il gen. ca nino di paolo nuovo comandante in seconda della guardia ...

LA SICILIA NEI RICORDI DI FINANZIERI
- NON DI ORIGINE SICILIANA - CHE HANNO OPERATO
IN PASSATO NELLA MERAVIGLIOSA ISOLA
Nel numero 3/2008 abbiamo
riportato il pregevole articolo del
Generale Antonino Rametta,siciliano
(o sicano come da lui precisato), stilato
con tanta cura e sensibilità in occasione
del XVII Raduno nazionale dell’ANFI
a Catania e Palermo dal 1° al
4 maggio di quest’anno.
In questo numero si intende proseguire
sulla via da lui aperta ai tanti
“finanzieri” – non di origine siciliana
– che hanno operato in Sicilia, nei
tempi passati, esponendo le proprie
esperienze di servizio e di vita in quella
terra benedetta dal Sole e dall’Arte.
E non sono pochi, che hanno operato
- a tutti i livelli - nelle varie province
ed anche a più riprese, come il
compianto collega di corso, Generale
Michele Mola, il Generale Gaetano
Nanula, ecc., tanto per citare ufficiali
conosciuti da tanti nostri soci.
A tanti di loro l’Isola era apparsa
tanto lontana dalla propria Regione di
origine, ma una volta raggiunta, sorprendeva
per il rispetto verso la Guardia
di Finanza e le Fiamme Gialle e
per le sue bellezze naturali e artistiche,
che ricordavano soprattutto gli
antichi splendori nei tempi dell’antica
Roma e in quelli del Regno delle due
Sicilie; splendori, che si possono rilevare
ancora oggi unitamente all’orgoglio
e alle eccellenti qualità del popolo
siciliano, che attualmente va anche
cautamente risolvendo problemi atavici
contrapponendosi coraggiosamente
alla malavita organizzata.
Personalmente posso accennare
alla mia breve esperienza al comando
della Compagnia e del Nucleo di
Polizia Tributaria di Ragusa, dal
1963 al 1965: ero un pugliese che,
dopo l’Accademia, ero stato per circa
sei anni nel Trentino-Alto Adige sempre
alle dipendenze dell’allora maggiore
e tenente colonnello Fausto
Musto alla Scuola Alpina di Predazzo
e alla Tenenza di Bressanone, e per
tre anni a Verona in servizi di Polizia
Tributaria, fino alla promozione al
grado di capitano.
Avendo avuto da circa un mese un
secondo figlio, partii per Ragusa senza
la famiglia, e in macchina, mi alternai
alla guida con un sottufficiale siciliano
che si recava in Sicilia per una
breve licenza a Delia, sua città natale.
Ci fermammo a Salerno ove incontrai
il mio collega di corso Michele
Mola, che era stato trasferito a Verona
al comando del Nucleo di Polizia
tributaria e che avrebbe occupato l’alloggio
che avrei lasciato libero, raccomandandogli
di assistere mia
moglie nel trasloco delle mie masserizie
(con un vagone ferroviario): per
chi ha avuto la fortuna di conoscere il
Generale Mola sa bene che i miei
familiari avrebbero avuto la migliore e
affettuosa assistenza possibile.
Lasciato Salerno l’indomani, prendemmo
la strada che allora era disponibile
per raggiungere Villa San Giovanni;
raggiungemo prima Sapri verso
mezzogiorno, ove facemmo una
breve colazione in una trattoria sul
mare, e poi, percorrendo la strada
litoranea - che io ammiravo per la prima
volta per il meraviglioso mare - e
raggiungemmo Villa San Giovanni
verso le 23.
Traghettammo a mezzanotte e raggiungemmo
il porto di Messina con
una prima emozione del mio sottufficiale,
che si sentiva nella sua Isola nel
rivedere la statua della Madonnina
all’ingresso del porto, ed anche mia,
che invocai la sua protezione, come
ogni buon cristiano è solito fare nell’affrontare
un nuovo compito impegnativo.
A Messina raggiungemmo il
Comando della Legione, ove ottenemmo
un alloggio, e la mattina seguente
mi presentai al Comandante, che mi
accolse con semplicità e cortesia; si
complimentò perché avevo la barba
rasa, ma mi raccomandò di non pretendere
dai finanzieri siciliani che
avessero la barba rasata tutti i giorni,
essendo usanza popolana (ma anche
nella mia Puglia) di contrarre l’abbonamento
col barbiere per due rasatu-
di Tommaso Santamaria
re di barba alla settimana; e poi mi
fece aprire un’anta del suo armadio
dicendomi: ”come vede nell’armadio
non ho finanzieri di riserva, per cui
giuri di non chiedermi altri militari: ce
la devi fare con gli uomini che hai e
mi pare che manterrai il giuramento;
io comunque ti sarò sempre vicino”. E
così fu. Poi mi dette saggi consigli,
operativi che mi servivano nel mio
nuovo incarico.
Accompagnai il sottufficiale a
Delia e poi ripresi la strada provinciale
per Catania, ammirando l’Etna,
Acitrezza e Taormina, raggiunsi Siracusa
e proseguii per Avola (città natale
del collega di corso Arizza Rosario
ed anche dell’allora colonnello Antonio
Cappello) e ammirai Modica nella
sua composta e bella architettura, prima
di raggiungere il centro di Ragusa
passando per Ragusa-Ibla.
Raggiunsi così la sede della nuova
caserma nella estrema periferia nuova
della città, e presi alloggio nel nuovo
Albergo Mediterraneo, ove era già
arrivato il mio Comandante di Gruppo,
il Maggiore Emilio Trari (che era
stato anche mio superiore quando
comandavo la Tenenza di Bressanone),
in attesa dell’arrivo delle famiglie
e delle masserizie.
Con Lui salutammo nel frattempo le
Autorità locali e conoscemmo nell’albergo
alcuni simpatici cittadini ragusani,
che frequentavano l’albergo
anche per il buon caffè, come assicurava
il titolare signor Tumino.
In particolare io, avendo saputo
che le mie masserizie sarebbero arrivate
almeno un mese dopo l’arrivo
della mia famiglia, mi preoccupai di
arredare alla meglio l’appartamento
con mobili di fortuna (anche per contenere
le spese). E fu così che apprezzai
subito la disponibilità e la generosità
di una famiglia ragusana, che mi
permise di ospitare la mia nell’alloggio
affittato, appena fosse arrivata
nella città.
Così avvenne nei giorni successivi,
quando arrivò all’Aeroporto di Cata-
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