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imp MN 18 - Mare Nostrum

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VELA<br />

Anteprima Anteprima<br />

Tutti gli<br />

ambienti del<br />

catamarano<br />

sono stati studiati<br />

per fornire<br />

la massima<br />

comodità,<br />

senza rinunciare<br />

a pregevoli<br />

spunti<br />

estetici.<br />

L’ascensore<br />

interno, una<br />

delle più affascinantiinnovazioni<br />

nello<br />

speciale catamarano.<br />

Tommy illustra<br />

il funzionamento<br />

del<br />

carrellino che<br />

permette ai<br />

ragazzi disabili<br />

di passare<br />

agevolmente<br />

da poppa a<br />

prua o viceversa.<br />

Andrea Stella<br />

L’intervista con Andrea Stella è rapida, a tratti formale<br />

e scontata, ma non meno intensa. Io non ho<br />

presenziato alla conferenza stampa e lui ha fretta di<br />

partire. Proprio in questo breve colloquio riesco a<br />

capire appieno cosa vuol dire “lo Spirito di Stella”,<br />

nelle sue risposte, nelle sue affermazioni, ho scoperto<br />

l’intensità della determinazione che ha portato<br />

Andrea in giro per l’Italia con il suo messaggio di<br />

speranza per i disabili, il sogno di fargli solcare uno<br />

dei simboli della libertà: il mare.<br />

Nel numero invernale di <strong>Mare</strong> <strong>Nostrum</strong> avevamo<br />

raccontato il dramma che ha colpito Andrea Stella,<br />

vittima dell’insensata ferocia di tre malviventi e<br />

delle loro armi, trasformando un’esistenza cosiddetta<br />

normale in una da disabile. “Non avevo mai<br />

pensato prima alle problematiche delle barriere<br />

architettoniche sulle imbarcazioni, rivela lui stesso,<br />

ma questa sventura mi ha dato la possibilità di<br />

vedere la vita da un altro punto di vista e capire che<br />

si poteva fare molto”. Così “lo Spirito di Stella”<br />

diventa un catamarano, che lo stesso Andrea ha<br />

ideato in modo da poterlo rendere fruibile a tutti,<br />

normodotati e diversamente abili. Come scritto precedentemente,<br />

il sogno di Andrea non si ferma al<br />

godere da solo della sua inventiva, ma di voler insegnare<br />

ad altri ragazzi disabili come godere di questa<br />

occasione. Dopo che l’imbarcazione viene varata<br />

nascono iniziative come il Giro d’Italia, nell’ambito<br />

del progetto “Vela per tutti”, promosso anche da<br />

Telecom Progetto Italia e TIM.<br />

Mentre scopro le meraviglie dell’avveniristico<br />

catamarano, il Professor<br />

Fabio Mura mi racconta la sua avventura<br />

nel creare i collegamenti affinché<br />

questa iniziativa approdasse a Porto<br />

Torres. Tommy, un libero professionista<br />

del settore nautico compreso nell’equipaggio<br />

di questa prima tappa,<br />

mi fa invece da cicerone all’interno<br />

dell’imbarcazione, illustrandomi il<br />

funzionamento dell’ascensore, che<br />

permette ai disabili di accedere alle<br />

cabine con la sedia a rotelle; inoltre mi<br />

mostra la rampa mobile per raggiungere<br />

la dinette (il soggiorno del catamarano),<br />

ancora un carrellino per<br />

muoversi comodamente da poppa a<br />

prua, il telecomando e la passerella<br />

mobile, per un ingresso agevole in<br />

qualsiasi situazione di marea. Lo stupore<br />

è veramente tanto, la tecnologia<br />

si rivela in uno dei suoi molteplici<br />

aspetti positivi e vitali.<br />

Prima di andar via Andrea m’illustra il progetto della<br />

traversata atlantica, che lo riporterà in America,<br />

dove la sua vicenda ha avuto inizio. La prima tappa<br />

saranno le Canarie, dove si aggregherà all’Atlantic<br />

Rally for Cruisers (ARC), per arrivare nei Carabi e<br />

proseguire poi alla volta di Fort Lauderdale, in quella<br />

Miami così affascinante e così crudele. Non si può<br />

parlare di terapia d’urto, questo è lo spirito di Stella,<br />

il suo modo di vedere il mondo e di affrontare le<br />

cose, dritte in faccia. L’ultima domanda che gli rivolgo<br />

prima dei saluti riguarda una possibile competizione<br />

tra questi equipaggi di nuova generazione, in<br />

Sardegna d’altronde non mancano ne il luogo ne il<br />

vento. Andrea mi guarda, accenna un sorriso e lancia<br />

la sfida: “Se qualcuno ne organizzerà una, non ci<br />

tireremo di certo indietro”.<br />

Gian Luca Dedola<br />

Andrea sorride al timone del suo gioiello, anche se è ancorato<br />

in porto si concede s<strong>imp</strong>aticamente alle richieste del<br />

fotografo.<br />

Primatist Trophy Sfida da leggenda<br />

Formalmente il Primatist Trophy dura una settimana,<br />

l’ultima di luglio, ma in realtà l’entusiasmo che<br />

ruota intorno a questa corsa aleggia nell’aria per<br />

un lungo periodo prima e dopo l’evento. Il trofeo<br />

nasce nel 1991, quando il grande armatore Bruno<br />

Abbate concepì l’idea di far incontrare i possessori<br />

dei suoi gioielli Primatist, appunto, per farli poi<br />

sfidare nella singolare gara. Nelle prime edizioni lo<br />

spirito festaiolo del vivace e attivissimo costruttore<br />

lo portò a coinvolgere molti dei Vip che affollavano<br />

la Costa Smeralda, tra i quali Jerry Calà, presidente<br />

della Manifestazione, Umberto Smaila,<br />

Michele Alboreto ed Alberto Tomba, che fu anche<br />

il vincitore del primo Primatist Trophy. A quei<br />

tempi i Vip funzionarono molto da attrattiva per la<br />

manifestazione, anche se la loro presenza, seppur<br />

ricercata, era dovuta all’amichevole aria che si<br />

respirava durante l’iniziativa, oltre alla voglia di<br />

sfida. L’iniziativa fu un vero successo, nata nell’accogliente<br />

Poltu Quatu iniziò a diventare un avvenimento<br />

che andava ben oltre i confini nazionali. I<br />

padrini famosi erano sempre più numerosi e negli<br />

ultimi anni la tendenza iniziò ad invertirsi, furono i<br />

Vip che iniziarono a cercare il Trophy, una vetrina<br />

mediatica troppo ampia per essere mancata.<br />

Intanto nel corso degli anni i primi padrini, i piloti,<br />

i possessori di imbarcazioni Primatist diventarono<br />

un vero e proprio team, avversari in gara ma amici<br />

nei tavolini dei caffè di Poltu Quatu. Si parlava dei<br />

nuovi modelli, delle prestazioni, delle vicende<br />

della gara conclusa, ma soprattutto ci si divertiva,<br />

grazie ad una gara rilassata e ben diversa da altre<br />

competizioni sportive, nelle quali la disperata<br />

ricerca della vittoria spesso offusca lo spirito del<br />

gioco.<br />

La manifestazione ha conosciuto negli anni un<br />

trend di crescita continua, senza mai flettere nella<br />

banalità del “già visto”, forse per lo stupore che<br />

riesce a destare ogni nuovo modello, magari per la<br />

dinamicità e potenza della gara, oppure per l’ambiente<br />

glamour che ruota intorno a tutto questo.<br />

Molto più probabilmente è stata la confluenza di<br />

tutti questi fattori a rendere il Primatist Trophy uno<br />

dei più grandi eventi nautici del mondo.<br />

Negli suoi 14 anni di vita si sono cercati nuovi scenari,<br />

così la gara ha abbandonato il piccolo “porto<br />

nascosto” che gli aveva dato i natali per toccare<br />

posti altrettanto splendidi come Cefalù, o Marina<br />

di Portisco. In quest’ultima località si è svolta la<br />

passata edizione del Trophy, che ha avuto tappe<br />

come Capo Figari, Tavolara, Porto Massimo, Porto<br />

Cervo, insomma molti tra i luoghi più belli e rinomati<br />

dell’isola. Le condizioni del tempo hanno<br />

messo a dura prova i concorrenti, facendo pesare<br />

la maggiore esperienza di alcuni equipaggi, come<br />

quello del team Sassoli – Cappelli, vincitori della<br />

classe 1 a bordo del G41’ O.L., un gioiello dell’aerodinamica<br />

capace di montare due motori da ben<br />

750 cavalli l’uno. Ovviamente è un po’ stupefacente<br />

vedere come questo bolide sia dotato di<br />

salotto, cuccetta matrimoniale e quanti altri<br />

comfort possibili.<br />

Foto fornite<br />

per gentile<br />

concessione<br />

della Primatist.<br />

36 37<br />

POLTU QUATU

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