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TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore

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mevro~ sembra porre l’accento sul parziale compimento dell’azione, rispetto al PPf<br />

che invece è del tutto compiuto e da molto tempo.<br />

Le due indicazioni non sembrano adattarsi all’AO, il quale difficilmente può<br />

essere caratterizzato come parzialmente compiuto, e la sua associazione con<br />

e[kpalai non è così tipica come lo è per il PPf. Per questo è più probabile che<br />

l’espressione h] ajpo; mevrou~ gegonovta ejsti;n h] kai; e[kpalai gegonovta riguardi<br />

rispettivamente gli ultimi due Tempi citati, ovvero l’IMPf e il PPf. 131<br />

Il Pf invece, da un lato è accomunato agli altri Tempi passati, dall’altro è<br />

considerato un non-passato, un presente compiuto, e da ciò deriverebbe<br />

l’incompatibilità della costruzione con la particella a[n, che invece si combina<br />

normalmente con gli altri tre passati (AO, IMPf, PPf). Suntevleia, che indica il<br />

compimento, la completa realizzazione, è un termine chiave nelle descrizioni dei<br />

Tempi verbali. Una tale concezione del Perfetto, che indica la suntevleia nel<br />

presente, si può confrontare con la definizione dei Tempi riportata in uno scolio di<br />

Stefano (GG I 3: 250, 26 e ss.) e attribuita agli Stoici, nella quale, come vedremo,<br />

veniva distinto un presente esteso (il Presente), da uno compiuto (il Perfetto). Il<br />

passo di Apollonio è molto interessante, perché è l’unico nel quale Apollonio<br />

descrive il Pf come un tempo non passato, mentre negli altri passi egli lo considera<br />

semplicemente un passato. 132 D’altra parte, va ribadito che anche all’inizio di questo<br />

paragrafo lo aveva collocato tra i passati.<br />

Ma vediamo cosa dice ancora Apollonio sul Pf e sugli altri Tempi, nella parte<br />

dell’opera Avverbi, in cui si parla delle combinazioni degli avverbi temporali con i<br />

Tempi (GG II 1: 123, 16-124, 25):<br />

ta; cronika; ejpirrhvmata sumfwnou'san toi'~ tou' rJhvmato~ crovnoi~ poiei'tai<br />

suvntaxin. oi|on to; ejcqev~ parw/chmevnw/ suntetavxetai, ejcqe;~ e[grafon, ejcqe;~<br />

e[graya. to; ga;r au[rion ajntikeivmenon tw'/<br />

parw/chmevnw/, ouj suntetavxetai h]<br />

pavlin toi'~ oJmologou'si to; ãmh;Ã parw/ch'sqai, au[rion gravfw, au[rion gravyw,<br />

au[rion ajnaginwvskw. ta; mevntoi ouj diorivzonta to;n crovnon, koinh;n de;<br />

131 A causa dell’asimmetria tra due caratterizzazioni del passato e tre Tempi, Uhlig propone di<br />

integrare il testo, prendendo spunto dallo scolio GG I 3: 405, 15, in modo da includere un’indicazione<br />

anche per l’AO: h] a{pax h] ejpi; mevrou~. Si veda anche Lallot (1985: 65-68).<br />

132 In III, §137 si dice genericamente che è un passato e i due esempi sono uno al Pf e uno all’IMPf<br />

(per illustrare che la congiunzione ejavn non si costruisce con i passati) e in I, §44 viene scelto per<br />

esemplificare una costruzione con parw/chmevno~ crovno~ dell’Indicativo (c’è un solo esempio ed è<br />

interessante che venga scelto proprio il Pf come passato dell’Indicativo).<br />

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