PESANTE VS LEGGERO, VELOCE VS LENTO - Fabio Zonin
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<strong>PESANTE</strong> <strong>VS</strong> <strong>LEGGERO</strong>, <strong>VELOCE</strong> <strong>VS</strong> <strong>LENTO</strong><br />
di <strong>Fabio</strong> <strong>Zonin</strong><br />
Una delle faide aperte nel campo dell’allenamento del bodybuilding è la scelta dell’entità del<br />
carico e della velocità esecutiva del gesto. Anche se ultimamente si sente spesso parlare di<br />
allenamento superslow e di serie con movimenti lenti e cadenziati, l’osservazione pratica di<br />
quanto accade nelle palestre potrebbe suggerire il contrario. Troppo spesso il super-ego di molti<br />
bodybuilders li spinge alla ricerca di sollevare quanto più peso possibile, obbligandoli<br />
all’esecuzione di movimenti esplosivi ed incontrollati, a scapito di una corretta esecuzione.<br />
Eppure la differenza esistente tra l’allenare convenientemente i muscoli ed il semplice spostare<br />
pesi non è di certo trascurabile. Non serve certo uscire dal campo sportivo ed osservare la<br />
differenza tra il seppur massiccio fisico dello scaricatore di porto e quello del bodybuilder; anche<br />
i più forti sollevatori di pesi o alzatori di potenza non presentano masse muscolari paragonabili<br />
a quelle dei culturisti, per non parlare di qualità e separazione muscolare.<br />
Fermo restando il rapporto di proporzionalità diretta tra forza muscolare ed ipertrofia (se oggi<br />
siete più forti di ieri, molto probabilmente siete anche più grossi !), la capacità di aggiungere<br />
piastre al bilanciere non è l’unica strada da percorrere per aumentare il volume muscolare.<br />
Prendiamo ad esempio due soggetti diversi ed immaginiamo che entrambi svolgano le mitiche<br />
4x8 con lo stesso carico e lo stesso tempo di recupero sulla panca piana. Supponiamo, però,<br />
che l’atleta A svolga ogni ripetizione con un ritmo esecutivo abbastanza sostenuto, tipo un<br />
secondo per portare il bilanciere al torace ed 1 secondo per sollevarlo fino alla posizione di<br />
partenza. L’atleta B, invece, svolge ogni ripetizione con un ritmo esecutivo molto ridotto, tipo 4<br />
secondi in discesa e 4 secondi in salita. Al soggetto A, impiegando 2 secondi per l’esecuzione<br />
di ogni ripetizione, saranno necessari circa 16 secondi al completamento di ogni serie. Al<br />
soggetto B, impiegando 8 secondi per l’esecuzione di ogni ripetizione, saranno invece<br />
necessari ben 64 secondi per il completamento di ogni serie. Appare logico come, sebbene<br />
entrambi gli atleti eseguano 4 serie da 8 ripetizioni con lo stesso peso, vi sia una notevole<br />
differenza tra le serie eseguite dai due. Supponendo allora che entrambi i soggetti raggiungano<br />
l’esaurimento al termine di ogni serie, chi dei due è il più forte e chi si è allenato meglio ? Alla<br />
prima domanda la risposta è ovviamente l’atleta B, in quanto, essendo riuscito a sostenere lo<br />
stesso carico di A per un tempo superiore, si presuppone che sarebbe in grado di utilizzare un<br />
peso superiore se avesse utilizzato la stessa modalità esecutiva del collega. Per quanto<br />
riguarda invece la seconda domanda, la risposta è nessuno dei due, semplicemente il tipo di<br />
stimolo muscolare ottenuto nei due casi è differente.<br />
Vediamo di fare un po’ di chiarezza e di capire come diverse velocità esecutive e diversi carichi<br />
di lavoro possano indurre diversi adattamenti, tali da provocare un aumento di volume<br />
muscolare. A tale scopo ci ispireremo agli scritti di due grandi maestri del Bodybuilding, il Dr.<br />
Hatfield ed il Prof. They.<br />
Le cellule muscolari non costituiscono un tessuto omogeneo, ed in base alle differenti<br />
caratteristiche funzionali e meccaniche, nonché alla diversa morfologia, le fibre muscolari<br />
vengono annoverate in due diverse categorie. La suddivisione di massima è in fibre di tipo 1<br />
(fibre rosse ST), e fibre di tipo 2 (fibre bianche FT). Esse hanno differenti caratteristiche quali<br />
velocità di contrazione, resistenza, tensione. Le fibre di tipo 1, lente, di sezione circolare<br />
piccola, dall’elevato numero di mitocondri, sono in grado di produrre piccole tensioni, protratte<br />
per periodi relativamente lunghi, e sono specificatamente differenziate rispetto alle fibre bianche<br />
per la loro attitudine all’utilizzo del sistema aerobico. Le fibre di tipo 2, veloci, di sezione<br />
circolare maggiore, possedendo una elevata capacità anaerobica e, facendo largamente ricorso<br />
al metabolismo glicolitico, sono invece in grado di produrre tensioni elevate, ma per un tempo<br />
relativamente breve. Le fibre bianche, a loro volta, si suddividono in due sottogruppi, 2a e 2b.<br />
Le fibre di tipo 2a (FOG) possiedono caratteristiche di transizione tra le fibre di tipo 1 e le 2b,<br />
presentando una elevata velocità di contrazione unita con discrete capacità sia anaerobiche<br />
che aerobiche.
La stimolazione all’aumento della dimensione delle fibre avviene tramite il lavoro di forza con<br />
carichi dal 70% all’85% del massimale su una ripetizione. A carichi dell’ordine dell’80%-85% del<br />
massimale, con movimenti veloci, esplosivi, ed un numero basso di ripetizioni, risponderanno<br />
prevalentemente le fibre bianche (FT). A carichi di ordine inferiore, tra il 70% e l’80% del<br />
massimale, con movimenti isontensivi e lenti, ed un numero di ripetizioni più alto, otterremo una<br />
risposta ottimale dalle fibre rosse (ST). Non dimentichiamo che oltre alle componenti contrattili<br />
vi sono altre costituenti la cellula muscolare quali mitocondri e sarcoplasma che possono<br />
contribuire al volume totale della stessa. Come la dimensione delle miofibrille in una cellula<br />
muscolare è strettamente legata alla forza contrattile della stessa, il numero e la dimensione dei<br />
mitocondri sono correlati con la sua resistenza. L’allenamento con carichi medio bassi,<br />
sull’ordine del 60% del massimale, con movimenti lenti e continui, ed un numero elevato di<br />
ripetizioni, comporterà l’aumento in numero e dimensione dei mitocondri, nonché dei capillari<br />
che circondano la cellula. Per quanto concerne il sarcoplasma, esso aumenta<br />
proporzionalmente con lo sviluppo degli altri componenti cellulari. Il seguente grafico e la<br />
seguente tabella (figura e tabella di pag. 3 ) illustrano esaurientemente la risposta dei vari<br />
costituenti della cellula muscolare ai diversi stimoli.<br />
Possiamo quindi concludere che non esiste nè una velocità esecutiva adeguata nè un carico di<br />
lavoro ottimale, esistono diversi modi di lavoro, utili a stimolare diversi adattamenti che<br />
possono concorrere all’aumento del volume muscolare. Come spesso accade nel mondo del<br />
bodybuilding, pieno di confusione e di falsi miti e credenze, abbiamo potuto assegnare una<br />
parte di verità a diverse scuole di pensiero in apparente contraddizione tra loro. Forse i soli ad<br />
essere in errore sono coloro che si professano depositari della verità e unici conoscitori della<br />
formula segreta per la crescita muscolare.<br />
100<br />
90<br />
80<br />
70<br />
60<br />
50<br />
%1RM<br />
FG Veloci glicolitiche<br />
FOG Veloci Ossidative<br />
ST Lente<br />
5 10 15 20 25<br />
Mitocondri<br />
Capillari<br />
Sarcoplasma<br />
Reps
FIBRE BIANCHE Movimenti veloci, esplosivi.<br />
Carico sub-massimale 75%-85% 1RM.<br />
Pausa elevata tra le serie (2’).<br />
Ripetizioni a bassa frequenza.<br />
FIBRE ROSSE Movimenti lenti e controllati<br />
Carico medio 65%-75% 1RM<br />
Minor pausa tra le serie (1’30”).<br />
Ripetizioni a frequenza più elevata.<br />
CAPILLARI,<br />
MITOCONDRI,<br />
SARCOPLASMA<br />
Movimenti lenti, in tensione continua.<br />
Carico medio leggero < 65% 1RM.<br />
Pause tra le serie contenute (1’).<br />
Nessuna pausa tra le ripetizioni.