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TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore

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post horam primam |finitam sit iuratus, ostendo me imperare, ut iuret ante horam<br />

primam |finitam.”<br />

“ma hanno questo valore, come ordinassimo che in futuro le cose siano compiute,<br />

come se dicessi ‘sia subito chiusa la finestra’, ordino che immediatamente venga<br />

chiusa e subito stia chiusa, o se dicessi ‘dopo che la prima ora è finita abbia giurato’,<br />

indico che io ordino che egli giuri prima che sia finita la prima ora.”<br />

Esaminiamo ora il passo di Macrobio (GL 5: 618, 33-41):<br />

Latini non aestimauerunt ullum praeteritum imperatiuo |dandum, quia imperatur quid,<br />

ut aut nunc aut in posterum fiat: ideo |praesenti et futuro in modi huius declinatione<br />

contenti sunt. sed Graeci |introspecta sollertius iubendi natura animaduertunt posse<br />

conprehendi |praecepto tempus elapsum, ut est hJ quvra kekleivsqw quod aliud est<br />

|quam hJ quvra kleivsqw nam kleivsqw cum dico, ostendo hactenus |patuisse; cum uero<br />

dico kekleivsqw, hoc impero, ut claudendi officium iam |peractum sit. quod et<br />

Latinitas iubendum nouit, cum perifrastikw'~ |dicit: ostium clausum sit.<br />

“I latini non ritennero di dare alcun passato all’imperativo, poiché si dà un comando<br />

perché qualcosa avvenga ora o in futuro: per questo si sono accontentati per quel<br />

modo della flessione al presente e al futuro. Ma i Greci, esaminata più<br />

ingegnosamente la natura del comandare, osservano che può essere compreso<br />

nell’ordine il tempo mancante, come è hJ quvra kekleivsqw [Imp. Pf] che è altra cosa<br />

che hJ quvra kleivsqw [Imp. PR], infatti quando dico kleivsqw indico che finora è stata<br />

aperta: quando invero dico kekleivsqw, ordino che il compito di chiudere sia già stato<br />

attuato. Ciò che anche i Latini intesero ordinare quando perifrasticamente si dice: ‘la<br />

porta sia chiusa’.”<br />

Notiamo, innanzitutto, che in entrambi gli autori latini viene usato lo stesso<br />

esempio con il verbo kleivw, e che tutti gli esempi, anche con altri verbi, sono alla<br />

terza persona singolare. Prisciano riconosce che i Greci ammettono imperativi al<br />

tempo passato sebbene abbiano comunque un valore futuro. Anche nella lingua<br />

latina, in cui non esiste formalmente un Imperativo di tempo passato, è possibile<br />

ottenerlo per mezzo della forma passiva.<br />

uel esto; et per |omnes sic personas secuti simus, sitis, sint imperatiue dicta inueniuntur, |cum sint<br />

praeteriti temporis: [...].<br />

“i Greci invero hanno gli imperativi di tempo passato, noi invece non possiamo averli affatto nei verbi<br />

attivi o neutri, nel passivo invece e in tutti quelli che hanno i participi di tempo passato, li possiamo<br />

avere con delle locuzioni, come ‘sii o sarai istruito’ [Imp. PR, Imp. FU], dedivdaxo, ‘sia o sarà istruito’<br />

[Cong. PR, Imp. FU], dedidavcqw, ‘sii o sarai celebrato’, kekovsmhso, ‘sia o sarà celebrato’,<br />

kekosmhvsqw, ‘siano o saranno celebrati’, kekosmhvsqwsan, ugualmente ‘sia o sarà venerato’, ‘sia o<br />

sarà placato’, ‘sia o sarà chiuso’; ‘sia o sarà accompagnato’[...]”.<br />

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