TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore
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[Imp. PR ‘si chiuda la porta’] differisce da kekleivsqw [Imp. Pf ‘sia stata chiusa la porta’], perché l’espressione al presente 215 indica un ordine immediato, che è proprio del presente che si estende, mentre al perfetto indica uno stato che deve essere concluso da tempo.” 102. “Ma noi abbiamo detto 216 come alcuni di questi (imperativi) ordinino in estensione. Così uno che dice gravfe [Imp. PR ‘scrivi!’], savrou [Imp. PR ‘spazza!’], skavpte [Imp. PR ‘zappa!’] dà un ordine nell’estensione della condizione, come in: ‘tira così, che tu possa essere luce per i Danai’ [Il. 8,282], infatti, [Agamennone] dice nella battaglia ‘impegnati nel tirare’. Uno che dice, con una espressione del passato, gravyon [Imp. AO ‘scrivi!’], skavyon [Imp. AO ‘zappa!’], non solo ordina ciò che non c’è, ma proibisce anche ciò che è in estensione, se a quelli che ci stanno mettendo troppo a scrivere diciamo gravyon [Imp. AO ‘scrivi!’], ciò che stiamo dicendo loro è di non permanere nell’estensione, ma di portare a termine lo scrivere.” Apollonio fa seguire la descrizione dell’Imperativo a quella dell’Ottativo, perché entrambi i Modi presentano lo stesso problema quando sono usati nei Tempi che egli chiama passati. La trattazione dell’Imperativo è costruita in maniera simmetrica a quella dell’Ottativo, anche nel caso dell’Imperativo, infatti, vengono proposti due argomenti per confutare l’opinione di quelli che non pensano che possa avere il passato. Prima Apollonio dimostra che è possibile un Imperativo al passato, utilizzando due esempi, uno al Pf, con valore di passato, e uno al PR, poi offre una spiegazione che si basa sui concetti di estensione e compimento dell’azione, che implicano una dimensione non temporale, ma di tipo aspettuale, e usa l’AO in opposizione al PR. In entrambi i casi (Ottativo e Imperativo), dunque, si parla sia di valori temporali, che aspettuali. Vediamo come Apollonio giustifica un Imperativo del passato. Gli esempi al PR e Pf, per i quali viene usato il verbo kleivw ‘chiudere’ 217 , sono entrambi nella forma passiva alla terza persona, mentre gli esempi dell’opposizione PR/AO sono all’attivo e alla seconda persona. Nel caso del PR viene aggiunta l’espressione ejnestw'to~ tou' parateinomevnou h\n i[dion (“che è proprio del presente che si estende”), che si 215 Cfr. I, §114 dove compare hJ prostaktikh; ejkfora;. 216 Si riferisce probabilmente a Sint. I, §§114-115 e all’opera sul verbo (si veda GG II 2: 358). 217 In Aristofane troviamo la stessa espressione al futuro perfetto (Lys. 1071): hJ quvra keklhvsetai. Cfr. anche Aristof. Ve. 198. 94
icollega a quanto abbiamo già trovato nel paragrafo sull’Ottativo (§99). Di nuovo, dunque, il PR è caratterizzato come ‘esteso’ in opposizione al Pf, ma questa opposizione non implica che il Pf sia invece un Tempo suntelikov~ e nonostante la menzione dell’estensione, questa non è usata per spiegare l’opposizione tra i due Tempi. Le due forme PR/Pf (kleivsqw/kekleivsqw) infatti sono associate a due termini, rispettivamente: uJpovguon e e[kpalai. L’aggettivo uJpovguon 218 , che vuol dire “immediato, prossimo”, sembra porre l’accento sull’immediatezza e la prossimità dell’azione rispetto al momento dell’enunciazione e si accompagna al PR. 219 Non è del tutto chiaro, però, come nel PR si giustifichino l’elemento temporale espresso da uJpovguon e l’estensione. L’avverbio e[kpalai, che viene associato al Pf, è usato da Apollonio per esemplificare il caso di un Imperativo “passato”, in quanto si tratterebbe di un ordine che deve essere stato compiuto da tempo (ojfeivlousan diavqesin); ricordiamo che pavlai compare in Avv. (GG II 1: 124, 15-25) e negli scoli, dove si combina con il PPf, e non con il Pf (con il quale invece negli scoli si accorda a[rti), che di solito viene descritto come un passato adiacente al PR. La tesi, sostenuta da Apollonio, della possibilità di un Imperativo passato presenta delle difficoltà di comprensione 220 anche in relazione all’uso dell’Imperativo Pf. 221 Tali difficoltà sono dovute, secondo Lallot, al mancato riconoscimento del valore aspettuale dei Tempi, dice infatti: “l’interprétation de l’impératif parfait comme un impératif passé trahit l’incapacité d’A. à admettre qu’un ‘temps’ verbal puisse véhiculer une notion seulement aspectuelle. Si kekleísthō hē thúra est acceptable en grec, ce n’est parce qu’on pourrait, dans cette langue, donner des ordres à valeur rétroactive (à exécuter avant l’énonciation impérative!), c’est parce que le locuteur peut formuler son ordre à l’accompli, l’exemple choisi par A. devant se gloser, non 218 Nell’Etymologicum Magnum (782, 3) si dice che uJpovguon “shmaivnei to; parautivka mevllon givnesqai”. 219 Ruijgh sottolinea l’importanza di questo aggettivo a sostegno della sua tesi sull’uso inceptif dell’Imperativo PR (1985: 24 n. 51). 220 Uhlig così parafrasa il passo di Apollonio: “... quia praesenti dicimus statim portam claudendam esse, perfecto autem iam dudum eam fuisse claudendam” (GG II 2: 358). 221 Householder nel tradurre il passo evidenzia le caratteristiche aspettuali dei due Tempi: “Here, too, one can offer the same defense, that there is a distinction between kleiesthō hē thura (“the door be closed” i.e. “Let continue to be getting closed!” imperfective aspect) and kekleistho (“Let it be closed” i.e. “Let it be in a closed state” perfect or stative aspect), in that the form from the present [i.e. imperfective] signifies the near-future command, since this is the special function of the present progressive, but kekleistho indicates [a command] for a condition which ought to have been brought about long ago.” (1981: 191-92). 95
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icollega a quanto abbiamo già trovato nel paragrafo sull’Ottativo (§99). Di nuovo,<br />
dunque, il PR è caratterizzato come ‘esteso’ in opposizione al Pf, ma questa<br />
opposizione non implica che il Pf sia invece un Tempo suntelikov~ e nonostante la<br />
menzione dell’estensione, questa non è usata per spiegare l’opposizione tra i due<br />
Tempi. Le due forme PR/Pf (kleivsqw/kekleivsqw) infatti sono associate a due<br />
termini, rispettivamente: uJpovguon e e[kpalai. L’aggettivo uJpovguon 218 , che vuol dire<br />
“immediato, prossimo”, sembra porre l’accento sull’immediatezza e la prossimità<br />
dell’azione rispetto al momento dell’enunciazione e si accompagna al PR. 219 Non è<br />
del tutto chiaro, però, come nel PR si giustifichino l’elemento temporale espresso da<br />
uJpovguon e l’estensione. L’avverbio e[kpalai, che viene associato al Pf, è usato da<br />
Apollonio per esemplificare il caso di un Imperativo “passato”, in quanto si<br />
tratterebbe di un ordine che deve essere stato compiuto da tempo (ojfeivlousan<br />
diavqesin); ricordiamo che pavlai compare in Avv. (GG II 1: 124, 15-25) e negli<br />
scoli, dove si combina con il PPf, e non con il Pf (con il quale invece negli scoli si<br />
accorda a[rti), che di solito viene descritto come un passato adiacente al PR.<br />
La tesi, sostenuta da Apollonio, della possibilità di un Imperativo passato presenta<br />
delle difficoltà di comprensione 220 anche in relazione all’uso dell’Imperativo Pf. 221<br />
Tali difficoltà sono dovute, secondo Lallot, al mancato riconoscimento del valore<br />
aspettuale dei Tempi, dice infatti: “l’interprétation de l’impératif parfait comme un<br />
impératif passé trahit l’incapacité d’A. à admettre qu’un ‘temps’ verbal puisse<br />
véhiculer une notion seulement aspectuelle. Si kekleísthō hē thúra est acceptable en<br />
grec, ce n’est parce qu’on pourrait, dans cette langue, donner des ordres à valeur<br />
rétroactive (à exécuter avant l’énonciation impérative!), c’est parce que le locuteur<br />
peut formuler son ordre à l’accompli, l’exemple choisi par A. devant se gloser, non<br />
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Nell’Etymologicum Magnum (782, 3) si dice che uJpovguon “shmaivnei to; parautivka mevllon<br />
givnesqai”.<br />
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Ruijgh sottolinea l’importanza di questo aggettivo a sostegno della sua tesi sull’uso inceptif<br />
dell’Imperativo PR (1985: 24 n. 51).<br />
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Uhlig così parafrasa il passo di Apollonio: “... quia praesenti dicimus statim portam claudendam<br />
esse, perfecto autem iam dudum eam fuisse claudendam” (GG II 2: 358).<br />
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Householder nel tradurre il passo evidenzia le caratteristiche aspettuali dei due Tempi: “Here, too,<br />
one can offer the same defense, that there is a distinction between kleiesthō hē thura (“the door be<br />
closed” i.e. “Let continue to be getting closed!” imperfective aspect) and kekleistho (“Let it be closed”<br />
i.e. “Let it be in a closed state” perfect or stative aspect), in that the form from the present [i.e.<br />
imperfective] signifies the near-future command, since this is the special function of the present<br />
progressive, but kekleistho indicates [a command] for a condition which ought to have been brought<br />
about long ago.” (1981: 191-92).<br />
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