TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore
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paravtasi~ è molto importante per le descrizioni dei valori veicolati dai Tempi, e in<br />
particolare per quanto riguarda l’IMPf, che porta tale indicazione nel nome stesso (il<br />
paratatikov~). Non è del tutto chiaro perché qui Apollonio usi paravtasi~ in<br />
opposizione al PR, visto che, come vedremo nei passi riguardanti gli altri Modi, il<br />
PR è spesso caratterizzato come PR ‘esteso’. L’unica interpretazione possibile, in<br />
base al contesto, è che qui con paravtasi~ si intenda il termine astratto per indicare<br />
l’IMPf. Va notato però che si tratta di un uso isolato, come evidenziato da Lallot<br />
(1985: 80).<br />
La descrizione delle costruzioni dei Tempi con gli avverbi temporali si trova<br />
anche nella Sintassi, in III, §19 139 e in particolare in III, §29, in cui si dice che il PR e<br />
l’IMPf indicativi differiscono temporalmente e solo il secondo ammette la<br />
costruzione con l’avverbio ejcqev~, “ieri”:<br />
Profanh;~ oJ lovgo~ ejpi; aJpavntwn tw'n crovnwn, ei[ge ti~ mh; ejndeevsteron th;n<br />
touvtwn diavkrisin ginwvskoi. to; gravfw kai; e[grafon oJmovlogon o{ti cronikw'~<br />
diafevrei, kai; oujc oi|ovn te favnai ejcqe;~ gravfw, ejpiv ge mh;n paratatikou' ejcqe;~<br />
e[grafon.<br />
“Il discorso su tutti i tempi è chiaro, se si conosce a sufficienza la distinzione di questi.<br />
È ammesso che gravfw [PR ‘scrivo’] e e[grafon [IMPf. ‘scrivevo’] differiscono<br />
temporalmente, e non si può dire ejcqe;~ gravfw [PR ‘ieri scrivo’], ma con l’imperfetto<br />
ejcqe;~ e[grafon [IMPf ‘ieri scrivevo’].”<br />
139<br />
Sint. III, §19:<br />
“Enqen pavlin ta; tetmhmevna tw'n ejpirrhmavtwn eij~ diafovrou~ crovnou~ toi'~ me;n diafovroi~<br />
proswvpoi~ kai; e[ti ajriqmoi'~ suntavssetai, ouj mh;n toi'~ tou' mevllonto~ h] tou' ejnestw'to~<br />
ã..........................Ã ouj mh;n pavlin ta; ejn paratavsei tou' o{lou crovnou paralambanovmena, levgw<br />
ejpi; tou' nu'n kai; tw'n oJmoivwn.< oJmoivw~ de; kai; o{sa shmainovmenon ejgklivsew~ ejpidevcetai, levgw<br />
to; ei[qe h] a[ge: hJ ga;r prostaktikh; e[gklisi~ ajnepivploko~ th'/<br />
eujktikh'/,<br />
kai; ou{tw~ to; ei[qe<br />
ajfivstatai tw'n prostaktikw'n kai; to; a[ge tw'n eujktikw'n. pavlin ou\n ajmoirhvsanta ta; a[lla<br />
ejpirrhvmata th'~ toiauvth~ shmasiva~ ajkwvluton e[scon ejn aJpavsai~ tai'~ ejgklivsesi suvntaxin.<br />
th;n toiauvthn suvntaxin ajkribevsteron ejn tw'/<br />
peri; ejpirrhmavtwn ejxeqevmeqa: peri; h|~ e[ti kai;<br />
kata; to; devon pavlin eijrhvsetai.<br />
“Da ciò ancora che gli avverbi che corrispondono a differenti divisioni dei tempi si costruiscono con<br />
differenti persone e numeri ma non con quelli di futuro e presente non al contrario quelli che si<br />
usano nell’estensione di tutto il tempo, intendo dire nu`n [‘ora’] e simili. Ugualmente anche quanti<br />
comportano un significato modale, intendo dire ei[qe [‘oh se’, particella modale di augurio + Ott.] o<br />
a[ge [‘orsù!’, esortazione che si accompagna spesso agli imperativi]; infatti, il modo imperativo non si<br />
associa all’ottativo, e così ei[qe respinge gli imperativi e a[ge gli ottativi. Al contrario, niente<br />
impedisce agli altri avverbi, che non hanno questo significato, di costruirsi con tutti i modi. Abbiamo<br />
trattato questa costruzione in dettaglio nell’opera sugli avverbi; di questa si parlerà di nuovo al<br />
momento dovuto”. La lacuna è stata ipotizzata perché il testo è incerto.<br />
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