateurs. L’empereur Trajan la fit<br />

entourer de magnifiques quais en marbre. Il l’agran<strong>di</strong>t considérablement et l’orna<br />

de plusieurs monuments. Aussi, comme témoigage de leur gratitude pour ce<br />

prince, les Anconais élevèrent en son honneur l’un des arcs-de-triomphe dont j’ai<br />

parlé, celui qui décore la jetée du port. Cet Arco Tromphale, parfaitement<br />

construit en marbre blanc, fut orné de trophées militaires et de nombreuses statues<br />

de bronze. Malhereusement les Barbares, et surtout les Goths, le dépouillèrent de<br />

ces richesses artistiques. Mais à part cette spoliation, l’arc subsiste,<br />

161


merveilleusement conservé. Du côté de la mer on lit la légende suivante qui a trait<br />

à la femme et à la soeur de Trajan :<br />

PLOTINAE. AVG. CONJVG. AVG.<br />

DIVAE. MARCIANAE. AUG. SOROR. AVG.<br />

Non loin de là, sur le môle également, mais formant un contraste qui ne lui est pas<br />

avantageux, se dresse un autre Arco Triomphale, d’ordre dorique, de Vanvitelli,<br />

érigé à la gloire de Clément XII […]<br />

162


NOME DELL’AUTORE: CONDAMINE, JAMES [1844-1928]<br />

TITOLO DELL’OPERA: DU VESUVE A’ L’ETNA ET SUR LE LITTORAL<br />

DE L’ADRIATIQUE<br />

ANCONA<br />

Sur le môle enfin, s’élèvent deux arcs de triomphe : l’un, dans la partie ancienne,<br />

fondée par l’empereur Trajan ; l’autre, dans la partie construite au XVIII siècle,<br />

par Clément XII, et ajoutée à l’ancienne. Le premier, qui est d’emblée le plus<br />

beau, écrase un peu l’œuvre voisine, de Vanvitelli : ce monument de marbre, qui<br />

date du commencement du II siècle, est bien conservé et porte, en dessous de sa<br />

frise, une longue inscription. On aura une idée de son élévation, si l’on se rappelle<br />

que l’escalier qui se trouve à la base de l’Arc de Trajan, a deux fois la hauteur<br />

d’un homme.<br />

RIMINI<br />

Au cœur de la ville, se trouve une grande place rectangulaire, qui porte, elle aussi,<br />

le nom de « Piazza Cavour » […] Près de là en effet on aperçoit le piédestal en<br />

pierre, du haut duquel, d’après la tra<strong>di</strong>tion, César aurait harangué ses troupes,<br />

après le passage du Rubicon : l’allusion est donc transparente.<br />

[…] Le Corso se prolonge, au nord-ouest, jusq’aux faubourgs, au-delà de la<br />

Marecchia, qu’il enjambe sur un vieux pont, en dos d’âne, appelé « Pont<br />

d’Auguste ». Il aboutit, au sud-est, à l’ “Arc d’Auguste », qui n’a pas la valeur de<br />

l’arc de Trajan, à Ancona […]<br />

163


NOME DELL’AUTORE : SAVERIO SCROFANI<br />

TITOLO DELL’OPERA: VIAGGIO IN GRECIA [1965]<br />

Saverio Scorfani nacque a Mo<strong>di</strong>ca nel 1756. Lo zio materno monsignor Alagona<br />

provvide alla sua istruzione con l’intento <strong>di</strong> avviarlo alla carriera ecclesiastica, ma<br />

il giovane si contentò della veste <strong>di</strong> abate preferendo agli or<strong>di</strong>ni religiosi l’agio <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>are tranquillamente a Siracusa …….<br />

Il “Viaggio in Grecia” uscì nel 1799 e fu in certo qual modo catalizzatore riguardo<br />

alle principali componenti della letteratura antiquaria.<br />

POLA<br />

Eccomi, mio caro P…, in faccia all’anfiteatro <strong>di</strong> Pola, uno de’ più superbi<br />

monumenti del fasto romano. Sì piccola città come fu capace <strong>di</strong> sostenere tante<br />

spese? Pola era repubblica. Gl’Inglesi si prendono la pena <strong>di</strong> misurarlo in alto, in<br />

lungo, in largo; <strong>di</strong> contarne gravemente i piani, i gra<strong>di</strong>ni, le gallerie, i sassi; per<br />

me il meraviglioso <strong>di</strong> quest’e<strong>di</strong>ficio, che eguaglia le arene <strong>di</strong> Nìmes, <strong>di</strong> Verona, <strong>di</strong><br />

Roma, si è ch’ei posa sopra un altro anfiteatro incavato sotterra e sostenuto da<br />

enormi pilastri. Ivi, credo, fra le tenebre e al solo lume <strong>di</strong> poche lampade,<br />

celebravano i gentili i loro misteri; e quin<strong>di</strong>, uscendo al giorno col cuore in<br />

tumulto, assistevano a certa sorte <strong>di</strong> spettacoli ove imparavano a compatire le<br />

miserie degli uomini dopo aver sotterra imparato a temere gli dei […]<br />

Ecco la Dalmazia. Ecco quei popoli che, passando per tanti secoli e per<br />

tanti padroni, conservano tuttavia l’antico nome d’Illirici e l’antica durezza.<br />

164


Volete conoscere le medaglie <strong>di</strong> Alessandro? Assicuratevene alla pelle del leone<br />

che porta sul capo; volete <strong>di</strong>stinguere uno schiavone? Conoscetelo alla sua<br />

caparbietà. Che <strong>di</strong>rò io <strong>di</strong> Diocleziano nato in Illiria e che fabbricò il palazzo <strong>di</strong><br />

Spalato? Che tutti gli uomini dovrebbero riunirsi per toglierne il nome dall’istoria,<br />

unitamente a quelli <strong>di</strong> Nerone, <strong>di</strong> Tiberio, <strong>di</strong> Silla.<br />

Ma dove ci trasporta il vento? Dov’è la Dalmazia? Non si vede più. Come<br />

si chiamano quei monti e quella terra? Gli Appennini e l’Abruzzo. Ivi dunque<br />

vissero i valorosi Sanniti che cedettero al genio de’Romani, ma che li vinsero in<br />

coraggio?<br />

165


NOME DELL’AUOTRE: BARTOLOMEO BIASOLETTO<br />

TITOLO DELL’OPERA: RELAZIONE DEL VIAGGIO FATTO NELLA<br />

PRIMAVERA DELL’ANNO 1838 DALLA MAESTA’ DEL RE FEDERICO<br />

AUGUSTO DI SASSONIA NELL’ISTRIA, DALMAZIA E MONTENEGRO<br />

Probabilmente uno dei più eminenti ricercatori stranieri della flora del<br />

Monte Maggiore è stato il re sassone Federico Augusto, conosciuto come<br />

appassionato botanico. Il 22 maggio 1838 il re intraprese col suo seguito a bordo<br />

della nave “Conte Mitrovsky” e partendo da Trieste, una spe<strong>di</strong>zione botanica in<br />

Dalmazia, una delle cui mete fu il Monte Maggiore con i suoi fiori. Quella fu<br />

l’ultima impresa flogistica del viaggio, terminato l’11 giguno del 1838, col ritorno<br />

a Trieste. A seguito del re, tra gli altri, c’erano Bartolomeo Biasoletto, botanico e<br />

farmacista, natio <strong>di</strong> Degnano, in qualità <strong>di</strong> guida professionale, poi Muzio<br />

Tommasini, pure botanico, e a quel tempo anche presidente politico ed economico<br />

del Municipio <strong>di</strong> Trieste, ed il colonnello e poi bano (governatore) croato Josip<br />

Jelacic. Bartolomeo Biasoletto scrisse un libro su quel viaggio, che venne<br />

pubblicato nel 1841. Così recita la de<strong>di</strong>ca del volume: “La maestà del re Federico<br />

Augusto <strong>di</strong> Sassonia, protettore e cultore ei medesimo delle scienze naturali,<br />

<strong>di</strong>visò <strong>di</strong> fare nella primavera dell’anno 1838 un viaggio per l’Istria e la Dalmazia,<br />

ad oggetto <strong>di</strong> conoscere le piante <strong>di</strong> quelle contrade”.<br />

POLA<br />

166


Non si può negare che l’entrata in Pola per mare sia sorprendente. Offre per<br />

prima il magnifico porto ampio, profondo e sicuro, capace <strong>di</strong> contenere una<br />

numerosa flotta […] Alzando l’occhio si presenta il sontuoso e<strong>di</strong>fizio<br />

dell’Anfiteatro, raro monumento <strong>di</strong> antichità romana, situato dalla parte orientale,<br />

200 passi circa <strong>di</strong>stante dalla città. Si scorge molte miglia in mare prima<br />

dell’imbocco del porto. Anche la fortezza, che compare subito <strong>di</strong>rimpetto,<br />

proteggendo da una elevata collina la città, dà a quel luogo non poco risalto.<br />

Disceso S.M. a terra si <strong>di</strong>ede subito a visitare quelle antichità, cominciando dal<br />

tempio d’Augusto, le vicine reliquie <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Diana, il Duomo, che trovasi<br />

sulla via per recarsi all’Anfiteatro. L’or<strong>di</strong>ne dei due tempj è corintico. Dal Duomo<br />

passò all’Anfiteatro detto anche arena. L’anfiteatro è <strong>di</strong> figura el[l]ittica, <strong>di</strong>viso in<br />

due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> arcate sovrapposti l’uno all’altro, ed ha un terzo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> finestre<br />

quadrate, che gira sopra gli archi stessi; tutto costruito in pietra viva. Il re qui tolse<br />

qualche <strong>di</strong>segno, poi si trasferì a vedere la porta <strong>di</strong> Ercole che trovasi mezzo<br />

sepolta, ed attorniando le mura gran parte in rovina, arrivò alla porta Aurea,<br />

ovvero Arco de’Sergi.<br />

Il re ammirò quell’arco funebre, che serve in oggi <strong>di</strong> porta alla città, eretto qual<br />

testimonianza d’amor coniugale <strong>di</strong> Salvia Postuma a Sergio <strong>di</strong> lei marito, come ce<br />

lo attesta sull’architrave dell’arco che <strong>di</strong>ce:<br />

SALVIA POSTUMA SERGI DE SUA PECUNIA.<br />

SALONA<br />

Prima <strong>di</strong> scostarsi molto da Salona <strong>di</strong>remo, che questa città una volta<br />

importante e celebratissima, sta ridotta in oggi in un semplice villaggio. La<br />

167


magnificenza sua vien ricordata dalle rotte colonne, capitelli <strong>di</strong>strutti, lapi<strong>di</strong>, urne<br />

ed altro, che incontransi fra le macerie <strong>di</strong> quella.<br />

SPALATO<br />

Veduta la cattedrale, un dì tempio <strong>di</strong> Giove, il sarcofago che rinchiude le<br />

ossa <strong>di</strong> S. Doimo vescovo <strong>di</strong> Salona, titolare della chiesa, il battistero <strong>di</strong><br />

S.Giovanni che fu tempio <strong>di</strong> Esculapio, il campanile appoggiato su d’un arco<br />

ar<strong>di</strong>to, che serve d’ingresso alla chiesa, abbellito da colonne ed ornati scavati fra<br />

le rovine <strong>di</strong> Salona e varj altri oggetti mirabili d’antichità, si recò a vedere il<br />

vastissimo palazzo <strong>di</strong> Diocleziano, quello cioè che la falce sterminatrice del tempo<br />

seppe ancor rispettare; in<strong>di</strong> una raccolta <strong>di</strong> medaglie antiche, con altri documenti<br />

ed iscrizioni d’archeologia scoperti in que’ d’intorni […]<br />

CURZOLA<br />

Curzola del resto è un’isola lunga, che scorre dall’est all’ovest non molto<br />

larga; ha dei boschi <strong>di</strong> pinus halepensis e si crede, che un tempo tutta fosse<br />

coperta, e che ciò le desse un aspetto nero, ebbe il nome <strong>di</strong> Corcyra Nigra o<br />

Meloene. La città che è capoluogo <strong>di</strong> tutta l’isola si presenta come un anfiteatro,<br />

ed è situata su d’una punta o ….cinta da mura antiche, fiancheggiate da torri, che<br />

trovansi però in cattivo stato.<br />

168


NOME DELL’AUTORE: ALFREDO SERRISTORI<br />

TITOLO DELL’OPERA: LA COSTA DALMATA E IL MONTENEGRO<br />

DURANTE LA GUERRA DEL 1877: NOTE DI VIAGGIO<br />

L’autore de<strong>di</strong>ca il libro all’onorevole commendatore Quintino Sella “A voi,<br />

illustre uomo <strong>di</strong> stato, che occupate i rari momenti d’ozio <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponete in<br />

ar<strong>di</strong>te esplorazioni sulle vette più elevate delle Alpi; a voi, che seguirò dappertutto<br />

fuoriche per quei sentieri, offro queste <strong>di</strong>sadorne pagine vergate su monti non<br />

meno aspri e scoscesi, i quali non […] Né ciò per la sola curiosità, o per sentito<br />

bisogno <strong>di</strong> sciogliere le intorpi<strong>di</strong>te membra; ma per conoscere invero e stu<strong>di</strong>are da<br />

vicino un popolo <strong>di</strong> cui mi si era <strong>di</strong> sovente con ammirazione parlato, non tanto<br />

per la sua fortezza d’animo impareggiabile e per suo raro coraggio; quanto per un<br />

amore sviscerato <strong>di</strong> libertà e in<strong>di</strong>pendenza, a cagion delle quali volle ridursi<br />

piuttosto da secoli a vivere in un suolo brullo e inospitale; che sottomettersi al<br />

duro giogo dei dominatori Ottomani, padroni delle fertili sottostanti pianure, che<br />

d’ogni parte quel paese circondano e serrano”.<br />

POLA<br />

“Profitto adunque del tempo concesso dal nostro arciduca Massimiliano per<br />

visitare i principali monumenti, e m’avvio per primo al tempio d’Augusto, che<br />

sebbene <strong>di</strong> non gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, si presenta tuttavolta allo sguardo svelto ed<br />

elegante. Da questo mi <strong>di</strong>rigo alla porta Aurea (Arco de’Sergi) d’or<strong>di</strong>ne corintio,<br />

169


ornata <strong>di</strong> finissimi bassorilievi, e che s’inalza in fondo alla via principale della<br />

città. Visto finalmente l’anfiteatro, posto fuori dal recinto urbano, e che dopo il<br />

colosseo, giu<strong>di</strong>co il più bel monumento <strong>di</strong> quel genere da me fin qui conosciuto:<br />

più vasto certamente <strong>di</strong> quel <strong>di</strong> Verona, e meglio conservato all’esterno almeno;<br />

giacché le scalinate sono quasi tutte <strong>di</strong>strutte.<br />

ZARA<br />

[…] Altri monumenti non vi esistono, fuorché gli avanzi <strong>di</strong> un antico<br />

acquedotto e <strong>di</strong> un tempio romano, due colonne del quale furono trasportate dai<br />

Veneti ai due estremi della città.<br />

SPALATO<br />

L’occhio scopre per primo il vasto palazzo che l’imperatore Diocleziano si<br />

fece costruire poco lungi dal mare e mi volgo a visitarlo, e rimango altamente<br />

sorpreso per la vastità e bellezza <strong>di</strong> alcune sue parti, che hanno sopravvissuto alla<br />

quasi generale trasformazione avvenuta col succedersi dei secoli. La sua cinta<br />

comprende quasi metà dell’attuale Spalato; ed ha 190 metri <strong>di</strong> lunghezza su 160<br />

metri <strong>di</strong> larghezza. La facciata meri<strong>di</strong>onale è decorata da una serie <strong>di</strong> cinquanta<br />

colonne, <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne che si accosta al dorico, e <strong>di</strong>cesi che fossero sormontate da<br />

statue le quali oggi mancano del tutto.<br />

Tre porte principali davano ingresso alla reggia ed erano situate in mezzo ai lati <strong>di</strong><br />

tramontana, <strong>di</strong> levante, e <strong>di</strong> ponente. Quella <strong>di</strong> tramontana chiamavasi Aurea, e<br />

metteva sulla grande via per Spalato; Aenea, <strong>di</strong>cevasi quella a levante che dava<br />

sulla via per la quale si andava a Epezia; Ferrea la terza rivolta a ponente, e dove<br />

si suppone che vi fosse un parco riservato alla caccia dell’imperatore: credesi<br />

170


inoltre che ne esistesse una quarta chiamata Argentea, per la quale si uscisse alla<br />

marina. Oltre duecento famiglie vivono adesso nel palazzo che è stato <strong>di</strong>viso e<br />

sud<strong>di</strong>viso in tanti piccoli quartieri. Alle due estremità che guardano il porto<br />

sorgevano due alte torri delle quali sola una sussiste al presente.<br />

Ma il monumento che desta una maggior maraviglia è il tempio <strong>di</strong> Diana<br />

ottimamente conservato; e che convertito al culto cristiano serve ora da chiesa<br />

cattedrale. Esso presenta una forma circolare internamente, ottangolare<br />

all’esterno: otto gran<strong>di</strong> colonne <strong>di</strong> un sol pezzo <strong>di</strong> granito orientale e <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

corintio girano intorno alle mura, sostenendo un ricco ornato sormontato da un<br />

altr’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> colonne composito rientrante. Quattro <strong>di</strong> queste sono <strong>di</strong> un sol pezzo<br />

<strong>di</strong> porfido, le altre <strong>di</strong> granito. Tra quelle dell’or<strong>di</strong>ne secondo, girano sulle pareti<br />

all’intorno alcuni fregi a bassorilievo in pietra, allusivi a cacce, alle quali<br />

presiedeva, appunto, secondo la favola, la Dea cui fu sacro in origine quel tempio.<br />

Di fronte al tempio <strong>di</strong> Diana sorge un altro monumento convertito ad uso <strong>di</strong><br />

battistero, e che si ritiene per un tempio de<strong>di</strong>cato in origine ad Esculapio.<br />

171


NOME DELL’AUTORE: XAVIER MARMIER (1808-1892)<br />

TITOLO DELL’OPERA: LETTRES SUR L’ADRIATIQUE ET LE<br />

MONTENEGRO, 2 VOL.<br />

Xavier Marmier, nato il 24 giugno 1808 a Pontarlier e morto l’11 ottobre<br />

1892 a Parigi, fu uomo <strong>di</strong> lettere, viaggiatore e traduttore, ebbe particolare<br />

interesse per la letteratura europea del nord.<br />

Dopo essere stato per breve periodo bibliotecario <strong>di</strong> Besançon, parte per Parigi,<br />

poi viaggia in Germania e collabora alla Revue germanique e con altri giornali. In<br />

seguito prende parte a più <strong>di</strong> una spe<strong>di</strong>zione marittima in Islanda e in Scan<strong>di</strong>navia.<br />

Nel 1839 <strong>di</strong>venta professore <strong>di</strong> letteratura straniera a Rennes, ma riparte qualche<br />

mese più tar<strong>di</strong> per il Polo Nord. Di ritorno da Parigi egli è nominato bibliotecario<br />

dal ministero della pubblica istruzione. Viaggia in seguito nei Paesi-Bassi, in<br />

Finlan<strong>di</strong>a, in Russia e in Polonia, poi in Oriente e in Algeria. Nel 1846 egli<br />

<strong>di</strong>viene conservatore e amministratore generale della Biblioteca Sainte Geneviève<br />

de Paris. Infine, nel 1848, parte per l’America del Nord e del Sud. Di tutti i suoi<br />

viaggi, egli scrive dettagliati resoconti.<br />

Nel 1870 viene eletto membro de l’Académie française e <strong>di</strong>venta membro della<br />

commissione Dictionnaire. E’ autore non soltanto <strong>di</strong> resoconti <strong>di</strong> viaggio ma<br />

anche <strong>di</strong> traduzioni, poemi e romanzi. Infine Xavier ha soprattutto contribuito a<br />

fare conoscere alla Francia la letteratura scan<strong>di</strong>nava e germanica.<br />

SPALATO<br />

172


Il y avait une fois…c’est une vieille histoire que je puis bien commencer<br />

ainsi, tant elle ressemble à un conte de fée. Donc, il y avait une fois dans une<br />

petite bourgade de la Dalmatie un pauvre homme réduit d’abord à l’état d’esclave,<br />

puis affranchi par un maître qui ne pouvait probablement lui donner que la liberté.<br />

Car l’esclave se fit scribe, ce qui était en ces temps lointains, de même<br />

qu’aujourd’hui, un très-triste métier. Cet homme avait un fils qui, plus habile ou<br />

plus har<strong>di</strong> que son père, embrassa un meilleure profession. Il se fit soldat.<br />

Voilà tout ce qu’on sait sur l’origine de ce jeune Dalmate, qui fut Dioclétien. De<br />

même que les grands fleuves dont on retrouve <strong>di</strong>fficilement la source dans un petit<br />

filet d’eau, de même que le Nil dont on va chercher avec tant de peine les<br />

premiers flots dans le montagnes de la Lune, les premières années du célèbre<br />

empereur <strong>di</strong>sparaissent aux regards de l’historien. Le nom qu’il inscrivit sur le<br />

marbre et l’airain n’était pas même celui de son père ; c’était celui de la petite<br />

ville où il était né, de la petite ville de Dioclaea, sur les bords du lac de Scutari, au<br />

pied du Montenegro […]<br />

Puis il se retira dans un chariot couvert et partit aussitôt pour la Dalmatie, non<br />

point pour y chercher la pauvre maison de son père, mai pour y occuper un palais<br />

gigantesque.<br />

C’est au sein de ce palais que les péripéties de cette histoire me sont revenues à la<br />

mémoire, en une longue rêverie, comme un des merveilleux récits des Mille et<br />

une Nuits. Là, le souverain du plus grand empire qui ait jamais existé, vint<br />

enfermer sa vie à un age qui pouvait encore lui promettre les jouissances d’une<br />

longue domination; là, son ancien collègue Maximien vint le solliciter de<br />

reprendre le pouvoir, et l’on sait par quelles rustiques paroles il répon<strong>di</strong>t à cette<br />

tentative. Plus sage que son impétueux collègue, qui allait se jeter dans un<br />

nouveau conflit où il devait misérablement périr, là, il n’assista qu’aux tempêtes<br />

173


de l’Adriatique, tan<strong>di</strong>s qu’un vent d’orage mille fois plus terrible soulevait les<br />

vagues populaires, tan<strong>di</strong>s que de toutes parts le sol de l’empire craquait sous le<br />

poids des légions barbares, sous le pied de Ghoths […]<br />

A cette même place, j’ai passé tout une soirée dont je ne puis oublier l’impression<br />

solennelle. J’étais là au centre, au cœur même de cet antique palais. Les autres<br />

parties de l’é<strong>di</strong>fice ont été entièrement bouleversées. Celle-ci, malgré les<br />

transformations qu’elle a subies, apparaît encore dans son majestueux ensemble.<br />

Voilà les colonnades du péristyle auxquelles on arrivait par la porte d’or; voilà le<br />

temple de Jupiter, patron de Dioclétien, et, en face, le petit temple qu’on est<br />

convenu d’appeler le temple d’Esculape, bien qu’il ait eu peut-être une autre<br />

destination. L’une de ces colonnades forme aujourd’hui la façade de la demeure<br />

de l’évêque catholique ; sous une autre est un café dont le toit n’arrive pas même<br />

au faîte des arceaux. Le temple de Jupiter a été consacré à saint Doimus, <strong>di</strong>sciple<br />

de l’apôtre saint Paul, et du temple d’Esculape le clergé a fait un baptistère.<br />

Ce temple de Jupiter est une sorte de rotonde octogone construite dans le plus<br />

élégantes proportions. A l’extérieur, il était entouré d’un cercle de colonnes<br />

corinthiennes sur lesquelles probablement s’élevaient ja<strong>di</strong>s des statues. La plupart<br />

des colonnes ont été brisées et les statues ont <strong>di</strong>sparu, mais l’intérieur de l’é<strong>di</strong>fices<br />

est superbe à voir encore avec ses colonnades circulaires et sa haute coupole. Les<br />

travaux qui y ont été faits pour l’adapter au service de la religion chrétienne, lui<br />

ont donné plus d’un nouvel effet pittoresque, sans altérer sa primitive beauté. Sur<br />

son portique, un simple ouvrier maçon de Spalato, nommé Teverde, bâtit, au<br />

commencement du XV siècle, avec de piliers, des chapiteaux et d’autres débris de<br />

monuments antiques, un campanile de cent soixante-treize pieds de hauteur, d’une<br />

originalité surprenante et d’une grâce parfaite.<br />

174


Des innombrables constructions des Romains, combien il en est, <strong>di</strong>t Gibbon, qui<br />

échappent à l’histoire, et combien il en est peu qui aient résisté aux désastres du<br />

temps et aux ravages de Barbares !<br />

Celles qui ont été le mieux conservées, l’ont été par le chrétiens. En première<br />

ligne, je placerai le Panthéon de Rome, ensuite la cathédrale actuelle de Spalato.<br />

Le petit temple qui se trouve en face de celui-ci est d’un aspect plus sévère. Les<br />

archéologues en ont fait le temple d’Esculape, s’appuyant surtout sur cette raison,<br />

que Dioclétien, dans son état de langueur mala<strong>di</strong>ve, devait naturellement être<br />

porté à invoquer le secours du <strong>di</strong>eu de la santé. A voir ce massif é<strong>di</strong>fice, ses<br />

murailles épaisses, sa sombre enceinte, il serait plus aisé d’admettre que ce fut,<br />

non pas un temple, mais un sépulcre, le sépulcre de celui-là même qui vint<br />

s’enfermer dans ce palais comme dans un (cioltre ?), qui y mourut après avoir<br />

longtemps pensé à la mort. On a découvert récemment su une des faces<br />

extérieures de ce bâtiment une couronne impériale. Ne serait-ce point le signe de<br />

possession d’une impériale sépulture ? Ce qui est plus caractéristique, c’est la<br />

sarcophage en pierre sculpté qui se trouve à l’entrée de ce même é<strong>di</strong>fice. Il<br />

représente sur ses quatre côtés quatre scènes qui semblent être une image des<br />

<strong>di</strong>fférentes phases de la vie de Dioclétien. Sur le premier de ces côtés, est un jeune<br />

homme courbé sous un fardeau, pauvre par conséquent et laborieux, comme la fut<br />

Dioclétien ; sur le second, un jeune homme plus vigoureux avec un cheval qu’il<br />

tient par la bride; sur le troisième, un chasseur perçant de son dard un sanglier<br />

(l’Aper, l’objet de la prophétie drui<strong>di</strong>que); sur la quatrième, un homme couvert<br />

d’un manteau, un chien qu’il caresse de la main. Ne serait-ce pas encore<br />

Dioclétien ayant tué l’Aper, ayant accompli la pré<strong>di</strong>ction, et rêvant à sa grandeur<br />

future ?<br />

175


Si Dioclétien a voulu que ses restes mortels fussent ensevelis dans l’enceinte du<br />

palais où il ensevelissait sa puissance impériale, il a pu, comme un autre Chéops,<br />

se glorifier de la magnificence de son tombeau. Ce palais, de forme<br />

quadrangulaire, occupait un espace de neuf acres ; et pouvait contenir, avec la<br />

suite de l’empereur, toute une légion de prétoriens. Par quatre portes, il s’ouvrait<br />

vers les quatre points car<strong>di</strong>naux, sur la mer et sur la campagne, et deux rues<br />

coupées à angle droit le traversaient dans sa longueur et sa largeur.<br />

A quatrième siècle, il fut encore habité par un souverain, par Julius Népos, qui,<br />

après un an de règne, en ce temps de désordres où les empereurs régnaient si peu,<br />

s’enfuit devant un général barbare, se retira dans la demeure de son glorieux<br />

prédécesseur et y fut assassiné.<br />

Au septième siècle l’é<strong>di</strong>fice de Dioclétien devint une ville, une vraie ville, qui, de<br />

ce nom de Palatium, a fait, par un légère altération, son nom de Spalato. La cité<br />

de Salone, qui s’élevait à environ une lieue de là, ayant été prise par les Avares,<br />

une partie des habitants se retira dans les iles voisines ; d’autres, connaissant la<br />

soli<strong>di</strong>té des murailles impériales […]<br />

[…] Vers le milieu du siècle dernier, un de ces Anglais qui, lorsqu’ils s’attachent<br />

à une entreprise, la poursuivent avec une rare persévérance, vint s’instaler à<br />

Spalato, et prit à taché de reconstituer par son crayon la forme primitive de la<br />

demeure de Dioclétien, sous les dêgàts qu’elle a subis par le temps et par les<br />

révolutions, sous les superfétations de petits logis d’ouvriers ou de bourgeois qui<br />

en dénaturent de tous côtés la face gran<strong>di</strong>ose. M. Adams publia à Londres, en<br />

1763, un ouvrage qui restera comme une belle œuvre d’art, quoiqu’elle soit sur<br />

plusieurs points visiblement exagérée on notoirement fautive. Plus tard, M. Cassas<br />

a publié, à Paris, un autre ouvrage, qui, en réalité, mérite une plus grande estime.<br />

176


Les deux artistes n’ont pu cependant parvenir à nous donner que des fragments<br />

d’architecture ; et comment faire pour recomposer, à quinze siècles de <strong>di</strong>stance, le<br />

palais tout entier, dans le labyrinthe de rues, de ruelles, de carrefours qui en<br />

remplit l’étendue, après ce que tant de générations ont successivement creusé,<br />

brisé, renversé dans ces murs ! La place de la cathédrale a seule été protégée; et<br />

encore, après l’avoir bien étu<strong>di</strong>ée, est-on sûr qu’on se fasse une juste idée de ce<br />

qu’elle fut ja<strong>di</strong>s ? A l’un de ses angles est la demeure d’un apothicaire; à un autre<br />

celle d’un cordonnier ; au milieu, un pàtissîer.<br />

O vanité des prétentions et des espêrances humaines ! Dioclétien employa douze<br />

années à construire cet é<strong>di</strong>fice ; il en fit tailler les colonnes, les chapitaux par les<br />

meilleurs sculpteurs de son temps ; il épuisa, pour élever ces longues façade, les<br />

carrières d’une pierre qui a la dureté du marbre ; et ces colonnes servent<br />

aujourd’hui d’appui à de misérables échoppes ; et sous les arceaux de son<br />

magnifique péristyle, les oisifs de la ville se réunissent pour lire la Gazette de la<br />

Dalmatie en prenant une mauvaise tasse de café !<br />

Sur la fin de son règne, il ordonna une nouvelle persécution contre les chrétiens, et<br />

sa dernière retraite a servi de refuge aux chrétiens. Sous ses murailles épaisses, ils<br />

se sont abrités comme en un temps d’orage on s’abrite, sous un manteau, et les<br />

temples que l’empereur consacrait à ses idoles sont devenus de temples chrétiens ;<br />

et sa tombe même, n’est point restée sous la voûte où il pensait qu’elle reposerait<br />

éternellement. Une fois le palais rempli, la population toujours croissante de<br />

Spalato se jeta hors de son enceinte, bâtit une autre ville, et s’entoura d’un autre<br />

rempart. Mais ni la nouvelle, ni l’ancienne ville ne présentent un coup d’œil riant.<br />

Leurs rues sont également étroites, sombres, bordées pour la plupart de maisons<br />

de chétive apparence. Dans ce chef-lieu d’un département dalmate, l’étranger ne<br />

trouve pas même une auberge où il puisse décemment loger, et l’amateur de livres<br />

177


pas une bonne librairie. Cependant, il y a là un musée d’antiquités, organisé par<br />

des archéologues instruits […]<br />

Près de là est Salone, ja<strong>di</strong>s capitale de la contrée, maintenant humble petit village,<br />

qui a vu s’en aller ses é<strong>di</strong>fices avec ses habitants ; car les pierres de se remparts<br />

ont servi à l’agran<strong>di</strong>ssement de Spalato, et le clocher de l’église de saint Doimi a<br />

été presque entièrement construit avec les débris de l’antique cité.<br />

EPIDAURO<br />

A quelques lieus de la pointe de terre où s’élèvent les remparts de Raguse,<br />

une colonie grecque fonda en l’an 689 avant Jésus-Christ une ville à laquelle elle<br />

donna le nom d’Epidaure, et qui fut comme celle du Péloponèse consacrée à<br />

Esculape. Elle avait un temple qui acquit une certaine célébrité e un port qui était<br />

passablement fréquenté. Les Romains s’en emparèrent sans peine au temps où ils<br />

s’emparaient de tant de vastes régions. Pendant la guerre de Pompée et de César,<br />

Epidaure ayant pris parti pour César fut assiégée par Octave et délivrée par<br />

Vatinius […]<br />

178


NOME DELL’AUTORE: MUSSET, PAUL DE (1804-1880)<br />

TITOLO DELL’OPERA:VOYAGE PITTORESQUE EN ITALIE, PARTIE<br />

SEPTENTRIONALE<br />

RIMINI<br />

En 1845, nous étions trois personnes ensemble au bord du Rubicon à<br />

chercher le point où, à notre gré, César avait dû lancer son cheval, quand un<br />

paysan, qui venait de la montagne, s’arrêta pour nous regarder d’un air ironique ;<br />

et comme il murmurait entre ses dents, nous lui demandâmes ce qu’il avait :<br />

- Voilà déjà deux fois, nous <strong>di</strong>t-il, que je trouve des seigneurs étrangers en<br />

contemplation devant cette rivierette. D’où vient cela, Excellences ?<br />

- C’est, répon<strong>di</strong>s-je, que cette rivierette port un nom célèbre.<br />

- Excusez mon ignorance, reprit le paysan, je ne savais pas que le Pisciatello fût<br />

un ruisseau fameux.<br />

- Comment appelles-tu le Rubicon ?<br />

- Pisciatello, Excellence.<br />

Et le cocher du voiturin nous apprit, en effet, que le Rubicon de la république a été<br />

baptisé de ce nom grotesque depuis l’ère chrétienne.<br />

Après cinq lieues de route dans un pays accidenté, nous arrivons à <strong>Rimini</strong>, la ville<br />

des Malatesta.<br />

179


[…] Les habitans de l’antique Ariminum étaient aimés du sénat romain pour avoir<br />

fourni des subsides à la république pendant la guerre contre Annibal. On voit<br />

encore à la porte Romana un arc de triomphe élevé en l’honneur d’Auguste.<br />

Derrière l’église des capucins sont les restes peu <strong>di</strong>stincts d’une espèce<br />

d’amphitéâtre. Quant à cette prétendue tribune qu’on montre sur la place du<br />

marché, et du haut de laquelle César aurait harangué ses troupes après le passage<br />

du Rubicon, il est impossible de ne point la reconnaître pour un simple piédestal<br />

d’obélisque ou de colonne, sur lequel un orateur ne trouverait que bien juste la<br />

place nécessaire pour se tenir debout. C’est se moquer des gens que d’appeler cela<br />

une tribune, comme l’ont fait les autres de l’inscription qu’on y a mise.<br />

[…] Cependant la population de <strong>Rimini</strong> se livre à la pèche et fait un grand<br />

commerce de poissons. Près de la porte Saint-Julien, la voie Emilia se réunit à la<br />

voie Flaminia. Le point de jonction de ces deux routes est un beau pont construit<br />

du temps de Tibère.<br />

ANCONA<br />

Nous n’avons plus qu’un village à passer, une rivière à traverser, et nous<br />

arrivons à Ancône la Dorique, comme l’appelle Juvénal. Les chercheurs d’origine<br />

attribuent sa fondation à une émigration de Siciliens, et je penfcherais volontiers<br />

pour cette opinion, à cause du beau sand des habitants et particulièrement des<br />

femmes. Les profils de médaille et le type syracusain se rencontrent à chaque pas.<br />

Outre la citadelle, deux promontoires garnis de travaux de défense protégent<br />

Ancône à droite et à gauche. A l’entrée du môle se trouve l’arc de triomphe de<br />

Trajan, le monument romain le plus parfait de cette partie de l’Italie. Les<br />

sculptures, les colonnes cannelées, les chapiteaux et les volutes sont dans un<br />

180


meilleur état que ceux de l’arc de <strong>Rimini</strong>, et l’inscription dé<strong>di</strong>catorie existe<br />

encore. Le port, construit par l’ordre de Trajan, a peu souffert des ensablements et<br />

les bateaux de Trieste y font un service réguilier.<br />

NOME DELL’AUTORE : ABBE’ DE BINOS [1730-1804]<br />

TITOLO DELL’OPERA : VOYAGE PAR L'ITALIE, EN EGYPTE, AU<br />

MONT-LIBAN ET EN PALESTINE OU TERRE-SAINTE<br />

Compì i suoi stu<strong>di</strong> in seminario, <strong>di</strong>ventando, nel 1756, canonico della chiesa<br />

<strong>di</strong> St. Bertrand de Comminges. La sua opera Voyage par l'Italie, en Egypte, au<br />

Mont-Liban et en Palestine ou Terre Sainte (Paris, Boudet, 1787), ripercorre il<br />

viaggio compiuto dall'abate in Oriente, passando per l'Italia, nel 1776. Il libro,<br />

de<strong>di</strong>cato a Madame Elisabeth <strong>di</strong> Francia, sorella <strong>di</strong> Luigi XVI, si rivela<br />

un'interessante relazione composta in stile epistolare, con molteplici descrizioni<br />

dei monumenti e degli usi e costumi delle città visitate. Binos intraprese un<br />

secondo viaggio in Oriente nel 1789, ma <strong>di</strong> questo non abbiamo nessuna<br />

testimonianza, essendo incerto anche l'itinerario compiuto. Nel 1802 <strong>di</strong>venne<br />

parroco della città <strong>di</strong> St. Bertrand, dove morì pochi anni dopo.<br />

ANCONA<br />

[…] Sur ce mole sont deux arcs de triomphe: le premier, bâti en marbre<br />

blanc, est dé<strong>di</strong>e à Trajan. On lit au-dessus une inscription latine qui rappelle le<br />

souvenir des bienfaits que cet Empereur répan<strong>di</strong>t sur le pays. Le second, aussi en<br />

181


marbre blanc, a été bâti à l’honneur des souverains Pontifes qui ont fait travallier à<br />

la construction du port […] L’intérieur de la ville est orné de belles églises & de<br />

belles palces ; les rues sont étroites. La Cathédrale, dont S.Cyrice est le Patron, se<br />

fait remarquer par un portique gardé par deux lions, soutenant chacun sur leur dos<br />

une colonne de marbre de la hauteur de <strong>di</strong>x-huit pieds, & tenant dans leurs griffes<br />

un gros serpent […]<br />

182


NOME DELL’AUTORE : YRIARTE, CHARLES [1833-1898]<br />

TITOLO DELL’OPERA : LES BORDS DE L’ADRIATIQUE ET LE<br />

MONTENEGRO<br />

183

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