Leggi - I Cistercensi
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NOTIZIE<br />
CISTERCENSI<br />
3<br />
LUGLIO-SETTEMBRE<br />
1977<br />
ANNO X<br />
Periodico bimestrale - Spedizione in Abbonamento Postale - .Gruppo IV
NOTIZIE CISTERCENSI<br />
Periodico trimestrale di vita cistercense<br />
Direttore:<br />
P. GoFFREDO Vm<br />
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41: (055) 2049226
«COMUNITA' RELIGIOSA E CHIESA LOCALE»<br />
di P. RENATOSIMEONEMSC.<br />
Il tema che mi è stato proposto di illustrare non è semplice e, trattandolo,<br />
si rischia un duplice pericolo: o banalizzarlo nei luoghi co-<br />
muni dell'incomprensione, dell'insofferenza e delle rivendicazioni fra<br />
religiosi e clero secolare o ridurlo ad una riflessione sui diversi organismi<br />
post-conciliari destinati a dare una certa forma di rapporto e di<br />
collaborazione fra «Comunità religiosa» e «Chiesa locale ».<br />
Ora a me pare che la necessaria intesa e la fraterna collaborazione<br />
fra «Comunità religiosa» e «Chiesa locale» - oggi indispensabile per<br />
l'incidenza nel lavoro apostolico - non si realizzeranno fin tanto che<br />
non si lascerà sussistere una certa dialettica tra di esse e finché non si<br />
avrà il coraggio di riflettere e meditare sulla realtà profonda che le<br />
unisce.'<br />
L'accento sulla duplice realtà «Comunità religiosa» e « Chiesa locale»<br />
è di ordine pratico e metodologico, perché la vita religiosa non è<br />
concepibile al di fuori della Chiesa. Nel capitolo VI della «Lumen<br />
Gentium» leggiamo: « I consigli evangelici della castità consacrata a<br />
Dio, della povertà, dell'obbedienza ... sono un dono divino che la Chiesa<br />
ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva ».2<br />
Ora una riflessione a livello biblico, teologico, mistico, storico sulla<br />
«Comunità religiosa» e « sulla Chiesa locale» si sta sviluppando da<br />
diversi anni e, se abbiamo seguito con attenzione quanto si è scritto e<br />
proposto, non possiamo essere soddisfatti delle soluzioni superficiali e<br />
dettate da urgenti circostanze. «Chiesa locale» e «Comunità religiosa»<br />
non dovrebbero puntare su questi tipi di soluzione, quanto su di un radicale<br />
cambiamento di mentalità.<br />
Per esempio: una riflessione esauriente sul rapporto «Comunità<br />
religiosa» e «Chiesa locale », alla luce della Parola di Dio - intesa<br />
questa come «evento» che salda in unità perfetta i diversi «momenti»<br />
anteriori e posteriori all'accadimento unico ed irrepetibile che è il venire<br />
di Dio nell'atto dell'Incarnazione - significa rendersi conto del<br />
1 Uno studio completo e bibliograticamente «puntiglioso» su questo argomento,<br />
lo si può trovare nel lavoro di BARONCELLI, «I reLigiosi e La Chiesa lo-<br />
cale », Edizioni Francescane. Bologna, 1975.<br />
2 I Documenti del Concilio Vaticano II. (Testo latino-italiano) Ediz, Paoline.<br />
Roma, 1967.
(158) -2-<br />
«profetismo» ebraico, non come fatto marginale, ma come indispensabile<br />
e provvidenziale appartenenza alla «Qahal» di jahvé."<br />
Il profetismo ebraico ha sempre cozzato - come sappiamo tutti -<br />
con l'istituzione regale e sacerdotale ed ha posto uno scarto qualitativo<br />
tra 1'«etica della convinzione» e 1'«etica della responsabilità»: la prima,<br />
intesa come ideale mantenuto e vissuto nella sua radicalità; la seconda,<br />
intesa come accomodamento alle circostanze ed alle reali capacità storiche<br />
dell'uomo. Il profetismo trapasserà nella « Comunità religiosa» come<br />
suo carattere specifico. Si vedano gli studi di Dom Jean Leclercq e<br />
le puntualizzanti introduzioni alle «Vite dei Santi» dal III al VI sec.<br />
di Christine Mohrmann per rendersi conto come Elia, Geremia, Giovanni<br />
il Battista quasi si saldano con il movimento monastico... idealmente<br />
retrodatato.'<br />
Riflettere sul rapporto « Comunità religiosa» e « Chiesa locale» alla<br />
luce della Parola di Dio, significa soffermarsi non su questa o quella<br />
pericope evangelica per creare « stati di vita» ed «idealità diverse»<br />
nella « sequela Christi », quanto affermare quella « radicalità » che la<br />
« sequela Christi» impone ad ogni cristiano, che « ha posto mano all'aratro<br />
e non intende volgersi indietro ».5 (Ciò non significa che non si<br />
debba cogliere quella « sfumatura» tra « precetto» e « consigli evangelici»<br />
magistralmente evidenziata da S. Tommaso nella Ila I1ae, q. 186,<br />
a. 2.». Che se i consigli evangelici - scrive il Maestro - non sono al<br />
di sopra del precetto della carità quasi fossero un «plus », è altrettanto<br />
vero che « paupertas, continenti a, abstinentia et alia huiusmodi pertinent<br />
ad perfectionem instrumentaliter et dispositive». I consigli evangelici,<br />
cioè, rappresentano un mezzo, una disposizione, uno strumento<br />
per il conseguimento della pienezza della carità. Il P. J. M. Tillard commenta:<br />
«di fronte al Vangelo, la vocazione religiosa si presenta, allora,<br />
come «une prise au sèrieux» dei consigli proposti da Cristo nell'intento<br />
di raggiungere la perfezione». Ricordiamo che i capitoli V e VI della<br />
« Lumen Gentium» ed il decreto «Perfectae Caritatis» si muovono alla<br />
luce del principio stabilito da S. Tommaso),"<br />
3 DOM JEAN LECLERCQ, OSB. c Aux sources de la Spiritualité occidernt,ale ».<br />
Edit. du Cerf. Paris, 19i6>4: • Témocne de La Spiritualité occuieniaie lO, ivi 1965:<br />
c Cnamces de la ,spiritua,lUé occuierdaie lO. ìvì 19.616.<br />
·1 «Vite dei Santi lO. a cura di Christine Morhrnann. Ediz. A. Mondadorì. Milano<br />
1974,~l9i7'5.«Vita di Antonio lO, PP. ~H-LXVH; c Vita di Mar tirio », «Vita di<br />
Ilarione lO, c In memoria di Paola», pp. IX-LXI.<br />
j Luca. 9, 6t2.<br />
6 J. M. TILLARD, Decani Dieu et pour le motuie. Le projet des reiligieux. Ed.<br />
du Cerf. Paris, 1974. Pp. 1213-126.
-3- (159)<br />
« Comunità religiosa» e «Chiesa locale» non si comprendono se non<br />
alla luce della Parola di Dio. E' proprio questa luce che illumina gli interrogativi<br />
inquietanti di oggi: «Che senso ha la Chiesa? Cosa vuole<br />
e perché lo vuole? Che senso ha la vita religiosa? Cosa significa e perché<br />
vuol significare? Quale è il futuro della Chiesa? Ci sarà ancora<br />
spazio per la vita religiosa? ».<br />
Rispondere a questi interrogativi non è possibile se noi non sapremo<br />
cogliere le realtà vive e portanti della «Chiesa» fatte emergere<br />
proprio dalla «Comunità religiosa ». Anzi, direi che la «Comunità religiosa<br />
ha la sua ragion d'essere solo ed in quanto fa emergere tutto quello<br />
che la «Chiesa» è, dice, opera.<br />
La «Chiesa locale» come «comunione» e «segno profetico ed escatologico<br />
»; la «Chiesa locale », portatrice di una «missione» con finalità<br />
e dimensioni non riducibili a nessuna missione umana; la «Chiesa<br />
locale» nell'esercizio dei suoi «ministeri» e l'estensione, la partecipazione<br />
coordinata di questi stessi ministeri a tutti i suoi membri; la «Chiesa<br />
locale» nella sua duplice «relazione» a Dio ed alla sua trascendente<br />
potenza ed al mondo che essa intende servire: tutto questo lo si approfondisce<br />
alla luce della Parola di Dio. E la conoscenza di queste realtà<br />
non è un esercizio ozioso della nostra intelligenza, né una occupazione<br />
per chi ha poco o nulla da fare, ma impegno fondamentale per dare vigore<br />
ed incisività alla nostra vita ed alla stessa azione apostolica.<br />
Il senso della «Chiesa locale» e della «Comunità religiosa» non si<br />
decide principalmente su organismi da erigere, conservare o eliminare;<br />
né su tattiche pastorali e metodi di evangelizzazione, escogitati per non<br />
restare indietro o addirittura sommersi; né su privilegi da difendere, custodire<br />
o eliminare; né si decide con atteggiamenti dettati dalle circostanze,<br />
né con delle scelte «oculate »... sempre «superate» dagli eventi,<br />
ma si decide sulla «comunione» che vogliamo vivere:" sul «profetismo<br />
» che vogliamo portare; sulla «missione» che vogliamo attuare e<br />
nei modi con cui la vogliamo attuare. Il senso della «Chiesa locale»' e<br />
7 Questi temi sono stati ampiamente dibattuti. Cito solo alcuni lavori. In<br />
essi si trova. spesso, una bìb'lìografìa pertinente. G. Penco-Vagaggìnì, «Bibbia<br />
e spiritualità ». ,Ediz. Paolìne. Roma, 11007. P. R. Régamy, «La voce di Dio nelle<br />
voci del tempo ». Cittadella. Assisi 1,9,7;3.«La vita reljgìosa s ,(commento esegetico<br />
e pastorale del L.ezionario liturgico della Professione religiosa). Ediz. Queriniana.<br />
Brescia 19714. AA.VV. «Engangement· et fidélité ». Edìt. du Cerf. Parrs '1970. P. R.<br />
Régamey «La rénovaition dans J.'Ef;pri't». Ed. Du Cerf, Parìs 19714.Jean I,g,~13c.<br />
- Réévaleur Ics voeux )'. Ed. du Cerf. Paris 1,9713,.AA.VV .. c n Rìnnovarnento della,<br />
vìta 'l'e,Jigio~l3i<br />
». Vellecchì Editrice, Ftrenze 1:968. «Per una presenza vdva dei<br />
ReUgiosi me.lla Chiesa e nel mondo» a cura da. A. iF:av,atle.Ed. Elle di oì. Torano 1970<br />
(L'opera è corredata da una ampia bdblìografia).
(160) 4-<br />
della «Comunità religiosa », in essa, si decide su «Cristo» e la sua signoria<br />
e sulla «serietà» con cui si intende vivere la sua «presenza »; si<br />
decide sul «primato di Dio» esull'« atteggiamento nostro» verso il<br />
mondo."<br />
Queste affermazioni, a parte i testi biblici e conciliari, su cui dovremmo<br />
ritornare a riflettere spesso, personalmente e comunitariamente, ci<br />
vengono proposte da una serie di iniziative, realizzate in questi ultimi<br />
anni: capitoli generali e provinciali, settimane di studio, incontri, questionari<br />
e ci vengono ricordate da una serie di studi e di pubblicazioni;<br />
che religiosi, maggiormente sensibili, hanno messo a nostra disposizione.<br />
Lo sforzo di una sintesi organica e stimolante sulla «vita religiosa », la<br />
« comunità religiosa », la «Chiesa» e la «Chiesa locale », il «mondo »,<br />
la «missione» propria della Chiesa locale, raggiunta da uno studioso<br />
attento ed equilibrato come P. J. M. Tillard e proposta nell'opera « Dévant<br />
Dieu et pour le monde» non dovremmo ignorarla; né dovremmo<br />
tralasciare le ricerche sugli Ordini monastici e le Congregazioni religiose<br />
nel loro sorgere, svilupparsi e morire;" né dovremmo ignorare le proposte<br />
ed i tentativi di rinnovamento, effettuati in diversi Ordini e Congregazioni."<br />
Le ricerche sul «carisma» dei Fondatori, effettuate in que~<br />
"Cfr. «Evangelizzazione e Sacramenti» (II parte); «L'Evangelizzazione nel<br />
mondo contemporaneo» CIII parte); «Evangelizzazione e promozione umana »,<br />
Ediz. OR. In «Evangel icz.azìone e promozione umana» si legge: « Coestensìva alle<br />
dimensioni stesse dell'uomo, la salvezza è personale e comunitaria, terrestre e<br />
celeste. In breve potremmo dire che il contenuto della salvezza e quindi dell'Evangelizzazione<br />
è il mistero della persona. del Cristo, morto e risuscitato ed<br />
ora presente fra noi. Cristo che è insieme Dio e uomo: Dio nell'uomo e uomo in<br />
Dio; Cristo che ha dato per tutti la sua vita ed ha privilegiato gli umili ed i poveri;<br />
che ha annunciato ed inaugurato il Regno, rivelandone con le parole e con<br />
le opere. la presenza. Di tf:~'onteal rischio di .rìdu-ione del senso della salvezza.<br />
resta compito della Chiesa operare e riproporre I'altezza, l'ampiezza. la profondità<br />
del disegno di Dio per l'uomo» (pag. 16).<br />
9 RAYMONDHOSTIE.«Via et mort des Ordres reli gieux ». Desclée de Brouwer,<br />
Hl17i2. «Il Monachesìmo nell'Alto Medioevo e la formazione della Civiltà occidentale<br />
s , Spoleto, 1957. «La vita comune del clero nei ;;ecoli XI e XIII,,; «L'Eremitismo<br />
in Occidente nei secoli XI e XH,,; «Il Monachesimo e la rìtroma ecclesiastica<br />
(1104\9,-1.1212)", editi da Vita e Pensiero. Milano. VINCENZOCILENTO,« Medio<br />
Evo moruastìco 'e scolastico ». Ed. Ricciardi. Napoli 19m. FRANCESCOLAZZARI,<br />
c iMìstìca ed ideologia tra XI e )CII secolo ». Napoli ,19"12. ({L'attesa dell'età nuova<br />
nella spiritualità della fine del Medio Evo ». Todi. 1962. « Spiritu"lità clunìacen-<br />
se ». Todi; 1916.0.HERBERTGRUNDMANN,<br />
« Movimenti rel.igiosì nel Medio :Evo ». n<br />
Muldrso. Bologna 190704.P. GIOVANNILUNARDI.« L'ideale monastico". Noci. Edìz.<br />
«L.?' ,c:cRlla» 1970. ANNAMAIORINOTUOZZI,«L13 conoscenza di sé nella scuola cisterciense<br />
». ,1st. Ital. Per gli Studi Storici. Napoli .1976. AA.VV., «Studi su San.<br />
Bernardo di Chiaravalle nell'ottavo centenario della canonizzazione ». Editiones<br />
Cìstercìenses. Roma, 19715. Cfr. inoltre le introduzioni ai testi patristìcì e monastici,<br />
editi dane -Sources Chrétìennes »,<br />
·10 «La forrn.azìone permanente interpella gli Istituti religiosi» a cura di<br />
Pietro Bcccardo. Ed. Elle di. ci. Torino. 1:9i7'6.<br />
DOM SIGHARDKL:EINER,«Dieu premier servi". Editions P. 'I'équi. Parìs 197'4<br />
(commento spirituale alla regola di S. Benedetto).
_'" .5 '(161)<br />
stì ultimi anni, possono darci coraggio per tentare nuove vie e valorizzare<br />
aspetti vitali e portanti del mistero del Cristo. l!<br />
Così i filoni delle diverse spiritualità, realizzati con una carica ed<br />
una pienezza straordinaria, nelle figure di primo piano degli Ordini e<br />
delle Congregazioni, possono essere punti di riferimento e guide sicure<br />
per la nostra realizzazione umana e religiosa e per un pieno inserimento<br />
nel lavoro apostolico. Leggendo una serie di conferenze, sul VII centenario<br />
della morte di, S. Tornmaso, mi ha colpito un fatto singolare: Agostino,<br />
Tommaso, Bernardo, Bonaventura, da un ideale personale e ristretto<br />
di castità, povertà, obbedienza sono andati assumendo un ruolo di<br />
primo piano nell'Ordine, cui hanno dato un vigoroso impulso, fino a<br />
, divenire quegli uomini universali, il cui respiro, la cui azione, il cui amore,<br />
la cui passione hanno le dimensioni stesse della Chiesa: la cattolicità."<br />
Così una riflessione su «Comunità religiosa» e «Chiesa locale» do-<br />
vrebbe passare - come è stato messo in luce dal recente lavoro curato<br />
da Pietro Boccardo, «La formazione permanente interpella gli Istituti<br />
religiosi »13 _ attraverso la ferma volontà di una formazione permanente<br />
degli Istituti. Né va dimenticato che il nuovo orientamento di ricerca e<br />
di approfondimento va mettendo sempre di più in luce la «dimensione<br />
,pneumatica della Chiesa» per la comprensione del suo mistero e quindi<br />
della stessa vita religiosa. A nessuno sarà sfuggito come un J. Moltmann<br />
abbia concluso la sua ricerca teologica con «La Chiesa nella forza<br />
dello Spirito », preceduta da «Il Dio crocifisso» e dalla «Teologia della<br />
speranza ».14 Il Concilio nella «Lumen Gentium» affermava: «in fine<br />
(la professione dei' consigli evangelici)" dimostra pure a tutti gli uomini<br />
la preminente grandezza della virtù' di Cristo regnante e la infinita potenza<br />
dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa ».15<br />
CosÌ il problema che oggi sta a cuore a tutti: clero secolare e religiosi,<br />
e davanti al quale' se~bra non esserci data altra possibilità che<br />
,li preghiera ed il riconoscimento della nostra debolezza - il problema<br />
delle vocazioni _ non dovrebbe prescindere da certi principi messi a<br />
11 Per quanto riguarda' La Congregazionè dèi Missionari del S. Cuore. cfr.<br />
E. J. CUSKELLY, MSC; «Ju.Les Ctieoalier; l'homme et sa mi.ssion ». Roma, 19rn.<br />
12 « L'antropoLogie de Saint Thomas -, publié p'3.,r N. A. Luyten O. P. Ed.<br />
·Un. Fribourg, 191i'14.<br />
13 «La form,a,.zione perma.nente ... » op. cit.<br />
H MOLTMANN J., « Teologia deLLa saeroaiza », Queriniana. Brescia, 19'70. «Il<br />
Dio crocifisso », Lvi 19713; «: La Chiesa nelui forza deLLo SqJirito ». ìvi 19176,.<br />
, Cfr.« Spi,rito Santo e storui:» a cura di L. Sartorr. Ave, Roma 1977.<br />
SPffiITO RINAUDÒ, «La nuova Pentecoste ,deUa Chiesa ». Elle di ci )l,9"717.<br />
15 Testi del Concilio Vaticano U. Op. cito
(162) -6-<br />
nostra disposizione dal P, Rulla e dalla sua équipe." Potremmo trovare<br />
in questi lavori suggerimenti e proposte per un impegno coordinato tra<br />
clero secolare e religiosi ed evitare quell'isolamento e quella azione di<br />
reclutamento che spesso ci ha fatto guardare, in modo esclusivo, ai nostri<br />
interessi di sopravvivenza e non piuttosto alla missione della Chiesa<br />
ed al servizio che tutti siamo chiamati a svolgere, in essa, a gloria di Dio<br />
e per il bene dei fratelli.<br />
Questa lunga premessa era necessaria: anche se il nostro è stato<br />
solo un breve accenno al modo con cui dovremmo impostare i nostri<br />
problemi. Era necessaria perché il risultato della reciproca collaborazione,<br />
l'incidenza nella nostra azione apostolica li deduciamo dai contenuti<br />
biblici, teologici, spirituali che noi siamo disposti a dare ai termini<br />
«Chiesa locale» e «Comunità religosa ».<br />
10) Se per noi la «Chiesa locale» non è un pezzo di Chiesa, né una<br />
Chiesa dipendente, ma è la Chiesa universale di quel territorio di cui è<br />
realtà ed immagine; se per noi la «Chiesa locale» - pur non esaurendo<br />
la pienezza della Chiesa universale» - è tuttavia la Chiesa, una,<br />
santa, cattolica, apostolica, che esiste ed agisce in un dato posto; se<br />
per noi la Chiesa non si esaurisce in organismi e strutture, né è una confederazione<br />
di diocesi, o il vertice di chiese particolari, ma è la «plebs<br />
saneta », raccolta dai quattro angoli della terra - per usare una immagine<br />
della liturgia dei primi secoli - perché unita da una sola fede,<br />
dallo stesso battesimo, dallo stesso ed unico pane, dallo stesso e solo Dio,<br />
- Padre, Figlio e Spirito Santo - se per noi la Chiesa è una comunione<br />
di uomini, convocati dalla potenza dello Spirito a formare un solo corpo,<br />
vivo ed operoso, e non un blocco monolitico, posto nel cuore di una<br />
regione, di una città, del mondo; se per noi la Chiesa non è il territorio,<br />
ma il Vescovo e la comunione con lui; se per noi la Chiesa non è una<br />
associazione di persone che si distinguono per intelligenza e capacità o<br />
un gruppo di iniziati, psicologicamente affini nei gusti e nelle scelte e nella<br />
stessa terminologia; se per noi la Chiesa non è tutto questo, ma è<br />
«il dono dello Spirito », che «qui» ed «in questo momento» si serve<br />
di noi per annunciare il «mysterium Crucis » e la «potentia Dei » che<br />
in esso si rivela; se la Chiesa è «il Iuogo » dove l'uomo si riconcilia con<br />
Dio, per riconciliarsi veramente con i fratelli; dove la tristezza può<br />
trasformarsi in gioia intensa; «il Iuogo » dove il Signore, povero, casto,<br />
16 «Peicoloçna dell pl1'ofondo e vocazione », VoI. I: le persone, VoI. II!: le istituzioni.<br />
VoI. ILI: motivazioni di entrata e di abbandono. Ediz. Marietti. Torino<br />
1975""\1977.
-7- (163)<br />
obbediente è preso «sul serio» e se ne tirano tutte le conseguenze; se<br />
la Chiesa è «il luogo» dove l'uomo è accolto, cercato, amato per quello<br />
che è, e non per quello che vorremmo fosse; se la Chiesa è «il luogo»<br />
dove si proclama « semplicemente », ma «decisamente» che ciò<br />
che è saggio per l'uomo orgoglioso è stoltezza per Iddio;" se la Chiesa<br />
è « il luogo» dove ciò che si lascia ci viene restituito; ciò che si smarrisce<br />
si ritrova; chi si perde viene cercato e chi se ne va lo si attende<br />
con un cuore gonfio di dolore:" se la Chiesa è «il luogo» dove nella<br />
pazienza del tempo e sopportando la fatica del giorno e del caldo," si<br />
pianta, lasciando ad altri di raccogliere" e si costruisce nella carità,"<br />
perché anche un bicchier d'acqua «ha peso immenso »;22 se la Chiesa<br />
è «il luogo» dove si muore per vivere veramente ..?3 allora noi, stiamo<br />
camminando e la Chiesa si sta edificando, nonostante gli smarrimenti,<br />
le soste, il rifiuto, il peccato dell'uomo."<br />
Se la « Chiesa locale» è questo, allora la «Comunità religiosa» che<br />
ritrova il suo motivo di essere nella radicale «sequela Christi» e pone<br />
se stessa di fronte agli uomini come «comunione di fraternità e di perdono<br />
»; come «luogo» ove sono dimenticati i privilegi e superate le<br />
barriere di razza e di origine; dove chi è rifiutato e si sente inutile può<br />
dare un contributo insostituibile all'avvento del Regno di Dio; dove il<br />
« servizio» e la «disponibilità» verso gli altri sanno far «spreco» non<br />
solo del tempo, ma della propria persona perché altri goda, allora la « Comunità<br />
religiosa» nella « Chiesa locale» ha un senso profondo, anzi,<br />
direi, la «Chiesa locale» nel suo «vertice» dovrebbe riconoscersi nella<br />
«Comunità religiosa ».25<br />
2°) La Chiesa si trova nel mondo ed opera nel mondo. Scriveva s.<br />
Bernardo: «habet mundus iste noctes suas et non paucas ». Ogni epoca<br />
ha le sue tenebre. Il nostro tempo è quello che è. L'introduzione della<br />
« Gaudium et Spes» ha cercato di tracciare un profilo del nostro tempo<br />
con le sue contraddizioni, le sue incertezze, le sue gioie, le sue an-<br />
17 Paolo, I Coro c. ,r. vv, 21-213.<br />
18 Luca, 'c. XIV, vv .. '111-312·.<br />
19 Matteo. C. XX, VV . .1-16.<br />
20 Giovanni, C. IV, VV. 3'7 SS.<br />
21 I Giov. C. nr, VV. 11-2C3; C.• W, V. hl.; 2 Giov. ·C. V.<br />
22Matteo, C. XXV, VV. 311.-4,6.<br />
2,3 Giovanni. C. XI, V'v. .25,-27.<br />
24 Atti degli Apostoli, C. IV, vv, 1-3:5.<br />
25AA.VV .. «La Comunità religiosa lO. Ediz. Alma mater. Roma, s.d. (con ampia<br />
bìbltografia). DIVO' BARSOTTI, «Meditazione sugli Atti de,gli Apostoli lO. Ediz. Querìnìana<br />
1007. pp. 86,-98 e passìm.
(164) -8-<br />
goscie. Il nostro mondo sembra non sappia vivere il giusto equilibrio tra<br />
ricchezza e povertà; tra libertà e schiavitù; tra sessualità ed amore. Le<br />
tre componenti fondamentali dell'uomo: autonomia, ricchezza e sessualità<br />
si impongono e piegano l'uomo in balia della propria forza distruttiva.<br />
Ci sono già le «scienze dello spirito» che gridano al pericolo:<br />
l'uomo che diviene misura di se stesso, smarrisce la sua vera dimensione<br />
e si riduce ai «nutrimenti terrestri ».26L'uomo che diviene misura di<br />
se stesso si chiude nell'orizzonte del tempo ed edifica la sola città terrena,<br />
sicuro di trovare la felicità. L'« Altro », «Il totalmente Altro »27gli<br />
si fa estraneo, muto. La Chiesa si pone in questo progetto dell'uomo come<br />
momento di rottura, ma non senza difficoltà. Proprio perché essa vive<br />
la tensione tra profetismo e sacerdozio, tra struttura e libertà, può<br />
rischiare i compromessi più equivoci con il mondo. Qui la «Comunità<br />
religiosa », nella «Chiesa locale », potrebbe essere chiamata, dallo Spirito,<br />
a compiere i grandi gesti di orientamento e di guida. Il religioso,<br />
nella «Chiesa locale », ai fratelli di viaggio ed agli stessi fratelli di fede<br />
ricorda che il mondo non è tutto e che l'uomo è troppo grande per potersi<br />
bastare:" che il pane del giorno non toglie definitivamente la fame<br />
se non si ricerca quell'altro «pane di vita »;29il religioso e la «Comunità<br />
religiosa» potrebbero avere una funzione di lucidità e di reazione<br />
contro ciò che può rendere la «Chiesa locale» serva di ciò che intende<br />
servire.<br />
E se il religioso fosse chiamato ad essere quel misterioso personaggio<br />
sul ponte della nave, sommersa e distratta nella festa di bordo, di<br />
cui parla S. Kierkegaard nella sua opera «L'Istante », che prevede ed<br />
annuncia la presenza di un iceberg? C'è sempre stata storicamente, nella<br />
chiesa, la presenza di questi religiosi. S. Caterina, S. Francesco, lo<br />
stesso Savonarola sono doni che Dio fa alla sua Chiesa. E la «Chiesa<br />
locale» ha il diritto di attendere da noi questa presenza vigile, ma deve<br />
anche accettare il giudizio che la «Comunità religiosa» può compiere<br />
su di essa ... altrimenti estromette dal suo seno lo spirito profetico<br />
che è parte fondamentale della sua vita."<br />
:26 KONRAD J:..,ORENZ, «Gli otto peooa.ti oap,i,taILideLLa nostra civilità s , Ediz. Adelii.<br />
19'7'4. iERICU FROMM, «Anatomi.a della distruttività umanClJ». Mondadori, Milano<br />
191'75e dello stesso: «Avere o Essere", lvi 1917r7. Cf'r. il puntualizzante studio di<br />
FILIPPO LIVERZIANI. Il senso d.eN,aouo. di fronte ,wu'a morte, in «Renov,atio », anno<br />
xr, n. 2 pp. 1,s17
-9- (165)<br />
Il religioso non è contro l'autonomia, la ricchezza, il sesso: egli non<br />
è un disadattato né un frustrato, che ha trovato nella «Comunità» un<br />
rifugio ed una copertura alla sua debolezza; egli è un uomo che giornalmente<br />
e lucidamente prende le debite distanze da queste realtà ambigue."<br />
La temporalità con i suoi ritmi di acquisto e di ammasso, di<br />
successo e di autonomia, di sessualità attesa, vissuta e realizzata, può<br />
essere misurata con i ritmi dei giorni, dei mesi, degli anni, ma può anche<br />
essere misurata con il ritmo dell'eternità, per cui principio e fine,<br />
energia e debolezza, esplosione vitale e decrepitezza, acquisto e perdita,<br />
successo e dimenticanza si saldano «in quell'istante eterno », misteriosamente<br />
intravisto dal religioso." «Non abbiamo qui una città permanente,<br />
ma cerchiamo la città celeste ».33 Di fronte ad un mondo e ad una<br />
Chiesa che cerca la sosta, la stabilità, la sicurezza, la «Comunità reli-<br />
giosa » può e deve annunciare la «peregrinazione» come «status vitae »<br />
del popolo di Dio, e deve smascherare la precarietà delle stesse istituzio-<br />
. ni e degli stessi sacramenti, nei quali la Chiesa vive la «figura huius<br />
mundi », Già la «Lumen Gentium» affermava: «fino a che non vi saranno<br />
nuovi cieli e terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora<br />
(cfr. 2Pt. 3, 13), la Chiesa peregrinante, nei suoi sacramenti e nelle sue<br />
istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura fugace di<br />
questo mondo, e vive tra le creature, le quali sono in gemito nel travaglio<br />
del parto fino ad ora e sospirano la manifestazione dei figli di Dio »<br />
(Cfr. Rom. 8, 19_22).34<br />
Per questo i religiosi compiono per la Chiesa e nella «Chiesa locale»<br />
una funzione «sacramentale» nel senso forte che oggi si dà a questo<br />
termine. Infatti, nonostante le debolezze di coloro che scelgono la<br />
vita religiosa e nonostante gli inevitabili insuccessi, essa, scrive il P. J. M.<br />
Tillard «richiama la Chiesa ed il popolo di Dio a ciò da cui la sua natura,<br />
la sua missione e la sua fedeltà dipendono radicalmente. Essa esprime,<br />
in maniera violenta e nella vita umana, «il davanti a Dio» che è,<br />
per la Chiesa e per il cristiano, la realtà fondamentale da cui tutto dipende."<br />
31 AA.VV. « La povertà relrgiosa », Roma ,197i5. AA.VV. «La povertà evangelica<br />
». IEdiz. Queriniana. Brescia, 197>3.AA.VV... Il celibato per il Regno ». Edìt.<br />
Ancora 191717'. LEONARD BOFF, «Vita religiosa e liberazione ». Ediz. Queriniana 1976.<br />
J. M. TILLARD, - Reltgieux sur les chantiers des hommes » , Lumen vìtae, :1.9154,n. 2<br />
(estratto).<br />
3Z «Voti religiosi e percezione del tempo» di L. L. Vallaurt, in x Temporalità<br />
e Alienazione » , Archivio di Filosofia. Cedam, Padova: 1975. Pp. '2i4:l9i-2'70.<br />
33Lettera agli Ebrei, c. XIII, v. 14 e '8S.<br />
34Ediz~ Cit.<br />
35 J. M. TILLARD, op. cito
(166) -lO -<br />
3°) Non si comprendono allora certi persistenti giudizi e, direi, pregiudizi<br />
sui religiosi. Si resta alquanto perplessi, per non dire altro, di<br />
fronte a certe scelte e decisioni della « Chiesa locale» con l'esclusione dei<br />
religiosi. Si soffre una certa emarginazione quasi fossimo una «realtà autonoma<br />
», realizzata nella sua struttura; non si può più accettare una presenza<br />
di ripiego e di supplenza, destituita di ogni responsabilità, nelle<br />
nostre «Chiese locali ». Nella «Christus Dominus» si legge: «tutti i sacerdoti,<br />
sia diocesani che religiosi, in unione con il vescovo, partecipano<br />
all'unico sacerdozio del Cristo; sono provvidenziali cooperatori dell'Ordine<br />
episcopale »; «i religiosi sacerdoti, sono da considerarsi come appartenenti<br />
al clero diocesano »; «l'esenzione non impedisce che i religiosi<br />
siano soggetti alla giurisdizione dei vescovi a norma di diritto »; «il Vescovo<br />
coordina ed unisce le opere di apostolato, perciò tutte le iniziative<br />
di ordine catechistico, missionario, caritativo, sociale, familiare, scolastico<br />
ed ogni altro lavoro mirante ai fini pastorali devono tendere ad una azione<br />
concorde dalla quale sia resa ancora più palese l'unità della diocesi ».36<br />
Nella pratica, però, spesso, le cose possono essere diverse. «I Religiosi»<br />
debbono dichiarare che l'Ecclesiologia è incompleta senza la parte che<br />
lo Spirito Santo ha assegnato ad essi e debbono riconoscere che la teologia<br />
della «Vita religiosa» è inconcepibile se non viene inquadrata nella<br />
comunione concreta con la « Chiesa locale ». « Ai Religiosi» spetta il compito<br />
di sollevare la «Chiesa locale» dalle strettezze e dagli aspetti giuri-<br />
dici che a volte prevalgono; spetta di accelerare un trapasso dalla Chiesa<br />
territoriale, distributrice di compiti ed organizzatrice di lavoro, ad una<br />
chiesa che è «comunione », incontro di credenti.<br />
La «Chiesa locale» è l'amore di Dio «qui» e «ora» - per questo<br />
popolo, come la « Comunità religiosa» è la proclamazione di questo stesso<br />
amore «qui» e «ora », che sta amando, salvando degli uomini e delle<br />
donne, che ne hanno fatto lo scopo della loro vita." «Il Religioso; vive<br />
la sua dimensione nella « Chiesa locale» e con un gruppo umano nel quale<br />
è segno della fedeltà con cui si segue il Cristo e realizza la sua missione.<br />
Tante volte, però, la «Comunità religiosa» resta chiusa nel suo<br />
mondo e nel1a sua ambizione e non solo non sa nulla di quanto avviene<br />
intorno ad essa, ma se ne disinteressa completamente.<br />
37 ANGELO'VIGANÒ.«I religiosi nella pastorale e nell'or-ganico della diocesi ».<br />
Collana «Vita deHa Chiesa» n. 13,. Ediz. Elle di ci. Torino 19177'. ,(con breve bi-<br />
,bUografia). MICHELEiPELLEGRINO', «r religiosi e le religiose nella pastorale diocesana<br />
»,<br />
tiche.<br />
ìvi 1,97:1. Nei due studi si trovano molti suggerimenti ed indicazioni pra
-11- (167)<br />
4°) Se ora ci domandassimo quale dovrebbe essere il ruolo specifico<br />
della «Comunità religiosa» nella costruzione della «Chiesa locale », la<br />
risposta la riassumerei in una serie di enunciati, sui quali invito a riflettere.<br />
La «comunità relgiosa» dovrebbe aiutare la «Chiesa locale» ad essere<br />
una «comunità di fiducia e ;pi speranza », aperta ai suggerimenti ed agli<br />
inviti dello Spirito; una «comunità di servizio per Dio e per l'uomo »,<br />
nella povertà dei mezzi e negli stessi servizi apostolici.<br />
La «comunità religiosa» dovrebbe aiutare la «Chiesa locale» ad essere<br />
ricercare una «fraterna unità pastorale», con l'incontro e l'informazione,<br />
con la «comunione di amicizia» fra clero e religiosi, con la preghiera ed<br />
il sacrificio. La «Comunità religiosa» dovrebbe tendere ad una collaborazione<br />
pastorale sempre più stretta e responsabile, partecipando alla<br />
programmazione di un «piano pastorale comune », nella suddivisione dei<br />
compiti e nell'impiego di tutte le forze valide. La «Comunità religiosa»<br />
proprio perché più libera dovrebbe ridestare, nella «Chiesa locale », inventività,<br />
creatività e coraggio nelle iniziative e nella formazione e pre-<br />
. parazione specifica di operatori pastorali."<br />
Siarrio sempre convinti, però, che è possibile trovare delle soluzioni<br />
e metterle in atto solo là dove la riflessione sulla «Chiesa» e sulla «Vita<br />
religiosa », presente in essa, sarà capace di cogliere quei livelli di profondità<br />
biblici, teologici, spirituali di cui abbiamo cercato di parlare.<br />
38 Ediz. cito
LEZIONI DI UN CONVEGNO"<br />
di P. MALACHIA FALLETTI<br />
Si è tenuto presso i Padri Silvestrini di Fabriano da] 27,settembre al<br />
1 ottobre, il secondo Convegno Monastico Intercongregazionale sultema:<br />
« Il monachesimo in Africa, America Latina, Asia e Australia ». F;.' .ancora<br />
prematuro fare un consuntivo di questa assemblea monastica elie'}J_a<br />
visto riuniti 126 convegnisti, prevalentemente italiani, Illa con una tolta<br />
rappresentanza di monaci del terzo mondo; solo la lettura' attenta di 'tutti<br />
i contributi che verranno pubblicati tra breve dai benedettini di Parma,<br />
ci permetterà di cogliere tutta la ricchezza del materiale ~esso' a<br />
nostra disposizione nelle varie relazioni e comunicazioni.<br />
Dal tema svolto si potrebbe pensare che si sia trattato di up. convegno<br />
di pura informazione, per metterei, al' corrente di quello elle è<br />
stato fatto dalle famiglie benedettine nel cosidetto terzo mondo, , senza<br />
che questo serva molto ad una riflessione' sul monachesimo benedettino<br />
in Europa e specialmente in Italia.<br />
L'informazione certamente c'è stata e di prima mano. Si è potuto<br />
spaziare sui diversi mondi in cui la Regola di Benedetto ha manifestato<br />
la sua fecondità. L'informazione ci ha' fatto, vedere come la Regola si<br />
è incarnata nelle diverse culture, le difficoltà e le resistenze che si sono<br />
frapposte a questa inculturazione, i travagli dei fondatori europei," il passaggio<br />
in via di realizzazione e completamento da un monachesimo di importazione<br />
ad un monachesimo autoctono.<br />
Ma c'è stato qualcosa di più che una pura informazione, che è già<br />
di per se stesso utile e importante. C'è stata infatti una riflessione su tutti<br />
questi esperimenti missionari, si sono colte delle linee direttrici, e si<br />
è intuito una convergenza di tutto il mondo benedettino su alcune questioni<br />
di fondo che non sono solo africane, indiane o dell' America Latina,<br />
ma sono vitali per tutto il monachesimo, anche quello occidentale;<br />
L'elemento più importante emerso da questa riflessione è la tendenza<br />
ad una vita più comunitaria e contemplativa: il monastero benedettino<br />
trova sempre più il suo ruolo specifico nella Chiesa del dopoconcilio, come<br />
« schola dominici servitii»: casa di preghiera, di accoglienza, di pace<br />
e di lavoro. E' questa la sua missione apostolica oggi, e quanto più si<br />
dedica a questo, tanto più diventa feconda e si arricchisce di nuovi membri.<br />
La preoccupazione missionaria attiva in Africa e in Asia e quella parrocchiale<br />
in America Latina hanno trovato un ridimensionamento evitando<br />
che i monaci, per esercitare un ministero certamente importante, lasciassero<br />
priva la chiesa locale del ministero loro più specifico: la vita di<br />
preghiera, senza la quale una comunità cristiana non è completa. Tale ri-
-13- (169)<br />
dimensionamento se ha spinto a limitare l'apostolato diretto in una piccola<br />
,e -limitata porzione di Chiesa, ha dato la possibilità di una più vasta<br />
irradiazione apostolica e una incisività più profonda.<br />
Queste riflessioni sulle varie relazioni fatte emergere dall'abate generale<br />
-di Vallombrosa, don Russo, fino a pochi mesi fa missionario in Brasile"e<br />
latore' di una sofferta esperienza. in America Latina, è stata ripresa<br />
dall'abate di Noci don Magrassi come riflessione per i monasteri italiani<br />
che cercano nel rinnovamento il loro vero e autentico posto nella chiesa<br />
locale.<br />
La' riflessione sui monachesimi non cristiani ha permesso di approfondire<br />
questo argomento, illuminando di nuova luce gli sforzi del rinnovamento<br />
del-monachesìmo cristiano.<br />
Il prossimo Convegno Monastico che si terrà nell'estate del 1979 a<br />
Parma avrà co,!lle scopo di fare un consuntivo degli sforzi di rinnovamento,'<br />
del monachesìmo dopo il Concilio Vaticano II per scoprirne le<br />
linee direttrici e, riflettere sulla fedeltà della vita monastica alla volontà<br />
di, Dio. Mi auguro che la partecipazione al prossimo convegno sia ancora<br />
più imponente non solo da, parte del benedettini confederati ma<br />
ancheda parte dei cistercensi di entrambe le osservanze che fin'ora hannOfflvut?<br />
una partecipazione molto limitata. Si desidera soprattutto che<br />
siano presenti i giovani che sono il futuro del monachesimo.<br />
CISTERCENSI DI IERI E DI OGGI<br />
GUGLIELMO DI SAN TEODORICO<br />
Nato, a Liegi _nel Belgio verso il 1070 da una nobile famiglia, compì<br />
i suoi studi a Laon. Entrato tra i benedettini a Reims nell'abbazia di<br />
S. Nicasio, nel 1129 passò alla vicina abbazia di, San Teodorico essendovi,<br />
stato eletto abate. Grande amico di S. Bernardo, ne diviene il sostenitore<br />
incondizionato. Guglielmo vuole mettere S. Bernardo dappertutto,<br />
lo interroga, su tutto, vuole che intervenga su tutti gli affari della<br />
Chiesa di una certa importanza; vuole anche abbandonare la sua abbazia<br />
per raggiungerlo a Clairvaux, ma Bernardo, non lo permette, ritenendolo<br />
più utile, a capo dell'abbazia di S. Teodorico.<br />
Di costituzione gracile sarebbe stato più indicato per una vita tranquilla<br />
lontano dagli affari; spirito incline alla preghiera sarebbe stato<br />
portato-ad una: vita, di perfetta solitudine, ma il suo temperamento volitivo,<br />
qualche volta aggressivo lo spingerà alla realizzazione di un ideale
(170) -14 -<br />
per lui molto difficile. Esperimenterà una lunga crisi che terminerà con<br />
l'abbandono della carica di abate e del suo stesso monastero per entrare<br />
a Signy, un monastero cistercense di recente fondazione e relativamente<br />
vicino a Clairvaux dove vive il suo amico Bernardo. Nella nuova<br />
durissima vita l'ex abate trova delle difficoltà qualche volta insopportabili,<br />
che solo una fede ardente unita ad una pietà profonda gli permetteranno<br />
di superare. In una delle meditazioni in cui parla di queste sue<br />
difficoltà, rivolgendosi al Signore, scrive: «Pietà di me, Figlio di Davide.<br />
Non riesco a seguirti. Sono un povero cieco. Pietà di me. Mi hai invitato<br />
a seguir ti ma mi manca la forza per correre dietro a te. Pietà di<br />
me, Figlio di David. Abbiate pietà di me almeno voi, anziani servitori<br />
del mio Dio, e dite al mio Signore: Dagli retta perché grida verso di<br />
noi» (Med. XI).<br />
Guglielmo resterà sempre il portavoce di Bernardo, che nelle controversie<br />
fra Cluniacensi e <strong>Cistercensi</strong> gli dedicherà nel 1124 la famosa<br />
«Apologia a Guglielmo» e dopo pochi anni il «De gratia et libero arbitrio<br />
». Con Bernardo entrerà a combattere gli errori di Abelardo e<br />
mentre il maestro scrive un trattato sugli errori di Abelardo egli scrive<br />
una «Disputatio adversus Abaelardum ». Nel 1144 soggiornò brevemente<br />
presso i certosini della Certosa di Mont Dieu e a loro richiesta<br />
scrisse la famosa «Epistola aurea ad fratres Montis Dei », uno dei migliori<br />
trattati di vita monastica, per lunghissimo tempo attribuito alla<br />
penna di San Bernardo stesso.<br />
Benché sia morto prima di S. Bernardo, è stato il primo biografo<br />
del santo abate ed amico, con la sua opera «Vita Bernardi» restata necessariamente<br />
incompiuta e terminata da Goffredo d'Auxerre.<br />
Di lui scrive H. Tribout de Morembert: «Di grande cultura, conosceva<br />
bene Platone e Seneca, come Origene e S. Atanasio, S. Basilio e<br />
S. Gregorio di Nissa. Era uno scrittore che possedeva una logica sicura,<br />
dall'insegnamento conciso e sfumato. Il suo talento letterario è senza<br />
dubbio inferiore a quello di S. Bernardo e il suo spirito meno vasto,<br />
ma egli raggiunse l'abate di Clairvaux sul piano della teologia mistica.<br />
E' un direttore di anime con una fede profonda che egli vuol fare pervenire<br />
a quelli che con lui si confidano; è un uomo di preghiera che<br />
vive nella intimità del Cristo, in seno alla Trinità. «Vedere la faccia di<br />
Dio »: questo è per Guglielmo il senso del destino dell'uomo: in mancanza<br />
di tale visione, tenuta in serbo per il cielo, possiamo conoscere<br />
Dio in questo mondo con la fede e meglio ancora, grazie allo Spirito<br />
Santo e secondo l'espressione del santo monaco, con la «fede illuminata<br />
» cioè « la conoscenza mistica ».
LETTERA PASTORALE<br />
La cura delle vocazioni e la speranza nella vita futura dell' Ordine<br />
Fr. Sighardo Kleiner, Abate generale Cistercense porge a tutti. gli<br />
Abati, alle Abadesse, ai Priori e alle Priore conventuali e a tutti i fra-<br />
telli del nostro Ordine il suo saluto e benedizione copiosa nel Signore.<br />
Nel nostro Ordine non sono pochi gli Abati, le Abadesse e le stesse<br />
comunità che nel proprio monastero vedono come i casi di morte sono<br />
più frequenti mentre le professioni divengono più rare. E coi nostri Padri<br />
di Citeaux deplorano «che in questi giorni raramente qualcuno venga<br />
da loro ad imitare la loro vita» (Exordium parvum 16). E veramente,<br />
in questi ultimi anni, i dati statistici dimostrano che tanto presso le<br />
monache quanto nei monasteri maschili è diminuito il numero dei po-<br />
stulanti e dei professi ed è cresciuto il numero di coloro che hanno abbandonato<br />
l'Ordine sia durante il noviziato, sia dopo aver emessa la<br />
professione temporanea e perfino dopo la professione solenne e l'ordinazione<br />
sacerdotale.<br />
Il fenomeno generale<br />
Gli storiografi (vedasi per la Francia Paul Vigneron, Histoire des cri-<br />
ses du clergé français contemporain) dimostrarono che fra le due guerre<br />
mondiali l'aumento delle vocazioni ecclesiastiche fu generale e che solo<br />
in seguito la loro lenta e quasi continua diminuzione divenne più o meno<br />
frequente nelle regioni che godono del progresso industriale. La di-<br />
minuzione del numero dei postulanti però non deve necessariamente attribuirsi<br />
alla mancanza di attrazione dell'Ordine, poiché essa grava in<br />
egual modo su tutto lo stato ecclesiastico. Ciò appare anche dal fatto che<br />
nel periodo intercorrente fra le due guerre mondiali il nostro Ordine, in<br />
debita proporzione, crebbe di numero non meno di altri istituti, sia a<br />
motivo di fondazioni o aggregazioni dei nostri cenobi, sia per l'aumento<br />
delle professioni nei monasteri già esistenti. Anzi si può dire che nei primi<br />
decenni del secolo in corso il nostro Ordine raddoppiò quasi il numero<br />
dei suoi membri.<br />
Anche in altri periodi della storia nella Chiesa o in alcuni suoi paesi<br />
di diffusione ci fu una grande penuria di vocazioni ecclesiastiche; a tali<br />
periodi succedevano tempi di grande fecondità che ebbero ripercussione<br />
sul destino dell'Ordine o dei nostri monasteri.
(172) -16 -<br />
L' ambito del presente tema<br />
In quanto la presente considerazione tratta della futura speranza<br />
di vita cistercense, essa svolge il tema specialmente dal punto di vista<br />
delle vocazioni che vi affluiscono.<br />
Ognuno sa che anche altri egra vi eventi possono sopravvenire e<br />
recidere la speranza in una futura vita dell'Ordine. L'Illuminismo e la<br />
Secolarizzazione durante i due secoli decorsi soffocarono in vari modi<br />
la vita dei nostri monasteri. Già la Riforma protestante aveva annientato<br />
molti conventi dell'Ordine. Nel Definitorio celebrato a Hauterive nel<br />
1948, la prima riunione dei Padri dell'Ordine dopo l'ultima guerra, l'Abate<br />
generale D. Edmondo Bernardini aveva esclamato: «E' misericordia<br />
del Signore che non siamo stati annientati », poiché non pochi monasteri<br />
erano sfuggiti dal nuovo pericolo di una totale soppressione, anche<br />
se altri più tardi furono purtroppo soppressi.<br />
Queste soppressioni di monasteri o anche il timore che accadano<br />
può dare impulso - e di fatti lo diedero - ad intraprendere nuove<br />
fondazioni, ciò che sembra essersi verificato poco tempo fa nel Viètnam.<br />
Dal noviziato della Gran Trappa è sorto l'Ordine della Stretta Osservanza<br />
come sussiste oggi. Nel nostro Ordine i nuovi monasteri furono fondati<br />
ultimamente almeno in parte anche per timore della soppressione<br />
nazista, secondo la parola del Signore: «Se vi perseguitano in una città,<br />
fuggite in un'altra» (Mt lO, 23).<br />
Nella presente lettera non viene però considerato quest'aspetto della<br />
questione. La situazione attuale ci spinge piuttosto a chiederci che cosa<br />
si può fare da parte nostra per attirare delle vocazioni e che cosa può<br />
distogliere i giovani dall'ingresso nei monasteri dell'Ordine.<br />
L'attesa dei giovani<br />
I giovani che sentono l'impulso loro dato dal Signore di seguirlo più<br />
da vicino in una vita a Lui consacrata, cercano deliberatamente una<br />
via particolare e conforme alle proprie aspirazioni. Nel loro giovanile<br />
ardore essi aspirano ad alti ideali e li esigono, non si accontentano della<br />
mediocrità. A loro dispiace se ciò che si predica e si annuncia, non viene<br />
condotto ad effetto, se quelli che vengono loro preposti quali maestri<br />
o loro uniti come compagni di via, non vivono come a loro sembra,<br />
secondo il loro santo proposito e non vi aderiscono con sincero amore.<br />
I giovani sopportano di malgrado un disaccordo fra la vita e la dottri-
-17 - (173)<br />
na. In altre parole, il giovane che cerca la sua strada, confronta consciamente<br />
o inconsciamente l'immagine del suo proprio ideale, con la realtà<br />
quotidiana. La fermezza e la perseveranza della sua adesione psicologica<br />
dipendono dalla minore o maggiore coincidenza della realtà con la<br />
immagine ideale che il giovane porta in sé. Con ciò si spiega che - co-<br />
me dimostrano certi dati statistici - le vocazioni religiose subiscono<br />
meno frequentemente una crisi durante la prova del noviziato che non<br />
dopo l'emissione della prima professione, perché la conoscenza della<br />
realtà e la sua discrepanza dall'ideale cresce col passar del tempo. In<br />
questa crisi di vocazione il giovane ha bisogno dello speciale aiuto del<br />
maestro che gli indica come le sue alte e sublimi intenzioni sono pur<br />
subordinate agli sforzi dei confratelli e solo se vengono tradotte in una<br />
realtà concreta ed umana si possono effettuare con perfezione sempre<br />
maggiore. In questo sforzo anche il suo contributo di pazienza gli sarà<br />
utile. In nessun modo però il giovane dev'essere distolto dalla speranza<br />
di raggiungere una maggiore perfezione, purché essa proceda da un amo-<br />
re sano ed equilibrato.<br />
L'immagine ideale dell'Ordine<br />
Applicando quanto fu detto al nostro Ordine, sorge ora la questione:<br />
quale sarà l'idea dell'Ordine che il giovane avverte e si forma e quali<br />
possono essere i motivi della discordanza fra l'immagine ideale e la<br />
vera realtà?<br />
Non è facile farsi un'immagine obiettiva dell'Ordine e non è nem-<br />
meno necessario. Approssimativamente lo sappiamo tutti, quello che<br />
discorda dal suo vero ideale e quello che gli è consono. Colui che si<br />
forma un'immagine esistenzialista dell'Ordine, in cui a tutte le manife-<br />
stazioni di vita che appaiono nel suo ambito anche se eterogenee, viene<br />
attribuito e concesso lo stesso diritto di domicilio, vuole concordare troppe<br />
cose e di conseguenza non concorda nulla e non convince il ricerca-<br />
tore sincero. Chi si forma un'idea dell'Ordine troppo statica, gli nega<br />
il diritto di una sana ed organica evoluzione. Il Capitolo Generale speciale<br />
dell'Ordine nella «Dichiarazione sulla vita cistercense odierna»<br />
cercò di rappresentare l'immagine pratica dell'Ordine. Bisogna certamen-<br />
te fare una distinzione fra gli elementi costitutivi dell'Ordine Cistercen-<br />
se che derivano dalla sua origine e storia, dalle intenzioni dei Fondatori
(174) -18 -<br />
e dal suo carattere monastico e fra gli elementi secondari che più o<br />
meno si possono conciliare col suo carattere costitutivo ed acquisirono<br />
una certa giustificazione da un'evoluzione puramente storica.<br />
L'ideale dell'Ordine nella considerazione dei giovani<br />
Un giovane che cerca un Ordine e più concretamente un monastero<br />
che sembrano rispondere alle sue aspirazioni, in generale non pos-<br />
siede una immagine veramente obiettiva dell'Ordine o del monastero.<br />
Nella sua ricerca viene guidato da un ideale che risponde solo parzialmente<br />
alla realtà, da un'immagine soggettiva che egli stesso si forma nel-<br />
le circostanze in cui conosce i religiosi, e osservando gli indizi da cui<br />
può discernere lo spirito dell'istituzione. Quest'immagine soggettiva nel<br />
corso del tempo si completa oppure si corregge subentrando l'immagine<br />
obiettiva e completa dell'Ordine o del monastero. Durante questo periodo<br />
attraverso le notizie acquisite sull'Ordine, il giovane o viene rafforzato<br />
più saldamente nella sua intenzione o acconsente illuso o sem-<br />
plicemente recede.<br />
Di proposito qui non vogliamo trattare delle cause soggettive che<br />
possono spingere il giovane a retrocedere. A noi incombe piuttosto l'uf-<br />
ficio di esaminare le cause che si interpongono da parte dell'Ordine, delle<br />
sue istituzioni e dei suoi membri nella formazione della vocazione,<br />
cioè dobbiamo vedere quali siano le nostre mancanze. Infatti non ci è<br />
lecito gettare un sasso contro il giovane che ci abbandona, perché forse<br />
il nostro modo di agire o di essere non seppe risvegliare in lui tutte le<br />
forze della natura e della grazia per seguire veramente il Signore o in<br />
lui a poco a poco si provocò delusione e scoraggiamento perché non trovò<br />
ciò che cercava. Ma nessuna colpa grava sull'Ordine, sulle Comunità<br />
o sui Superiori se qualche giovane si allontana, per mancanza di voca-<br />
zione o perché fu deluso da aspettative esagerate.<br />
Perciò giova molto ricercare con tutta la sincerità possibile quali<br />
siano i veri e propri contrassegni che il giovane entrando nel nostro Or-<br />
dine in qualche monastero cerca consciamente o inconsciamente. E' suf-<br />
ficiente che fra questi segni noi scegliamo quelli che più interessano il<br />
giovane e che più specificatamente delineano l'immagine ideale che si è<br />
proposta ricercando la forma e la meta della sua vita.
La presenza di Cristo nella Comunità<br />
-19 - (175)<br />
Si dice che al giorno d'oggi i giovani cercano soprattutto la vita co-<br />
munitaria. Però un'amichevole comunanza coi fratelli non li soddisfa affatto<br />
stabilmente se non vi trovano Gesù Cristo presente, quale centro di<br />
vita, delle loro intenzioni ed aspirazioni, di speranza e di carità. Dove<br />
Cristo è presente non solo per la fede accettata con l'intelletto ma come<br />
potente reggitore della vita, amico di ogni ora ed anima e fine di ogni<br />
operosità, là il giovane trova il Cristo vivo e non si stacca da Lui se non<br />
quando ama più il mondo che Cristo.<br />
Lo spirito del Vangelo<br />
Per mezzo del Suo Vangelo Cristo ha posto inimicizia fra il mondo<br />
che non L'ha conosciuto (cf. Giov. 1, 10), che anzi L'ha odiato (cf. Giov.<br />
15, 18) e coloro che Lo vogliono seguire, che non possono essere del mondo<br />
(cf. ivi, 19), che vivono in mezzo ad una nazione malvagia e perversa<br />
come semplici figli di Dio (cf. Fil. 2, 15). Questo spirito evangelico detesta<br />
ogni specie di opportunismo, rigetta da sè lo spirito mondano ed ogni<br />
patto con esso, respinge la mediocrità. La società umana promuove sempre<br />
più lo spirito del laicismo, allontana Dio dalla vita pubblica, respinge<br />
il dominio di Dio nelle publiche manifestazioni, chiamandolo «clericalismo<br />
». Il giovane che cerca Cristo, entrando nel monastero spera di trovarvi<br />
la città di Dio in cui pensa che vivano degli uomini che se non sono<br />
perfettamente santi, fecero però una scelta decisiva fra il mondo e Dio.<br />
Allo stesso modo il giovane conscio della sua vocazione rifugge dall'esercizio<br />
di una religione abituale, senza forza vitale in cui all'entusiasmo<br />
dell'amore si sostituisce una più o meno vuota esecuzione di cerimonie.<br />
Nel monastero il giovane spera di trovare una comunità che si conosce,<br />
non per vincoli o motivi naturali, ma che è informata dalla fede<br />
ed è spinta dalla carità. Poco gli piacciono l'esagerata cura e sollecitudine<br />
per il patrimonio monasteriale. Lo attira più la semplicità che il lusso.<br />
Non possiamo negare che l'imponenza dei nostri antichi monasteri al giorno<br />
d'oggi sia più atta a suscitare l'ammirazione della gente che ad invitare<br />
i giovani a dividerne la vita con gli abitanti, se essi non godono la<br />
fama di una seria vita religiosa. La gioventù moderna educata socialmente<br />
preferisce vedere una Chiesa povera, inerme, priva di potenza civile.<br />
Per i giovani è difficile conciliare le esigenze della vita evangelica con il<br />
tenore della vita sociale ed economica. Da ciò si spiega l'afflusso più frequente<br />
di giovani verso quegli Istituti religiosi che si distinguono per povertà<br />
e semplicità di vita.
(176) - 20-<br />
"Sotto la guida del Vangelo" (S. Reg. Prol.)<br />
Dobbiamo nutrire ed istruire nella semplicità del Vangelo specialmente<br />
coloro che - parlando in linguaggio spirituale - vengono da lontano.<br />
Nei monasteri e nella solitudine si raccolgono anche dei giovani che<br />
cercano radicalmente di avvicinarsi a Dio, una volta convertiti dalla vanità<br />
del mondo. Il fervore novizio da cui sono spinti al monastero, può illudere<br />
i loro formatori sulla loro scienza delle cose di Dio e sul loro stato<br />
d'animo che non è affatto preparato ad assumere il peso della vita comunitaria.<br />
Perciò se vengono introdotti troppo presto nell'ambito di tutte<br />
le osservanze, dopo breve tempo fuggono scoraggiati dalla via del Signore,<br />
incapaci di distinguere fra quello che vuole Dio e ciò che l'umana fragilità<br />
ha sapientemente istituito per favorire un sano incremento della divina<br />
vocazione. Si devono iniziare col latte del catechismo non col solido<br />
cibo della dottrina monastica. Soprattutto dobbiamo guardarci da una<br />
loro precipitata introduzione in tuti i dissensi dottrinari e nelle imperfezioni<br />
della vita coi fratelli che i giovani non sanno ancora sopportare senza<br />
scandalizzarsi. Dobbiamo offrir loro la soave e forte dottrina del Vangelo,<br />
dalla quale solo gradatamente ed organicamente dobbiamo passare all'insegnamento<br />
della dottrina monastica. Mentre ai monaci stessi è familiare<br />
dedurre il tenore della propria vita dal Vangelo e riconoscere nelle osservanze<br />
della vita comunitaria la voce di Cristo che li invita alla perfezione<br />
dell'amore, per colui che entra in monastero si manifesta solo gradatamente<br />
la connessione tra le «osservanze» e la Regola o fra la Regola<br />
di S. Benedetto e il Vangelo. Il giovane stesso prima di tutto e in tutto<br />
cerca nel monastero una vita secondo la verità evangelica. E per lui è<br />
segno di divina chiamata se in quel monastero la parola di Cristo dirige<br />
e governa la dottrina monastica e la sua prassi di vita.<br />
L'amore verso il proprio stato<br />
Con istinto sicuro il giovane distingue se i membri dell'Ordine nel<br />
proprio monastero sono persuasi dell'utilità e dell'altissimo significato della<br />
propria esistenza, se veramente amano la propria vita monastica con tutto<br />
ciò che contiene, offre ed esige, se esaltano la Regola o contrariamente<br />
la stimano meno o la trascurano, se parlano con riverenza o con disprezzo<br />
delle istituzioni inerenti al proprio stato, dei confratelli e dei Superiori,<br />
se desiderano essere esonerati dal giogo della vita comune o se si adoperano<br />
per sottrarsi ai doveri verso la Professione liberamente ricercata. Le<br />
abitudini contrarie alla propria professione imprimono nell'anima dei giovani<br />
una ferita che a suo tempo può avere una conseguenza mortale. E'
(177)<br />
di grandissima importanza che il giovane impari ad amare di tutto cuore<br />
la sua vocazione dall' esempio degli anziani e ciò non soltanto essendo appoggiato<br />
da motivi secondari quantunque buoni, ma compenetrato dalla<br />
genuina persuasione del sublime senso della sua vita in Cristo e nella vitale<br />
unione con la sua opera di salvezza.<br />
Che cos' è la vera e genuina vita dei <strong>Cistercensi</strong><br />
Il nostro Ordine consiste nel ricercare, conoscere, amare Dio per la<br />
via descritta dalla Regola di San Benedetto e interpretata secondo le intenzioni<br />
dei nostri Padri e le sane tradizioni. Il nostro Ordine è la vita<br />
del Vangelo ordinata secondo la norma della vita monastica cistercense.<br />
Il giovane che entra nell'Ordine in qualche monastero desidera di trovare<br />
con la guida del Vangelo Gesù Cristo che è via al Padre ed aspira<br />
al raggiungimento della perfetta carità con l'aiuto e l'amore dei fratelli.<br />
Anche se all'inizio della sua conversione è attratto dal fervore di opere<br />
esteriori e dallo splendore della vita religiosa, egli comprende presto o<br />
almeno sente che prima di agire deve «essere» qualcosa. Egli riconosce<br />
infatti di non poter giovare agli altri se difetta a se stesso.<br />
Si dice che al giorno d'oggi i giovani tendono all' essenziale mentre<br />
danno meno importanza alle cose secondarie. Coloro che entrano nell'Ordine<br />
vogliono discernere la sua verità ontologica e sperano di scoprirla,<br />
desiderano, come si dice, verificare la sua identità, comparando la sua<br />
immagine ideale che si formarono o appresero con la sua entità reale. E se<br />
vedono una qualche deformità, vogliono scrutarne le ragioni e la sopportano<br />
malvolentieri. Distinguono chiaramente le sane tradizioni dalle false<br />
e senza preamboli dicono che l'Ordine senza ordine non è più un « Ordine»<br />
e che la sua vitalità è sminuita da un pluralismo disordinato.<br />
Questa situazione, a testimonio dell'esperienza rende talvolta incerta<br />
l'adesione dei giovani e labile il loro animo. L'animo si rafforza quando<br />
la prassi concorda con l'idea che la governa. Quando però a causa delle<br />
circostanze non si può ottenere una conformità nelle diverse manifestazioni<br />
di vita, dobbiamo sostituire tanto più il fervore evangelico alla manchevole<br />
concordanza di azioni e di idee.<br />
La frequente consuetudine della preghiera e della" Lectio divina"<br />
Poiché il monaco si conosce dalla sua sincera ricerca di Dio e la sua<br />
opera principale è la lode di Dio e lo studio delle cose divine, la sua occupazione<br />
principale è quella di attendere a Dio. Perciò il nostro S. Padre<br />
Benedetto disponendo il lavoro giornaliero del monaco, riserva un gran-
(178) - 22-<br />
de spazio di tempo all'Opus Dei, cioè all'orazione e alla « Lectio divina »,<br />
cioè allo studio e alla familiarizzazione con la parola di Dio.<br />
Fra i giovani d'oggi si ritrova spesso un vivo e forte impulso all'orazione,<br />
mentre presso di noi si tende a diminuire il dovere del nostro servizio.<br />
Il Concilio Vaticano secondo ai canonici regolari, ai monaci ed ai<br />
conventuali ordina di pregare, oltre alle Laudi, i Vespri, il Mattutino e<br />
la Compieta, ancora tre ore minori in coro (Decr. « Sacros. Concilium, nr.<br />
89 e 95).<br />
La Congregazione del S. Culto Divino, confermando quest'ordine e<br />
approvando l'Istituzione generale dell'Ordine sulla Liturgia delle Ore, 27<br />
nov. 1974, redatta al Capitolo generale, prescrisse che quando qualcuna<br />
delle Ore minori non si può pregare in comune, deve essere recitata privatamente<br />
(cf. Atti della Curia gen. n. 23, del 30 nov. 1974, pago 61 s). Il<br />
Concilio ammonisce pure che assolvendo le Ore si osservi il tempo vero<br />
e proprio (ivi, nr. 94). Quanto alla distribuzione dei Salmi la S. Congregazione<br />
per il Culto divino il 3 settembre 1969 stabilì che tutto il salterio<br />
« potesse essere recitato in uno spazio di tempo non eccedente due settimane<br />
». Anche se giuridicamente parlando, quel rescritto ha perso il suo<br />
valore per il tempo intercorso, esso contiene il monito di ubbidire, ciò che<br />
fu fermamente ritenuto anche da coloro che per primi raccomandarono che<br />
fosse concessa la facoltà di usare il Breviario romano.<br />
Il nostro Ordine come Ordine monastico vuole informare i suoi membri<br />
specialmente alla cosidetta vita contemplativa, cioè alla meditazione<br />
e alla contemplazione dell' Amore Divino rivelato nella Sacra Scrittura. Il<br />
sacro silenzio dell'orazione secondo il giudizio della Chiesa e del popolo<br />
cristiano è proprio dei monaci. La diminuzine dell'orazione frequente non<br />
può forse essere ragione e causa di una minore stima per la nostra professione?<br />
E' necessario almeno esaminare sinceramente se la quantità di<br />
orazione e di «Lectio divina » cosÌ diminuita è congruentemente e veramente<br />
risarcita dall'aumentato fervore. Più spesso infatti accade piuttosto<br />
che quando si riduce l'orazione comunitaria, si diminuisce a poco a poco<br />
anche il fervore che ci spinge quasi naturalmente all'orazione frequente,<br />
e perfino l'attività apostolica incomincia a mancare del sale della sapienza.<br />
Inoltre quando nella « eletta porzione della Chiesa » è rilassata la forza<br />
dell'amore, ben presto «si raffredda la carità di molti » (cf. Mt. 24, 12).<br />
L'abbreviazione dell'orazione comunitaria si suole giustificare anche<br />
con la necessità d'una urgente attività pastorale. Ma bisogna temere che<br />
cosÌ facendo, non facciamo seccare la fonte da cui beviamo? E i giovani,<br />
- ed oggi sono assai frequenti - che sentono il segreto impulso all'orazione,<br />
infuso dallo Spirito Santo, come possono sentirsi chiamati alla vita
-23 - (179)<br />
monastica, se ci vedono troppo onerati di lavoro, se ci manca il tempo per<br />
una serena meditazione e una conversazione spirituale?<br />
La paternità dell' Abate è la vita dei figli<br />
Sappiamo che al padre si deve l'origine dei figli, non solo fisicamente<br />
ma, comunemente parlando, a lui si deve anche l'origine di tutte le manifestazioni<br />
di vita, di qualsiasi carattere esse siano. Ai nostri tempi non<br />
sono pochi i figli che fanno poco conto dei consigli e degli ordini dei loro<br />
genitori. Per mezzo dei mass-media essi godono della dottrina di moltissimi<br />
maestri, così che con l'autorità dei genitori concorrono altre autorità<br />
a cui giovani non di rado prestano più facilmente fede. Altri invece,<br />
privi, comunque sia, dei genitori e ingannati nella loro naturale attesa, respingono<br />
ogni cosa che viene loro offerta dagli adulti. A prescindere dai<br />
singoli casi, è vero che spesso la colpa dei figli si riversa sui genitori colpevoli<br />
e immemori del loro dovere.<br />
Chi in un monastero è investito della paternità spirituale non mediterà<br />
mai abbastanza su questi e simili problemi. Qualche volta un giovane<br />
desiste stanco dal percorrere la via della perfezione, perché gli mancò<br />
«un anziano sapiente» che gli spezzasse il pane dell'istruzione a lui<br />
adatto e curasse con diligenza la sua vocazione che ricevette da Dio, affinché<br />
si esplicasse. Quando i giovani studenti si comportano talvolta troppo<br />
da ribelli, ciò può essere segno che a tempo utile mancava loro l'affetto<br />
paterno che li assistesse amorevolmente. l/anima giovanile nelle angustie<br />
derivanti dalla crescita fisica e psichica, ha bisogno di un adeguato<br />
aiuto. Nelle ore di solitudine di cui forse neppure il giovane è pienamente<br />
consapevole, non gli deve mancare sulla sua via un compagno sapiente.<br />
Non c'è da meravigliarsi se gli OCChidei giovani sono tenuti in modo da<br />
non vedere Gesù nel loro compagno (cf. Lc. 24, 16), se colui che nel monastero<br />
ne fa le veci, non è loro veramnte vicino.<br />
Molto di frequente coloro che sono incaricati dell'educazione dei giovani,<br />
pensano di dover occuparsi solo di far osservare esternamente la disciplina,<br />
mentre solo il confessore è competente di tutto ciò che riguarda i<br />
problemi di coscienza; ciò è vero nel senso che l'Abate o il Maestro non<br />
devono violare il segreto della coscienza quando si tratta di peccati. Ma<br />
ci sono molte altre difficoltà che insidiano un giovane che corre sulla via<br />
verso Cristo. Egli deve «lottare contro i Dominatori di questo mondo di<br />
tenebra» (cf. Ef. 6, 12), che con le loro lusinghe cercano di distoglierlo<br />
dall'ardua via della vocazione religiosa. Però nel profondo dell'anima si<br />
nascondono spesso delle forze non abbastanza domate, forse neppure a
(180) - 24-<br />
lui abbastanza note che combattono contro la sua anima e le sue virtù<br />
ed aspirazioni superiori. In questa lotta il giovane non deve essere abbandonato<br />
solo a se stesso.<br />
Il provvido padre osserva attentamente quando il figlio è travagliato<br />
dal dubbio, quando nei suoi occhi appare un'ombra di turbamento, quando<br />
ha bisogno di incitamento o quando dev'essere richiamato dalla solitudine<br />
dell'anima alla compagnia dei fratelli. Il giovane deve evitare soprattutto<br />
una prolungata solitudine che gli fa perdere il coraggio e lo lascia<br />
deluso o in ribellione. In questo senso la coscienza del giovane non<br />
dev'essere una fonte sigillata ed inviolabile, ma accessibile ai consigli del<br />
padre.<br />
li giovane cerca la comunità dei giovani<br />
Quanto dovremo dire, sembra contrario a quello che dicemmo nel<br />
paragrafo precedente, ma solo in apparenza. In realtà il giovane cerca<br />
una guida o un maestro, non uno che gli comunica solo il vero e il bene,<br />
ma uno che l'accompagna nella ricerca della verità e della bontà.<br />
Qui sta anche la ragione per cui il giovane desidera camminare per la<br />
sua via coi giovani che come lui e con lui si avviano a conquistare il vero<br />
e il bene nelle loro molteplici forme. Il giovane per natura aspira e partecipare<br />
alla comunità dei giovani. Perciò è da chiamarsi felice la Comunità<br />
in cui molti discepoli s'incamminano insieme sulla via della vocazione<br />
monastica!<br />
Tuttavia i giovani che odono la voce del Signore non pretendono affatto<br />
di seguirlo secondo il proprio impulso, ma «desiderano che un Abate<br />
sia loro preposto ». (S. Reg. c. 5). Perciò ai giovani non deve mancare<br />
l'autorità ferma e grandemente stimata del Maestro prudente, che è ripieno<br />
non delle proprie idee ma della sapienza dei padri, e come un amico<br />
sa risvegliare in loro una santa creatività così che non aderiscono ai<br />
propri impulsi come se avessero già trovato il bene, ma ricercano di tutto<br />
cuore la verità sotto la guida del Vangelo e della Regola, sotto la guida<br />
del Maestro e procedono liberi e di proprio impulso sulla via del Signore.<br />
In altre parole: il Maestro deve condurre i suoi discepoli in modo che<br />
essi stessi nel proprio ardore e nella comune gara di forze distinguano e<br />
intraprendano la via della verità.<br />
Non c'è nulla di nuovo in questo metodo pedagogico, eccettuata la<br />
nuova condizione dei giovani che si accostano solo con qualche diffidenza<br />
al vero pedagogo, cioè al padre; sono infatti molti i pedagoghi che mediante<br />
i mezzi di comunicazione impartiscono loro degli insegnamenti ambi-
- 25- (181)<br />
gui e superficiali; perciò è più difficile dirigere le giovani anime. Il Maestro<br />
dunque deve usare un'amichevole sagacità per condurre individualmente<br />
i singoli, e per mezzo dell'aiuto dei compagni ad amare il bene e<br />
ad evitare il male. Se però il maestro si crede meno capace di agire così,<br />
ricorra fiducioso al Signore che non ricusa di dare a tutti coloro che<br />
glielo chiedono il dono della sapienza di cui abbisognano. Non abbia timore<br />
delle opinioni dei giovani a volte troppo spontanee. Si guardi però<br />
dalla tentazione di comportarsi giovanilmente o di rinunciare alla sua autorità.<br />
I giovani sono colleghi fra loro, ma aspettano dal maestro che per<br />
loro sia un padre.<br />
* * *<br />
Queste ed altre simili considerazioni possono essere utili a guadagnare<br />
le anime dei giovani ed a condurli gradatamente all'amore di Dio e<br />
dei fratelli nella vita monastica. Già il nostro S. Padre Benedetto nel capitolo<br />
58 della sua Regola ci mostra quanto dipenda dalla sollecitudine e<br />
dalla sapienza del monaco incaricato di istruire e formare i novizi e dall'abate<br />
stesso nonché da tutto il corpo monasteriale.<br />
Tutti sanno però che il primo impulso alla chiamata dei giovani alla<br />
vita monastica spetta al Signore che chiama coloro che ha scelto. Egli<br />
non nega a nessuno la grazia, ma non costringe nessuno ad intraprendere<br />
il cammino della perfezione. La vocazione religiosa è un segreto del Dio<br />
amante. Però nell'uomo chiamato può sorgere una lotta tra il soave tocco<br />
dello Spirito Santo e la volontà ribelle che tenta di sottrarsi all'ispirazione<br />
divina.<br />
Che cosa succede quando il giovane che sembrava chiamato, dal monastero<br />
ritorna spontaneamente al mondo? Forse non fu veramente chiamato.<br />
Forse non fu chiamato a questo genere di vita consacrata e proprio<br />
a questa Comunità. Forse la sua vocazione, sia per colpa propria sia per<br />
colpa altrui, non giunse a maturità. Forse mancarono coloro che in preghiera<br />
e digiuno gli avrebbero impetrato dal Signore la grazia della perseveranza.<br />
Comunque sia, l'ultimo giudizio su questa questione spetta al<br />
divino Giudice.<br />
A tutti noi è noto che il principe di questo mondo si adopera ad impedire<br />
quanti può affinché non giungano alla meta della vita consacrata<br />
a Dio. Anche la stesso società umana indulge sempre più ai cosiddetti<br />
principi pluralistici, concedendo al male lo stesso diritto di coesistenza<br />
come al bene. Di conseguenza la nozione di peccato si oscura nella coscienza<br />
di molti e la corruttela morale è proclamata consentanea alla na-<br />
tura dell'uomo.
(182) - 26-<br />
La società del benessere e del lusso invece di invitare all'abnegazione<br />
di noi stessi, provoca gli uomini a servirsi dei beni di questo mondo. Però<br />
ognuno comprende che un terreno simile è arido o pietroso per accogliere<br />
il seme della grazia. I giovani che oggi vogliono consacrare la loro vita<br />
a Dio, molto più spesso devono superare degli ostacoli che non erano nemmeno<br />
noti alle generazioni precedenti.<br />
A diminuire il numero dei chiamati alla grazia della vita religiosa contribuisce<br />
anche il numero decrescente delle nascite, l'aumento dei divorzi<br />
e la diminuzione dei figli nelle singole famiglie. E Dio, come potrà chiamare<br />
delle anime ferventi del Suo amore, se i popoli non Gli offrono giovani<br />
da chiamare? Come nel medioevo diversi monasteri si estinsero totalmente<br />
per causa della cosidetta peste nera, oggi non solo i monasteri ma<br />
i popoli stessi sono minacciati nella loro esistenza dalla peste «bianca »,<br />
appunto per la costante diminuzione delle nascite e la conseguente mancanza<br />
di nuove madri. I dati statistici degli anni decorsi ci danno una tremenda<br />
testimonanza della lenta morte dei popoli se non avverrà una radicale<br />
conversione dell'umanità.<br />
Perciò la condizione ed evoluzione degli Ordini e degli Istituti religiosi<br />
dipende anzitutto dalla evoluzione morale dell'umana società. E noi<br />
speriamo fermamente che le sorti umane le quali sembrano precipitare<br />
fatalmente alla rovina, non siano irrevocabili.<br />
Ma non è nemmeno il caso di abbandonarsi con leggerezza all'ottimismo.<br />
La Chiesa ha bensÌ la promessa di una vita senza tramonto, ma la<br />
storia insegna che non solo i singoli monasteri, ma anche gli Ordini e le<br />
diocesi ed interi popoli hanno lasciato ricordo della loro esistenza solo<br />
nell'ambito della storia stessa.<br />
Queste considerazioni non vogliono dare occasione e motivo al pessimismo,<br />
ma, lasciando da parte una speranza fondata su cause secondarie,<br />
desiderano incìtarci ad una fiducia in Dio che tutto può. Infallibile è la<br />
forza dell'orazione quando viene unita all'orazione di Cristo che disse a<br />
Suo Padre: «Sia fatta la tua non la mia volontà ».<br />
Nondimeno le nostre riflessioni ci devono specialmente stimolare ad<br />
un sincero esame di coscienza collettivo. Prescindendo dalle cause della<br />
moderna evoluzione che non sono in nostro potere e anche dai motivi<br />
d'ordine sociale che riguardano i singoli monasteri e che almeno in parte<br />
spiegano la mancanza di vocazioni, è necessario che la questione in parola<br />
sia sottoposta al sereno studio particolarmente di coloro con cui l'Abate<br />
divide il suo carico, non però affinché i fratelli si accusino a vicenda<br />
degli errori eventualmente commessi, ma per attendere e sollecitare da<br />
Dio il Suo dono con cuore purificato.
- 27- (183)<br />
E' dunque necessario raddoppiare gli sforzi, perché nulla è più attrattivo<br />
d'una fraterna carità nel Signore, d'una carità che non solo si<br />
astiene da una sterile incriminazione dei fratelli ma che abbonda in tutti<br />
i cuori in modo da poter superare irresistibilmente tutte le contrarietà.<br />
Con l'aiuto di Dio e l'intercessione della Beatissima Vergine Maria,<br />
Madre di Dio e della Chiesa e nostra Avvocata, il nostro Ordine possa<br />
sempre perseverare nella carità, senza la quale, come è comune legge<br />
della creazione, sarebbe incapace di produrre nuova prole.<br />
Roma, Solennità dell' Assunzione di Maria Santissima, 1977.<br />
Fr. Sighardo Kleiner.
FLORILEGIO CISTERCENSE<br />
a cura di P. VITTORINOZANNI<br />
1. Ignoranza e scienza<br />
Eccomi pronto a mantenere la promessa, a soddisfare i vostri desideri,<br />
a compiere il dovere che ho davanti a Dio. Tre infatti sono i<br />
motivi che mi spingono a parlare: la mia promessa, la carità verso i<br />
confratelli, il timore di Dio.<br />
Se taccio, la mia bocca mi condannerà.<br />
E se parlo?<br />
Anche se parlo, temo che la mia bocca mi condannerà perché non<br />
faccio quel che insegno.<br />
Aiutatemi con le vostre orazioni ad insegnare sempre cose sante<br />
e a praticare io stesso ciò che insegno.<br />
Sapete bene che oggi dobbiamo parlare dell'ignoranza, o meglio<br />
delle ignoranze; se ricordate, accennammo a due tipi di ignoranza: l'ignoranza<br />
di noi stessi e l'ignoranza di Dio.<br />
Dicemmo anche che è nostro dovere fuggirle tutte e due, perché<br />
sia l'una che l'altra non sono senza colpa.<br />
Ci è rimasto di chiarire qualche idea: cercherò di farlo con la precisione<br />
che mi sarà possibile.<br />
Prima di tutto, vorrei domandare se ogni specie di ignoranza sia<br />
colpevole. A me sembra di no. Vi sono infatti molte e moltissime cose<br />
che si possono ignorare senza mettere in pericolo la salvezza eterna. Se,<br />
per esempio, tu non conosci il mestiere del fabbro o del falegname o<br />
del muratore, e simili professioni che gli uomini esercitano per soddisfare<br />
alle esigenze della vita, vorrai forse dire che questa specie di ignoranza<br />
ti impedirà di raggiunger la salvezza eterna?<br />
E che dire circa l'ignoranza delle arti liberali che si apprendono e<br />
si esercitano mediante le facoltà superiori dell'anima? Tanti uomini si<br />
son salvati senza conoscerle, perché piacquero a Dio per le loro opere<br />
e per le loro virtù. Dio li amò non in scientia litterarum, ma in conscientia<br />
pura et fide non ficta. Costoro, nella loro vita, piacquero a Dio<br />
per i propri meriti, non per la propria cultura.<br />
Pietro e Andrea, i figli di Zebedeo e gli altri discepoli non furono<br />
scelti dalle scuole dei rétori e dei filosofi; e tuttavia di essi si servÌ il<br />
Salvatore per operare la salvezza del mondo.
-29- (185)<br />
Essi rivelarono al mondo le vie della vita non con discorsi sublimi<br />
o con parole piene di umana sapienza. A Dio piacque che essi facessero<br />
salvi gli uomini mediante la stoltezza della loro predicazione. Il mondo,<br />
infatti, chino sulla propria sapienza, non volle conoscerlo.<br />
Forse sembrerà che io esageri, che voglia schernire la scienza, rimproverare<br />
i dòtti e proibire gli studi letterari. Absit: tutt'altro.<br />
So bene quanto i dòtti hanno fatto e fanno tuttora per refutare<br />
gli errori degli avversari e per istruire le anime semplici.<br />
E la Sacra Scrittura dice: Poiché tu rifiuti la scienza, io rifiuterò<br />
te come mio sacerdote (Os 4,6).<br />
Ed anche: I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento<br />
(Dan 12,3). ,<br />
Ma nella Scrittura si legge anche che «la scienza gonfia» (1 Cor<br />
8,2). Ed anche: Molta sapienza, molto affanno; chi accresce il sapere,<br />
aumenta il dolore (Qo 1,18).<br />
C'è dunque scienza e scienza.<br />
C'è la scienza che gonfia e la scienza che rattrista.<br />
Ditemi, quale delle due vi sembra più utile alla salvezza: quella<br />
che gonfia o quella che rattrista?<br />
Son sicuro che preferirete la seconda alla prima, perché Dio «risana<br />
i cuori affranti» (Salmo 146,3) e «ha in orrore i superbi» (cfr Sir<br />
16,9).<br />
San Paolo dice: Non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi;<br />
ma calutateci in maniera da avere di voi una giusta valutazione"<br />
(Rom. 12,3).<br />
Sapere ad sobrietatem: con queste parole S. Paolo non proibisce il<br />
sapere, proibisce soltanto la scienza inutile.<br />
Dobbiamo scegliere con attenzione ciò che si deve imparare prima<br />
e meglio .<br />
.Infatti tempus breve est (1 Cor 7,29).<br />
Per sé, ogni scienza è buona purché sia poggiata sulla verità. Ma<br />
tu che ti dài da fare cum timore et tremore per guadagnarti l'eterna salvezza<br />
nel breve tempo di cui disponi, cerca di imparare meglio e al<br />
più presto le cose che alla tua salvezza sono più necessarie.<br />
I medici del corpo non stabiliscono forse con esattezza la dose delle<br />
medicine? Questa va presa prima dei pasti; quella, dopo; quell'altra<br />
in un modo piuttosto che in un altro. Eppure sappiamo che i cibi creati
(186) - 30-<br />
da Dio sono tutti buoni. Ma se tu nel servirtene non segui un modo e<br />
un ordine, possono riuscirti dannosi.<br />
Ciò che dico dei cibi, àpplicalo ai vari tipi di scienza.<br />
Ma ascoltiamo il nostro Maestro: Se alcuno crede di sapere qualche<br />
cosa, non ha ancora imparato come bisogna sapere (1 Cor 8,2).<br />
In queste parole è detto chiaramente che la scienza non ha valore<br />
se non ha un fine, se non ha un frutto, se non ha una sua utilità.<br />
La tua scienza è vana se ad essa non sai dare un ordine, un impegno,<br />
un fine.<br />
Un ordine, perché devi dare la precedenza a ciò che è più utile per<br />
la salvezza eterna.<br />
Un impegno, che dovrà essere tanto più ardente quanto più efficacemente<br />
ciò che studi ti conduce all'amore di Dio.<br />
Un fine, perché devi apprendere non per soddisfare la tua vana<br />
gloria o la curiosità o altro, ma solo per edificare te e il prossimo.<br />
Vi sono infatti alcuni che vogliono imparare solo per sapere: la loro<br />
è una inutile curiosità.<br />
Altri vogliono imparare per diventare celebri: è una indegna vanità.<br />
Costoro non sfuggono all'ironia del poeta Persio che a questo tipo<br />
di persone dice: scire tuum nihil est, nisi te scire hoc sciat alter, il tuo<br />
sapere non conta nulla se non c'è un altro il quale sappia che tu sai<br />
queste cose.<br />
Altri vogliono diventar sapienti per vendere la loro scienza in cambio<br />
di danari o di onori: questo è un traffico vergognoso.<br />
Ma vi sono anche persone che desiderano sapere per far del bene<br />
al prossimo: questa è carità.<br />
E infine, altri ve ne sono che desiderano sapere per essere edificati:<br />
e questa è prudenza.<br />
Fra tante categorie di uomini amanti della scienza, solo le ultime<br />
due non abusano di essa: istruirsi per agire meglio.<br />
Tutti gli altri ascoltino: Chi sa fare il bene e non lo compie, commette<br />
peccato (Giac 4,17).<br />
Sembra quasi che dica: a colui che mangia e non digerisce, il cibo<br />
farà male.<br />
Il cibo indigesto o non ben cotto rovina lo stomaco e non nutre.<br />
La molta scienza accumulata nella nostra mente, deve essere digerita<br />
e consumata dalla carità; solo così potrà, poi, diffondersi nelle nostre<br />
azioni e nel nostro modo di vivere.
- 31- (187)<br />
Solo a questa condizione l'uso delle nozioni apprese diverrà meritorio.<br />
La nostra scienza avrà la testimonianza delle nostre azioni e delle<br />
nostre virtù.<br />
Ogni altra scienza ci sarà imputata a peccato, come l cibi che dànno<br />
disgusto e producono malanni.<br />
Infiammazioni e torsioni proverà nella sua coscienza colui che conosce<br />
il bene e non lo fa. Risposta di condanna e di morte egli sentirà<br />
in sé quando gli torneranno all'orecchio le parole di Dio: Il servo che,<br />
conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo<br />
la sua volontà, riceverà molte percosse (Le 12, 47).<br />
Voglio quindi che l'anima mia conosca se stessa prima di tutto: per<br />
una ragione di utilità e di ordine.<br />
Ragione di utilità, perché questa è una scienza che non gonfia e<br />
ci insegna ad innalzare l'edificio spirituale sul solido fondamento del-<br />
l'umiltà. E nulJa può più efficacemente umiliare l'anima, quanto la vera<br />
conoscenza di se stessa; a condizione che non finga, che nel suo spirito<br />
non ci sia inganno (Salmo 31,2).<br />
L'anima si metta faccia a faccia con se stessa, non rifugga dal con-<br />
templarsi. Esaminandosi così, alla chiara luce della verità, oh! quanto si<br />
troverà diversa! Sospirando meschina, ora che la sua miseria le è ben<br />
nota, griderà al Signore col Profeta: Signore, con ragione mi hai umi-<br />
liato (Salmo 118,75). In questa reale cognizione di se stessa, come farà<br />
a non umiliarsi davvero, vedendosi carica di peccati, oppressa dal peso<br />
di questo corpo mortale, impigliata in tanti interessi terreni, infetta da<br />
desideri carnali, cieca, rattrappita, malata, circondata da tanti errori?<br />
La nostra anima, esposta a mille pericoli, affannata da mille timori, sog-<br />
getta a continui sospetti, travagliata da innumerevoli necessità, incline ai<br />
vizi, inabile alla virtù; la nostra anima, come potrà alzare gli occhi, come<br />
potrà levare il capo?<br />
Si stempererà allora in lacrime, si rivolgerà al Signore, nella sua<br />
umiltà gli dirà: Pietà di me, Signore, risànami, contro di te ho peccato<br />
(Salmo 40,5). E da Dio avrà consolazone, perché Egli è Padre misericordioso<br />
e Dio di ogni consolazione (2 Cor 1,3).<br />
lo, tutte le volte che guardo dentro di me, il mio occhio veglia nel-<br />
['amarezza (Giobbe 17,2). Se poi distolgo gli occhi dalla mia miseria e<br />
li levo verso la divina misericordia, la serena visione di Dio mitiga la
(188) - 32-<br />
mia amarezza, perché il Signore è benigno e misericordioso; Egli è per<br />
natura buono, è conmpassionevole, sa perdonare.<br />
E' cosa salutare che Dio si manifesti buono, dopo che l'uomo si è<br />
riconosciuto misero. Allora l'uomo chiamerà il suo Signore; il Signore lo<br />
ascolterà e gli dirà: Ti salverò e tu mi darai gloria (Salmo 49,15).<br />
In questo modo, la conoscenza di te stesso diventa un mezzo per<br />
salire alla conoscenza di Dio. In te si manifesta l'immagine di Dio, Egli<br />
si rivelerà a te.<br />
E tu rimirando con fiducia la gloria di Dio senza veli e senza ombre,<br />
ti sentirai trasformato nella stessa immagine dallo Spirito del Signore,<br />
de claritate in claritatem, di luce in luce.<br />
Ambedue queste conoscenze sono necessarie alla salvezza; non puoi<br />
fare a meno né dell'una né dell'altra. Se non conosci te stesso, non puoi<br />
possedere né il timore di Dio né l'umiltà. Se poi senza timore di Dio<br />
e senza umiltà si possa sperare la salvezza, lo lascio decidere a te.<br />
Ma... sbaglio o ho sentito russare? Bene! Forse avete voluto farmi<br />
intendere che siamo d'accordo su quanto ho detto. Non perderemo tempo<br />
in questioni pacifiche.<br />
E passiamo oltre.<br />
Ma sarà meglio fermarci qui, a motivo dei sonnolenti. Speravo<br />
di esaurire in una volta l'argomento della duplice ignoranza. E avrei<br />
mantenuto l'impegno se la cosa non fosse sembrata troppo lunga a chi<br />
è facile ad annoiarsi. Ne vedo alcuni che sbadigliano ed altri che dormicchiano.<br />
Non ci facciamo meraviglia. Il matutino di questa notte è<br />
stato più lungo del solito. Essi sono quindi scusati.<br />
Ma che cosa dirò di coloro che hanno dormito questa notte e dormono<br />
anche ora? Non voglio farli arrossire troppo.<br />
Bastano queste due paroline. Spero che in appresso cercheranno di<br />
tenersi desti, temendo un altro rimprovero.<br />
Con questa speranza ora facciamo pausa. Tronchiamo a metà l'argomento,<br />
dividendo in due parti una questione che ragionevolmente andava<br />
esaurita oggi.<br />
I sonnolenti, dal canto loro, per questa indulgenza rendano gloria<br />
e ringrazino con noi lo Sposo della Santa Chiesa, il Signor nostro Iddio,<br />
benedetto nei secoli.<br />
Amen.<br />
SAN BERNARDO - Super Cantica, 36
2. Conoscere se stesso, conoscere Dio.<br />
- 33- (189)<br />
Nessuno può salvarsi se non conosce se stesso. Dalla conoscenza di<br />
sé nasce l'umiltà e il timor di Dio. L'umiltà è la madre della salvezza.<br />
E il timor di Dio in quanto principio della sapienza (Salmo 110,10) è<br />
anche principio della salvezza.<br />
Nessuno dunque può salvarsi se non conosce se stesso. Ma, che cosa<br />
si deve dire di chi non conosce Dio? Vi può essere speranza di salvezza<br />
senza conoscere Dio? Nemmeno per sogno! Infatti non si può<br />
amare ciò che non si conosce, né puoi possedere ciò che non ami.<br />
Conclusione: conosci te stesso ed avrai il timore di Dio; conosci<br />
Dio e lo amerai.<br />
La conoscenza di te stesso ti inizierà alla sapienza; la conoscenza di<br />
Dio ti condurrà al perfezionamento della stessa sapienza: il timore del<br />
Signore è il principio della saggezza (Salmo 110,10); compimento della<br />
legge è l'amore (Rom 13,10).<br />
Devi quindi evitare di ignorare te stesso e di ignorare Dio, perché<br />
senza amore di Dio non ci può essere salvezza.<br />
Ogni altra specie di scienza ti sia indifferente: non ti faciliterà il<br />
cammino verso la salvezza, né la ignoranza di essa potrà condurti alla<br />
perdizione.<br />
Con questo, non intendo dire che tu debba disprezzare la «scientia<br />
litterarum », la scienza profana: essa adorna l'anima e la istruisce, e rende<br />
possibile l'istruzione degli altri.<br />
Ma è utile, anzi necessario che la scienza di sé e la scienza di Dio<br />
abbiano la precedenza, perché da queste dipende la nostra salvezza.<br />
Insomma, l'ordine che dobbiamo seguire è questo: primo, la scienza<br />
di se stessi; secondo, la scienza di Dio; terzo, ogni altra scienza.<br />
Il Signore stesso ci suggerì questo ordine quando disse: «Seminate<br />
per la giustizia, mieterete la speranza della vita e la luce della scienza<br />
vi illuminerà» (Osea 10,12). Ultima, Egli pose la scienza, che deve avere<br />
la sua base, il suo fondamento nella santità e nella speranza: come<br />
un dipinto che non può essere campato in aria, ma va fissato su un piano<br />
solido e ben levigato.<br />
Con tranquillità potrò dedicarmi alla scienza, quando avrò raggiunto<br />
la certezza della salute mediante il dono della speranza.<br />
E tu avrai «seminato per la giustizia» se attraverso la reale conoscenza<br />
di te stesso, ti sarai impegnato a temere Dio, se ti sarai umiliato,<br />
se non avrai risparmiato le lacrime, se avrai largheggiato con i poveri,
(190) - 34-<br />
se ti sarai dedicato alle altre opere di misericordia, se avrai domato il<br />
tuo corpo con veglie e digiuni, se ti sarai percosso il petto, se avrai tanto<br />
pregato da stancare il cielo.<br />
Ecco che cosa vuol dire «seminare per la giustizia ». I semi sono<br />
le buone opere, i santi propositi; semi sono le lacrime del pentimento:<br />
« camminavano e piangevano, spargendo la loro semente» (Salmo 125, 6).<br />
Ma allora piangeremo sempre? Affatto: «Torneranno esultanti, portando<br />
i loro covoni» (Salmo 125, 6). Proprio così: «esultanti », perché verranno<br />
con manipoli di gloria.<br />
Ma questo si avvererà - dirai - il giorno della risurrezione, alla<br />
fine dei tempi (Gv 11,24), l'attesa è troppo lunga.<br />
Non scoraggiarti! Non abbatterti! Hai già le primizie dello spirito,<br />
puoi cominciare fin d'ora a mietere con esultanza. Semina per la giustizia<br />
e mieti la speranza della vita: il Signore non ti fa attendere fino all'ultimo<br />
giorno quando avrai la vita nella sua interezza; Egli parla del<br />
presente, mieti la speranza della vita, la speranza di oggi è già una<br />
messe consolante.<br />
Certo, più grande sarà la letizia e la gioia incontenibile quando<br />
verrà la vita. Ma nel frattempo, può la speranza di tanta letizia essere<br />
senza letizia? « Siate lieti nella speranza », dice l'Apostolo (Rom 12,12).<br />
E Davide non disse che si sarebbe rallegrato, ma che si era già<br />
rallegrato al semplice invito di entrare nella casa del Signore (Salmo<br />
121,1). Non aveva ancora « la vita », ma aveva già raccolto i primi frutti,<br />
la « speranza della vita »; egli sperimentava la verità della Sacra Scrittura,<br />
la quale assicura che i giusti, ancor prima di ricevere il premio, gusteranno<br />
la letizia nell'attesa del medesimo.<br />
Letizia dell'attesa, che nasce nell'anima del giusto dalla fiducia di<br />
aver ottenuto il perdono dei peccati. Questa fiducia, a sua volta, ha il<br />
suo fondamento nella Grazia, che dà all'anima la forza per vivere santamente.<br />
Chiunque tu sia, che dopo l'inizio duro ed amaro della tua conversione,<br />
hai cominciato a respirare la consolante atmosfera della speranza<br />
ed hai provato l'abbrezza del primo volo, sollevato sulle ali della<br />
grazia, tu davvero hai già mietuto, hai già ricevuto il frutto, pur temporaneo,<br />
delle tue lacrime; tu hai già visto Dio e hai udito la sua voce:<br />
«Dategli del frutto delle sue mani» (Prov 31,31).<br />
E come potrebbe non aver visto Dio chi ha gustato e sperimentato<br />
quanto è soave il Signore? Quanto dolce e soave sei con me, o Signore!
- 35- (191)<br />
Dopo avermi perdonato tanti peccati, mi hai anche assegnato il compito<br />
di farmi santo. Non solo, ma sul cumulo di tanti benefici, hai aggiunto<br />
anche la promessa della vita eterna.<br />
Felice chi ha tanto mietuto! Felice chi in questa vita ha raccolto<br />
il primo frutto, la sua santificazione; poi la messe si moltiplicherà nella<br />
vita eterna.<br />
Colui che piange alla vista del proprio nul1a avrà ben motivo di godere<br />
quando gli si svelerà il Signore. L'occhio di Dio carico di misericordia<br />
si poserà su di lui, ed egli leverà in alto i suoi turgidi manipoli, il<br />
perdono dei peccati, la propria santificazione, la speranza della vita<br />
eterna.<br />
Oh! come son vere le parole del profeta: «coloro che seminano nelle<br />
lacrime, mieteranno nell'esultanza» (Salmo 125,5). Tutto in poche<br />
parole: nelle lacrime conosciamo noi stessi, ma conosceremo Dio nel<br />
gaudio.<br />
Sviluppata in noi questa duplice conoscenza, nessun'altra cognizione<br />
che verrà ad ornare la nostra mente potrà inorgoglirei. Ogni vantaggio<br />
ed onore terreno non reggerà al confronto della speranza che nutriamo<br />
nel cuore, sarà inferiore alla letizia della speranza già profondamente<br />
radicata nell'animo. «La speranza non delude, perché l'amore<br />
di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo<br />
che ci è stato dato» (Rom 5,5).<br />
La speranza non delude perché l'amore dà la certezza. Per mezzo<br />
dell'amore lo Spirito Santo stesso ci garantisce che siamo figli di Dio.<br />
Quale vantaggio potrà venirci dalle nostre conquiste intellettuali, che<br />
sia superiore al titolo glorioso di figli di Dio? Il mondo intero e ciò che<br />
esso contiene, se fosse tutto mio o di qualcuno di voi, non equivarrebbe<br />
alla gloria di essere figli di Dio.<br />
Se invece ci opprime l'ignoranza di Dio, come possiamo sperare in<br />
colui che non conosciamo? E se ignoriamo noi stessi, come faremo ad<br />
essere umili, noi che crediamo di essere chi sa chi, mentre siamo proprio<br />
nulla? E lo sappiamo: «né il superbo né chi vive senza speranza<br />
potrà essere ammesso nella società dei santi» (cfr Col. 1, 12).<br />
Riflettiamo insieme con quanta cura e sollecitudine siano da rigettarsi<br />
quei due tipi di ignoranza. Come abbiamo dimostrato che la conoscenza<br />
di noi stessi produce il timore di Dio che è inizio della sapienza,<br />
e che la conoscenza di Dio produce la carità che è il termine di ogni<br />
sapienza, così possiamo dimostrare che i due tipi di ignoranza sono il<br />
principio e il termine di ogni peccato.
(192) - 36-<br />
Come «principio della sapienza è il timore di Dio » (Salmo 110, 10),<br />
così «principio della superbia è il peccato » (Sir lO, 15).<br />
Come l'amore di 010 perfeziona ogni sapienza, così la privazione<br />
della speranza (che proviene dall'ignoranza di Dio) è causa di ogni<br />
male.<br />
Come dalla conoscenza di te stesso scaturisce in te il timore di Dio,<br />
e l'amore di Dio dalla sua conoscenza, così dalla ignoranza di te stesso<br />
nasce la superbia, e dalla ignoranza di 010 nasce la disperazione.<br />
La superbia deriva dal fatto che ignorando te stesso, tu formuli su<br />
di te un giudizio errato che conduce all'errore anche te e ti spinge ad<br />
affermare, falsamente, che sei migliore di quanto realmente sei. Proprio<br />
in questo consiste la superbia; questo è l'inizio di ogni peccato: considerarti<br />
ai tuoi occhi migliore che a quelli di Dio che è la Verità. Dell'angelo<br />
ribelle che per primo commise un peccato di superbia, sta scritto<br />
infatti: «Non rimase saldo nella verità, è stato menzognero fin dal<br />
principio» (Gv 8, 44).<br />
E che cosa dire se qualcuno discordasse dalla Verità in senso inverso,<br />
nutrendo di sé un concetto inferiore rispetto al concetto che la<br />
Verità si è fatta?<br />
Diciamo prima di tutto che la sua inesperienza lo scuserebbe. Certo<br />
non potrebbe essere tacciato di superbia. Il suo giudizio rigoroso non<br />
gli potrebbe essere imputato a peccato. Piuttosto, la sua umiltà gli concilierebbe<br />
grazie ulteriori.<br />
Se sapessimo con esattezza che cosa Dio pensa di ciascuno di noi,<br />
dovremmo uniformarci pienamente al suo giudizio, senza esagerare i<br />
nostri meriti, ma anche senza diminuirli. Ma il pensiero di Dio è nascosto,<br />
tanto da non sapere se siamo degni di amore o di odio (cfr Qoe 9, 1);<br />
perciò sarà cosa saggia e prudente seguire il consiglio della stessa Verità<br />
e scegliere per noi l'ultimo posto (cfr Lc 14, lO); forse, più tardi, potremmo<br />
essere invitati, con onore, a salire più su; così eviteremo il pericolo<br />
di dover cedere subito e con vergogna il posto che presuntuosamente<br />
avevamo occupato.<br />
Nessun danno quindi ti può venire dall'umiliarti, nemmeno se la tua<br />
umiltà ti spronasse a giudicarti da meno di quanto ti stima Dio.<br />
Grande male, orrendo pericolo, se invece ti stimi appena un pochino<br />
più del vero, se nel tuo pensiero ti anteponi anche a un solo fratello<br />
che forse Dio giudica migliore o uguale a te.<br />
Immagina di dover passare attraverso una porta troppo bassa; per<br />
quanto ti chinerai, non te ne verrà alcun male; ma se ti rizzerai anche di
- 37- (193)<br />
un solo centimetro oltre l'architrave, ci urterai contro e ti romperai ii<br />
capo.<br />
CosÌ, nella vita spirituale non hai da temere per qualsiasi umiliazione.<br />
Devi invece aborrire come presuntuoso e temerario ogni pensiero<br />
di superbia.<br />
Chiunque tu sia, non far paragoni, né con chi è migliore di te né<br />
con chi credi che di te sia peggiore; evita di far confronti, neppure con<br />
uno dei tuoi fratelli.<br />
Chi ti dice che quell'uomo che tu stimi più vile e più misero di<br />
tutti, del quale tu aborri la vita scellerata ed indegna, e che tu disprezzi<br />
non solo più di te che forse pensi di vivere «con sobrietà, giustizia e<br />
pietà» (Tit 2, 12), ma anche più di tutti gli scellerati come il più scellerato<br />
di tutti; chi ti dice che egli, mediante la potenza di Dio (cfr Salmo<br />
76, 11) non diventi migliore di te e di altri, e che già non lo sia agli<br />
occhi di Dio?<br />
Proprio per questo, Gesù ci ha esortati a scegliere non un posto mediocre,<br />
non il penultimo, e nemmeno un posto che sia ultimo alla pari<br />
con altri; ma «va a metterti all'ultimo posto » (Le 14, 10), tu devi sedere<br />
solo, ultimo fra tutti; devi non solo non anteporti agli altri, ma<br />
neppure equipararti ad essi.<br />
Solo tu sei l'ultimo fra tutti!<br />
Ecco il grande male che nasce dall'ignoranza di noi stessi: la superbia,<br />
il peccato dell'angelo ribelle, inizio di tutti gli altri peccati.<br />
Che cosa derivi dall'ignoranza di Dio lo vedremo un'altra volta.<br />
Il tempo a nostra disposizione oggi era breve. Ci siamo riuniti troppo<br />
tardi. Per ora basti ad ognuno star attento a non ignorare se stesso.<br />
E questo avvertimento, ognuno di voi faccia conto di averlo ricevuto<br />
non tanto dalle mie labbra, quanto dalla benigna degnazione dello<br />
Sposo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore, che è Dio benedetto nei<br />
secoli.<br />
Amen.<br />
SAN BERNARDO - Super Cantica, 37
J EAN DE LA CROIX BOUTON<br />
STORIA DELL'ORDINE CISTERCENSE<br />
(Ventiseesima puntata)<br />
L'ABATE DE RANCE' E LA RIFORMA DELLA TRAPPA.<br />
La riforma della sola Abbazia della Trappa fu, nel secolo XVII, un avvenimento<br />
di portata infinitamente più considerevole che non l'introduzione<br />
della Stretta Osservanza in una sessantina di Abbazie cistercensi. Ora<br />
infatti si trattava di alcuni punti fondamentali dell'osservanza regolare,<br />
e principalmente dell'astinenza dai cibi grassi. Nella riforma, al contrario,<br />
si verificava l'immissione di un nuovo spirito, di un rinnovato stile di vita<br />
che fu infuso nei monasteri dai riformatori, spirito e stile che miravano al<br />
ricupero dei valori essenziali del monachesimo e che collocavano la Trappa<br />
al di fuori della Stretta come della Comune Osservanza. C'era la tendenza<br />
a vedere nella Trappa soprattutto un simbolo della penitenza. Non<br />
v'è dubbio che l'Abate De Rancé abbia messo l'accento sull'austerità e<br />
che i numerosi convertiti postisi al servizio di questa aspra scuola abbiano<br />
rincarato la dose di tali austerità in spirito di penitenza e di espiazione.<br />
Ma queste « dura et aspera» della Trappa - digiuni, veglie, silen-<br />
zio, lavoro manuale - non dovevano far dimenticare quella norma es-<br />
senziale della vita monastica che consiste nel totale distacco dal mondo,<br />
dalle sue consuetudini e dalle sue massime. L'Abate De Rancé di certo<br />
può aver esagerato su certi punti ed essersi ispirato di preferenza ai Pa-<br />
dri dei deserti orientali piuttosto che ai primi Padri di Citeaux (benché<br />
S. Benedetto faccia esplicito appello ai Padri del deserto).<br />
Ciò non toglie ch'egli abbia rammentato alla sua epoca, molto opportunamente,<br />
che la funzione del monaco è quella di adorare e di pregare<br />
Dio nel silenzio e nella solitudine, non di mescolarsi di mezzo alle folle<br />
per trattare affari terreni non meno che quelli di Dio. Non si dimentichi<br />
che nel secolo precedente Jean de la Barrière ed i suoi Foglianti avevano<br />
sgomentato i loro contemporanei con le loro mortificazioni monastiche!<br />
Ma essi percorrevano le vie del mondo predicando la parola di Dio: non<br />
erano più dei monaci dunque. Al contrario l'Abate De Rancé ed i suoi<br />
discepoli non aspiravano che ad essere dei monaci - o come si era soliti<br />
dire allora - dei «solitarì ». E questo secolo, nel quale tutto fu grande,<br />
da Luigi XIV a Versailles, da Bossuet a Corneille, doveva pure avere<br />
il suo grande Dottore monastico!
L'Abate De Rancé e l'ordine di Citeaux<br />
- 39- (195)<br />
La vita di jean-Armand Le Bouthillier de Rancé è troppo conosciuta<br />
perché vi sia motivo di farne esposizione. E' sufficiente ricordare che<br />
la conversione di quest'Abate (che fu già un mondano), dottore in Teologìa<br />
e predicatore di alto livello, si verificò verso il 1657. Tuttavia fu solo<br />
a poco a poco che la sua «indicibile avversione per l'abito monastico<br />
» ebbe a cedere: la Grazia divina ha avuto la meglio su di lui. Dopo<br />
di aver posto in altre mani i suoi numerosi benefici, fra i quali l'Abbazia<br />
di N. D. du Val, S. Symphorien de Beauvais, il Priorato di S. Clémentin,<br />
di aver venduto il suo castello di Vérets e fatto dono delle sue due case<br />
di Parigi all'Ospedale, il De Rancé si presentò alla Trappa, dove, nel-<br />
l'impossibilità di ricondurre ad una migliore vita spirituale i pochi religiosi<br />
che vi vegetavano, fece venire dall' Abazia di Perseigne un gruppo<br />
di monaci della Stretta Osservanza. Dopo di che fece un passo avanti<br />
e, dato che il Re aveva accettato che la Trappa fosse nuovamente sottoposta<br />
alla Regola, il De Rancé si spogliò dell'ultimo beneficio che ancora<br />
gli restava e, il 13 giugno del 1663, diede inizio al suo regolare<br />
noviziato nell' Abbazia di Perseigne. Qui emise la sua professione il 26<br />
giugno del 1664 ed il successivo 13 luglio ricevette a Séez la benedizione<br />
abbaziale. All'indomani prese possesso della sua Abbazia della<br />
Trappa in qualità di Abate regolare. Il monastero non contava allora<br />
che 11 religiosi. L'Abate si mise subito all'opera: cominciò col sopprimere<br />
il vino ed il pesce nelle refezioni comuni e ripristinò il lavoro manuale.<br />
Durante questo periodo le discussioni fra la Comune e la Stretta<br />
Osservanza continuavano il loro corso. La decisione del Consiglio di<br />
Stato del 3 luglio del 1664, con la quale le due parti venivano rinviate<br />
davanti alla Commissione papale proposta dal Breve del 16 gennaio del<br />
1662, ebbe come conseguenza la riunione degli Abati della Stretta Osservanza<br />
nel Collegio di S. Bernardo di Parigi, nel corso della quale fu<br />
presa la decisione di inviare a Roma l'Abate di Val Richer, Dominique<br />
Georges, e l'Abate della Trappa perché vi sostenesse la loro causa. Da<br />
notare che la scelta del De Rancé per tale missione era un fatto assolutamente<br />
nuovo, dato che egli era monaco professo da soli tre mesi. I<br />
due inviati della Stretta Osservanza s'intrattennero a Roma fino al 25<br />
marzo del 1666 senza peraltro aver ottenuto dei risultati apprezzabili.<br />
L'Abate De Rancé fece ritorno da Roma con la determinazione oltremodo<br />
ben radicata di applicare nel suo monastero la Regola di S. Benedetto<br />
in tutto il suo rigore, anche se ciò non poteva essere imposto a tutto
(196) -40 -<br />
l'Ordine. Abbiamo già detto che la Costituzione «In Suprema» di Alessandro<br />
VII, promulgata il 16 aprile del 1666, era bensì presentata come<br />
un ritorno alla Regola, ma «mutatis mutandis »: in altri termini, il<br />
Papa propendeva per un'osservanza mitigata con lo scopo che essa fosse<br />
più agevolmente accettata. Ma l'austero Abate De Rancé era ben<br />
lungi dall'essere di tale avviso tanto che al Capitolo Generale del 9<br />
maggio del 1667, al quale prendeva parte per la prima volta in qualità<br />
di Abate, fu anche il primo a prendere la parola per elevare una vivace<br />
protesta contro la Costituzione «In Suprema ».<br />
Ciononostante in un Memoriale da lui stesso redatto e sottoscritto<br />
da numerosi Abati riformati, si limitò a proporre un semplice appello<br />
al Papa. Il testo ufficiale degli «Statuta» non fa menzione di una tumultuosa<br />
discussione che si sarebbe verificata fra l'Abate Claude Vaussin<br />
e il De Rancé, riferita dal P. Gervaise benché senza precisi caratteri<br />
di attendibilità (cfr. «Histoire de la Réforme de la Trappe» pp.<br />
362-365). Comunque stiano le cose, il De Rancé dopo di aver lavorato intorno<br />
alla sua Abbazia, si gettò a capofitto nell'opera che si era prefisso<br />
di realizzare. In particolare: introdusse l'osservanza rigorosa del<br />
silenzio, soppresse la ricreazione, mise un freno alle corrispondenze aumentò<br />
la durata del riposo, ristabilì il Capitolo delle Colpe ed infine ripristinò<br />
il digiuno della Quaresima secondo le prescrizioni di S. Benedetto.<br />
Indubbiamente il Buon Dio benedisse questi sforzi, perché, a<br />
partire da quel momento, alla scuola di Rogobert Lévesque, antico Maestro<br />
dei Novizi di Clairvaux e Priore di Mautefontaine, i postulanti cominciarono<br />
ad accorrere, al punto che gli altri Ordini finirono per preoccuparsene.<br />
Il De Rancé dovette ancora intervenire in favore della Stretta<br />
Osservanza. T~ttenuto a causa di una malattia, non era potuto intervenire<br />
al Capitolo del 1672 che lo aveva scelto come Visitatore di tre<br />
province riformate: declinò l'offerta. Tuttavia, allorché a proposito<br />
della questione dei Definitori, il Gran Consiglio prese la decisione di<br />
rinviare a Roma le due parti in contesa, ciò che avvenne il 27 marzo<br />
del 1673, l'Abate De Rancé diede mano alla penna e inoltrò al Re un<br />
esposto, che ebbe una notevole risonanza, a sostegno della Riforma monastica.<br />
Ciò fece nonostante che la situazione fosse tornata al punto di<br />
prima e che una nuova sospensione del Gran Consiglio, avvenuta il 13<br />
settembre del 1673, avesse legittimato gli appelli dei Riformati. Di questo<br />
scritto indirizzato al Re, scrive il menzionato P. Gervaise: «Tale documento<br />
piacque talmente al Re, che, lungi dall'annoiarsi di una lettura<br />
che sembra va un tantino prolissa per un Principe oberato da tante preoc-
- 41- (197)<br />
cupazioni, se ne fece rilegger più d'una volta taluni periodi e se li fece<br />
spiegare; per la verità si trattava proprio di un capolavoro di eloquenza,<br />
oltrecché di zelo e di pietà» (cf. P. Gervaise in «Histoire de la Réforme<br />
de la Trappe », p. 399).<br />
L'esposto del De Rancé esordiva così: «Gli antichi solitarì, dei quali<br />
non merito di portare né il nome né l'abito, non esitarono un istante<br />
ad uscire dalle selvaggie distese dei loro deserti ogni qualvolta lo esigeva<br />
il servizio di Dio o le pressanti necessità della Sua Chiesa. Furono visti<br />
infatti nelle Città Imperiali e nei palazzi degli Imperatori quando ritenevano<br />
che a ciò li spingevano i sacri Diritti di Dio »... Nel 1675 De<br />
Rancé intervenne di nuovo presso il Re, ma questa volta la sua mossa<br />
non fu coronata da successo, come vedremo appresso. Comunque la Riforma<br />
della Trappa fu definitivamente approvata con i due Brevi papali<br />
del 2 agosto 1677 e del 23 maggio 1678. In base alle disposizioni<br />
della Santa Sede, la Trappa restava soggetta a Citeaux, anche se con<br />
una convenzione particolare. Si ebbero tuttavia ancora delle difficoltà<br />
da parte della Dirigenza delJ'Ordine. Un'assemblea dei Superiori «astinenti<br />
», riunitasi nel Collegio «S. Bernardo» di Parigi sotto la presidenza<br />
di Jean Petit Abate di Citeaux, ravvisò la necessità che la Stretta Osservanza<br />
dovesse assoggettarsi al principio dell'« uniformità », ciò che<br />
avrebbe indotto la disciplina che veniva praticata alla Trappa a mettersi<br />
al passo con quella degli altri monasteri riformati. L'Abate De Rancé<br />
non era presente a questa riunione, tuttavia, informato di quanto si andava<br />
progettando, diede mandato all'Abate di Orval Charles De Bentzeradt<br />
di opporsi con la massima energìa ad un tale disegno. L'Abate<br />
di Orval seppe agire con tanta e tale destrezza che questo progetto suggerito<br />
da Jean Petit fu messo da parte.<br />
L'opera dell'Abate De Rancé<br />
L'azione riformatrice dell' Abate De Rancé si proietta ben oltre la<br />
realtà dell'unica Comunità da lui fondata: il monastero di Buonsol1azzo,<br />
unica fondazione della Trappa, risalente al 1703. Quest'azione ebbe<br />
valido influsso su diverse Comunità, i cui riformatori si ispirarono, chi<br />
più chi meno, al modello della Trappa: ne parleremo in seguito. E' interessante<br />
di mettere in rilievo che l'austera testimonianza cristiana della<br />
Trappa non mancò di sensibilizzare i suoi innumerevoli visitatori, dei<br />
quali non pochi se ne tornavano letteralmente sconvolti. L'Abate De<br />
Rancé seppe suscitare e conservare numerose ed illustri amicizie. Così,<br />
ad esempio, il celebre Saint Simon nella circostanza della morte di Ran-
(198) - 42-<br />
cé, scrive nelle sue «Memorie »: « ...ho esperimentato a Fontainebleau<br />
la più grande afflizione che si possa provare allorché seppi della perdita<br />
di Monsignor della Trappa ... queste Memorie hanno un carattere troppo<br />
profano perché vi si possa far menzione di una vita così sublimemente<br />
santa e di una morte così grande e preziosa al cospetto di Dio ...<br />
mi accontenterò di dire che il rimpianto fu talmente grande e prolungato<br />
che il Re stesso fece pubblico elogio del Defunto, e che più d'una<br />
volta ne parlò ai suoi principeschi figlioletti, al fine di proporre loro un<br />
esemplare documento di come si debba vivere e morire. Da tutte le<br />
parti d'Europa si fece a gara per manifestare una partecipazione al duolo<br />
per sì grande perdita »... (Saint Simon «Memoires» édition Chéruel,<br />
1856, t. II, p. 113). E non solo la morte, ma anche gli scritti dell' Abate<br />
De Rancé commossero la pubblica opinione, anzi, è doveroso riconoscerlo,<br />
turbarono alquanto la quiete di non pochi Ordini religiosi. Le asserite<br />
«stravaganze» dell'« Abate Tempesta» (tale lo definisce lo scrittore<br />
Henry Brémond parlando del De Rancé) sono state riportate nei<br />
loro giusti limiti; ora poco manca che tal uni doppi sensi od equivoci si<br />
trasformino in motivo di scandalo. Si fa allusione alla famosa opera del<br />
De Rancé recante il titolo «De la Sainteté et des Devoirs de la Vie<br />
monastique », che sollevò contro il suo Autore due grandi Ordini che<br />
peraltro non erano ritenuti fra quelli rilassati: i Mauristi ed i Certosini.<br />
La controversia che divampò fra Rancé e Mabillon è troppo conosciuta<br />
perché vi ci si debba indugiare. L'Abate della Trappa aveva<br />
pubblicato il suo libro nel 1683. Con la dolcezza che gli era consueta,<br />
il Mabillon espose una critica generica sull'opera, rimproverando fra<br />
l'altro all' Autore di sopravvalutare gli esempi di alcuni santi monaci<br />
orientali, che (a quanto scrive Mabil1on) «erano indubbiamente di costituzione<br />
fisica più robusta che non gli occidentali ».<br />
Il Mabillon si dilungava inoltre su apprezzamenti particolari, riguardanti<br />
in modo specifico le mortificazioni; una questione d'altronde<br />
già trattata dall'Abate Le Roy fino dal 1671. C'è da dire infine che la<br />
moderata critica del Mabillon ebbe per oggetto anche gli studi monastici.<br />
Per parte sua l'Abate Generale dei Certosini, P. Innocent Le Masson,<br />
si lamentava che l'Abate De Rancé affermasse nel suo libro che i<br />
Certosini non erano assolutamente rimasti fedeli alla loro primitiva<br />
Regola.<br />
Ciò segnò l'inizio di discussioni che fecero parecchio rumore, ma<br />
che tuttavia non furono inutili. L'Abate Le Masson pubblicò quindi<br />
una nuova esposizione degli Statuti del suo Ordine sotto il pacifico titolo<br />
di «Annales Ordinis Cartusiensis ». Le controversie con Mabillon
- 43- (199)<br />
si conclusero con una visita del grande Abate benedettino al trappista<br />
De Rancé, alla quale seguÌ una cordiale riconciliazione che tornava di<br />
grande onore alla carità non meno che all'umiltà di ambedue i protagonisti<br />
di questa vicenda. Ma l'Abate De Rancé ebbe a subìre ben altre<br />
critiche delle quali la più bruciante fu quella di giansenismo. Alla<br />
pari di S. Bernardo, questo solitario si trovò invischiato nella maggior<br />
parte delle questioni teologiche del suo tempo. Tuttavia ciò che a noi<br />
sta più a cuore in questo momento, non è tanto il teologo od il polemista<br />
De Rancé quanto il Maestro della vita monastica. Gli si rimprovera<br />
di avere di troppo accentuato l'aspetto penitenziale della vita monastica.<br />
Si noti però come egli ebbe cura di puntualizzare che la penitenza<br />
era una pratica avente funzione di mezzo.<br />
Dice infatti nella citata opera «De la Sainteté et des Devoirs », pp.<br />
51-52: «Il primo e principale dovere di un solitario è quello di cercare<br />
Dio nel riposo e nel silenzio del cuore, di meditare senza sosta la Sua<br />
Legge ... è ad un tale obiettivo che devono tendere tutte le Regole, le<br />
pratiche di pietà e gli esercizi di penitenza; si digiuna, si fanno le veglie,<br />
si lavora, si osserva ii silenzio, si fuggono gli onori, si abbraccia il celibato,<br />
la povertà e si porta il giogo dell'obbedienza con lo scopo di ottenere<br />
da Dio quella santità che costituisce l'essenza ed il traguardo finale<br />
della vita religiosa ». Del resto è dai frutti che si vede<br />
l'albero. Non si può leggere senza emozione la relazione che l'Abate<br />
di Val Richer estese per il Capitolo di Citeaux all'indomani della visita<br />
regolare del 1685 alla Trappa. Vi si dice fra il resto ...« questa bontà<br />
ineffabile e questa carità perfetta non conoscono altra fonte se non<br />
quella della pratica santa del silenzio perpetuo, la cui legge è ritenuta<br />
dai Trappisti talmente inviolabile che essi non parlano se non con i loro<br />
Superiori, e d'altro canto, cosÌ volontariamente osservata che, se si permettesse<br />
loro di parlare, giammai vi acconsentirebbero, come più di una<br />
volta hanno dimostrato di saper fare. Infatti essi conoscono alla perfezione<br />
come siano inestimabili e preziosi i frutti di questo albero che<br />
è la loro disciplina monastica ... ».<br />
NUOVE GEMME DAL SOLCO DELLA TRAPPA<br />
Fatta eccezione per Derneburg nell'Hannover e di Wystyce in Lituania,<br />
l'Ordine non contava alcuna nuova fondazione nella seconda<br />
metà del secolo XVII. Lo stesso Abate De Rancé, così ricco di zelo per<br />
la vita monastica, non ne realizzò alcuna. Tuttavia non esitò punto ad
(200) -44 -<br />
inviare non pochi dei suoi religiosi per dare aiuto a delle case che si<br />
trovavano in difficoltà. Ciò accadde, ad esempio, per Chaloché, in Diocesi<br />
di Angers, per Champagne, nella Diocesi di Mans e per Pin in<br />
Diocesi di La Rochelle. Ma soprattutto egli diede aiuto a numerose Badesse<br />
cistercensi nei loro tentativi di riforma ed incoraggiò ovunque i<br />
riformatori nel loro sforzo di restaurazione. Sorsero così numerose monasteri<br />
riformati sul modello della Trappa, quantunque essi non costituissero<br />
una vera e propria «Congregazione della Trappa ».<br />
Sept-Fons, Tamié e Oroal<br />
Nel 1656 Eustache De Beaufort, congiunto del precedente Abate<br />
Vincent De Beaufort, fu preposto all'Abbazia di Sept-Fons nella Provincia<br />
del Borbonese. Dopo diversi anni di vita dissipata, Eustache si era<br />
convertito all'indomani di un corso di Esercizi Spirituali che il suo fratello<br />
maggiore, Luigi De Beaufort, gli aveva consigliato di seguire presso<br />
i Carmelitani Scalzi di Nevers nel 1643. Pervenuto all'abbaziato del<br />
suo monastero, diede mano alla riforma di Sept-Fons, mentre nello stesso<br />
periodo l'Abate De Rancé si apprestava a dare inizio a quella della<br />
Trappa. Venne ben presto a conoscenza delle meraviglie ascetiche e<br />
spirituali delle quali la Trappa dava testimonianza, per cui verso la fine<br />
del 1666 si recò in questo monastero per conferire con Rancé. Ebbe<br />
così la gioia di poter constatare come le due osservanze, quella di<br />
Sept-Fons e quella della Trappa, si somigliassero.<br />
Si portò nuovamente dal De Rancé dopo il Capitolo del 1667 e, nel<br />
suo entusiasmo per la Trappa, chiese di potervi rimanare: era una tentazione.<br />
L'Abate De Rancé infatti gli disse con fraterna schiettezza:<br />
«Restando qui, vi salverete da solo, mentre ritornando a Sept-Fons la<br />
vostra salvezza si accompagnerà a quella di molti altri ». P. Eustache<br />
fece dunque ritorno a Sept-Fons dove con coraggio si dedicò ad una<br />
opera che però non gli fu avara di umiliazioni e di insulti. Più d'una<br />
volta, inoltre, a motivo di insufficienze sia morali che materiali, dovette<br />
ricorrere ai buoni uffici dell'Abate De Rancé. Questi accettò perfino<br />
di ospitare nel suo monastero i novizi di Sept-Fons, cosicché per due<br />
anni il noviziato di Sept-Fons ebbe luogo alla Trappa, e precisamente<br />
dal 1666 al 1668. Con il passare degli anni le relazioni fra i due monasteri<br />
non si affievolirono affatto, tant'è vero che si era soliti dire: «Sept-<br />
Fons è la Trappa ». Eustache De Beaufort mantenne il governo di Sept-<br />
Fons per ben 43 anni e venne a morte in odore di santità il 20 settembre<br />
del 1709. Alla sua morte, questa piccola abbazìa dai fabbricati fati-
- 45- (201)<br />
scenti che egli aveva trovata nel 1656, era diventata un monastero di<br />
un aspetto a dir poco imponente, e dotato di una intensa vita religiosa.<br />
Da un Visitatore regolare dell'Ordine, apprendiamo che, a seguito della<br />
visita da lui effettuata nel 1703, risultava che a Sept-Fons v'erano 100<br />
religiosi coristi compresi i novizi ed i postulanti, e 40 fratelli conversi.<br />
Lo stesso Visitatore ebbe a dire: «Fui ovunque edificato dalla modestia<br />
e dal silenzio di questi solitari ».<br />
A Tamié la riforma si verificò in un modo affatto inconsueto. Come<br />
già alla Trappa ed a Sept-Fons, vi era un giovane Abate, un convertito,<br />
che diede inizio alla riforma della sua abbazia. Tuttavia, a differenza di<br />
Eustache De Beaufort, l'Abate di Tamié Jean-Antoine De La Forèt De<br />
Somont fu dapprima avversario dell' Abate De Rancé, e solo più tardi ne<br />
divenne ammiratore e addirittura imitatore. Nato nel 1645, egli contava<br />
solo 14 anni quando vestì l'abito di novizio a Tamié, l'abbazia della<br />
quale era allora Abate un suo zio di nome François-Nicolas De La Forèt<br />
De Somont. Fece il suo noviziato a Citeaux ed emise la professione<br />
nelle mani di Claude Vaussin. Allorché fu eletto Abate di Tamié nel<br />
1665, aveva 20'anni. Pertanto riprese i suoi studi a Parigi dove si perfezionò<br />
nella conoscenza delle lingue greca ed ebraica e conseguì la licenza<br />
in Teologìa. Il Capitolo Generale del 1672 lo nominò Vicario<br />
dell'Ordine per la Provincia della Savoia. Quantunque fosse contrario<br />
alla riforma, ebbe a cuore la Regolarità e fece del suo meglio affinché<br />
il Breve di Alessandro VII venisse applicato nella Savoia. Nel 1674 divenne<br />
Dottore alla Sorbona. Abbiamo già detto che il 13 settembre del<br />
1673 un intervento dell'Abate De Rancé presso Sua Maestà aveva indotto<br />
il Gran Consiglio ad emettere una sentenza favorevole alla riforma<br />
nella questione dei Definitori.<br />
L'Abate De Rancé aveva allora ritenuto che fosse giunto il momento<br />
propizio per conseguire il suo obiettivo e non esitò punto a proporre<br />
un programma in cinque postulati che mirava ad ampliare la riforma.<br />
Quindi lo presentò ai commissari reali eletti dal Re per appianare<br />
le discordanze fra le due Regole monastiche. I commissari del Re approvarono<br />
gli articoli proposti dal De Rancé e tutto era- disposto nel<br />
migliore dei modi perché la sentenza fosse pronunciata il 19 aprile del<br />
1675, allorché l'Abate di Citeaux Jean Petit, messo a tempo sul chi va<br />
là, pensò di servirsi della stima e dell'abilità diplomatica del giovane<br />
Abate di Tamié dandogli l'incarico di difendere a Parigi i diritti della<br />
Comune Osservanza. Jean-Antoine De La Forèt De Somont utilizzò<br />
una delle argomentazioni già esibite dall'Abate Jean Petit nel suo Memoriale<br />
del 2 maggio del 1674, con la quale si rendeva di pubblico do-
(202) - 46-<br />
mmio che, ove la riforma fosse stata adottata, gli Abati dei governi<br />
stranieri non vi si sarebbero sottomessi ed inoltre che si sarebbero rifiutati<br />
di prendere parte a qualsiasi Capitolo Generale, ciò che avrebbe<br />
tolto al Re uno strumento innegabile di prestigio. Una tale argomentazione<br />
esposta di persona e con brillante eloquenza, ebbe sul Re un'efficacia<br />
di gran lunga più notevole che non la prima volta. La questione fu<br />
quindi riesaminata, ed a seguito di ciò si stabilì che le cose restassero<br />
come erano. Fu uno scacco per l'Abate De Rancé e, per contro un successo<br />
per la Comune Osservanza, una vittoria conseguita grazie all'abilità<br />
dell'Abate di Tamiè. Passarono due anni. Durante il 1677 Jean-<br />
Antoine De La Forèt De Somont volle a sua volta visitare anch'egli<br />
l'abbazia della Trappa che era sulla bocca di tutti e della quale aveva<br />
osteggiato lo stile di vita senza peraltro averlo conosciuto da vicino.<br />
Resosi conto della realtà, non poté fare a meno di ammirare la disciplina<br />
che regnava in questa santa Casa, e, sopraffatto dal rimorso al<br />
pensiero che aveva sparlato di questa riforma, trascorse una notte in<br />
lacrime. De Rancé, avvertito che l'Abate di Tamié era in angustie, si<br />
mise in cammino. Ai suoi religiosi disse: «Lo Spirito di Dio soffia dove<br />
Gli piace. Preghiamo affinché il Signore faccia di quest'Abate un vaso<br />
di elezione ». All'indomani dell'arrivo del Signore della Trappa, l'Abate<br />
di Tamié si gettò fra le braccia dell' Abate De Rancé supplicandolo<br />
di prestargli aiuto per introdurre la riforma a Tamié. Il 14 ottobre del<br />
1677 tre religiosi lasciarono la Trappa per accompagnare a Tamié Jean-<br />
Antoine De La Forèt De Sornont e Jean-François Cornuty, un monaco<br />
di Tamiè che era passato alla Trappa e che allora si trovava a Foucarrnont<br />
in qualità di maestro dei novizi. La riforma fu solennemente instaurata<br />
a Tamié il 21 novembre del 1677. Pure qui tuttavia si rese necessario<br />
un rimpasto della Comunità perché numerosi oppositori della<br />
riforma optarono per altre Case. Le usanze della Trappa furono adottate,<br />
ma l'uso de] burro e delle uova fu conservato, come pure una breve ricreazione.<br />
Jean-François Cornuty era destinato a succedere all'Abate<br />
Iean-Antoine De La Forèt De Somont nel 1702.<br />
A Orval, nel Lussemburgo, il monastero era stato riformato per opera<br />
di Bernard De Montgaillard che lo governò dal 1605 al 1628. Questa<br />
Casa però, nel corso delle guerra dei Trent'Anni, venne a trovarsi in<br />
pieno teatro delle ostilità. Presa di mira a ondate successive dagli Imperiali<br />
e dai Francesi alleati con gli Svedesi, l'Abbazia ebbe a subire, dal<br />
2 al 15 agosto del 1638, ad opera delle truppe franco-svedesi, (quest'ultime<br />
per di più ugonotte) una spaventosa serie di saccheggi e di devastazioni<br />
sacrileghe al grido di «mettiamo tutto a fuoco! ». L'incendio di-
- 47- (203)<br />
vampò per quattro giorni, mentre nel frattempo la Comunità era riu-<br />
scita a riparare a Montmedy. Si disse che l'Abate Laurent De Laroche<br />
ne morisse di crepacuore. Il suo successore Henri De Meugen, che ten-<br />
ne la carica di Abbate dal 1639 al 1668, dovette lavorare vent'anni per<br />
riparare i danni. Fu al successore di quest'ultimo, Charles De Bentzeradt,<br />
che fu riservato il compito di introdurre anche a Orval la riforma della<br />
Trappa, ciò che egli fece nel corso del suo lungo abbaziato durato<br />
29 anni: dal 1639 al 1668. Non appena fu eletto Abate, Charles De<br />
Bentzeradt chiese un colloquio con De Rancé. Di primo acchito, spaventato<br />
dall'austerità del programma della Trappa di Rancé, avrebbe<br />
detto a quest'ultimo: «Tenete conto, Reverendo Padre, che vengono<br />
affidati da governare degli uomini rivestiti di un corpo mortale, non già<br />
degli angeli! ». Poi rifletté, esaminò con cura, inviò uno dei suoi religiosi<br />
alla Trappa finché a conclusione, il giorno di Pasqua del 1674 dichiarò<br />
solennemente ai suoi religiosi il suo proposito di abbracciare la Stretta<br />
Osservanza con tutto ciò che essa comportava: l'astinenza, il silenzio,<br />
le veglie, il lavoro dei campi, il letto duro. Logicamente vi furono<br />
delle opposizioni, ma Charles De Bentzeradt si limitò ad applicare il<br />
metodo, di già preconizzato come efficace, di Denis Largentier: nessuno<br />
era obbligato ad abbracciare la riforma, cosicché, mentre la gran mag-<br />
gioranza accettò di seguire la nuova Regola in tutto il suo rigore, dodici<br />
preti e quattro conversi continuarono a vivere nella Comune Osservanza.<br />
La Comunità tuttavia ebbe una nuova crescita, tanto che all'epoca<br />
della Visita regolare del 1684 vi stavano 53 coristi e 16 fratelli<br />
conversi.<br />
Le monache riformate<br />
Non abbiamo ancora parlato dei rapporti dell'Abate De Rancé con<br />
le monache. Nel secolo XVII le monache di Clairets, nella Diocesi di<br />
Chartres, erano poste sotto la giurisdizione dell' Abate della Trappa.<br />
Senonché in seguito tale giurisdizione era stata soppressa. La Badessa<br />
Françoise-Angélique D'Estampes De Valençay che era stata eletta con<br />
Breve reale del 15 settembre del 1687, ripristinò la riforma nella sua<br />
Abbazia, e di conseguenza supplicò l'Abate De Rancé di volerle mettere<br />
a disposizione un padre ed un Direttore Spirituale. De Rancé esitò<br />
alquanto, poi, ripetutamente sollecitato dalla Badessa e dalle religiose,<br />
si decise a fare una Visita regolare al monastero di Clairets: vi giunse<br />
inaspettato il 14 febbraio del 1690.
(204) -48 -<br />
Nel pro-memoria della Visita lasciato in quel monastero, prescrisse<br />
delle norme di vita monastica che non si allontanavano punto dalla Costituzione<br />
di Alessandro VII. Non vi si faceva menzione dell'astinenza<br />
e dei digiuni e, quanto al lavoro manuale, era già in uso nella Comunità.<br />
Fu solamente nella sua terza Visita regolare del marzo del 1692 e per<br />
insistenza delle stesse religiose che De Rancé acconsentì che quelle monache<br />
abbracciassero la riforma in tutto il suo rigore. E' il medesimo<br />
atteggiamento prudente che l'Abate della Trappa aveva usato nei riguardi<br />
della virtuosa Badessa di Maubuisson Louise-Hollandine De Bavière,<br />
che fu a capo del suo monastero dal 1664 al 1705. Rancé le consigliò di<br />
attenersi, nel governo della sua Casa, alla Costituzione di Alessandro<br />
VII.<br />
Parimenti fu prodigo di consigli alle religiose di S. Caterina di Angers<br />
nonché alla Badessa di Gif, M.me De Montglat nel 1673. La riforma<br />
del monastero femminile di Leyme in Diocesi di Cahors, fu invece<br />
molto più movimentata. Erano già sette anni che il Breve di Alessandro<br />
VII era stato accolto dall'Ordine allorché Anne D'Orviré De La<br />
Vieuville, Badessa di Leyme, ne aveva sentito parlare. Preoccupata di<br />
non esserne stata notiziata dai Superiori dell'Ordine, ella si confidò<br />
dapprima con il confessore poi con il Visitatore regolare. Fatto incredibile!:<br />
Subito la assicurarono che questo Breve, che a loro dire era<br />
una « inezia» (!), era stato chiesto al Papa col solo scopo di mettersi<br />
al riparo dalle recriminazioni che i riformati facevano di continuo ai<br />
religiosi della Comune Osservanza perché ammettevano l'uso della carne!<br />
Poco soddisfatta di una tale giustificazione, la Badessa ne scrisse<br />
all'Abate De Hancé: era il 1674. Rancé rispose il lO maggio di quell'anno,<br />
affermando che il Breve papale doveva essere osservato. E aggiungeva:<br />
«Quantunque il Breve attenui l'austerità della Regola, non<br />
si può di certo dire che osservandolo non si possa salvarsi purché vi si<br />
aggiunga quello spirito e quella pietà che sono essenziali per la vita religiosa,<br />
e dai quali nessuno ha la facoltà di dispensare ». Da questo momento<br />
la Badessa diede inizio ad una vita più austera e si determinò ad<br />
imporre gradualmente la regolarità. Ma ecco ciò che scrive il P. Ger-<br />
vaise: « Quando le religiose constatarono che dovevano alzarsi la notte,<br />
prendere il riposo su duri letti e vestite, indossare una tunica di ru-<br />
vida lana e mangiare di magro quattro volte la settimana e durante tutto<br />
l'Avvento e la Quaresima, la maggior parte di esse si sollevò contro<br />
la Badessa ». E dire che si sarebbero limitate a delle lamentele ed a<br />
mormorazioni se Anna De La Vieuville non avesse fatto ricorso ad un<br />
ulteriore, e per esse inamissibile, provvedimento: una stretta clausura
-49 - (205)<br />
che eliminava l'uso del parlatorio e le visite. La rivolta scoppiò all'istante.<br />
Il confessore della Comunità si schierò dalla parte delle religiose,<br />
mentre fu provvisto all'immediato invio del Visitatore regolare. Nell'attesa<br />
del suo arrivo, la Badessa scrisse all' Abate De Rancé, che la consigliò<br />
di non cedere.<br />
Giunse il Visitatore il quale approvò la condotta delle religiose con<br />
la motivazione che il Breve di Alessandro VII non riguardava i soggetti<br />
entrati nell'Ordine prima dell'emanazione del documento pontificio,<br />
e diede pure il suo benestare per la lettura del libro intitolato «Il primitivo<br />
spirito di Citeaux », che a suo dire era stato condannato da un<br />
Capitolo Generale. La Badessa, all'udire un tale discorso, fece chiudere<br />
le grate, proibì alle religiose di conferire con il Visitatore, e, non contenta<br />
di ciò, impose a quest'ultimo di sospendere la visita. Per tutta<br />
risposta il delegato dell' Abate Rancé lanciò la scomunica al monastero.<br />
Allora si fece appello all'Abate di Citeaux che tolse la scomunica, ma<br />
ordinò alla Badessa di riaprire le porte al Visitatore. La Superiora tenne<br />
duro e consultò per la terza volta il De Rancé. Questi rispose: «Dato<br />
che la situazione è pervenuta a tali estremi, e che è suscettibile di<br />
ancor più incresciose complicazioni, non v'è dubbio che Voi non abbiate<br />
ottime ragioni per sottrar Vi alla giurisdizione dell'Ordine e per assoggettarVi<br />
a quella dell'Ordinario ».<br />
Alla fine però l'Abate di Citeaux cedette e sostituì il Confessore ed<br />
il Visitatore, ciò che acconsentì alla Badessa Anne De La Vieuville di<br />
far giungere in porto la riforma iniziata.<br />
LE BERNARDINE RIFORMATE<br />
La prima metà del secolo XVII è caratterizzata da un rinnovamento<br />
spirituale che costituisce un frutto tardivo ma reale del Concilio di Trento.<br />
Questo movimento di restaurazione deve il suo successo agli sforzi<br />
combinati del Papato e della Gerarchia, non meno che di una spettacolare<br />
schiera di uomini e di donne di altissimo livello sia per la loro<br />
santità che per i loro talenti di organizzatori. Si è parlato a buon diritto<br />
di «grande secolo delle anime », di «giovinezza della Chiesa» e perfino<br />
di «invasione mistica ». Questo periodo annovera un numero straordinario<br />
di spiriti elevati, di mistici e di santi. La vita religiosa è in pieno<br />
sviluppo. Si fondano nuovi Ordini, e quelli antichi beneficano di riforme<br />
che in parte li ringiovaniscono, come, ad esempio, gli Agostiniani, i<br />
Benedettini, i Mendicanti di varie specie, Citeaux con le sue riforme.<br />
Noi abbiamo parlato dei Foglianti, della Stretta Osservanza di Citeaux
(206) - 50-<br />
e della Trappa. E' ovvio che le monache cistercensi non potevano estraniarsi<br />
da un movimento che includeva le Canonichesse Ospedaliere, le<br />
Trinitarie, le Benedettine, le Carmelitane, le Domenicane e le Clarisse.<br />
Contrariamente a quanto fu detto in precedenza, i Foglianti, in questa<br />
prima metà del secolo XVII, ebbero numerose Case in Francia: Montesquoiu,<br />
nella Diocesi di Rieux, a Tolosa, Parigi ed anche a Poitiers.<br />
Vi furono pure diverse riforme locali delle quali parleremo in seguito.<br />
Ma le tre grandi riforme del secolo XVII furono quelle che diedero vita<br />
alle <strong>Cistercensi</strong> Recollette in Spagna e alle Bernardine Riformate di<br />
Tart nonché alle Bernardine di «La Mère de Ballon» e della «Mère de<br />
Ponçonas» in Francia.<br />
Le recollette della federazione di Valladolid<br />
Nel 1593 nei monasteri di Gradefes e di Perales si sviluppò un movimento<br />
tendente ad un'osseranza più stretta, che ebbe l'approvazione<br />
della Badessa di Las Huelgas. Fu così che nel 1594 si costituì un «Instituto<br />
de la Recolettiòn o Reformaciòn de la Orden del Cìster », che annoverava<br />
22 religiose provenienti da diversi conventi. Nei primi tempi<br />
il fervore era talmente alto che sorpassò lo stesso rigore della Regola<br />
di S. Benedetto. Tuttavia la normalità si ristabilì rapidamente. Nove<br />
religiose su ventidue, «disprezzando le cipolle d'Egitto », fecero ritorno<br />
ai loro rispettivi monasteri. Le altre presero dimora il 18 dicembre del<br />
1595 in vaste costruzioni acquistate a Valladolid e che assunsero il nome<br />
di «Monasteiro de San Joaquìn y Santa Afia », Nonostante le prove<br />
connesse ad ogni fondazione, le vocazioni non tardarono a venire, cosicché<br />
il nuovo monastero delle Recollette di Valladolid divenne l'avanguardia<br />
d'una effettiva, piccola Congregazione che arrivò a contare<br />
12 o 13 monasteri. Da notare che questa «Federazione di Valladolid»<br />
sopravvive tuttora. Cessò di esistere ufficialmente il 29 aprile del 1955 allorché<br />
la Comunità di «San Joaquìn y Santa Afia » fece generosa rinuncia<br />
delle sue usanze antiche di 360 anni per aderire alla nuova «Federazione<br />
dell'Osservanza Regolare di Spagna» (vds. « Cìstercium » - Revista<br />
monàstica », Viaceli, 1956 e 1957 passim).<br />
I.Je Bernardine di T art<br />
Tart era stata la prima delle Abbazie di monache cistercensi. Come<br />
tutte le altre, anch'essa aveva subìto le vicende dei tempi e, quando la<br />
piccola Jeanne De Courcelles fu donata alla Badessa di Tart Claude
- 51- (207)<br />
De La Tournelle sua parente, da suo padre il Barone di Pourlans, la<br />
predetta Abbazìa di Tart abbisognava di essere riformata. Jeanne, era<br />
stata affidata al monastero perché si provvedesse alla sua educazione.<br />
Ma Jeanne essendosi ammalata, fu costretta a rientrare in famiglia. A<br />
15anni conobbe le Clarisse di Migette che avevano il loro convento a<br />
Franche-Comté, dove la fanciulla entrò nel 1607 a 16 anni dopo di<br />
avere superate diverse prove. Lì visse per circa lO anni, dopo di che i<br />
suoi congiunti la fecero nominare Badessa di Tart. Ci fu bisogno di minacce<br />
di scomunica per indurre quest'umile clarissa ad accettare la di-<br />
gnità abbaziale. Alla fine cedette, ma domandò di seguire un regolare<br />
noviziato cistercense. Nicolas Boucherat la rivestì dell'abito religioso ne]<br />
novembre del 1617. Ella sognava la riforma di Tart fino dal momento<br />
della sua elevazione alla dignità di Badessa. Il 2 luglio del 1622 Mons.<br />
Sébastien Zamet, vescovo di Langres, si recò all' Abbazia per farvi la<br />
sua prima visita. La riforma, ormai solidamente radicata in questa Casa<br />
religiosa, vi progrediva di giorno in giorno. E' sommamente edificante<br />
leggere nella «Vie de Madame De Courcelles De Pourlans» quali sacrifici<br />
si addossassero con animo generoso sia la Badessa che le sue religiose<br />
al fine di condurre una vita più austera. Né mancarono le vocazioni:<br />
le lunghe chiome delle signore di Tart cadevano l'una dopo l'altra<br />
sotto le forbici della Badessa che le dava alle fiamme. La riforma<br />
di Tart fu ufficialmente approvata dal Capitolo Generale del 1623 che<br />
autorizzò pure il trasferimento delle religiose nella nuova Casa di Digione.<br />
Tale provvedimento era del tutto conforme alle prescrizioni del<br />
Concilio di Trento. Le monache lasciarono la loro Abbazia il 24 maggio<br />
del 1623 per stabilirsi appunto a Digione in una Casa in Rue du Verbois,<br />
presa in affitto per loro incarico dal vescovo di Langres. Si legge<br />
nella citata «Vie de Madame De Courcelles» (Pag. 152): «Era una<br />
vera stalla di Betlemme: non vi trovarono infatti che le quattro mura<br />
non un giardino fosse pure della grandezza di un fazzoletto, ma unicamente<br />
un cortiletto della superficie d'una cella ... Indubbiamente la prova<br />
era dura; tuttavia l'amore di Dio era così forte nei loro cuori che<br />
esse accettavano con gioia ogni sorta di difficoltà ». Unirono due a due<br />
i loro pagliericci e si coricarono tre a tre su due sacconi uniti fra loro;<br />
una sola coperta bastava per tre monache. Tale fu l'esordio della riforma<br />
di Tart.<br />
Tuttavia le religiose si dovettero ben presto trasferire in un'altra<br />
Casa situata in Rue des Crèts, dove pure non vi fu penuria di prove e<br />
di difficoltà che piombavano su di loro da ogni parte ed in una sola
(208) - 52<br />
volta. Un breve di Urbano VIII del 27 settembre del 1626, confermato<br />
l'anno successivo, sottrae le religiose di Tart dalla giurisdizione dell'Ordine<br />
e le sottopone a quella del Vescovo diocesano. Dal 1626 al 1635<br />
la Casa di Digione fu unita al monastero di Port-Royal della quale la<br />
Madre De Courcelles, in religione Jeanne de Saint-joseph, fu per due<br />
o tre anni Maestra delle novizie e Priora.<br />
L'8 settembre del 1635 fece ritorno alla Casa di Digione, dove morì<br />
il 16 maggio del 1651 in concetto di santità.<br />
Le bernardine della Divina Provvidenza.<br />
Nel 1598 entrò nel noviziato delle <strong>Cistercensi</strong> di S.ta Caterina di<br />
Semnoz nella Savoia, la piccola Louise Perrucard De Ballon. Non contava<br />
che sette anni ma tuttavia possedeva una virtù di gran lunga superiore<br />
alla sua età. Il 4 marzo del 1607, a sedici anni, emise la professione,<br />
e San Francesco di Sales, che era suo parente ed al quale aveva affidato<br />
la sua direzione spirituale poco dopo la professione, nel 1617 le<br />
fece seguire un corso di Esercizi che la impressionò fortemente, e dal<br />
quale uscì con la determinazione di introdurre la riforma nella sua Abbazia.<br />
L'Abate di Citeaux Nicolas Boucherat che era stato in precedenza<br />
informato da S. Francesco di Sales, concesse al Vescovo di Ginevra pieni<br />
poteri di fare tutto quanto avesse ritenuto necessario ai fini del ristabilimento<br />
della regolarità. Il santo Vescovo di Ginevra mise gli occhi<br />
sulla sua penitente e su alcune sue compagne - cinque in tutto - e,<br />
dopo numerose tergiversazioni ed episodi piuttosto violenti, riuscì a indurle<br />
ad abbandonare il monastero di S. Caterina ed a stabilirsi a Rumilly<br />
in una casa che si diceva fosse infestata da una nutrita schiera di<br />
spiriti folletti: era l'agosto del 1622. Fu così che ebbe inizio la riforma<br />
di Madre De Balon, senza dire che alla fondazione di Rumilly ben presto<br />
ne seguirono altre perché le vocazioni abbondavano. A rileggere il<br />
racconto di queste fondazioni, si ha l'impressione di rivivere in Savoia<br />
le vicende che S. Teresa d'Avila ebbe a trascorrere per dare vita alle<br />
sue Case in Spagna. Effettivamente da un punto di vista spirituale e<br />
psicologico, la Madre De Ballon aveva qualche somiglianza con la grande<br />
riformatrice di Avila: la stessa fede intrepida, lo stesso spirito di povertà<br />
perché, come dicono i suoi biografi, «la Casa di Rumilly non possedeva<br />
altra ricchezza che il fervore », le medesime vicende, ora tragiche<br />
ed ora comiche come la fondazione del monastero di St. Maurice-Mon-
- 53- (209)<br />
they-Collombey del 1627. Le Case fondate da questa religiosa assommano<br />
a ben 15.<br />
Di esse alcune ebbero breve durata, mentre altre istituite dalle sue<br />
figlie spirituali sopravvissero a lungo e furono numerose, tanto che nel<br />
1786 si contavano 25 conventi di Bernardine che riconoscevano nella<br />
Madre De Ballon la loro santa fondatrice. Le Case di Rumilly e di Belley<br />
durarono fino al 1935.<br />
A quest'epoca, le poche religiose che dimoravano in questi due monasteri,<br />
si ritirarono a Notre Dame de la Paix nella località di Castagniers<br />
presso Nizza, mentre il corpo della Madre De Ballon fu consegnato al<br />
convento di Collombey nel Valais. Nel medesimo anno 1935, per iniziativa<br />
del vescovo di Sion Mons. Bieler, le religiose di Collombey rioccuparono<br />
l'antico monastero di Géronde nel Valais che, fino dal secolo XIII<br />
e successivamente, aveva ospitato i Canonici di S. Agostino, i Certosini,<br />
i Carmelitani, i Gesuiti, i Trappisti ed infine i Domenicani. Attualmente<br />
sopravvivono due Case di monache figlie della Madre De Ballon:<br />
Collombey e Géronde, ambedue in piena prosperità.<br />
Le Bernardine di S. Bernardo e del Prezioso sangue<br />
Le angustie non furono risparmiate alla Madre De Ballon. Fra<br />
quelle che la misero in croce, una le venne dalla sua figlia spirituale Madre<br />
De Ponçonas. Louis De Borel De Ponçonas, discendente di un'antica<br />
famiglia del Delfinato, era stata elevata alla dignità di Badessa del<br />
monastero cistercense di Ayes, e, amareggiata dallo scarso fervore che<br />
regnava in quest'Abbazia, aveva formulato il desiderio di entrare nell'Ordine<br />
di S.ta Chiara, ma fu costretta dai suoi congiunti a restare a<br />
Ayes dove aveva fatto professione. Nel corso di parecchi anni, durante<br />
i quali sembra va che ella si fosse rassegnata ad una mediocrità generale,<br />
si convertì praticando un serio fervore. Giunse poi a convincere al rinnovamento<br />
spirituale da lei posto in atto numerose altre religiose, fra le<br />
quali la Madre De Pasquier, sua parente, e la Madre De Buissonrond.<br />
Per consiglio del loro Superiore, l'Abate di Tamié, fecero acquisto<br />
di una Casa nel 1620 nella città di Grenoble, ma S. Francesco di Sales,<br />
da loro consultato nel merito, le consigliò di fare nuovamente ritorno a<br />
Rumilly per rimettersi sotto la guida della Madre De Ballon. Louise De<br />
Ponçonas ebbe in questo monastero la carica di maestra delle novizie,<br />
incarico che esercitava pure nella Casa di S. Cecilia di Grenoble dove<br />
le religiose venute da Ayes si stabilirono il 22 novembre del 1624, e della<br />
quale fu eletta Superiora la Madre De Buissonrond. Le vocazioni afflui-
(210) - 54-<br />
rono in modo così sorprendente mente copioso da consentire la fondazione<br />
di una Casa a Vienne nel 1631 e di una a Parigi nel 1635.<br />
Ma ecco che già emersero degli attriti fra la Madre De Ballon e la<br />
Madre De Ponçonas che, nel frattempo, e precisamente nel settembre<br />
del 1631, era stata nominata Superiora del monastero di Grenoble. Più<br />
che di una vera e propria rivalità fra le due monache per il titolo di<br />
Superiora Generale, si trattava di due diversi punti di vista nei riguardi<br />
del concetto della vita religiosa. Infatti la Madre De Balon, che aveva<br />
fortemente subìto l'influsso di S. Francesco di Sales, propendeva per<br />
un ideale di vita religiosa simile a quello dell'Istituto della Visitazione,<br />
mentre la Madre De Ponçonas, sensibilizzata in maniera consistente dai<br />
lunghi anni di vita cistercense trascorsi ad Ayes, era favorevole ad un<br />
ritorno alla vita del primitivo Cìteaux.<br />
A poco a poco si verificò una spaccatura fra le Case di Francia<br />
(Grenoble, Vienne e Parigi) e quelle della Savoia, al punto che la Madre<br />
De Ponçonas fece stampare a Parigi nel 1636 un testo di «Costitutiones<br />
» di suo concetto; per parte sua e fino dal 1624-1625 aveva fatto lo<br />
stesso la Madre De Ballon per il monastero di Rumilly.<br />
Questi due tipi di «Costituzione» erano stati approvati e pubblicati<br />
nel 1631, e la S. Sede li confermò nel 1634. Fra il 1636 ed il 1637<br />
la Madre De Ballon completò le sue Costituzioni e le fece pubblicare<br />
ad Aix nel 1637. Si ebbero così due tipi di Costituzioni e per giunta due<br />
distinte Congregazioni, che presero rispettivamente i nomi di «Bernardine<br />
della Divina Provvidenza » l'una, quella della Madre De Ballon<br />
e di «Bernardine di S. Bernardo» l'altra, quella della Madre De Ponçonas.<br />
Queste ultime avevano appena tre Case: Grenoble, Aix e Parigi, ma<br />
tuttavia praticavano molto di più l'autentica vita cistercense che non<br />
le altre. Nel 1650 le Bernardine di Parigi, che in diverse epoche si erano<br />
stabilite in Rue du Pot-de-Fer, Rue du Bac ed infine in Rue de<br />
Vaugirard, fecero una nuova riforma interna e presero il nome di «Ber-<br />
nardine del Prezioso Sangue ».<br />
Tale riforma fu realizzata ad opera dela Madre Madaleine- Thérèse<br />
Baudet De Beauregard con la collaborazione della duchessa d'Aiguillon.<br />
A parte una particolare devozione al Prezioso Sangue, a motivo della<br />
quale erano a buon diritto considerate come delle vittime votate alla<br />
penitenza per essere più conformi al loro Sposo Crocifisso ed in onore<br />
del quale ogni venerdì cantavano un ufficio votivo tratto da quello della<br />
Passione, queste religiose conducevano una vita che sotto molti aspetti<br />
era conforme agli usi del primitivo spirito di Citeaux,
- 55- (211)<br />
Infatti prendevano riposo su semplici pagliericci e vestite di ruvida<br />
lana, si alzavano alle due della notte per recitare l'ufficio delle Vigilie,<br />
praticavano l'astinenza dalla carne (eccetto casi di malattia), facevano<br />
uso di indumenti di tela di rascia anziché di morbido cotone,<br />
ogni giorno si dedicavano a due ore di meditazione ed infine concedevano<br />
notevole spazio al lavoro manuale. Da aggiungere che il loro rigoroso<br />
silenzio veniva interrotto solamente da due ricreazioni molto brevi:<br />
una dopo il pranzo un'altra dopo la cena.<br />
Un tale stile di vita, che riproduceva così da vicino la Regola del<br />
S. Patriarca Benedetto, fu approvato il 14 agosto del 1661 dall'Abate De<br />
Prières Vicario Generale della Stretta Osservanza. Le monache rinnovarono<br />
la loro dedizione alla Riforma il 27 agosto del predetto 1661 nell'ottava<br />
della festa di S. Bernardo e nelle mani del Priore di Saint-Germain-des-Prés<br />
nella sua qualità di Gran Vicario del Cardinale De Bourdon.<br />
Il Memoriale di una religiosa di questo convento (in un testo citato<br />
da Hélyot) commenta in proposito: « ...il monastero di Parigi ha avuto<br />
dunque l'onore di portare a definitiva perfezione ciò che sembrava essere<br />
stato appena abbozzato dalle Madri delle Congregazioni «Della<br />
Provvidenza» e di «S. Bernardo ».<br />
LA CRISI GIANSENISTA<br />
Nell'elenco delle Badesse riformatrici del secolo XVII, delle quali<br />
abbiamo menzionato l'opera riformatrice - elenco cui bisogna aggiungere<br />
i nomi di Odette Clause Badessa di Vilers-Canivet ct 1632), [acqueline<br />
De Lalaing Badessa di Flines (t 1651), Françoise De Nérestang<br />
riformatrice della Bénissons-Dieu (t 1652), Anne De Crevant D'Humières<br />
riformatrice di Mouchy-le-Perreux (t 1710) - ve n'è una la cui<br />
celebrità sorpassa di gran lunga quella di tutte le altre.<br />
Si tratta di ]acqueline-Angélique Arnauld che, ancora bambina,<br />
aveva risposto alla sorella maggiore che esitava davanti alla prospettiva<br />
che la piccola potesse assumere la dignità di Badessa: « Vorrei proprio<br />
diventarlo e ti assicuro che saprò indurre le mie soggette a fare il loro<br />
dovere ». Ed infatti fu elevata a Badessa di Port-Royal pur nella sua<br />
tenera età di Il anni.<br />
Port-Royal<br />
Fin da quando ebbe 17 anni, Angélique Arnauld diede mano all'opera<br />
della Riforma. Ella si mise in relazione con S. Francesco di Sales,<br />
che avrebbe potuto fare di lei una santa, sia pure moderandone lo
(212) - 56-<br />
zelo. Ma il celebre Vescovo venne a morte il 28 dicembre del 1622, e<br />
Madre Angélique, non avendo più trovato presso Pierre Nivelle successo<br />
a Nicolas Boucherat come Abate di Citeaux, l'appoggio che ella<br />
spera va, trasferì il suo monastero sotto la giurisdizione dell'Ordinario,<br />
dopodiché, d'accordo con Sébastien Zamet Vescovo di Langres, unì<br />
Port-Royal al monastero di Tart e infine, a partire dal 1633, si trovò<br />
sotto la guida dell'Abate di Saint-Cyran che nel 1635 divenne il Direttore<br />
di Port-Royal.<br />
Ormai Port-Royal era un nome legato alla storia del Giansenismo,<br />
e di conseguenza ebbe a subire il contraccolpo delle vicende e delle<br />
censure che furono riservate ai Giansenisti. O meglio sarebbe dire che<br />
Madre Angélique, come pure i suoi fratelli Antoine - il Grande Arnauld<br />
- Henri e Robert presero pubblicamente la difesa dell' Abate di<br />
Saint-Cyran. Allorché quest'ultimo nel 1638 fu rinchiuso nel torrione di<br />
Vincennes, ella riuscì ad ottenere dal fratello Antonio un'intervista con il<br />
carcerato.<br />
Antonio Arnauld stilò, di concerto con il prigioniero, lo schema dell'opera<br />
intitolata la «Fréquente Communion ». Allorché Antonio fu minacciato<br />
a sua volta di provvedimenti disciplinari da parte della Sorbona,<br />
Madre Angélique gli scrisse: «Se il vostro nome sarà eliminato<br />
dall'elenco dei dottori, resterà ancor meglio scritto nel libro di Dio ».<br />
Dopo la pubblicazione del «Formulaire» del 1657 questa monaca non<br />
è più che una ribelle all'autorità della Chiesa. Morì il 6 agosto del 1661,<br />
esaltata dai Giansenisti al pari di una eroina e di una santa.<br />
A questo punto fu ordinata un'inchiesta.<br />
Per ordine del Re Luigi XIV, alcuni Visitatori ecclesiastici furono<br />
incaricati di assicurarsi circa la ortodossia di 111 professe e di 21 converse<br />
delle due Case di Port-Royal-des-Champs e di Port-Royal di Parigi<br />
(dato che una parte delle religiose insediatesi a Parigi nel 1625 avevano<br />
fatto ritorno nel loro primitivo monastero nel 1648).<br />
Le 12 religiose che si rifiutarono di accettare il «Formulaire» furono<br />
riunite a Parigi sotto la direzione provvisoria di Madre Eugénie De<br />
Fontaine nel 1665, e diedero vita ad una Comunità perfettamente sana<br />
che sopravvive a tutt'oggi nelle Case di Parigi prima e poi a Besançon<br />
ed infine alla Gràce-Dieu. Le ottanta dissidenti «pure come angeli e<br />
superbe come demoni », furono rinviate a Port-Royal-des Champs. Una<br />
sentenza del Consiglio Reale del 16 marzo del 1669 sanzionò la definitiva<br />
separazione delle due Comunità, successivamente confermata dal Papa<br />
Clemente X il 23 settembre del 1671.<br />
Non è il caso di ricordare il seguito della storia di Port-Royal-des-<br />
Champs che si concluse con la dispersione delle religiose il 29 ottobre
- 57- (213)<br />
del 1709. Ciò che importa di mettere in evidenza è il fatto che, durante<br />
i torbidi della Fronda, un nutrito numero di religiose (si disse più di<br />
200), furono amabilmente ricevute a Port-Royal dalla Madre Angélique<br />
che approfittò dell'incontro per inculcare loro le idee gianseniste. Fu in<br />
tal modo che il Giansenismo si diffuse subdolamente in non poche Comunità<br />
religiose. Ne vedremo alcuni esempi nei capitoli che seguono.<br />
Nello stile di vita e di pensiero di Port-Royal<br />
La città di Angers ebbe per lungo spazio di tempo, come Vescovo,<br />
Henri Arnauld fratello di Angélique e di Antoine. Di lui dice il Brémond<br />
in « Histoìre du Sentiment réligieux », voI. IV, «L'Ecole de Port-Royal<br />
», p. 226: «Per la verità Henri non manifestava alcun interesse per<br />
queste dispute, ma sfortunatamente suo fratello «il Dottore» (Antoine)<br />
lo manovrava come gli piaceva meglio ». Fu così che nel 1666, per consiglio<br />
del « Grande Arnauld Antoine », il Vescovo di Angers assegnò quale<br />
Direttore alle Visitandine d'Angers un certo Bourrigaut, grande amico<br />
di Port-Royal. Ben presto, e come del resto era avvenuto a Port-Royal,<br />
in seno alla Comunità si formarono due correnti: una composta di<br />
sette o otto religiose che si dichiaravano fedeli alla regolarità ed all'obbedienza<br />
alla Santa Sede; l'altra di trenta monache che, a motivo<br />
della loro ammirazione per il « Grande Arnauld» e per le prevenzioni<br />
contro i Gesuiti (principali nemici del Giansenismo), fìnì per cadere vittima<br />
di ridicoli eccessi.<br />
Henri Brémond descrive inoltre: « in che modo un' Abbazia benedettina<br />
fu travolta dal Giansenismo ». Si tratta di «Notre-Dame-du-<br />
Val-de-Gif ». Il Giansenismo vi fu introdotto dalla Badessa Chaterine<br />
Morand, che si era posta sotto la direzione di Madre Angélique Arnauld<br />
e che finì d'altronde per ritirarsi anch'essa a Port-Royal. Le idee gianseniste<br />
ebbero ulteriore diffusione per opera di Anne- Victoire De<br />
Clermont De Montglat allevata a Port-Royal-des-Champs fino dall'età<br />
di due anni da una delle sue zie. Anne-Victoire prese l'abito a<br />
Port-Royal, ma emise la professione a Gif nel 1667. Eletta Badessa nel<br />
1673, chiese consiglio all'Abate De Rancé che le rispose con una lunga<br />
lettera.<br />
Ma il caso più tipico di subdola diffusione del Giansenismo in seno<br />
a diverse comunità religiose femminili, è quello delle monache cistercensi<br />
di Voisins nella Diocesi di Orléans. Madeleine Pezé, religiosa<br />
di Port-Royal, vi fu chiamata verso la metà del secolo XVII per assumere<br />
la carica di Priora e di Maestra delle novizie, ed in seguito di-
(214) - 58-<br />
venne la 30.ma Badessa del monastero, incarico che ricoprì dal 1641 al<br />
1649. Il clima adatto per la penetrazione del Giansenismo non poteva<br />
essere migliore: nell'ottobre del 1709 la dispersione delle religiose di<br />
Port-Royal convogliò verso Voisins un nuovo drappello di monache<br />
gianseniste militanti, che pretendevano di fare di questo monastero un<br />
nuovo Port-Royal. Anche qui tuttavia, come del resto era accaduto<br />
altrove, si verificò una scissione. La monaca Madeleine Massuau, laureata<br />
in lettere, latinista di fama ed animata da un ardore religioso a dir<br />
poco esuberante, divenne l'alfiera di un partito di «religiose appellanti<br />
», vale a dire che esigevano l'instaurazione nella Casa dei postulanti<br />
giansenistici. Per parte sua la Badessa Marguerite De Villelongue, che<br />
non era giansenista e che coprì l'alta carica dal 1708 al 1748, si comportava<br />
con grande dignità e coerenza, dando l'esempio delle sue virtù di<br />
umiltà, di carità e di dolcezza. Nel 1711 le religiose ingaggiarono in<br />
qualità di giardiniere un tale Léonard Fournier che era già stato l'ortolano<br />
di Port-Royal e che era un giansenista visionario. Nello spazio di<br />
venticinque anni, questo «veggente» (che la leggenda dice non foss'altro<br />
che «Il Grande Arnuald, morto peraltro nel 1694 ma d'improvviso<br />
risuscitato o comunque immortale!. ..) esercitò sul monastero la più nefasta<br />
delle influenze perché, al dire delle cronache del tempo, «mentre<br />
di giorno si prendeva ben poca cura dei giardini, trascorreva invece le<br />
intere notti a pregare ad alta voce ed a catechizzare le monache sue<br />
neofite ». Alla sua morte nel 1736, suor Madeleine Massuau lo fece seppellire<br />
al centro della chiesa abbaziale ed in suo onore compose un<br />
epitaffio ed un panegirico affatto entusiastici. Frattanto Voisins era in<br />
piena decadenza. Alla morte della troppo debole Marguerite De Villelongue<br />
nel 1749, quest'Abbazia non contava che cinque religiose, e nel<br />
1777 venne soppressa.<br />
Il giansenismo a Orcal<br />
Le Abbazie maschili ebbero, di fronte al dilagare delle idee gianseniste,<br />
una reazione più energica, per cui furono molto meno contagiate<br />
che non i monasteri femminili. Anzi numerosi <strong>Cistercensi</strong> osteggiarono<br />
con gli scritti queste dottrine, come vedremo subito. Ci furono tuttavia<br />
dei giansenisti anche fra i monaci.<br />
La Regola dei Foglianti era stata molto attenuata di quanto non<br />
fosse ai tempi di Jean De La Barrière, dimodoché l'austerità giansenista<br />
ebbe una certa facilità a procacciarsi dei seguaci tra i Foglianti, alcuni<br />
dei quali protestarono contro la Bolla «Unigenitus» e fecero appello<br />
al futuro Concilio.
- 59- (215)<br />
Non va dimenticato che nel 1675 alla Trappa certuni incominciarono<br />
ad accusare di Giansenismo lo stesso Abate De Rancé. Vero è che<br />
egli si difese soprattutto in una lettera del novembre 1678 diretta al Maresciallo<br />
De Bellefond, ma è altrettanto corrispondente a verità che<br />
questo scritto, reso di pubblico dominio dal destinatario con il consenso<br />
del Bossuet, sollevò contro il De Rancé un uragano di proteste, le une<br />
biasimandola come inopportuna e solo adatta ad inasprire gli animi,<br />
le altre rimproverando all'Abate della Trappa di voler precorrere il giudizio<br />
della S. Sede che non aveva ancora proceduto ufficilmente ad una<br />
condanna del Giansenismo. La tempesta accennò a calmarsi allorché<br />
l'Abate nel 1684 inviò ad un certo numero di vescovi una esplicita, chiara<br />
e formale professione di fede che risultò per tutti soddisfacente eccetto,<br />
ben s'intende, che per i giansenisti. Tuttavia queste maligne insinuazioni<br />
non cessarono mai del tutto. Può ben darsi che alla Trappa<br />
vi sia stato qualche giansenista, come d'altronde se ne trovavano in<br />
altre Abbazie, ma in merito nessun monastero potrebbe essere eguagliato<br />
a quello di Orval.<br />
Il Giansenismo fu introdotto a Orval da un protestante convertito,<br />
e, in modo particolare, dal P. Eustache confessore di Port-Royal che<br />
morì a Orval, e da Sébastien Du Cambout, congiunto del Cardinale De<br />
Richelieu, che ottenne dall'Abate De Bentzeradt (1668-1707) la facoltà<br />
di poter vivere entro la cinta monasteriale. L'eresÌa vi fece rapido progresso,<br />
e, come già altrove, la Comunità si divise in due fazioni. La crisi<br />
scoppiò nel 1725. Da notare che nel 1722 l'Abate di Clairvaux Robert<br />
Gassot Du Deffens, Padre-Immediato del monastero, in occasione<br />
della visita regolare non osò o non volle far nulla. I venti religiosi che<br />
ancora resistevano al Giansenismo, lo stesso giorno della visita presero<br />
la determinazione di inviare tre suppliche: una all'Arcivescovo di Trèves<br />
che era il giudice ordinario, un'altra al Papa per indurlo ad intervenire<br />
presso l'Imperatore ed una terza all'Imperatore stesso per chiedergli<br />
il «placet» necessario all'Arcivescovo. Benedetto XIII diede incarico<br />
all'Internunzio di effettuare a Orval una visita straordinaria, che<br />
in effetti fu proprio tale, anzi oltremodo drammatica. L'interrogatorio fu<br />
molto serrato e si protrasse per ben cinque giorni. Nel corso della visita<br />
dodici religiosi, fra i quali il Priore e tre conversi, fuggirono durante<br />
la notte fra il 21 e il 22 settembre del 1722. Allo scopo di prevenire ulteriori<br />
fughe, alcuni domestici ricevettero l'ordine di stare di guardia<br />
per le notti successive armati di fucili. Al termine della Compieta, cantata<br />
alla luce delle fiaccole, il Visitatore tenne un sermone in latino,<br />
dopodiché il suo segretario diede lettura della «Carta della Visita»
(216) - 60-<br />
composta di 23 articoli, quindi all'indomani alle tre del mattino il Visitatore<br />
prese congedo dal monastero. Dei fuggitivi, alcuni furono arrestati,<br />
altri riuscirono a rifugiarsi presso il Vescovo giansenista di Utrecht,<br />
ma tutti finirono nell'oscurità e nell'oblìo, ad eccezione del Priore P.<br />
Pone in che, venuto a miglior consiglio, poté finire i suoi giorni nell' Abbazia<br />
cistercense «De La Piété» in Diocesi di Troyes. I religiosi giansenisti<br />
che erano rimasti ad Orval proseguirono come per il passato nei<br />
loro conciliaboli segreti, finché piuttosto che sottomettersi, preferirono<br />
andarsene. l disordini non ebbero però una fine immediata, ma perdurarono<br />
ancora per qualche tempo. Il 2 gennaio del 1726 Maria-Teresa, che<br />
governa va allora i Paesi Bassi, ordinò un'inchiesta a Orval perché il<br />
monastero rimaneva un focolaio di discordie. La situazione tornò poi<br />
lentamente alla normalità. Allo scrutinio del 19 giugno del 1741 per la<br />
nomina di un padre coadiutore dell' Abate Mommertz, si fece il nome<br />
del P. Barhon, che tuttavia però non venne scelto trovandosi in carcere<br />
per le sue idee gianseniste.<br />
Le altre Abbazie del Belgio non furono contaminate dal Giansenismo<br />
ad eccezione del monastero di Clairefontaine, nel quale le idee<br />
eterodosse furono introdotte dal cappellano P. Pinart, uomo esagerato<br />
in tutto.<br />
Subito, in questo monastero femminile, tre religiose vivamente desiderose<br />
di austerità, si appartarono dal resto della Comunità incuranti<br />
di osservarne le usanze. Sfortunatamente il Visitatore per l'anno 1748<br />
fu Albert De Meuldre, Abate di Orval, che era di idee gianseniste. I<br />
provvedimenti da lui presi non servirono ad altro che ad aggravare la<br />
situazione. Le «tre» dissenzienti, ritenendosi perseguitate, accrebbero<br />
la loro ribellione tenendo delle prolisse riunioni segrete nei luoghi più<br />
reconditi della loro Casa religiosa. La faccenda finì per trapelare all'esterno.<br />
A questo punto il Consiglio Provinciale fu fatto segno di una serie<br />
di querele, otto per l'esattezza, elevate contro l'Abbazia. La Badessa<br />
Marie-Rose De Jodenville (Che governò dal 1734 al 1784) ebbe una reazione<br />
inconsulta, per cui nel 1751 dovette intervenire il Padre Immediato,<br />
l'Abate di Clairvaux nonché gli Abati di Baudeloo e di Villers,<br />
che erano Visitatori straordinari, ed infine il Governatore dei Paesi Bassi<br />
Charles De Lorraine che si destreggiò per ristabilire la pace. Anzi<br />
l'Abate di Clairvaux non si limitò ad interventi verbali e mediati, ma il<br />
19 aprile del 1751, accompagnato per ordine di Maria Teresa dal Presidente<br />
del Consiglio del Lussemburgo, si recò a Clairefontaine per una<br />
visita straordinaria che si protrasse fino al 3 maggio. Così si venne a<br />
scoprire che l'unico vero responsabile dei disordini era il P. Confessore
_.61- (217)<br />
Dom Pinart, che nel frattempo si era reso latitante. Quanto alle tre<br />
religiose incriminate, dopo alcuni anni di soggiorno nel monastero di<br />
Bonnevoie, fecero ritorno a Clairefontaine dove si trova vano anche dopo<br />
trascorsi molti anni. Uno storico dell' epoca scrisse: «Il silenzio da cui<br />
sono circondate dopo il loro rientro da Bonnevoie autorizza a pensare<br />
che esse abbiano fatto ritorno alla vita della regolare osservanza ».<br />
AUTORI SPIRITUALI E SCRITTORI<br />
(PARTE PRIMA)<br />
Fatta eccezione per la Trappa e per poche Abbazie di Regola particolarmente<br />
austera, come Sept-Fons e Orval, si può asserire che nelle<br />
Abazie cistercensi dei secoli XVII e XVIII, sia che appartenessero alla<br />
Stretta o alla Comune Osservanza, il lavoro manuale assorbiva un tempo<br />
ridotto nella vita quotidiana del monaco. Esso si riduceva prevalentemente<br />
al giardinaggio oppure all'allevamento di alcuni animali di bassa<br />
corte, come ad esempio i piccioni. Le terre erano coltivate da lavoratori<br />
salariati che prestavano la loro opera sotto la direzione dei fattori<br />
dell'abbazia. La cura dei libri contabili e la tutela dei diversi «diritti<br />
feudali» che le abbazie a poco a poco e in vario modo avevano acquisiti,<br />
non erano sufficienti a tenere occupati i religiosi fuori del tempo<br />
dedicato all'officiatura. Non fa quindi meraviglia constatare che, in abbazie<br />
molto meno numerose ed assai meno popolate che non quelle dei<br />
secoli XII e XIII, la quantità degli scrittori eguagli ed anzi giunga<br />
perfino a sorpassare quella dei loro confratelli dei due più grandi secoli<br />
dell' Ordine.<br />
Non esiste un'opera d'insieme degli scrittori dell'Ordine di Citeaux,<br />
o piuttosto i repertori che ci sono pervenuti sono già superati. Evidentemente<br />
il più importante è la «Bibliotheca Scriptorum Sacri Ordinis<br />
Cisterciensis » di Charles De Visch, Priore di Dunes, pubblicata a Douai<br />
nel 1649 ed a Colonia nel 1656, unitamente al suo «Auctarium D. Caroli<br />
De Visch », composto nel 1665 e completato da J. Canivez in «Cisterciensium<br />
Chronichae» nel 1927. Per gli scrittori spagnoli è particolarmente<br />
preziosa l'opera di Muniz «Bibliotheca Cisto Esp. », pubblicata<br />
a Burgos nel 1793. Augustin Sartorius ha pubblicato nel 1700<br />
«Cistercium Bis-Tertium ». Il «Titulus XX.us» è dedicato ai «Sapienti»<br />
dell'Ordine (« Doctores et Docti »).
(218) - 62-<br />
L'elenco che ne fa il Sartorius è, senza esagerazione, impressionante:<br />
66 pagine (da fol. 510 a fol. 576). Dom Besse ha pubblicato nel «Dictionnaire<br />
de Théologie Catholique» un elenco di scrittori cistercensi<br />
che li enumera fino ai giorni nostri (colI. 2538-2550). Il P. Bertrand Tissier,<br />
Priore di Bonnefontaine, diede alle stampe, fra il 1664 ed il 1664,<br />
la « Bibliotheca Patrum Cisterciensium» 8 tomi in 3 volumi in foglio.<br />
Per i Foglianti abbiamo la «Cisterciensis reflorescentis ... Chronologica<br />
Historia» di Morotius (Vienne 1620), mentre i 5 volumi delle «Xenia<br />
Bernardina» (Vienne 1891) ci fanno conoscere non solo un grande numero<br />
di manoscritti bernardini, ma pure le opere cistercensi conservate<br />
nei monasteri dell'Europa Centrale.<br />
Affinché questo capitolo ed il seguente non si riducano ad essere<br />
una semplice esposizione di nomi, ci proponiamo di dare una sintesi<br />
delle principali materie di cui si sono occupati i monaci nel periodo che<br />
corre dal 1494 al 1791, del quale stiamo trattando. Le varie opere saranno<br />
così ripartite:<br />
1. Opere di spiritualità monastica:<br />
2. Scienze ecclesiastiche;<br />
3. Opere di erudizione;<br />
4. Opere letterarie, e ciò nonostante che una tale classificazione abbia<br />
un carattere fittizio ed arbitrario, tanto più se si tiene presente<br />
che non pochi Autori si sono esercitati in settori letterari<br />
di genere assai vario.<br />
Anzitutto, è doveroso trattare a parte, e con il riguardo che è loro<br />
dovuto, delle opere lasciateci dai Foglianti. Nel «Dictionnaire de Spiritualité<br />
», pubblicato da Beauchesne a Parigi nel 1962, il P. Standaert<br />
sotto la voce « Feuillants » dà un elenco di pubblicazioni fatte da questi<br />
monaci, ed osserva però come non sia facile individuarli perché «accade<br />
che essi scrivano sotto lo scudo protettivo dell'anonimato o limitandosi<br />
a segnare le semplici iniziali dei loro nomi. E continua dicendo:<br />
« Chiunque dia uno sguardo ad una lista di pubblicazioni dei Foglianti,<br />
ad esempio quella del Morozzo, rimane stupìto dalla varietà delle materie<br />
che vi vengono trattate: vi si trova infatti della poesia, filosofia,<br />
filologia ebraica" storia sacra e profana, diritto civile ed ecclesiastico<br />
ecc., senza parlare della teologìa che vi è trattata in tutte le sue specialità<br />
». (Dictionnaire de Spiritualité », fasc. 33-34, col. 284).
Opere cistercensi di spiritualità monastica<br />
- 63- (219)<br />
In questo genere di pubblicazioni è necessario distinguere le opere<br />
di spiritualità propriamente dette, i commentari della Regola, i libri di<br />
meditazione, quelli su Gesù e sulla Vergine ed i sermoni sacri che sono senza<br />
numero.<br />
Citiamo anzitutto i numerosi scritti di Alphonse De la Croix, Abate<br />
Generale della Congregazione del Portogallo, morto nel 1626, e di Jean<br />
Alvaro Abate di Veruela (t 1623). Benoìt De Alarcon, Abate di Val de<br />
Dios, pubblicò a Valladolid il suo «Théàtre des Vertus» (1622). Anselme<br />
Baptista monaco di Huerta diede alle stampe un «Art d'aimer Dieu »,<br />
pubblicato a Salamanca nel 1621 ed a Saragozza nel 1633. Jean D'assignies<br />
Abate di Nizelle (t 1642), i cui scritti sono ricchi di alto valore<br />
dottrinale e sostanziati di solida pietà. Nicolas Bacceti, monaco di Cistello<br />
Novo e Abate di S. Lucia, morto nel 1647, è autore di numerose<br />
opere sia di pietà che di erudizione. Jean Du Bec Abate di Mortemer,<br />
oltre ai «Neuf Sermons sur le Pater (Parigi 1586), pubblicò anche «De<br />
l'Unité indivisible de la Très Sainte Trinité» (Parigi 1596). Benoit Bacquère,<br />
Priore «Des Dunes » (1631-1678) oratore di alto livello e fecondo<br />
autore spirituale fa uso frequente di titoli misteriosi, enigmatici.<br />
Jean De Ste Geneviève Bérard (t 1678) pubblicò a Parigi nel 1668 la<br />
«Science des Saints ». Augustin Debrovolsky è autore del «Paradisus<br />
Eucharisticus» in «Paradiso Mariano» (Dublino 1652).<br />
Il Generale della Congregazione di Mont-Sion, Valérien D'Espinoza,<br />
ci ha lasciato due opere: «De animarum cura atque regimine» e «Dux<br />
religiosorum» (Valladolid 1623). Servais Gillet, monaco di Villers pubblicò<br />
a Lovanio nel 1660 il suo «Galienus moralis ac mysticus. Anne-<br />
Elizabeth Gottrau, Badessa di La Maigrauge, morta nel 1657 in odore<br />
di santità, lasciò numerosi scritti sulla vita interiore e sulla devozione.<br />
Thomas Grazilier, Priore di Bonrepos morto nel 1660, è autore dell'opera<br />
«Entretions de Dleu et de l'àme» ispirata al «Contico dei Cantici» e<br />
pubblicata a Autun nel 1651. Nel 1604 un monaco di Sandoval, Miche]<br />
Guerra, compose un'opera per aiutare i moribondi. Roland Hellaud, Sotto-priore<br />
di Baudeloo e confessore delle monache di Ter Hagen (t 1652),<br />
oltre ad un trattato sulla «Mortificazione dei vizi» lasciò un'altra opera<br />
dal titolo «De prudentia et discretione confessariorum sanctimonialium<br />
». Un libro singolare è quello lasciatoci dal Priore di Heiligenkreuz<br />
Georges Martin Hoffmann che porta il titolo di «Remèdes à la mélancolie»<br />
(ms. del 1634). Malachie D'Inguimbert elaborò una «Théologie<br />
religieuse », pubblicata in 3 volumi nel 1731, e animata dallo spirito di
(220) - 64-<br />
austerità dell' Abate De Rancé. Pierre Lajeune (t 1656) scrisse una<br />
« journée chrétienne ». Jéròme Llamas (t 1610) pubblicò «Des avis aux<br />
confesseurs et aux pénitents », pubblicato a Mayence nel 1605. Didace<br />
Sanchez Maldano compose «Agricultura spiritual » edita a Burgos nel<br />
1603. Thomas Murzabal Abate di Herrera, pubblicò a Pamplona un libro<br />
dal titolo «Imago hominis felicis» nel 1618. Il monaco inglese Charles<br />
MydeIton del monastero di St. Sauver di Anvers (t 1630) lasciò una<br />
opera consolatoria per gli infermi e i moribondi. Nicolas Parent, Priore<br />
di Loos (t 1663) pubblicò a Tournai nel 1642 diverse opere fra le quali<br />
« Abeille Mystique », «Motifs de l'Amour divin », «Stimulant du Divin<br />
Amour » ecc. Barthélemy Ponze monaco di S.ta Fé lasciò nel 1582 delle<br />
opere sulla morte che vennero ripetutamente ristampate. Daniel Scheuring<br />
Prior di Heiligenkreuz (t 1741) lasciò un «Favus mellis Cisterciensis<br />
», che tuttavia rimase allo stato di manoscritto. Alexandre De S.te<br />
Catherine Vitale, Priore di Pignerol nel 1615, scrisse «Exercice continuel<br />
de la vertu à l'usage des Religieuses », Il monaco di Clairmarais Jean<br />
Winibrod compose un « Présent Spirituel », che fu pubblicato una prima<br />
volta nel 1606 e successivamente nel 1615. Ma a questo elenco di<br />
nomi è doveroso aggiungere quello che li sorpassa per celebrità: De<br />
Rancé. Opere di carattere specialistico dedicate ai novizi, furono pubblicate<br />
da Jean Breni monaco di Cambron (t 1635), e dall' Abate di<br />
Huerta Froylan De Urosa, morto nel 1648.<br />
Fra i «Commentari alla Regola », sono da mettere in rilievo: quello<br />
di François Baquero monaco di Veruela, recante il titolo «Apologia<br />
de la RegIa» (Saragozza, 1616), di Claude De Bece Abate di Fontfroide<br />
(t1553): «De gradibus humilitatis », di Albéric Boulit Abate di Loos<br />
(t 1704 che fece un commento alla Regola e lasciò un trattato sull'« Etat<br />
religieux ». L'Abate di Sobrado Nicolas Bravo (t 1648), scrisse «Notes<br />
littérales sur la Règle ». Jean De Craesberg, Priore di Lieu-St-Bernard<br />
pubblicò diversi commenti: quello della Regola, della Somma di<br />
St. Tommaso ed uno della S. Scrittura. Nel 1714 Pierre Dumas, monaco<br />
di Hauterive, scrisse pure sulla Regola. Louis De Estrada, Abate di<br />
Huerta (t 1581), ci ha lasciato una «Exposicion mora l sobre la Santa<br />
Hegla» che fu tradotta in latino. Fidèle Hoffmeister monaco di Salem<br />
diede alle stampe un «Catechismus monasticus» nel 1767 edito a Salem,<br />
che fu tradotto in tedesco, nel 1769. Wolfgang Marius Abate di<br />
Alderspach (t 1544) scrisse pure lui un «Commentaire sur la Règle ».<br />
L'Abate di Lieu-Dieu Nicolas Maréchal (t 1580) fece un lungo lavoro<br />
per commentare il libro «Degli Usi ». Baudouin Moreau, Abate di Rosières,<br />
morto nel 1622, ci ha dato una delle migliori edizioni della Re-
- 65- (221)<br />
gola. Antoine De Rubeis (t 1628) scrisse «erudita commentaria ». Jean<br />
Siebenbtirger del monastero di Heiligenkreuz, ha scritto nel 1723 una<br />
opera dal titolo «Uber die Regel des Hlg Benedikt ». Jean De Vaulx<br />
Priore di Villers (t 1590) scrisse «De statu, votis et disciplina monastica<br />
», Julien Varnier: «Ancienne et véritable pratique de la Règle»<br />
(1645). Pierre D'Yssche, monaco di St. Bernard d'Anvers (t 1651) ha lasciato<br />
un «Méthode d'oraison» e numerose traduzioni delle opere di<br />
S. Bernardo, di Guglielmo di St.-Thierry ecc.<br />
Fra i libri di meditazione sono da segnalare quelli di Louis Quinet<br />
Abate di Barbery, pubblicata nel 1648, di Benoit De Bacuère (t 1678),<br />
di Just Castro De Valbuena, il cui «Liber Exercitiorum» fu tradotto in<br />
numerose lingue, di Basile Lopez (1622), di Adrien monaco di Sept-Fons<br />
(4 vol. 1712), di Christian Ebrl (t 1754) ecc.<br />
Per le opere di devozione mariana si distinsero in modo particolare:<br />
Bernard Bogodanoxitz, Andrjow (t 1722), che lasciò una «Corona virginalis<br />
de laudibus Deiparae » (Roma 1691) ed un «Thesaurus divitiarum»<br />
contenente l'elogio delle prerogative della B.V.M. (Roma 1693). Nicolas<br />
Bravo (t 1648) ha scritto un «Marial y Decenario de rosas de la Madre<br />
de Dios» E' pure da citare Chrysostome della Visitazione (t 1604),<br />
e Louis de Estada (t 1581) che pubblicò nel 1580 un «De modo recitandi<br />
rosarium B. Virginis ». Anselme De Huerta nel 1621 fece dare<br />
alle stampe un'edizione delle opere di S. Giovanni della Croce, nonché<br />
un «Liber de miraculis Beatae Virginis Mariae Lauretanae ». Augustin<br />
]anfangatus, monaco di Settimo (t 1499), oltre a delle opere ascetiche<br />
e storiche, lasciò un «Mariale» ed uno «Speculum Monachorum ».<br />
Il grande predicatore e monaco di Sandoval (t 1621) Didace Marsil,<br />
compose un «De laudibus B. Mariae Virginis ». Michel Perez De Heredia,<br />
Abate di Valparayso, scrisse nel 1626 e diede alle stampe un «De<br />
fuga Beatae Virginis in Aegyptum », pubblicato a Madrid nel 1633 ed<br />
a Saragoza nel 1635. Antonio De Rubeis, Preside della Congregazione<br />
d'Italia, morto nel 1628, scrisse un «De laudibus Deiparae Virginis ».<br />
Séverin Varini, che fu monaco di Settimo, e che morì nel 1530, dopo i<br />
suoi commentari su Cicerone e sul sogno di Scipione, si prese sollievo<br />
da questa fatica pubblicando delle «Odi» a Maria ed a S. Anna.<br />
La difesa dell'Immacolata Concezione è legata alle opere dei seguenti<br />
autori: Faustin di Salerno, che visse sulla fine del secolo XVI ,<br />
Augustin Kastner, Abate di Stams (1707), Théodore Pybes Priore di<br />
Waerschot (t 1632), Hilarion Rancati (t 1663), Marcel Ruiz (t 1659),<br />
Louis De Sa (t 1667), joseph Almonacid (t 1704) ecc.
(222) - 66-<br />
Per quanto riguarda gli autori di « Sermoni », il loro numero è stragrande<br />
e non riteniamo che questa sia la sede adatta per darne un elenco.<br />
Ci limiteremo a dire che tale genere letterario fu usato abbondantemente<br />
a Citeaux sia dagli Abati che dai monaci da essi scelti per predicare<br />
al Capitolo.<br />
Opere ed autori di scienze ecclesiastiche<br />
La Sacra Scrittura fu giustamente tenuta sempre in grande onore<br />
nelle Abbazie cistercensi. Ciò spiega il grande numero di « commentari»<br />
che, se pure non tutti conservati, almeno sono menzionati qua e là in<br />
varie opere. I Libri scritturali, che furono maggiormente oggetto di<br />
commento, sono: « Il Cantico dei Cantici », i Salmi, i Profeti e le Lettere<br />
di S. Paolo. Ecco una serie dei principali autori: André Azorites<br />
della Congregazione di Mont-Sione (t 1595) autore di «Theologia sym-<br />
bolica seu hieroglyfica» (è un commentario di tutta la Bibbia del quale<br />
fu pubblicato solo il I volume nel 1597), Alphonse-Bernard monaco di<br />
Sobrato vissuto verso il 1640, che scrisse sul «Cantico », Claude De<br />
Corbie monaco di Chaalis (t 1556) sui Salmi, come pure un'opera dal<br />
titolo «Flores Sanctorum Patrum », Jean De Craesberg nel 1610 commentò<br />
diversi Libri, Cyprien De Huerga (t 1560) ebbe una spiccata predilezione<br />
per i Salmi ed i Profeti. Pierre Le Nain (t 1713) commentò<br />
Geremia. Isembard Le Tollier, verso il 1509, fece un commento al Genesi.<br />
Ildefonse Perez De Umanes, Riformatore Generale, nel 1650 si occupò<br />
di un commento al Libro di Zaccarìa, Paul Pezron, Abate della<br />
Charmoye, pubblicò un «Commentaire littéral et historique sur les Prophètes»<br />
edito a Parigi nel 1693, Louis Bernard De Quiros (t 1624)<br />
scrisse opere sui Profeti e su tutte le Lettere di S. Paolo. Jacques Segers,<br />
Priore del monastero del S. Salvatoer d'Anvers (t 1658), è autore di<br />
diversi commentari. Gondissalve De Serda dell'Ordine di Alcantara, scrisse<br />
sulla Lettera ai Romani, Mare Villalba, Abate di Fittero morto nel<br />
1590, ci ha lasciato un commentario su Isaia, Laurent De Zamora monaco<br />
di Huerta (t 1614) è autore di un'opera sul «Cantico» e di una<br />
sui Salmi.<br />
(Traduzione dal francese di P. FULVIO ANDREOTTI, O. Cist.)
HECENSIONI<br />
AA. VV. Dizionario degli Istituti di<br />
Perfezione - VoI. IV - ed. Paoline<br />
Rema - 1977.<br />
Continua a ritmo sostenuto la pubblicazione<br />
del «Dizionario ». Resta<br />
valido quanto abbiamo già espresso<br />
dall'enorme interesse che esso suscita<br />
e della lettura interessante e proficua<br />
che costituisce. Esso serve da<br />
impulso al rinnovamento della vita<br />
religiosa presentando quello che questa<br />
è stata nel passato per la vita<br />
della Chiesa: una enorme ricchezza<br />
che non basta studiare ed ammirare,<br />
ma si deve imitare.<br />
In questo volume la parte del leone<br />
è fatta dai francescani e francescane,<br />
per un complessivo di 493 colonne<br />
nelle quali oltre ai termini generali<br />
«Francesco» e «francescanesimo<br />
», vengono passati in rassegna<br />
tutti gli Ordini (eccettuati i Cappuccini<br />
e i Conventuali già studiati nei<br />
precedenti volumi) e le Congregazioni<br />
che si rifanno in qualche modo<br />
alla Regola francescana. Altro grande<br />
Ordine studiato in questo volume<br />
sono i Frati predicatori o domenicani;<br />
le domenicane invece sono già<br />
state precedentemente studiate per<br />
cui complessivamente il numero di<br />
colonne dedicate al patriarca S. Domenico<br />
e ai suoi figli in questo volume<br />
è assai inferiore a quelle dedicate<br />
a S. Francesco.<br />
Di notevole importanza anche se di<br />
mole molto più modesta seno le voci<br />
riguardanti «fratelli» e «formazione<br />
». Per la storia monastica vanno<br />
segnate anzitutto le voci «Germania»<br />
e «Francia» nelle quali il movimento<br />
monastico viene inquadrato<br />
nel suo sorgere, nel suo sviluppo nella<br />
sua importanza nell'insieme della<br />
storia della vita religiosa di quelle<br />
nazioni.<br />
Le voci che interessano più da vivino<br />
la vita cistercense sono anche<br />
esse numerose: «Guglielmo di S.<br />
Teodorico », «Gioacchino da Fiore »,<br />
« Fontenay », «Fountains », «Fossanova<br />
», « Foglianti », « Florensi »,<br />
« Himmerod» ecc.<br />
Anche la parte agiografica è ricca<br />
di grandi figure esaminate succintamente:<br />
Francesco, Domenico, Francesco<br />
da Paola, Francesco di Sales,<br />
Filippo Neri, Don Bosco. Ci sono poi<br />
le grande figure del monachesimo<br />
crientale: Gregorio di Nissa e di Nazianzo.<br />
Non ha invece trovato posto<br />
Gregorio Magno che pure è stato nel<br />
mondo monastico occidentale un innovatore<br />
grandioso della vita monastico-missionaria.<br />
Piccola osservazione<br />
che nulla toglie all'importanza dell'opera<br />
che speriamo di vedere presto<br />
ccmpletata.<br />
P.M.F.<br />
GUILLERMO DE SAINT THIERRY<br />
De la Contemplaci6n de Dios. - De la<br />
naturaleza y àignidad del Amor - La<br />
Oracum, - Ed. Monasterio Ntra. Sra.<br />
de Lcs Angeles - Azul 1976.<br />
GUILLERMO DE SAINT THIERRY<br />
Dialogo con Dios - Sacramento dél<br />
Altar - Ed. Monasterio Ntra. Sra. de<br />
Las Angeles - Azul - 1977.<br />
Il monastero trappista di Nostra<br />
Signora degli Angeli in Argentina ha<br />
iniziato la pubblicazione di una collana<br />
di Opere dei Padri. <strong>Cistercensi</strong>:<br />
i primi due volumi seno dedicati all'opera<br />
di Guglielmo di San Teodorico.<br />
Il rinnovamento della vita religiosa<br />
e monastica operata dal postconcilio<br />
nel suo continuo sviluppo deve<br />
ancorare al passato gli Ordini religiosi<br />
che cercano nelle fonti della
(224)<br />
loro vita I'ispirazione più genuina.<br />
Quanto proviene dalle fonti andrà calato<br />
nella realtà odierna per trovarne<br />
la formulazione attuale, ma senza<br />
questo legame colla tradizione si<br />
corre il rischio di tradire più che rinnovare<br />
il proprio ideale. Per questo<br />
sono di grande importanza le iniziative<br />
che. come Questa, mettono in mano<br />
a tutti i monaci in forma accessibile<br />
le opere dei primi padri. La<br />
letteratura cistercense dei primi seceli<br />
è di una ricchezza incomparabile<br />
e sarebbe davvero un peccato se<br />
la conoscenza delle opere di S. Bernardo,<br />
che data la sua fama, sono<br />
divulgate a accessibili a tutti, facesse<br />
dimenticare gli altri scrittori cistercensi<br />
che, se anche non raggiungono<br />
la grandezza del Dottore mellifluo,<br />
ci portano pur sempre sotto diverse<br />
sfaccettature, lo spirito che animava<br />
i nostri Padri.<br />
L'autore viene presentato con una<br />
breve ma completa ed attendibile<br />
biografia e le singole opere hanno<br />
una presentazione sufficiente per darcene<br />
il taglio e situarle nella corren-<br />
LIBRI RICEVUTI<br />
-68-<br />
te teologica in cui naturalmente sono<br />
inserite. Non possiamo dir nulla della<br />
traduzione non possedendo sufficientemente<br />
la lingua castellana. Si<br />
tratta però di una iniziativa che merita<br />
un plauso incondizionato.<br />
P. M. F.<br />
GUILLAUME DE ST. THIERRY La<br />
Contemplation de Dieu e L'Oraison<br />
de Don Guillaume - Ed. Du Cerf -<br />
Paris 1977.<br />
Si tratta di una ristampa della seconda<br />
edizione di quest'opera apparsa<br />
la prima volta nel 1959. Il lavoro di<br />
dom Jacques Hourlìer, monaco di Solesmes<br />
presenta una introduzione alle<br />
opere del grande monaco di Signy<br />
che ci permette di coglierne tutta la<br />
vastità dell'insegnamento nel campo<br />
della teologia mistica e ci fa penetrare<br />
meglio nell'animo di Guglielmo.<br />
Il successo riscosso da questa operetta<br />
dell'abate di S. Teodorico ci dice<br />
l'attualità del suo insegnamento.<br />
P. M. F.<br />
GUILLERMO DE SAINT-THIERRY, Dialogo con Dios, Meditativae Orationes e<br />
Sacramento del Altar, Ed. Patres Cistercienses - Publicaciòn del Monasterio<br />
de Ntra Sra de Los Angeles - Azul - Argentina, 1977, pp. 330.<br />
SAN BERNARDO, De Laude nooae Militiae: Documenti sull'Ordine del Tempio;<br />
I Quaderni dell'Excalibur, Roma 1977, pp. 100.<br />
MARIANO MAGRASSI, Afferrati da Cristo, Ed. La Scala - Noci 1977, pp. 288.<br />
La Direzione di Notizie <strong>Cistercensi</strong> garantisce la recensione a tutti i libri che<br />
verranno inviati a tale scopo, purché riguardino la vita monastica, la vita<br />
religiosa (Storia, arte, economia, spiritualità) e più in generale la spiritualità<br />
cristiana.
CRONA'CA<br />
CERTOSA DI FIRENZE<br />
Dal 14 settembre al lO ottobre 1977<br />
CONCERTI ALLA CERTOSA<br />
UN MESE ALLA CERTOSA DI FIRENZE CON MUSICHE DA CAMERA<br />
Il Centro d'Incontro della Certosa di Firenze ha programmato anche<br />
quest' anno la stagione musicale con otto concerti di musica da Camera.<br />
I Concerti sotto la Direzione Artistica della Pianista LICTA MAN-<br />
CINI, inizieranno il 14 Settembre prossimo e termineranno il lO Ottobre<br />
1977.<br />
Il Programma è il seguente:<br />
PRIMO CONCERTO - Mercoledì 14 Settembre, ore 21,15: ANGELO STEFA-<br />
NATO, Violino, FRANCESCO PETRACCHI, Contrabbasso col Complesso da<br />
Camera di S. Cecilia di Roma. Vivaldi: Le Quattro Stagioni, op. 8, nn.<br />
1-4; Albinoni: Concerto grosso in Re Min., op. 5, n. 7; Bottesini: Gran<br />
Duo Concertante per violino e Contrabbasso.<br />
SECONDOCONCERTO - Giovedì 15 Settembre, ore 21,15: GIORGIO ZAGNONI,<br />
Flauto col Complesso da Camera di S. Cecilia di Roma. Bach: Ricercare<br />
per Archi; Bach: Concerto per Due violini e Archi; Vivaldi: op. lO,<br />
n. 3 «Il Cardellino» e op. lO, nn. 4, 5, 6.<br />
TERZO CONCERTO- Lunedì 19 Settembre, ore 21,15: Duo: SERGIO CAFARO,<br />
Pianoforte - ALDO D'AMICO, Violoncello. Beethoven : Variazioni sul tema<br />
del Flauto magico; Sonata op. 69 in La Magg.; Bach: Suite n. 2 in Re<br />
Min. per Violoncello sol~,;"Debussy: Sonata per violoncello e Pianoforte.<br />
QUARTO CONCERTO - Sabato 24 Settembre, ore 21,15: ENSEMBLE GAR-<br />
BARINO: I Quintetti con Clarinetto e Archi: Brahms; Quintetto in Si Min.<br />
op. 115; Malipiero: Winterquintett (1976) prima esecuzione a Firenze;<br />
Mozart: Quintetto in La Magg. K. 58l.<br />
QUINTO CONCERTO - Venerdì 30 Settembre, ore 21,15: Duo: LICIA MAN-<br />
CINI, Pianoforte - ARTURO BONUCCI, Violoncello. Schumann: Adagio e ALlegro,<br />
op. 70; Strauss: Sonata op. 6; Sciostakovic: Sonata op. 40; Chopin:<br />
Introduction et polonaise brillante.
(226) -70 -<br />
SESTO CONCERTO - Martedi 4 Ottobre; ore 21,15: MARK VARSHAVSKY,<br />
Violoncello con la collaborazione di CRISTINE LACOSTE, Violoncello. Sammartini:<br />
Sonata in La min. per Due Violoncelli; Bucchi: Ison per violoncello;<br />
Mozart: Sonata per due Violoncelli; Haendel: Passacaglia per<br />
violoncello solo; Katciaturian: Sonata-fantasia per Violoncello solo.<br />
SETTIMO CONCERTO - Venerdì 7 Ottobre, ore 21,15: Duo: MARIO AN-<br />
CILLOTTI, Flauto - CARLO BRUNO, Pianoforte; Mozart: Sonata n. 5 in Do<br />
Magg. K. 15; Debussy: Syrinx per Fl. Solo; Roussel: louers de Flùte,<br />
op. 27; Sciarrino: All'aure di una Lontananza (1977) per Fl. solo; Beethoven:<br />
Serenata op. 41, in Re Magg.<br />
OTTAVO CONCERTO - Lunedi lO Ottobre, ore 21,15: Duo: LICIA MANCINI,<br />
Pianoforte - RODOLFO BONUCCI, Violino. Tartini: Sonata «Il trillo del Diavolo»<br />
(Ed. Originale); Beethoven: Sonata op. 5 «La Primavera »; Brahms:<br />
Sonata n. 1 in Sol. Magg. op. 78; Saint-Siiens: Introduzione e rondò<br />
capriccioso.
SOMMARIO<br />
P. RENATO SIMEONE, MSC.. Comunit4 religiosa<br />
e Chiesa locale • pago 1<br />
P. MALACHIA FALLETTI. Lezioni di un Convegno :t 12<br />
P. MALACHIA FALLETTI, <strong>Cistercensi</strong> di Ieri e di<br />
oggi: Guglielmo di San Teodorico • :t 13<br />
SIGHARD KLEINER. Lettera Pastorale: La cura<br />
delle vocazioni e la speranza nella vita futura<br />
dell'Ordine :t 15<br />
Florilegio Cistercense, a cura di P. VITTORINO<br />
WOO ~~<br />
JEAN DE LA CROIX BOUTON, Storia dell'Ordine<br />
Cistercense (XXVI puntata) :t 38<br />
Recensioni :. f1<br />
C~OO :te