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TESI Sara Eco Conti - Scuola Normale Superiore

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(2000a: 295). Tale visione viene confermata dai risultati della presente analisi, che<br />

evidenzia la continuità e la persistenza dell’impostazione dei grammatici greci.<br />

Sulla questione del riconoscimento della categoria aspettuale da parte degli<br />

antichi esiste un vasto dibattito tra gli studiosi moderni. Le diverse correnti<br />

interpretative presentano posizioni divergenti, che vanno dal sostenere che esistesse<br />

una precisa coscienza e un’esplicita elaborazione dell’Aspetto, alla decisa negazione<br />

di questo. Particolare rilevanza all’interno di questo dibattito ha avuto l’accenno agli<br />

Stoici nel famoso scolio di Stefano, poiché esso ha costituito il principale spunto per<br />

la ricostruzione del sistema verbale stoico. Molti studiosi hanno ritenuto che proprio<br />

all’interno delle riflessioni stoiche sulla lingua potesse essere stata elaborata e<br />

definita la categoria dell’Aspetto. Tale opinione non è, però, condivisa da tutti, noi<br />

possiamo sottolineare che, oltre alle difficoltà interpretative, i problemi riguardanti la<br />

ricostruzione di un eventuale sistema verbale stoico derivano soprattutto dalla<br />

scarsità e incertezza delle testimonianze. 287 Questo ci induce a considerare con molta<br />

cautela l’ipotesi dell’esistenza di una teoria aspettuale stoica. 288<br />

Come è risultato evidente dalla rassegna di tutte le fonti da noi riportate - dai testi<br />

di Apollonio, ai commenti degli altri grammatici, agli scoli alla Téchnē - non ci sono<br />

elementi sufficienti per affermare che l’Aspetto fosse stato definito esplicitamente<br />

dai greci, o che fosse stata introdotta una categoria apposita, dal momento che non<br />

abbiamo trovato alcun termine specifico per indicarla. 289 Nonostante questo, le<br />

spiegazioni incontrate in Apollonio e negli altri testi grammaticali, individuano e<br />

descrivono in maniera molto evidente le caratteristiche aspettuali dei Tempi,<br />

sicuramente quelle del PR e dell’AO. È vero che Apollonio parla di Tempi passati e<br />

presenti anche quando fa delle descrizioni di carattere aspettuale (come per es. in III,<br />

§102 e III, §140), e usa termini come crovnoi parw/chmevnoi “tempi passati”, tuttavia<br />

si tratta spesso di denominazioni formali dei Tempi e ciò non impedisce che, pur<br />

usando tali termini, Apollonio comprenda in modo corretto il valore aspettuale. La<br />

sua spiegazione non appare incoerente o sbagliata nella sostanza, anche se resta<br />

ancorata ad una terminologia temporale.<br />

287<br />

Si vedano le note riguardanti lo scolio di Stefano nel Capitolo 2. Una rassegna delle diverse<br />

posizioni è in Berrettoni (1990: 5).<br />

288<br />

Di fatto è solo lo scolio di Stefano, insieme al passo di Prisciano, che induce a tale ricostruzione.<br />

289<br />

Ricordiamo, in ogni caso, lo scolio (GG I 3: 249,14-15) che separa i due piani in maniera netta.<br />

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