TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore
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ad una modificazione del significato lessicale e viceversa); una maggiore frequenza di verbi con determinate caratteristiche in un certo Tempo verbale (per esempio verbi durativi maggiormente in un Tempo imperfettivo). Per illustrare concretamente un caso di interazione tra il significato lessicale e l’Aspetto veicolato dai Tempi, Berrettoni porta l’esempio dei due verbi zavw e biovw. Questi verbi derivano da una radice unica, ma hanno significati diversi e per questo, pur possedendo in periodo classico un paradigma completo, mostrano un comportamento diverso nell’uso dei Tempi: mentre biovw appare in tutti e tre i Tempi, zavw è raramente usato all’AO e al Pf. 305 Comrie (1976) affronta il tema dell’Aspetto esaminando varie lingue tra cui il greco, e ne dà una definizione ripresa da molti studiosi: “aspects are different ways of viewing the internal temporal constituency of a situation” (p. 3). Comrie insiste molto sul fatto che sia la categoria di Tempo, che quella di Aspetto, sono legate al tempo, ma mentre nel primo caso si fa riferimento al tempo attraverso il rapporto con il momento presente o con altre azioni, nel caso dell’Aspetto viene evidenziata la struttura temporale interna dell’azione (il tempo è dunque categoria deittica: “situation-external time” e l’aspetto: “situation-internal time”). All’interno dell’Aspetto distingue tra perfettività, in base alla quale la situazione è vista come un tutto privo di distinzioni interne e fasi, e imperfettività con cui invece la situazione è considerata nella sua struttura interna. La durata, per esempio, può appartenere sia alle forme perfettive che a quelle imperfettive, né d’altra parte funziona il concetto di azione limitata o meno, come neanche la completezza e la risultatività, le quali mettono in risalto soprattutto la parte finale dell’azione, né infine coglie nel segno la definizione che vede nella perfettività la descrizione dell’azione pura. Quale sotto- valore della perfettività indica l’ingressivo, che compare con alcuni verbi stativi. Sottolinea, inoltre, che “the difference between perfectivity and imperfectivity it is not necessarily an objective difference between situations, nor is necessarily a difference that is presented by the speaker as being objective.” (p. 4). Ai due valori aspettuali, perfettivo e imperfettivo, Comrie ne aggiunge un terzo, il Perfetto, che indica “the continuing present relevance of a past situation” (p. 52). Il sistema aspettuale greco è dunque caratterizzato da un’opposizione tra Perfetto e non- 305 Entrambi i verbi significano ‘vivere’, ma zavw indica il vivere fisico vegetativo, mentre biovw il condurre la vita. 140
Perfetto, e all’interno di quest’ultimo da un’altra opposizione tra Aoristo (perfettività) e non-Aoristo (imperfettività). All’Indicativo l’Aoristo è soprattutto un tempo passato, con possibili usi di non-passato, negli altri Modi ha solo carattere aspettuale. Il Perfetto ha spesso un valore di risultato, che corrisponde ad un Presente stativo, e poiché è morfologicamente distinto dagli altri due Tempi verbali non si può combinare con gli altri valori aspettuali, come accade in altre lingue. Il Futuro è neutro rispetto all’Aspetto. Armstrong (1981), indagando le proprietà aspettuali del Presente e dell’Aoristo, rintraccia delle regolarità nell’uso dei Tempi con alcuni avverbiali di tempo: l’Aoristo con gli avverbiali frequentativi cardinali e il Presente con gli avverbiali frequentativi iterativi. Il Perfetto, nell’evoluzione della lingua greca, all’inizio compare soprattutto con gli avverbiali iterativi, in seguito lo si osserva anche con quelli cardinali, ciò mostrerebbe uno slittamento aspettuale. Rijksbaron (1984, 306 2000) ha definito i Tempi Aoristo e Presente in termini di completezza e non-completezza, il Perfetto invece indica uno stato che deriva dal suo essere “completato”. Nel suo recente contributo all’interno del lavoro del gruppo di ricerca sull’Aspetto, di cui si parlerà più avanti, riprende queste definizioni e dice che il Presente “dénote une action que peut être interrompu. Ceci implique que l’accent est mis sur la réalisation partielle de l’action, sur son non-accomplissement, et donc sur le processus de sa réalisation per se: l’action est en cours de réalisation” (2000: 152), al contrario l’azione espressa dall’Aoristo è un tutto indivisibile di cui si evidenzia il compimento. 307 Aggiunge poi, che all’interno dei valori generali dei due Tempi, si possono individuare degli usi derivati, come frutto dell’interazione tra “Aktionsart” e contesto. Per quanto riguarda il Presente dice che “dans les emplois conatifs, itératifs et duratifs, c’est la valeur du ‘non-accomplissement’ qui prédomine. Dans l’emploi dit ‘inceptif’ ou ‘inchoatif, c’est la valeur d’‘action en cours de réalisation’ que est dominante: l’action est présentée comme en voie d’être réalisée, et plus spécifiquement, dès qu’une autre action a été accomplie”. L’Aoristo invece “peut exprimer la réussite ( conativité), la semelfactivité ( itérativité), 306 Il volume sulla sintassi è stato ristampato più volte, l’ultima ristampa è del 2002 3 ed è quella alla quale faremo riferimento nei capitoli successivi. 307 Rijksbaron si richiama a Thelin (1990) per il riconoscimento dell’importanza della nozione di ‘interruzione’, e ritiene che la nozione di ‘realizzazione parziale’ fosse probabilmente già presente in Apollonio Discolo. 141
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ad una modificazione del significato lessicale e viceversa); una maggiore frequenza<br />
di verbi con determinate caratteristiche in un certo Tempo verbale (per esempio verbi<br />
durativi maggiormente in un Tempo imperfettivo). Per illustrare concretamente un<br />
caso di interazione tra il significato lessicale e l’Aspetto veicolato dai Tempi,<br />
Berrettoni porta l’esempio dei due verbi zavw e biovw. Questi verbi derivano da una<br />
radice unica, ma hanno significati diversi e per questo, pur possedendo in periodo<br />
classico un paradigma completo, mostrano un comportamento diverso nell’uso dei<br />
Tempi: mentre biovw appare in tutti e tre i Tempi, zavw è raramente usato all’AO e al<br />
Pf. 305<br />
Comrie (1976) affronta il tema dell’Aspetto esaminando varie lingue tra cui il<br />
greco, e ne dà una definizione ripresa da molti studiosi: “aspects are different ways<br />
of viewing the internal temporal constituency of a situation” (p. 3). Comrie insiste<br />
molto sul fatto che sia la categoria di Tempo, che quella di Aspetto, sono legate al<br />
tempo, ma mentre nel primo caso si fa riferimento al tempo attraverso il rapporto con<br />
il momento presente o con altre azioni, nel caso dell’Aspetto viene evidenziata la<br />
struttura temporale interna dell’azione (il tempo è dunque categoria deittica:<br />
“situation-external time” e l’aspetto: “situation-internal time”). All’interno<br />
dell’Aspetto distingue tra perfettività, in base alla quale la situazione è vista come un<br />
tutto privo di distinzioni interne e fasi, e imperfettività con cui invece la situazione è<br />
considerata nella sua struttura interna. La durata, per esempio, può appartenere sia<br />
alle forme perfettive che a quelle imperfettive, né d’altra parte funziona il concetto di<br />
azione limitata o meno, come neanche la completezza e la risultatività, le quali<br />
mettono in risalto soprattutto la parte finale dell’azione, né infine coglie nel segno la<br />
definizione che vede nella perfettività la descrizione dell’azione pura. Quale sotto-<br />
valore della perfettività indica l’ingressivo, che compare con alcuni verbi stativi.<br />
Sottolinea, inoltre, che “the difference between perfectivity and imperfectivity it is<br />
not necessarily an objective difference between situations, nor is necessarily a<br />
difference that is presented by the speaker as being objective.” (p. 4). Ai due valori<br />
aspettuali, perfettivo e imperfettivo, Comrie ne aggiunge un terzo, il Perfetto, che<br />
indica “the continuing present relevance of a past situation” (p. 52). Il sistema<br />
aspettuale greco è dunque caratterizzato da un’opposizione tra Perfetto e non-<br />
305 Entrambi i verbi significano ‘vivere’, ma zavw indica il vivere fisico vegetativo, mentre biovw il<br />
condurre la vita.<br />
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