TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore
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Tornando al passo degli Avverbi, Apollonio, dopo aver parlato delle costruzioni<br />
degli avverbi con i tre tempi, presente, passato e futuro, considera quelle con i Tempi<br />
passati. 140 Anche in questo caso, dunque, le costruzioni subiscono delle restrizioni a<br />
seconda del valore veicolato dagli avverbi e dai Tempi (pavlai e prwvhn). Il PPf può<br />
combinarsi con pavlai (nella Sintassi era con e[kpalai) e rappresenta un passato che<br />
si colloca molto lontano dal momento dell’enunciazione, a differenza del Pf che non<br />
può invece costruirsi con questo avverbio, perché indica un compimento a ridosso<br />
del presente. 141 Il Pf è descritto come un passato e non si dice più che il suo<br />
compimento è presente, come in III, §21, anche se è proprio vicino al presente.<br />
L’AO invece racchiude in sé i valori passati espressi dal Pf e dal PPf, in<br />
particolare può equivalere a quest’ultimo se gli viene aggiunto l’avverbio pavlai. A<br />
questa indefinitezza riguardo alla collocazione nel passato deve il suo nome. Tale<br />
descrizione dei Tempi passati è molto simile a quella che vedremo negli scoli alla<br />
Téchnē. 142 All’interno di questo quadro temporale, in cui i vari passati sono<br />
analizzati in termini di localizzazione rispetto al momento presente, non viene detto<br />
nulla dell’IMPf.<br />
2.4 I commentatori e gli scoli alla Téchnē<br />
Dopo aver esaminato le poche informazioni che si possono ricavare da Apollonio,<br />
trattiamo ora le abbondanti indicazioni fornite dai commentatori successivi, che,<br />
avendo come punto di riferimento la Téchnē, utilizzano ampiamente le opere di<br />
Apollonio e ci aiutano ad ottenere un quadro più completo dei Tempi. Le<br />
informazioni derivano soprattuto dagli scoli alla Téchnē, dai testi di Giovanni<br />
Charax, 143 di Cherobosco 144 e di Prisciano. 145<br />
140 Più precisamente dice ejn parw/chmevnwn de; diaforai'~, quest’ultimo termine, che qui troviamo<br />
applicato al passato, è lo stesso usato per indicare le differenze temporali come caratteristica propria<br />
del verbo che abbiamo visto nelle definizioni di Eliodoro e Cherobosco.<br />
141 Possiamo immaginare che, anche se non viene detto esplicitamente, il Pf, per come viene descritto,<br />
possa combinarsi con prwvhn, di cui non sono stati dati esempi.<br />
142 Si veda il paragrafo successivo.<br />
143 I testi di Giovanni Charax ci sono tramandati da Sofronio, sui tempi si veda GG VI 2: 413-415.<br />
144 Le pagine che riguardano i tempi sono GG VI 2: 11, 23-13, 18, nella prima parte (pp. 11, 23-12, 7)<br />
si parla del presente e della differente concezione che ne hanno i grammatici e filosofi, poi da p. 12, 7<br />
dei vari tempi e delle loro relazioni (sull’AO si veda anche p. 130, 2 e ss.). Spiegazioni dello stesso<br />
genere sui tre tempi e le divisioni del passato sono anche in un trattato attribuito a Teodosio (Peri;<br />
grammatikh'~), ma probabilmente spurio (in Göttling 1922: 143-144).<br />
145 Si veda anche un passo dagli Anecdota Graeca Oxoniensa: I, 380, 32 e ss.<br />
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