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periodico n° 11 del 24 marzo 2009 - Il Rossetti

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Mara Baronti condivide con il pubblico la sua passione per la cultura indiana<br />

India: un subcontinente in scena<br />

Un racconto di miti e di Dei che aiuta a far capire la filosofia degli indiani<br />

«Gli indiani raccontano che<br />

gli elefanti, da loro amatissimi,<br />

un tempo potevano volare<br />

e cambiare forma. Come le<br />

nuvole dei monsoni. India è un<br />

elefante che vola e si trasforma.<br />

Immenso e leggero. Non<br />

racconterà dei grandi successi<br />

nell’informatica, dei contadini e<br />

<strong>del</strong>le multinazionali, <strong>del</strong>le dighe,<br />

<strong>del</strong>la dote e <strong>del</strong>le vedove, ma,<br />

spero, <strong>del</strong> perché tutto questo<br />

può accadere». Mara Baronti<br />

spiega così lo spettacolo di cui<br />

è protagonista e autrice, e che<br />

porta in scena con grande passione<br />

anche a Trieste, nell’ambito<br />

<strong>del</strong> cartellone altripercorsi.<br />

Per costruire questo racconto<br />

a più voci e a vari livelli, in cui<br />

si intrecciano narrazione, danza,<br />

canto e musica Mara Baronti ha<br />

attinto a tutto il suo amore per<br />

l’India e a tutta la sua sensibilità<br />

d’artista. Sono infatti ricche le<br />

esperienze che hanno condotto<br />

l’attrice a questa particolare<br />

formula di teatro: dopo la formazione<br />

al Teatro di Genova<br />

e la collaborazione con alcune<br />

fra le più prestigiose compagnie<br />

italiane, diretta da interessanti<br />

registi (da Sciaccaluga<br />

a Squarzina, da Cecchi a De<br />

Bosio e Conte), la Baronti si è<br />

infatti rivolta alla creazione di<br />

racconti sulla scena. Un’iniziale<br />

esperienza importante in questo<br />

senso è stata già quella di<br />

costruire una storia conducendo,<br />

assieme a Gianni Rodari ed<br />

Emanuele Luzzati, un gruppo di<br />

bambini <strong>del</strong>le scuole elementari.<br />

6<br />

“altri percorsi”<br />

Da almeno quindici anni, e per<br />

prima in Italia a livello professionale,<br />

ha affrontato l’attività<br />

di narratrice rivolta a bambini<br />

e adulti: oggi Mara Baronti è<br />

riconosciuta tra i più affermati<br />

professionisti in questo campo.<br />

L’idea di racchiudere in uno<br />

spettacolo le sue profonde<br />

conoscenze sull’India è stata<br />

uno sbocco artistico molto<br />

naturale per l’attrice: esperta<br />

conoscitrice <strong>del</strong>la cultura indiana,<br />

curiosa ed instancabile lettrice<br />

dei grandi miti di quella<br />

tradizione da Mahabaratha, a<br />

Kalika Purana, a Ramajana, la<br />

Baronti ha concretizzato il progetto<br />

grazie anche all’apporto<br />

<strong>del</strong> regista Alfonso Santagata,<br />

con cui già in passato si era<br />

confrontata in modo interessante.<br />

L’intersecarsi dei loro linguaggi<br />

e <strong>del</strong>le loro sensibilità genera<br />

uno spettacolo che ci apre<br />

al Paese forse più semplice e<br />

assieme complicato, dove lontananza<br />

e vicinanza sono la<br />

stessa cosa, dove gli dei ci sono<br />

ancora e assomigliano ai nostri<br />

<strong>del</strong> passato, e a quelli <strong>del</strong> futuro:<br />

un Paese con cui – in prospettiva<br />

– saremo portati a confrontarci<br />

sempre più strettamente.<br />

Eppure non c’è viaggiatore o<br />

studioso che al primo approccio<br />

con l’India non ne percepisca<br />

anche la distanza.L’autrice<br />

crede che il teatro possa creare,<br />

proprio in questi spazi lacunosi,<br />

sinfonie di appartenenza, porgendosi<br />

quale veicolo di cono-<br />

scenza per attraversare mondi,<br />

esperienze che lasciano segni<br />

che ci apparteranno per tutta la<br />

vita. Lo spettacolo dunque non<br />

darà conto di aspetti <strong>del</strong>la vita<br />

quotidiana di questo grande<br />

Paese, ma cercherà di capire<br />

perché oggi gli indiani vivano<br />

così: questo tentativo si basa<br />

su grandi, affascinanti, divertenti<br />

storie, sulla creatività di ottimi<br />

artisti come Santagata e la<br />

Baronti, come i creatori <strong>del</strong>le<br />

musiche e <strong>del</strong>le immagini, come<br />

i musicisti e i danzatori europei<br />

e indiani che hanno partecipato<br />

alla creazione.<br />

«India è un racconto di miti e<br />

di Dei che ci serve a entrare<br />

nella filosofia degli indiani –<br />

spiega ancora l’attrice – e qui la<br />

filosofia non è una materia scolastica<br />

ma vita, ricerca, giorno<br />

dopo giorno <strong>del</strong>la conoscenza,<br />

non <strong>del</strong> mondo, ma di Sé». «È<br />

accaduto – racconta – che un<br />

ufficiale di polizia che nel frattempo<br />

era andato in pensione<br />

venisse chiamato a testimoniare<br />

durante un processo: si<br />

presentò vestito come Radha,<br />

la pastorella amata dal dio<br />

Krisnha. Per lui era finita l’epoca<br />

<strong>del</strong>l’immersione nel mondo<br />

ed era cominciato un cammino<br />

spirituale che gli imponeva di<br />

identificarsi persino con l’aiuto<br />

degli abiti in varie forme<br />

di amore per dio. India ci farà<br />

rendere conto come questo<br />

modo di intendere la vita non<br />

sia completamente estraneo a<br />

noi europei». (i.lu.)

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