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pagina 17<br />

NEW<br />

YORK<br />

PERCORSI 22<br />

Omaggio a Petrosino<br />

Dice il “superprocuratore” antimafia Grasso: «In questi<br />

anni sono stati fatti tanti passi avanti nella speranza di<br />

cambiare le cose e sconfiggere Cosa nostra. E oggi che<br />

si parla di patti tra pezzi dello Stato e mafia dico che<br />

bisogna cercare a tutti i costi la verità. Se patti ci sono<br />

stati in passato, in particolare per delitti eccellenti come<br />

quello di Piersanti Mattarella e Pio La Torre o di Carlo<br />

Alberto Dalla Chiesa, fino a Giovanni Falcone e Paolo<br />

Borsellino, bisogna essere pronti ad accettare le nuove<br />

verità che dovessero emergere dalle indagini. E i fatti e<br />

le indagini dicono che la criminalità organizzata spesso<br />

è stata il braccio armato di altri interessi».<br />

Il passaggio del testimone, del filo del racconto che unisce<br />

il capo della Superprocura antimafia e il capo del<br />

NYPD, arriva con una battuta: “Due Grasso, una sola<br />

legge...”.<br />

Così George Grasso si racconta: «Ho cominciato a lavorare<br />

nel Dipartimento della polizia di New York a 30 anni,<br />

nel ’78 sono diventato detective e in tutti quegli anni ho<br />

seguito l’evoluzione della criminalità organizzata a New<br />

York. Oggi posso dire che l’esperienza del passato mi fa<br />

sperare: potremo vincere questa battaglia. Il congresso<br />

Usa ha approvato una legge per centrare questo obiettivo:<br />

prevede norme per smantellare il racket delle estorsioni<br />

e un programma di protezione per i collaboratori<br />

di giustizia. La legge, infatti, deve restare un faro anche<br />

davanti ai peggiori criminali. La criminalità organizzata<br />

negli Usa è sempre più un’impresa. Prima del 1970 era<br />

difficile provare la colpevolezza dei boss, dopo questa<br />

data, con le prime nuove leggi approvate, abbiamo<br />

usato le indagini sui traffici di droga, sullo sfruttamento<br />

della prostituzione, sul gioco d’azzardo, per colpire le<br />

aziende della mafia. John Gotti era a capo di un’impresa<br />

che fatturava milioni di dollari, e noi abbiamo trovato i<br />

rami della sua azienda: il risultato è che Gotti è morto di<br />

cancro in carcere. La polizia di New York ha creato dei<br />

gruppi di lavoro congiunti contro mafia e terrorismo.<br />

Oggi la criminalità organizzata italiana, russa e messicana<br />

è trattata come Al Qaeda: è chiaro che non si può<br />

proteggere New York fermandosi solo nei confini dei<br />

municipi, perché chi ha fatto crollare le Twin Towers ha<br />

cominciato la sua attività criminale fuori da New York.<br />

Ecco perché le nostre forze di polizia lavorano con i poliziotti<br />

di altri stati per fermare i clan. L’anno scorso una<br />

grossa inchiesta su un traffico di droga tra Messico, Italia<br />

e Usa è stata portata a termine grazie a questa partnership.<br />

Certo, ci sono differenze tra di noi: in Italia c’è<br />

una triste storia di persone oneste assassinate da Cosa<br />

nostra. Qui a New York, no: la criminalità organizzata capisce<br />

che se uccide un poliziotto o un magistrato firma il<br />

suo suicidio. E anche se la mafia <strong>qui</strong> continua ad esistere<br />

siamo sulla buona strada per sconfiggerla perché utilizziamo<br />

una task force che ha il contributo delle procure<br />

distrettuali e di quelle italiane».<br />

Fra i relatori del convegno c’è anche Don Ciotti che racconta<br />

il fenomeno “Libera”, le centinaia di associazioni<br />

antimafia che in Italia si sono collegate tra loro e organizzano<br />

dibattiti, gestiscono beni confiscati ai boss, assistono<br />

i tanti testimoni di giustizia spesso lasciati soli. E<br />

sintetizza: «Oggi c’è bisogno di una società responsabile,<br />

di tutti i cittadini che concretamente si occupino del problema<br />

con i fatti: tutti a parole si dicono contro la mafia,<br />

ma la prima mafia da combattere è diventata quella della<br />

parola. Sono tre le direttive su cui muoversi per non<br />

vanificare l’impegno di chi ha perso la vita per tutti noi.<br />

Primo: la formazione, nelle scuole e nelle università, la<br />

conoscenza del fenomeno. Secondo: impegnarsi di più<br />

tutti, fare il proprio dovere in prima persona. Terzo: dare<br />

lavoro ai disoccupati, anche attraverso la gestione dei<br />

beni confiscati».<br />

E una coppola in regalo, finita sulla testa dei due Grasso<br />

e di don Ciotti, è un segnale forte: un pezzo di tradizione<br />

scippata come simbolo da Cosa nostra può tornare alle<br />

sue origini. Anche partendo da New York.

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