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08.06.2013 Views

Giacomo Leopardi A Silvia Parafrasi Silvia, ricordi (= rimembri) ancora quel periodo (= tempo) della tua vita mortale, quando la bellezza (= beltà) splendeva (= splendea) nei tuoi occhi brillanti e timidi (= ridenti e fuggitivi) e tu, lieta e pensosa, salivi la soglia (il limitare) della giovinezza? Le stanze silenziose (= quiete) e le strade vicine (= le vie dintorno) risuonavano (= sonavan) del tuo canto ininterrotto (= perpetuo canto), quando (= allor che) sedevi dedicandoti (= intenta) al lavoro delle donne (= all’opre femminili), assai contenta di quel futuro ancora indefinito (= vago avvenir) che avevi in mente. Era il mese di maggio, ricco di profumi (= odoroso): e tu eri solita (= solevi) trascorrere (= menare) così la tua giornata. Io, lasciando a volte (= talor) lo studio per me così bello (= gli studi leggiadri) e le pagine scritte con tanta fatica (= le sudate carte), in cui (= ove) si spendeva (= spendea) la mia adolescenza (= il tempo mio primo) e le mie migliori energie (= la miglior parte), dai balconi della casa paterna (= d’in su i veroni del paterno ostello) mi mettevo ad ascoltare (= porgea gli orecchi) il suono della tua voce e il rumore della tua mano che percorreva, velocemente e faticosamente, la tela [sul telaio]. Osservavo (= guardava) il cielo sereno, le vie luminose [per il sole] e gli orti, e da questa parte (= quinci) il mare lontano (= da lungi), da quella (= quindi) le montagne (= il monte). Le parole degli uomini (= lingua mortal) non possono esprimere quello che sentivo nel cuore (= in seno). Che pensieri dolci (= soavi), che speranze, che sentimenti (= cori cuori), o Silvia mia! Cosa ci sembrava (= quale ci apparia) allora la vita dell’uomo e il suo destino (= il fato)! Quando mi ricordo (= sovviemmi) di quella speranza così grande (= cotanta speme), sono preso (= mi preme) da un sentimento (= un affetto) amaro e inconsolabile (= acerbo e sconsolato), e ricomincio a compiangere (= tornami a doler) la mia sventura. O natura, o natura, perché non mantieni (= rendi) nell’età adulta (= poi) quello che prometti nell’adolescenza (= allor)? Perché inganni così tanto i tuoi figli? Tu, prima (= pria) che l’inverno (= il verno) facesse seccare (= inaridisse) l’erba, combattuta e sconfitta da una malattia misteriosa (= chiuso morbo), sei morta (= perivi), poverina (= tenerella). E non hai potuto vedere il fiorire della tua giovinezza (= il fior degli anni tuoi). Non ti hanno addolcito (= molceva) il cuore i dolci complimenti per i tuoi capelli neri (= la dolce lode or delle negre chiome) o gli sguardi timidi degli innamorati (= sguardi innamorati e schivi). E le amiche (= le compagne) non hanno potuto parlare d’amore (= ragionavan d’amore) con te (= teco) nei giorni di festa. Nel giro di poco tempo (= fra poco) sarebbe morta (= peria) anche la mia dolce speranza: anche alla mia vita (= agli anni miei) il destino (= i fati) negò la giovinezza. Ahi come, come te ne sei andata (= passata sei), speranza rimpianta (= lacrimata speme), cara compagna della mia giovinezza (= età mia nova)! È questo [presente] quel mondo [che sognavo]? Sono questi i piaceri (= i diletti), l’amore, le opere (= l’opre), gli eventi di cui (= onde) abbiamo parlato (= ragionammo) così tanto (= cotanto) assieme? È questo il destino degli esseri umani (= la sorte dell’umane genti)? Quando si è rivelata la vera natura dell’esistenza (= all’apparir del vero) tu, povera, sei caduta: e con la mano, ormai lontana (= di lontano), mi indicavi la fredda morte e una tomba spoglia (= ignuda). www.contucompiti.it

Giacomo Leopardi<br />

A <strong>Silvia</strong><br />

Parafrasi<br />

<strong>Silvia</strong>, ricordi (= rimembri) ancora quel periodo (= tempo) della tua v<strong>it</strong>a mortale, quando la bellezza (= beltà)<br />

splendeva (= splendea) nei tuoi occhi brillanti e timidi (= ridenti e fugg<strong>it</strong>ivi) e tu, lieta e pensosa, salivi la<br />

soglia (il lim<strong>it</strong>are) della giovinezza?<br />

Le stanze silenziose (= quiete) e le strade vicine (= le vie dintorno) risuonavano (= sonavan) del tuo canto<br />

ininterrotto (= perpetuo canto), quando (= allor che) sedevi dedicandoti (= intenta) al lavoro delle donne (=<br />

all’opre femminili), assai contenta di quel futuro ancora indefin<strong>it</strong>o (= vago avvenir) che avevi in mente. Era il<br />

mese di maggio, ricco di profumi (= odoroso): e tu eri sol<strong>it</strong>a (= solevi) trascorrere (= menare) così la tua<br />

giornata.<br />

Io, lasciando a volte (= talor) lo studio per me così bello (= gli studi leggiadri) e le pagine scr<strong>it</strong>te con tanta<br />

fatica (= le sudate carte), in cui (= ove) si spendeva (= spendea) la mia adolescenza (= il tempo mio primo) e<br />

le mie migliori energie (= la miglior parte), dai balconi della casa paterna (= d’in su i veroni del paterno<br />

ostello) mi mettevo ad ascoltare (= porgea gli orecchi) il suono della tua voce e il rumore della tua mano che<br />

percorreva, velocemente e faticosamente, la tela [sul telaio]. Osservavo (= guardava) il cielo sereno, le vie<br />

luminose [per il sole] e gli orti, e da questa parte (= quinci) il mare lontano (= da lungi), da quella (= quindi)<br />

le montagne (= il monte). Le parole degli uomini (= lingua mortal) non possono esprimere quello che<br />

sentivo nel cuore (= in seno).<br />

Che pensieri dolci (= soavi), che speranze, che sentimenti (= cori cuori), o <strong>Silvia</strong> mia! Cosa ci sembrava (=<br />

quale ci apparia) allora la v<strong>it</strong>a dell’uomo e il suo destino (= il fato)! Quando mi ricordo (= sovviemmi) di<br />

quella speranza così grande (= cotanta speme), sono preso (= mi preme) da un sentimento (= un affetto)<br />

amaro e inconsolabile (= acerbo e sconsolato), e ricomincio a compiangere (= tornami a doler) la mia<br />

sventura. O natura, o natura, perché non mantieni (= rendi) nell’età adulta (= poi) quello che prometti<br />

nell’adolescenza (= allor)? Perché inganni così tanto i tuoi figli?<br />

Tu, prima (= pria) che l’inverno (= il verno) facesse seccare (= inaridisse) l’erba, combattuta e sconf<strong>it</strong>ta da<br />

una malattia misteriosa (= chiuso morbo), sei morta (= perivi), poverina (= tenerella). E non hai potuto<br />

vedere il fiorire della tua giovinezza (= il fior degli anni tuoi). Non ti hanno addolc<strong>it</strong>o (= molceva) il cuore i<br />

dolci complimenti per i tuoi capelli neri (= la dolce lode or delle negre chiome) o gli sguardi timidi degli<br />

innamorati (= sguardi innamorati e schivi). E le amiche (= le compagne) non hanno potuto parlare d’amore<br />

(= ragionavan d’amore) con te (= teco) nei giorni di festa.<br />

Nel giro di poco tempo (= fra poco) sarebbe morta (= peria) anche la mia dolce speranza: anche alla mia v<strong>it</strong>a<br />

(= agli anni miei) il destino (= i fati) negò la giovinezza. Ahi come, come te ne sei andata (= passata sei),<br />

speranza rimpianta (= lacrimata speme), cara compagna della mia giovinezza (= età mia nova)! È questo<br />

[presente] quel mondo [che sognavo]? Sono questi i piaceri (= i diletti), l’amore, le opere (= l’opre), gli<br />

eventi di cui (= onde) abbiamo parlato (= ragionammo) così tanto (= cotanto) assieme? È questo il destino<br />

degli esseri umani (= la sorte dell’umane genti)? Quando si è rivelata la vera natura dell’esistenza (=<br />

all’apparir del vero) tu, povera, sei caduta: e con la mano, ormai lontana (= di lontano), mi indicavi la fredda<br />

morte e una tomba spoglia (= ignuda).<br />

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Leopardi si rivolge a <strong>Silvia</strong><br />

con una lunga domanda<br />

iniziale: ricordi ancora?<br />

<strong>Silvia</strong> è descr<strong>it</strong>ta attraverso<br />

il suo canto che si diffonde,<br />

come la poesia di un poeta.<br />

Entra in scena Leopardi:<br />

lascia gli amati studi per<br />

ascoltare il canto di <strong>Silvia</strong> e<br />

osservare la bellezza della<br />

natura, sent<strong>it</strong>a ancora come<br />

“madre”.<br />

Il ricordo della speranza<br />

passata e delle promesse<br />

non mantenute riempiono di<br />

dolore il cuore del poeta. <strong>La</strong><br />

natura è ora ingannatrice.<br />

Scopriamo ora che <strong>Silvia</strong> è<br />

morta prima dell’età adulta:<br />

non ha conosciuto le<br />

emozioni dell’amore.<br />

Come è morta <strong>Silvia</strong>, così è<br />

morta anche la speranza nel<br />

cuore di Leopardi.<br />

Nell’ultima strofa,<br />

scomparsa <strong>Silvia</strong>, il poeta si<br />

rivolge direttamente alla<br />

speranza ormai caduta, che<br />

gli mostra come suo unico<br />

destino il freddo della morte.<br />

<strong>Silvia</strong>, ricordi ancora quel periodo della tua v<strong>it</strong>a mortale, quando la bellezza<br />

splendeva nei tuoi occhi brillanti e timidi e tu, lieta e pensosa, salivi la soglia della<br />

giovinezza?<br />

Le stanze silenziose e le strade vicine risuonavano del tuo canto ininterrotto,<br />

quando sedevi dedicandoti al lavoro delle donne, assai contenta di quel futuro<br />

ancora indefin<strong>it</strong>o che avevi in mente. Era il mese di maggio, ricco di profumi: e tu<br />

eri sol<strong>it</strong>a trascorrere così la tua giornata.<br />

Io, lasciando a volte lo studio per me così bello e le pagine scr<strong>it</strong>te con tanta fatica,<br />

in cui si spendeva la mia adolescenza e le mie migliori energie, dai balconi della<br />

casa paterna mi mettevo ad ascoltare il suono della tua voce e il rumore della tua<br />

mano che percorreva, velocemente e faticosamente, la tela [sul telaio]. Osservavo<br />

il cielo sereno, le vie luminose [per il sole] e gli orti, e da questa parte il mare<br />

lontano, da quella le montagne. Le parole degli uomini non possono esprimere<br />

quello che sentivo nel cuore.<br />

Che pensieri dolci, che speranze, che sentimenti, o <strong>Silvia</strong> mia! Cosa ci sembravano<br />

allora la v<strong>it</strong>a dell’uomo e il suo destino! Quando mi ricordo di quella speranza così<br />

grande, sono preso da un sentimento amaro e inconsolabile, e ricomincio a<br />

compiangere la mia sventura. O natura, o natura, perché non mantieni nell’età<br />

adulta quello che prometti nell’adolescenza? Perché inganni così tanto i tuoi figli?<br />

Tu, prima che l’inverno facesse seccare l’erba, combattuta e sconf<strong>it</strong>ta da una<br />

malattia misteriosa, sei morta, poverina. E non hai potuto vedere il fiorire della tua<br />

giovinezza. Non ti hanno addolc<strong>it</strong>o il cuore i dolci complimenti per i tuoi capelli neri<br />

o gli sguardi timidi degli innamorati. E le amiche non hanno potuto parlare d’amore<br />

con te nei giorni di festa.<br />

Nel giro di poco tempo sarebbe morta anche la mia dolce speranza: anche alla mia<br />

v<strong>it</strong>a il destino negò la giovinezza. Ahi come, come te ne sei andata, speranza<br />

rimpianta, cara compagna della mia giovinezza! È questo [presente] quel mondo<br />

[che sognavo]? Sono questi i piaceri, l’amore, le opere, gli eventi di cui abbiamo<br />

parlato così tanto assieme? È questo il destino degli esseri umani? Quando si è<br />

rivelata la vera natura dell’esistenza tu, povera, sei caduta: e con la mano, ormai<br />

lontana, mi indicavi la fredda morte e una tomba spoglia.<br />

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