C on V - Rivista IDEA

D’Alessandro
racconta i mesi di
cura anche attraverso una
serie di dati, tra cui quello delle
visite mediche (51), le ore di
chemioterapia (46), le pastiglie
ingerite (724), ma anche i libri
letti (14), le cene con gli
amici (14), gli sms
(173)...
In sette mesi
ha scoperto
di avere
il cancro,
l’ha affrontato
e raccontato
in un libro
ed è riuscito
a riconquistarsi
una vita.
Migliore
di quella
precedente
Raffaele Viglione
Due foto, una di
Ful vio D’Ales -
san dro du rante la
chemioterapia e
una dopo, pubblicate sulle
pagine del libro “Ti vedo bene-
Storia semplice di un semplice
malato di cancro”, lo raccontano
meglio di tante pa role. Due immagini
che sembrano mes se lì per
indicare un mondo di differenze,
per via della mancanza di ca pelli,
la magrezza, il colorito, ma dalla
quali, al contrario, salta agli occhi
solo un tratto co mune: lo stesso
sguardo di un uo mo che sa sorridere
e combattere. Sem pre e
comunque. Perché, se come
scrive il saviglianese, dirigente
tecnico-commerciale del la “Mon -
do” di Grinzane Ca vour, nella
dedica del libro al la mo glie
Cristina: «Gli angeli non volano
solo in cielo», allo stesso modo i
combattenti non stanno solo in
me zzo all’a rena.
Capita di trovarli nei posti più
diversi e immaginabili, come
per esempio, il sesto piano
del reparto di ematologia
dell’ospedale “Santa Cro -
ce” di Cuneo, armati di
grande determinazione, di
un atteggiamento positivo e di
una serena ironia.
«Ho scritto il li bro durante la
chiemio», spiega D’A les sandro,
anche consigliere co mu -
nale a Savigliano e presidente
della Commis -
sione ur ba ni sti ca.
«Non ave vo gran -
di pretese, se
10 á 14 luglio 2011 á il coraggio di non arrendersi
non raccontare una sto ria che
pen sa vo u nica e invece, purtroppo,
non lo è».
Una bella storia, non solo perché
Fulvio D’Ales san dro sta vincendo
la lotta con il linfoma di Hodgkin
(il primo “tagliando importante”
come lo chiama lui, è stato fatto
nel 2010, il prossimo sarà nel
2013), ma soprattutto perché è
stata una «battaglia che è valso la
pena combattere. Subito ti crea
dei problemi: la preoccupazione è
non tanto “Alla fine ce la farò?”,
ma “Come cambierà la mia vita
da domani?”. Si deve fare altro
rispetto a quanto preventivato.
Anche durante la chemio, quando
me la sentivo, andavo a lavorare,
ma ho avuto la fortuna di trovare
un’azienda che mi è stata vicino,
dandomi tutto il tempo necessario.
La fami glia Stroppiana, a cui
non posso che essere grato, mi ha
aiutato anche nella pubblicazione
di questo libro (che ha avuto eco
nazionale, ha venduto 1.500
copie e il cui ricavato è an dato alla
Sezione di Cuneo del l’As so cia -
zione italiana contro leucemie,
linfomi e mielomi, ndr). Inol tre
ho trovato conferma nella mia
compagna di vita, che mi sopporta
dopo 28 anni di matrimonio,
un vero “Caterpillar”».
E gli altri come hanno reagito?
«Nei modi più diversi. Alcuni
sono proprio fuggiti».
Perché si dovrebbe fuggire? Non
è una malattia contagiosa.
«Non vorrei usare frasi da massimi
sistemi, ma tendiamo a ricercare
il bello e il positivo. La malat-
tia esprime altri sentimenti. C’è
chi è sensibile e capisce; altri
rifuggono anche solo l’idea che ci
sia qualcuno a cui possa capitare».
Scoprendo di avere un cancro è
uma no chiedersi “perché proprio
a me?”. Ma non ti sei mai
domandato “perché a me la possibilità
di uscirne vivo?”?
«La vita è fatta di situazioni che a
volte non siamo in grado di spiegarci.
Un proiettile ti colpisce o
meno, ti salvi da un campo di con -
centramento o no. Con la malattia
è lo stesso: puoi essere tra i “sommersi”
o i “salvati”. L’im por tante,
però, non è perché io ce l’ho fatta,
ma la grandissima vo glia di combatterla,
la convinzione di potercela
fare, affrontarla per superarla,
anche se non sempre si risolve
positivamente. Rientrava nella
mia normalità dover combattere
per me e anche per coloro che
erano di fianco a me, i quali magari
non possedevano la stessa
“Vedersi bene”
nonostante tutto
LA STORIA DI FULVIO D’ALESSANDRO
determinazione. Ho raccontato
un sacco di barzellette, ho sempre
fatto ridere tutti. Un giorno,
nonostante il fatto che durante la
chemioterapia non si sentano i
gusti, mi sono presentato con un
cesto di prodotti da man giare e
l’ho offerto agli altri malati. Il cancro
forse non lo si può battere, ma
combattere sì».
Perché non si può battere?
«La certezza assoluta non la sia ha
mai: anche dopo 10-15 anni, nei
casi di linfomi, c’è chi ha avuto la
recidiva. Nel 2014 af fronterò un
passaggio importante, l’ultimo
controllo, ma non mi pongo nem-