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catalogo mostra - Alto Milanese in Rete – AMR

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PECCATI DI GOLA<br />

Le voci, i colori e i sapori<br />

di un banchetto dell’antichità


Tornare al passato, alle proprie radici, conoscere ed approfondire aspetti della vita<br />

quotidiana di chi ci ha preceduto, valorizzando nel contempo la notevole documentazione<br />

materiale che il Museo Civico Guido Sutermeister conserva, sono da sempre gli obiettivi<br />

fondanti di tutte le attività promosse da questa nostra importante realtà culturale.<br />

In tale ambito, la <strong>mostra</strong> “Peccati di gola. Le voci, i colori e i sapori di un banchetto<br />

dell’antichità”, che ci racconta dell’alimentazione <strong>in</strong> età romana e r<strong>in</strong>ascimentale, è<br />

pertanto una delle numerose tessere che formano il complesso mosaico della storia più<br />

antica del territorio legnanese che si vorrebbe comporre, pezzo dopo pezzo, f<strong>in</strong>o al suo<br />

completamento, a beneficio di giovani ed adulti.<br />

È sembrato qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con il ruolo socio<strong>–</strong>culturale del Museo l’aver aderito, come<br />

<strong>in</strong> passato, alle “Giornate Europee del Patrimonio”, sviluppando altresì una tematica che<br />

<strong>in</strong> qualche modo prefigura e coerentemente si affianca a quella scelta per Expo 2015 di<br />

Milano, cioè “Nutrire il Pianeta, energia per la Vita”.<br />

Alberto Cent<strong>in</strong>aio<br />

S<strong>in</strong>daco di Legnano<br />

Francesca Raimondi<br />

Assessore alla Cultura,<br />

Politiche giovanili e Pari opportunità<br />

“Italia tesoro d’Europa”: questo è lo slogan delle Giornate Europee del Patrimonio, i<br />

cui <strong>in</strong>tenti sono appunto valorizzare il patrimonio culturale italiano con le sue specificità<br />

e condividere con altri paesi europei le comuni radici cont<strong>in</strong>entali, così da stabilire un<br />

collegamento tra le particolarità nazionali e l’appartenenza del nostro paese all’Europa.<br />

È un appuntamento importante e la tematica della <strong>mostra</strong>, relativa all’alimentazione,<br />

fornisce l’opportunità di presentare parte dei materiali <strong>in</strong>editi d’età romana e r<strong>in</strong>ascimentale<br />

conservati nel Museo Civico di Legnano e di “utilizzarli” per ricostruire alcuni aspetti<br />

della vita quotidiana del territorio, quali le abitud<strong>in</strong>i cul<strong>in</strong>arie e conviviali dei nostri<br />

antenati.<br />

È un it<strong>in</strong>erario ideale che <strong>in</strong>izia <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a, tra i fornelli e le stoviglie d’uso corrente, e si<br />

conclude nelle sale adibite al banchetto, dove le mense erano imbandite con vasellame<br />

raff<strong>in</strong>ato, colmo di cibi che spesso costituivano vere e proprie ghiottonerie.<br />

E sono anche le fonti antiche a dar voce agli oggetti esposti; esse ci parlano di <strong>in</strong>gredienti<br />

e ricette, del piacere del cibo ben preparato e dell’apparato che rende ancor più gradevole<br />

ciò che viene presentato <strong>in</strong> tavola, al punto da far assurgere la gastronomia a livello di arte:<br />

“Dal cuoco al poeta, non c’è differenza; l’arte per l’uno come per l’altro, è <strong>in</strong>telligenza”<br />

(Ateneo, Deipn .I, 7, d<strong>–</strong>f).<br />

Anna Maria Volonté<br />

Conservatore Archeologo<br />

del Museo Civico Guido Sutermeister


Testi<br />

Anna Maria Volonté, Anna Maria Fedeli,<br />

Patrizia Cattaneo, Angela Guglielmetti<br />

Progetto Grafico<br />

Offic<strong>in</strong>aidee - Legnano<br />

Stampa<br />

Tipolito Grafia Crespi - Corbetta<br />

© Copyright 2012 Comune di Legnano<br />

Indice<br />

A tavola con i Romani 2<br />

Vasellame da cuc<strong>in</strong>a e da dispensa 2<br />

Ceramica f<strong>in</strong>e da mensa 4<br />

Vasellame da mensa 5<br />

L’alimentazione <strong>in</strong> età romana 6<br />

A tavola con i duchi di Milano 9<br />

Ceramica r<strong>in</strong>ascimentale da mensa.<br />

Le stoviglie f<strong>in</strong>i <strong>in</strong> Lombardia tra la metà del XV e il XVI secolo<br />

Ceramica r<strong>in</strong>ascimentale da cuc<strong>in</strong>a.<br />

9<br />

Le stoviglie di uso corrente tra la metà del XV e il XVI secolo 10<br />

Il banchetto è servito 12<br />

La dispensa del duca 14<br />

Pr<strong>in</strong>cipali riferimenti bibliografici 19<br />

1


A TAVOLA CON I ROMANI<br />

Per la cuc<strong>in</strong>a e la presentazione degli alimenti i<br />

Romani usavano materiale vario.<br />

Numericamente notevole è il vasellame per<br />

la cuc<strong>in</strong>a e per la mensa di epoca romana e<br />

tardoromana recuperato nel territorio legnanese.<br />

Anche se si tratta quasi esclusivamente di reperti<br />

di provenienza funeraria, si possono tuttavia<br />

ritenere esemplificativi degli usi e delle abitud<strong>in</strong>i<br />

cul<strong>in</strong>arie e conviviali dei nostri antenati.<br />

Vasellame da cuc<strong>in</strong>a e da dispensa<br />

Comprende esemplari dest<strong>in</strong>ati all’uso domestico<br />

quotidiano; i recipienti, prodotti per lo più<br />

localmente, sono realizzati al tornio, presentano<br />

un impasto grossolano ed il repertorio decorativo<br />

che offrono si limita a semplici motivi <strong>in</strong>cisi o<br />

Affresco con scena di<br />

banchetto della Casa dei<br />

Casti Amanti a Pompei<br />

impressi.<br />

Si tratta di manufatti di basso costo, fabbricati<br />

<strong>in</strong> quantità massiccia con dimensioni varie e<br />

spesso imitanti le forme delle classi ceramiche<br />

più raff<strong>in</strong>ate.<br />

Sono contenitori funzionali (olle, tegami, ciotole<strong>–</strong><br />

coperchio, mortai, etc.), prodotti per un ampio<br />

arco cronologico (I sec. a.C. / III <strong>–</strong> IV sec.<br />

d.C.) con scarse variazioni nelle forme, usati <strong>in</strong><br />

cuc<strong>in</strong>a per la cottura, per la preparazione o per<br />

la conservazione dei cibi, oppure per la mensa,<br />

accanto o <strong>in</strong> sostituzione dei prodotti più raff<strong>in</strong>ati,<br />

tra le classi sociali meno abbienti.<br />

Olle<br />

Sono attestate <strong>in</strong> grande quantità nel territorio<br />

legnanese; si tratta di recipienti a larga<br />

imboccatura, corpo espanso e fondo piano.<br />

Quelle di grandi dimensioni erano utilizzate<br />

probabilmente per la conservazione e lo stoccaggio<br />

delle derrate alimentari, mentre quelle di media<br />

grandezza servivano anche come pentole per la<br />

bollitura dell’acqua, per la cottura delle pultes<br />

(sorta di semol<strong>in</strong>i), delle verdure e della frutta.<br />

Queste pentole venivano tolte raramente dal<br />

focolare; si usavano perciò mestoli per servire il<br />

cibo nei piatti.<br />

“Ricetta per la puls punica: mettete una libbra<br />

di semola nell’acqua, fatela ben imbibire, versate<br />

<strong>in</strong> un recipiente pulito, aggiungetevi tre libbre<br />

di formaggio fresco, mezza libbra di miele e un<br />

uovo; mescolate il tutto, gettatelo <strong>in</strong> una olla<br />

nuova.”<br />

CATONE, De agr. cult., LXXXXIV.<br />

Tegami / Piatti<br />

Abbastanza ben documentati sono i tegami o<br />

pat<strong>in</strong>ae, usati per la conservazione, per la cottura<br />

degli alimenti e per la consumazione dei pasti.<br />

Sono recipienti di varie dimensioni, a pareti<br />

aperte e fondo piano. I cibi cuc<strong>in</strong>ati nelle pat<strong>in</strong>ae<br />

erano estremamente vari: legumi, carne, pesce e<br />

forse anche focacce. Le ossa di pollo, capretto e<br />

i denti di roditori r<strong>in</strong>venuti nei corredi tombali<br />

del territorio attestano, per quel che riguarda la<br />

carne, i gusti alimentari dei nostri predecessori.<br />

“Pollo alla Frontone: fai diventare soda la<br />

carne del pollo, acconcialo con garum mescolato<br />

con l’olio, con un mazzetto di aneto, porro,<br />

santoreggia e coriandolo fresco; fai cuocere.<br />

Una volta cotto, leva il pollo e sistemalo su un<br />

piatto, <strong>in</strong>naffialo di mosto cotto, condiscilo con<br />

pepe e servi.”<br />

APICIO, De re coq., VI, 12.<br />

“Capretto o agnello arrosto: dopo averlo fatto<br />

2 3<br />

Vasellame <strong>in</strong><br />

ceramica comune<br />

da Legnano,<br />

Via Novara<br />

(Museo Civico<br />

G. Sutermeister)<br />

cuocere nel garum e nell’olio, dopo averlo<br />

tagliuzzato, fatelo mar<strong>in</strong>are <strong>in</strong> pepe, silfio, garum,<br />

poco olio e cuocete alla griglia. Spalmatelo con<br />

la sua salsa, cospargetelo di pepe e servite.”<br />

APICIO, De re coq., VIII, 4.<br />

Ciotole <strong>–</strong> coperchio<br />

Spesso olle e tegami erano chiusi con recipienti a<br />

duplice funzione: quella di coperchio e di ciotola.<br />

Poco numerosi sono gli esemplari restituiti dal<br />

nostro territorio.<br />

Mortai<br />

Sono recipienti a pareti aperte e vasca profonda,<br />

con grande labbro svasato e fondo piano.<br />

La superficie <strong>in</strong>terna presenta <strong>in</strong>clusi di roccia<br />

<strong>in</strong>fissi a crudo, che servivano per la triturazione<br />

degli alimenti mediante un pestello.


“Come fare il moretum: mettete nel mortaio<br />

della santoreggia, della menta, della ruta, del<br />

coriandolo, del sedano, del porro da taglio, o, <strong>in</strong><br />

mancanza di questo, una cipolla fresca, foglie di<br />

lattuga, di ruchetta, di timo verde o di nepitella e<br />

anche del cacio fresco e salato; pestate <strong>in</strong>sieme<br />

tutte queste cose, aggiungendovi un poch<strong>in</strong>o di<br />

aceto pepato; quando avrete disposto questa<br />

composizione <strong>in</strong> un piccolo piatto, versate sopra<br />

dell’olio.”<br />

COLUMELLA, De re rust., XII, 59.<br />

ceramica f<strong>in</strong>e da mensa<br />

Comprende classi di vasellame che presentano<br />

elementi comuni quali l’impasto ben depurato e<br />

le forme: piatti, coppe, bicchieri. Ciascuna classe<br />

ha però aspetti peculiari: colore dell’argilla e<br />

della vernice, motivi decorativi e, <strong>in</strong> alcuni casi,<br />

i marchi di produzione, che garantivano qualità e<br />

provenienza dei manufatti.<br />

Particolare del marchio<br />

del fabbricante su una<br />

coppetta <strong>in</strong> terra sigillata<br />

da Canegrate (Museo<br />

Civico G. Sutermeister)<br />

Talvolta il marchio era <strong>in</strong> planta pedis, cioè<br />

compreso nella sagoma del piede destro, forse<br />

con significato scaramantico: “Stavamo per<br />

entrare nel tricl<strong>in</strong>io quando uno schiavetto messo<br />

lì apposta ci grida: «Col piede destro!» E tutti<br />

restiamo lì trepidanti che qualcuno non avesse<br />

per disgrazia [...] a dar malo augurio mettendo<br />

avanti il s<strong>in</strong>istro.”<br />

PETRONIO, Satyr., 30.<br />

Sono presenti così nel territorio stoviglie<br />

“eleganti” <strong>in</strong>teramente ricoperte di vernice di color<br />

nero, ottenuta con estratti m<strong>in</strong>erali o vegetali, nel<br />

tentativo di imitare, almeno all’apparenza, i più<br />

costosi vasi <strong>in</strong> metallo.<br />

Intorno alla metà del I sec. a.C. una nuova<br />

produzione subentra alla vernice nera: è la terra<br />

sigillata.<br />

La sua caratteristica consiste nel colore rosso<strong>–</strong><br />

corall<strong>in</strong>o della vernice che ricopre la superficie<br />

dei vasi, applicata per immersione “a tuffo”.<br />

Deriva il suo nome dal lat<strong>in</strong>o sigillum (figur<strong>in</strong>a)<br />

per la decorazione figurata a rilievo che compare<br />

talvolta sui manufatti. Altri motivi ornamentali<br />

molto frequenti sono <strong>in</strong>cisioni, impressioni a<br />

stamp<strong>in</strong>o, a rotella, appliques.<br />

Completano “i servizi” f<strong>in</strong>i da mensa i bicchieri,<br />

le coppette e le ollette <strong>in</strong> pareti sottili, di uso<br />

esclusivamente potorio.<br />

Si tratta di esemplari realizzati <strong>in</strong> argilla depurata,<br />

con pareti di esiguo spessore, variamente<br />

decorati: a rotella, ad <strong>in</strong>cisione, con applicazioni<br />

<strong>in</strong> rilievo (punt<strong>in</strong>i, palmette, sp<strong>in</strong>e, fogliol<strong>in</strong>e,<br />

etc.) o a superficie sabbiata, ottenuta cioè con<br />

getti di sabbia sull’argilla ancora fresca. In alcuni<br />

casi il vasellame presenta sottili strati di vernice<br />

di vario colore.<br />

Vasellame da mensa<br />

Olpi<br />

Il recipiente da mensa <strong>in</strong> assoluto maggiormente<br />

documentato nel legnanese è il vaso chiuso,<br />

monoansato, dal collo stretto, adatto a contenere<br />

liquidi. È ampiamente diffuso <strong>in</strong> tutto il territorio<br />

traspadano tra il I sec. a.C. ed il IV sec. d.C.<br />

Le olpi sono realizzate <strong>in</strong> argilla abbastanza<br />

depurata di vario colore; la tecnica di lavorazione<br />

è <strong>in</strong> genere accurata ed alcuni esemplari recano<br />

tracce di <strong>in</strong>gobbiatura, verniciatura, lisciatura a<br />

stecca.<br />

Medesima funzione dovevano assolvere sulla<br />

tavola anche brocche e bottiglie <strong>in</strong> vetro.<br />

Ollette <strong>–</strong> Piatti <strong>–</strong> Coppe <strong>–</strong> Bicchieri<br />

Si tratta di esemplari di piccole dimensioni che,<br />

realizzati con maggior accuratezza, <strong>in</strong> argilla<br />

depurata, riprendono le forme del vasellame<br />

4 5<br />

Vasellame da mensa<br />

da San Lorenzo<br />

di Parabiago<br />

(Museo Civico<br />

G. Sutermeister)<br />

più grande o propongono tipologie nuove. La<br />

loro dest<strong>in</strong>azione era quella di vasellame da<br />

mensa, affiancando o sostituendo, nelle soluzioni<br />

meno costose, gli eleganti e raff<strong>in</strong>ati esemplari<br />

<strong>in</strong> ceramica f<strong>in</strong>e, vetro o metallo. Le coppette<br />

avevano anche funzione di contenitori di salse e<br />

condimenti; nei bicchieri <strong>in</strong> argilla si potevano<br />

riscaldare certe bevande portate poi direttamente<br />

sulle tavole.<br />

“Salsa per struzzo lesso: versa e fai cuocere <strong>in</strong><br />

una pentola: pepe, menta, cum<strong>in</strong>o tostato, semi<br />

di sedano, datteri comuni o carioti, miele, aceto,<br />

passito, garum e un po’ di olio; lega con l’amido.<br />

Copri con questa salsa i tocchi di struzzo,<br />

sistemati su un piatto grande, e <strong>in</strong>saporisci col<br />

pepe. Se, <strong>in</strong>vece, vuoi far cuocere lo struzzo nella<br />

salsa, aggiungi la semola.”<br />

APICIO, De re coq., VI, 1.


Posate<br />

Gli scavi effettuati nel territorio hanno restituito<br />

coltelli <strong>in</strong> ferro di vario tipo, nessun cucchiaio e<br />

soltanto tre forchette. Queste ultime avevano uso<br />

limitato durante il banchetto, dal momento che<br />

il cibo si portava alla bocca con le mani; erano<br />

<strong>in</strong>vece utilizzate <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a dove, con i coltelli,<br />

servivano per preparare le varie pietanze, poi<br />

presentate sulla mensa già tagliate <strong>in</strong> piccole<br />

porzioni.<br />

l’alimentazione <strong>in</strong> età romana<br />

Le fonti per la ricostruzione dell’alimentazione<br />

<strong>in</strong> epoca romana sono raramente di tipo<br />

archeologico (resti di cibo secchi o carbonizzati),<br />

ma tale scarsità è ampiamente compensata<br />

dall’abbondanza delle fonti iconografiche<br />

(produzione pittorica e musiva, prevalentemente<br />

<strong>in</strong> Campania) e soprattutto letterarie: molti<br />

sono gli scrittori antichi che ci hanno lasciato<br />

Natura morta con frutta<br />

e olive da Pompei<br />

(Museo Nazionale<br />

di Napoli)<br />

testimonianze relative alla produzione e al<br />

consumo di cibi e bevande, su tutte il De re<br />

coqu<strong>in</strong>aria attribuito ad Apicio.<br />

Quando pensiamo alla cuc<strong>in</strong>a d’epoca romana<br />

siamo portati ad immag<strong>in</strong>are piatti ottenuti con<br />

<strong>in</strong>gredienti strani e pregiati; gli stessi autori<br />

antichi descrivono spesso fastosi banchetti <strong>in</strong> cui<br />

venivano servite pietanze non certo quotidiane<br />

come cammelli, orsi, pavoni, fenicotteri. In realtà<br />

queste ricercatezze erano citate proprio perché<br />

poco frequenti.<br />

La cuc<strong>in</strong>a di tutti i giorni era probabilmente assai<br />

più povera e comune, <strong>in</strong> particolar modo durante<br />

la prima età repubblicana, quando ci si nutriva<br />

prevalentemente di cereali, legumi e ortaggi. Il<br />

pane, non lievitato f<strong>in</strong>o al II sec. a.C., veniva<br />

cotto <strong>in</strong> casa sotto la cenere e <strong>in</strong>zuppato nel latte<br />

(solo dal 171 a.C. abbiamo notizia dei primi<br />

fornai).<br />

Miele, olio, formaggio, frutta, spezie e solo<br />

raramente carne e pesce completavano la dieta<br />

delle classi più abbienti.<br />

Successivamente i contatti con la cultura greca e<br />

quella punica portarono alla diffusione del grano<br />

<strong>in</strong> sostituzione del più utilizzato farro; si diffusero<br />

la viticoltura e l’olivicoltura e di conseguenza la<br />

dieta mediterranea.<br />

La cuc<strong>in</strong>a si fece più ricca e raff<strong>in</strong>ata con<br />

l’età imperiale e si sviluppò, accanto a quella<br />

quotidiana, un’arte cul<strong>in</strong>aria, dest<strong>in</strong>ata all’elite<br />

del tempo, caratterizzata da cibi esotici e<br />

presentazioni barocche. In una cena “di rango”<br />

tutto era concepito per stupire i commensali e<br />

sottol<strong>in</strong>eare lo status sociale del padrone di casa.<br />

I Romani dedicavano ai pasti tre diversi momenti<br />

della giornata: la colazione, il pranzo e la cena.<br />

La colazione (jentaculum): veniva consumata<br />

velocemente e consisteva <strong>in</strong> un po’ di pane (<strong>in</strong><br />

quest’epoca se ne conoscevano almeno 20 tipi<br />

diversi), frutta o formaggio.<br />

Il pranzo (prandium): era un piatto unico, spesso<br />

costituito dagli avanzi della sera prima o da<br />

una puls, una m<strong>in</strong>estra di cereali e legumi; era<br />

consumato <strong>in</strong> casa senza apparecchiare la tavola<br />

o nei thermopolia pubblici cioè nelle tavole<br />

calde. La cena (coena): era l’unico vero pasto,<br />

si consumava <strong>in</strong>torno all’ora nona (le tre/quattro<br />

del pomeriggio) e comprendeva molte portate.<br />

L’antipasto (gustatio) era leggero e stimolante,<br />

composto solitamente da uova, verdure,<br />

formaggio e talvolta da cibi più elaborati<br />

(lumache, funghi, ricci di mare, etc.).<br />

Le portate pr<strong>in</strong>cipali comprendevano poi piatti<br />

di carne (soprattutto maiale, raramente bov<strong>in</strong>i, il<br />

cui uso alimentare era stato addirittura proibito<br />

per legge, f<strong>in</strong>o al III sec. a.C.) e di pesce (alcuni<br />

comuni come le sard<strong>in</strong>e, altri più pregiati come<br />

spigole, rombi, murene, crostacei, spesso allevati<br />

6 7<br />

“Cassata”, particolare<br />

di affresco della Villa<br />

di Poppea ad Oplontis<br />

<strong>in</strong> vasche nei giard<strong>in</strong>i di casa), ma anche talvolta<br />

piatti più esotici o golosi come quelli con carne<br />

di ghiro.<br />

La commisatio o secundae mensae, cioè il nostro<br />

dessert, era costituita da frutta fresca e secca, da<br />

dolci aromatizzati e speziati ed era accompagnata<br />

da br<strong>in</strong>disi a base di v<strong>in</strong>o; il v<strong>in</strong>o non era mai<br />

bevuto puro, abitud<strong>in</strong>e lasciata ai barbari e<br />

ai viziosi, ma allungato con acqua secondo<br />

porzioni stabilite dal magister bibendi, uno dei<br />

commensali eletto a questa carica, che fissava<br />

anche il numero e la modalità dei br<strong>in</strong>disi. Se la<br />

tradizione vuole che non si dovessero bere più<br />

di tre coppe, una per il br<strong>in</strong>disi, una per l’amore,<br />

una per il sonno, abbiamo motivo di credere che<br />

tale limite venisse spesso dimenticato.


“Dolci casal<strong>in</strong>ghi: snocciolate i datteri e farciteli<br />

con noci, con p<strong>in</strong>oli o anche con pepe mac<strong>in</strong>ato.<br />

Salateli all’esterno e friggeteli nel miele.”<br />

APICIO, De re coq., VII, 13.<br />

Largo era poi il consumo di spezie, erbe<br />

aromatiche e salse; ricordiamo tra tutte la salsa<br />

di garum, ottenuta da pesce sotto sale con erbe<br />

aromatiche, il cui alto prezzo, mille sesterzi per<br />

sei litri, provocò la reazione sdegnata di Pl<strong>in</strong>io.<br />

Recentemente questa salsa è stata rivalutata per<br />

le sue qualità terapeutiche.<br />

“Come correggere il garum: se il garum ha<br />

preso cattivo odore, rovescia un recipiente che tu<br />

affumichi con i fumi di alloro e cipresso, versaci<br />

Decorazione musiva<br />

con fauna mar<strong>in</strong>a dalla<br />

Casa del Fauno di Pompei<br />

(Museo Nazionale<br />

di Napoli)<br />

il garum già fatto ossigenare. Se fosse troppo<br />

salato, aggiungi 1 sestario di miele, mescola…<br />

e così sarà corretto. Ma anche il mosto fresco<br />

produce lo stesso effetto.”<br />

APICIO, De re coq., I, 6.<br />

La cena si protraeva per molte ore ma mai oltre<br />

mezzanotte.<br />

Il locale dedicato alla cena era il tricl<strong>in</strong>ium: tre letti<br />

posti attorno ad una mensa rotonda ospitavano<br />

tre persone per letto, i posti erano assegnati <strong>in</strong><br />

base all’importanza dei commensali e quello<br />

d’onore permetteva all’<strong>in</strong>vitato più importante<br />

di conversare facilmente con il padrone di casa.<br />

Se gli ospiti erano più di nove i letti venivano<br />

disposti sotto al portico del peristilio. Si mangiava<br />

sdraiati (le donne sedute), senza tovaglia ma con<br />

un tovagliolo che veniva offerto dall’anfitrione o<br />

portato appositamente per coprire il tricl<strong>in</strong>io e per<br />

portare poi a casa gli avanzi, perlomeno quelli<br />

che non venivano gettati a terra.<br />

La cena era dunque qualcosa che andava al<br />

di là del semplice consumo dei pasti e queste<br />

riunioni pomeridiane costituivano il fulcro della<br />

vita sociale e culturale dell’epoca: come disse<br />

Marziale, non c’era nulla di più triste che esser<br />

costretti a consumare la cena da soli.<br />

A TAVOLA CON I DUCHI<br />

DI MILANO<br />

ceramica r<strong>in</strong>ascimentale da mensa<br />

Le stovigLie f<strong>in</strong>i <strong>in</strong> Lombardia tra La metà deL<br />

Xv e iL Xvi secoLo<br />

Durante tutto il Medioevo e s<strong>in</strong>o alla metà del<br />

Quattrocento, nell’Italia settentrionale gran parte<br />

dei recipienti utilizzati sulle mense signorili e <strong>in</strong><br />

cuc<strong>in</strong>a era realizzata <strong>in</strong> legno tornito, fabbricata<br />

da artigiani specializzati chiamati scudellari.<br />

Sulle tavole dei ricchi compariva anche pregiato<br />

vasellame sia di orig<strong>in</strong>e centroitalica, quali le<br />

maioliche arcaiche prodotte <strong>in</strong> Toscana, Liguria<br />

e a Venezia, sia esotica, come le ceramiche<br />

islamico<strong>–</strong>orientali e ispano<strong>–</strong>moresche.<br />

Già a partire dalla metà del Trecento <strong>in</strong> tutta<br />

l’area padana si diffusero due nuove tecniche<br />

di produzione di vasellame f<strong>in</strong>e da mensa: la<br />

ceramica graffita arcaica padana policroma e la<br />

maiolica.<br />

Nella lavorazione della graffita, cioè <strong>in</strong>cisa con<br />

una punta, il recipiente veniva rivestito da un<br />

<strong>in</strong>gobbio bianco, decorato a sgraffio e cotto una<br />

prima volta; successivamente era dip<strong>in</strong>to <strong>in</strong> giallo<br />

ferraccia e verde ram<strong>in</strong>a, rivestito da vetr<strong>in</strong>a<br />

piombifera e sottoposto a seconda cottura.<br />

Gli esemplari <strong>in</strong> maiolica venivano prima cotti,<br />

8 9<br />

Piattello <strong>in</strong> ceramica<br />

graffita padana<br />

policroma,<br />

particolare con ritratto,<br />

dal Legnanese<br />

poi smaltati <strong>in</strong> bianco, con una vetr<strong>in</strong>a a base di<br />

stagno, qu<strong>in</strong>di dip<strong>in</strong>ti <strong>in</strong> blu cobalto, verde, rosso<br />

e giallo ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e cotti una seconda volta.<br />

Risultavano così due raff<strong>in</strong>ate produzioni<br />

dest<strong>in</strong>ate a rifornire quasi esclusivamente le<br />

abitazioni e le mense dei signori, dei ricchi<br />

borghesi e gli ord<strong>in</strong>i monastici. Entrambe sono<br />

attestate nei contesti r<strong>in</strong>ascimentali del Castello<br />

di San Giorgio di Legnano, dove, come nel resto


della Lombardia, risulta dom<strong>in</strong>ante la ceramica<br />

graffita. È <strong>in</strong>fatti a partire dalla metà del XV<br />

secolo che nel corredo da mensa si affermò l’uso<br />

di stoviglie <strong>in</strong>dividuali per ciascun commensale:<br />

piatto, scodella o ciotola e boccale e, come posate,<br />

coltello e cucchiaio <strong>in</strong> metallo.<br />

Le forme della ceramica graffita arcaica padana<br />

si limitavano a coppette carenate, ciotole<br />

emisferiche, scodelle e cat<strong>in</strong>i troncoconici,<br />

boccali. La decorazione era costituita da motivi<br />

geometrici (reticolati, spirali, rombi e crocette),<br />

vegetali (fogliame, frutti e fiori), ritratti maschili<br />

e femm<strong>in</strong>ili, animali (volatili, conigli, ma<br />

anche animali fantastici), simboli araldici o<br />

religiosi. Spesso sul fondo esterno dei recipienti<br />

erano <strong>in</strong>cise a graffito le <strong>in</strong>iziali dei proprietari<br />

dell’oggetto.<br />

Con la metà del Quattrocento nella Lombardia dei<br />

Affresco con frutta,<br />

recipienti da tavola<br />

e da cuc<strong>in</strong>a, Duomo<br />

di Spilimbergo (PN)<br />

Visconti e degli Sforza, accanto alla produzione<br />

di graffita policroma, si diffusero anche varianti<br />

monocrome nei colori verde e marrone. Nel<br />

tipo marrone, per lo più presente <strong>in</strong> contesti<br />

monastici, tanto da essere def<strong>in</strong>ito “ceramica<br />

conventuale”, su piccole ciotole e boccali<br />

ricorrevano frequentemente motivi religiosi:<br />

croci con i simboli della Passione, monogrammi<br />

cristologici, figure di santi. La produzione verde<br />

attestata a Legnano comprende boccaletti e<br />

ciotole decorate.<br />

Nell’ambito delle maioliche di produzione<br />

lombarda, oltre a ciotole, scodelle, cat<strong>in</strong>i e<br />

boccaletti, si realizzarono piatti a vasca obliqua<br />

decorati da motivi a reticolo, a fiori, a rombi,<br />

a tratteggi ed a spirali, delimitati da l<strong>in</strong>ee<br />

concentriche nei colori blu, azzurro, verde e rosso<br />

su fondo bianco.<br />

ceramica r<strong>in</strong>ascimentale da cuc<strong>in</strong>a<br />

Le stovigLie di uso corrente tra La metà deL Xv<br />

e iL Xvi secoLo<br />

Nel corso del Bassomedievo il vasellame privo di<br />

rivestimento, utilizzato <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a come pentolame<br />

da fuoco, per la preparazione e la conservazione<br />

dei cibi fu completamente sostituito dalla<br />

ceramica <strong>in</strong>vetriata.<br />

La sua particolarità consisteva nel rivestimento<br />

<strong>in</strong>terno: uno strato di vetr<strong>in</strong>a trasparente che,<br />

oltre a impermeabilizzare i recipienti, conferiva<br />

loro un pregevole aspetto metallico.<br />

Per gli alimenti liquidi e bolliti erano impiegate<br />

pentole cil<strong>in</strong>driche e globulari, dotate di prese<br />

forate sopraelevate per la sospensione mediante<br />

manico metallico, a mo’ di paiolo, o bollitori<br />

ovoidali con beccuccio versatoio. La cottura<br />

poteva avvenire direttamente sul fuoco o a suo<br />

riverbero a fianco delle braci, oppure all’<strong>in</strong>terno<br />

di appositi forni chiusi.<br />

Per la preparazione di fritti e arrosti erano<br />

utilizzati recipienti di forma ampia e bassa: tegami<br />

e casseruole corredati dai relativi coperchi.<br />

Altre stoviglie correnti presenti nelle cuc<strong>in</strong>e<br />

lombarde del XV secolo, e anche nei contesti<br />

del Castello di Legnano, erano le ceramiche<br />

semplicemente rivestite da <strong>in</strong>gobbiatura<br />

monocroma, meno pregiate della coeva<br />

produzione graffita, ma provenienti dalle stesse<br />

manifatture.<br />

Le ceramiche <strong>in</strong>gobbiate potevano avere<br />

colorazione bianco panna per piatti e ciotole da<br />

servizio; giallo e marrone per ciotole, scodelle<br />

e recipienti chiusi di varie fogge: brocche, orci,<br />

grosse olle biansate; <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e verde per boccal<strong>in</strong>i a<br />

corpo sferico, coppette o per conche e grossi vasi<br />

da fiori a decorazioni applicate.<br />

Piccoli piatti piani e più raramente brocche<br />

10 11<br />

Attrezzi da cuc<strong>in</strong>a<br />

della seconda metà<br />

del XVI secolo,<br />

da B. Scappi, Opera<br />

e pentole erano anche realizzati <strong>in</strong> ceramica<br />

<strong>in</strong>gobbiata e successivamente marmorizzata nei<br />

colori marrone e verde; l’effetto era ottenuto con<br />

una miscela di ossidi di ferro (marrone) e rame<br />

(verde) stesa a pennello sul recipiente.<br />

Nelle cuc<strong>in</strong>e r<strong>in</strong>ascimentali era <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e presente<br />

un ampio repertorio di contenitori ed attrezzi <strong>in</strong><br />

rame, bronzo e peltro: paioli, pignatte, mortai,<br />

crivelli, col<strong>in</strong>i, grattugie, bottiglie, boccali,<br />

colatoi, schiumarole, leccarde, coltelli e forchette


di varie dimensioni.<br />

Molti altri vasi presenti nella dispensa e utilizzati<br />

per il trasporto di liquidi, derrate e merci m<strong>in</strong>ute<br />

erano realizzati <strong>in</strong> fasce di legno e <strong>in</strong> fibre vegetali<br />

<strong>in</strong>trecciate.<br />

Fra i materiali restituiti dalla torre Sud Ovest del<br />

Castello di Legnano si segnalano alcuni frammenti<br />

di pannelli radianti di stufa <strong>in</strong>gobbiati verdi, con<br />

decorazione a stampo di probabile produzione<br />

lombarda (prima metà del XVI secolo). Le stufe<br />

comparvero nelle residenze signorili lombarde su<br />

Il tr<strong>in</strong>ciante,<br />

tavola dall’opera<br />

di V. Cervio<br />

<strong>in</strong>fluenza tedesca a partire dal XV secolo.<br />

il banchetto è serVito<br />

Uno dei momenti di maggior splendore del<br />

Ducato di Milano si ebbe con l’avvento al<br />

potere di Ludovico Maria Sforza, signore dal<br />

1480 al 1499.<br />

Tra i suoi desideri c’era quello di dist<strong>in</strong>guersi<br />

per sfarzo e raff<strong>in</strong>atezza e i banchetti, ai quali<br />

sembra assistesse anche Leonardo da V<strong>in</strong>ci,<br />

dovevano contribuire alla realizzazione di<br />

questo <strong>in</strong>tento.<br />

Un simbolo di tale proposito è il notevole<br />

apparato del personale di corte addetto<br />

all’organizzazione delle cene.<br />

Il più alto grado era rappresentato dal “maestro<br />

di casa” che sovr<strong>in</strong>tendeva su tutti i settori ad<br />

eccezione dell’appartamento del signore, dove<br />

esercitava la sua sorveglianza il “cameriere<br />

maggiore”.<br />

Per la cuc<strong>in</strong>a ducale si contavano quattro<br />

cuochi: il più alto <strong>in</strong> grado era il “sopracuoco”,<br />

che comandava anche il “cuoco segreto”, che<br />

cuc<strong>in</strong>ava solo per il padrone; seguiva il “cuoco<br />

della famiglia”, che predisponeva i pasti per i<br />

cortigiani, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e il cuoco “dei forestieri”, che<br />

si occupava degli ospiti e dei viaggiatori.<br />

Lo “scalco” organizzava il servizio della mensa,<br />

i “coppieri” erano addetti alla preparazione<br />

delle bevande, il “canevaro” controllava<br />

qualità e quantità del v<strong>in</strong>o, il “tr<strong>in</strong>ciante”<br />

predisponeva le carni, il “credenziere” si<br />

occupava di argenti e suppellettili.<br />

Il banchetto non doveva solo <strong>in</strong>trattenere gli<br />

ospiti a tavola ma anche celebrare l’importanza<br />

del padrone di casa.<br />

Solitamente per allietare il convivio veniva scelto<br />

un tema, quasi sempre mitologico. I letterati di<br />

corte e i musicisti avevano il compito di svilupparlo<br />

durante gli spettacoli che <strong>in</strong>tervallavano le varie<br />

portate.<br />

I convitati erano disposti su tre lati della sala<br />

occupando il lato esterno dei tavoli, così da poter<br />

assistere agli svaghi proposti.<br />

I nobili e i personaggi di riguardo prendevano<br />

posto sulla “tavola alta” così chiamata perché<br />

spesso, per sottol<strong>in</strong>eare l’importanza di chi si<br />

sedeva <strong>in</strong> questa parte di tavolo, veniva posta su<br />

un palchetto sotto un baldacch<strong>in</strong>o. Man mano<br />

che ci si allontanava dalla tavola alta, scendeva il<br />

rango dei commensali.<br />

Su una parete della sala era disposta la credenza<br />

nella quale faceva bella <strong>mostra</strong> di sé il vasellame<br />

più prezioso, spesso <strong>in</strong> oro e <strong>in</strong> argento.<br />

Un banchetto ben organizzato doveva prevedere<br />

un ricco menù composto da diverse portate.<br />

Si <strong>in</strong>iziava con frutta di stagione e <strong>in</strong>salate condite<br />

12 13<br />

Affresco con banchetto<br />

dal Castello<br />

di Tortona (AL)<br />

che fungevano da aperitivo, <strong>in</strong> quanto si riteneva<br />

che i cibi acidi servissero ad “aprire” lo stomaco.<br />

Venivano poi presentati piatti <strong>in</strong> salsa, potage,<br />

brodetti di verdura, cereali, carni e, a seguire, gli<br />

arrosti, spesso colorati artificialmente con erbe,<br />

spezie o sangue.<br />

Un <strong>in</strong>termezzo con spettacoli accompagnati da<br />

gelat<strong>in</strong>e, creme e i cosiddetti cibi <strong>in</strong> maschera<br />

che avevano lo scopo di stupire i convitati (ad<br />

esempio f<strong>in</strong>te mele realizzate con carne o “animali<br />

straord<strong>in</strong>ari” composti da parti di soggetti<br />

diversi), preparava alla parte f<strong>in</strong>ale della cena<br />

nella quale si gustavano, nell’ord<strong>in</strong>e, dolciumi<br />

vari, formaggi e frutta secca o candita, con v<strong>in</strong>i<br />

liquorosi quali l’Ippocrasso o la Malvasia. Inf<strong>in</strong>e<br />

venivano serviti alimenti, detti “caccia fuori”, che<br />

dovevano favorire la digestione e il buon alito,<br />

ossia confetti o confetture, zenzero, coriandolo e<br />

canditi.


la dispensa del duca<br />

Possiamo conoscere gli <strong>in</strong>gredienti che<br />

rifornivano le dispense ducali grazie a documenti<br />

che descrivono i cibi e i v<strong>in</strong>i conservati nei<br />

castelli di Vigevano, Milano e Pavia; gli elenchi<br />

raccontano di cant<strong>in</strong>e ben fornite e di scorte<br />

di carni, pesci, formaggi e frutta, ma anche di<br />

condimenti, spezie e dolcificanti a disposizione<br />

dei cuochi di corte.<br />

Tra questi, Maestro Mart<strong>in</strong>o de’ Rossi è senza<br />

dubbio il più noto. A lui si deve la stesura<br />

del manoscritto <strong>in</strong>titolato “Libro de Arte<br />

La macellazione<br />

delle carni di maiale,<br />

Tacu<strong>in</strong>um Sanitatis<br />

(Oesterreichischen<br />

National Bibliotek<br />

di Vienna)<br />

Coqu<strong>in</strong>aria”, testimonianza del carattere<br />

<strong>in</strong>novativo dei suoi piatti che si dist<strong>in</strong>guono, ad<br />

esempio, per il recupero del gusto orig<strong>in</strong>ale degli<br />

alimenti evitando l’abuso di spezie tipicamente<br />

medievale.<br />

Poco conosciamo della sua vita: nato nel secondo<br />

o terzo decennio del XV secolo a Torre, oggi <strong>in</strong><br />

Canton Tic<strong>in</strong>o, non sappiamo quando fu al<br />

servizio dei Duchi di Milano ma la sua presenza<br />

a corte fu senza dubbio significativa.<br />

Tra le sue ricette più curiose se ne ricordano<br />

alcune che utilizzano come parametro dei tempi<br />

di esecuzione la durata di una preghiera:<br />

“Ravioli <strong>in</strong> tempo di carne: et questi ravioli<br />

non siano maiori d’una mezza castagna et ponili<br />

accocere <strong>in</strong> brodo di cappone, o di carne bona,<br />

facto giallo di zafrano quando bolle. Et lassali<br />

bollire per spatio de doi paternostri.”<br />

Alla f<strong>in</strong>e del Quattrocento la pasta viene spesso<br />

preparata ripiena, come i ravioli della ricetta, ma<br />

anche condita con uvetta o burro e sale.<br />

La lista delle carni e dei pesci consumati nel<br />

R<strong>in</strong>ascimento è vastissima.<br />

Pollame, ov<strong>in</strong>i, capr<strong>in</strong>i e bov<strong>in</strong>i erano allevati,<br />

oltre che per la macellazione, per i prodotti che<br />

fornivano o per l’aiuto nelle attività agricole.<br />

I su<strong>in</strong>i avevano <strong>in</strong>vece come sola dest<strong>in</strong>azione<br />

quella alimentare: <strong>in</strong>fatti, tra il XII ed il XVII<br />

secolo, si svilupparono i mestieri legati alla<br />

lavorazioni delle carni di maiale, dando così<br />

orig<strong>in</strong>e alle corporazioni dei “norc<strong>in</strong>i”.<br />

Le uova erano consumate come pietanza ma<br />

anche a scopo decorativo, ad esempio per la<br />

“doratura”, o come <strong>in</strong>grediente <strong>in</strong> svariate ricette.<br />

In ambienti nobiliari, come la corte ducale, la<br />

cacciagione era quasi uno status symbol e, nei<br />

giorni precedenti il banchetto, si predisponevano<br />

battute di caccia per procurare la selvagg<strong>in</strong>a:<br />

cervi, c<strong>in</strong>ghiali, lepri, anatre ma anche orsi, aironi,<br />

gru, venivano allestiti <strong>in</strong> modo scenografico.<br />

In una ricetta si legge: “ Prendi un pavone e fallo<br />

arrosto come se volesse stare seduto e fosse vivo<br />

e quando è completamente arrostito, prendilo e<br />

fallo raffreddare, poi ricopri con le piume tutto il<br />

suo corpo e servilo come se fosse vivo.”<br />

In tempo di magro i manicaretti erano <strong>in</strong>vece<br />

rigorosamente a base di pesce e, anche <strong>in</strong> questo<br />

caso, non mancava la scelta, che spaziava dal<br />

nasello ai trichechi.<br />

Per fare il pane la far<strong>in</strong>a usata più comunemente<br />

era quella di riso. Il pane di frumento o di segale<br />

era il più costoso, quello scuro era l’unico che<br />

poteva essere consumato anche <strong>in</strong> tempo di<br />

Quaresima.<br />

14 15<br />

La lavorazione<br />

del pane,<br />

Tacu<strong>in</strong>um Sanitatis<br />

(Oesterreichischen<br />

National Bibliotek di<br />

Vienna)<br />

In cuc<strong>in</strong>a il pane era utilizzato <strong>in</strong> vari modi: per<br />

addensare le salse, nei ripieni con l’aggiunta di<br />

spezie, <strong>in</strong>zuppato nel v<strong>in</strong>o, nell’aceto o nel latte<br />

di mandorle.<br />

Le pagnotte erano tonde od ovali ma nei banchetti<br />

si disponevano anche <strong>in</strong> forma di “vassoi”, piatti<br />

commestibili fatti di pane che servivano per<br />

contenere il cibo.<br />

Per quanto riguarda i formaggi, l’elenco della<br />

dispensa ducale di Vigevano cita “rabiole e<br />

marzol<strong>in</strong>o”, ma sul mercato si trovavano tom<strong>in</strong>i,<br />

pecor<strong>in</strong>i, raveggiole, caciotte, capr<strong>in</strong>i e formaggi<br />

stagionati simili al nostro parmigiano.


Pane e formaggio sono gli <strong>in</strong>gredienti della ricetta<br />

del Caso en patellecte:<br />

“ Potrai acconciare lo caso brustolando, prima<br />

arrostendo al foco de le fette de lo pane tanto che<br />

da ogni lato si com<strong>in</strong>ci a rostire, mettendo le dicte<br />

fette per ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong> una padella da torte; et sopra<br />

la padella mettirai lo suo coperchio fatto caldo<br />

tanto che l’ditto caso s’<strong>in</strong>com<strong>in</strong>ci a strugere, o<br />

a squagliare. E fatto questo gli butterai di sopra<br />

del zuccharo con poca di cannella, et zenzero.”<br />

Le differenze tra dolce e salato erano poco<br />

marcate e il sapore che meglio <strong>in</strong>carnava il gusto<br />

dell’epoca era l’agrodolce ottenuto mescolando<br />

La bottega dello<br />

speziale, lo zucchero,<br />

Tacu<strong>in</strong>um Sanitatis<br />

(Oesterreichischen<br />

National Bibliotek<br />

di Vienna)<br />

aceto, agresto o succo di agrumi.<br />

Il sale era l’elemento più prezioso, non solo per<br />

<strong>in</strong>saporire i cibi ma anche per conservarli, ed era<br />

qu<strong>in</strong>di d’obbligo la sua presenza nelle scorte dei<br />

castelli ducali.<br />

Il dolcificante più diffuso era il miele, usato non<br />

solo nei dolci ma anche nel pane, nei piatti di<br />

carne e <strong>in</strong> quelli di frutta. Meno utilizzato era lo<br />

zucchero, merce di lusso che si acquistava dallo<br />

speziale, che troviamo però tra gli <strong>in</strong>gredienti del<br />

Biscotto Duchale:<br />

“Piglia prima di tutto le uova e strocale nel<br />

calderotto e dimenale benissimo con mestaio<br />

di legno, dipoi metti zucchero benissimo pesto<br />

e unisci ogni cosa <strong>in</strong>sieme e quando che avrai<br />

unito ogni cosa benissimo e avrai dimentao un<br />

pezo meti tutta la far<strong>in</strong>a. Dipoi colerai e metterai<br />

l’impasto <strong>in</strong> teglia di rame unta e <strong>in</strong>far<strong>in</strong>ata e<br />

quando l’avrai gettato lo metterai <strong>in</strong> forno dipoi<br />

che sarà gonfiato el coprirai e quando sarà<br />

cotto e freddo lo taglierai col coltello sottile e lo<br />

rimetterai <strong>in</strong> forno a biscottarsi adagio, adagio.”<br />

Con la frutta si apriva e si chiudeva il banchetto,<br />

ma era utilizzata anche come <strong>in</strong>grediente nelle<br />

torte salate e negli arrosti. La mela cotogna, la<br />

pera, il melograno, l’uva, il dattero e i fichi erano<br />

tra le qualità preferite.<br />

Tra le verdure e i legumi più comuni troviamo<br />

lattuga, cavolo, piselli, sedano, rafano, porro,<br />

carciofo, lenticchie, rape.<br />

Molto diffuse erano le castagne, la cui far<strong>in</strong>a era<br />

utilizzata anche per fare il pane, e le mandorle<br />

che venivano impiegate <strong>in</strong> vari modi: tritate,<br />

mac<strong>in</strong>ate, a pezzetti, alla griglia, bollite. Erano<br />

anche l’<strong>in</strong>grediente base, <strong>in</strong>sieme a riso o<br />

far<strong>in</strong>a di riso, carne o pesce, e brodo per il<br />

“Biancomangiare”; il latte di mandorle era<br />

usato sia come bevanda sia <strong>in</strong> salse o m<strong>in</strong>estre.<br />

Per la preparazione delle zuppe frequente era<br />

anche l’uso di spezie e cereali. Orzo, miglio,<br />

farro, segale e avena trovavano ampio spazio<br />

nei ricettari, specie nei piatti dest<strong>in</strong>ati ai giorni<br />

di magro nei quali era bandito il consumo della<br />

carne. Questa è ad esempio la ricetta del Potagio<br />

de farro:<br />

“Fa cuocere lo farro <strong>in</strong> una cazola cum brodo<br />

grasso he magro. Et quando serra ben mettice<br />

uno ho doi rossi de ova cum caso gratato sbattuti:<br />

he pipo zafrano et cannella <strong>in</strong>sieme. Et quando la<br />

metti ad cocere mette <strong>in</strong>sieme uni pezo di persuto<br />

he poi cotto metti sopra caso he manda a tavola.”<br />

L’abbondante coltivazione di erbe aromatiche<br />

era dettata pr<strong>in</strong>cipalmente da motivi di salute:<br />

con le erbe <strong>in</strong>fatti venivano predisposti alcuni<br />

16 17<br />

La raccolta<br />

delle melegrane,<br />

Tacu<strong>in</strong>um Sanitatis<br />

(Oesterreichischen<br />

National Bibliotek di<br />

Vienna)<br />

rimedi curativi. L’uso gastronomico era però<br />

altrettanto significativo e le ricette prevedevano<br />

spesso l’impiego di aromi che si potevano trovare<br />

nell’orto nonché di spezie costose provenienti<br />

dall’Oriente, come la cannella, lo zenzero, la<br />

noce moscata, simbolo qu<strong>in</strong>di di una cuc<strong>in</strong>a “da<br />

ricchi”. Ne testimonia la larga diffusione la ricetta<br />

delle Coppiette alla romanesca:<br />

“Taglia la carne <strong>in</strong> pezzi grossi como un ovo,<br />

ma non la fornire di tagliare, perché li ditti pezzi<br />

devono restare attachati <strong>in</strong>sieme l’uno con l’altro;<br />

et togli un pocho de sale et pitartema cioè il seme


di coriandri, o vero f<strong>in</strong>occhio pesto et imbrattane<br />

bene li ditti pezzi, et dapo’ ponili un pocho <strong>in</strong><br />

spprescia e coceli <strong>in</strong> lo speto arrosto mettendo <strong>in</strong><br />

esso fra l’uno pezzo e l’altro una fettol<strong>in</strong>a di lardo<br />

sottile per tenere le dicte coppiette più morbide.”<br />

Il condimento più usato era il grasso di maiale,<br />

ossia il lardo, che era cotto e poi lasciato riposare<br />

per conservarlo. L’olio era usato crudo per condire<br />

e per cuc<strong>in</strong>are nei giorni di magro. Il burro era<br />

<strong>in</strong>vece appannaggio dei ricchi.<br />

Le pietanze erano ovviamente accompagnate dal<br />

v<strong>in</strong>o. Dopo la metà del XV secolo la viticoltura<br />

ebbe un notevole impulso. In Lombardia i vitigni,<br />

frequentemente impiantati nella forma delle “viti<br />

maritate”, cioè sostenute da alberi e arbusti, erano<br />

La vite, Theatrum<br />

Sanitatis (Biblioteca<br />

Cas<strong>in</strong>atense di Roma)<br />

diffusi soprattutto <strong>in</strong> Brianza, considerata a tutti<br />

gli effetti la cant<strong>in</strong>a del Ducato.<br />

I v<strong>in</strong>i r<strong>in</strong>ascimentali, anche quelli più pregiati<br />

o d’importazione, venivano serviti annacquati<br />

per dim<strong>in</strong>uirne la robustezza e senza curarsi<br />

dell’abb<strong>in</strong>amento con i cibi.<br />

Se al padrone di casa erano riservati i v<strong>in</strong>i migliori,<br />

al personale erano dest<strong>in</strong>ati <strong>in</strong>vece quelli meno<br />

costosi e talvolta anche scadenti, come i cosiddetti<br />

“raspati” ottenuti da un’ulteriore spremitura delle<br />

v<strong>in</strong>acce.<br />

Molte delle qualità apprezzate all’epoca, quali<br />

la Malvasia, il Trebbiano, i v<strong>in</strong>i dell’Oltrepò<br />

pavese, sono consumate tuttora; sappiamo però<br />

che nel ‘400 il v<strong>in</strong>o era considerato da alcuni<br />

non solo una bevanda, per quanto simbolica del<br />

rango sociale, ma anche un rimedio medic<strong>in</strong>ale:<br />

è noto <strong>in</strong>fatti che Gian Galeazzo Sforza, piuttosto<br />

che con purghe o salassi, preferiva di gran lunga<br />

curarsi bevendo Vernaccia.<br />

Età romana<br />

Fonti<br />

APICIO, De re coqu<strong>in</strong>aria (De re coq.)<br />

ATENEO, Deipnosofisti (Deipn.)<br />

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Lorenzo di Parabiago, Legnano 1996<br />

AA.VV. Ceramiche <strong>in</strong> Lombardia tra II secolo a.C. e VII<br />

secolo d.C. Raccolta dei dati editi. Giulia Olcese (a cura<br />

di), Mantova 1998<br />

AA.VV. Otium et Negotium. Aspetti di vita quotidiana <strong>in</strong><br />

età romana. AnnaMaria Volonté (a cura di), Legnano 1993,<br />

pp. 36 - 55<br />

CATONE, Dell’agricoltura. Versione di A. Donati,<br />

Garzanti “Collezione Romana”<br />

A. DOSI-F. SCHNELL, Le abitud<strong>in</strong>i alimentari dei romani,<br />

Quasar, Roma 1986<br />

A. DOSI-F. SCHNELL, Pasti e vasellame da tavola,<br />

Quasar, Roma 1986<br />

A. DOSI-F. SCHNELL, I Romani <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a, Quasar, Roma<br />

1986<br />

E. SALZA PRINA RICOTTI, L’arte del convito nella<br />

Roma antica, “L’Erma” di Bretschneider, Roma 1983<br />

E. SALZA PRINA RICOTTI, Cibi e banchetti nell’antica<br />

Roma, <strong>in</strong> Archeo n. 46 dicembre 1988 pp. 52 - 97<br />

E. SALZA PRINA RICOTTI, Le ricette più antiche del<br />

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Milano 1999<br />

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Libro de arte coqu<strong>in</strong>aria, Milano 2003<br />

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MORI (a cura di), L’anfiteatro di Milano e il suo quartiere.<br />

Percorso storico-archeologico nel suburbio occidentale,<br />

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L. PASSI PITCHER (a cura di), Hic est bonum comedere-<br />

Stoviglie e vettovaglie r<strong>in</strong>ascimentali di una guarnigione di<br />

Pizzighettone, Cremona 2003<br />

G. ROSSANIGO, P.L. MUGGIATI, Amandole e Malvasia<br />

per uso di corte. Cibi e ricette per la tavola dei Duchi di<br />

Milano, Milano 1998<br />

S. LUSUARDI SIENA (a cura di), Ad mensam. Manufatti<br />

d’uso da contesti archeologici fra tarda antichità e<br />

medioevo, Ud<strong>in</strong>e 1994.


MUSEO CIVICO GUIDO SUTERMEISTER<br />

Corso Garibaldi, 225 - Legnano<br />

Tel. 0331.543005<br />

museocivico@legnano.org

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