GIANFRANCO GIORNI
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<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong><br />
SCULTURE
IN COPERTINA E SUL RETRO<br />
Porta bronzea, 2007 - Museo d’Arte Medievale e Moderna - Arezzo
C O M U N E D I R O M A<br />
Assessorato alle Politiche Culturali<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong><br />
SCULTURE<br />
R E G I O N E L A Z I O<br />
Assessorato Cultura, Spettacolo e Sport<br />
Roma, Complesso del Vittoriano<br />
21 novembre - 8 dicembre 2007
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 4<br />
Bimbo che esulta, 2000 - bronzo - cm. 83 x 49 x 16
Il piacere della forma Attilio Brilli<br />
Viaggio all’Acqua viola.<br />
L’artista vive sempre in un mondo a se stante. Per Gianfranco Giorni, anche l’atelier dove lavora appartiene a<br />
questa geografia immaginaria. Provate a cercare il luogo dove impasta le crete e fonde i suoi bronzi: si chia-<br />
ma L’acqua viola. Basta pronunciare queste parole per perderete subito l’orientamento. E’ inutile che lui, l’ar-<br />
tista, cerchi di convincermi dicendo che il posto dove abita e dov’è il suo studio era un tempo solcato da una<br />
rete di canali che adducevano acqua ai mulini, e che un qualche riflesso d’alba o tramonto, chissà, o un qual-<br />
che rilascio della pianta colorante del guado, potrebbero avere suggerito l’inconsueto appellativo. Per me il<br />
nome continua ad alitare a mezz’aria come una libellula e quindi m’affido ai più prosaici cartelli stradali. Ai<br />
piedi di Anghiari, questi m’invitano ad imboccare la strada per Caprese Michelangelo (un augurio non da<br />
poco) e, dopo nemmeno un mezzo miglio - unità di misura per viaggiatori, non per turisti - a svoltare sulla<br />
destra verso Viaio, là dove s’incrociano, si direbbe, tutte le vie.<br />
Quello dove sorge lo studio artistico di Giorni è un angolo incantato della Valtiberina. Inquadrato da mezza costa,<br />
subito dopo essersi lasciati alle spalle il bastione anghiarese, quell’intatto spicchio vallivo conserva un singola-<br />
re nitore. Mi sono chiesto tante volte da dove scaturisse la sottile familiarità di quell’appartato angolo di mondo,<br />
se dalla sua luminosità cristallina o dalla mancanza di manufatti recenti, finché, dopo essermi ricordato come già<br />
nel Battesimo di Piero della Francesca lo stradone d’Anghiari solcasse la rorida valle, ho riannodato le fila delle<br />
associazioni. E’ la vecchia storia, sempre valida, dell’arte che ci insegna a scoprire la natura e il paesaggio.<br />
Giungere all’Acqua viola è come planare in un fondale pierfrancescano, dunque. Il solo viaggio allo studio<br />
dell’artista è, già di per sé, ampiamente remunerativo. Ed è un buon viatico per quello che ci aspetta e che ci<br />
accingiamo a scoprire. Qualsiasi altra opera che non avesse saputo intrattenere un colloquio con i canoni<br />
armonici di questa limpida arcadia sarebbe qui una stonatura. Ma non costituiscono note stonate i bambini di<br />
bronzo, le musicanti laccate, gli animali di creta che costellano, in simulato, indolente abbandono, la corte, i<br />
muretti e le prode dei campi. Agli occhi del visitatore appaiono anzi come non potranno mai essere altrove,<br />
opere che, vestendosi di spazio e di luce, sembrano stirare le membra e assaporare per la prima volta l’auto-<br />
nomia della propria esistenza. I bronzi non hanno messa la pelle che conferiscono loro le intemperie e si pre-<br />
sentano ancora con i lacerti candidi della camicia di refrattario, i gessi indugiano nella frescura del bagnoma-<br />
ria, le terrecotte sfidano imperterrite l’abbronzatura più feroce. Un giardino di delizie, quello che attende il<br />
visitatore all’Acqua viola, e un giardino di magiche metamorfosi. Senza per altro riferirsi al momento supre-<br />
mo della creazione che, specie con le colate del bronzo, assume, per chi abbia l’occasione di assistervi, un<br />
fascino negromantico e antico.<br />
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A colloquio con lo spirito del luogo<br />
Per comprendere l’attaccamento di Giorni ad Anghiari e a questo spicchio di valle, e quanto debba a questo<br />
intatto paesaggio, basta gettare uno sguardo ai fogli d’album appesi alle pareti del suo studio. L’artista si rive-<br />
la un viaggiatore sedentario che sa cogliere il residuo di sintesi di un luogo, di uno scorcio, di una veduta.<br />
Sintesi che non nasce dal fugace bozzetto o dall’annotazione occasionale e improvvisa, bensì dall’economia<br />
del recupero memoriale che elimina il superfluo, erode la pietra, ferma l’atmosfera in meriggi senza stagio-<br />
ne. Tali appaiono le tavole di questo ideale viaggio dell’artista nella sua terra, un viaggio esperito attraverso<br />
soste e percorsi inquadrati dall’archivolto o pencolanti su panoramiche viste. La loro qualità rispecchia una<br />
delle caratteristiche della sua arte, che è quella dell’evocazione controllata della forma, ovunque e comunque<br />
la si colga. E come la natura intima della poesia consiste nella ripetizione appena variata degli stessi suoni o<br />
gruppi di suoni, e dei medesimi ritmi, così nelle raffigurazioni di Giorni una medesima maglia grafica<br />
più o meno duttile, più o meno distesa, amalgama prospettive e cantoni di paese sempre uguali eppu-<br />
re diversi. Un genere di visione, il suo, che non compete né all’infaticabile pellegrino perso nel<br />
suo mondo di simboli, né al frettoloso e distratto turista, bensì al glossatore rigo-<br />
roso e imparziale di memorie e di luoghi. Questo viaggio nel viaggio rappre-<br />
sentato dal versante grafico di Giorni, con la descrizione straniata dei luo-<br />
ghi del suo universo domestico, è il migliore viatico per avvicinarci alla sua<br />
opera scultorea. Non è un caso se proprio nei fondali delle sue lunette a bas-<br />
sorilievo, o dei pannelli policromi, compare lo skyline della città in cui è<br />
ambientata la scena di primo piano. Quale miglior prova dovremmo aspettarci<br />
da un occhio che ovunque si muove, dal dettaglio a portata di mano al lontano<br />
orizzonte, sa cogliere la sintesi delle cose, dei paesaggi e delle figure e l’armonia<br />
che vi è riposta?<br />
L’estro armonico della scultura<br />
Una volta a tu per tu con le sue statue e i suoi bassorilievi, siamo colpiti<br />
innanzi tutto dalla ricorrenza tematica. Il tema<br />
musicale si rivela quello di maggior frequen-<br />
za e viene modulato nelle sembianze di suo-<br />
natrici di flauto, di liuto o di violoncello, in figu-
Madre e figlio, gesso - cm. 48 x 31 x 32,5<br />
NELLA PAGINA ACCANTO<br />
Bimbo giocoliere, bronzo - cm. 65 x 45 x 54<br />
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re singole o in gruppo. Esso risponde ad una duplice funzione: da un lato è un collaudato elemento iconogra-<br />
fico che con la sua serena immobilità, o tutt’al più con la calcolata eleganza delle posture e dei gesti, tende a<br />
porsi fuori del tempo e ad evocare il rigore assoluto della forma; dall’altro, e in maniera concomitante, è<br />
costante allusione all’insistita ricerca che sottende statue e bozzetti, come se in una azzardata sinestesia, la<br />
forma “suonasse” la più dolce delle armonie. Per cui nelle prove migliori, l’appassionato di retorica potrebbe<br />
dire che il tema musicale diventa metafora della forma.<br />
Non che, con questo, lo si debba considerare un tema o un atteggiamento monocorde,<br />
perché, pur nella costante ricerca, altri e diversi sono i motivi che catturano l’inte-<br />
resse in queste estatiche soliste della forma. Essi possono scaturire dalla realtà<br />
quotidiana, dallo sguardo che coglie in una posizione singolare o in un atteggia-<br />
mento inconsueto l’articolarsi sorprendente delle forme. Allora, come appare<br />
evidente nelle statue e nei bozzetti di animali, la sottile notazione naturalisti-<br />
ca risalta nell’astrazione dell’insieme. Nel cane accucciato in se stesso e<br />
abbandonato al sonno, il dettaglio naturalistico conferisce un residuo di<br />
animalità a quella che sembra un’astratta ricerca di linee, di segmenti e di<br />
ellissi. In altri casi, vivaci motivi d’interesse vengono colti nell’atto occasiona-<br />
le o nel gesto che esalta il culto anche estetico della persona, e con esso delle<br />
norme della convivenza civile. In un caso e nell’altro l’occhio resta avvinto alla<br />
realtà, sia privata che pubblica, nella misura in cui la realtà estranea se stessa<br />
nell’atto di esibirsi.<br />
Accanto alle scene di vita domestica o di sognante idealità, di cui sono esem-<br />
pio elegantissimo le due versioni, in bronzo e in legno laccato, della<br />
Suonatrice di flauto, si pongono le interpretazioni di temi drammatici<br />
come le varie versione del Prigione, o le rivisitazioni di miti, di riti o di<br />
eventi sacrali particolarmente consoni a questo lembo di Toscana bagnata dal Tevere,<br />
come avviene nel pannello bronzeo della Resurrezione e nella variante in terracotta<br />
policroma. O come succede nella straordinaria lunetta in ceramica polimaterica raffigu-<br />
rante S. Caterina evocatrice di pace, oggi sopra il portale laterale di S. Domenico a<br />
Siena. L’elemento che tiene uniti temi e momenti così diversi e che riassume in un unico,<br />
inconfondibile linguaggio aspetti così discordanti è uno straordinario senso dell’ela-
Bimba con la palla, bronzo - cm. 17,5 x 13 x 6<br />
NELLA PAGINA ACCANTO<br />
Marta e il gatto, bronzo - cm. 105 x 49 x 36<br />
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borazione della forma, quello che in musica si chiama l’estro armonico.<br />
Dobbiamo cercare di spiegare una formula che, per sua natura, non può che essere un enunciato di sintesi.<br />
Giorni opera da tempo un singolare recupero della tradizione classica intonandola ad esperienze moderniste che<br />
gli appaiono particolarmente congeniali. In questo non c’è soluzione di continuità fra la sua opera scultorea e<br />
quella pittorica. Il suo linguaggio figurativo predilige un’elaborazione plastica che si esprime in vaste campitu-<br />
re di colore, in superfici tese, in specchiature cromatiche quasi puristiche. Alla grazia severa delle sue figure e<br />
delle composizioni figurali contribuisce il rigore di una trattazione plastica che, nella concentrazione formale,<br />
ha fatto propria una tradizione dalle lontane radici quattrocentesche, comprese le varie stagioni di recuperi e di<br />
riletture. E’ appunto questo rigore formale che volge la grazia e la composta piacevolezza di molte figure, o rap-<br />
presentazioni di genere, nella stessa impassibilità e nel distacco con cui vengono trattate scene ed eventi dram-<br />
matici. Per cui non ci stanchiamo di ripetere che il sentimento dominante nelle sculture di Giorni è quello della<br />
ricerca formale. E’ infatti nel nitore quasi neoclassico con cui vengono trattate le superfici che s’innesta il gesto<br />
modernista – l’altra componente del linguaggio dell’artista – del taglio perentorio e protratto, della resezione<br />
improvvisa, dell’emergenza di un’impeccabile angolatura. Allusioni e ammiccamenti cubistici ed altri echi<br />
novecenteschi si fondono quindi con la tradizione classica, in una personale sintesi postmoderna, per conferir-<br />
l e
Suonatrice di flauto, 1975 - cemento patinato<br />
NELLA PAGINA ACCANTO<br />
La madre, 2006 - terracotta - cm. 32 x 32 x 23<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
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<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 12<br />
La temperanza, 2004 - bronzo - cm. 110 x 50 x 36<br />
NELLA PAGINA ACCANTO<br />
La malinconia, cemento - cm. 130 x 70
un’inedita vitalità e in pari tempo per recidere sul nascere la lusinga di una troppo immediata gradevolezza.<br />
Nella sintesi di questo linguaggio di distaccata eppure estrosa armonia è insita la sua stessa versatilità funzio-<br />
nale. Le sculture e i pannelli policromi si propongono non solo come una scoperta di straordinaria suggestione,<br />
o come esaltazione del rigore formale, ma anche come ipotesi ornamentale di altissimo livello, tanto sul piano<br />
del godimento privato, quanto dell’arredo pubblico. Questa versatilità nasce non solo dal piacere estetico, bensì<br />
dalla multiforme lezione che sanno impartire le sue statue, sia che vengano immaginate in un pubblico giardi-<br />
no, in una piazza, in un atrio di pubblica frequentazione, o che siano riservate all’uso interno e alla fruizione<br />
privata. In entrambe le occasioni si potrà percepire il sottile messaggio della forma, che vuol dire piacere dello<br />
sguardo, piacere del tatto, piacere dell’intelletto, termini nei quali si riassume il linguaggio della figurazione.<br />
Una variante del Prigione collocato in un parco della rimembranza di Sansepolcro, o una bella lunetta in cera-<br />
mica policroma in una cappella cemeteriale torinese portano in quei luoghi di mestizia il senso dell’armonia e<br />
del rigore formale, le uniche armi con cui possiamo opporre alla<br />
morte il soffio dell’intelligenza creatrice.<br />
Una riprova del linguaggio e della sommessa ma rigorosa lezione<br />
di Giorni è costituita dalla varietà delle sue sculture, sia sotto il pro-<br />
filo della materia che della dimensione, senza contare che l’impie-<br />
go di materiali diversi comporta l’adozione di linguaggi eterogenei<br />
e di tecnologie specifiche. Ogni pezzo scultoreo è una fonte diver-<br />
sa di piacere, un piacere correlato alla varietà della materia, alle sue<br />
proprietà, alle sue patine: dal bronzo di piccole e di grandi dimen-<br />
sioni con i verdi quasi di scavo che sembrano alludere ad un tempo<br />
senza tempo, alla terracotta leggera come il biscotto e dal suono<br />
schietto di campana, alla pasta nera come il carbone del bucchero,<br />
alle venature suggestive del legno, alle laccature diafane e alle<br />
dorature che riconducono alla lettera la metafora dei capelli d’oro.<br />
La ricerca della sobrietà e dell’elegante astrazione perseguita da<br />
Giorni nel più umano dei contesti opera con la stessa intensità in<br />
grandi ed in piccole dimensioni, rivelando la padronanza di un lin-<br />
guaggio che resta immutabile nell’enfasi e nella miniaturizzazione,<br />
nell’invenzione e nella citazione ironica.<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
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<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 14<br />
Il grande bassorilievo bronzeo della Resurrezione, a cui abbiamo già fatto riferimento, può essere assunto<br />
come esempio della sottigliezza e dell’originalità del suo linguaggio narrativo. Eseguito per una cappella<br />
cemeteriale, il bassorilievo enuncia l’evento pur nell’assenza di segni conclamati. La sua percezione è affida-<br />
ta al mistero dei piani sconnessi dalle loro traiettorie usuali, e solo seguendo queste ultime ci rendiamo conto<br />
che la sconnessione è quella della porta del sepolcro, e che nel loro astratto bilanciamento i piani convergono<br />
a un punto nodale costituito da una colomba. Ma la colomba è anche il punto e il simbolo in cui si annodano<br />
i fili del racconto umano e divino. E’ proprio dell’opera d’arte creare una simile coesistenza di linguaggi o, se<br />
si preferisce, il saper narrare l’armonia.<br />
Lasciando l’Acqua viola e prendendo commiato dalle statue che annusano l’aria dei campi, si ha la sensazio-<br />
ne di contemplare una progenie che stia per disperdersi in varie direzioni. L’atelier dell’artista ha sempre<br />
un’aura magica, poiché è un luogo di creazione. Nel nostro caso la magia è duplice, saturo come è delle sug-<br />
gestioni che provengono dall’intervento sulla materia, dalla fusione del bronzo, dall’intaglio del legno e dalla<br />
modellazione della creta. Ma è anche un luogo dove, una volta creata, l’opera sosta brevemente, perché la sua<br />
vocazione naturale è altrove, in luoghi indeterminati dove le suonatrici possano diffondere le loro silenti armo-<br />
nie, i bambini prorompere in gesti controllati, i protagonisti di storie sacre e profane rammentare eventi dolo-<br />
rosi o salvifici nel linguaggio duraturo dell’armonia.
Colombo sul ramo, 2004 - fiberglass e oro - cm. 22 x 18 x 12<br />
NELLA PAGINA ACCANTO<br />
La libertà, 1998 - cemento bianco - cm. 120 x 75 x 26<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
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<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 16<br />
Suonatrice di mandola, 1985 - terracotta - cm. 74 x 48 x 59<br />
NELLA PAGINA ACCANTO<br />
Suonatrice di flauto, legno dipinto e oro - cm. 160 x 54 x 32
Un classico d’attualità: Gianfranco Giorni Saverio Verini<br />
Gianfranco Giorni discese il Tevere in direzione Roma già 34 anni fa.<br />
Allora, era il 1973, fu per esporre alla galleria “Il Capricorno”, oggi inattiva.<br />
A distanza di più di un quarto di secolo, dunque, l’opportunità di mettersi di nuovo in mostra nella Capitale;<br />
ma questa volta in uno spazio di primo piano, punto di riferimento per cultori e pubblici di ogni genere.<br />
Illustri artisti suoi conterranei – in particolare scultori – hanno preceduto Giorni in questo passaggio dalla<br />
Toscana verso Roma in epoche “mitiche”; erano i tempi di Donatello, Michelangelo, giunti fin nel cuore della<br />
“Città Eterna” per rispondere ad importanti commissioni e completare la propria formazione artistica.<br />
Gianfranco Giorni torna a Roma, accolto dal complesso del Vittoriano, al culmine di una carriera all’insegna<br />
della manualità, delle ore passate in laboratorio a fondere, assemblare, plasmare forme: segno che la scultura<br />
può ancora essere capace di caratterizzarsi come presenza di impat-<br />
to visivo e fisico, in un periodo – non solo per quel che riguarda la<br />
creazione artistica – così rivolto all’effimero e al virtuale.<br />
Il suo linguaggio figurativo riesce a comunicare con grande incisi-<br />
vità poiché mette istantaneamente in relazione la scultura e chi le<br />
gira attorno, senza fraintendimenti o dubbi interpretativi: così come<br />
riconoscibile è la sua cifra stilistica, frutto di una sintesi per niente<br />
scontata che rende i soggetti ben identificabili, evitando tuttavia<br />
quel tentativo di imitazione pedissequa del reale che negherebbe a<br />
Giorni la libertà di abbozzare un volto, magari privo di occhi, o pla-<br />
smare un corpo in accordo con i volumi e le forme geometriche.<br />
Un modus operandi caratterizzato personalmente ma fruibile da<br />
tutti; meditato eppure di facile lettura.<br />
Le opere di Giorni sono state notate quasi casualmente: dopo aver-<br />
lo “scovato”, complice l’attenta analisi del catalogo di una sua<br />
mostra tenutasi ad Arezzo lo scorso anno, i curatori del complesso<br />
del Vittoriano – colpiti dalla potenza e dalla semplicità delle sue ela-<br />
borazioni formali – hanno deciso di dedicargli uno spazio che<br />
garantisce visibilità alla sua produzione e riconosce i meriti di un<br />
percorso artistico da sempre finalizzato alla ricerca e non al compia-<br />
cimento.<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
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<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 18<br />
Resurrezione, bassorilievo policromo - Maria e Maddalena - particolare<br />
NELLA PAGINA ACCANTO<br />
Resurrezione, bassorilievo policromo - cm. 124 x 85
Un cammino determinato e caparbio, necessario alle volontà espressive di una persona, prima ancora che arti-<br />
sta, sensibile e desiderosa di mettersi in relazione con l’altro: per lui che, giovane studente alla vigilia del<br />
primo giorno all’istituto d’arte, aveva sognato di dipingere su di un cavalletto collocato nella stalla di fami-<br />
glia – assieme agli animali e a quegli odori di fieno e semplicità sempre più difficili da percepire – si tratta<br />
della realizzazione di un’ardente aspirazione.<br />
La possibilità di esporre nelle prestigiose sale del Vittoriano arriva forse nel momento migliore di Giorni, dopo<br />
anni di lavoro a diretto contatto con i materiali; un’attività basata costantemente sul dialogo con gli strumen-<br />
ti della creazione, emblema di un modo di concepire la scultura che ancora si esprime parlando attraverso le<br />
mani di chi la pensa, che richiede abiti macchiati dalla calce, come quelli con cui spesso Giorni si presenta a<br />
chi va a visitare il suo laboratorio vicino Anghiari.<br />
L’esposizione al Vittoriano non è di certo il primo riscontro del suo valore, ma ne rappresenta sicuramente la<br />
consacrazione.<br />
Consacrazione di una produzione artistica in grado di mettere in comunicazione ogni tipo di pubblico con un<br />
linguaggio contemporaneo “classicamente attuale”, capace di guardare con rispetto e senza retorica ai grandi<br />
della scultura, sia quella più remota (Brunelleschi, Donatello) che quella a noi più vicina (Moore).<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
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<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 20<br />
Amanti, 2004 - terracotta ingobbiata - cm. 67 x 40 x 72
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
21
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 22<br />
Bambini che giocano, 2004 - bronzo - cm. 83 x 80 x 32
Cane, terracotta - cm. 34 x 38 x 26<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
23
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 24<br />
L’attesa, refrattario bianco - cm. 42 x 25 x 28
La temperanza, 2003 - refrattario bianco - cm. 92 x 40 x 28<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
25
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 26<br />
La malinconia, refrattario bianco - cm. 34 x 13 x 6
Suonatrice di violoncello, 2004 - terracotta ingobbiata - cm. 55 x 34 x 28<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
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<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE 28<br />
Bimba con flauto di pan, bronzo e rame - cm. 103 x 49 x 34
Luca con colombo, 2000 - bronzo - cm. 78 x 26 x 52<br />
<strong>GIANFRANCO</strong> <strong>GIORNI</strong> SCULTURE<br />
29
Finito di stampare: novembre 2007
Realizzazione e Organizzazione<br />
COMUNICARE ORGANIZZANDO