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P«I<br />

l<br />

Gruppo Abele muove i primi passi<br />

nel 1965 a Torino e da lì si diffonde<br />

a livello nazionale facendo giungere<br />

a maturazione tutto ciò in cui “noi” avevamo<br />

sempre creduto. Il rapporto tra pubblico<br />

e privato, tra istituzioni e cittadini era cominciato già nei primi<br />

anni ‘80 con CNCA (un’associazione di comunità impegnate ad<br />

aiutare i tossicodipendenti), poi con LILA, quando arriva il momento<br />

di affrontare l’epidemia di AIDS, e infine con “Libera” a<br />

metà degli anni ‘90.<br />

Perché essere coinvolti? Perché è la libertà stessa che ci permette<br />

di chiedere perché. Non si può essere liberi da soli, si è<br />

liberi insieme agli altri in uno sforzo collettivo. Ovviamente,<br />

nella mia vita certi luoghi e certe persone hanno avuto un ruolo<br />

decisivo in questa scelta. Io sono stato abbastanza fortunato<br />

da avere genitori che si amavano moltissimo e che amavano<br />

moltissimo me e le mie sorelle, amici con cui ho condiviso molte<br />

esperienze di vita, le gioie ed i tempi difficili, e con cui ho<br />

imparato ad ascoltare ed apprezzare il valore dei rapporti.<br />

Chiaramente la fede è stata fondamentale nella mia vita, un<br />

dono prezioso derivante dall’incontro con persone quali il cardinale<br />

di Torino, Michele Pellegrino.<br />

Quando fui ordinato sacerdote nel 1972, Pellegrino, che si faceva<br />

chiamare semplicemente “Padre,” mi indicò “la strada”,<br />

la mia parrocchia, con un avvertimento: “Segui la strada per<br />

imparare, non per insegnare”. La strada, con le sue facce e le sue<br />

storie, le sue lotte e le sue vulnerabilità, le sue necessità e le sue<br />

speranze, è rimasta il mio punto di riferimento, una bussola di<br />

fede che cerca di unire i cieli e la terra, di riconoscere la figura di<br />

Gesù nelle molte facce della fragilità umana.<br />

Sono un prete, la mia vita è Cristo, il Vangelo, la proclamazione<br />

della sua Parola. Cercare Dio significa incontrare le persone,<br />

ma, allo stesso tempo, le mie esperienze mi permettono di<br />

affermare che si può cercare l’uomo per trovare Dio. Parlo di<br />

“cercare” perché Dio non è qualcosa che si possa ottenere automaticamente,<br />

Dio è la meta, l’obiettivo: mi mette alla prova<br />

ogni giorno nella scoperta dell’articolazione concreta della vita<br />

e nelle sue scelte.<br />

Temo chi ha capito tutto e sa tutto. Il capitolo 22 del Vangelo<br />

secondo Matteo racconta di certe persone che chiedono a<br />

Durante le Celebrazioni Colombiane, dello scorso ottobre<br />

a New York, il Calandra Institute, nella persona del professor Antony<br />

Julian Tamburri, ha organizzato presso la sede del suo House Organ<br />

I-Italy un incontro-dibattito sul tema della mafia, al quale hanno<br />

partecipato il Procuratore <strong>Nazionale</strong> Antimafia Pietro Grasso,<br />

Don Ciotti, fondatore di “Libera” e altre associazioni che combattono<br />

la mafia, Francesco Bertolino, il Direttore delle Politiche migratorie<br />

Anfe Gaetano Calà ed alcuni giornalisti. Riportiamo di seguito alcuni<br />

stralci delle testimonianze di Don Ciotti e del Procuratore Grasso.<br />

Gesù se sia lecito o no pagare le tasse a Cesare. In realtà loro<br />

non vogliono incontrarlo o parlargli, ma solo fargli una domanda<br />

trabocchetto.<br />

Gesù però non permette a nessuno di prendersi gioco di Lui e,<br />

riconosciuta la loro cattiveria, dice che l’immagine e l’iscrizione<br />

sulle monete siano restituite al giusto proprietario. Ma se è<br />

chiaro il detto, “Da’ a Cesare ciò che è di Cesare”, cosa vuol dire<br />

“Da’ a Dio ciò che è di Dio”? Qual è l’immagine di Dio? Come si<br />

legge nella Genesi l’uomo fu creato ad immagine e somiglianza<br />

di Dio, dunque come è nostro dovere restituire il denaro a<br />

Cesare, lo è restituire a Dio l’uomo, la Sua creazione.<br />

Ecco il problema: non possiamo restituire a Dio mezze persone,<br />

persone disperate, persone esaurite, asservite dalla povertà,<br />

dalla solitudine, dall’emarginazione. Dobbiamo restituire a<br />

Dio persone integre e libere. Questa è la grande sfida che sento<br />

come cristiano: creare le condizioni perché tutti siano liberi. E<br />

non sto pensando solamente alle persone che sono rifiutate,<br />

sfruttate, schiacciate, ma anche a quelle che sono povere dentro.<br />

Nella nostra società ci sono forme di povertà immateriale<br />

che stanno minando alla base il corpo sociale: l’indifferenza, la<br />

rassegnazione, la corsa al potere, il successo, il denaro. I poveri<br />

sono anche quelli che hanno perso il senso della vita sebbene<br />

abbiano la possibilità di vivere comodamente su questa terra.<br />

Qualsiasi cambiamento richiede uno sforzo, e porta con sé resistenza,<br />

pregiudizio ed egoismo.<br />

Una volta il giudice Caponnetto disse “la mafia teme soprattutto<br />

la scuola della giustizia, poichè l’istruzione taglia l’erba sotto i<br />

piedi della cultura mafiosa”.<br />

“Libera” è attiva nelle scuole in tutta l’Italia, promovendo l’educazione<br />

e formando i giovani.<br />

La sua missione però è anche quella di amministrare i beni che<br />

un tempo appartenevano alle cosche mafiose e gestire le cooperative<br />

riunite nel consorzio “Libera Terra”. La nostra associazione<br />

offre lavori veri e possibilità di vita a molti giovani, dimostrando<br />

così che è possibile cambiare e cercare di sradicare la<br />

rassegnazione ed il fatalismo che sono le basi su cui si fonda il<br />

potere della mafia.<br />

In Sicilia, ma anche in altre parti del Sud, ci sono situazioni e<br />

possibilità che fino a 15 o 20 anni fa erano inimmaginabili. Ci<br />

sono molte persone che, come Peppino Impastato, hanno rida-

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