TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore

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oi|on uJgiveia me;n o[noma, to; dΔ∆ uJgiaivnei rJh'ma: prosshmaivnei ga;r to; nu'n uJpavrcein. kai; ajei; tw'n uJparcovntwn shmei'ovn ejstin, oi|on tw'n kaqΔ∆ uJpokeimevnou. < to; de; oujc uJgiaivnei kai; to; ouj kavmnei ouj rJh'ma levgw: prosshmaivnei me;n ga;r crovnon kai; ajei; katav tino~ uJpavrcei, th'/ diafora'/ de; o[noma ouj kei'tai: ajllΔ∆ e[stw ajovriston rJh'ma, o{ti oJmoivw~ ejfΔ∆ oJtouou'n uJpavrcei kai; o[nto~ kai; mh; o[nto~. oJmoivw~ de; kai; to; uJgivanen h] to; uJgianei' ouj rJh'ma, ajlla; ptw'si~ rJhvmato~: diafevrei de; tou' rJhvmato~, o{ti to; me;n to;n parovnta prosshmaivnei crovnon, ta; de; to;n pevrix. < aujta; me;n ou\n kaqΔ∆ auJta; legovmena ta; rJhvmata ojnovmatav ejsti kai; shmaivnei ti, < i{sthsi ga;r oJ levgwn th;n diavnoian, kai; oJ ajkouvsa~ hjrevmhsen, < ajllΔ∆ eij e[stin h] mhv ou[pw shmaivnei: ouj ga;r to; ei\nai h] mh; ei\nai shmei'ovn ejsti tou' pravgmato~, oujdΔ∆ eja;n to; o]n ei[ph/~ yilovn. aujto; me;n ga;r oujdevn ejstin, prosshmaivnei de; suvnqesivn tina, h}n a[neu tw'n sugkeimevnwn oujk e[sti noh'sai. “Verbo, d’altra parte, è il nome, che esprime inoltre una determinazione temporale; le sue parti non significano nulla separatamente, ed esso risulta sempre espressione caratteristica di ciò che si dice di qualcos’altro. Dico che il verbo esprime inoltre una determinazione temporale, come avviene ad esempio per la salute, che è un nome, e per l’espressione: sta in salute, che è un verbo; in realtà, tale verbo esprime, oltre che la salute, il suo sussistere presentemente. Del pari, il verbo è espressione caratteristica di ciò che si dice di qualcos’altro, ossia di ciò che si dice di un sostrato, oppure di ciò che sussiste in un sostrato. Non chiamo invece verbi le espressioni: non sta in salute, non è ammalato. Esse esprimono bensì, in più, una determinazione temporale, ed appartengono sempre al qualcosa, ma costituiscono un caso differenziato, che non ha un nome. Le si potrà tuttavia considerare come verbi indefiniti, poiché toccano indifferentemente a qualsivoglia oggetto, sia reale che non reale. Similmente poi, le espressioni: era in salute, sarà in salute, non sono verbi, bensì flessioni del verbo; esse si differenziano dal verbo, per il fatto che quest’ultimo esprime, in più, un tempo presente, mentre le flessioni indicano i tempi all’infuori del presente. I verbi, come tali, detti per sé, sono dunque nomi e significano qualcosa (chi li dice arresta infatti il suo animo, e chi li ascolta acquieta il proprio), ma non significano ancora se questo qualcosa è o non è. In effetti, l’essere o non essere non costituisce un segno dell’oggetto, neppure quando tu dica per sé, semplicemente come tale: ciò che è. Ciò che è, difatti, in sé non è nulla, ma esprime ulteriormente una certa congiunzione, che non è possibile pensare senza i termini congiunti.” 33 33 Traduzione di Colli (1955: 59). 14

In entrambi i passi, la nozione del tempo appare come elemento distintivo e determinante: è il tempo a differenziare o[noma e rjh'ma, nome e verbo. Secondo Aristotele, il nome prescinde dal tempo, mentre il verbo è un nome caratterizzato da una determinazione temporale (ÔRh'ma dev ejsti to; prosshmai'non crovnon), a questo proposito Aristotele porta l’esempio del presente, che viene inteso come sussistenza nel presente (to; nu'n uJpavrcein), e più avanti indica nelle flessioni temporali (passato e futuro) i casi del verbo (ptw'si~ rJhvmato~). 34 Il verbo per eccellenza è dunque rappresentato dalla sua forma al presente. 35 Del verbo e del tempo Aristotele parla anche nella Poetica, cap. 20 (1457 a 14-18): rJh'ma de; fwnh; sunqeth; shmantikh; meta; crovnou h|~ oujde;n mevro~ shmaivnei kaqΔ∆ auJtov, w{sper kai; ejpi; tw'n ojnomavtwn: to; me;n ga;r a[nqrwpo~ h] leukovn ouj shmaivnei to; povte, to; de; badivzei h] bebavdiken prosshmaivnei to; me;n to;n parovnta crovnon to; de; to;n parelhluqovta. 36 “Il verbo è voce composita espressiva, con nozione di tempo, ma nessun elemento di esso ha significato per sé solo, come anche avviene nelle parole. Ma ‘uomo’ oppure 34 Per quanto riguarda i termini, Aristotele usa un verbo al presente per dire uJgiaivnei “sta in salute”, e dice che questo verbo esprime il tempo, poiché indica to; nu`n uJpavrcein “il suo sussistere presentemente”; notiamo l’uso dell’avverbio “ora” e dell’infinito presente. Aristotele, quando afferma che i tempi al di fuori del presente (passato e futuro) sono “casi” del verbo, per fare l’esempio al passato usa l’Aoristo, e per l’esempio al futuro usa il Futuro. Poi, per indicare il tempo presente usa un’espressione in cui troviamo il participio presente associato alla parola ‘tempo’ (to;n parovnta crovnon). 35 Riguardo a tale questione, Lallot nota che “commandée par des raisons de nature logique (volonté de délimiter rigoureusement la forme la plus pure de l’énoncé déclaratif), la restriction aristotélicienne, par ailleurs sans lendemain dans la pratique terminologique, a pour effet de singulariser le présent comme temporalité verbale de base : marquer le temps, pour le rhêma aristotélicien, c’est, par excellence, inscrire un procès dans le présent du discours.” (2000a: 289). Secondo Robins “Aristotle will only recognize as verbs (rJhvmata) proper the present tense (or in Poetics, the present and the perfect), and that only in affirmative sentences. The future and imperfect tenses indicate ‘surrounding time’ (oJ pevrix crovno~), and, being less determinate than the present, are ‘modifications of the verb’ (ptwvsei~ rJhvmato~)”. Riguardo ai punti che secondo Robins rimangono problematici delle riflessioni aristoteliche, dice che derivano da “his relying too much on meanings as criteria, instead of on formal characteristics, and his insistence on the verb’s function as a logical predicate” (1951: 23-24). 36 Il passo prosegue così: ptw'si~ dΔ∆ ejsti;n ojnovmato~ h] rJhvmato~ hJ me;n kata; to; touvtou h] touvtw/ shmai'non kai; o{sa toiau'ta, hJ de; kata; to; eJni; h] polloi'~, oi|on a[nqrwpoi h] a[nqrwpo~, hJ de; kata; ta; uJpokritikav, oi|on katΔ∆ ejrwvthsin ejpivtaxin: to; ga;r ejbavdisen… h] bavdize ptw'si~ rJhvmato~ kata; tau'ta ta; ei[dh ejstivn. lovgo~ de; fwnh; sunqeth; shmantikh; h|~ e[nia mevrh kaqΔ∆ auJta; shmaivnei ti (ouj ga;r a{pa~ lovgo~ ejk rJhmavtwn kai; ojnomavtwn suvgkeitai, oi|on oJ tou' ajnqrwvpou oJrismov~, ajllΔ∆ ejndevcetai a[neu rJhmavtwn ei\nai lovgon, mevro~ mevntoi ajeiv ti shmai'non e{xei) oi|on ejn tw'/ badivzei Klevwn oJ Klevwn. 15

In entrambi i passi, la nozione del tempo appare come elemento distintivo e<br />

determinante: è il tempo a differenziare o[noma e rjh'ma, nome e verbo. Secondo<br />

Aristotele, il nome prescinde dal tempo, mentre il verbo è un nome caratterizzato da<br />

una determinazione temporale (ÔRh'ma dev ejsti to; prosshmai'non crovnon), a<br />

questo proposito Aristotele porta l’esempio del presente, che viene inteso come<br />

sussistenza nel presente (to; nu'n uJpavrcein), e più avanti indica nelle flessioni<br />

temporali (passato e futuro) i casi del verbo (ptw'si~ rJhvmato~). 34 Il verbo per<br />

eccellenza è dunque rappresentato dalla sua forma al presente. 35<br />

Del verbo e del tempo Aristotele parla anche nella Poetica, cap. 20 (1457 a 14-18):<br />

rJh'ma de; fwnh; sunqeth; shmantikh; meta; crovnou h|~ oujde;n mevro~ shmaivnei kaqΔ∆<br />

auJtov, w{sper kai; ejpi; tw'n ojnomavtwn: to; me;n ga;r a[nqrwpo~ h] leukovn ouj<br />

shmaivnei to; povte, to; de; badivzei h] bebavdiken prosshmaivnei to; me;n to;n<br />

parovnta crovnon to; de; to;n parelhluqovta. 36<br />

“Il verbo è voce composita espressiva, con nozione di tempo, ma nessun elemento di<br />

esso ha significato per sé solo, come anche avviene nelle parole. Ma ‘uomo’ oppure<br />

34<br />

Per quanto riguarda i termini, Aristotele usa un verbo al presente per dire uJgiaivnei “sta in salute”, e<br />

dice che questo verbo esprime il tempo, poiché indica to; nu`n uJpavrcein “il suo sussistere<br />

presentemente”; notiamo l’uso dell’avverbio “ora” e dell’infinito presente. Aristotele, quando afferma<br />

che i tempi al di fuori del presente (passato e futuro) sono “casi” del verbo, per fare l’esempio al<br />

passato usa l’Aoristo, e per l’esempio al futuro usa il Futuro. Poi, per indicare il tempo presente usa<br />

un’espressione in cui troviamo il participio presente associato alla parola ‘tempo’ (to;n parovnta<br />

crovnon).<br />

35<br />

Riguardo a tale questione, Lallot nota che “commandée par des raisons de nature logique (volonté<br />

de délimiter rigoureusement la forme la plus pure de l’énoncé déclaratif), la restriction<br />

aristotélicienne, par ailleurs sans lendemain dans la pratique terminologique, a pour effet de<br />

singulariser le présent comme temporalité verbale de base : marquer le temps, pour le rhêma<br />

aristotélicien, c’est, par excellence, inscrire un procès dans le présent du discours.” (2000a: 289).<br />

Secondo Robins “Aristotle will only recognize as verbs (rJhvmata) proper the present tense (or in<br />

Poetics, the present and the perfect), and that only in affirmative sentences. The future and imperfect<br />

tenses indicate ‘surrounding time’ (oJ pevrix crovno~), and, being less determinate than the present, are<br />

‘modifications of the verb’ (ptwvsei~ rJhvmato~)”. Riguardo ai punti che secondo Robins rimangono<br />

problematici delle riflessioni aristoteliche, dice che derivano da “his relying too much on meanings as<br />

criteria, instead of on formal characteristics, and his insistence on the verb’s function as a logical<br />

predicate” (1951: 23-24).<br />

36<br />

Il passo prosegue così:<br />

ptw'si~ dΔ∆ ejsti;n ojnovmato~ h] rJhvmato~ hJ me;n kata; to; touvtou h] touvtw/ shmai'non kai; o{sa<br />

toiau'ta, hJ de; kata; to; eJni; h] polloi'~, oi|on a[nqrwpoi h] a[nqrwpo~, hJ de; kata; ta; uJpokritikav,<br />

oi|on katΔ∆ ejrwvthsin ejpivtaxin: to; ga;r ejbavdisen… h] bavdize ptw'si~ rJhvmato~ kata; tau'ta ta;<br />

ei[dh ejstivn. lovgo~ de; fwnh; sunqeth; shmantikh; h|~ e[nia mevrh kaqΔ∆ auJta; shmaivnei ti (ouj ga;r<br />

a{pa~ lovgo~ ejk rJhmavtwn kai; ojnomavtwn suvgkeitai, oi|on oJ tou' ajnqrwvpou oJrismov~, ajllΔ∆<br />

ejndevcetai a[neu rJhmavtwn ei\nai lovgon, mevro~ mevntoi ajeiv ti shmai'non e{xei) oi|on ejn tw'/<br />

badivzei Klevwn oJ Klevwn.<br />

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