Ambiente_e_Sicurezza..

INSERTO
Sicurezza in cantiere
La redazione del PiMUS
secondo la Provincia di Parma
IGIENE E SICUREZZA
Sicurezza del lavoro
Sui percorsi formativi per RSPP
i chiarimenti della Conferenza Stato-Regioni
I primi passi
verso il nuovo TU sicurezza
Sicurezza in cantiere
Alcuni chiarimenti ministeriali
sull'applicazione del 36-bis
AMBIENTE
Testo Unico ambientale
Riforma del D.Lgs. n. 152/2006:
quali conseguenze per i rifiuti?
Danno ambientale
Rischio inquinamento: un nuovo approccio
per la copertura assicurativa
Rifiuti
I chiarimenti dell'Albo
su garanzie e procedure semplificate
DALLE REGIONI
Acque
Pronta la nuova tariffa
sui servizi idrici
COMMENTO A PAGINA
DOCUMENTO A PAGINA
COMMENTO A PAGINA
DOCUMENTO A PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
COMMENTO A PAGINA
DOCUMENTO A PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
COMMENTO A PAGINA
DOCUMENTI DA PAGINA
ARTICOLO A PAGINA
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NOVITÀ
GAZZETTA UFFICIALE: GLI ULTIMI 15 GIORNI
GAZZETTA UFFICIALE REPUBBLICA ITALIANA
ARGOMENTO PROVVEDIMENTO TITOLO PUBBLICATO IN
Sicurezza
dei trasporti
Sicurezza
del lavoro
Sicurezza
in cantiere
Sostanze
pericolose
Decreto legislativo
5 ottobre 2006, n. 264
Decreto dell’Istituto
Superiore per la
Prevenzione
e la Sicurezza
del Lavoro
5 ottobre 2006
Provvedimento
dell’Agenzia
delle Entrate
2 ottobre 2006
Decreto legislativo
18 settembre 2006,
n. 266
Decreto del Ministero
dei Trasporti
29 settembre 2006,
n. 1014
SICUREZZA
«Attuazione della direttiva 2004/54/CE
in materia di sicurezza per le gallerie
della rete stradale transeuropea»
«Regolamento di organizzazione dell’Istituto
superiore per la prevenzione e
la sicurezza del lavoro a livello di strutture
e personale (articolo 13, comma 1,
lettera n) del decreto del Presidente della
Repubblica 4 dicembre 2002, n. 303)»
«Modalità e termini di comunicazione
dei dati all’anagrafe tributaria da parte
degli uffici comunali, in relazione alle
denunce di inizio attività presentate allo
sportello unico comunale per l’edilizia,
permessi di costruire e ogni altro atto di
assenso comunque denominato in materia
di attività edilizia rilasciato, ai sensi
del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n. 380, e successive
modificazioni, relativamente ai soggetti
dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti
dell’opera»
AMBIENTE
«Disciplina sanzionatoria per la violazione
delle disposizioni del regolamento (CE) n.
648/2004 in materia di immissione in commercio
dei detergenti»
«Norme integrative al codice IMDG (emendamento
32­04) per la verifica della compatibilita’
chimica degli imballaggi e dei contenitori
intermedi (IBCs) di plastica destinati
al trasporto di materie liquide. (Decreto
n. 1014/2006)»
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
S.O. n. 195 alla Gazzetta
Ufficiale del 9 ottobre
2006, n. 235
In sintesi a pag. 50
Gazzetta Ufficiale
del 17 ottobre 2006, n. 242
In sintesi a pag. 50
Gazzetta Ufficiale
del 20 ottobre 2006, n. 245
Gazzetta Ufficiale
del 18 ottobre 2006,
n. 243
In sintesi a pag. 84
S.O. n. 196 alla Gazzetta
Ufficiale del 18 ottobre
2006, n. 243
In sintesi a pag. 85
14 novembre 2006 ­ N. 21

In sintesi
14 novembre 2006 ­ N. 21
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
SOMMARIO
INSERTO ................................................................................................................................... p. 8
IGIENE E SICUREZZA.................................................................................................................... p. 8
AMBIENTE ................................................................................................................................. p. 10
DALLE REGIONI.......................................................................................................................... p. 12
Articoli
Approfondimenti
l Dai tecnici della Provincia di Parma le linee guida per il PiMUS
di Vittorio Gherri e Gabriella Magri ...................................................................................... p. IV
l Progettazione dei laboratori di ricerca: il contributo dell’ergonomia
di Patrizia Serranti e Mauro Ragone ................................................................................... p. 16
l Gli ultimi chiarimenti dell’AEEG sul comportamento dei distributori di gas
di Francesco Castorina ....................................................................................................... p. 20
l Con il “documento programmatico” più privacy nell’ambiente di lavoro
di Gian Paolo Maderi e Giovanni Volpe............................................................................... p. 28
l Ancora indicazioni Stato-Regioni sulla formazione per ASPP e RSPP
di Marco Masi...................................................................................................................... p. 31
l I primi passi verso il nuovo Testo Unico per la salute e la sicurezza sul lavoro
di Lorenzo Fantini................................................................................................................ p. 39
l I chiarimenti del Ministero del Lavoro sull’applicazione dell’art. 36-bis
di Gabriele Taddia ............................................................................................................... p. 41
l Richiesta del CPI in capo al dirigente scolastico/Filtro a prova
di fumo per il montalettighe
di Mario Abate..................................................................................................................... p. 51
l Ipotesi di riforma del D.Lgs. 152/2006: tutti i possibili cambiamenti per i rifiuti
di Paolo Pipere.................................................................................................................... p. 59
l Per i motori elettrici ad alta efficienza il dato tecnico deve sposare il mercato
di Silvia Berri e Angelo Baggini ........................................................................................... p. 62
l In materia di emissioni in atmosfera cambia il procedimento autorizzatorio
di Andrea Martelli ................................................................................................................ p. 67
l Rischio inquinamento e assicurazioni: come cambia la copertura del danno?
di Aldo Bertelle.................................................................................................................... p. 73
l Gli ultimi chiarimenti dell’Albo gestori su garanzie finanziarie e semplificazioni
di Rosanna Laraia............................................................................................................... p. 79
l Sui servizi idrici in Emilia-Romagna nuova tariffa al via da dicembre 2007
di Andrea Zuppiroli e Lorenza Bitelli.................................................................................... p. 92
Legislazione
l ISPESL
Decreto del Presidente dell’Istituto Superiore per la Prevenzione
e la Sicurezza sul lavoro 5 ottobre 2006 .............................................................................
p. 50
5

6
SOMMARIO
l Gallerie stradali
Decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264........................................................................... p. 50
l Gestione emergenziale
Decreto legge 9 ottobre 2006, n. 263.................................................................................. p. 84
l Commercio di detergenti. Norme sanzionatorie
Decreto legislativo 18 settembre 2006, n. 266 .................................................................... p. 84
l Igiene degli imballaggi
Decreto del Ministero dei Trasporti 29 settembre 2006, n. 1014 ......................................... p. 85
l Dalle Regioni
Rassegna di delibere e leggi regionali settembre-ottobre 2006 .......................................... p. 97
Prassi
l Dai tecnici della Provincia di Parma le linee guida per il PiMUS
Piano Montaggio, Smontaggio, Uso e Trasformazione Ponteggi ai sensi
del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235. Schema con contenuti minimi................................................................
l Ancora indicazioni Stato-Regioni sulla formazione per ASPP e RSPP
Accordo della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni
e le Province autonome di Trento e Bolzano, n. 2635..................................................................
l I chiarimenti del Ministero del Lavoro sull’applicazione dell’art. 36-bis
Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, Direzione Generale
per l’attività ispettiva 28 settembre 2006, n. 29.............................................................................
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
p. VII
p. 33
p. 44
l Fresatrici
Decisione della Commissione 20 ottobre 2006, n. 2006/704/CE................................................ p. 50
l Gli ultimi chiarimenti dell’Albo gestori su garanzie finanziarie e semplificazioni
Circolare del Comitato nazionale dell’Albo gestori ambientali 7 agosto 2006,
Prot. n. 1000/ALBO/PRES .............................................................................................................
p. 82
Deliberazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio
e del mare 10 luglio 2006 ...............................................................................................................
p. 82
Circolare del Comitato nazionale 28 settembre 2006 (Prot. n. 1309/ALBO/PRES) .................. p. 83
l Decomissioning di siti nucleari
Ordinanza del Commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari 2 ottobre 2006... p. 85
Giurisprudenza
l Patteggiamento: azione di regresso dell’INAIL
Cassazione civile, sezione lavoro, 21 febbraio 2006, n. 3723............................................................. p. 52
l I soggetti responsabili nell’appalto e subappalto
Cassazione penale, sez. IV, 3 luglio 2006, n. 22823 ........................................................... p. 54
l Ordine di bonifica da amianto legittimo solo per pericolosità delle sostanze
TAR Campania, sez. Napoli, 27 aprile 2006, n. 6786.......................................................... p. 86
l Limitazione alla circolazione di mezzi pesanti e poteri del sindaco
Consiglio di Stato, sez. V, 22 maggio 2006, n. 3264 ........................................................... p. 87
l Responsabile dell’inquinamento primo legittimato passivo
TAR Lazio - Sezione staccata di Latina, 7 luglio 2006, n. 600 ............................................ p. 88
14 novembre 2006 ­ N. 21

Notizie normative
@
14 novembre 2006 ­ N. 21
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
SOMMARIO
TU AMBIENTE/Lo schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche
al D.Lgs. n. 152/2006
Articoli in anteprima
@ AMIANTO/D.Lgs. n. 257/2006: 4 casi tra abrogazione e modifica
@
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@
@
Ambiente&Sicurezza continua on­line
di Damiano Romeo e Luca Vegetti
RIFIUTI/I dubbi di costituzionalità sulla nozione di rifiuto sono “inammisibili”
dopo il nuovo codice ambientale
di Pasquale Giampietro
SICUREZZA IN CANTIERE/Le linee guida sulla redazione del POS per il montaggio
di capannoni prefabbricati
di Flavio Mazzini
SICUREZZA IN CANTIERE/Qualificazione delle imprese e vigilanza alla base
della qualità del cantiere
di Gabriella Galli
SOSTANZE PERICOLOSE/Recupero di rifiuti industriali e inquinanti organici
persistenti: rischio od opportunitá?
di Elisabetta Bemporad, Marco Di Basilio e Carmela Riccardi
L’accesso al sito è gratuito, previa registrazione, per tutti gli abbonati ad Ambiente&Sicurezza.
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7

SINTESI
IN SINTESI
8
RUBRICA
Inserto
SICUREZZA IN CANTIERE
COMMENTO.......................................................................................................................................................................................a pag. IV
DOCUMEN’iO....................................................................................................................................................................................a pag. VII
Da Parma le linee guida per la redazione del PiMUS ­ Per un sostegno alle imprese, al fine di renderle autonome dal dover dipendere
costantemente da un consulente, e per dare maggior rilievo e valore al lavoro dei professionisti, il “Gruppo Cantieri”, costituito dai tecnici
ASL­SPASL della provincia di Parma, del CSE e del CPT, ha redatto un modello di PiMUS uniformato e condiviso destinato a tutti quelli che, a vario
titolo, sono coinvolti nella redazione e nel controllo del documento stesso. Lo schema di piano, sottoscritto anche dagli Ordini e dai Collegi
professionali di Parma, è rispondente ai contenuti minimi elaborati dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale pubblicati con circolare 13
settembre 2006, n. 25; la sua struttura è predisposta in modo tale da essere compilato, dal datore di lavoro dell’impresa che esegue il montaggio e
lo smontaggio del ponteggio, per punti successivi. Infatti, il modello risulta suddiviso in riquadri che facilitano la lettura e la comprensione dei
contenuti, in modo da agevolare anche l’estensore più inesperto. A corredo dell’articolo, il testo integrale del documento PiMUS redatto da SPASL
AUSL Parma, CSE Parma e condiviso dall’Ordine degli Ingegneri, degli Architetti e dal Collegio dei Geometri della Provincia di Parma.
Igiene e sicurezza
ANTINCENDIO
QUESITI SULL’ANTINCENDIO..............................................................................................................................................................a pag. 51
Richiesta del CPI in capo al dirigente scolastico/Filtro a prova di fumo per il montalettighe ­ In questo numero Ambiente&Sicurezza
propone alcuni chiarimenti in merito al soggetto titolato alla richiesta del Certificato di Prevenzione Incendi per un edificio scolastico, sia per
una struttura già esistente, sia per una di nuova costruzione. Un ulteriore chiarimento è fornito riguardo alla possibilità o meno che un
montalettighe, destinato a essere installato all’interno di una casa di riposo per anziani non autosufficienti di recente costruzione, possa
avere in comune il filtro a prova di fumo con il vano scala.
IGIENE DEL LAVORO
ARTICOLO.........................................................................................................................................................................................a pag. 16
Progettazione dei laboratori di ricerca: il contributo dell’ergonomia ­ Qualunque realizzazione edilizia e tecnologica parte dalla
progettazione dell’opera stessa all’interno della quale trovano attuazione sia scelte tecniche di fondo dell’impresa sia quelle connesse
all’attività produttiva specifica integrate con quelle della sicurezza e della salute dei lavoratori che vi saranno coinvolti. Se la
progettazione non viene eseguita correttamente, l’impresa dovrà eseguire interventi correttivi in base alle disposizioni legislative, ai
criteri di buona tecnica e ai principi ergonomici. Nel caso della progettazione di un laboratorio, la valutazione dei fattori di sicurezza,
di salute e di ergonomia risulta essere molto complessa, soprattutto a causa delle particolari caratteristiche dell’attività di ricerca. Un
approccio ideale è quello dell’user­centered design.
SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
ARTICOLO.........................................................................................................................................................................................a pag. 20
Nuovi chiarimenti dell’AEEG sul comportamento dei distributori di gas ­ A causa delle molte problematiche ancora irrisolte nell’ambito
dell’attuazione della delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 18 marzo 2004, n. 40, la stessa Autorità ha pubblicato la deliberazione n.
87/2006 di modifica e integrazione al regolamento delle attività di accertamento della sicurezza degli impianti di utenza a gas, di cui, appunto, alla
deliberazione n. 40/2004, per gli impianti di utenza nuovi. Tra le modifiche e le integrazioni più importanti risaltano quelle sull’accertamento
documentale della sicurezza degli impianti di nuova costruzione e la semplificazione degli Allegati, riducendo a due i moduli necessari per la
richiesta dell’attivazione della fornitura.
SICUREZZA DEI DATI
ARTICOLO.........................................................................................................................................................................................a pag. 28
Dal Garante della privacy le ultime novità in materia di ambiente e di tutela del lavoro ­ Il Documento programmatico per la
sicurezza, definito come “manuale della sicurezza fisica e logica dei sistemi informativi”, è un documento che, partendo dall’analisi dei
rischi del proprio sistema informativo contenente dati personali, sensibili e giudiziari, focalizza contromisure di vario tipo per prevenire
potenziali minacce. Caratterizzato da diverse “regole”, il DPS rappresenta lo strumento principale per organizzare e pianificare le attività
necessarie all’adeguamento legislativo ma anche per dare evidenza delle azioni svolte. Accanto a questo le organizzazioni hanno
adottato altre misure minime legate ai processi informativi e alla gestione documentale, proponendo un piano completo per garantire la
tutela dei propri dati personali.
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14 novembre 2006 ­ N. 21

RUBRICA
SINTESI
SICUREZZA DEI TRASPORTI
SINTESI.............................................................................................................................................................................................. a pag. 50
Gallerie stradali ­ Il D.Lgs. 5 ottobre 2006, n. 264 attua la disciplina europea di cui alla direttiva 2004/54/CE, in materia di sicurezza per le
gallerie della “rete stradale transeuropea”, intendendo come tale «la rete stradale definita dalla sezione 2 dell’allegato I della decisione
1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, ed illustrata in carte geografiche o descritta nell’allegato II di tale
Decisione», applicabile a tutte le gallerie situate nel territorio italiano di lunghezza superiore a 500 metri già in esercizio, in fase di
costruzione ovvero allo stato progettuale. Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri di Ambiente&Sicurezza. (in Gazzetta Ufficiale del 9
ottobre 2006, n. 235, e nella sezione “Notizie normative” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
SICUREZZA DEL LAVORO
COMMENTO.....................................................................................................................................................................................a pag. 31
TESTO................................................................................................................................................................................................a pag. 33
Sulla formazione per addetti e responsabili l’interpretazione della Conferenza Stato­Regioni - Nella seduta del 5 ottobre 2006, la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome ha approvato le linee interpretative dell’accordo 26
gennaio 2006, sui contenuti minimi dei corsi formativi per i responsabili e gli addetti al servizio di prevenzione e protezione, con l’iobiettivo
di chiarirlo e integrarlo nei punti dubbi o controversi e di favorire un’interpretazione omogenea del suo testo. Il nuovo documento della
Conferenza Stato­Regioni ha precisato le modalità di attivazione dei corsi formativi per ASPP e RSPP e di riconoscimento dei crediti formativi
pregressi, ha definito il processo di aggiornamento, le modalità di certificazione dell’avvenuta formazione e ha ulteriormente chiarito quali
sono e con quali modalità possono essere riconosciuti i soggetti formatori abilitati all’erogazione dei corsi.
ARTICOLO.........................................................................................................................................................................................a pag. 39
I primi passi del nuovo Testo Unico per la salute e la sicurezza sul lavoro ­ Ampliamento del campo di applicazione della normativa in materia di
salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla qualificazione del rapporto di lavoro che li lega all’imprenditore, ponendo
particolare attenzione ad alcune categorie (giovani, extracomunitari e apprendisti) per le quali l’incidenza del rischio infortunistico risulta essere molto
elevato, semplificazione degli adempimenti in materia di sicurezza, soprattutto per le medie e piccole imprese, e razionalizzazione dell’apparato
sanzionatorio sono i punti principali intorno ai quali il Governo sta delineando il nuovo Testo Unico. Scopo del nuovo TU sarà quello di rivisitare l’attuale e
complesso quadro normativo in materia di tutela e di sicurezza del lavoratore, rivisitandone l’intera impostazione, aggiornandolo e rendendolo più efficace.
MASSIMA E NOTA.............................................................................................................................................................................a pag. 52
Patteggiamento: azione di regresso dell’INAIL ­ Ai fini dell’esercizio dell’azione di regresso da parte dell’iINAIL ai sensi dell’iart. 112 del D.P.R. n.
1124/1965 nei confronti delle persone civilmente responsabili per le prestazioni erogate a seguito di infortunio sul lavoro, la sentenza del giudice
penale di applicazione della pena su richiesta dell’imputato, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., deve ritenersi assimilabile alla sentenza di condanna, con la
conseguenza che detta azione è ammissibile e soggetta a termine triennale di prescrizione, suscettibile di interruzione. (Cassazione civile, sezione
lavoro, 21 febbraio 2006, n. 3723, e nella sezione “Documentazione integrativa” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 50
ISPESL ­ Il decreto del Presidente dell’Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro 5 ottobre 2006 rappresenta il
regolamento di organizzazione dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e la disciplina del rapporto di lavoro dei
dipendenti, approvato dal Consiglio di amministrazione dell’Istituto con delibere nn. 2/2006 e 9/2006, al fine di sviluppare le attività
istituzionali in materia di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, documentazione e assistenza per quanto concerne la prevenzione
degli infortuni, la sicurezza del lavoro e la tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro. (in Gazzetta Ufficiale del 17 ottobre 2006¸ n.
242, e nella sezione “Notizie normative” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
SICUREZZA DELLE MACCHINE
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 50
Fresatrici ­ La decisione della Commissione 20 ottobre 2006, n. 2006/704/CE concerne la decisione di modificare le indicazioni ufficiali
(pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea) di riferimento alla norma EN 848­3:1999 «Sicurezza delle macchine per la
lavorazione del legno ­ Fresatrici su un solo lato con utensile rotante ­ Parte 3: Foratrici e fresatrici a controllo numerico» con un’avvertenza
allegata alla decisione medesima secondo obiezioni tecniche avanzate dalla Svezia e dalla Germania. (in G.U.C.E. L 21 ottobre 2006, n. 291,
e nella sezione “Notizie normative” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
SICUREZZA IN CANTIERE
COMMENTO.....................................................................................................................................................................................a pag. 41
TESTO................................................................................................................................................................................................a pag. 44
Dal MinLavoro alcuni chiarimenti operativi sull’applicazione dell’art. 36-bis ­ Computo della percentuale dei lavoratori irregolari, la
14 novembre 2006 ­ N. 21
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
9

SINTESI
RUBRICA
sospensione delle attività di cantiere, la discrezionalità e le motivazioni del provvedimento e le sanzioni. Questi i punti oggetto dei
chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale con circolare 28 settembre 2006, n. 29. Il nuovo documento
ministeriale precisa, infatti, alcuni importanti aspetti applicativi dell’art. 36­bis, legge n. 248/2006, cosiddetta “legge Bersani”, inserito
all’interno del provvedimento legislativo con lo scopo di garantire una più efficace azione di prevenzione e di lotta al sommerso e, quindi, di
riduzione del numero di infortuni.
MASSIMA E NOTA.............................................................................................................................................................................a pag. 54
Appalto e subappalto: soggetti responsabili - In tema di contratto di appalto o contratto d’opera, grava sul committente, ai sensi dell’art.
7 del D.Lgs. n. 626/1994, l’obbligo di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e di coordinare gli interventi di protezione e
prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, con reciproca informazione anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i
lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva. In tale contesto e assetto operativo, la condizione dell’appaltatore
rispetto a quella del subappaltatore di specifici lavori, è sostanzialmente assimilabile a quella del committente. (Cassazione penale, sezione
IV, 3 luglio 2006, n. 22823, e nella sezione “Documentazione integrativa” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
Ambiente
TESTO UNICO AMBIENTALE
ARTICOLO........................................................................................................................................................................................ a pag. 59
Ipotesi di riforma del codice dell’ambiente: cosa cambia per rifiuti? ­ Lo schema di decreto correttivo del nuovo Codice dell’Ambiente
(D.Lgs. n. 152/2006) approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri il 12 ottobre 2006, introduce una vasta serie di innovazioni in
materia di gestione dei rifiuti, tra cui l’abolizione dei limiti per l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, la scelta di tornare a prevedere
la dichiarazione ambientale (MUD) per tutti i rifiuti prodotti, la decisione di porre vincoli esclusivamente quantitativi per il deposito
temporaneo, l’aggravio delle procedure di iscrizione all’Albo gestori ambientali per le imprese che trasportano i propri rifiuti non pericolosi,
la revisione delle definizioni di «raccolta differenziata», di «recupero» e di «smaltimento», la nuova nozione di «prodotto recuperato» e di
«materia prima secondaria» nonché la soppressione del concetto di sottoprodotto. Un analisi riepilogativa, ancorché interlocutoria, può
essere utile.
AMIANTO
MASSIMA E NOTA............................................................................................................................................................................ a pag. 86
Ordine di bonifica da amianto legittimo solo per pericolosità delle sostanze ­ La normativa volta a prevenire i rischi derivanti
dall’amianto individua la pericolosità di tale sostanza in riferimento all’eventualità del rilascio di fibre aerodisperse nell’ambiente che
costituisce, pertanto, il presupposto per l’applicazione delle misure di salvaguardia ivi previste. (TAR Campania, sez. Napoli, 27 aprile 2006,
n. 6786, e nella sezione “Documentazione integrativa” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
ARIA
ARTICOLO........................................................................................................................................................................................ a pag. 62
Per i motori elettrici ad alta efficienza il dato tecnico deve sposarsi con il mercato ­ Maggiori rendimenti ai carichi ridotti per via del
contenimento delle perdite a vuoto; potenziata capacità di sopportare squilibri e variazioni di tensione della rete di alimentazione; migliori
performance nelle applicazioni con alimentazione da inverter. Questi alcuni dei vantaggi nell’utilizzo di motori elettrici ad alta efficienza, al
posto di quelli tradizionali, per processi industriali. Tuttavia, per capire la portata di effettivi benefici in termini sia economici (risparmio
energetico) che ambientali (riduzione emissioni CO2), è necessario analizzare una serie di dati tecnici e di costi, in modo da delineare i tempi
di payback e valutare se convenga di più riparare un motore guasto o acquistarne uno nuovo. Anche con lo scopo di ottimizzare questo tipo
di analisi, sono state individuate tre classi di efficienza (EFF1, EFF2 e EFF3), che differenziano i motori in funzione del livello di rendimento.
ARTICOLO........................................................................................................................................................................................ a pag. 67
In materia di emissioni in atmosfera cambia l’iter autorizzatorio ­ Tra le novità della disciplina sulla tutela dell’iaria e sulla riduzione
delle emissioni in atmosfera di cui alla Parte V del D.Lgs. n. 152/2006, l’obbligo di autorizzazione anche per le attività “senza impianto”,
l’abolizione di una specifica sanzione per il trasferimento dell’impianto non preceduto dalla richiesta (e dall’ottenimento) dell’autorizzazione,
l’individuazione di altre autorità competenti oltre alla regione e la definizione di «autorità competente per il controllo», che potrebbe aprire
la via alla possibilità di una scissione fra le due sfere di competenza ­ autorizzatoria e di controllo; definita anche una nuova tempistica per la
fase decisoria, che prevede la possibilità per il gestore di presentare ricorso al TAR avverso l’eventuale silenzio (senza necessità di previa
diffida) dell’amministrazione inadempiente. Fissato, infine, un termine massimo per l’autorizzazione (quindici anni) con previsione, a
seconda che la modifica risulti o meno sostanziale, di due distinti procedimenti.
MASSIMA E NOTA............................................................................................................................................................................ a pag. 87
Limitazione alla circolazione di mezzi pesanti e poteri del sindaco ­ Al sindaco è, da tempo, riconosciuta, come competenza
10
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14 novembre 2006 ­ N. 21

RUBRICA
SINTESI
direttamente inerente al suo ufficio di amministratore locale, quella di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, “in caso di emergenze
sanitarie o di igiene pubblica, a carattere esclusivamente locale” essendo l’art. 50 del T.U. la riproduzione di precedenti disposizioni di legge
che tale potere hanno stabilito. (Consiglio di Stato, sez. V, 22 maggio 2006, n. 3264, e nella sezione “Documentazione integrativa” del
sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
BONIFICA
MASSIMA E NOTA............................................................................................................................................................................ a pag. 88
Responsabile dell’inquinamento primo legittimato passivo - L’art. 8 del D.M. n. 471/1999, nel disporre l’obbligo di bonifica
a carico del responsabile dell’inquinamento e del proprietario dell’area non pone questi soggetti sul medesimo piano, poiché la
scelta normativa è quella di porre innanzi tutto a carico del responsabile il costo della bonifica con notifica dell’ordinanza al
proprietario dell’area ex art. 17 comma 10 e 11 poiché gli interventi di bonifica dell’area inquinata costituiscono onere reale a
carico dell’area. (TAR Lazio ­ sez. di Latina, 7 luglio 2006, e nella sezione“Documentazione integrativa”del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
DANNO AMBIENTALE
ARTICOLO........................................................................................................................................................................................ a pag. 73
Rischio inquinamento: un nuovo approccio per la copertura assicurativa ­ Copertura del “danno alla biodiversità”; garanzia
“danni on­site"; massimale di polizza aggregato per periodi di copertura superiori all’anno; “reporting period”; danni da amianto,
da radioattività, conseguenti ad atti di terrorismo e da interruzione di esercizio dell’assicurato. Queste alcune delle soluzioni che il
mercato assicurativo italiano sta iniziando a proporre come risposta all’evoluzione dello scenario legislativo, a sua volta frutto di una
serie di fattori quali la crescente importanza attribuita al tema della salvaguardia dell’ambiente e la tendenza ad ampliare le finalità
attribuite al sistema della responsabilità civile, intesa sempre più come strumento di controllo e non più solo risarcitorio. Su questi e
altri temi Ambiente&Sicurezza ha organizzato un convegno gratuito nell’ambito di Ecomondo (Fiera di Rimini), per il giorno 8
novembre 2006.
RIFIUTI
COMMENTO.................................................................................................................................................................................... a pag. 79
TESTI............................................................................................................................................................................................... da pag. 82
Novità dall’Albo gestori su garanzie finanziarie e regime semplificato ­ Il Comitato nazionale dell’Albo gestori ambientali è
intervenuto con due distinti provvedimenti sul tema delle garanzie finanziarie che le imprese devono garantire per potersi iscrivere. In
particolare, la circolare 7 agosto 2006 (prot. n. 1000/ALBO/PRES) fornisce agli operatori economici interessati e alle sezioni regionali e
provinciali le indicazioni necessarie all’applicazione di quanto disposto dall’articolo 212, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006; con la delibera 10
luglio 2006, n. 2, è stata invece ammessa la locazione tra le modalità di dimostrazione della piena ed esclusiva disponibilità delle attrezzature
minime richieste per l’iscrizione nelle categorie 9 e 10 (in Gazzetta Ufficiale dell’11 settembre 2006, n. 211).
La circolare 28 settembre 2006, n. 1309/ALBO/PRES, ha chiarito, invece, l’applicazione del regime semplificato alle aziende speciali, ai
consorzi e alle società di cui all’iarticolo 22, legge n. 142/1990, che esercitano i servizi di gestione dei rifiuti, a seguito anche della sentenza
del TAR della Liguria n. 941/2006, che ha accolto il ricorso proposto da una società contro la decisione della sezione regionale della Liguria di
non rinnovare l’iscrizione con procedura semplificata, ai sensi dell’articolo 30, comma 10, D.Lgs. n. 22/1997.
SINTESI.............................................................................................................................................................................................. a pag. 84
Gestione emergenziale ­ Il D.L. 9 ottobre 2006, n. 263 rappresenta un tentativo di segnare un’inversione di tendenza nel contesto della
ordinaria emergenza presente in Campania nel settore rifiuti. (in Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 2006, n. 235)
SOSTANZE PERICOLOSE
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 84
Commercio di detergenti. Norme sanzionatorie ­ Il D.Lgs. 18 settembre 2006, n. 266, introduce nella normativa italiana la disciplina
sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, 9 e 11, regolamento (CE) n. 648/2004, in materia di principi e requisiti
per l’immissione sul mercato dei detergenti e dei tensioattivi in essi contenuti. (in Gazzetta Ufficiale del 18 ottobre 2006, n. 243, e nella
sezione “Notizie normative” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 85
Igiene degli imballaggi ­ Il decreto del Ministero dei Trasporti 29 settembre 2006, n. 1014, concerne l’approvazione delle norme
integrative al codice IMDG (emendamento 32­04) per la verifica della compatibilità chimica degli imballaggi e dei contenitori intermedi
(IBCs) di plastica destinati al trasporto di materie liquide. (in S.O. n. 196 alla Gazzetta Ufficiale del 18 ottobre 2006, n. 243, e nella sezione
“Notizie normative” del sito www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com)
14 novembre 2006 ­ N. 21
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11

SINTESI
RUBRICA
TUTELA AMBIENTALE
SINTESI ..............................................................................................................................................................................................a pag. 85
Decomissioning di siti nucleari ­ L’ordinanza del Commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari 2 ottobre 2006 dispone la
realizzazione di taluni pozzi relativi al nuovo sistema di approvvigionamento idrico da realizzarsi nel sito Eurex del Comune di Saluggia (Vercelli) in
deroga non solo alla disciplina di cui agli articoli 10, 11, 12, 13 e 16 , D.P.R. n. 380/2001, come già dichiarata, bensì anche al vigente strumento di
pianificazione della locale area protetta. (in Gazzetta Ufficiale del 10 ottobre 2006, n. 236)
Dalle Regioni
ACQUA
ARTICOLO ........................................................................................................................................................................................a pag. 92
Sui servizi idrici in Emilia­Romagna nuova tariffa al via da dicembre 2007 ­ La definizione di un metodo tariffario regionale per il
servizio idrico emiliano­romagnolo ha preso le mosse dall’art. 47 della L.R. n. 7/2004; l’ultimo atto è stata la pubblicazione della versione
finale con decreto del Presidente della Giunta regionale 13 marzo 2006, n. 49. La nuova tariffa sarà applicata a partire dal dicembre 2007, in
coincidenza della prima revisione tariffaria prevista dai Piani d’Ambito provvisori (predisposti dalle ATO dell’Emilia­Romagna in gran parte nel
2004 e che hanno appunto, in fase transitoria, una durata triennale). Nel frattempo va prestata particolare attenzione ai possibili sviluppi
derivanti sia dalla modifica del T.U. ambientale (D.Lgs. n. 152/2006), che dal disegno di legge n. S 772, recante delega al governo per il
riordino dei servizi pubblici locali.
IN SINTESI...........................................................................................................................................................................................a pag. 97
Delibere e leggi regionali settembre­ottobre 2006 ­ Tra le delibere e le leggi regionali pubblicate tra settembre e ottobre 2006,
segnaliamo la delibera Giunta Regionale umbra 2 agosto 2006, n. 1423, sull’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle
sanse umide dei frantoi oleari, la delibera della Giunta Regionale del Molise 2 agosto 2006, n. 1137, sulle disposizioni di indirizzo in materia
di bonifica dei siti contaminati, ai sensi dell’art. 242 Parte IV, Titolo V, D.Lgs. n. 152/2006, la delibera della Giunta Provinciale di Bolzano 11
agosto 2006, n. 2930, che approva il piano provinciale per la gestione dei rifiuti pericolosi e la delibera della Giunta Regionale della Basilicata
2 ottobre 2006, n. 1442, recante disposizioni di indirizzo sugli articoli 208 e 242, decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
12
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14 novembre 2006 ­ N. 21

RUBRICA
OBBLIGHI, ADEMPIMENTI, SCADENZE
a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma
30
NOVEMBRE
3
DICEMBRE
6
DICEMBRE
14 novembre 2006 ­ N. 21
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SCADENZARIO
DOMANDE DI AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE PER GLI IMPIANTI DI COMPETENZA STATALE
Il 30 novembre 2006 scade il termine entro il quale i gestori di impianti di competenza statale soggetti
al D.Lgs. n. 59/2005 devono presentare la domanda di autorizzazione integrata ambientale. In
particolare, risultano tenuti al rispetto di questo termine i gestori di impianti di “competenza statale”
non appartenenti alle categorie degli impianti di raffinazione, degli impianti di combustione,
delle acciaierie di prima fusione e degli impianti chimici. (D.M. 19 aprile 2006)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA
Gestori di impianti di “competenza
statale” ex D.Lgs. n. 59/2005 e
non appartenenti alle categorie
degli impianti di raffinazione, degli
impianti di combustione, delle
acciaierie di prima fusione e degli
impianti chimici.
­ ­
RELAZIONE MENSILE SULL’INQUINAMENTO ACUSTICO AEROPORTUALE
Entro il 30 novembre 2006 le regioni devono trasmettere al Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del territorio nonché al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la relazione mensile sul monitoraggio
del rumore aeroportuale. Questo al fine di verificare il rispetto, da parte degli eventuali
voli notturni compresi nella fascia oraria dalle ore 23.00 alle ore 6.00 locali, dei requisiti acustici
previsti dal capitolo 3, parte II, volume I, Allegato XVI alla Convenzione relativa all’aviazione civile
internazionale, stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944 e ratificata in Italia con legge n. 561/1956.
Dalle citate prescrizioni risultano, comunque, esentati i voli di Stato, sanitari e di emergenza. (Art.
1, D.P.R. 9 novembre 1999, n. 476)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA
Regioni Mensile 31 dicembre 2006
ATTIVITÀ DI RECUPERO DEI RIFIUTI: ADEGUAMENTO A NUOVE NORME TECNICHE
Il 3 dicembre 2006 scade il termine entro il quale le attività di recupero di rifiuti già autorizzate ai
sensi degli artt. 30, 31 e 32, D.Lgs. n. 22/1997 e successive modifiche, devono essere adeguate alle
nuove norme tecniche previste dall’Allegato V al D.M. 5 febbraio 1998, così come modificato dal
D.M. n. 186/2006. (Art. 1, lettera g), decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio
5 aprile 2006, n. 186)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA
Esercenti attività di recupero di rifiuti
già autorizzate ai sensi degli
artt. 30, 31 e 32, D.Lgs. n. 22/1997 e
successive modifiche.
­ ­
SEVESO­TER: INVIO DEL RAPPORTO DI SICUREZZA E DELLE INFORMAZIONI PER L’ELABORAZIONE DEL PEE
Il 6 dicembre 2006 scade il termine per inoltrare il rapporto di sicurezza ex art. 8, comma 1, D.Lgs. n.
334/1999, e le informazioni per l’elaborazione del piano di emergenza esterno (PEE), da parte dei
gestori di stabilimenti a rischio di incidente rilevante assoggettati al D.Lgs. n. 334/1999 solo a seguito
dell’entrata in vigore delle ultime modifiche al decreto medesimo, contenute nel D.lgs. n. 238/
2005 (cosiddetta “Normativa Seveso­ter”). (Art. 23, comma 1, lettere d) ed f), D.Lgs. n. 238/2005)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA
Gestori di stabilimenti a rischio di
incidente rilevante assoggettati al
D.Lgs. n. 334/1999 a seguito dell’entrata
in vigore del D.Lgs. n. 238/
2005.
Quinquennale
(quanto al riesame del rapporto
di sicurezza)
6 dicembre 2011
(quanto al rapporto di sicurezza)
13

14
SCADENZARIO
9
DICEMBRE
14
DICEMBRE
15
DICEMBRE
RUBRICA
SPANDIMENTO DI LIQUAME IN AGRICOLTURA
Dal 9 dicembre 2006 entra in vigore la nuova disciplina introdotta dal D.M. 19 settembre 2005 recante
«Norme per la progettazione, la costruzione e l’approvazione dei serbatoi adibiti al trasporto
e allo spandimento di liquame utilizzato in agricoltura».
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA
Chiunque ­ ­
ENTRATA IN VIGORE DELLA NUOVA NORMATIVA SULL’ESPOSIZIONE DEI LAVORATORI AD AGENTI FISICI (RUMORE)
Dal 14 settembre 2006 diviene applicabile la nuova disciplina in materia di esposizione dei lavoratori
ai rischi derivanti da agenti fisici (rumore), introdotta dal D.Lgs. n. 195/2006, introduttivo di un
nuovo titolo (V­bis) al D.Lgs. n. 626/1994 e successive modifiche, intitolato, appunto, «Protezione
da agenti fisici».
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA
Chiunque ­ ­
DESCRIZIONE DELLA GUIDA RELATIVA AL RISPARMIO DI CARBURANTE E ALLE EMISSIONI DI CO2 PER GLI
AUTOVEICOLI NUOVI
I “costruttori” di autoveicoli devono fornire entro il 15 dicembre 2006, al Ministero delle Attività
produttive, le informazioni di cui ai punti 1 e 2, allegato II al D.P.R. n. 84/2003, concernenti la descrizione
della guida relativa al risparmio di carburante e alle emissioni di CO2 delle autovetture nuove
che possono essere acquistate in Italia. A carico dei trasgressori, ovvero a carico di coloro che adempieranno
in modo incompleto o inesatto, è prevista la sanzione amministrativa da 250,00 a
1.000,00€. (Artt. 4 e 11, D.P.R. 17 febbraio 2004, n. 84)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA
Persone fisiche o giuridiche responsabili,
verso l’autorità che rilascia
l’omologazioe, di tutti gli
aspetti del procedimento di omologazione
e della conformità della
produzione di un’autovettura
(“costruttore” ex art. 1, comma 1,
lettera f), D.P.R. n. 84/2003)
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Annuale 15 dicembre 2007
DENUNCIA DEGLI INFORTUNI PER IL SETTORE ESTRATTIVO
Entro il 15 dicembre 2006 il “titolare” ex art. 2, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 624/1996, deve trasmettere,
all’autorità di vigilanza, un prospetto riassuntivo, anche se negativo, degli infortuni verificatisi
nel mese precedente e che abbiano comportato un’assenza dal lavoro di almeno tre giorni.
(Art. 25, comma 8, D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624)
SOGGETTO PERIODICITÀ PROSSIMA SCADENZA
Titolare ex art. 2, comma 1, lettera
b), D.Lgs. n. 624/1996
Mensile 15 gennaio 2007
14 novembre 2006 ­ N. 21

IGIENE DEL LAVORO
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
Indispensabile per la valutazione dei fattori di sicurezza e della salute sul lavoro
Progettazione dei laboratori di ricerca:
il contributo dell’ergonomia
di Patrizia Serranti e Mauro Ragone, RSPP ­ Esperti in Ergonomia ­ Servizio Prevenzione e Protezione del CNR
La progettazione di un’opera
edile o tecnologica rappresenta
un momento particolare
nel quale le scelte tecniche
di fondo si legano a quelle
connesse alla realtà produttiva
specifica, della quale fanno parte,
in maniera inscindibile,
la sicurezza e salute dei lavoratori
che vi saranno coinvolti.
Nel caso della progettazione
dei laboratori, la valutazione
dei fattori di sicurezza, salute
sul lavoro ed ergonomia risulta
essere una prassi particolarmente
complessa a causa
delle caratteristiche
delle particolari attività legate
alla ricerca, che deve garantire,
per statuto, autonomia
nella scelta e predisposizione
delle attività di ricerca e della
relativa scansione temporale.
A ciò si deve aggiungere il fatto
che, spesso, queste attività
riguardano lo studio
e l’elaborazione e l’utilizzo
di nuovi prodotti di sintesi,
attrezzature, sistemi complessi,
che sono prototipi di quello che,
a distanza di anni, diventerà
parte del mondo dell’industria.
Un approccio ideale è quello
dell’user-centered design.
16
La progettazione costituisce da
sempre l’avvio di qualunque realizzazione
edilizia e tecnologica
e in essa devono trovare attuazione
sia le scelte tecniche di fondo dell’impresa/ente
che quelle connesse
alla realtà produttiva specifica della
quale fanno parte, in maniera inscindibile,
la sicurezza e salute dei lavoratori
che vi saranno coinvolti.
Per questo motivo, se la progettazione
non viene eseguita correttamente
all’origine, l’impresa/ente dovrà eseguire
interventi correttivi, migliorativi
in tempi successivi, salvo che il committente
dell’opera non abbia scelto di
lavorare in ambienti insalubri, con impianti
e macchine non rispondenti alla
normativa, ai criteri di buona tecnica
ed ai principi ergonomici.
Il D.Lgs. n. 626/1994, ha reso obbligo
di legge quanto sopra all’art. 6
«Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti,
dei fornitori e degli installatori:
1. «i progettisti dei luoghi o posti
di lavoro e degli impianti rispettano i
principi generali di prevenzione in
materia di sicurezza e di salute al
momento delle scelte progettuali e
tecniche e scelgono macchine nonché
dispositivi di protezione rispondenti
ai requisiti essenziali di sicurezza
previsti nelle disposizioni legislative
e regolamentari vigenti;
2. sono vietati la fabbricazione, la
vendita, il noleggio, e la concessione
in uso di macchine, di attrezzature di
lavoro e di impianti non rispondenti
alle disposizioni legislative e regolamentari
vigenti in materia di sicurezza.
Chiunque concede in locazione
finanziaria beni assoggettati a forme
di certificazione o di omologazione
obbligatoria è tenuto a che gli stessi
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siano accompagnati dalle previste
certificazioni o dagli altri documenti
previsti dalla legge;
3. gli installatori e montatori di
impianti, macchine o altri mezzi tecnici
devono attenersi alle norme di
sicurezza e di igiene del lavoro, nonché
alle istruzioni fornite dai rispettivi
fabbricanti dei macchinari e degli
altri mezzi tecnici per la parte di loro
competenza».
I laboratori di ricerca pongono
maggiori difficoltà nell’individuazione
di tutte le possibili situazioni di
rischio e nella valutazione quantitativa
dello stesso a causa:
l della peculiarità delle attività che
vi si svolgono, che non rivestono carattere
di tipo industriale e di continuità;
l della mutevolezza dei “cicli di lavoro”
e/o sostanze e attrezzature impiegate
negli stessi.
Sussistono, perciò, maggiori difficoltà
nella definizione delle migliori
caratteristiche progettuali per questi
ambienti e dei servizi correlati finalizzati
a garantire un livello adeguato
di protezione e affidabilità per gli
aspetti relativi alla sicurezza, igiene,
salute degli operatori e protezione
dell’ambiente circostante.
Appare, quindi, evidente come
l’estrema variabilità delle lavorazioni
effettuate e il continuo variare delle
sostanze e/o prodotti impiegati nella
attuazione di un progetto di ricerca
possano comportare un perpetuo variare
dei presidi di sicurezza e/o dei
DPI necessari alla protezione dei lavoratori
in essi impegnati; questo implica
che la progettazione e la realizzazione
di strutture e impianti per
ambienti di ricerca scientifica debba
14 novembre 2006 ­ N. 21

essere intrinsecamente sicura e con
standard sicuramente superiori a
quanto normalmente accettato per altre
tipologie lavorative.
La scelta dei siti da adibire a laboratori,
i criteri costruttivi, la disposizione
dei locali in funzione dell’attività
in essi svolta e l’organizzazione
interna devono derivare da un’analisi
di sicurezza dove si ipotizza il massimo
incidente possibile e vengono poste
in essere tutte le precauzioni progettuali
che l’evoluzione tecnologica
mette a disposizione del progettista,
finalizzate a ridurre il rischio residuo
all’accettabilità.
Anche la scelta dei materiali, dei
rivestimenti e degli impianti deve essere
fatta in funzione della tipologia
delle attività svolte per migliorare
l’affidabilità degli stessi e, quindi, la
sicurezza intrinseca dei lavoratori.
L’ergonomia
nella fase progettuale
Gli obiettivi dell’ergonomia sono,
oggi, l’usabilità e la sicurezza dei sistemi
nei quali l’uomo figura come
utente e parte integrante del sistema;
le più recenti linee di sviluppo dell’ergonomia
sono orientate alla specificità
dell’interazione, ossia alla valutazione
delle esigenze, del comportamento
e delle aspettative di coloro
che effettivamente potranno utilizzare,
o già lo fanno, un determinato
ambiente, prodotto o servizio; in questo
quadro, l’“utente” non va inteso
solo in riferimento a un determinato
ambiente, ma secondo l’accezione
globale utilizzata in ergonomia, cioè
qualunque operatore che, a qualsiasi
titolo, abbia a che fare con il ciclo di
vita di un prodotto/sistema/attività,
come, ad esempio:
l i tecnici addetti al montaggio/
smontaggio e alla manutenzione;
l gli addetti ai vari servizi di supporto
come le pulizie;
l i visitatori;
l ecc.,
nella logica di integrare la progettazione
mirata sia all’utente reale che
il progettare “per il numero massimo
di utenti”.
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
Poiché il mondo della ricerca è
caratterizzato anche dalla variabilità
delle attività in tempo abbastanza ristretto,
la determinazione del numero
maggiore possibile di utenti appare
come un valore aggiunto imprescindibile
per una valida progettazione
che renda il sistema usabile, affidabile
e fruibile in sicurezza.
Il ruolo dell’ergonomia all’interno
del processo di progettazione riguarda
sia la collocazione dell’intervento
ergonomico sia il rapporto tra l’ergonomo
e gli altri progettisti.
Una prima considerazione riguarda
il rapporto, spesso totalmente differente,
che i committenti, i progettisti
e gli utenti hanno con l’ambiente,
rispettivamente, progettato, prodotto,
utilizzato:
l i progettisti conoscono nel dettaglio
l’ambiente progettato acquisendone
notevole livello di confidenza
fino a darne scontate alcune procedure
d’impiego e l’articolazione degli
spazi, ecc.;
l gli ergonomi sono portatori di
competenze con un linguaggio fortemente
specializzato e non provengono
necessariamente da una formazione
progettuale;
l il committente ha una visione
esatta dei costi, delle risorse investite
nella progettazione e nella realizzazione,
nei tempi di esecuzione, nella
manodopera necessaria ecc.;
l l’utente ha, in genere, piena confidenza
con il compito che deve svolgere
(ma che sino a oggi ha svolto in
ambienti diversi) o ha idee molto
consolidate sull’attività che vuole
svolgere in un determinato ambiente.
Relativamente alla progettazione,
è ormai ampiamente diffusa la consapevolezza:
l del ruolo della sicurezza e dell’usabilità
di ciò che si realizza nel
rispondere alle esigenze e alle aspettative
degli utenti;
l dei rischi economici a cui il committente
e o il progettista vanno incontro
in caso di infortunio provocato
dalla mal realizzazione dell’opera.
Molto meno diffusa è la conoscenza:
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IGIENE DEL LAVORO
Articolo
l delle procedure di verifica dell’usabilità
e della sicurezza rese disponibili
dall’ergonomia;
l del quale contributo possano offrire
al processo di progettazione, realizzazione
e verifica.
L’ergonomia, interessata ai bisogni
e alle aspettative degli utilizzatori può
facilitare il compito dei progettisti,
fornendo loro informazioni e spunti
progettuali attraverso dati o suggestioni
per il re-design o la riformulazione
della proposta progettuale.
L’user-centered design
È importante sottolineare come
strumenti teorici e metodologici prodotti
dall’ergonomia sono in linea
con i più recenti orientamenti della
ricerca condotta in ambito progettuale;
uno di questi metodi di approccio
alla progettazione è l’user-centered
design, il cui significato letterale -
progetto centrato sull’utente - rende
esplicita una concezione del progetto
finalizzata a orientare la totalità delle
scelte progettuali e l’intero iter di
sviluppo e di realizzazione del laboratorio,
sulla base dei dati relativi all’utenza
e alle tipologie d’uso a cui il
“prodotto”, in questo caso il laboratorio,
è destinato.
Il contributo dell’approccio ergonomico
al progetto e, in particolare,
dell’approccio UCD, è, infatti, di carattere
essenzialmente metodologico
e consiste nella possibilità di acquisire
e valutare le esigenze degli utenti
attraverso metodi strutturati e verificabili,
e di poterle tradurre in strumenti
di progettazione altrettanto
strutturati e verificabili.
Gli obiettivi dell’UCD possono
essere sintetizzati in tre principi base:
l focalizzare immediatamente
l’attenzione sull’utente e sul compito,
ossia identificare e categorizzare
l’utente (reale o potenziale). Per
far questo è necessario un approccio
sistematico e strutturato alla raccolta
delle informazioni da e su l’utenza;
l utilizzare la misurazione empirica
delle modalità d’uso del laboratorio.
In questo caso, l’enfasi è posta
sulla possibilità di raccogliere dati
17

IGIENE DEL LAVORO
Articolo
misurabili e quantificabili sul comportamento
delle persone che interagiscono
con il laboratorio e, in particolare,
sulla misura della facilità di
apprendimento e della facilità d’uso;
l sviluppare processi di progettazione
iterativa attraverso i quali il
laboratorio è ciclicamente progettato,
modificato e testato. Un progetto
realmente iterativo favorisce
una progettazione accurata e consapevole
attraverso la precoce valutazione
dei modelli concettuali e delle
idee progettuali. In sintesi, permette
di “formare il laboratorio” attraverso
un processo di progettazione, valutazione,
nuova progettazione e nuova
verifica.
L’UCD si configura, infatti, come
un percorso ciclico, basato:
l sulla continua verifica delle ipotesi
e delle soluzioni progettuali;
l sulla possibilità di acquisire e tradurre
sul piano del progetto informazioni
mirate e utilizzabili in ciascuna
fase del processo di formazione e di
sviluppo del laboratorio.
Questo percorso può essere descritto
attraverso le attività richieste
dall’approccio user-centered design,
che sono:
l identificare le funzioni e gli
obiettivi di base del laboratorio
(esistente o da progettare). Le funzionalità
del laboratorio possono essere
identificate secondo differenti livelli
di priorità:
- funzioni principali;
- funzioni secondarie;
- funzioni accessorie.
A ciascuna funzione corrisponde
l’obiettivo dei compiti che l’utente
può svolgere nel laboratorio, che, a
loro volta possono essere scomposti
in sub-obiettivi;
l identificare e specificare il contesto
d’uso e le sue componenti, ossia:
- le caratteristiche degli utenti,
che includono la conoscenza, l’abilità,
l’esperienza, la formazione, le caratteristiche
e le capacità fisiche e
sensoriali ecc. Può essere necessario
definire le caratteristiche di differenti
tipi di utenti, per esempio utenti con
18
IGIENE E SICUREZZA
differente livello di esperienza o utenti
che entrano in contatto con il laboratorio
con ruoli differenti (installatori,
addetti alla manutenzione ecc.);
- le caratteristiche del compito,
ossia delle attività necessarie per raggiungere
l’obiettivo richiesto. Caratteristiche
rilevanti sono la frequenza
e la durata del compito, il livello di
impegno richiesto ecc.; la descrizione
del compito non deve riferirsi alle
sole funzioni e caratteristiche del sistema,
ma deve includere la collocazione
delle attività e gli step operativi
richiesti dal compito;
- le caratteristiche delle attrezzature,
ossia dei prodotti e dei materiali
che saranno usati;
- le caratteristiche dell’ambiente,
fisico e sociale nel quale si svolge
l’interazione, ossia gli aspetti fisicodimensionali
(superficie disponibile,
layout degli spazi e degli arredi ecc.),
ambientali (temperatura, umidità, illuminazione
ecc.), organizzativi (distribuzione
dei ruoli, delle competenze
e dei compiti);
l identificare i requisiti riferibili
agli utenti e i requisiti riferiti all’organizzazione
(aziendale, sociale
ecc.). I requisiti richiesti devono coniugare
le esigenze dell’utente e
quelle dell’organizzazione come presupposto
delle complessive condizioni
di benessere e di efficienza;
l produrre soluzioni progettuali e
prototipi. Questa fase del processo
coinvolge le seguenti attività:
- utilizzare le conoscenze esistenti
per sviluppare le proposte progettuali
sulla base di input multidisciplinari;
- realizzare simulazioni, modelli,
mock-up ecc;
l valutare le soluzioni progettuali
in rapporto ai requisiti richiesti:
- verificare le soluzioni progettuali
con gli utenti chiedendo loro di svolgere
compiti reali o simulazioni;
- modificare le ipotesi progettuali
in base al feedback ottenuto dagli
utenti e ripetere questo processo sino
a quando non siano raggiunti gli
obiettivi del progetto.
Qualsiasi intervento di valutazione
o di progettazione dell’usabilità
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può essere descritto come un percorso
di progressiva focalizzazione delle
modalità di interazione utente-laboratorio.
Il punto di partenza è l’identificazione
di tutti gli elementi che
compongono il contesto d’uso del laboratorio
(ossia gli utenti, le attività,
l’ambiente ecc.) o quelli ipotizzabili.
Su questa base è possibile
l definire:
- il sistema di esigenze riferibili
all’uso del laboratorio;
- i requisiti che ne derivano;
- le soluzioni progettuali che possono
rispondere a questi requisiti;
l verificare le differenti alternative
ecc.,
- sino a quando può essere definita
la soluzione ottimale.
La definizione del processo di progettazione
e realizzazione dell’opera
come “processo ciclico” non è, ovviamente,
patrimonio del solo user-centered
design,ma appartiene al contrario
all’intera cultura progettuale.
Conclusioni
La valutazione dei fattori di sicurezza,
salute sul lavoro ed ergonomia
nella progettazione dei laboratori risulta
essere una prassi particolarmente
complessa a causa delle caratteristiche
delle particolari attività legate alla
ricerca, che deve garantire, per statuto,
autonomia nella scelta e predisposizione
delle attività di ricerca e della
relativa scansione temporale. A ciò si
deve aggiungere il fatto che, spesso,
queste attività riguardano lo studio e
l’elaborazione e l’utilizzo di nuovi
prodotti di sintesi, attrezzature, sistemi
complessi, che sono prototipi di
quello che, a distanza di anni, diventerà
parte del mondo dell’industria.
Un approccio corretto e atto a
soddisfare i requisiti di benessere psico-fisico
del lavoratore, così importanti
in ogni dimensione lavorativa e
tanto più nel caso delle attività ad
alto contenuto di conoscenza quale la
ricerca scientifica, si dimostra quello
dell’ergonomia che suggerisce una
visione “organicista” e per obiettivi.
Questo approccio appare, per i
motivi già citati, quello più adatto alle
14 novembre 2006 ­ N. 21

attività considerate che vengono spesso
svolte in unità lavorative che integrano
competenze professionali multiple
in un’attività complessa e che
possono essere indagate in maniera
soddisfacente in relazione alla valutazione
dei rischi, anche per gli aspetti
progettuali, in una prospettiva plurisdisciplinare
finalizzata al raggiungere
un risultato positivo condiviso.
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
L’analisi del lavoro di tipo ergonomico
consente, tra l’altro, il pieno
recupero della dimensione partecipativa
e l’inserisce nella prospettiva di
un’analisi sistemica e globale del sistema
uomo-macchina-ambiente, che
può portare alla corretta progettazione
dei laboratori e strutture edilizie a
partire dall’uomo e dalle esigenze del
compito specifico. Il processo di va-
BIBLIOGRAFIA
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IGIENE DEL LAVORO
Articolo
lutazione dei rischi, oltre alla dimensione
progettuale, investe con portata
anche maggiore il sistema organizzativo
e gestionale delle attività; l’adesione
a corretti criteri di progettazione
rende, senza dubbio, più agevole
anche questa fase del sistema di gestione
complessivo “sicurezza, salute
ed igiene del lavoro” delle attività
considerate. l
l R. Rizzo - La sicurezza degli impianti industriali - Edizioni Scientifiche Italiane - 1998
l D.Lgs. n. 626/1994 e successive modifiche ed integrazioni
l Atti del Convegno USP - CNR, “Il Decreto legislativo 626/94: tematiche e problematiche attuative presso
gli ambienti della ricerca” - Genova 25-26 ottobre 1999 a cura di M. Ragone e R. Tremaroli
l Atti del Convegno SPP CNR, “La prevenzione degli infortuni, l’igiene del lavoro negli ambienti della
ricerca” - Terrasini - Palermo 2-4 ottobre 2002 a cura di R. Tremaroli e M. Ragone
l Atti del Convegno Nazionale SPP - CNR, “D.lgs. 626/94: La progettazione innovativa in funzione di Spazi,
Ergonomia, Emergenza, nuovi rischi; l’accessibilità e la fruibilità per ogni livello di abilità”. Isola della
Maddalena 29-30 settembre 2004 a cura di P. Serranti e S. Frasso
l F. Tosi, Progettazione Ergonomia, Ed. Il Sole 24 Ore, Milano 2001
Analisi dell'attività
che l'utente potrà/dovrà
portare avanti attraverso
lo strumento
VALUTAZIONE DEL PROTOTIPO
insieme agli utenti
i risultati della valutazione
indicheranno:
quali requisiti bisogna modificare,
quali bisogna migliorare,
quali bisogna definire ex novo
Progettazione User Centered Design
Schema 1
Definizione dei requisiti
che lo strumento deve avere
per sostenere le attività
analizzate
Implementazione
di questi requisiti in un prototipo
19

20
SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio UNI ­ Articolo
IGIENE E SICUREZZA
Gli ultimi chiarimenti dell’AEEG
sul comportamento dei distributori di gas
di Francesco Castorina
Segretario Generale Comitato Italiano Gas - CIG
UNI
La deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) 27 aprile 2006, n. 87, pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 24
maggio 2006, n. 119, è, In ordine di tempo, l’ultima disposizione che integra e modifica la delibera n. 40/2004, relativa alle
attività di accertamento della sicurezza degli impianti di utenza alimentati a gas.
Il provvedimento, ritenuto necessario dagli addetti ai lavori a causa delle molte problematiche ancora irrisolte nell’ambito di
attuazione della delibera n. 40/2004, fa seguito alla deliberazione 20 settembre 2005, n. 192, con la quale l’AEEG aveva avviato
un’istruttoria conoscitiva finalizzata all’accertamento dell’adeguatezza dei comportamenti dei distributori e dei venditori di
gas in merito all’attuazione della delibera n. 40/2004.
L’autorità per l’energia elettrica e per il gas,
con deliberazione 20 settembre 2005, n.
192, aveva istituito un Gruppo di lavoro,
tuttora attivo e al quale prendono parte il
Ministero dello Sviluppo economico, il Consiglio
Nazionale dei Consumatori e degli
Utenti (CNCU), il Comitato Italiano Gas
(CIG), le associazioni rappresentative dei distributori
e dei venditori di gas, le associazioni
rappresentative degli installatori, gli
Ordini e i Collegi professionali. Lo scopo del
gruppo di lavoro è finalizzato all’individuazione
di eventuali elementi utili alla semplificazione
e al miglioramento delle procedure
attuative della delibera n. 40/2004.
Come nel consueto schema di azione dell’AEEG,
l’emanazione della delibera n. 87/
2006 è stata preceduta dalla pubblicazione
(il 1° marzo 2006) del propedeutico documento
di consultazione, «Modifiche ed integrazioni
al regolamento delle attività di
accertamento della sicurezza degli impianti
di utenza a gas nuovi (deliberazione 18
marzo 2004, n. 40/04)». Gli esiti della consultazione
hanno prodotto tutta una serie
di contributi che, insieme a quelli originati
Il testo integrale della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 27 aprile
2006, n. 87, è disponibile nella sezione “Documentazione integrativa” all’indirizzo:
dal gruppo di lavoro, hanno costituito
un’ottima piattaforma di osservazioni delle
quali l’AEEG ha tenuto conto nella formazione
del provvedimento.
Comunque, è necessario specificare che questo
provvedimento non sia considerato come
definitivo, in quanto, anche sulla base degli
ulteriori contributi che verranno prodotti dal
gruppo di lavoro, è possibile ipotizzare successive
consultazioni relative a possibili modifiche
e semplificazioni degli accertamenti della
sicurezza degli impianti di utenza alimentati
a gas ,riattivati e modificati o in servizio, i
cui pertinenti titoli della delibera n. 40/2004,
si ricorda, non sono ancora entrati in vigore.
Il quadro normativo di riferimento
La legge n. 481/1995
La legge n. 481/1995, che istituisce l’Autorità
per l’energia elettrica e il gas, le conferisce
il potere di stabilire, attraverso proprie direttive
(deliberazioni), le condizioni tecniche,
economiche e giuridiche di produzione ed
erogazione dei servizi da parte dei gestori.
In particolare, l’AEEG ha l’obbligo di garantire,
a tutti i clienti finali del servizio, le me­
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desime condizioni di tutela:
l controlla che le condizioni e le modalità
di accesso per i gestori dei servizi rispettino i
principi di concorrenza e di trasparenza, garantendo
il rispetto dell’ambiente, la sicurezza
degli impianti e la salute degli addetti
(art. 2, comma 12, lettera c);
l stabilisce e aggiorna le tariffe di distribuzione,
in riferimento all’andamento del
mercato, nonché le modalità per il recupero
di costi eventualmente sostenuti (dai gestori
del servizio) nell’interesse della collettività
(art. 2, comma 12, lettera e);
l controlla lo svolgimento dei servizi con
poteri di ispezione, di accesso, di acquisizione
della documentazione e delle notizie utili
(art. 2, comma 12, lettera g);
l emana direttive relative alla produzione
e all’erogazione dei servizi da parte dei gestori
dei servizi medesimi (art. 2, comma 12,
lettera h);
l infligge sanzioni pecuniarie, in caso di
inosservanza dei provvedimenti pertinenti o
nel caso in cui le informazioni e i documenti
acquisiti risultino essere mendaci (art. 2,
comma 20, lettera c).
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
Attuazione delle modifiche alla deliberazione dell’AEEG n. 40/2004
introdotte dalla deliberazione n. 87/2006
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SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio UNI ­ Articolo
Ambito di applicazione Periodo temporale considerato Attuazione
Allegati alla deliberazione n. 40/2004 richieste di attivazione pervenute al
da utilizzare per la richiesta di attiva­ venditore entro il 31 marzo 2007:
zione della fornitura:
Procedura per l’attivazione della fornitura
per impianti di utenza nuovi:
Negazione della fornitura a impianti
di utenza nuovi:
Sospensione della fornitura già attivata
a impianti di utenza nuovi:
I principali momenti di comunicazione,
gli Allegati F e G:
Fonte: AEEG
TABELLA 1
Allegati A e B, o C e D accompagnati,
ove previsto dalla copia del certificato
di riconoscimento dei requisiti tecnico­professionali
dell’installatore o
dalla copia della visura camerale riportante
le stesse informazioni.
richieste di attivazione pervenute al Allegati H e I accompagnati, ove pre­
venditore a partire dal 1° aprile 2007: visto, dalla copia del certificato di riconoscimento
dei requisiti tecnico­professionali
dell’installatore o dalla copia
della visura camerale riportante le
stesse informazioni.
richieste di attivazione pervenute al
venditore entro il 31 marzo 2007:
si applicano le disposizioni di cui ai
commi 16.1, 16.2, 16.3 e 16.4.
richieste di attivazione pervenute al si applicano le disposizioni di cui ai
venditore a partire dal 1° aprile 2007: commi 16.7, 16.8, 16.9, 16.10, 16.11 e
16.12
richieste di attivazione pervenute al
venditore entro il 31 marzo 2007:
• esito negativo dell’accertamento;
­ per i distributori che adottano le disposizioni
transitorie introdotte con
la deliberazione n. 192/2005, nel caso
di mancato invio degli allegati A e B
(corredati, ove previsto, dal certificato
di possesso dei requisiti o della visura
camerale), o C e D.
richieste di attivazione pervenute al • esito negativo dell’accertamento:
venditore a partire dal 1° aprile 2007: ­ nel caso di mancato invio degli allegati
H e I, corredati, ove previsto, del
certificato di possesso dei requisiti o
della visura camerale.
a partire dal 27 aprile 2006: • segnalazione scritta, da parte dell’installatore,
dell’esito negativo delle
prove di sicurezza e funzionalità;
• richiesta di Enti pubblici competent;
­ per i distributori che adottano le disposizioni
transitorie introdotte con
la deliberazione n. 192/2005, nel caso
di esito negativo dell’accertamento
effettuato dopo l’attivazione della
fornitura.
richieste di preventivo per l’esecuzione
di un nuovo allacciamento pervenute
a partire dal 1° aprile 2007:
l’esercente al quale viene richiesto il
preventivo lo fornisce con una copia
dell’Allegato G.
richieste di attivazione per impianti di il venditore fornisce al cliente una co­
utenza, per i quali si applica il Titolo II pia dell’Allegato G.
del regolamento, pervenute al venditore
a partire dal 1° aprile 2007:
21

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio UNI ­ Articolo
Pertanto, l’AEEG può imporre obblighi a
garanzia della sicurezza del servizio di distribuzione
del gas, questa intesa come tutela
dell’integrità fisica delle persone e delle cose,
finalizzati alla salvaguardia di diritti costituzionalmente
garantiti, quali il diritto alla
salute e il diritto di proprietà. Questa prerogativa
concessale è stata sostanziata dall’Autorità
con l’emanazione della deliberazione
18 marzo 2004, n. 40, il regolamento
delle attività di accertamento della sicurezza
degli impianti di utenza a gas successivamente
modificato e integrato con le deliberazioni
n. 129/2004, n. 43/2005, n. 192/
2005 e n. 47/2006. Non bisogna dimenticare,
però, che per quanto riguarda la
sicurezza nelle utilizzazioni dei gas combustibili,
esistono altri importanti e precedenti
riferimenti legislativi.
La legge n. 1083/1971
La legge 6 dicembre 1971, n. 1083, già da
molti anni ha fissato regole rilevanti in tema
di sicurezza, sia per l’attività di distribuzione
del gas a mezzo di reti, sia per la costruzione
degli impianti di utenza, stabilendo, tra l’altro,
che «tutti i materiali, gli apparecchi, le
installazioni e gli impianti alimentati con gas
combustibile per uso domestico ed usi similari
devono essere realizzati secondo le regole
specifiche della buona tecnica, per la
salvaguardia della sicurezza» considerando
poi realizzati come tali quelli «secondo le
norme specifiche per la sicurezza pubblicate
dall’Ente nazionale di unificazione (UNI) in
tabelle con la denominazione UNI­CIG».
Le norme tecniche elaborate dal Comitato
Italiano Gas (CIG), ente federato all’UNI, e da
quest’ultima pubblicate, regolamentano la
progettazione, l’installazione, la manutenzione
e il collaudo degli impianti di utenza alimentati
a gas, siano essi nuovi o modificati.
La legge n. 46/1990
La legge 5 marzo 1990, n. 46, seppur non
espressamente relativa ai gas combustibili, e i
suoi regolamenti di attuazione, hanno introdotto
prescrizioni per la sicurezza degli impianti
di utenza alimentati a gas per uso civile.
In particolare, la legge n. 46/1990 stabilisce:
l l’obbligo per chi commissiona i lavori di
installazione, trasformazione, ampliamento
e manutenzione degli impianti di utenza
alimentati a gas per uso civile di rivolgersi
esclusivamente a imprese iscritte nel regi­
22
IGIENE E SICUREZZA
stro delle ditte (R.D. 20 settembre 1934, n.
2011) o nell’albo delle imprese artigiane
(legge 8 agosto 1985, n. 443);
l l’abilitazione obbligatoria delle imprese sopra
richiamate, subordinato al possesso di specifici
requisiti tecnico­professionali da parte
dell’imprenditore o di un responsabile tecnico;
l l’obbligo del rilascio al committente i lavori
della Dichiarazione di conformità da
parte della ditta abilitata, per gli impianti
realizzati dalla data di entrata in vigore della
legge n. 46/1990;
l l’adeguamento alla regola dell’arte degli
impianti realizzati precedentemente alla data
di entrata in vigore della legge;
l l’attribuzione delle verifiche con sopralluogo
sugli impianti di utenza, al fine di accertare
il rispetto della legge n. 46/1990, ai
Comuni, alle unità sanitarie locali, ai Vigili
del Fuoco, all’Istituto superiore per la prevenzione
e la sicurezza del lavoro (Ispesl);
l la prescrizione (contenuti riportati nel
decreto del Presidente della Repubblica 6
dicembre 1991, n. 447) che le violazioni alla
legge n. 46/1990, accertate mediante verifica,
vengano comunicate alla commissione,
di cui all’art. 4 della legge stessa;
l la prescrizione che la violazione reiterata
per tre volte delle disposizioni relative alla
sicurezza degli impianti da parte di un’impresa
abilitata comporta, in casi di particolare
gravità, la sospensione temporanea
dell’iscrizione della medesima impresa dal
registro delle ditte o dall’albo provinciale
delle imprese artigiane;
l più in generale, sanzioni amministrative
sia per i committenti sia per le ditte abilitate
che risultassero inadempienti rispetto a
quanto disposto dalla legge n. 46/1990.
Risultano pertinenti, infine, in questo quadro
legislativo, le norme in materia di prevenzione
incendi, in particolare la legge n.
966/1965, che pone, tra l’altro, l’obbligo
agli Enti e ai privati di sottostare alle visite e
ai controlli di prevenzioni incendi per determinate
attività nel caso di nuova installazione
di impianti di utenza alimentati a gas e di
modifiche di quelli esistenti.
La deliberazione
27 aprile 2006, n. 87
Modifiche e integrazioni
al regolamento
Il documento di consultazione prevedeva
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un’integrazione alla regolazione vigente su
alcuni argomenti relativi all’accertamento documentale
della sicurezza degli impianti di
utenza alimentati a gas di nuova costruzione:
l le regole generali per l’accertamento
documentale;
l la semplificazione degli allegati alla deliberazione
n. 40/2004 (Allegati A­B­C­D);
l il flusso delle informazioni;
l i principali momenti di comunicazione;
l i tempi di attivazione della fornitura;
l i casi di negazione e di sospensione della
fornitura;
l i corrispettivi;
l il ruolo del Comune, quale organismo di
controllo, deputato dalla legge n. 46/1990;
l il ruolo degli accertatori;
l il canale di contatto tra il distributore e
l’installatore.
L’ambito di applicazione
La delibera n. 87/2006 introduce modifiche e
integrazioni all’accertamento documentale
della sicurezza degli impianti di utenza alimentati
a gas di nuova costruzione considerati
nel Titolo II della deliberazione n. 40/2004.
In questo Titolo non rientrano i casi di parziale
o totale rifacimento di impianti di utenza già
alimentati dalla rete di distribuzione del gas
per i quali si applicheranno, dal 1° aprile
2008, le disposizioni del Titolo III, relativo agli
impianti modificati o riattivati. Come disposto
dal comma 2.1, il regolamento si applica agli
impianti di utenza alimentati a gas per mezzo
di reti, con esclusione di quelli destinati a servire,
in tutto o in parte, cicli produttivi industriali
o artigianali, stante per uso artigianale il caso
in cui il cliente finale sia una società iscritta nel
registro ditte (R.D. 20 settembre 1934, n.
2011) della Camera di Commercio o nell’albo
imprese artigiane (legge 8 agosto 1985, n.
443) della provincia.
Alcune premesse
Nel documento di consultazione l’AEEG
aveva proposto di confermare che l’attivazione
della fornitura dovesse avvenire, di
norma, solo dopo che fosse stato effettuato
l’accertamento documentale con esito positivo,
ribadendo che l’accertamento può essere
effettuato solo una volta che sia pervenuta
al distributore la documentazione
completa e siano state superate eventuali
incompletezze formali. Tuttavia, al fine di
garantire tempi sicuri per l’accertamento e
14 novembre 2006 ­ N. 21

l’attivazione della fornitura, si è proposto
che l’accertamento dovesse essere effettuato
solo nel caso in cui fosse pervenuta al
distributore la documentazione completa,
entro 20 giorni lavorativi dalla data di ricevimento
della richiesta di attivazione della fornitura
da parte del venditore; trascorso questo
termine, il distributore avrebbe dovuto
classificare l’accertamento come impedito e
attivare la fornitura di gas a condizione che
gli fossero pervenuti almeno gli allegati A e
B firmati, rispettivamente, dal cliente finale e
dall’installatore, corredati, nei casi previsti,
da una copia del certificato di riconoscimento
dei requisiti tecnico­professionali dell’installatore
o da una copia della visura camerale
riportante questi requisiti. Al fine di disincentivare
il verificarsi, seppure residuale,
delle attivazioni con accertamento impedito,
si era proposto, inoltre, che il distributore,
in questi casi, addebitasse comunque al
venditore l’intero importo previsto per l’effettuazione
dell’accertamento (40, 50 o 60
€ in relazione alla portata termica complessiva
dell’impianto di utenza considerato).
Era stato proposto, inoltre, di prevedere che
il distributore dovesse segnalare per iscritto,
al comune competente, l’impossibilità di effettuare
l’accertamento documentale a causa
dell’incompletezza della documentazione
pervenuta da parte del cliente finale e dare
facoltà, allo stesso Comune, di effettuare
una verifica con sopralluogo sull’impianto di
utenza con un contributo di 60€addebitabili
al cliente finale dal venditore.
L’AEEG, nella relazione tecnica che accompagna
la deliberazione n. 87/2006, ha fatto rilevare
che i soggetti che hanno partecipato alla
consultazione hanno manifestato opinioni
differenziate sulla proposta di prevedere la
possibilità di attivazione della fornitura con
accertamento impedito. In particolare, alcuni
distributori e venditori di gas hanno manifestato
la preoccupazione che il ricorso all’accertamento
impedito, ritenuto una possibilità
più agevole per il cliente finale rispetto al percorso
dell’accertamento, se non sufficientemente
disincentivato, possa diventare la regola,
vanificando sostanzialmente la deliberazione
n. 40/2004 e gli sforzi prodotti dalle
aziende di distribuzione (e in minor misura da
quelle di vendita) per dare piena attuazione al
regolamento.
Gli stessi operatori hanno proposto, quindi,
di non prevedere la possibilità di attivazione
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
della fornitura con accertamento impedito
oppure di limitarla esclusivamente a una fase
transitoria. Altri distributori e venditori di
gas hanno condiviso, invece, la proposta
dell’Autorità, ritenendo che prevedere l’accertamento
impedito fosse una modifica
necessaria per garantire maggiore efficienza
al sistema.
Invece, le associazioni degli esercenti si sono
espresse concordemente sulla proposta
di rafforzare i disincentivi all’uso improprio
dell’accertamento impedito mediante, per
esempio:
l l’addebito al cliente finale di un importo
maggiore;
l l’aumento sino a 100 € del contributo
riconosciuto al comune nel caso di verifica
con sopralluogo su un impianto di utenza
classificato come impianto con accertamento
impedito;
l l’indicazione esplicita, nella comunicazione
al cliente finale richiedente l’attivazione
della fornitura, del fatto che, in caso di
accertamento impedito, oltre all’importo
previsto per l’effettuazione dell’accertamento
gli verrà addebitato anche il costo
della verifica diretta da parte del Comune.
L’Autorità ha deciso, infine, di prevedere,
anche a regime, se pure come modalità residuale,
la possibilità di attivazione della fornitura
anche per gli impianti classificati con
accertamento impedito per evitare il rischio,
anche se probabilmente relativo a un limitato
numero di clienti finali, di non potere
ottenere la fornitura di gas per mera incompletezza
della documentazione inviata.
In accoglimento delle proposte delle associazioni
degli esercenti, l’Autorità ha introdotto
l’indicazione esplicita, nella comunicazione
al cliente finale che richieda l’attivazione
della fornitura (Allegati F e G), del
fatto che, in caso di accertamento impedito,
oltre all’importo previsto per l’effettuazione
dell’accertamento, gli verrà addebitato
anche il costo della verifica diretta da
parte del Comune.
L’AEEG ha deciso, infine, di confermare, in
caso di accertamento impedito, sia l’addebito
al cliente finale dell’importo previsto
per l’effettuazione dell’accertamento senza
maggiorazioni, sia l’importo di 60 € per il
contributo riconosciuto al Comune per la
verifica diretta dell’impianto di utenza, poiché
si ritiene che questi costi, a carico del
cliente finale, costituiscano un sufficiente
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SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio UNI ­ Articolo
disincentivo e non si debba gravare su questo
con addebiti eccessivi.
Tuttavia, mentre, in generale, si prevede che
i contributi versati dal distributore al comune,
in applicazione della deliberazione n. 40/
2004, vengano recuperati attraverso la tariffa
di distribuzione e siano suddivisi, quindi,
tra tutti i clienti finali appartenenti all’ambito
tariffario di riferimento, nel provvedimento
si specifica che il contributo di 60€, riconosciuto
al Comune per verifiche sugli impianti
di utenza con accertamento impedito, debba
rimanere a carico del cliente finale, al fine
di costituire un efficace disincentivo. Quindi,
in caso di verifica da parte del Comune di un
impianto di utenza con accertamento impedito,
il distributore addebiterà al venditore
l’importo di 60€versato al Comune; il venditore,
a sua volta, dovrà addebitare l’importo
stesso al cliente finale che ha richiesto
l’attivazione della fornitura.
Infine, confidando sulla professionalità dei distributori,
degli accertatori e degli installatori,
l’AEEG invita ognuno di loro all’impegno
massimo per favorire l’effettuazione dell’accertamento
documentale prima dell’attivazione
della fornitura, riducendo al minimo,
quindi, i casi di accertamento impedito.
Sarà competenza dell’Autorità vigilare con
grande attenzione sull’argomento, intervenendo
nei casi anomali caratterizzati da un
numero eccessivo di accertamenti impediti
rispetto al numero totale di attivazioni della
fornitura di gas.
La semplificazione degli allegati
Relativamente alla semplificazione degli Allegati
alla deliberazione n. 40/2004, l’Autorità
ha proposto di ridurre a due i moduli da
utilizzare per l’attivazione della fornitura e
di prevedere:
l un nuovo modulo H, sostitutivo dei precedenti
A e C, che riporti in testa un riquadro
contenente alcuni dati da precompilare
da parte del venditore e l’obbligo, per il
cliente finale, di utilizzare esclusivamente il
modulo trasmessogli dal venditore;
l un nuovo modulo I, sostitutivo dei precedenti
B e D, senza personalizzazioni e
integrato con una dichiarazione di rispetto
dei criteri essenziali di sicurezza, con la possibilità,
per l’installatore, di utilizzare anche
un modulo diverso da quello trasmesso dal
venditore purché conforme al modello dell’Autorità.
23

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio UNI ­ Articolo
Sempre in relazione ai nuovi moduli, è stato
stabilito di apporre un riquadro in testa al
nuovo modulo H contenente alcuni dati
che il venditore dovrà compilare prima dell’invio
al cliente finale, tra i quali il codice del
punto di riconsegna o il codice assegnato
dal distributore alla richiesta di attivazione.
Il cliente finale dovrà utilizzare esclusivamente
il modulo trasmessogli dal venditore.
Inoltre, è l’installatore a riportare sul modulo
I (nel quale non vi devono essere personalizzazioni
da parte del distributore o del venditore
di gas) lo stesso codice del punto di
riconsegna o il codice assegnato dal distributore
alla richiesta di attivazione, riportato
nella parte precompilata dell’Allegato H.
I nuovi moduli H e I sostituiranno gli esistenti
per le richieste di attivazione della fornitura
pervenute al venditore a partire dal 1°
aprile 2007.
Il comma 11.6 del provvedimento specifica
che i nuovi moduli siano pubblicati nei siti
internet del distributore (o siti collegati), con
un anticipo di almeno 30 giorni rispetto alla
data di entrata in vigore. L’AEEG ha fatto
notare, nella relazione tecnica che accompagna
il provvedimento, che c’è stato un generale
consenso alle proposte di semplificazione
degli allegati alla deliberazione n. 40/2004,
poiché le soluzioni previste sono, in massima
parte, frutto dell’esperienza maturata nella
prima fase di attuazione della delibera n. 40/
2004 e introducono elementi di buon senso
senza pregiudicare valenze giuridiche.
Il flusso delle informazioni
Il corretto flusso delle informazioni ha rappresentato
sempre un aspetto problematico per
la speditezza dell’attivazione della fornitura di
gas, nonostante gli sforzi prodotti dagli attori
per superare le soluzioni critiche. L’AEEG ha
formulato, nel documento di consultazione,
una proposta che è stata mantenuta nell’emanazione
della delibera n. 87/2006 (si veda,
al tal proposito e in dettaglio, l’Appendice
1 al provvedimento).
Ha disposto, comunque, che la documentazione
non sia inviata al distributore ma «
al recapito indicato dal distributore»; questo
consente al distributore di fornire il
recapito di una società terza incaricata della
raccolta della documentazione tecnica
per il successivo smistamento agli accertatori
che la dovranno controllare.
Sembra un piccolo distinguo ma, tenuto
24
IGIENE E SICUREZZA
conto degli equivoci avvenuti sinora, forse è
un chiarimento importante.
Relativamente alla comunicazione scritta
che il distributore deve inviare in caso di
documentazione non completa [lettera g),
comma 16.7], la stessa dovrà essere inoltrata
per via telematica al venditore e con lettera
al cliente finale.
Il distributore (comma 6.1, deliberazione n.
40/2004), deve curare attentamente le sue
modalità di gestione dei flussi documentali
prestando attenzione anche a quanto previsto
dagli eventuali accordi in merito con
la società terze incaricate degli accertamenti,
con l’obiettivo di garantire che le
informazioni raccolte nel corso degli accertamenti
vengano utilizzate per gli scopi
previsti dalla delibera n. 40/2004 dal distributore
o dagli Enti pubblici competenti e
non da altri soggetti.
Il provvedimento dispone che la nuova procedura
venga adottata per le richieste di
attivazione della fornitura pervenute al venditore
a partire dal 1° aprile 2007.
Fino al 31 marzo 2007, come specificato
nel paragrafo «I tempi di attuazione delle
modifiche», valgono ancora le procedure
previste dalla deliberazione n. 40/2004 con
gli emendamenti introdotti dalla deliberazione
n. 192/2005, fatte salve le disposizioni
relative alla sospensione della fornitura
nei casi di mancato completamento dell’invio
da parte del cliente finale della documentazione
mancante.
In relazione all’art. 4, regolamento della delibera
n. 40/2004, che impone al distributore
che intenda effettuare gli accertamenti
mediante accertatori esterni di darne preventiva
informazione agli Ordini e ai Collegi
professionali competenti, è stato precisato
che non è necessario che la comunicazione
sia ripetuta in occasione di successivi avvii di
selezione di accertatori esterni.
Non è richiesto, inoltre, che la comunicazione
debba indicare, riportandoli, i nominativi
degli accertatori incaricati.
I principali momenti
di comunicazione
L’AEEG ha individuato, per cercare di garantire
l’univocità e la chiarezza delle informazioni
fornite al cliente finale, due fasi particolarmente
delicate tra i principali momenti
di comunicazione:
l la richiesta di preventivo;
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l l’attivazione della fornitura.
Relativamente a questi passaggi sono stati
previsti due nuovi allegati alla deliberazione
n. 40/2004 da trasmettere al cliente finale,
rispettivamente, insieme al preventivo per il
nuovo allacciamento e in occasione dell’invio
dei moduli a seguito della richiesta di
attivazione della fornitura.
Questi riportano un’informativa standard,
obbligatoria, sulla procedura da seguire
per l’attivazione della fornitura di gas.
Lo scopo dell’informativa è di accrescere la
consapevolezza del cliente finale sul processo
di accertamento e di attivazione della
fornitura e, in particolare, di fargli prendere
coscienza che:
l in caso di accertamento impedito il Comune
potrà effettuare una verifica diretta
con sopralluogo dell’impianto con addebito
(al cliente finale) di ulteriori 60€;
l il suggerimento di conservare copia
di tutta la documentazione inviata al distributore
(per evitare che il cliente finale
rimanga sprovvisto della documentazione
di legge).
In questo caso è utile ricordare che già la
legge n. 46/1990 dispone la conservazione
da parte del committente della dichiarazione
di conformità (modello ministeriale
con gli allegati obbligatori), da
trasmettere al conduttore dell’edificio
cui la stessa si riferisce.
L’AEEG ha auspicato che, nella relazione
tecnica che accompagna la delibera n.
87/2006, sino al 31 marzo 2007 nelle
due fasi individuate come critiche, «gli
esercenti si facciano carico di fornire comunque
ai clienti finali informazioni miranti
ad aumentare la consapevolezza del
cliente finale sul processo di accertamento
e di attivazione della fornitura, seppure
per via volontaria e secondo modalità individuate
in autonomia».
I tempi di attivazione
della fornitura
Per quanto riguarda i tempi di attivazione
della fornitura, tenuto conto delle criticità
emerse, l’AEEG ha stabilito che, per le richieste
di attivazione della fornitura che perverranno
al venditore dal 1° aprile 2007, il tempo
di attivazione della fornitura (che deve
essere computato ai fini degli indennizzi previsti
dalla deliberazione n. 168/2004) inizi a
decorrere per il distributore dalla data di rice­
14 novembre 2006 ­ N. 21

imento della documentazione minima per
’individuazione del cliente finale e dell’instalatore
interessati (anziché dalla data di riceviento
della richiesta dell’attivazione della
ornitura di gas da parte del venditore). La
ocumentazione minima consiste negli Alleati
H e I, debitamente compilati e firmati,
ispettivamente, dal cliente finale e dall’instalatore,
e della copia del certificato di riconocimento
dei requisiti tecnico­professionali
revisti dalla legge n. 46/1990 o, in alternatia,
come visto in precedenza, della copia dela
visura camerale dalla quale sono rilevabili
li stessi requisiti. Nel caso il distributore non
iceva la documentazione completa, deve iniare
una comunicazione scritta al cliente fiale
e al venditore, nella quale segnala l’inompletezza
della documentazione, indicano
i documenti mancanti.
uesta segnalazione interrompe il computo
el tempo ai fini degli indennizzi.
l computo riparte:
dal giorno della ricezione della docuentazione
completa nel caso che la stessa
enga ricevuta entro e non oltre i 30 giorni
avorativi successivi alla ricezione della doumentazione
minima;
dal 31° giorno successivo alla ricezione
ella documentazione minima nel caso in
ui non si riceva la documentazione complea
entro questo termine e si proceda, quindi,
ll’attivazione della fornitura e alla classificaione
dell’accertamento come impedito.
’indennizzo automatico spetta al cliente fiale
nel caso in cui il tempo di attivazione
ella fornitura, calcolato come sopra previto,
ecceda il tempo massimo previsto dalla
eliberazione n. 168/2004.
noltre, il distributore annulla, qualora non
bbia ricevuto la documentazione minima
ntro i 90 giorni solari successivi alla data di
icevimento da parte del venditore della rihiesta
di attivazione della fornitura, questa
ichiesta di attivazione della fornitura di gas
andone comunicazione, per via informatia
(e­mail), al venditore interessato.
er le richieste di attivazione della fornitura
ervenute al venditore entro il 31 marzo
007, il tempo di attivazione della fornitua,
da computare ai fini degli indennizzi auomatici
previsti dalla deliberazione n. 168/
004, decorre per il distributore dalla data
i ricevimento della richiesta dell’attivazioe
della fornitura di gas, anche per via inormatica,
da parte del venditore.
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
Il computo del tempo ai fini degli indennizzi,
tuttavia, si interrompe alla data stessa
poiché il distributore rimane in attesa di ricevere,
dal cliente finale, la documentazione
da sottoporre ad accertamento.
Il computo del tempo riparte dalla data di
ricevimento da parte del distributore della
documentazione, anche se incompleta.
Nel caso in cui il distributore non abbia ricevuto
la documentazione completa, al fine
di interrompere il computo dei tempi, come
previsto dalla deliberazione n. 168/2004 (si
veda la definizione di «tempo per l’ottenimento
di ulteriore documentazione per l’attivazione
della fornitura») il distributore deve
inviare una comunicazione al cliente finale
nella quale indica qual è la documentazione
mancante.
Il computo si blocca all’atto di questa comunicazione
(data) e riparte dal giorno del ricevimento
della documentazione integrativa.
Nell’appendice 2 alla delibera della relazione
tecnica di accompagnamento alla deliberazione
n. 87/2006 sono riportati esempi di calcolo
dei tempi per le due situazioni descritte.
Negazione e sospensione
della fornitura
Nel documento di consultazione l’AEEG
aveva proposto di circoscrivere i casi di
negazione della fornitura all’esito negativo
dell’accertamento e di mancato invio,
da parte del cliente finale, dei nuovi
allegati sostitutivi dei precedenti A e B
corredati, dove previsto, da una copia
del certificato di possesso dei requisiti
tecnico­professionali dell’installatore o
da una copia della visura camerale che
riporti gli stessi requisiti.
Inoltre, l’Autorità aveva proposto che una
fornitura già attivata venisse sospesa solo
nel caso di comunicazione al distributore da
parte dell’installatore di esito negativo delle
prove di sicurezza e funzionalità, naturalmente
fatti salvi i casi di sospensione richiesti
dal Comune, dalla Provincia o da altri che
ne abbiano l’autorità.
Pertanto, le proposte condivise dagli operatori
sono state introdotte nel provvedimento.
Lo stesso, infatti, prevede che la negazione
della fornitura sia limitata ai casi di accertamento
negativo e:
l per i distributori che adottano le disposizioni
transitorie introdotte con la deliberazione
n. 192/2005 e fino al 31 marzo 2007,
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SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio UNI ­ Articolo
nel caso di mancato invio degli allegati A e
B (corredati, ove previsto, dal certificato di
possesso dei requisiti o della visura camerale)
o C e D;
l a partire dal 1° aprile 2007, nel caso di
mancato invio almeno degli allegati H e I
(corredati, ove previsto, del certificato di
possesso dei requisiti o della visura camerale
per impianti di utenza soggetti alla legge n.
46/1990).
Per quanto riguarda la sospensione della fornitura,
l’AEEG ha stabilito che, a partire dall’entrata
in vigore del provvedimento e fatti
salvi i casi di richiesta degli Enti competenti, la
sospensione della fornitura deve essere limitata
al caso di comunicazione al distributore
da parte dell’installatore di esito negativo delle
prove di sicurezza e funzionalità.
Nella relazione tecnica l’AEEG aggiunge
che «Resta fermo, in caso di esito positivo,
l’obbligo dell’installatore di fornire al cliente
finale la dichiarazione di conformità completa
ai sensi di legge». Nel caso di ricevimento
della comunicazione di esito negativo
delle prove di sicurezza e funzionalità, il
provvedimento impone che il distributore
sospenda la fornitura di gas e invii, al cliente
finale e per conoscenza al suo venditore,
una comunicazione scritta in cui notifica
che, avendo preso atto della segnalazione
dell’installatore, comunica la necessità di
presentare una nuova richiesta di attivazione
della fornitura solo dopo che il cliente
finale abbia provveduto a far eliminare le
non conformità dell’impianto.
I corrispettivi
L’AEEG ha ritenuto di non dover accrescere
gli importi oggi riconosciuti ai distributori in
quanto già congrui e bastevoli per assicurare
una piena e idonea attuazione della deliberazione
n. 40/2004, compresa l’effettuazione
della verifica preliminare di completezza.
Il ruolo di controllo del Comune
Il ruolo di controllo del Comune ha sempre
creato, negli operatori, qualche perplessità
in quanto, probabilmente, non
tutti i Comuni riusciranno a organizzarsi
per far fronte a quanto loro assegnato
dalla delibera n. 40/2004, così come a
suo tempo, in generale, non riuscirono a
far fronte agli obblighi posti loro in campo
dalla legge n. 46/1990.
È pur vero che l’AEEG, non potendo porre
25

SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio UNI ­ Articolo
un obbligo ai Comuni, è stata previdente
anticipando il finanziamento degli interventi;
le nuove disposizioni introdotte mirano
proprio al rafforzamento del ruolo già assegnato
ai Comuni dalla legge n. 46/1990 e
aumentano i fondi messi a disposizione dei
Comuni stessi per l’esercizio del ruolo di
controllo loro assegnato.
Infatti, il Comune ha la facoltà di effettuare
verifiche su impianti di utenza con accertamento
positivo, per i quali il limite del 5%
fissato dal provvedimento continua a valere,
e su impianti di utenza con accertamento
impedito, per i quali non viene posto limite
considerato che il contributo di 60€, a differenza
del primo caso, non grava sulle tariffe
di distribuzione ma viene addebitato direttamente
al cliente finale inadempiente tramite
il venditore.
Il ruolo degli accertatori
È stato previsto un mandato esplicito al Comitato
Italiano Gas per la predisposizione di
linee guida per l’accertamento documentale
della sicurezza degli impianti di utenza a gas
alle quali debbano attenersi gli accertatori.
Queste linee guida, già in corso di elaborazione,
dovrebbero individuare, nel rispetto
della legge n. 46/1990, le soluzioni per il
superamento di numerose criticità originate
principalmente da lacune legislative e, in
qualche caso, normative tecniche. L’obiettivo
è di arrivare a una procedura di accertamento
puntuale che minimizzi gli ancora
numerosi motivi di contenzioso.
Il contatto tra distributore
e installatore
La mancanza di un canale di contatto diretto
tra il distributore e l’installatore ha costituito
un elemento di forte criticità e ha causato
notevoli rallentamenti in varie occasioni.
Il nuovo provvedimento non prevede, comunque,
l’obbligo di istituzione di questo canale
di contatto, fermo restando che il distributore
dovrà mettere in atto qualsiasi soluzione
al fine di evitare inutili disagi ai clienti
finali in fase di attivazione della fornitura.
26
IGIENE E SICUREZZA
I tempi di attuazione
delle modifiche
Si è già visto che l’avvio delle principali
modifiche farà data a partire dal 1° aprile
2007. Tuttavia, l’Autorità ha disposto la
decorrenza immediata di alcune disposizioni
ritenute non differibili, tra le quali
l’abolizione degli obblighi di sospensione
della fornitura nei casi di mancato completamento
dell’invio della documentazione
mancante e il mandato al CIG per
l’elaborazione di linee guida per gli accertatori.
Nel provvedimento sono specificate
le modalità che devono essere adottate
dai distributori relativamente alle pratiche
in corso al momento dell’emanazione
dello stesso, tenendo conto che chi aveva
adottato le modalità transitorie, previste
dalla deliberazione n. 192/2005, deve
mantenere questa procedura fino al 31
marzo 2007. Similmente, i distributori
che non si sono avvalsi delle disposizioni
transitorie devono mantenere le stesse
modalità fino al 31 marzo 2007.
Sono previste due fasi per la gestione delle
pratiche trattate secondo le disposizioni transitorie
di cui alla deliberazione n. 192/2005:
l la prima fase riguarda le richieste di
attivazione pervenute entro il 31 marzo
2006, prima dell’emanazione del provvedimento,
e che erano ancora in attesa di
completamento della documentazione al
31 maggio 2006; in questo caso il distributore
doveva inviare, entro il 31 luglio
2006, una comunicazione al cliente finale
con la quale venivano concessi ancora
due mesi per l’invio della documentazione
mancante; decorso questo lasso di
tempo senza risultato, l’impianto di utenza
veniva classificato come impianto con
accertamento impedito, applicando,
quindi, quanto previsto dal regolamento
per questi impianti, a partire dal 1° ottobre
2006, in anticipo rispetto all’entrata
in vigore a regime delle disposizioni sugli
accertamenti impediti (prevista per il 1°
aprile 2007) compreso l’invio al cliente
finale interessato della comunicazione
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
scritta di cui alla lettera b), comma 11.7;
l la seconda fase riguarda le richieste di
attivazione della fornitura pervenute dal 1°
aprile 2006 al 31 marzo 2007 e che siano
ancora in attesa di completamento della
documentazione al 30 maggio 2007; similmente
a quanto disposto per la fase precedente,
il distributore deve inviare, entro il 31
luglio 2007, una comunicazione al cliente
finale con la quale vengono concessi due
mesi supplementari per l’invio della documentazione
mancante; decorsi i due mesi
senza risultato, l’impianto viene classificato
come impianto con accertamento impedito
applicando quanto previsto dal regolamento
per questi impianti, a far data dal 1°
ottobre 2007, compreso l’invio al cliente
finale interessato della comunicazione scritta
di cui alla lettera b), comma 11.7.
Inoltre, anche per le pratiche in corso alla
data di pubblicazione del provvedimento
non sussiste più l’obbligo di sospensione della
fornitura in caso di mancato invio da parte
del cliente finale della dichiarazione di conformità
(modello ministeriale), rimanendo in
forza l’obbligo di sospensione della fornitura
nel caso di comunicazione al distributore da
parte dell’installatore di esito negativo delle
prove di sicurezza e funzionalità.
Infine, per evitare la contemporaneità dell’avvio
delle modifiche sugli impianti di
utenza nuovi, con l’eventuale entrata in vigore
del Titolo III del regolamento relativo
agli impianti di utenza riattivati e modificati,
il provvedimento prevede:
a) il differimento al 1° aprile 2008 dell’avvio
degli accertamenti sugli impianti di utenza
riattivati e modificati;
b) il rinvio a un successivo provvedimento
dell’Autorità per l’avvio degli accertamenti
sugli impianti di utenza in servizio.
A maggior chiarimento vengono riportate,
nella tabella 1 (ripresa dalla relazione tecnica
che accompagna la deliberazione n. 87/
2006), le decorrenze delle disposizioni contenute
nella deliberazione n. 40/2004 [1], così
come modificata dalla deliberazione n.
87/06. l
[1] Per gli approfondimenti del caso, si rimandano i lettori ai documenti ufficiali reperibili sul sito internet dell’Autorità per l’energia
elettrica e il gas, all’indirizzo www.autorita.energia.it/.
Per avere un approccio più facile con la deliberazione n. 40/2004, si consiglia di prendere visione del testo integrato della stessa,
ove sono riportati inseriti nei punti pertinenti del testo “madre” gli aggiornamenti susseguitisi con le varie deliberazioni di
aggiornamento.
14 novembre 2006 ­ N. 21

1 legge 6 dicembre 1971, n. 1083
2 legge 5 marzo 1990, n. 46
3 legge 14 novembre 1995, n. 481
4 legge 23 agosto 2004, n. 239
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
Elenco non esaustivo delle principali leggi e dispositivi regolamentari
vigenti nel contesto operativo della deliberazione n. 40/2004
5 decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
SICUREZZA DEGLI IMPIANTI
Osservatorio UNI ­ Articolo
TABELLA 2
6 deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (di seguito: l’Autorità) 18 marzo 2004, n. 40/04 e
successive modifiche ed integrazioni
7 deliberazione dell’Autorità 29 settembre 2004, n. 168/04 (di seguito: deliberazione n. 168/04)
8 deliberazione dell’Autorità 20 settembre 2005, n. 192/05
9 deliberazione dell’Autorità 27 febbraio 2006, n. 42/06 (di seguito: deliberazione n. 42/06)
27

SICUREZZA DEI DATI
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
Sanzioni molto severe per omessa o inidonea informativa su dati sensibili e giudiziari
Con il “documento programmatico”
più privacy nell’ambiente di lavoro
di Gian Paolo Maderi, Partner di COMITES Srl, e Giovanni Volpe,Amministratore Unico di COMITES Srl
Il 31 marzo 2006
ha rappresentato l’ultimo valido
appuntamento per introdurre,
nelle organizzazioni, le misure
minime previste dal D.Lgs.
n. 196/2003, noto anche come
Codice in materia di protezione
dei dati personali.
Questa scadenza ha promosso
la diffusione di una cultura
e una maggiore attenzione
nei confronti della tutela
dei dati personali di soggetti fisici
e giuridici, supportata
dalla redazione del DPS
nelle organizzazioni.
Il Documento programmatico
per la sicurezza rappresenta
lo strumento principale
per organizzare e pianificare
le attività necessarie
all’adeguamento legislativo
ma anche per dare evidenza
delle azioni svolte.
28
Il documento programmatico per
la sicurezza può essere definito
come “manuale della sicurezza fisica
e logica dei sistemi informativi”.
Si tratta, essenzialmente, di un documento
che, partendo dall’analisi dei
rischi del proprio sistema informativo
contenente dati personali, sensibili
e giudiziari, focalizza contromisure
di vario tipo per prevenire potenziali
minacce.
Il manuale contiene, pertanto, alcune
“regole”, quali:
l la mappatura dei processi dell’organizzazione;
l l’elenco delle tipologie di trattamento
dei dati personali;
l la distribuzione dei compiti e delle
responsabilità nelle strutture preposte
al trattamento dei dati;
l l’analisi dei rischi potenziali che
incombono sui dati all’interno dell’organizzazione;
l l’evidenza di idonee misure di sicurezza;
l i criteri e le procedure per assicurare
l’integrità dei dati;
l il piano di formazione per tutti i
soggetti interessati;
l l’analisi di dati trattati all’esterno
della struttura;
l i criteri adottati per la cifratura dei
dati all’interno dell’organizzazione
sanitaria e della Pubblica Amministrazione.
Accanto alla redazione del DPS,
le organizzazioni hanno adottato altre
misure minime legate ai processi informativi
e alla gestione documentale,
che hanno prodotto una maggiore
attenzione nella ricerca e nell’applicazione
dei sistemi (salvataggio periodico
dei dati, metodologia nella
diffusione, conservazione e distruzio-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
ne dei documenti) e degli strumenti
(reti, software antivirus, firewall,
password, crittografia, firma digitale,
posta elettronica certificata ecc.).
Questo scenario presenta tutti i
possibili strumenti e modalità per garantire
la tutela dei dati personali, sia
all’interno, sia all’esterno dell’organizzazione.
Le sanzioni
L’intento del Legislatore è stato
quello di avviare le organizzazioni
verso una vera e propria cultura della
protezione dei dati personali, vista
non solo come un costo ma anche
come un importante investimento e
risorsa per il miglioramento della sicurezza
informativa.
Tuttavia, lo stesso D.Lgs. n. 196/
2003 prevede sanzioni amministrative
e penali (si vedano le tabelle 1 e 2), in
particolare per la mancata o inadeguata
informativa agli interessati, per l’utilizzo
di dati senza il loro consenso, per
la mancata applicazione di provvedimenti
emanati dal Garante per la protezione
dei dati personali e per l’assenza
di notificazione nei casi previsti dall’art.
37, D.Lgs. n. 196/2003.
I controlli
Il Garante per la privacy, nel corso
del primo semestre del 2006, ha
siglato un protocollo d’intesa con la
Guardia di Finanza per il controllo
degli adempimenti obbligatori. L’accordo
ha l’obiettivo di monitorare
una intensa ed efficace attività di
controllo sulla raccolta dati da parte
di ciascuna organizzazione.
La differenza con il recente passato
sta nel fatto che in precedenza i
controlli venivano realizzati unica-
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
Sanzioni amministrative
mente su segnalazione diretta dell’interessato
agli organismi di controllo,
al contrario, oggi, viene attuata
un’azione programmata e sistematica
nella realizzazione degli accertamenti
da parte delle autorità competenti.
I primi accertamenti sono stati avviati
in organizzazioni che trattano la
fornitura di beni e servizi tramite forme
di vendita “a distanza”, siti web,
oppure nei confronti di società farmaceutiche,
di banche e di finanziarie
per i trattamenti di dati personali
nei sistemi di informazioni creditizie.
Ulteriori ispezioni sono state avviate
nei confronti di soggetti privati
e di Pubbliche Amministrazioni per
accertare il rispetto di obblighi di notificazione.
Tuttavia, la natura dell’accertamento
è intesa dal Garante come verifica
che i dati delle persone (fisiche
e giuridiche) siano raccolti, utilizzati
e conservati in modo lecito e per le
finalità previste.
Per questa ragione tutte le organizzazioni
che trattano dati di terzi
sono potenziali oggetti di controllo
da parte delle autorità competenti.
In tema di ambiente
e tutela del lavoratore
Negli ultimi due anni il Garante ha
emesso una serie di provvedimenti
generali, comunicazioni stampa e pa-
IGIENE E SICUREZZA
Violazioni Sanzioni
Omessa o inidonea informativa al­ da 3.000,00 a 18.000,00€.
l’interessato:
Omessa o inidonea informativa al­ da 5.000,00 a 30.000,00€.
l’interessato nei casi di dati sensibili
e giudiziari:
TABELLA 1
La somma può essere aumentata sino al triplo quando risulta inefficace
in ragione delle condizioni economiche del contravventore. Eventuale
pubblicazione su giornali e con eventuali ulteriori sanzioni per i danni cagionati
ai sensi dell’art. 2050, Codice Civile.
Omessa o incompleta notificazione
al Garante:
Omessa informazione o esibizione
di documenti al Garante:
da 10.000,00 a 60.000,00€.
da 4.000,00 a 24.000,00€.
reri che forniscono indicazioni generali
e una metodologia per la corretta
gestione di strumenti e tecnologie che
inpattano sulla gestione dei dati.
In particolare, per le problematiche
legate agli ambienti di lavoro e
alla sfera del lavoratore, sono numerosi
i provvedimenti pubblicati dal
Garante.
Sanzioni penali
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SICUREZZA DEI DATI
Articolo
Nel comunicato stampa del 25 luglio
2005, «Uso delle impronte digitali
nei sistemi di rilevamento delle
presenze nei luoghi di lavoro», il Garante
ha precisato che è vietato l’uso
generalizzato delle impronte digitali
dei dipendenti per controllare le presenze
nel luogo di lavoro.
Questo sistema è giudicato troppo
invasivo della sfera personale e della
libertà individuale. Per raggiungere
lo stesso scopo si possono adottare
altre tecniche più proporzionate e
ugualmente efficaci. In generale, non
è lecito l’uso generalizzato e incontrollato
dei dati biometrici riferiti al
lavoratore.
Una ulteriore pronuncia dell’Autorità
è rappresentata dal provvedimento
generale sulla video sorveglianza
29 aprile 2004 (paragrafo
4.1), in cui viene espresso il divieto
di controllo a distanza dell’attività
lavorativa. In particolare, non è
ammissibile l’installazione di sistemi
di video sorveglianza in luoghi
riservati esclusivamente ai lavoratori
e non destinati all’attività produttiva
(per esempio, bagni, spo-
Violazioni Sanzioni
Trattamento illecito di dati personali
(violazione delle norme sul
consenso dell’interessato, sullo
spamming, sui dati sensibili o giudiziari,
sulla comunicazione e diffusione,
sul trasferimento all’estero
ecc):
TABELLA 2
reclusione da sei mesi fino a tre anni
a seconda della gravità e del danno
arrecato.
Falsità delle notificazioni al Garan­ reclusione da sei mesi fino a tre
te o in comunicazioni o atti esibiti anni.
in un procedimento dinanzi al Garante
o nel corso di accertamenti:
Inosservanza dei provvedimenti del
Garante:
Omessa adozione di misure minime
di sicurezza:
reclusione da tre mesi fino a due
anni.
reclusione fino a due anni o con ammenda
da 10.000,00 a 50.000,00€.
L’art. 169 del Codice prevede una prescrizione con conseguente estinzione
del reato nel caso di:
­ regolarizzazione entro un determinato termine, comunque non superiore
a sei mesi;
­ pagamento di una sanzione ridotta, pari al quarto del massimo dell’ammenda
stabilita per la contravvenzione (12.500,00€).
29

30
SICUREZZA DEI DATI
Articolo
IGIENE E SICUREZZA
TABELLA 3
Principali comunicati stampa del Garante
per la privacy pubblicati nel corso del 2006
Comunicato stampa
25 settembre 2006
Comunicato stampa
18 luglio 2006
Comunicato stampa
28 giugno 2006
Comunicato stampa
10 giugno 2006
Comunicato stampa
13 aprile 2006
Comunicato stampa
8 marzo 2006
Comunicato stampa
27 febbraio 2006
Comunicato stampa
14 febbraio 2006
Comunicato stampa
3 febbraio 2006
Comunicato stampa
20 gennaio 2006
Comunicato stampa
5 gennaio 2006
gliatoi, docce, armadietti, luoghi ricreativi
ecc.).
Eventuali riprese televisive sui
Intercettazioni legali: Garante privacy ai gestori
“proteggete i dati o rischiate il blocco“
Sistemi di informazione creditizia e gestori telefonici
Condominio a prova di privacy ­ 28 giugno 2006
Il Garante per le piccole imprese. Avviata una consultazione
per valutare ulteriori semplificazioni
degli adempimenti
Internet: motori di ricerca, il Garante chiede a
Google america più tutele per gli utenti
Servizi telefonici non richiesti, pro memoria ad uso
dei cittadini
Vietato attivare schede telefoniche e segreterie ad
insaputa dei clienti
”Illecito spiare il contenuto della navigazione in
internet del dipendente”
Il Garante vara il piano delle ispezioni per il primo
semestre 2006
Recupero crediti: il Garante, no a comportamenti
che ledono la dignità
Esami di tossicodipendenza sul posto di lavoro
luoghi di lavoro per documentare attività
od operazioni per scopi divulgativi
o di comunicazione aziendale, che
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vedano coinvolti il personale dipendente,
devono essere finalizzati unicamente
alla pubblicazione occasionale
di articoli, di saggi e di reportage,
nell’osservanza del codice deontologico
per l’attività giornalistica e
del diritto del lavoratore a tutelare la
propria immagine.
Nel provvedimento 29 aprile 2004
il Garante si pronuncia riguardo al
controllo video di aree impiegate come
discariche di materiale e di sostanze
pericolose in modo abusivo.
In questo provvedimento si afferma
che il controllo è lecito se risultano
inattuabili o inefficaci altre misure;
non è lecito se questo strumento
viene impiegato per accertare infrazioni
amministrative rispetto a disposizioni
relative a modalità e orario di
deposito di rifiuti urbani.
Infine, sempre rimanendo in tema
di rifiuti, il Garante ha pubblicato, il
22 luglio 2005, un comunicato stampa
relativo alla raccolta differenziata
e tutela della privacy.
Nel comunicato l’autorità per la
protezione dei dati personali nega la
possibilità di utilizzare nella raccolta
dei rifiuti sacchetti trasparenti o che
riportano etichette adesive nominative.
Mentre è lecito contrassegnare i sacchetti
con, codici a barre, microchip o
etichette “intelligenti” (Rfid). l
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
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SICUREZZA DEL LAVORO
Documento Commento
Necessaria una base per impostare strumenti e conoscenze tecniche e specialistiche
Ancora indicazioni Stato-Regioni
sulla formazione per ASPP e RSPP
di Marco Masi, Direttore Settore “Prevenzione e Sicurezza” della Regione Toscana, Coordinatore del
Comitato Tecnico Prevenzione, Igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e Province Autonome
Il concetto di attivazione
dei percorsi formativi per RSPP
e ASPP, il riconoscimento
dei crediti formativi pregressi,
la definizione del processo
di aggiornamento formativo,
le modalità di certificazione
dell’avvenuta formazione,
i soggetti formatori, sono i temi
principali affrontati dalle linee
interpretative dell’accordo
della Conferenza Stato-Regioni
26 gennaio 2006, attuativo
dell’art. 2, commi 2 e 3, D.Lgs.
23 giugno 2003, n. 195.
Infatti, sebbene l’accordo
sia stato un passo fondamentale
per il rilancio della prevenzione
e della tutela della salute
sui luoghi di lavoro, si è reputato
necessario fornire alcuni
chiarimenti che favorissero
la corretta attuazione di quanto
previsto nell’accordo stesso.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale del 14 febbraio
2006, n. 37, ha preso avvio
l'accordo attuativo dell’art. 2, commi
2, 3, 4 e 5, decreto legislativo 23
giugno 2003, n. 195, approvato dalla
Conferenza Permanente per i rapporti
tra lo Stato, le Regioni e le Province
Autonome nella seduta del 26
gennaio 2006.
Sono stati necessari quasi tre anni
per definire le tappe del percorso formativo
del responsabile e dell’addetto
al servizio di prevenzione e protezione
in azienda. Molte sono state le
criticità affrontate, tra cui i principi
ordinamentali correlati alla riforma
costituzionale e la conseguente ripartizione
di competenze tra Stato e Regioni.
Infatti, mentre la formazione professionale
fa capo esclusivamente al
sistema regionale, la prevenzione,
l’igiene e sicurezza nei luoghi lavoro
rappresentano una materia concorrente.
Tuttavia, la problematica più importante
è stata la previsione di una
gestione dei vari percorsi formativi,
in riferimento sia all’alto numero di
tecnici da formare sia all’esigenza di
diversificare i diversi settori lavorativi
e i relativi rischi. A ciò si aggiunga
l’esigenza di valorizzare le esperienze
acquisite da queste figure professionali
in oltre 10 anni di attività.
Sebbene l’accordo abbia costituito
una tappa fondamentale per il rilancio
della prevenzione e della tutela
della salute sui luoghi di lavoro e un
ulteriore passo avanti verso una riduzione
significativa del fenomeno in-
fortunistico e delle malattie professionali
attraverso la promozione della
cultura della sicurezza, si è ritenuto
necessario definire alcune linee interpretative
condivise che favorissero la
corretta attuazione di quanto previsto
nell’accordo stesso.
Il documento, approvato dalla
Conferenza permanente Stato, Regioni
e Province Autonome nella seduta
del 5 ottobre 2006, repertorio
atti n. 2635, ha esclusivamente
l’obiettivo di chiarire e integrare l’accordo
laddove il disposto dello stesso
appariva dubbio o controverso e di
favorire un’interpretazione omogenea
del testo.
Le principali novità
I principali chiarimenti riguardano
l’interpretazione di alcune dizioni,
quali il concetto di “attivazione dei
percorsi formativi” che aveva dato
adito ad alcune perplessità, alcuni
passaggi chiave, quali il riconoscimento
dei crediti formativi pregressi
e, soprattutto, la definizione del processo
di aggiornamento formativo anche
per coloro che risultano esonerati
dalla frequenza al Modulo B e, ovviamente,
alcune correzioni a refusi.
Si riportano, in sintesi, i principali
elementi caratterizzanti le linee interpretative
dell’accordo:
l per “attivazione dei percorsi formativi”
si intende il completamento
di tutte le procedure che consentono
l’effettivo avvio dell’intervento formativo,
ricorrendo a una interpretazione
comunemente utilizzata in ambito
di formazione professionale.
Pertanto, entro il 14 febbraio 2007,
ovvero entro un anno dalla pubblica-
31

32
SICUREZZA DEL LAVORO
Documento Commento
zione dell’Accordo sulla Gazzetta
Ufficiale, dovranno essere completate
tutte le procedure che consentano
l’effettivo avvio dei percorsi formativi
(punto 1.1 delle linee interpretative,
«Termine di attivazione dei corsi
formativi»);
l si prevede l’esclusione, nella fase
attuale, del ricorso alla formazione a
distanza (FAD) per i tutti i moduli,
poiché questa metodologia ha bisogno
di una particolare progettazione,
gestione e verifica, che nella fase di
sperimentazione è stata ritenuta non
compatibile per la messa a regime
del sistema stesso (punto 2.2, «Metodologia
di insegnamento/apprendimento»);
l anche i soggetti in possesso delle
lauree triennali, indicate all’art. 2,
comma 6, D.Lgs. n. 195/2003, dovranno
frequentare il Modulo C poiché,
per chi è in possesso di questi
titoli, l’esonero è previsto solo dalla
frequenza di «specifici corsi di formazione
adeguati alla natura dei rischi
presenti sul luogo di lavoro e
relativi alle attività lavorative», vale
a dire la formazione prevista nei Moduli
A e B, dei corsi di formazione,
secondo quanto disposto al comma
2, stesso articolo (punto 2.3, «Articolazione
dei percorsi formativi»). Si
ricorda che l’obbligo della frequenza
ai corsi del Modulo C è esplicitato
(per i soli RSPP) al comma 4, art. 2;
l vengono definite le modalità per
le verifiche intermedie di apprendimento
che rientrano nell’orario complessivo
di ciascun modulo, mentre
le verifiche finali di apprendimento
sono da intendersi al di fuori del
monte ore complessivo (punto 2.4,
«Valutazione degli apprendimenti»);
l si ribadisce che il Modulo A è
propedeutico agli altri e costituisce
credito formativo permanente (punto
2.4.1, «Modulo A»);
l il Modulo B non è propedeutico al
Modulo C ed è valido per 5 anni.
Alla scadenza dei 5 anni scatta l’obbligo
di aggiornamento. Il Modulo B
1] In Gazzetta Ufficiale del 3 novembre 2005, n. 256.
IGIENE E SICUREZZA
va effettuato per ogni macrosettore
per il quale si assume (o si intende
assumere) la nomina di RSPP o
ASPP (punto 2.4.2, «Modulo B»);
l il modulo C vale per qualsiasi macrosettore
e costituisce credito formativo
permanente (punto 2.4.3,
«Modulo C»);
l le certificazioni dell’avvenuta attività
formativa dovranno essere coerenti
con le singole normative regionali
di recepimento dell’accordo e
dovranno contenere alcuni elementi
minimi comuni esplicitati nelle Linee
interpretative (punto 2.5, «Certificazione»);
l per coloro che possono usufruire
dell’esonero dalla frequenza del Modulo
B sulla base del riconoscimento
di crediti professionali pregressi,
l’obbligo di aggiornamento legato all’esonero
decorre dal 14 febbraio
2007 e deve essere completato entro
il 14 febbraio 2012. Entro il 14 febbraio
2008 dovrà essere comunque
svolto almeno il 20% del monte ore
complessivo d’aggiornamento relativo
ai macrosettori di appartenenza.
L’avvenuto aggiornamento potrà essere
registrato sul libretto formativo
del cittadino di cui al decreto interministeriale
10 ottobre 2005 [1] , oppure
documentato da idonea certificazione
rilasciata dal soggetto che ha erogato
l’aggiornamento (punto 2.6, «Riconoscimento
crediti professionali e
formativi pregressi»);
l si precisano le modalità della sperimentazione
che avrà durata biennale
a partire dalla data di pubblicazione
dell’accordo in Gazzetta Ufficiale,
il 14 febbraio 2006 (punto 2.7, «Sperimentazione»);
l sono chiariti i termini per l’aggiornamento
che decorrono dalla data
del conseguimento della laurea
triennale e/o dalla data di conclusione
del Modulo B e/o dalla data di
conclusione dell’aggiornamento previsto
per coloro che possono usufruire
dell’esonero. Per gli ASPP il monte
ore è di 28 complessive per tutti i
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Macrosettori ATECO, mentre per gli
RSPP l’impegno varia a seconda del
macrosettore. Gli RSPP appartenenti
al raggruppamento dei macrosettori
ATECO 3, 4, 5 e 7, dovranno svolgere
una attività di aggiornamento pari
a 60 ore complessive, anche qualora
l’incarico sia riferito a più di uno di
questi macrosettori; per gli RSPP appartenenti
al raggruppamento dei
macrosettori ATECO 1, 2, 6, 8 e 9,
l’aggiornamento è da intendersi pari
a 40 ore complessive, anche qualora
l’incarico sia riferito a più di uno di
questi macrosettori. Qualora si esercitasse
la funzione di RSPP in macrosettori
appartenenti a ciascuno dei
due raggruppamenti di macrosettori
su indicati, l’aggiornamento dovrà
intendersi pari a 100 ore complessive
(punto 3, «Corsi di aggiornamento di
cui all’art. 8-bis, comma 5, del
D.Lgs. n. 626/1994»). Il monte ore
complessivo di aggiornamento potrà
essere distribuito nel quinquennio;
l infine, si declinano con maggior
puntualità le caratteristiche degli “ulteriori
soggetti formatori” (punto 4,
«Individuazione di altri soggetti formatori
in attuazione dell’art. 8-bis,
comma 3, del D.Lgs. n. 626/1994,
introdotto dall’art. 2 del D.Lgs. n.
195/2003»).
Il punto della situazione
In realtà, si tratta solo di aggiustamenti
e interpretazioni che rispettano
lo stile che si è voluto dare all’accordo,
anche in sede di concertazione
con le parti sociali; sono valorizzate
le professionalità già inserite nel “sistema
della prevenzione” ma, contemporaneamente,
si introduce un sistema
virtuoso di aggiornamento
continuo.
Un moderno sistema di prevenzione
si fonda, infatti, sul ruolo attivo
dei lavoratori e di tutti i soggetti titolari
di compiti rilevanti ai fini della
prevenzione e una leva significativa
su cui agire, per incidere sui comportamenti
individuali, è la formazione
14 novembre 2006 ­ N. 21

che deve essere qualificata, continua,
estesamente rivolta a tutti i soggetti
della catena produttiva; meglio se ottenuta
coinvolgendo i soggetti istituzionalmente
preposti alla formazione:
l scuola;
l istituti superiori;
l Università degli Studi.
I responsabili e gli addetti al servizio
di prevenzione e protezione hanno
un ruolo determinante nelle varie
fasi di valutazione e gestione dei rischi
presenti nell’ambiente di lavoro
e rappresentano, è necessario rimarcarlo,
un anello peculiare nel sistema
di prevenzione aziendale.
Sono i soggetti di riferimento nei
rapporti tra le varie figure e concorrono
al “sistema prevenzione” anche
nel loro coinvolgimento nelle azioni
di cooperazione e coordinamento con
gli appaltatori e i lavoratori autonomi
nonché in ogni altro evento suscettibile
di interazione con l’attività lavorativa
specifica.
Per questo è necessario consentire
una loro effettiva agibilità in stretto
rapporto con il datore di lavoro, sostenendone
la continua qualificazione
con attività di formazione, di informazione
e di aggiornamento continuo.
Sopra ogni considerazione, è ne-
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
cessario rimarcare ancora una volta
l’aspetto essenziale della competenza
professionale del responsabile e degli
addetti ai servizi di prevenzione e
protezione e questo in relazione alla
complessità dei compiti loro affidati
e all’evoluzione del contesto produttivo,
quali:
l trasformazione delle strutture produttive;
l utilizzo sempre più diffuso di nuove
tipologie contrattuali flessibili;
l processi di decentramento ed
esternalizzazione di cicli o di interi
segmenti produttivi;
l ecc.
Accanto ai rischi “tradizionali” e
“conosciuti” emergono, quindi, nuovi
condizionamenti dovuti a fattori
molteplici e complessi che necessitano,
ancora una volta, di un’opportuna
conoscenza e competenza.
Questo obbliga il “sistema prevenzione”
a un processo d’aggiornamento
continuo che si relazioni ai
cambiamenti avvenuti e che consenta
di condividere e di confrontare
varie esperienze che vanno dalle
norme contrattualistiche, all’ergonomia,
alla organizzazione del lavoro,
sviluppando conoscenze sui
rischi “emergenti”, anche di natura
psico-sociale.
La formazione dovrebbe, quindi,
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SICUREZZA DEL LAVORO
Documento
innescare e favorire l’acquisizione
di forti modelli cognitivi sul piano
logico e metodologico di tipo interdisciplinare,
così da creare una
struttura di base su cui impostare
strumenti e conoscenze tecniche e
specialistiche.
L’accordo impegnerà le Regioni e
le Province Autonome a monitorare
l’efficacia dei percorsi formativi e,
nella fase di sperimentazione, al confronto
continuo e sistematico non solo
con i Ministeri, l’ISPESL,
l’INAIL e le Istituzioni scientifiche
ma anche con le forze sociali che
hanno avviato esperienze e indagini
specifiche e significative.
Conclusioni
Il decreto legislativo n. 195/2003
rappresenta, quindi, un’opportunità
per il mondo produttivo, per i responsabili
e gli addetti e, soprattutto,
per i lavoratori, non solo perché anche
il sistema delle Regioni dovrà
necessariamente adeguarsi alla crescita
culturale che si sta chiedendo ai
responsabili del sistema prevenzione
e protezione, ma anche perché impone,
forse per la prima volta, che tutte
le parti, istituzionali e sociali, dialoghino
costantemente su temi centrali
per la promozione della salute nei
luoghi di lavoro. l
Accordo della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni
e le Province autonome di Trento e Bolzano n. 2635
Accordo ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
concernente le linee guida interpretative dell’Accordo sancito in Conferenza
Stato-Regioni il 26 gennaio 2006, in attuazione dell’articolo 8-bis, comma 3,
del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 del 1994, introdotto dall’art. 2
del decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 195 in materia di prevenzione
e protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro 5 ottobre 2006, repertorio atti n. 2635
LA CONFERENZA PERMANENTE
PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI
E LE PROVINCE AUTONOME
DI TRENTO E BOLZANO
Nell’odierna seduta del 5 ottobre 2006:
Visto l’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, che attribuisce a questa Conferenza la
facoltà di sancire accordi tra Governo, Regioni e province
autonome, in attuazione del principio di leale collaborazione,
al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive
competenze e svolgere attività di interesse comune;
Visto l’Accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni
il 26 gennaio 2006, in attuazione dell’articolo 8-bis,
comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
33

SICUREZZA DEL LAVORO
Documento
626 del 1994, introdotto dall’articolo 2 del decreto legislativo
23 giugno 2003, n. 195, in materia di prevenzione
e protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro;
Considerato che, in conformità con quanto previsto
al punto 2.7 del citato Accordo del 26 gennaio 2006, le
Regioni e le Province autonome avviano una sperimentazione
che consente di testare il nuovo impianto
formativo, riservandosi la possibilità di un ulteriore
passaggio in Conferenza Stato-Regioni per gli eventuali
adeguamenti dell’Accordo;
Considerato che, a tal fine le Regioni, dopo aver
acquisito numerose richieste di chiarimenti pervenute
dai soggetti formatori che sono tenuti a dare attuazione
a quanto contenuto nell’Accordo, hanno fornito l’interpretazione
univoca del testo al fine di garantire la corretta
attuazione di quanto previsto ed hanno pertanto
predisposto un documento di linee guida interpretative;
Visto il documento di linee guida interpretative elaborato
dalle Regioni, di cui la Conferenza delle Regioni e
Province autonome ha preso atto nella seduta del 12
luglio 2006, pervenuto in data 14 luglio 2006 e diramato
il 17 luglio, che attiene in particolare alle questioni relative
al termine di attivazione dei corsi formativi, alla metodologia
di insegnamento/apprendimento, alla certificazione,
al riconoscimento dei crediti professionali e formativi
pregressi, ai corsi di aggiornamento di cui all’articolo
8-bis del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 ed
alla sperimentazione;
Considerato che, con riferimento a tale ultimo profilo,
le linee guida interpretative prevedono che la sperimentazione
abbia durata biennale a partire dalla data di pubblicazione
dell’Accordo in G.U. (14 febbraio 2006), e che i
risultati di tale sperimentazione dovranno essere condivisi
34
IGIENE E SICUREZZA
Linee interpretative condivise
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con i Ministeri interessati per eventuali adeguamenti in
Conferenza Stato-Regioni;
Considerato l’esito dell’incontro tecnico del 7 settembre
2006, nel corso del quale sono state accolte le richieste
emendative delle Amministrazioni statali sul documento
regionale e si è addivenuti ad una condivisione del
documento proposto dalle Regioni;
Considerato altresì che tale documento, riformulato
dai Coordinamenti tecnici delle Regioni Lazio e Toscana,
rispettivamente coordinatrici della materia lavoro e salute,
così come modificato e approvato in sede di riunione
tecnica del 7 settembre 2006, trasmesso con nota dell’11
settembre 2006 è stato diramato con nota del 14 settembre
2006, (allegato sub. A) alle Amministrazioni statali
competenti e alle Regioni, ai fini della approvazione in
sede di Conferenza Stato-Regioni;
Acquisito, nell’odierna seduta di questa Conferenza,
l’assenso del Governo, delle Regioni e delle Province
autonome nel testo del documento di Linee guida di cui
all’allegato sub. A, parte integrante del presente atto;
sancisce accordo
tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di
Trento e Bolzano, nell’adozione del documento concernente
le linee guida interpretative dell’Accordo sancito in
Conferenza Stato-Regioni il 26 gennaio 2006, in attuazione
dell’articolo 8-bis, comma 3, del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626 del 1994, introdotto dall’articolo 2
del decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 195 in materia
di prevenzione e protezione dei lavoratori sui luoghi di
lavoro, di cui in premessa, nel testo trasmesso con nota
del 14 settembre 2006, che allegato al presente atto, ne
costituisce parte integrante. l
dell’Accordo in Conferenza Stato­Regioni attuativo dell’art. 2, commi 2 e 3,
del D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 195 (pubblicato su G.U. del 14 febbraio 2006, n. 37)
Le Regioni e Province Autonome
Premesso
ALLEGATO SUB A
a) che in data 14 febbraio 2006 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 37 l’Accordo, siglato in
Conferenza Stato­Regioni, attuativo dell’art. 2, commi 2 e 3, del D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 195;
b) che a seguito di tale pubblicazione è emersa la necessità di definire linee interpretative condivise che
favoriscano l’attuazione di quanto previsto nell’Accordo;
convengono quanto segue
1. Tenuto conto che il D.Lgs. n. 195/2003 all’art. 2, comma 3, individua un primo nucleo di soggetti abilitati
ad erogare la formazione per RSPP e ASPP, tra i quali le Regioni e Province Autonome, e che il successivo
14 novembre 2006 ­ N. 21

IGIENE E SICUREZZA
SICUREZZA DEL LAVORO
Documento
Accordo siglato in Conferenza Stato­Regioni e pubblicato su G.U. il 14 febbraio 2006 individua un ulteriore
gruppo di soggetti abilitati ad erogare tale formazione, Regioni e Province Autonome, per la parte di loro
competenza, ritengono che i contenuti dell’Accordo rappresentano lo standard minimo di riferimento,
nell’ottica di armonizzare le normative regionali in materia di sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro.
2. In conformità con quanto previsto al punto 2.7 dell’Accordo, le Regioni e Province Autonome avviano
una sperimentazione che consente di testare il nuovo impianto formativo e si riservano la possibilità,
laddove necessario, di un ulteriore passaggio in Conferenza Stato­Regioni per gli eventuali adeguamenti
dell’Accordo.
3. Viste le numerose richieste di chiarimenti pervenute dai soggetti formatori che daranno attuazione a
quanto contenuto nell’Accordo, le Regioni e Province Autonome concordano sulla necessità di fornire
indicazioni ulteriori che favoriscano l’interpretazione univoca del testo dell’Accordo, in modo da garantire la
corretta attuazione di quanto previsto.
4. Le indicazioni che seguono ­ riferite al testo dell’Accordo e nel rispetto della medesima numerazione ­
hanno l’obiettivo di chiarire ed integrare l’Accordo solo laddove il disposto dello stesso appariva dubbio o
controverso.
14 novembre 2006 ­ N. 21
Linee interpretative condivise
dell’Accordo in Conferenza Stato­Regioni attuativo dell’art. 2, commi 2 e 3,
del D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 195 (pubblicato su G.U. del 14 febbraio 2006, n. 37)
Punto 1.1 ­ Termine di attivazione dei corsi formativi
Per la fase transitoria prevista dall’art. 3, comma 2 del D.Lgs. n. 195/2003, viene adottata come interpretazione
del concetto di “attivazione dei percorsi formativi” quella comunemente utilizzata in ambito di formazione
professionale, ossia il completamento di tutte le procedure che consentono l’effettivo avvio dell’intervento
formativo. Pertanto entro il 14 febbraio 2007 (entro 1 anno dalla pubblicazione dell’Accordo sulla G.U.)
dovranno essere completate tutte le procedure che consentono l’effettivo avvio dei percorsi formativi.
Punto 2.2 ­ Metodologia di insegnamento/apprendimento
Per i Moduli A, B e C è da escludersi nella fase attuale il ricorso alla FAD in quanto si tratta di una
metodologia di complessa progettazione, gestione e verifica/certificazione, al momento non compatibile
con l’attuale fase di sperimentazione e rodaggio del sistema.
Punto 2.3 ­ Articolazione dei percorsi formativi
Il Modulo C deve essere frequentato anche dai soggetti in possesso delle lauree triennali indicate all’art. 2
comma 6 del D.Lgs. n. 195/2003, perché tale comma prevede, per chi è in possesso di tali titoli, l’esonero solo
dalla frequenza dei corsi di formazione previsti al comma 2 del medesimo articolo (“specifici corsi di
formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative”, vale
a dire la formazione prevista nei Moduli A e B). L’obbligo della frequenza ai corsi del Modulo C è esplicitato
(per i soli RSPP) al comma 4 del medesimo articolo.
Punto 2.4 ­ Valutazione degli apprendimenti
Le verifiche intermedie di apprendimento rientrano nell’orario complessivo di ciascun modulo, mentre le
verifiche finali di apprendimento sono da intendersi al di fuori del monte ore complessivo.
Punto 2.4.1 ­ Modulo A
Il Modulo A è propedeutico agli altri e la sua idoneità, una volta conseguita, resta valida per tutti i percorsi
formativi successivi, costituendo credito formativo permanente.
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SICUREZZA DEL LAVORO
Documento
IGIENE E SICUREZZA
Punto 2.4.2 ­ Modulo B
­ Il Modulo B non è propedeutico al Modulo C.
­ Ha validità quinquennale. Il credito formativo ottenuto con la frequenza del Modulo B è valido per 5 anni.
Alla scadenza dei 5 anni scatta l’obbligo di aggiornamento.
­ Il Modulo B va effettuato per ogni macrosettore per il quale si assume (o si intende assumere) la nomina di
RSPP o ASPP. Le Regioni e P.A., all’interno della sperimentazione prevista al punto 2.7 dell’Accordo, potranno
peraltro sperimentare modelli di formazione integrata per macrosettori ATECO diversi purché nel
rispetto della durata, dei contenuti e della specificità dei singoli macrosettori. I risultati della sperimentazione
saranno oggetto di valutazione.
Punto 2.4.3 ­ Modulo C
Il modulo C vale per qualsiasi macrosettore e costituisce credito formativo permanente.
Punto 2.5 ­ Certificazione
­ Il modello di certificazione regionale ­ che sarà rilasciato agli allievi nel rispetto delle singole normative
regionali sulle attività di formazione professionale e nei casi previsti e disciplinati negli atti regionali di
recepimento dell’Accordo ­ sarà quello in uso presso ciascuna Regione. I modelli di certificazione dovranno
contenere i seguenti elementi minimi comuni:
l Normativa di riferimento, attuativa del D.Lgs. n. 195/2003;
l Specifica del Modulo con monte ore (per il Modulo B specifica del Macrosettore);
l Periodo di svolgimento del corso;
l Soggetto formatore;
l Dati anagrafici del corsista;
l Firma del soggetto abilitato al rilascio dell’attestato.
I soggetti formatori elencati al comma 3 dell’art. 2 del D.Lgs. n. 195/2003 e al punto 4.1.1 dell’Accordo, che
hanno la facoltà di rilasciare direttamente gli attestati di frequenza, devono trasmettere il verbale della
valutazione finale alla Regione/Provincia territorialmente competente. Si specifica che si tratta di una trasmissione
solo “per opportuna conoscenza”, finalizzata a garantire traccia dei percorsi formativi realizzati.
Punto 2.6 ­ Riconoscimento crediti professionali e formativi pregressi
In coerenza con quanto esplicitato al punto 1.1 delle presenti Linee interpretative, per coloro che possono
usufruire dell’esonero dalla frequenza del Modulo B sulla base del riconoscimento di crediti professionali
pregressi, l’obbligo di aggiornamento legato all’esonero decorre dal 14 febbraio 2007 e deve essere completato
entro il 14 febbraio 2012. Entro il 14 febbraio 2008 dovrà essere comunque svolto almeno il 20% del
monte ore complessivo d’aggiornamento relativo ai macrosettori di appartenenza, di cui al successivo punto
3. L’avvenuto aggiornamento deve essere registrato sul libretto formativo del cittadino di cui al decreto
interministeriale (MLPS e MIUR) del 10 ottobre 2005, pubblicato su G.U. n. 256 del 3 novembre 2005, ove
adottato, oppure documentato da idonea certificazione rilasciata dal soggetto che ha erogato l’aggiornamento.
Alla luce dei numerosi corsi di formazione già realizzati nel periodo che va dalla data di pubblicazione del
D.Lgs. n. 195/2003 alla data di pubblicazione dell’Accordo, e in considerazione della opportunità/possibilità,
in mancanza di presupposto giuridico, di riconoscimento dei crediti formativi pregressi per chi ha frequentato
corsi di formazione prima della pubblicazione dell’Accordo, le Regioni e Province Autonome si riservano
di riconoscere i percorsi formativi realizzati prima della pubblicazione dell’Accordo qualora siano stati
erogati da soggetti formatori che possedevano al momento dell’erogazione del corso le caratteristiche
previste nell’Accordo e che possano dimostrare, a posteriori, di aver rispettato anche i contenuti e i requisiti
organizzativi (ore, materie, metodologie di insegnamento/apprendimento, ecc.) ivi previsti.
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14 novembre 2006 ­ N. 21

IGIENE E SICUREZZA
SICUREZZA DEL LAVORO
Documento
Punto 2.7 ­ Sperimentazione
La sperimentazione avrà durata biennale a partire dalla data di pubblicazione dell’accordo in G.U. (14
febbraio 2006).
Fino alla conclusione della sperimentazione la durata dei moduli è quella prevista nell’accordo del 14
febbraio 2006.
La sperimentazione è anche mirata all’individuazione di eventuali unità formative tecniche i cui contenuti
possono essere trasversali a più macrosettori.
I risultati di tale sperimentazione saranno condivisi con i ministeri che sottoscrivono il presente accordo per
eventuali adeguamenti in Conferenza Stato­Regioni.
Punto 3 ­ Corsi di aggiornamento di cui all’art. 8­bis, comma 5, del D.Lgs. n. 626/1994
­ La decorrenza del quinquennio di aggiornamento parte dalla data del conseguimento della laurea
triennale e/o dalla data di conclusione del modulo B e/o dalla data di conclusione dell’aggiornamento
previsto per coloro che possono usufruire dell’esonero. Tale data costituisce riferimento per tutti gli aggiornamenti
quinquennali successivi.
­ I soggetti formatori autorizzati a fare i corsi di aggiornamento sono i medesimi autorizzati a fare i corsi di
formazione, indicati dall’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. n. 195/2003, e al punto 4 dell’Accordo.
­ Le Regioni e Province autonome indicheranno nella propria normativa di recepimento dell’Accordo le
modalità di documentazione dell’avvenuto aggiornamento.
­ Per gli ASPP l’aggiornamento quinquennale è da intendersi pari a 28 ore complessive per tutti i Macrosettori
ATECO, anche distribuite nel quinquennio.
­ Per gli RSPP appartenenti al raggruppamento dei macrosettori ATECO 3­4­5 e 7 l’aggiornamento quinquennale
è da intendersi pari a 60 ore complessive, anche qualora l’incarico sia riferito a più di uno di tali
macrosettori. Il monte ore complessivo di aggiornamento può essere distribuito nel quinquennio.
­ Per RSPP appartenenti al raggruppamento dei macrosettori ATECO 1­2­6­8 e 9 l’aggiornamento quinquennale
è da intendersi pari a 40 ore complessive, anche qualora l’incarico sia riferito a più di uno di tali
macrosettori. Il monte ore complessivo di aggiornamento può essere distribuito nel quinquennio.
­ Nel caso di esercizio della funzione di RSPP in macrosettori appartenenti a ciascuno dei due raggruppamenti
di macrosettori su indicati, l’aggiornamento è da intendersi pari a 100 ore complessive.
Punto 4 ­ Individuazione di altri soggetti formatori in attuazione dell’art. 8­bis, comma 3, del
D.Lgs. n. 626/1994, introdotto dall’art. 2 del D.Lgs. n. 195/2003
Le Associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori e gli organismi paritetici, individuati quali
soggetti abilitati a erogare la formazione per RSPP e ASPP all’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 195/2003,
possono effettuare le attività formative e/o di aggiornamento o direttamente o avvalendosi unicamente di
strutture formative di loro diretta ed esclusiva emanazione. In questo caso per queste ultime non sono
richiesti i requisiti previsti alle lettere a), b) e c) del punto 4.2.2. dell’Accordo.
Punto 4.1 ­ Ulteriori soggetti formatori di cui al comma 3 dell’art. 8­bis del D.Lgs. n. 626/1994,
introdotto dal D.Lgs. n. 195/2003
Si ritiene opportuno ribadire che gli ulteriori soggetti formatori così come individuati al punto 4.1.1 lettera
a) e b) dell’accordo, possono effettuare l’attività formativa, limitatamente al proprio personale sia esso
collocato a livello centrale che periferico.
Punto 4.1.3
Eventuali ulteriori soggetti formatori che operano a livello nazionale potranno essere individuati unicamente
attraverso Accordi in sede di Conferenza Stato­Regioni.
14 novembre 2006 ­ N. 21
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SICUREZZA DEL LAVORO
Documento
IGIENE E SICUREZZA
Punto 4.1.4
Le Regioni e Province Autonome possono avvalersi delle Aziende Sanitarie Locali e delle Agenzie formative
di diretta emanazione regionale e/o provinciale, in coerenza e rispetto delle singole normative regionali che
disciplinano le attività formative e l’accreditamento delle agenzie formative.
Punto 4.1.5
Tutti i soggetti formatori, sia quelli indicati all’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 195/2003 sia gli ulteriori soggetti
formatori indicati al punto 4.1 dell’Accordo, potranno avvalersi di soggetti formatori esterni alla propria
struttura per lo svolgimento delle attività formative e/o di aggiornamento, qualora questi siano in possesso
dei requisiti di cui alle lettere a), b) e c) di cui al punto 4.2.2. dell’Accordo.
Punto 4.2 ­ Altri soggetti formatori
La questione relativa all’accreditamento delle sedi formative è stata demandata al gruppo tecnico che ha in
carico la rivisitazione del sistema di accreditamento per la formazione professionale.
Punto 4.2.2
In riferimento ai requisiti indicati ai punti b) e c) dell’Accordo, si precisa che:
b) relativamente alle strutture: le strutture devono dimostrare di avere almeno due anni di esperienza
professionale maturata in materia di prevenzione e sicurezza e/o maturata nella formazione alla prevenzione
e sicurezza. L’esperienza può essere anche autocertificata e sottoposta ai normali controlli da parte
dell’amministrazione regionale/provinciale competente;
c) relativamente ai docenti: i docenti devono dimostrare di avere almeno due anni di esperienza professionale
maturata in materia di prevenzione e sicurezza e/o maturata nella formazione alla prevenzione e
sicurezza. L’esperienza può essere anche autocertificata e sottoposta ai normali controlli da parte dell’amministrazione
regionale/provinciale competente.
Tabella A4 ­ Riconoscimento ai RSPP dei crediti professionali e formativi pregressi
­ Per calcolare l’esperienza lavorativa pregressa, ai fini del riconoscimento dei crediti professionali, la data di
riferimento è quella di pubblicazione dell’Accordo in Gazzetta Ufficiale: il 14 febbraio 2006:
­ Coloro che sono in possesso delle lauree triennali elencate al comma 6 del D.Lgs. n. 195/2003 sono
esonerati solo dalla frequenza dei moduli A e B. L’obbligo di frequenza del Modulo C, in capo ai soli RSPP, è
previsto dal comma 4 dell’art. 8­bis della 626/1994.
­ Sono stati rilevati nella tabella A4 una serie di refusi/ errori materiali, che si segnalano di seguito:
a. 1 a riga 6 a colonna: eliminare B dalla parentesi;
b. 3 a riga 1 a colonna: eliminare il riferimento ai 6 mesi di esperienza;
c. 3 a riga 1 a colonna: sostituire “nessuna” con “con”;
­ La somministrazione dei test relativi ai Moduli A e B, previsti anche in caso di esonero dalla formazione,
fornisce indicazioni che vengono utilizzate in sede di valutazione globale, in esito al Modulo C.
Tabella A5 ­ Riconoscimento agli ASPP dei crediti professionali e formativi pregressi
­ Per calcolare l’esperienza lavorativa pregressa, ai fini del riconoscimento dei crediti professionali, la data di
riferimento è quella di pubblicazione dell’Accordo in Gazzetta Ufficiale: il 14/2/2006
­ Sono stati rilevati nella tabella A5 una serie di refusi/ errori materiali, che si segnalano di seguito:
a. 1° riga 5° colonna: eliminare la frase
b. 3° riga 1° colonna: eliminare il riferimento ai 6 mesi di esperienza
c. 4° riga 2°colonna: inserire superiore dopo secondaria
L’esonero previsto nelle tabelle A4 e A5 non è vincolante, e anche qualora il RSPP o l’ASPP sia nelle
condizioni di poter fruire dell’esonero, può comunque richiedere di frequentare i corsi.
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14 novembre 2006 ­ N. 21

IGIENE E SICUREZZA
SICUREZZA DEL LAVORO
Articolo
Particolare attenzione sarà riservata ai giovani, agli extracomunitari e agli apprendisti
I primi passi verso il nuovo Testo Unico
per la salute e la sicurezza sul lavoro
di Lorenzo Fantini, Dirigente della divisione III della Direzione Generale della tutela delle condizioni di
lavoro del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale
Frutto di un assemblaggio
particolarmente complesso
di normative di recepimento,
di direttive comunitarie
di “nuovo approccio”
con disposizioni non recenti
caratterizzate da una logica
differente, l’attuale quadro
normativo in materia di tutela
e di sicurezza del lavoratore
è ancora in attesa di un Testo
Unico che ne rivisiti l’intera
impostazione, aggiornandolo
e rendendolo più efficace.
L’intenzione dell’attuale Governo
è quella di predisporre un Testo
che si discosti dai tentativi
effettuati in passato; tra le novità
che il Testo Unico dovrebbe
riportare risaltano l’ampliamento
del campo di applicazione
della normativa in materia a tutti
i lavoratori, compresi quelli
“flessibili” e gli autonomi,
e la previsione di misure
di semplificazione
degli adempimenti, soprattutto
per le medie e piccole imprese.
14 novembre 2006 ­ N. 21
La normativa in materia di salute
e sicurezza sul lavoro è
il risultato di una progressiva
stratificazione di fonti assai diverse
ed eterogenee tra loro, succedutesi
senza soluzione di continuità
dagli anni ’50 a oggi. Ne è derivato
un quadro regolatorio particolarmente
complesso, in cui i provvedimenti
di recepimento delle direttive
comunitarie di “nuovo approccio”
si sono sommati a disposizioni
vecchie di decenni e di ben
diversa logica, dando vita a una
difficile compresenza.
Per porre rimedio a questa situazione,
nel corso di un trentennio,
a partire dalla prima previsione
in tal senso contenuta nella legge
n. 833/1978, più volte si è provato
a costruire il Testo Unico
contenente le disposizioni in materia
di salute e sicurezza sul lavoro,
sempre senza esito [1] . Solo in
riferimento agli ultimi anni e non
volendo soffermarsi sui precedenti
tentativi in materia, nell’ultima
legislatura era stata prevista l’intera
rivisitazione della normativa
sul tema, da realizzarsi tramite
l’attuazione della delega di cui all’art.
3, legge n. 229/2003 (legge
“di semplificazione” 2001), il cui
termine ultimo era stato prorogato,
dalla legge 27 dicembre 2004,
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n. 306, al 30 giugno 2005 ed è,
quindi, ormai definitivamente scaduto
[2] .
La legge delega
L’attuale Governo ha più volte
esternato la volontà di procedere
alla predisposizione di un nuovo
Testo Unico di salute e sicurezza
che dovrà necessariamente avere
un tratto di discontinuità con il
passato, al fine di superare le difficoltà
fino a oggi incontrate e
raggiungere il risultato della rivisitazione
della vigente normativa.
In particolare, è stata espressa
l’intenzione di redigere - attraverso
l’azione congiunta dei tecnici
del Ministero del Lavoro e
della Previdenza sociale e di
quelli del Ministero della Salute -
una prima bozza di legge delega,
da sottoporre a Regioni e parti
sociali per la sua definizione.
Pertanto, risulta chiaro che la tecnica
legislativa che il Governo
intende utilizzare sarà (come già
fatto, per quanto senza esito, nella
precedente legislatura) quella
della emanazione di una legge di
delega, seguita dalla predisposizione
di uno o più decreti legislativi
di attuazione.
[1] L’intervento - ai sensi della circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali 18 marzo 2004 - costituisce una sintesi della
relazione esposta al Convegno AIAS-ENSHPO, “Un ambiente di lavoro più sicuro, più sano e più produttivo per l’Europa. Quali
azioni per realizzarlo in Europa e in Italia?”, del 28 settembre 2006, Roma.
[2] Sulle ragioni, tecniche e politiche, della decadenza di questo termine si veda, di Michele Tiraboschi, La proposta di un Testo Unico
della sicurezza sul lavoro e il pasticcio delle competenze di Stato e Regioni sul tema della tutela e sicurezza del lavoro, in Bollettino
ADAPT, del 19 luglio 2006, n. 41.
39

SICUREZZA DEL LAVORO
Articolo
Le modifiche
al quadro normativo
Quanto alle caratteristiche generali
del futuro Testo Unico che
si iniziano a delineare, può sin da
ora affermarsi con certezza che
esso non avrà solo natura compilativa
ma che, anzi, aspira a modificare
il quadro normativo esistente
al fine di aggiornarlo e
renderlo più efficace.
Tra le novità più rilevanti che
dovrebbero essere contenute nella
legge delega si segnala, innanzitutto,
l’ampliamento del campo
di applicazione della normativa
in materia di salute e sicurezza
sul lavoro a tutti i lavoratori, indipendentemente
dalla qualificazione
del rapporto di lavoro che
li lega all’imprenditore. Si tratterebbe
di un sostanziale recepimento
del principio, ormai consolidato,
che impone di considerare,
nel novero dei destinatari
della normativa in parola, tutti
coloro che si trovino a lavorare in
un ambiente su cui il datore di
lavoro esercita il controllo; questo
perché gli obblighi di sicurezza
sono imposti in ragione dell’inserimento
di un individuo in
azienda, indipendentemente dalla
qualificazione del rapporto che lo
lega all’imprenditore (cosiddetto
principio di “effettività” della
normativa antinfortunistica) [3] .
Per queste ragioni l’ampliamento
riguarderà senz’altro tutte
le forme di lavoro “flessibili” (si
pensi a quelle regolate dalla “riforma
Biagi”) e, probabilmente,
il lavoro autonomo, al quale, ovviamente,
le garanzie in materia
non potranno applicarsi interamente
ma solo in quelle parti che
siano compatibili con le modalità
di svolgimento di questa tipologia
di lavoro. Ancora con riferimento
al campo soggettivo di applicazione
delle norme di salute e
sicurezza, particolare attenzione
40
IGIENE E SICUREZZA
dovrebbe essere riservata, dal Testo
Unico in arrivo, ad alcune categorie
di lavoratori (giovani, extracomunitari,
apprendisti ecc.),
in ragione della particolare incidenza
del rischio infortunistico
nei loro confronti.
Tra i criteri di delega ci sarà
senz’altro, poi, la previsione di
misure di semplificazione degli
adempimenti in materia di sicurezza,
specie ove riguardino le
piccole e medie imprese. Misure
che dovranno, tuttavia, essere
predisposte nel rispetto del principio
della massima sicurezza
tecnologicamente possibile, di
cui all’art. 2087 c.c. (come costantemente
interpretato in giurisprudenza,
si vedano, solo tra le
ultime, Cass. pen., sez. IV, 29 novembre
2005, e Cass. 18 maggio
2005, Bianchi, nonché, tra le tante,
Cass. pen., sez. IV, 2 luglio
1999; in senso del tutto conforme
già Cass. pen., sez. III, 30 novembre
1995; Cass. pen., sez. IV,
29 aprile 1994). Inoltre, nella
bozza in preparazione dovrebbero
trovare spazio misure di finanziamento
per gli adeguamenti
(tecnologici e della organizzazione
del lavoro) delle imprese, sul
modello, reso maggiormente efficace
e fruibile, dei finanziamenti
erogati dall’INAIL ai sensi dell’art.
13, D.Lgs. n. 38/2000.
Il testo in preparazione dovrebbe
prevedere, inoltre, che la
normativa in materia sia resa
quanto più possibile “esigibile”
nei confronti dei soggetti obbligati
per mezzo della diffusione di
informazioni, linee guida e buone
pratiche in tema di salute e sicurezza
sul lavoro, da realizzarsi
anche attraverso il miglioramento
del collegamento delle reti informatiche
di Enti e istituzioni.
Le sanzioni e la vigilanza
Inoltre, tra gli aspetti normativi
[3] Sull’argomento, si veda, per ultima, Cass. pen., 1° giugno 2005, n. 20559.
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oggetto di rivisitazione dovrebbe
rientrare l’apparato sanzionatorio
da razionalizzare sia prevedendo
misure amministrative per le violazioni
meramente formali alla disciplina
vigente, sia adeguando
l’apparato vigente in modo da garantire
- nel pieno rispetto delle
procedure di cui al D.Lgs. n. 758/
1994 - che esso tenga conto delle
responsabilità e delle funzioni
concretamente svolte in azienda
dal soggetto obbligato.
Infine, oggetto del futuro intervento
legislativo sarà, senza dubbio,
anche l’assetto degli equilibri
tra gli Enti e le istituzioni che si
occupano di salute e sicurezza sul
lavoro, argomento tra i più delicati
in una materia che l’art. 117,
comma 3, Cost., attribuisce in via
di concorrenza alla legislazione di
Stato e Regioni. Al riguardo, è
probabile che uno dei criteri di
delega sia diretto a rendere maggiormente
efficienti gli interventi
di vigilanza, al fine di evitare che
vi siano sovrapposizioni e duplicazioni
tra i soggetti istituzionalmente
a ciò deputati. Inoltre, sempre
nella stessa ottica, nella bozza
in preparazione dovrebbe trovare
spazio la previsione della rivisitazione
e del potenziamento dei Comitati
regionali di coordinamento
e della Commissione consultiva,
assicurando il coinvolgimento
delle parti sociali, nonché degli
organismi paritetici.
Quindi, il Testo Unico di salute
e sicurezza sul lavoro che inizia a
prendere forma si prefigge obiettivi
importanti, tanto più realizzabili
quanto maggiore sarà la condivisione
delle linee generali del
medesimo con le Regioni, le parti
sociali e gli operatori della sicurezza
nella fase del primo confronto
sui criteri di delega che si
aprirà nell’immediato futuro, confronto,
quindi, di particolare importanza
ai fini della riuscita di
tutta la riforma. l
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
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SICUREZZA IN CANTIERE
Documento Commento
Il personale ispettivo può adottare il provvedimento di sospensione delle attività nei cantieri edili
I chiarimenti del Ministero del Lavoro
sull’applicazione dell’art. 36-bis
di Gabriele Taddia, avvocato in Ferrara
Fra le misure più rilevanti
contenute nel D.L. n. 223/2006
(il cosiddetto “decreto Bersani”,
convertito in legge n. 248/2006),
c’è sicuramente il comma 1,
l’art. 36­bis, inserito nel decreto
con il dichiarato obiettivo
di «garantire la tutela della salute
e la sicurezza dei lavoratori
nel settore dell’edilizia,
nonchéal fine di contrastare
il fenomeno del lavoro sommerso
ed irregolare». Per garantire una
azione di prevenzione
maggiormente efficace, oltre che
di lotta al sommerso
e di riduzione del numero degli
infortuni, la normativa potenzia
i poteri e le prerogative
del personale ispettivo
del Ministero del Lavoro
e della Previdenza sociale
introducendo, inoltre,
nuovi adempimenti
che rendono più trasparenti
le modalità di assunzione
e di impiego. Sul tema,
la circolare del Ministero
del Lavoro e della Prevideza
sociale n. 29/2006 fornisce alcuni
chiarimenti operativi.
Il primo aspetto di sicuro interesse
che si rinviene nell’art. 36-bis, riguarda
il collegamento diretto
operato dalla norma fra lavoro irregolare
e infortuni sul lavoro; la ratio
della disposizione individua una presunzione
da parte dell’ordinamento
circa la situazione di pericolosità che
si verifica in cantiere in conseguenza
del ricorso a manodopera non regolare,
giacché la stessa, oltre a non essere
regolare sotto il profilo strettamente
lavoristico, non ha verosimilmente
formazione e informazione sui pericoli
che caratterizzano l’attività nel
settore edile.
L’art. 36-bis, “legge Bersani”, fa
proprio questo collegamento fra lavoro
nero e infortuni e inserisce la
tutela della salute dei lavoratori fra
gli scopi dichiarati del provvedimento,
in attesa dell’emanazione del testo
unico in materia di salute e sicurezza
dei lavoratori.
Viene previsto, dunque, che «il
personale ispettivo del Ministero del
Lavoro e della Previdenza sociale,
anche su segnalazione dell’Istituto
nazionale della previdenza sociale
(INPS), e dell’Istituto nazionale per
l’assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro (INAIL), può adottare il
provvedimento di sospensione dei lavori
nell’ambito dei cantieri edili,
qualora riscontri l’impiego di personale
non risultante dalle scritture o
da altra documentazione obbligatoria,
in misura pari o superiore al 20
per cento del totale dei lavoratori
regolarmente occupati nel cantiere
ovvero in caso di reiterate violazioni
alla disciplina in materia di superamento
dei tempi di lavoro, di riposo
giornaliero e settimanale, di cui agli
artt. 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8
aprile 2003, n. 66 e successive modificazioni».
La circolare
28 settembre 2006, n. 29
A fornire diversi chiarimenti sull’applicazione
della importantissima
norma sopra riportata, è intervenuta
la circolare del Ministero del Lavoro
e della Previdenza sociale, Direzione
generale per l’attività ispettiva 28
settembre 2006, n. 29, che ha precisato
alcuni aspetti applicativi certamente
interessanti.
Ambito di applicazione
dell’art. 36-bis
In primo luogo va chiarito l’ambito
di applicazione della disposizione
che - stante il riferimento a «l’ambito
dei cantieri edili» - sembra coincidere
con le imprese che svolgono le
attività descritte dall’Allegato I al
D.Lgs. n. 494/1996, nel quale sono
ricomprese sia aziende inquadrate o
inquadrabili previdenzialmente come
imprese edili, sia imprese non edili
che operano comunque nell’ambito
delle realtà di cantiere.
Si tratta, in particolare, di imprese
che svolgono:
l lavori di costruzione, manutenzione,
riparazione, demolizione, conservazione,
risanamento, ristrutturazione
o equipaggiamento, la trasformazione,
il rinnovamento o lo smantellamento
di opere fisse, permanenti o
temporanee, in muratura, in cemento
armato, in metallo, in legno o in altri
materiali, comprese le linee elettriche,
le parti strutturali degli impianti
41

42
SICUREZZA IN CANTIERE
Documento Commento
elettrici, le opere stradali, ferroviarie,
idrauliche, marittime, idroelettriche
e, solo per la parte che comporta lavori
edili o di ingegneria civile, le
opere di bonifica, di sistemazione forestale
e di sterro;
l scavi, montaggio e smontaggio di
elementi prefabbricati utilizzati per i
lavori edili o di ingegneria civile.
I lavoratori interessati
La circolare n. 29/2006 chiarisce,
inoltre, che con il riferimento al personale
«non risultante dalle scritture
o da altra documentazione obbligatoria
lo stesso va individuato nel personale
totalmente sconosciuto alla
P.A. in quanto non iscritto nella documentazione
obbligatoria né oggetto
di alcuna comunicazione prescritta
dalla normativa lavoristica e previdenziale.
Ne consegue che, da tale
formulazione, restano esclusi ad
esempio gli eventuali rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa
a progetto (o altre forme di lavoro
autonomo) che, seppur ritenuti fittizi,
risultano comunque iscritti sul libro
matricola, così come previsto dal
D.Lgs. n. 38/2000. Viceversa, eventuali
forme di collaborazione occasionale
ritenute non genuine, in assenza
di qualunque formalizzazione
su libri o documenti obbligatori, potranno,
invece, contribuire alla determinazione
della percentuale di
personale irregolare».
Va ricordato, peraltro, che l’art.
36-bis, legge n. 248/2006, impone
anche modalità di comunicazione
delle assunzioni più stringenti rispetto
al passato; al comma 6 si prevede,
infatti, che nei casi di instaurazione
del rapporto di lavoro nel settore edile,
i datori di lavoro sono tenuti a
dare comunicazione dell’avvenuta
assunzione il giorno antecedente a
quello di instaurazione dei relativi
rapporti, mediante documentazione
avente data certa.
In proposito, va specificato che le
imprese tenute a questo adempimento
sono le imprese edili in senso
stretto, non potendo trovare applicazione
lo stesso criterio interpretativo
IGIENE E SICUREZZA
adottato, di cui al comma 1, art. 36bis,
che fa riferimento alle imprese
rientranti nel campo di applicazione
del D.Lgs. n. 494/1996. Questo significa,
in sostanza, che va tenuto
presente l’inquadramento, ovvero
l’inquadrabilità, previdenziale delle
imprese in questione ai fini della applicazione
della norma.
Quanto alla modalità di comunicazione
dell’assunzione, che deve risultare
da documentazione «avente data
certa», si deve ritenere che questa circostanza
sia desumibile, oltre che dalla
tradizionale raccomandata a/r, anche
da comunicazioni telematiche
(fax o posta elettronica certificata).
Occorre precisare che, in caso di instaurazione
di rapporti di lavoro in un
giorno immediatamente successivo a
una giornata festiva, l’adempimento
in questione potrà essere effettuato anche
nella stessa giornata festiva, stante
il tenore letterale della previsione normativa
e considerata la possibilità di
avvalersi di strumenti telematici (fax e
posta elettronica certificata).
Computo della percentuale
di lavoratori irregolari
Per quanto concerne la percentuale
di lavoratori “in nero”, deve essere
precisato che la stessa va rapportata
alla totalità della forza lavoro impiegata
nel cantiere dalla singola impresa
al momento dell’ispezione e non
già al complesso di lavoratori in forza
all’azienda e magari impiegati in
altri cantieri o, comunque, al di fuori
del cantiere oggetto di ispezione.
«A titolo esemplificativo si consideri
l’ipotesi di un’impresa con 30
dipendenti in forza che occupa in un
cantiere, al momento dell’accesso
ispettivo, 10 lavoratori, di cui 3 non
iscritti sul libro matricola. Detta impresa
potrà essere destinataria del
provvedimento di sospensione in
quanto i 3 lavoratori irregolari - rapportati
ai 7 lavoratori regolarmente
occupati (i 3 lavoratori irregolari
vanno dunque esclusi dalla base di
calcolo) - rappresentano oltre il 40%
della totalità della manodopera».
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Azienda interessata
alla sospensione
L’oggetto del provvedimento di
sospensione deve essere inteso come
la sola azienda che risulta aver operato
in violazione della normativa sopra
citata e non tutto il cantiere, salva,
chiaramente, l’ipotesi in cui in
tutto il cantiere sia operante la sola
azienda sanzionata.
La ratio della disposizione è evidente,
perché risponde alla logica di
non penalizzare le altre aziende che
operano regolarmente e che nulla potrebbero
fare per sanare la situazione
irregolare in cui versa l’azienda interessata
e che hanno, pertanto, diritto
di proseguire i lavori.
Violazioni reiterate
Ancora con riferimento ai presupposti
di adozione del provvedimento
di sospensione, un ulteriore chiarimento
proviene dalla circolare n. 29/
2006 e attiene alla ipotesi «di reiterate
violazioni della disciplina in materia
di superamento dei tempi di lavoro,
di riposo giornaliero e settimanale».
In questo caso, in particolare, il
termine “reiterate” va interpretato come
ripetizione di una o più delle diverse
condotte illecite contemplate
nella norma in esame, riferita ad almeno
un lavoratore, in un determinato
arco temporale (l’art. 8-bis, legge
n. 689/1981, per esempio, prende in
considerazione gli ultimi 5 anni), tale
da non poter considerare la condotta
stessa meramente occasionale.
La discrezionalità
del provvedimento
L’art. 36-bis, legge n. 248/2006,
prevede che il provvedimento di sospensione
dei lavori può essere adottato,
dotando, quindi, il personale
ispettivo di un notevole potere discrezionale
in merito alla necessità e
all’opportunità di giungere all’irrogazione
del provvedimento di sospensione.
La circolare chiarisce che «considerata
l’oggettività e la determinatezza
dei presupposti normativi, si ritiene
che il provvedimento di sospen-
14 novembre 2006 ­ N. 21

sione dei lavori nel cantiere debba
essere “di norma adottato” ogniqualvolta
si riscontri la sussistenza
di uno o ambedue i presupposti sopra
indicati (quindi, superamento del
tetto del 20% di lavoratori irregolari
o reiterate violazioni della normativa
in tema di riposo settimanale e giornaliero
o orario di lavoro), salvo valutare
circostanze particolari che
suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità,
di non adottare il provvedimento
in questione.
In particolare, un utile criterio
volto ad orientare la valutazione dell’organo
di vigilanza va legato alla
natura del rischio dell’attività svolta
dai lavoratori irregolari, tenendo
conto che il provvedimento può non
essere adottato:
1) quando il rischio per la salute e
sicurezza dei lavoratori risulta di lieve
entità in relazione alla specifica
attività svolta nel cantiere (es. tinteggiatura
interna, posa in opera di rivestimenti
ecc.);
2) quando l’interruzione dell’attività
svolta dall’impresa determini a
sua volta una situazione di pericolo
per l’incolumità dei lavoratori delle
altre imprese che operano nel cantiere
(si pensi, ad esempio, alla sospensione
di uno scavo in presenza di una
falda d’acqua o a scavi aperti in
strade di grande traffico, a demolizioni
il cui stato di avanzamento abbia
già pregiudicato la stabilità della
struttura residua e/o adiacente o, ancora,
alla necessità di ultimare eventuali
lavori di rimozione di materiale
nocivo quale l’amianto).».
Motivazione del provvedimento
di sospensione
Considerata la (eccessivamente
ampia) discrezionalità nell’adozione
del provvedimento di sospensione, è
del tutto evidente che sia opportuno,
per il personale ispettivo, «specificare,
oltre che nel provvedimento stesso,
anche nel verbale di accertamento,
le specifiche fasi di lavorazione
effettuate dall’azienda al momento
della verifica ispettiva» così da dare
conto, con sufficiente chiarezza, del-
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
le motivazioni del provvedimento di
sospensione, il quale si appalesa, comunque,
come una sanzione certamente
rilevante.
Le sanzioni
L’art. 36-bis, legge n. 248/2006,
ricollega un duplice meccanismo
sanzionatorio, da un lato di carattere
interdittivo e dall’altro di carattere
pecuniario.
È previsto, infatti, che:
l «I competenti uffici del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale
informano tempestivamente i
competenti uffici del Ministero delle
Infrastrutture dell’adozione del
provvedimento di sospensione al fine
dell’emanazione da parte di
questi ultimi di un provvedimento
interdittivo alla contrattazione con
le pubbliche amministrazioni ed alla
partecipazione a gare pubbliche
di durata pari alla citata sospensione
nonché per un eventuale ulteriore
periodo di tempo non inferiore
al doppio della durata della sospensione,
e comunque non superiore
a due anni»;
l «Ferma restando l’applicazione
delle sanzioni già previste dalla
normativa in vigore, l’impiego di
lavoratori non risultanti dalle scritture
o da altra documentazione obbligatoria
è altresì punito con la
sanzione amministrativa da euro
1.500 a euro 12.000 per ciascun
lavoratore, maggiorata di euro 150
per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
L’importo delle sanzioni civili
connesse all’omesso versamento
dei contributi e premi riferiti a
ciascun lavoratore di cui al periodo
precedente non può essere inferiore
a euro 3.000, indipendentemente
dalla durata della prestazione lavorativa
accertata».
La violazione dell’obbligo di comunicazione
preventiva di instaurazione
del rapporto di lavoro è punita,
invece, con la sanzione amministrativa
di cui all’art. 19, comma 3, D.Lgs.
n. 276/2003, pari a una somma da€
100 a€500.
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SICUREZZA IN CANTIERE
Documento Commento
La revoca del provvedimento
di sospensione
La condizione essenziale per la revoca
del provvedimento di sospensione
lavori è:
l la regolarizzazione dei lavoratori
non risultanti dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria;
l l’accertamento del ripristino delle
regolari condizioni di lavoro nelle
ipotesi di reiterate violazioni di cui
alla disciplina in materia di superamento
dei tempi di lavoro, di riposo
giornaliero o settimanale, di cui al decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66 e
seguenti modifiche e integrazioni.
La circolare n. 29/2006, chiarisce,
inoltre, in proposito, che «per la regolarizzazione
dei lavoratori “in nero”,
oltre alla registrazione degli stessi sui
libri obbligatori, al pagamento delle
sanzioni amministrative e civili ed al
versamento dei relativi contributi previdenziali
ed assicurativi, è necessaria
anche l’ottemperanza agli obblighi
più immediati di natura prevenzionistica
di cui al D.Lgs. n. 626/
1994, con specifico riferimento almeno
alla sorveglianza sanitaria (visite
mediche preventive) e alla formazione
ed informazione sui pericoli legati
all’attività svolta nel cantiere nonché
alla fornitura dei dispositivi di protezione
individuale.».
L’impugnazione del provvedimento
Pur in assenza di una espressa
previsione normativa in tal senso,
contrariamente a quanto avviene con
riferimento ad altri poteri ispettivi
(per esempio, la diffida accertativa ex
art. 12, D.Lgs. n. 124/2004, impugnabile
presso il Comitato regionale
per i rapporti di lavoro di cui all’art.
17 dello stesso decreto), sembra potersi
ammettere un ricorso di natura
gerarchica alle Direzioni regionali
del lavoro territorialmente competenti,
secondo quanto stabilito, in via generale,
dal D.P.R. n. 1199/1971.
Resta inalterata, comunque, la
possibilità, da parte della Direzione
provinciale del lavoro, di revocare il
provvedimento di sospensione dei lavori
in via di autotutela, ai sensi degli
artt. 21-quinquies e 21-nonies, legge
n. 241/1990. l
43

44
SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
IGIENE E SICUREZZA
Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale
Direzione Generale per l’attività ispettiva 28 settembre 2006, n. 29
Art. 36-bis, D.L. n. 223/2006 (conv. con L. n. 248/2006)
Come noto, il D.L. n. 223/2006, convertito con modificazioni
dalla L. n. 248/2006 (in G.U. n. 186 dell’11
agosto 2006), ha introdotto all’art. 36-bis “Misure urgenti
per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della
sicurezza nei luoghi di lavoro”.
La normativa, al fine di assicurare una più efficace
azione di prevenzione oltre che di repressione del lavoro
sommerso nonché di riduzione del fenomeno infortunistico
dei luoghi di lavoro, da un lato interviene a potenziare i
poteri e le prerogative del personale ispettivo del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale e, dall’altro, introduce
nuovi adempimenti volti a rendere più “trasparenti”
le modalità di assunzione e di impiego del personale
dipendente, riformulando, altresì, in senso conforme alle
indicazioni della Corte Costituzionale, la c.d. maxisanzione
per il lavoro “nero” già prevista dall’art. 3, comma 3,
D.L. n. 12/2002 (conv. da L. n. 73/2002).
Si ritiene utile fornire alcuni chiarimenti operativi sulle
predette novità, al fine di una corretta interpretazione
delle previsioni normative in fase di prima applicazione.
Provvedimento di sospensione dei lavori nel cantiere
L’art. 36-bis del D.L. n. 223/2006 si caratterizza, anzitutto,
per aver concentrato l’attenzione sulle ricadute che
l’utilizzo di manodopera irregolare può avere sulle problematiche
di sicurezza nei luoghi di lavoro. Già in passato,
infatti, si era avuto modo di constatare che le imprese
che ricorrono a manodopera irregolare sono anche quelle
che presentano maggiori tassi infortunistici; invero, prima
d’oggi nessuna disposizione normativa aveva espressamente
e direttamente collegato i due fenomeni, operando
la presunzione secondo cui il lavoro irregolare determina
automaticamente anche una condizione di criticità sul
fronte della sicurezza sul lavoro.
Tale collegamento emerge in particolare dalla previsione
di cui al comma 1 del predetto articolo il quale prevede
che “(…) il personale ispettivo del Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, anche su segnalazione dell’Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell’Istituto
nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di sospensione
dei lavori nell’ambito dei cantieri edili qualora riscontri
l’impiego di personale non risultante dalle scritture
o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari
o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori rego-
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larmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate
violazioni della disciplina in materia di superamento dei
tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui
agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003,
n. 66, e successive modificazioni”.
La ratio della disposizione, come accennato in premessa,
individua una “presunzione” da parte dell’ordinamento
circa la situazione di pericolosità che si verifica in
cantiere in conseguenza del ricorso a manodopera “non
risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria”
giacché la stessa, oltre a non essere regolare sotto
il profilo strettamente lavoristico, non ha verosimilmente
ricevuto alcuna “formazione ed informazione” sui pericoli
che caratterizzano l’attività svolta nel settore edile.
In primo luogo va chiarito l’ambito di applicazione
della disposizione che - stante il riferimento a “l’ambito
dei cantieri edili” - sembra coincidere con le imprese che
svolgono le attività descritte dall’allegato I del D.Lgs. n.
494/1996, nel quale sono ricomprese sia aziende inquadrate
o inquadrabili previdenzialmente come imprese edili
sia imprese non edili che operano comunque nell’ambito
delle realtà di cantiere.
Si tratta in particolare di imprese che svolgono:
1) lavori di costruzione, manutenzione, riparazione,
demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione
o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o
lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee,
in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno
o in altri materiali, comprese le linee elettriche, le parti
strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie,
idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la
parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le
opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro;
2) scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati
utilizzati per i lavori edili o di ingegneria civile.
Per quanto concerne l’“oggetto” del provvedimento di
sospensione dei lavori si ritiene che lo stesso vada riferito
ad ogni singola azienda che, nell’ambito del cantiere, presenti
i presupposti di irregolarità individuati dalla disposizione
in esame e non riguardi invece il cantiere considerato
nella sua interezza, tranne evidentemente le ipotesi in
cui nel cantiere operi una sola azienda. Tale orientamento
risponde alla logica di non penalizzare, con un provvedimento
che sospenda la complessiva attività del cantiere,
anche le imprese che in detto ambito operano in condizio-
14 novembre 2006 ­ N. 21

ni di regolarità e alle quali sarebbe peraltro inibita la
prosecuzione dei lavori senza poter nemmeno incidere in
alcun modo sulla regolarizzazione delle violazioni riscontrate;
regolarizzazione che viene posta dal legislatore quale
condizione per la ripresa dei lavori stessi.
Venendo invece alle condizioni individuate dalla norma
per l’adozione del provvedimento di sospensione si
ritiene opportuno chiarire quanto segue.
Con riferimento al personale “non risultante dalle scritture
o da altra documentazione obbligatoria” si precisa
che lo stesso va individuato nel personale totalmente sconosciuto
alla P.A. in quanto non iscritto nella documentazione
obbligatoria né oggetto di alcuna comunicazione
prescritta dalla normativa lavoristica e previdenziale. Ne
consegue che, da tale formulazione, restano esclusi ad
esempio gli eventuali rapporti di collaborazione coordinata
e continuativa a progetto (o altre forme di lavoro autonomo)
che, seppur ritenuti fittizi, risultano comunque
iscritti sul libro matricola, così come previsto dal D.Lgs.
n. 38/2000. Viceversa, eventuali forme di collaborazione
occasionale ritenute non genuine, in assenza di qualunque
formalizzazione su libri o documenti obbligatori, potranno,
invece, contribuire alla determinazione della percentuale
di personale irregolare.
Relativamente al calcolo della percentuale del personale
“in nero” va in secondo luogo chiarito che detta percentuale
va rapportata alla totalità dei lavoratori della singola
impresa operanti nel cantiere al momento dell’accesso
ispettivo (e non già complessivamente in forza all’azienda)
risultanti dalle “scritture o da altra documentazione
obbligatoria” come sopra chiarito. A titolo esemplificativo
si consideri l’ipotesi di un’impresa con 30 dipendenti in
forza che occupa in un cantiere, al momento dell’accesso
ispettivo, 10 lavoratori, di cui 3 non iscritti sul libro matricola.
Detta impresa potrà essere destinataria del provvedimento
di sospensione in quanto i 3 lavoratori irregolari -
rapportati ai 7 lavoratori regolarmente occupati (i 3 lavoratori
irregolari vanno dunque esclusi dalla base di calcolo) -
rappresentano oltre il 40% della totalità della manodopera.
Ancora con riferimento ai presupposti di adozione del
provvedimento di sospensione, un ulteriore chiarimento
attiene alla ipotesi “di reiterate violazioni della disciplina
in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo
giornaliero e settimanale”. In tal caso, in particolare, il
termine “reiterate” va interpretato come ripetizione di una
o più delle diverse condotte illecite contemplate nella
norma in esame, riferita ad almeno un lavoratore, in un
determinato arco temporale (l’art. 8-bis della L. n. 689/
1981, ad esempio, prende in considerazione gli ultimi 5
anni), tale da non poter considerare la condotta stessa
meramente occasionale.
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
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SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
Altre osservazioni attengono al carattere “discrezionale”
del provvedimento cautelare in esame. In proposito va
ricordato che la ratio della disposizione è quella di garantire
l’integrità psicofisica dei lavoratori operanti nel settore
edile e tale finalità deve opportunamente guidare il
personale ispettivo nell’esercizio del potere discrezionale
riconosciuto dalla disposizione. Proprio sulla base di tale
premessa, quindi, considerata l’oggettività e la determinatezza
dei presupposti normativi, si ritiene che il provvedimento
di sospensione dei lavori nel cantiere debba essere
“di norma adottato” ogniqualvolta si riscontri la sussistenza
di uno o ambedue i presupposti sopra indicati, salvo
valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il
profilo dell’opportunità, di non adottare il provvedimento
in questione.
In particolare, un utile criterio volto ad orientare la valutazione
dell’organo di vigilanza va legato alla natura del
rischio dell’attività svolta dai lavoratori irregolari, tenendo
conto che il provvedimento può non essere adottato:
1) quando il rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori
risulta di lieve entità in relazione alla specifica attività
svolta nel cantiere (es. tinteggiatura interna, posa in opera
di rivestimenti ecc.);
2) quando l’interruzione dell’attività svolta dall’impresa
determini a sua volta una situazione di pericolo per
l’incolumità dei lavoratori delle altre imprese che operano
nel cantiere (si pensi, ad esempio, alla sospensione di uno
scavo in presenza di una falda d’acqua o a scavi aperti in
strade di grande traffico, a demolizioni il cui stato di
avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della
struttura residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di
ultimare eventuali lavori di rimozione di materiale nocivo
quale l’amianto).
Tenendo conto di quanto sopra evidenziato e rilevata la
necessità che l’obbligo di motivazione comporta sempre
una adeguata valutazione dei presupposti del provvedimento
di sospensione, si richiama l’attenzione del personale
ispettivo sull’esigenza di specificare, oltre che nel
provvedimento stesso, anche nel verbale di accertamento,
le specifiche fasi di lavorazione effettuate dall’azienda al
momento della verifica ispettiva.
La necessaria valutazione di tali circostanze comporta,
quale conseguente corollario, che nelle ipotesi in cui gli
ispettori di vigilanza degli istituti previdenziali e assicurativi
accertino la sussistenza dei presupposti che legittimano
l’adozione del provvedimento di sospensione, gli stessi
ne diano immediata comunicazione, mediante trasmissione
del verbale anche in via telematica, alla Direzione
provinciale del lavoro, affinché quest’ultima mediante
proprio personale attivi le dovute valutazioni ai fini dell’adozione
del provvedimento di sospensione dei lavori.
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SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
Si sottolinea, inoltre, che l’informativa ai competenti
uffici del Ministero delle infrastrutture relativa all’adozione
del provvedimento di sospensione va fatta a cura
della Direzione provinciale del lavoro e non già da parte
del personale ispettivo che adotta il provvedimento medesimo.
L’art. 36-bis, al comma 2, stabilisce inoltre che “è
condizione per la revoca del provvedimento da parte del
personale ispettivo (…):
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle
scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b) l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni
di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina
in materia di superamento dei tempi di lavoro, di
riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo
8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni. È
comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali
e amministrative vigenti”.
In proposito occorre chiarire che per la regolarizzazione
dei lavoratori “in nero”, oltre alla registrazione degli
stessi sui libri obbligatori, al pagamento delle sanzioni
amministrative e civili ed al versamento dei relativi contributi
previdenziali ed assicurativi, è necessaria anche
l’ottemperanza agli obblighi più immediati di natura prevenzionistica
di cui al D.Lgs. n. 626/1994, con specifico
riferimento almeno alla sorveglianza sanitaria (visite mediche
preventive) e alla formazione ed informazione sui
pericoli legati all’attività svolta nel cantiere nonché alla
fornitura dei dispositivi di protezione individuale.
A tal proposito, si coglie l’occasione per ricordare al
personale ispettivo che, ogniqualvolta venga accertata la
presenza di manodopera “in nero” nelle attività edili,
configurandosi nella quasi totalità dei casi la violazione
degli obblighi, puniti penalmente, legati alla sicurezza dei
lavoratori (almeno in riferimento all’omessa sorveglianza
sanitaria e alla mancata formazione ed informazione), il
predetto personale ispettivo dovrà adottare il provvedimento
di prescrizione obbligatoria relativo a tali ipotesi
contravvenzionali e verificare, conseguentemente, l’ottemperanza
alla prescrizione impartita.
Per quanto invece concerne il “ripristino delle regolari
condizioni di lavoro” nelle ipotesi di violazioni in materia
di tempi di lavoro e di riposi, detto ripristino non può che
aversi con il solo pagamento delle relative sanzioni amministrative,
stante l’impossibilità sostanziale di unareintegrazione
dell’ordine giuridico violato, trattandosi di
condotte di natura commissiva, come peraltro già chiarito
con circolare n. 8/2005 di questo Ministero.
L’inosservanza del provvedimento di sospensione dei
lavori configura l’ipotesi di reato di cui all’art. 650 c.p. il
quale punisce “chiunque non osserva un provvedimento
legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di
46
IGIENE E SICUREZZA
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sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene” con
l’arresto sino a tre mesi e l’ammenda sino ad€206. In tal
caso, infatti, si è in presenza di un provvedimento emanato
per ragioni di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori
che, quale bene costituzionalmente tutelato, rientra
nell’ambito della nozione di sicurezza pubblica (in tal
senso Cass. sez. III 17 novembre 1960 e Cass. sez. III 14
febbraio 1995 n. 3375).
Ultime osservazioni attengono alla possibilità di impugnare
il provvedimento cautelare in sede amministrativa.
Al riguardo, pur in assenza di una espressa previsione
normativa in tal senso - contrariamente a quanto avviene
con riferimento ad altri poteri ispettivi (ad es. diffida
accertativa ex art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004, impugnabile
presso il Comitato regionale per i rapporti di lavoro di cui
all’art. 17 dello stesso decreto) - sembra potersi ammettere
un ricorso di natura gerarchica alle Direzioni regionali
del lavoro territorialmente competenti, secondo quanto
stabilito in via generale dal D.P.R. n. 1199 del 1971. Resta
comunque inalterata la possibilità, da parte della Direzione
provinciale del lavoro, di revocare il provvedimento di
sospensione dei lavori in via di autotutela, ai sensi degli
artt. 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241/1990.
Si allega, in calce alla presente circolare, il modello da
utilizzare per l’adozione del provvedimento di sospensione
dei lavori, già diramato con nota prot. n. 25/I/0002975
del 24 agosto 2006.
Lavoro nei cantieri:
tessera di riconoscimento o registro
Il comma 3 dell’art. 36-bis introduce l’obbligo per i
datori di lavoro, nell’ambito dei cantieri edili, di munire il
personale occupato, a decorrere dal 1º ottobre 2006, di
apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia,
contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del
datore di lavoro.
Anche in tal caso il campo di applicazione della previsione
va individuato con riferimento a tutte le imprese che
svolgono le attività di cui all’Allegato I del D.Lgs. n. 494/
1996.
Tenuto conto delle finalità della disposizione volta alla
immediata identificazione e riconoscibilità del personale
operante in cantiere, i lavoratori sono tenuti a portare
indosso in chiara evidenza detta tessera di riconoscimento;
medesimo obbligo fa capo ai lavoratori autonomi che
operano nel cantiere stesso, i quali sono tenuti a provvedervi
per proprio conto (ad es. artigiani).
I dati contenuti nella tessera di riconoscimento devono
consentire l’inequivoco ed immediato riconoscimento del
lavoratore interessato e pertanto, oltre alla fotografia, deve
essere riportato in modo leggibile almeno il nome, il
cognome e la data di nascita. La tessera inoltre deve
14 novembre 2006 ­ N. 21

indicare il nome o la ragione sociale dell’impresa datrice
di lavoro.
La previsione normativa stabilisce ancora che, in via
alternativa, i soli datori di lavoro che occupano meno di
dieci dipendenti (cioè massimo nove) possono assolvere
all’obbligo di esporre la tessera “mediante annotazione,
su apposito registro di cantiere vidimato dalla Direzione
provinciale del lavoro territorialmente competente da tenersi
sul luogo di lavoro, degli estremi del personale
giornalmente impiegato nei lavori”.
Con riferimento all’ambito applicativo della previsione
si precisa che il suddetto limite numerico va riferito al
personale stabilmente in forza all’azienda, tenendo presente
che per il computo dello stesso “si tiene conto di
tutti i lavoratori impiegati a prescindere dalla tipologia dei
rapporti di lavoro instaurati, ivi compresi quelli autonomi”.
Il riferimento ai lavoratori autonomi, evidentemente,
è da interpretarsi nel senso di comprendere nel calcolo i
lavoratori non subordinati che intrattengono comunque
un rapporto continuativo con l’impresa (ad es. collaboratori
coordinati e continuativi a progetto e associati in
partecipazione).
Dalla formulazione della norma, inoltre, si evince che
l’obbligo di tenere il registro in argomento è riferito a
ciascun cantiere, cosicché l’impresa interessata è tenuta
ad istituire più registri qualora impegnata contemporaneamente
in lavori da effettuare in luoghi diversi.
Viceversa, in caso di lavori da realizzarsi in tempi
diversi, sarà possibile utilizzare il medesimo registro evidenziando
tuttavia separatamente il giorno ed il luogo cui
le annotazioni si riferiscono.
Tale registro non può mai essere rimosso dal luogo di
lavoro in quanto altrimenti si vanifica la finalità per la
quale lo stesso è stato istituito; va altresì precisato che le
annotazioni sullo stesso vanno effettuate necessariamente
prima dell’inizio dell’attività lavorativa giornaliera in
quanto trattasi di un registro “di presenza” in cantiere.
Per quanto concerne le modalità di vidimazione del
registro da parte delle Direzioni provinciali del lavoro è
possibile rinviare in via analogica a quanto previsto dal
T.U. n. 1124/1965 con riferimento ai libri di paga e matricola.
Sotto il profilo sanzionatorio la mancata tenuta sul
luogo di lavoro del registro ovvero l’irregolare tenuta
dello stesso comporta in capo al datore di lavoro la medesima
sanzione prevista con riferimento alle tessere di
riconoscimento (da€100 ad€ 500 per ciascun lavoratore),
essendo il registro uno strumento alternativo ed equipollente
alle stesse.
Nei confronti di tali sanzioni si ricorda da ultimo che
non è ammessa la procedura di diffida di cui all’articolo 13
del D.Lgs. n. 124/2004 per espressa previsione normativa.
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
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SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
Edilizia: comunicazione preventiva
di instaurazione del rapporto di lavoro
Il comma 6 dell’art. 36-bis ha previsto l’immediata
operatività della previsione di cui all’art. 86, comma 10
bis, del D.Lgs. n. 276/2003 stabilendo che “nei casi di
instaurazione di rapporti di lavoro nel settore edile, i
datori di lavoro sono tenuti a dare la comunicazione di cui
all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1º ottobre
1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge
28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, il
giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi
rapporti, mediante documentazione avente data certa”.
Come noto, tale previsione era precedentemente subordinata
all’emanazione del decreto interministeriale,
non ancora adottato, di cui al comma 7 dell’art. 4-bis, del
D.Lgs. n. 181/2000 cui viene demandata la definizione
dei moduli unificati per le comunicazioni obbligatorie.
In proposito va specificato che le imprese tenute a
tale adempimento sono le imprese edili in senso stretto,
non potendo trovare applicazione lo stesso criterio interpretativo
adottato con riferimento al comma 1 dell’art.
36-bis che, come già detto, fa riferimento alle imprese
rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 494/
1996. Ciò significa, in sostanza, che va tenuto presente
l’inquadramento - ovvero l’inquadrabilità - previdenziale
delle imprese in questione ai fini della applicazione
della norma.
Quanto alla modalità di comunicazione dell’assunzione,
che deve risultare da documentazione “avente data
certa”, si deve ritenere che tale circostanza sia desumibile,
oltre che dalla tradizionale raccomandata a/r, anche da
comunicazioni telematiche (fax ovvero posta elettronica
certificata). Occorre precisare che, in caso di instaurazione
di rapporti di lavoro in un giorno immediatamente
successivo a una giornata festiva, l’adempimento in questione
potrà essere effettuato anche nella stessa giornata
festiva, stante il tenore letterale della previsione normativa
e considerata la possibilità di avvalersi di strumenti
telematici (fax e posta elettronica certificata).
Si ricorda, da ultimo, che la violazione dell’obbligo di
comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto
di lavoro è punita con la sanzione amministrativa di cui
all’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, pari ad una
somma da€100 ad€ 500.
Maxisanzione per il lavoro “nero”
L’art. 36-bis, comma 7, modifica la c.d. maxisanzione
per il lavoro nero, introdotta nel 2002 dal D.L. n. 12/2002
(conv. da L. n. 73/2002). La legge di conversione del D.L.
n. 223/2006 stabilisce che “ferma restando l’applicazione
delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l’impiego
di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra
47

SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
documentazione obbligatoria, è altresì punito con la sanzione
amministrativa da € 1.500 a € 12.000 per ciascun
lavoratore, maggiorata di € 150 per ciascuna giornata di
lavoro effettivo. L’importo delle sanzioni civili connesse
all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a
ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può
essere inferiore a€3.000, indipendentemente dalla durata
della prestazione lavorativa accertata”.
Senza modificare il comma 4 dell’art. 3 del D.L. 12/
2002 - secondo il quale “alla constatazione della violazione
procedono gli organi preposti ai controlli in materia
fiscale, contributiva e del lavoro” - l’art. 36-bis sostituisce
invece il comma 5 del predetto articolo, stabilendo che
alla contestazione della sanzione amministrativa ai sensi
dell’art. 14 della L. n. 689/1981 provvede il personale
ispettivo della Direzione provinciale del lavoro territorialmente
competente, Direzione che provvederà successivamente
ad emettere l’eventuale ordinanza di ingiunzione o
di archiviazione. È infine stabilito che nei confronti della
sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui
all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.
In proposito va anzitutto sottolineato che la sanzione si
aggiunge (“ferma restando l’applicazione delle sanzioni
già previste dalla normativa in vigore”) ad ogni ulteriore
provvedimento di carattere sanzionatorio legato all’utilizzo
di manodopera irregolare (omessa comunicazione di
assunzione, omessa consegna della relativa dichiarazione,
omessa denuncia all’INAIL del codice fiscale ecc.).
Va inoltre sottolineato che la fattispecie in argomento
si realizza attraverso “l’impiego” di qualunque tipologia
di lavoratore a qualunque titolo e per qualsiasi ragione
non risultante dalle scritture o da altra documentazione
obbligatoria, restando invece fuori dall’applicazione della
sanzione tutte le forme di prestazione lavorativa che occultano
rapporti di lavoro subordinato dietro altre tipologie
contrattuali (ad es. contratti di collaborazione coordinata
e continuativa a progetto) sempre che risultino dalla
documentazione aziendale o da comunicazioni effettuate
ad amministrazioni pubbliche.
Per quanto concerne l’importo sanzionatorio, è prevista
una sanzione amministrativa da “€ 1.500 a€12.000
per ciascun lavoratore, maggiorata di€150 per ciascuna
giornata di lavoro effettivo” e una sanzione di natura
civile connessa all’omesso versamento dei contributi e
premi riferiti a ciascun lavoratore non inferiore a€ 3.000,
“indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa
accertata”.
Al riguardo si sottolinea che trattasi di una sanzione
proporzionale che prevede un importo minimo e massimo
(€ 1.500 - € 12.000) ed un importo in misura fissa di €
150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. Tale ultimo
importo (€ 150 giornaliere) costituisce una mera maggio-
48
IGIENE E SICUREZZA
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razione della sanzione edittale e perciò per esso non trova
applicazione l’art. 16 della L. n. 689/1981.
Per quanto attiene ai profili contributivi, la sanzione
civile prevista dalla norma trova applicazione evidentemente
con esclusivo riferimento ai contributi evasi, trattandosi
di rapporti di lavoro totalmente in nero. La quantificazione
della stessa in misura comunque non inferiore
ad€3.000 per ciascun lavoratore, e distintamente riferita
alla contribuzione previdenziale e alla assicurazione
INAIL, costituisce una scelta del legislatore che interviene
a stabilire una soglia minima di tale misura afflittiva
nelle ipotesi in cui la quantificazione della stessa risulti
inferiore a tale importo. Va peraltro precisato che la sanzione
trova evidentemente applicazione nelle ipotesi in
cui sia scaduto il termine per il versamento dei contributivi
relativi al periodo di paga in corso al momento dell’accertamento.
Occorre infine precisare il regime sanzionatorio applicabile
alle fattispecie di “impiego di lavoratori non risultanti
dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria”,
nelle ipotesi in cui la condotta sia iniziata anteriormente
all’entrata in vigore della L. n. 248/2006 (12 agosto
2006) e proseguita oltre tale data. Trattasi, in altre
parole, di un problema di successione di leggi nel tempo
che sanzionano condotte di natura permanente quale, per
l’appunto, quella in esame.
Va premesso, anzitutto, che nel campo degli illeciti
amministrativi trova applicazione il principio del tempus
regit actum, secondo il quale la disciplina applicabile è
quella in vigore al momento della commissione della
violazione, senza che - come avviene invece in campo
penale - debba valutarsi il principio del favor rei alla luce
delle previsioni sanzionatorie sopravvenute (v. circ. n.
37/2003). Per quanto attiene alla consumazione dell’illecito
di natura permanente tuttavia - come sostenuto dalla
dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria (Consiglio
di Stato, sez. IV, 25 novembre 2003, n. 7769) - bisogna
tenere presente che lo stesso si realizza, non con l’inizio
ma con la cessazione del comportamento lesivo che, di
norma, coincide con la data dell’accertamento da parte
del personale ispettivo. Nel caso in esame, pertanto, il
rapporto di lavoro “in nero” iniziato prima del 12 agosto
2006 e proseguito oltre tale data rientra nel campo di
applicazione della nuova disciplina introdotta dall’art. 36
bis, comma 7 che prevede, quale organo competente alla
irrogazione della sanzione, la Direzione provinciale del
lavoro e non già l’Agenzia delle Entrate.
Facendo riserva di fornire ulteriori e più approfonditi
chiarimenti in ordine alle problematiche sopra evidenziate,
si invita il personale ispettivo di attenersi alle indicazioni
fornite con la presente circolare. l
14 novembre 2006 ­ N. 21

IGIENE E SICUREZZA
L’obbligo di identificazione dei lavoratori edili
di Gabriele Taddia, avvocato in Ferrara
14 novembre 2006 ­ N. 21
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SICUREZZA IN CANTIERE
Articolo
È scattato il 1° ottobre 2006 l’obbligo di dotare i lavoratori presenti nei cantieri edili di apposito tesserino di
riconoscimento. Questo incombente è previsto espressamente dal comma 3, dell’art. 36­bis del cosiddetto decreto
Bersani (convertito in legge n. 248/2006), il quale stabilisce, appunto, che i lavoratori impegnati nei cantieri edili,
nei quali si svolgono le attività sostanzialmente riconducibili all’Allegato I al D.Lgs. n. 494/1996, debbano essere
muniti di apposito tesserino di riconoscimento.
Il contenuto del tesserino
Il badge deve contenente la fotografia e le generalità del lavoratore consistenti almeno nel nome, cognome e
data di nascita. Oltre a questo, è necessaria l’indicazione del datore di lavoro, quindi, il nome oppure la ragione
sociale della ditta o della società, con l’evidente scopo di favorire, in caso di ispezione degli organi preposti,
l’immediata identificazione dei lavoratori e la immediata riferibilità a un datore.
Questo obbligo grava per espressa previsione normativa (prima parte del comma 3, art. 36­bis) anche sui lavoratori
autonomi che esercitano la propria attività nei cantieri, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
Nel caso, tutt’altro che infrequente, in cui nel cantiere siano presenti contemporaneamente più datori di lavoro
o lavoratori autonomi, anche il committente dell’opera risponde in solido dell’obbligo.
I lavoratori hanno l’obbligo, la cui violazione è espressamente sanzionata, di portare indosso e in modo
evidente il tesserino di riconoscimento, imposizione che riguarda anche i lavoratori autonomi, quali, per
esempio, gli artigiani.
Le piccole imprese
L’obbligo non è comunque generalizzato, poiché la norma (in modo tutto sommato criticabile e difficilmente
comprensibile) esonera espressamente dal dotare i lavoratori del tesserino di riconoscimento i datori di lavoro con
meno di dieci dipendenti. A questo proposito viene previsto un modo di adempimento equipollente, consistente
nell’annotazione degli estremi del personale, giornalmente impiegato, in un apposito registro di cantiere vidimato,
prima dell’inizio dei lavori, dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente.
È necessaria una precisazione, nel computo dei lavoratori per il raggiungimento del tetto massimo dei nove
“dipendenti”, oltre i quali scatta l’obbligo di dotare gli stessi del tesserino di riconoscimento, occorre inserire tutti
i lavoratori impiegati a prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro instaurati (pertanto, devono essere
conteggiati anche i lavoratori atipici, per esempio, i lavoratori a progetto), compresi quelli autonomi.
Il registro deve essere sempre custodito in cantiere ed è evidente, pertanto, che ogni cantiere deve essere dotato
di autonomo documento, nel quale dovranno essere indicati i medesimi dati anagrafici e identificativi presenti sul
tesserino (a esclusione della foto del lavoratore), con l’aggiunta dell’indicazione del cantiere al quale il registro si
riferisce.
In sostanza, è decisamente preferibile e anche più pratico, dotare i lavoratori del tesserino di riconoscimento.
Le sanzioni
La norma stabilisce sanzioni, seppur differenziate, sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori, poiché su entrambi
gravano alcuni obblighi.
Per il datore di lavoro che omette di dotare i lavoratori del tesserino di riconoscimento, ovvero vi provvedono ma
con tesserino non conforme alla normativa, è prevista la sanzione amministrativa da € 100 a € 500 per ciascun
lavoratore non dotato di regolare badge di riconoscimento.
Invece, il lavoratore che, pur munito di tessera di riconoscimento, ometta di esporla è punito con la sanzione
amministrativa da 50 a 300€.
Pertanto, è evidente che, come accade per la consegna dei DPI, anche per il tesserino di riconoscimento è
opportuno che il datore di lavoro documenti la consegna dello stesso, preferibilmente fotocopiando il documento
e facendolo sottoscrivere al lavoratore per ricevuta.
Per quanto riguarda le imprese con meno di dieci dipendenti (ma sarebbe preferibile dire, meno di dieci addetti),
la sanzione per l’omessa o irregolare tenuta del registro è la medesima prevista per l’omessa consegna dei tesserini
ai lavoratori e, pertanto, da€100 a 500.
Delle medesime sanzioni è passibile in solido anche il committente nel caso di presenza contemporanea in cantiere
di più datori di lavoro o lavoratori autonomi.
La diffida
È espressamente prevista l’inammissibilità della procedura di diffida di cui all’art. 13, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124,
di riforma delle ispezioni, per cui di fronte alla accertata violazione l’organo ispettivo potrà solamente applicare
la sanzione.
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LEGISLAZIONE
In breve
IGIENE E SICUREZZA
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE
a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma
EUROPA
FRESATRICI
Decisione della Commissione
20 ottobre 2006, n. 2006/704/CE
«Decisione (2006/704/CE) della Commissione
del 20 ottobre 2006 sulla pubblicazione con
restrizione del riferimento della norma EN 848-
3:1999 “Sicurezza delle macchine per la lavorazione
del legno - Fresatrici su un solo lato con
utensile rotante - Parte 3: Foratrici e fresatrici a
controllo numerico” conformemente alla direttiva
98/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio»
(in G.U.C.E. L 21 ottobre 2006, n. 291)
Il provvedimento concerne la decisione di modificare
le indicazioni ufficiali (pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale dell’Unione Europea) di riferimento
alla norma EN 848­3:1999 «Sicurezza delle macchine
per la lavorazione del legno - Fresatrici su
un solo lato con utensile rotante - Parte 3: Foratrici
e fresatrici a controllo numerico» con un’avvertenza
allegata alla decisione medesima secondo
obiezioni tecniche avanzate dalla Svezia e dalla
Germania.
ITALIA
ISPESL
Decreto del Presidente dell’Istituto Superiore
per la Prevenzione e la Sicurezza
sul lavoro 5 ottobre 2006
«Regolamento di organizzazione dell’Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza
del lavoro a livello di strutture e personale (articolo
13, comma 1, lettera n) del decreto del Presidente
della Repubblica 4 dicembre 2002, n. 303»
(G.U. del 17 ottobre 2006¸ n. 242)
Si tratta del regolamento di organizzazione dell’Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza
del lavoro e la disciplina del rapporto di lavoro
dei dipendenti, approvato dal Consiglio di amministrazione
dell’Istituto con delibere nn. 2/2006 e
50
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9/2006, al fine di sviluppare le attività istituzionali
in materia di ricerca, sperimentazione, controllo,
consulenza, documentazione e assistenza per
quanto concerne la prevenzione degli infortuni,
la sicurezza del lavoro e la tutela della salute
negli ambienti di vita e di lavoro.
GALLERIE STRADALI
Decreto legislativo 5 ottobre 2006,
n. 264
«Attuazione della direttiva 2004/54/CE in materia
di sicurezza per le gallerie della rete
stradale transeuropea» (S.O. n. 195 alla G.U. del 9
ottobre 2006, n. 235)
Il decreto attua la disciplina europea di cui alla
direttiva 2004/54/CE, in materia di sicurezza per le
gallerie della “rete stradale transeuropea”, intendendo
come tale «la rete stradale definita dalla
sezione 2 dell’allegato I della decisione 1692/96/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23
luglio 1996, ed illustrata in carte geografiche o
descritta nell’allegato II di tale Decisione», applicabile
a tutte le gallerie situate nel territorio italiano
di lunghezza superiore a 500 metri già in
esercizio, in fase di costruzione ovvero allo stato
progettuale. Lo scopo è quello di introdurre una
disciplina prevenzionistica per la riduzione di situazioni
critiche tali da generare pericolo per la
vita umana, l’ambiente e gli impianti della galleria,
nonché quello di introdurre misure di protezione
in caso di incidente (art. 1, comma 1). A
carico dei “gestori” di queste gallerie (a seconda
ANAS, Società concessionarie o, nel caso di trafori
internazionali, commissioni intergovernative) gravano,
dunque, alcuni importanti incombenti, tra i
quali: l’adozione di tutti i requisiti di sicurezza
indicati nell’allegato II al D.Lgs. ovvero parametri
di sicurezza e requisiti minimi in funzione di alcuni
parametri indici di rischio, misure infrastrutturali,
misure riguardanti l’esercizio e campagne di informazione
relative alla sicurezza della galleria, pubblicizzanti
il corretto comportamento degli utenti
in fase di avvicinamento e transito nella galleria
(art. 3) ecc. Ulteriori approfondimenti sui prossimi
numeri di Ambiente&Sicurezza. l
14 novembre 2006 ­ N. 21

IGIENE E SICUREZZA
QUESITI SULL’ANTINCENDIO
di Mario Abate, Direttore Vice Dirigente ­ Comando VVF Milano
RICHIESTA DEL CPI
IN CAPO AL DIRIGENTE SCOLASTICO
In vista dell’inizio del nuovo anno scolastico si è
costretti ad affrontare i soliti problemi connessi
all’adeguamento degli edifici scolastici alla normativa
di sicurezza e, soprattutto, su “chi” ha il dovere di fare
“cosa”.
Risultando in capo al Dirigente scolastico la titolarità di
“datore di lavoro” (come definito dal D.Lgs. n. 626/
1994) e la relativa assunzione di responsabilità nell’ambito
di applicazione delle disposizioni in materia di
sicurezza sui luoghi di lavoro, considerato che la proprietà
degli edifici scolastici pubblici è del Comune o
della Provincia, chi risulta essere il soggetto titolato alla
richiesta del Certificato di Prevenzione Incendi?
(In particolare, se l’edificio scolastico è di nuova costruzione,
nel qual caso probabilmente il Dirigente scolastico
non sarà stato ancora individuato, è l’Ente pubblico
proprietario, che provvede alla progettazione, alla presentazione
del progetto ai Vigili del Fuoco, alla successiva
costruzione anche in ottemperanza alle eventuali
prescrizioni, a sembrare il naturale soggetto che deve
richiedere il CPI e che rimane intestatario dello stesso
nel corso degli anni.)
Vale la pena ricordare che il D.M. 21 giugno 1996,
n. 292, identifica come “datori di lavoro” i dirigenti
scolastici i quali, ai sensi dell’art. 4, comma 12,
D.Lgs. n. 626/1994, e come ribadito dal D.M. 29 settembre
1998, n. 382, relativamente agli interventi strutturali
e di manutenzione necessari per ottenere la conformità
dell’edificio scolastico anche alle norme di prevenzione
incendi, assolvono agli obblighi di legge con
la richiesta del loro adempimento agli enti locali.
In conformità all’art. 4, D.Lgs. n. 626/1994, e all’art. 3,
legge 11 gennaio 1996, n. 23, l’ente proprietario deve
approntare tutto quanto necessario ai fini del conseguimento
del Certificato di Prevenzione Incendi, ovvero
deve porre in essere tutte le attività preliminari alla
richiesta del parere di conformità, alla realizzazione
degli interventi, alla produzione delle relative certificazioni,
alla richiesta di sopralluogo di controllo o di rinnovo
del CPI in scadenza.
L’ente locale ha l’obbligo, quindi, di collaborare con il
dirigente scolastico nella sua qualità di soggetto responsabile
dell’attività e di organo competente ad
avanzare la richiesta del CPI.
Lo stesso dirigente deve assolvere, però, agli obblighi
di carattere gestionale di propria competenza previsti
14 novembre 2006 ­ N. 21
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OSSERVATORIO VV.F.
dall’art. 4, D.Lgs. n. 626/1994, e dall’art. 12, D.M. 29
agosto 1992, «Norme di prevenzione incendi per l’edilizia
scolastica», e una volta effettuata la richiesta degli
interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria
necessari, trasferisce, di fatto, la responsabilità all’ente
locale che ha il dovere­potere di porvi rimedio.
La richiesta del certificato può essere effettuata direttamente
dell’ente proprietario quando la figura del
dirigente scolastico non risulti individuata, come nel
caso di immobile di nuova costruzione.
FILTRO A PROVA DI FUMO
PER IL MONTALETTIGHE
Il montalettighe da installarsi all’interno di una
casa di riposo per anziani non autosufficienti di
recente costruzione può avere in comune con il vano
scala il filtro a prova di fumo?
Si ricorda che il D.M. 18 settembre 2002, «Approvazione
della regola tecnica di prevenzione incendi
per la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle
strutture sanitarie pubbliche e private», si applica,
oltre che alle strutture ospedaliere, anche alle case di
riposo per anziani, ovvero alle cosiddette strutture che
erogano prestazioni in regime residenziale a ciclo continuativo
e/o diurno.
Nel caso di strutture di nuova costruzione, il punto 3.6.1,
Allegato al decreto prevede che, qualora parte degli
edifici siano destinati ad aree di tipo D (ovvero ad aree
destinate a ricovero in regime ospedaliero e/o residenziale),
questi devono disporre di almeno un montalettighe,
utilizzabile in caso di incendio, per le operazioni di
soccorso e di evacuazione da parte del personale appositamente
incaricato e dai Vigili del Fuoco. Tra i requisiti
che questo impianto deve possedere non è riportato,
nello stesso articolo, alcun divieto circa l’accesso da unico
filtro a prova di fumo in comune con il vano scala.
Tuttavia, lo stesso punto è stato recentemente modificato
dall’art. 5, comma 4, D.M. 15 settembre 2005, il
quale dispone che «Gli edifici destinati anche in parte
ad aree di tipo D devono disporre di almeno un ascensore
montalettighe antincendio, da realizzare in conformità
alle specifiche disposizioni vigenti.».
In particolare, i successivi punti 3.3 e 7, Allegato al D.M.
15 settembre 2005, negano la possibilità di poter realizzare
un filtro comune tra il vano scala e il montalettighe
antincendio, al quale si deve accedere, quindi, tramite
un filtro a prova di fumo a uso esclusivo dello
stesso montalettighe. l
51

GIURISPRUDENZA
Massime
IGIENE E SICUREZZA
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
a cura di Pierguido Soprani, avvocato
52
PATTEGGIAMENTO:
AZIONE DI REGRESSO DELL’INAIL
Cassazione civile, sezione lavoro,
(ud. 19 gennaio 2006)
21 febbraio 2006, n. 3723,
Pres. Mattone, Rel. De Matteis
Lavoro ­ Infortuni sul lavoro ­ Igiene e sicurezza
sul lavoro ­ Lesioni colpose ­ Indennizzo
­ Sentenza di patteggiamento ­ Qualificazione
­ È assimilabile alla sentenza di condanna
­ Azione di regresso dell’ente previdenziale
­ Ammissibilità ­ Valutazione ­ È ammissibile
­ Applicabilità del termine triennale
di prescrizione ­ Valutazione ­ È applicabile
­ Interruzione del termine ­ Valutazione ­ È
possibile
Ai fini dell’esercizio dell’azione di regresso da
parte dell’INAIL ai sensi dell’art. 112 del D.P.R. n.
1124/1965 nei confronti delle persone civilmente
responsabili per le prestazioni erogate a seguito
di infortunio sul lavoro, la sentenza del giudice
penale di applicazione della pena su richiesta dell’imputato,
ai sensi dell’art. 444 c.p.p., deve ritenersi
assimilabile alla sentenza di condanna, con
la conseguenza che detta azione è ammissibile e
soggetta a termine triennale di prescrizione, suscettibile
di interruzione.
Nota
Nella vicenda processuale l’INAIL pretendeva in
via di regresso dal datore di lavoro quanto erogato
al lavoratore rimasto vittima di un infortunio
sul lavoro. Il procedimento penale si era
concluso con sentenza di patteggiamento nei
confronti del direttore dello stabilimento e del
capo reparto, per il reato di lesioni personali
colpose.
La domanda dell’Inail era stata respinta sia dal
primo giudice sia dalla Corte d’appello, giacché
l’Inail aveva iniziato l’azione di regresso ben
oltre il termine triennale di cui all’art. 112,
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D.P.R. n. 1124/1965. In particolare, il giudice
d’appello aveva qualificato la sentenza di patteggiamento
come sentenza priva dell’accertamento
del fatto e, quindi, l’azione di regresso
soggetta a termine di decadenza triennale, nella
specie non osservato.
A fronte di ricorso dell’INAIL, la Corte di Cassazione
ha accolto, invece, i motivi addotti dal
ricorrente.
In punto di diritto la controversia concerneva il
valore da attribuire alla sentenza di patteggiamento:
• se di accertamento del fatto reato, si applicava
il termine di prescrizione dell’art. 112, comma
5, T.U. n. 1124/1965, pacificamente più volte
interrotto dall’istituto assicuratore;
• negando, invece, questo valore accertativo,
trovava applicazione il termine di decadenza
previsto nella medesima disposizione, rispetto
al quale gli atti interruttivi dell’istituto non
hanno alcun valore.
La Cassazione, con ampia disamina, richiamando
la pronuncia della Corte a Sezioni Unite 16
aprile 1997, n. 3288, e facendo leva sul testo
della norma, che dispone «II giudizio di cui all’art.
11 non può istituirsi dopo trascorsi tre
anni dalla sentenza penale che ha dichiarato
non doversi procedere per le cause indicate nello
stesso articolo. L’azione di regresso di cui
all’art. 11 si prescrive in ogni caso nel termine di
tre anni dal giorno nel quale la sentenza penale
è divenuta irrevocabile», ha ritenuto che la
norma prevede due distinte fattispecie:
• quella della prima parte, che costituisce
un’ipotesi di decadenza dall’azione e sussiste
nel caso in cui, mancando un accertamento del
fatto­reato in sede penale, l’INAIL chieda al
giudice civile di accertare incidenter tantum
l’esistenza del fatto e la responsabilità del datore
di lavoro;
• quella della seconda parte, che costituisce
una ipotesi di prescrizione e sussiste, invece,
qualora vi sia stata una sentenza di condanna.
La ratio di una siffatta distinzione, risiede nel
fatto che la natura decadenziale del termine ­
14 novembre 2006 ­ N. 21

nell’ipotesi di mancanza di accertamento del
fatto reato e della responsabilità dell’imputato
in sede penale ­ è posta a tutela della posizione
del datore di lavoro che ha interesse a vedere
definita rapidamente la propria posizione e a
non vedersi procrastinare a lungo lo stato di
incertezza mediante ricorso al compimento di
atti aventi effetti interruttivi del corso della
prescrizione; di contro, nell’ipotesi in cui, in sede
penale, vi sia stato l’accertamento del fatto
reato e della responsabilità dell’imputato, questi
inconvenienti non sussistono, con la conseguenza
che il termine triennale va considerato
di prescrizione e, quindi, suscettibile di interruzione.
Con queste premesse la Cassazione ha ritenuto la
fondatezza del ricorso dell’istituto assicuratore
per il recupero, nel caso de quo, delle somme
erogate.
Il principio di diritto affermato dalla Suprema
Corte, aderente a precedente orientamento
(sul tema, Cass. 30 dicembre 1999, n. 14374;
Cass. 9 dicembre 2002, n. 17529; Cass. 11 marzo
2005, n. 5348), è che in tema di azione di regresso
dell’INAIL, ai sensi dell’art. 112, D.P.R. n.
1124/1965, nei confronti delle persone civilmente
responsabili per le prestazioni erogate a
seguito di infortunio sul lavoro, avuto riguardo
alla distinzione tra le ipotesi in cui manchi un
accertamento del fatto­reato da parte del giudice
penale (ove l’azione di regresso è soggetta
a termine triennale di decadenza) e le ipotesi di
sussistenza di questo accertamento con sentenza
penale di condanna (in cui l’azione di regresso
è soggetta a termine triennale di prescrizione),
«la sentenza di applicazione della pena su
richiesta dell’imputato, pronunciata dal giudice
penale ai sensi dell’art. 444 c.p.p, deve ritenersi
di condanna, con la conseguenza che il termine
di cui all’art. 112 cit. si configura come termine
di prescrizione ed è pertanto suscettibile di interruzione».
Valutando, sul piano sistematico gli artt. 10, 11
e 112, D.P.R. n. 1124/1965, dopo la riforma del
codice di procedura penale, la Cassazione ha
ritenuto che al principio della prevalenza del
giudicato penale sul giudizio civile si è sostituito
il principio relativistico dell’autonomia delle
giurisdizioni e, dunque, è caduta l’identificazione
tra accertamento della responsabilità penale
e sentenza di condanna, cui erano ispirate, all’epoca
in cui vennero scritte, le varie norme del
T.U. n. 1124/1965 in tema di azione di regresso.
14 novembre 2006 ­ N. 21
IGIENE E SICUREZZA
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GIURISPRUDENZA
Massime
Quindi, non più la necessità e la prevalenza
dell’accertamento del fatto­reato in sede penale,
ma la valutazione della responsabilità penale
del soggetto, in sede penale o civile, a venire
in rilievo (Cass. 27 febbraio 1996, n. 1501).
È in questo rinnovato contesto che, secondo i
Giudici di legittimità, si colloca la nuova figura
dell’applicazione della pena su richiesta delle
parti (cosiddetto patteggiamento) prevista dagli
artt. 444 e 445 c.p.p. In realtà, il rapporto di
reciproca implicazione tra responsabilità e pena,
imposto dall’art. 27 della Costituzione,
comporta che il procedimento e la pronuncia
sulla richiesta di applicazione della pena abbiano
natura giurisdizionale, in cui il giudice conserva
una funzione di controllo non solo di legittimità,
ma anche di merito (Corte Cost., 26
giugno 1990, n. 313). Infatti, egli deve accertare
che dagli atti di indagine compiuti dal PM
non risulti che «il fatto non sussiste o che l’imputato
non lo ha commesso o che il fatto non
costituisce reato o non è previsto dalla legge
come reato ovvero che il reato è estinto o che
manca una condizione di procedibilità» (il che
significa che il giudice può rilevare non solo
l’esistenza di prove positive dell’innocenza dell’imputato,
ma anche la mancanza di prove della
colpevolezza). Se questo accertamento negativo
da parte del giudice non equivale a una
pronuncia positiva di responsabilità, certamente
la presuppone (Corte Cost., 20 maggio 1996,
n. 155), proprio per la correlazione tra pena e
responsabilità posta dall’art. 27 Cost.; se, per un
verso, vi è nell’istituto la componente negoziale
della pena concordata e manca un accertamento
pieno della responsabilità (Corte Cost.,
11 dicembre 1995, n. 499), per altro verso questa
componente negoziale non esaurisce i molteplici
aspetti dell’istituto, che non diventa un
negozio, ma rimane un giudizio, che si conclude
con l’irrogazione di una pena, il quale giudizio
comporta, come condizione imprescindibile,
appunto, per l’irrogazione di una pena, anche
se concordata, un accertamento di responsabilità
penale, che non necessita di essere pieno,
in virtù della volontaria accettazione dell’interessato,
e che implica ammissione del fatto
storico.
Alla luce di queste argomentazioni, la Suprema
Corte ha ritenuto di collocare l’accertamento
parziale implicito nel patteggiamento nella
doppia previsione dell’art. 112, comma 5, D.P.R.
n. 1124/1965, e di qualificarla, all’esito della
53

GIURISPRUDENZA
Massime
rivisitazione sistematica dell’istituto, non tra le
sentenze di proscioglimento, ma tra quelle di
condanna.
In altra vicenda processuale di condanna in sede
civile del datore di lavoro a seguito di patteggiamento
nel processo penale e di successiva
azione di regresso da parte dell’INAIL, la
Cassazione aveva ritenuto che la sentenza di
patteggiamento costituisce indiscutibile elemento
di prova per il giudice di merito il quale,
ove intenda disconoscere questa efficacia probatoria,
ha il dovere di spiegare le ragioni per
cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente
responsabilità e il giudice penale abbia
prestato fede a questa ammissione e che questo
riconoscimento, pur non essendo oggetto di
statuizione assistita dall’efficacia del giudicato,
può essere utilizzato come prova nel corrispondente
giudizio di responsabilità in sede civile
(Cass. civ., sezione lavoro, 21 marzo 2003, n.
4193).
54
I SOGGETTI RESPONSABILI
NELL’APPALTO E SUBAPPALTO
Cassazione penale, sez. IV,
(ud. 20 aprile 2006) 3 luglio 2006,
n. 22823, Pres. De Grazia, Rel. Marzano
Prevenzione degli infortuni ­ Violazione delle
norme antinfortunistiche ­ Cantiere edile
­ Appalto e Subappalto ­ Individuazione dei
soggetti responsabili ­ Committente ­ È tale ­
Appaltatore ­ È tale in caso di subappalto
In tema di contratto di appalto o contratto
d’opera, grava sul committente, ai sensi dell’art.
7 del D.Lgs. n. 626/1994, l’obbligo di cooperare
all’attuazione delle misure di prevenzione
e di coordinare gli interventi di protezione e
prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori,
con reciproca informazione anche al fine
di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i
lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione
dell’opera complessiva. In tale contesto
e assetto operativo, la condizione dell’appaltatore
rispetto a quella del subappaltatore di specifici
lavori, è sostanzialmente assimilabile a
quella del committente.
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Nota
La vicenda giudiziaria in esame riguardava lavori
edili in appalto (fornitura e posa in opera
della struttura prefabbricata di un capannone),
con ulteriore parziale subappalto dei lavori di
montaggio e posa in opera degli elementi in
cemento armato prefabbricato e dei lavori di
fornitura in opera delle lastre di copertura in
fibrocemento del capannone. Una delle imprese
subappaltatrici aveva a sua volta subappaltato
l’esecuzione delle opere inerenti alla copertura
del manufatto e il titolare di quest’ultima
aveva “ceduto” il contratto ­ ovvero, piuttosto,
secondo l’accusa, utilizzato due operai polacchi,
in regime di intermediazione di manodopera,
per l’esecuzione del lavoro. Uno di questi,
terminato il lavoro e in procinto di allontanarsi
dal cantiere, accortosi di aver lasciato un attrezzo
sul tetto, era risalito per recuperarlo; l’operaio,
in questa operazione, era improvvisamente
caduto, sfondando il tetto e rovinando al
suolo (riportando, così, lesioni che lo avevano
tratto a morte), per la mancanza delle cautele
antinfortunistiche dovute (in particolare, per la
mancata predisposizione di tavole sopra le orditure,
di sottopalchi, di idonee scale poste nei
diversi punti del luogo di lavoro e di cinture di
sicurezza), sicché, camminando sulle lastre di
copertura, le aveva sfondate col proprio peso.
I Giudici di merito avevano ritenuto di imputare
la mancata predisposizione delle cautele antinfortunistiche
indifferentemente ai titolari di
tutte le imprese coinvolte nel cantiere. La tesi
difensiva era, invece, che la destinazione soggettiva
del precetto penale implica la responsabilità
del subappaltante in quanto condizionata
alla sussistenza di due specifici requisiti:
• che l’infortunio non riguardi il rischio specifico
del subappaltatore;
• che vi sia stata una effettiva ingerenza del
primo imprenditore sulla attività del secondo.
La Corte di Cassazione ha ritenuto provata in
primis l’intermediazione di manodopera e, parallelamente,
che l’omissione di controllo sull’osservanza
delle norme di legge e regolamentari
era indiscutibilmente ascrivibile a tutti gli
imputati imprenditori, ciascuno per la personale
ingerenza nell’attività di costruzione del capannone.
Nel caso di specie, essendosi proceduto, da parte
dell’impresa principale, al cosiddetto “frazio­
14 novembre 2006 ­ N. 21

namento dell’appalto” attraverso i sub­appalti
parziali, non avendo assunto i singoli subappaltatori
l’onere della intera organizzazione del
lavoro e del cantiere e, con esso, la totale assunzione
della predisposizione delle misure antinfortunistiche
afferenti all’intero luogo di lavoro,
gli appaltatori rimanevano quantomeno
contitolari dell’obbligo di predisporre le misure
di prevenzione volute dalla legge in riferimento
all’intero cantiere e di verificarne, in concreto,
l’attuazione.
Non solo era risultato che l’imprenditore appaltante
aveva conservato il potere direttivo del
cantiere e l’obbligo dell’osservanza delle prescrizioni
antinfortunistiche, ma eventuali clausole
di trasferimento di rischio e responsabilità
tra appaltatore e subappaltatore, in una situazione
nella quale erano stati sub­appaltati solo
alcuni specifici lavori, in ogni caso non potevano
avere rilevanza operativa, trattandosi di
norme di diritto pubblico, insuscettibili di essere
derogate da determinazioni pattizie.
Da ultimo, in questa intricata rete di relazioni
14 novembre 2006 ­ N. 21
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GIURISPRUDENZA
Massime
contrattuali e fattuali, la Cassazione ha inteso
puntualizzare (peraltro, richiamando una norma
inapplicabile ratione temporis al fatto contestato,
avvenuto in data 18 dicembre 1991)
che ai sensi dell’art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, in
tema di contratto di appalto o contratto d’opera,
grava sul committente l’obbligo di cooperare
all’attuazione delle misure di prevenzione e
di coordinare gli interventi di protezione e di
prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori,
informandosi reciprocamente, anche al fine
di eliminare rischi dovuti alle interferenze
tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione
dell’opera complessiva. In questo
contesto e assetto operativo, la condizione dell’appaltatore
rispetto a quella del subappaltatore
di specifici lavori, è sostanzialmente assimilabile
a quella del committente, laddove,
nella specie, «nonostante tutti gli impegni assunti
tra le diverse ditte, vicendevolmente, nessun
controllo sul lavoro dei due semplici operai
veniva svolto» da alcuno dei preposti di ciascuna
impresa esecutrice. l
55

AMBIENTE
TESTO UNICO AMBIENTALE - RIFIUTI
Articolo
Tra le tante, si segnala anche un’inedita definizione di «prodotto recuperato»
Ipotesi di riforma del D.Lgs. n. 152/2006:
tutti i possibili cambiamenti per i rifiuti
di Paolo Pipere, responsabile Servizio Ambiente, Infrastrutture e Territorio ­ Camera di Commercio di Milano
Abolizione dei limiti per
l’assimilazione dei rifiuti speciali
a quelli urbani; ripristino
del MUD per tutti i rifiuti
prodotti; vincoli esclusivamente
quantitativi per il deposito
temporaneo; aggravio delle
procedure di iscrizione all’Albo
gestori ambientali per le imprese
che trasportano i propri rifiuti
non pericolosi; la revisione delle
definizioni di «raccolta
differenziata», di «recupero» e
di «smaltimento»; nuova nozione
di «prodotto recuperato»
e di «materia prima secondaria»;
soppressione del concetto
di sottoprodotto. Queste,
in estrema sintesi, alcune
delle novità contenute
nel schema di decreto correttivo
del nuovo Codice dell’Ambiente
(D.Lgs. n. 152/2006) approvato
in prima lettura dal Consiglio
dei Ministri il 12 ottobre 2006.
14 novembre 2006 ­ N. 21
Lo schema di decreto correttivo
del nuovo Codice dell’Ambiente
(D.Lgs. n. 152/2006) approvato
in prima lettura dal Consiglio
dei Ministri il 12 ottobre 2006, introduce
una vasta serie di innovazioni in
materia di gestione dei rifiuti. Tra le
principali spicca:
l l’abolizione dei limiti per l’assimilazione
dei rifiuti speciali a quelli
urbani;
l la scelta di tornare a prevedere
la dichiarazione ambientale per
tutti i rifiuti prodotti;
l la decisione di porre vincoli
esclusivamente quantitativi per il
deposito temporaneo;
l l’aggravio delle procedure di
iscrizione all’Albo gestori ambientali
per le imprese che trasportano i
propri rifiuti non pericolosi.
Rilevanti anche:
l la revisione delle definizioni di
«raccolta differenziata», di «recupero»
e di «smaltimento»;
l la nuova nozione di «prodotto recuperato»
e di «materia prima secondaria»;
l la soppressione del concetto di
sottoprodotto.
Il ritorno della privativa
Lo schema di decreto correttivo
elimina il limite dimensionale - 250
metri quadrati per le imprese e gli enti
ubicati in comuni con popolazione
superiore a 10.000 abitanti, 150 metri
quadrati per i comuni più piccoli -
oltre il quale non era più consentita
l’assimilazione dei rifiuti speciali a
quelli urbani. A seguito di questa mo-
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difica, le imprese e gli enti che esercitano
la loro attività utilizzando locali
di qualsiasi estensione potranno ritornare
a conferire una parte dei rifiuti
prodotti, quelli che il comune ha deciso
di assimilare sulla base dei criteri
definiti dalla deliberazione del Comitato
interministeriale sui rifiuti 27 luglio
1984, al servizio pubblico di raccolta.
Con l’abrogazione dei limiti cade,
però, anche la previsione secondo
la quale «non possono di norma essere
assimilati agli urbani i rifiuti che si
formano nelle aree produttive, compresi
i magazzini di materie prime e
di prodotti finiti», precisazione utile,
invece, a contenere il contenzioso tra
comuni e imprese sulle superfici da
assoggettare al pagamento della tassa
o della tariffa.
MUD anche
per i non pericolosi
Secondo la bozza del decreto, le
imprese che producono rifiuti dovranno,
in futuro, documentare nel modello
unico di dichiarazione ambientale
(cosiddetto MUD), come avveniva
prima dell’entrata in vigore del recente
“Testo Unico” ambientale:
l non solo i rifiuti pericolosi,
l ma anche quelli non pericolosi:
- derivanti da lavorazioni industriali
o artigianali;
- decaduti da trattamenti di depurazione
o potabilizzazione delle acque,
di abbattimento delle emissioni
in atmosfera e da operazioni di trattamento
di rifiuti. L’intervento correttivo
prospettato ricostruirebbe l’originario
rapporto tra registri di carico e
scarico e MUD, nel senso che il pri-
59

TESTO UNICO AMBIENTALE - RIFIUTI
Articolo
mo adempimento tornerebbe a essere
strumentale al secondo e non un onere
aggiuntivo avulso dalla logica del
sistema; inoltre, verrebbe migliorata
la qualità della rilevazione statistica
dei dati, anche se a prezzo di una
maggiore complessità nella redazione
di ogni dichiarazione ambientale.
Limiti quantitativi
per il deposito temporaneo
L’ipotesi di riforma del D.Lgs. n.
152/2006, modifica profondamente i
criteri temporali e quantitativi per il
“deposito temporaneo” dei rifiuti nei
luoghi in cui sono stati prodotti. Lo
schema di decreto correttivo abolisce,
infatti, una delle due strategie di
gestione che il D.Lgs. n. 152/2006,
aveva considerato come alternative
tra loro, ovvero quella che consentiva
l’accumulo di rifiuti in quantità superiori
a 10 (rifiuti pericolosi) o a 20
metri cubi (rifiuti non pericolosi) a
condizione che l’avvio al recupero o
allo smaltimento avvenisse, rispettivamente,
bimestralmente o trimestralmente.
In futuro, quindi, questo
limite quantitativo non potrà mai essere
superato e, in ogni caso, sarà
necessario garantire l’asportazione,
almeno annuale, dei rifiuti prodotti. I
nuovi valori comporteranno, però, un
aumento dei costi di gestione dei rifiuti,
se si considera che un’azienda
di medie dimensioni o un piccolo supermercato
possono raggiungere il limite
di 20 metri cubi in pochi giorni,
anche solo accumulando i rifiuti di
imballaggio di differenti materiali.
Procedura ordinaria
per tutti
Altrettanto gravida di conseguenze
per le imprese, la scelta di abrogare
la procedura semplificata di iscrizione
all’Albo gestori ambientali introdotta
pochi mesi fa. L’obbligo riguarda
le imprese che esercitano, come
attività “ordinaria e regolare”, il
trasporto dei rifiuti da loro stesse generati.
Anche le piccole imprese edi-
60
AMBIENTE
li, i manutentori, i giardinieri e gli
artigiani si dovranno perciò iscrivere
all’Albo seguendo la complessa procedura
ordinaria originariamente definita
per garantire la qualificazione
degli operatori professionali del trasporto
di rifiuti. Per l’iscrizione sarà
necessario:
l soddisfare requisiti di capacità finanziaria
(50.000 euro per il primo
mezzo, 25.000 se di portata inferiore
a 3,5 t);
l individuare un responsabile tecnico
con una specifica formazione ed
esperienza nel trasporto di rifiuti;
l prestare, tramite fideiussione, una
garanzia finanziaria che può superare
i 3 milioni di euro;
l sottoporre a perizia giurata ogni
mezzo utilizzato per il trasporto dei
propri rifiuti.
Campo di applicazione
e definizioni
Rilevanti, come si è anticipato,
anche le modifiche che investono le
definizioni e il campo di applicazione
della norma, rispetto al quale deve
essere segnalata una drastica riduzione
delle ipotesi di esclusione. Si è
provveduto, infatti, a eliminare la
stratificazione di regimi di favore di
uno piuttosto che di un altro scarto di
produzione, riportando alla disciplina
sui rifiuti, tra gli altri:
l il coke da petrolio;
l le ceneri di pirite;
l le polveri di ossidi di ferro;
l il combustibile derivato da rifiuti
di qualità;
l i materiali vegetali non contaminati
provenienti da alvei di scolo e
irrigui;
l il materiale litoide estratto da corsi
d’acqua, bacini idrici e alvei;
l con una decisione che riaprirà
complesse dispute, anche i sottoprodotti
di origine animale non destinati
al consumo umano disciplinati
anche, e non più esclusivamente, dal
regolamento n. 1774/2002.
È facile prevedere che l’eliminazione
della nozione di sottoprodotto
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sarà uno dei temi sui quali si incentrerà
il dibattito nelle prossime settimane,
sebbene la numerosa serie di
condizioni da soddisfare e di garanzie
da prestare per poter raggiungere
l’esclusione dal campo di applicazione
della normativa sui rifiuti fosse
già di per sé stessa tale da indurre
buona parte delle imprese a non ricorrere
a questa possibilità.
Va anche rilevato come le definizioni
delle operazioni di recupero e
di smaltimento siano state adeguate
alle definizioni comunitarie. L’esigenza
di disporre di una definizione
operativa di queste attività, spesso
vagamente e confusamente descritte
dagli appositi allegati alle direttive, si
scontrava, infatti, con l’imperativo di
dirimere la questione a livello comunitario.
Scompaiono perciò dalla definizione
di «recupero» i riferimenti
alle operazioni di selezione e cernita,
mentre da quella di «raccolta differenziata»
viene eliminata la paradossale
scelta operata dal D.Lgs. n. 152/
2006 di includere in questa nozione
anche le operazioni di selezione della
frazione organica raccolta in modo
indifferenziato effettuate presso gli
impianti di trattamento.
Bisognosa di un ulteriore perfezionamento,
infine, la nozione di
«materia prima secondaria», definita
attraverso un rimando all’articolo
181 che, nella nuova formulazione, a
sua volta richiama un emanando decreto
ministeriale che fisserà i metodi
di recupero dei rifiuti «utilizzati per
ottenere materia prima o prodotti» e
non, invece, materie prime secondarie.
Interessante, infine, l’inedita nozione
di prodotto recuperato: «prodotto
finito, derivante da un completo
trattamento di recupero, che non
può più essere distinto da altri prodotti
derivanti da materie prime primarie»,
anche se non è chiaro se, al
termine di un processo di recupero, si
avrà un semplice “prodotto” oppure
un “prodotto recuperato”.
A seguire una breve sintesi di
quanto riportato sopra. l
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
Le possibili modifiche per la legislazione sui rifiuti
Campo
di applicazione
Limiti per l’assimilazione
dei rifiuti speciali
agli urbani
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TESTO UNICO AMBIENTALE - RIFIUTI
Articolo
D.Lgs. n. 152/2006 Decreto correttivo
Esclusioni, tra le altre, per:
­ i sottoprodotti;
­ il coke da petrolio;
­ le ceneri di pirite;
­ le polveri di ossidi di ferro;
­ il combustibile derivato da rifiuti (CDR) di qualità;
­ i materiali vegetali non contaminati provenienti da alvei
di scolo e irrigui;
­ il materiale litoide estratto da corsi d’acqua, bacini idrici
e alvei;
­ i sottoprodotti di origine animale non destinati al consu­
mo umano disciplinati dal regolamento CE 1774/2002.
Divieto di assimilare agli urbani i rifiuti speciali prodotti
da enti o imprese operanti su superfici superiori a 150
(comuni con popolazione < 10.000 abitanti) o a 250 me­
tri quadrati (comuni con popolazione > 10.000 abitanti).
Abolizione delle esclusioni per
le tipologie di scarti citati.
Abrogazione dei limiti dimensionali
per l’assimilazione
Limiti per il deposito Limite temporale (2 mesi per i pericolosi, 3 per i non peri­ Limitequantitativo(10metricubi
temporaneo colosi)senzalimitequantitativo,oppurelimitequantitati per i pericolosi, 20 per i non perivo
(10 metri cubi per i pericolosi, 20 per i non pericolosi) colosi) con avvio al recupero o al­
conavvioalrecuperooallosmaltimentoalmenoannuale. lo smaltimento almeno annuale.
Dichiarazione MUD Solo per rifiuti classificati come pericolosi. Per rifiuti pericolosi e per rifiuti
per i produttori di ri­
non pericolosi derivanti da lavofiutirazioni
industriali o artigianali,
oltre a quelli ­ sempre non pericolosi
­ decaduti da trattamenti
di depurazione o potabilizzazione
delle acque, di abbattimento
delle emissioni in atmosfera
e da operazioni di trattamento
di rifiuti.
Imprese che esercita­ Iscrizione semplificata (comunicazione e diritto annuale Iscrizione ordinaria all’Albo geno
come attività “or­ pari a 50 euro) all’Albo gestori ambientali
stori ambientali
dinaria e regolare” il
trasporto dei rifiuti da
loro stesse generati
61

62
ARIA
Osservatorio CEI ­ Articolo
AMBIENTE
Per i motori elettrici ad alta efficienza
il dato tecnico deve sposare il mercato
di Silvia Berri, responsabile Comunicazione e Promozione
e Angelo Baggini, membro CT 64 CEI ­ Comitato Elettrotecnico Italiano
CEI
L’impiego di motori elettrici a elevato rendimento (EEEM) costituisce uno degli interventi più semplici ed efficaci per ridurre i
costi legati all’energia elettrica per i processi industriali. Questa soluzione, peraltro, è caldeggiata dai DD.MM. 24 aprile 2001
sull’efficienza energetica negli usi finali, in sostituzione di quelli standard. In Italia, il settore industriale impiega il 50% circa
dell’energia elettrica totale del “sistema­Paese”; di questi 138 TWh, la quota dovuta all’impiego di motori elettrici è stimabile
in una percentuale variabile pari a circa il 60­80%. Un miglioramento dell’efficienza di queste macchine inciderebbe, quindi, in
modo determinante sui costi dei consumi e sul mantenimento della competitività dell’economia. Molti sono i fattori da
considerare all’interno di un’analisi comparativa, viste le numerose variabili (tecniche ed economiche) che possono incidere sul
risultato finale. Per uniformare queste stime sono state individuate tre classi di efficienza (EFF1, EFF2 e EFF3), che differenziano
i motori in funzione del livello di rendimento.
ontesto legislativo
’impiego di motori elettrici a elevato rendiento
(EEEM) costituisce uno degli interveni
più semplici ed efficaci per ridurre i costi
egati all’energia elettrica utilizzata per i proessi
industriali. In Italia, il settore industriale
mpiega il 50% circa dell’energia elettrica toale
del “sistema Paese”; di questi 138 TWh,
a quota dovuta all’impiego di motori elettrici
stimabile in una percentuale variabile pari a
irca il 60­80% [1] . I DD.MM. 24 aprile 2001
ull’efficienza energetica negli usi finali [2] ,
uggeriscono, tra le varie misure, anche
uella dell’impiego dei motori ad alta effiienza
in sostituzione di quelli standard. Ai
isparmi conseguiti corrispondono riconoscienti
sotto forma di titoli di efficienza eneretica
(TEE) [3] , che vengono rilasciati secondo
a delibera AEEG n 103/2003 [4] . I TEE sono
egoziabili e il riconoscimento economico
uò essere stimato pari a circa 150­200 €/
EP, il che potrebbe portare, ad esempio, nel
aso di motore di potenza 15 kW con 4.000
ore di utilizzazione anno e un fattore di carico
75%, a un bonus pari a 63,00 €, che
abbasserebbe il payback dai 3,6 anni, senza
gli incentivi costituiti dai TEE, a 2,8 anni (si
veda lo schema 1).
Dati tecnici
È facile intuire come il miglioramento dell’efficienza
di queste macchine possa incidere
in modo determinante sui costi energetici,
soprattutto se l’utilizzo di energia
elettrica nel processo è prevalente.
La convenienza dell’impiego di motori elettrici
ad alto rendimento è ancor più evidente
se si considera che, in generale, il costo
d’acquisto è trascurabile rispetto a quello di
esercizio lungo la vita utile del motore,
oscillando, in rapporto al costo di esercizio,
in un range percentuale variabile tra il 15%
ed il 5% circa.
In generale, il rendimento di un motore
elettrico dipende:
l dal tipo di progetto e, in particola­
[1] Fonte: FIRE (Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia) e Office of Industrial Technologies (OIT).
[2] «Individuazione degli obiettivi quantitativi per l’incremento dell’efficienza energetica negli usi finali ai sensi dell’art. 9, comma 1,
del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79» e «Individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e
sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all’art. 16, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164» (in S.O. n. 125 alla
Gazzetta Ufficiale del 22 maggio 2001, n. 117).
[3] Si veda l’articolo di D. Manzoni a pag. 82 del n. 19/2006 di Ambiente&Sicurezza.
[4] «Linee guida per la preparazione, esecuzione e valutazione dei progetti di cui all’articolo 5, comma 1, dei decreti ministeriali 24
aprile 2001 e per la definizione dei criteri e delle modalità per il rilascio dei titoli di efficienza energetica» (in Gazzetta Ufficiale
dell’8 ottobre 2003, n. 234).
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re, dalla qualità e dalla quantità del materiale
impiegato per la costruzione;
l dal tipo e dalla taglia del motore;
l soprattutto, dal coefficiente di utilizzo,
ovvero del rapporto tra la potenza erogata
all’albero e la potenza nominale. Il rendimento
di un motore dipende, infatti, dal
punto di lavoro e nello specifico:
­ decresce al diminuire del coefficiente di utilizzo;
quando questo è inferiore al 50­60%
la diminuzione è particolarmente drastica;
­ cresce all’aumentare della potenza nominale,
con riferimento alla taglia del motore.
Valori tipici di rendimento (riferiti a un coefficiente
di utilizzo pari al 75%) sono compresi
tra 75­95%, per taglie comprese tra 1
e 200 kW.
In termini assolutamente generali, la valutazione
economica di investimenti alternativi
di questo tipo dipende principalmente dai
seguenti fattori:
l costo dell’energia (€/kWh) e della potenza
impegnata (€/kW);
14 novembre 2006 ­ N. 21

potenza 15 kW;
4000 ore di utilizzazione anno
fattore di carico 75%
potenza nominale del motore;
rendimento nominale del motore;
fattore di carico del motore;
ore di funzionamento annue del motore.
ome valori di riferimento si può dire che il
aggior costo di un motore ad alta
fficienza ­ dovuto alla più elevata qualità
quantità dei materiali utilizzati ­ rispetto
uno tradizionale, è pari a circa il
0­40% sul prezzo di listino, a parità di
otenza nominale.
n generale, la convenienza dell’acquisto di
n motore ad alto rendimento è maggiore
er quelli caratterizzati da un numero eleato
di ore di funzionamento oppure per
ercati con elevati costi dell’energia.
importante sottolineare che la riduzione
elle perdite in un motore comporta, oltre al
antaggio del risparmio energetico, anche
na diminuzione delle sovratemperature e,
uindi, un aumento della vita attesa della
acchina a parità di sistema di isolamento e
el consumo di lubrificante, nonché la posibilità
di ridurre la ventilazione e la rumoroità
a essa collegata. Un motore con rendienti
più alti è caratterizzato, inoltre, da:
maggiori rendimenti ai carichi ridotti, esendo
maggiormente contenute le perdite
vuoto;
maggiore capacità di sopportare squiliri
e variazioni di tensione della rete di alientazione;
maggiori vantaggi nelle applicazioni con
limentazione da inverter.
ayback
uando si considera l’acquisto di un
uovo motore, il fattore rilevante nella
alutazione è la differenza tra i costi
14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
Benefici del riconoscimento economico
a un bonus pari a 63,00 €
d’acquisto del motore ad alta efficienza
e quelli per uno tradizionale.
Per motori caratterizzati da un numero elevato
di ore di funzionamento, il payback è
compreso tra 1 e 3 anni; quest’ultimo, peraltro,
diminuisce indicativamente in maniera
lineare con le ore di funzionamento e cresce
nell’intervallo di potenze 100­250 kW. Chiaramente
se come indice di valutazione dell’investimento
si utilizza il payback semplice,
si ignora ciò che succede dopo il tempo di
recupero del capitale, cosa particolarmente
penalizzante per investimenti che assicurano
benefici nel corso di un periodo temporale
lungo. Se, infatti, per valutare l’investimento
si tiene conto del costo attualizzato delle
perdite lungo l’intera vita utile del motore, si
ricava che l’acquisto di motori ad alta efficienza
è conveniente:
l con un numero di ore di funzionamento
annuo pari a circa 300 (coefficiente di utilizzo:
0,75; costo dell’energia pari a 5c €/
kWh; costo dell’impegno di potenza 22 €/
kW anno), in riferimento a potenze nominali
superiori a 7,5 kW;
l con un numero di ore di funzionamento
annuo superiore pari a circa 2.500­3.000,
relativamente a taglie inferiori
Riparazione e sostituzione
Per quanto concerne la scelta tra la riparazione
di un motore guasto e l’acquisto di
uno ad alta efficienza, la differenza di costo
imputabile alla soluzione energeticamente
più efficiente è pari allo scarto tra il costo del
motore ad alta efficienza e il costo del riavvolgimento
del motore esistente.
In questo caso, si deve però tener conto che
l’operazione di riavvolgimento comporta un
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ARIA
Osservatorio CEI ­ Articolo
Schema 1
Il riconoscimento economico può essere stimato pari a circa 150-200 €/tep, il che potrebbe portare, ad esempio,
nel caso di motore con:
che abbasserebbe il payback dai
3,6 anni, senza gli incentivi costituiti
dai TEE, a 2,8 anni
peggioramento delle prestazioni energetiche
del motore variabile, a seconda della
perizia dell’operatore, tra 1 e 4 punti percentuali.
Riavvolgere un motore elettrico significa,
quindi, rimettere in servizio un motore
il cui rendimento è minore rispetto allo
stesso appena acquistato.
Come per il caso precedente, la convenienza
dell’acquisto di un motore ad alto
rendimento è elevata per tipologie caratterizzate
da un numero elevato di ore di
funzionamento (payback compresi tra 0,5
e 2 anni) e il rientro dall’investimento diminuisce
linearmente con le ore di funzionamento.
A differenza, però, di quanto
accade nel caso di un nuovo acquisto, il
payback varia in funzione:
l della potenza nominale del motore, nel
senso che, per motori piccoli (1­11 kW), il
payback risulta estremamente interessante;
l della tipologia costruttiva del motore e,
in particolare, del fatto che la costruzione sia
chiusa o aperta; per questi ultimi, il payback
è più breve rispetto ai motori con costruzione
chiusa ed è compreso tra 1 e 3 anni.
Quando si vuole valutare la convenienza della
sostituzione di un motore in servizio con
uno ad alta efficienza, la differenza di costo
imputabile alla soluzione energeticamente
più efficiente è pari allo scarto tra il costo del
motore ad alta efficienza sommato al costo
della manodopera necessaria per la rimozione
del vecchio e l’installazione del nuovo.
In generale, non si considera mai nel calcolo
economico il valore del motore sostituito
perché, di fatto, non esiste un mercato rilevante
di motori usati.
La sostituzione di motori in servizio
non è particolarmente interessante per:
63

ARIA
Osservatorio CEI ­ Articolo
un numero di ore di funzionamento anuo
basso (per esempio 2.000), a meno
he il costo dell’energia non sia particolarente
elevato (>10c€/kWh);
piccole taglie (1­3,5 kW);
potenze nominali superiori a 100 kW.
e iniziative istituzionali
ella valutazione della convenienza dell’imiego
di EEEM non sono, infine, da trascurae
le iniziative nazionali ed europee che posono
influire, in modo anche determinante,
ul costo complessivo dell’investimento.
l miglioramento annuale dell’efficienza
nergetica negli anni 1990 era pari a
,4% l’anno circa (EC Green Paper on
nergy Efficiency 22 giugno 2005), menre
da allora è diminuito costantemente
ino a un valore stabile pari a circa 0,5%.
on lo scopo di rimuovere queste barriee,
la Commissione europea, attraverso il
rogramma SAVE e l’agenzia IEEA, ha sviuppato
diversi strumenti di supporto per
e aziende per il miglioramento dell’effiienza
energetica; tra questi, il principale
il motor challenge programme (MCP),
a cui finalità è quella di creare una serie
i azioni a sostegno delle industrie per
ncrementare l’efficienza energetica dei
otori elettrici e, più in generale, dei sitemi
che utilizzano motori elettrici.
l programma possono partecipare tutte le
ziende; la Commissione europea provvede
fornire un pubblico un riconoscimento del
ontributo al raggiungimento degli obiettivi
i politica energetica comunitaria attravero,
tra l’altro, l’uso esclusivo del logo del
rogetto e l’inserimento del nominativo
ell’azienda nel catalogo dei partecipanti.
fronte dei risultati positivi riscossi in EU15
a MCP, lo scorso anno la Commissione ha
eciso di finanziarne l’estensione ai nuovi
embri e candidati all’ingresso in Europa,
nche attraverso esperti italiani, con lo scoo
di creare capacità decisionali per i manaer
operanti in questi Paesi dove, molto
pesso, l’efficienza è ancora un miraggio.
iò avviene, in particolar modo, nelle SME,
causa di una limitata disponibilità di forza
avoro e di esperienza nel campo energetio.
L’obiettivo principale di questo progeto
triennale (denominato 4EM­MCP) è
uello di integrare gli strumenti di MCP nei
rogrammi nazionali, per raggiungere
’obiettivo generale dell’IEEA e per una
64
AMBIENTE
completa integrazione dei nuovi membri e
dei Paesi candidati comunitari.
Standard per motori a bassa tensione
sul mercato
Il comitato tecnico del CEI (Comitato Elettrotecnico
Italiano) che si occupa dei motori
elettrici è il CT 2 “Macchine rotanti”, collegato
ai corrispondenti comitati internazionali
CT 2 “Rotating Machinery IEC” (internazionale)
e Cenelec (Europa).
Il CT 2, che è stato uno dei primi comitati a
essere creato, si occupa della normativa per
le macchine elettriche rotanti senza limiti di
tensione, potenza o dimensioni.
Le norme riguardanti i motori elettrici sono
contraddistinte:
l dal numero 60034, quando di origine
internazionale;
l da una differente numerazione se di origine
europea o nazionale.
Di particolare interesse è la recente norma
CEI EN 60034­2 riguardante i metodi per la
determinazione delle perdite e del rendimento
delle macchine elettriche rotanti. Come
avviene in molti settori, la normazione e
l’unificazione giocano un ruolo particolarmente
importante per lo sviluppo di una
tecnologia; la disponibilità di norme di prodotto
e metodi di verifica unificati a livello
internazionale risulta, infatti, essenziale per
lo sviluppo del mercato. Nel 2000 è stato
siglato un accordo volontario tra i principali
produttori europei di macchine elettriche
rappresentati dal CEMEP e dalla Commissione
Europea DG XVII, per la costruzione di
motori elettrici ad alto rendimento.
Sono state individuate tre classi di efficienza
(EFF1, EFF2 e EFF3), che differenziano i motori
in funzione del livello di rendimento. La
classe EFF3 definisce lo standard attuale e la
EFF1 indica il livello di eccellenza. Per ogni
classe sono stati stabiliti i rendimenti minimi;
l’incremento di rendimento definito è compreso
tra 1 e 6 punti percentuali rispetto al
livello di efficienza EFF3 (mediamente circa
2,5%). La classe di efficienza è indicata da
un’etichetta posta sulla targa del motore.
I tassi italiani di adesione
L’ultimo report di monitoraggio indica che le
aziende che hanno finora aderito sono 36 e
che la riduzione del segmento di mercato
occupata dai motori elettrici di classe EFF3 si
è significativamente ridotta in questi ultimi 2
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anni, in linea con gli obiettivi dell’accordo.
Da un punto di vista macroeconomico, un
utilizzo efficiente di energia è un requisito
fondamentale per il mantenimento della
competitività dell’economia europea.
Il potenziale di risparmio elettrico negli
azionamenti elettrici industriali in tutta
Europa può essere stimato in 200 miliardi
di kWh/anno, cioè l’8% del consumo
elettrico complessivo. La produzione di
energia porta a emissioni medie di CO2,
pari a circa 17,5 tCO2/toe. Ciò significa
che il risparmio potenziale medio di azionamenti
elettrici industriali di circa 17
Mtoe/anno corrisponde alla riduzione di
50 millioni di tonnellate di CO2/anno o al
2% dell’obiettivo di Kyoto.
Un progetto di ricerca finanziato dalla Commissione
europea che ha calcolato il costo
dell’impatto ambientale della produzione
energetica in Europa, ha portato a stimare
mediamente un kWh in Europa pari a circa
3 eurocent. Ciò deve essere sommato al
prezzo di mercato tipico di 5 eurocent/kWh.
Gli attuali schemi di eco­tassazione nei Paesi
membri dell’Ue non internalizzano i costi
esterni complessivi della produzione di energia;
pertanto, un risparmio medio di 200
miliardi di kWh/anno in energia elettrica significa
anche un risparmio, per la società, di
6.500 milioni di€in costi ambientali e di 11
miliardi di€di costi operativi.
Una mancata spesa annua pari a 200 miliardi
di kWh potrebbe generare, inoltre, un
aumento della disponibilità e affidabilità dell’energia
elettrica, riducendo sensibilmente
la dipendenza dall’importazione di combustibili
fossili.
Il miglioramento degli azionamenti elettrici
industriali a livello europeo porterebbe all’eliminazione
di un fabbisogno di circa 47
GW che equivale, ad esempio, a 45­50 centrali
nucleari (1.000 MW) o a 110­130 centrali
a combustibile fossile (350 MW). Si
avrebbe, quindi, una riduzione importante
della domanda di nuove centrali elettriche
con una conseguente maggior disponibilità
di risorse economiche per altri settori.
Gli investimenti richiesti in questo scenario
stimati su scala continentale in 48 miliardi di
€ sono paragonabili al costo di costruzione
delle centrali in grado di soddisfare il fabbisogno
delle sole perdite eliminabili con l’adozione
di EEEM, stimato in 50 miliardi di€.
Considerati i benefici ambientali e la minor
14 novembre 2006 ­ N. 21

dipendenza energetica, l’investimento in efficienza
sembra certamente preferibile alla
costruzione di nuove centrali, non essendo
questa comunque evitabile, dal momento
che, in ogni caso, il parco produttivo esistente
richiede, ora e in futuro, un rinnova­
14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
mento importante legato all’età degli impianti.
L’industria dovrebbe sfruttare attivamente i
programmi esistenti per il miglioramento
dell’efficienza energetica e investire in formazione
e apparati ad alta efficienza, consi­
Motori elettrici: convengono veramente?
DATI TECNICI
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ARIA
Osservatorio CEI ­ Articolo
derando i costi sull’intero ciclo di vita piuttosto
che i soli di acquisto, che, nel caso
specifico, fanno di un intervento con forti
connotati ambientali un ottimo investimento,
anche da un punto di vista puramente
economico. l
Il costo d’acquisto è trascurabile rispetto al costo di esercizio lungo la vita utile del motore, oscillando, in rapporto al
costo di esercizio, in un range percentuale variabile tra il 15% ed il 5% circa.
Il rendimento di un motore elettrico dipende:
• dal tipo di progetto;
• dal tipo e dalla taglia del motore;
• dal coefficiente di utilizzo, ovvero del rapporto tra la potenza erogata all’albero e la potenza nominale;
• nello specifico, dal punto di lavoro:
­ decrescendo al diminuire del coefficiente di utilizzo;
­ crescendo all’aumentare della potenza nominale, con riferimento alla taglia del motore.
Rendimento (riferito a un coefficiente di utilizzo pari al 75%): tra 75­95%, per taglie comprese tra 1 e 200 kW.
Convenienza: l’acquisto di un motore ad alto rendimento conviene per:
• un numero elevato di ore di funzionamento;
• mercati con elevati costi dell’energia.
Maggiori costi: rispetto a un motore tradizionale, a causa della più elevata qualità e quantità dei materiali
utilizzati, pari a circa il 20­40% sul prezzo di listino, a parità di potenza nominale.
Vantaggi:
• riduzione delle perdite in un motore;
• risparmio energetico;
• diminuzione delle sovratemperature e, quindi, un aumento della vita attesa della macchina a parità di sistema di
isolamento e del consumo di lubrificante;
• possibilità di ridurre la ventilazione e la rumorosità a essa collegata;
• maggiori rendimenti ai carichi ridotti, essendo maggiormente contenute le perdite a vuoto;
• maggiore capacità di sopportare squilibri e variazioni di tensione della rete di alimentazione;
• più vantaggi nelle applicazioni con alimentazione da inverter.
DATI DI MERCATO
TABELLA 1
Potenziale di risparmio elettrico in Europa
200 miliardi di kWh/anno, cioè l’ 8% del consumo elettrico complessivo, pari a 6.500 milioni di€ in costi ambientali,
per la società, e di 11 miliardi di€di costi operativi, in grado di:
• generare un aumento della disponibilità e affidabilità dell’energia elettrica, riducendo sensibilmente la
dipendenza dall’importazione di combustibili fossili;
• eliminare un fabbisogno di circa 47 GW che equivale, ad esempio, a 45­50 centrali nucleari (1.000 MW) o a 110­130
centrali a combustibile fossile (350 MW).
Riduzione CO2/anno
La produzione di energia porta a emissioni medie di CO2, pari a circa 17,5 tCO2/toe. Ciò significa che il risparmio
potenziale medio di azionamenti elettrici industriali di circa 17 Mtoe/anno corrisponde alla riduzione di 50 milioni
di tonnellate di CO2/anno o al 2% dell’obiettivo di Kyoto.
Costo dell’impatto ambientale della produzione energetica in Europa
In media, 1 kWh pari a circa 3 eurocent, da sommare al prezzo di mercato tipico di 5 eurocent/kWh.
Investimenti a scala continentale
48 miliardi di€, paragonabili al costo di costruzione delle centrali in grado di soddisfare il fabbisogno delle sole
perdite eliminabili con l’adozione di EEEM, stimato in 50 miliardi di€.
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ARIA
Osservatorio CEI ­ Articolo
AMBIENTE
DATI ECONOMICI
Payback
Per motori caratterizzati da un numero elevato di ore di funzionamento è compreso tra 1 e 3 anni, diminuendo
indicativamente in maniera lineare con le ore di funzionamento e crescendo nell’intervallo di potenze 100­250 kW.
Tenendo conto del costo attualizzato delle perdite lungo l’intera vita utile del motore, si ricava che l’acquisto di un
motore ad alta efficenza è conveniente:
• con un numero di ore di funzionamento annuo pari a circa 300 (coefficiente di utilizzo: 0,75; costo dell’energia pari
a 5c€/kWh; costo dell’impegno di potenza 22€/kW anno), in riferimento a potenze nominali superiori a 7,5 kW;
• con un numero di ore di funzionamento annuo superiore pari a circa 2.500­3.000, relativamente a taglie inferiori.
Riparazione e sostituzione
Tra riparazione di un motore guasto e l’acquisto di un motore ad alta efficienza, la differenza di costo imputabile alla
soluzione energeticamente più efficiente è pari allo scarto tra il costo del motore ad alta efficienza e quello del
riavvolgimento di quello esistente, operazione questa che comporta un peggioramento delle prestazioni
energetiche del motore variabile, a seconda della perizia dell’operatore, tra 1 e 4 punti percentuali. La convenienza
dell’acquisto di un motore ad alto rendimento è elevata per motori caratterizzati da un numero elevato di ore di
funzionamento con un payback (generalmente compreso tra 0,5 e 2 anni) che cresce in funzione:
• della potenza nominale del motore, nel senso che, per motori piccoli (1­11 kW), il payback risulta estremamente
interessante;
• della tipologia costruttiva del motore e, in particolare, del fatto che la costruzione sia chiusa o aperta; per questi
ultimi, il payback è più breve rispetto ai motori con costruzione chiusa ed è compreso tra 1 e 3 anni.
Differenza di costo imputabile alla soluzione energeticamente più efficiente = costo del motore ad alta efficienza +
al costo della manodopera necessaria per la rimozione del vecchio e l’installazione del nuovo.
In generale, non si considera mai nel calcolo economico il valore del motore sostituito perché, di fatto, non esiste un
mercato rilevante di motori usati.
La sostituzione di motori in servizio non è particolarmente interessante per:
• un numero di ore di funzionamento annuo basso (per esempio 2.000), a meno che il costo dell’energia non sia
particolarmente elevato (> 10c€/kWh);
• piccole taglie (1­3,5 kW);
• potenze nominali superiori a 100 kW.
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14 novembre 2006 ­ N. 21

AMBIENTE
ARIA
Articolo
Il nuovo iter è previsto dalla Parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
In materia di emissioni in atmosfera
cambia il procedimento autorizzatorio
di Andrea Martelli, B&P avvocati, professore a contratto di Diritto dell’Ambiente presso la Facoltà
di Giurisprudenza ­ Università di Udine
Cambiamenti per tutte le tre fasi
(introduttiva, istruttoria
e decisoria) del percorso
autorizzatorio relativo
alle emissioni in atmosfera.
È quanto prevede la Parte V
del D.Lgs. n. 152/2006, che, tra le
tente, ha previsto (a seconda
dei casi) nuove autorità
competenti a cui inoltrare
la domanda, ha definito
l’«autorità competente per il
controllo», gettando le basi
per una possibile scissione
fra le due sfere di competenza ­
autorizzatoria e di controllo,
e ha fissato in quindici anni
la durata dell’autorizzazione
(al contrario del D.P.R
n. 203/1988 che non prevedeva
limiti). Distinte, infine,
le modifiche “sostanziali”
da quelle “non sostanziale”;
per le prime, per l’autorità
competente deve ordinare
al gestore di presentare una
domanda di aggiornamento;
viceversa, nel secondo caso
e in assenza di una
comunicazione dell’autorità
competente entro sessanta
giorni, il gestore potrà procedere
all’esecuzione della modifica.
14 novembre 2006 ­ N. 21
Così come la normativa previgente
(D.P.R. n. 203/1988), la
nuova disciplina in materia di
emissioni in atmosfera di cui alla
Parte V, D.Lgs. n. 152/2006, attribuisce
un ruolo fondamentale all’autorizzazione.
Per questa ragione, è opportuno
illustrare le varie fasi del
procedimento autorizzatorio, cercando
di evidenziare le principali differenze
rispetto alle norme abrogate e
rinviando, per quanto concerne l’individuazione
degli impianti e delle
attività soggette all’obbligo di autorizzazione,
al contributo pubblicato
sul n. 20/2006 di Ambiente&Sicurezza.
Come per ogni procedimento amministrativo,
è possibile individuare
sostanzialmente tre fasi:
l introduttiva (punti rilevanti: autorità
competente e alla domanda di
autorizzazione);
l istruttoria (punti rilevanti: conferenza
di servizi e ruolo del comune);
l decisoria (punti rilevanti: durata e
contenuto dell’autorizzazione).
La fase introduttiva
Trattandosi di un procedimento a
iniziativa di parte, occorre chiarire anzitutto
quali interventi comportino
l’obbligo di presentare una specifica
domanda di autorizzazione alle emissioni
in atmosfera. A questo riguardo,
è opportuno ricordare che un principio
consolidato della normativa ambientale
comunitaria (della quale la Parte V
del D.Lgs. n. 152/2006 costituisce attuazione),
più volte ribadito anche dalla
stessa Corte di giustizia CE, è quello
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in forza del quale le autorizzazioni
ambientali devono avere natura
preventiva ed espressa (come esplicitamente
confermato nell’art. 20, comma
4, legge n. 241/1990 [1] - così come
riformato dall’articolo 3, comma 6-ter,
legge n. 80/2005 - laddove esclude la
possibilità del formarsi del silenzio-assenso
nei procedimenti a istanza di
parte volti al rilascio di provvedimenti
amministrativi in materia ambientale).
In altre parole, sussiste un divieto generale
di realizzare qualsiasi intervento,
senza prima ottenere un formale
provvedimento di autorizzazione dall’autorità
competente.
Per quanto riguarda il settore delle
emissioni in atmosfera, questo divieto
si sostanzia nell’obbligo per il gestore
di richiedere e ottenere una
espressa autorizzazione prima di:
l installare un nuovo impianto (art.
269, comma 2);
l trasferire un impianto da un luogo
ad un altro (art. 269, comma 2).
Prima installazione
Anzitutto necessita di apposita autorizzazione
la prima installazione
(diversa, si noti, dal semplice avvio)
di un nuovo impianto ricadente nella
nozione di cui all’art. 268, comma 1,
lettera h), D.Lgs. n. 152/2006; questa
previsione non si discosta, dunque,
dall’analogo obbligo sancito dall’art.
6, D.P.R. n. 203/1988, che imponeva
la presentazione di una domanda di
autorizzazione prima della costruzione
di un nuovo impianto. L’unica novità
concerne l’estensione del predet-
[1] «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi» (in Gazzetta Ufficiale
del 18 agosto 1990, n. 192).
67

ARIA
Articolo
to obbligo anche alle attività “senza
impianto” soggette ad autorizzazione
[2] . È questa la ragione per cui l’art.
268, comma 1, lettera n) accoglie una
nozione “ampia” di gestore, da intendersi
come «la persona fìsica o giuridica
che ha un potere decisionale circa
l’installazione o l’esercizio dell’impianto
o, nei casi previsti dall’articolo
269, commi 10, 11 e 12, e dall’articolo
275, la persona fisica o giuridica
che ha un potere decisionale
circa l’esercizio dell’attività». È necessario
ricordare che la Parte V del
D.Lgs. n. 152/2006 - così come il
D.P.R. n. 203/1988 - sanziona penalmente
il mancato rispetto del citato
obbligo, punendo «chi inizia a installare
o esercisce un impianto e chi
esercita una attività in assenza della
prescritta autorizzazione» con la pena
dell’arresto da due mesi a due anni o
dell’ammenda da 258 a 1.032 euro
(art. 279, comma 1).
Trasferimento
La seconda ipotesi - che era contemplata
nei medesimi termini dall’art.
15, D.P.R. n. 203/1988 - riguarda,
invece, il semplice trasferimento
(perciò, anche senza modifiche) in
altro luogo di un impianto già dotato
di una precedente autorizzazione.
Sotto il profilo sanzionatorio, l’art.
279, D.Lgs. n. 152/2006 “dimentica”
inspiegabilmente di comminare una
specifica sanzione per il trasferimento
dell’impianto non preceduto dalla richiesta
(e dall’ottenimento) dell’autorizzazione;
sanzione che era invece
68
AMBIENTE
prevista dall’art. 25, comma 6, D.P.R.
n. 203/1988 (disposizione che, peraltro,
richiamava erroneamente l’art. 13
anziché l’art. 15 del D.P.R. stesso e fu,
perciò, “corretta” dalla Corte Costituzionale
con sentenza n. 185/1992).
L’autorità competente
Sull’autorità competente alla quale
va inoltrata la domanda di autorizzazione,
il D.P.R. n. 203/1988 attribuiva
alla regione la competenza in
materia (competenza che, in molte
amministrazioni regionali, era stata
in seguito trasferita alle province).
L’art. 268 del D.Lgs. n. 152/2006
- pur confermando il ruolo centrale
della regione - distingue tre ipotesi:
l in termini generali, l’autorità
competente al rilascio dell’autorizzazione
alle emissioni e all’adozione
degli altri provvedimenti previsti dal
Titolo I della Parte V, D.Lgs. n. 152/
2006 è la regione (o la Provincia
autonoma) «o la diversa autorità indicata
dalla legge regionale»;
l per le piattaforme off-shore e per
i terminali di rigassificazione di gas
naturale liquefatto off-shore, l’autorità
competente è invece il Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del territorio
[3] ;
l infine, per gli impianti sottoposti
ad autorizzazione integrata ambientale
(AIA), l’autorità competente
è quella che rilascia l’AIA, dovendo,
quindi, essere individuata caso
per caso sulla base dei criteri indicati
dal D.Lgs. n. 59/2005 [4] , e delle singole
normative regionali.
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A differenza del D.P.R. n. 203/
1988, il D.Lgs. n. 152/2006 detta anche
la definizione di «autorità competente
per il controllo» [5] , aprendo
così il varco alla possibilità di una
scissione fra le due sfere di competenza
- autorizzatoria e di controllo [6] -
fermo restando che un’eventuale scelta
in questo senso spetta comunque, e
in via esclusiva, a ciascuna regione.
La domanda di autorizzazione deve
essere corredata:
l dal progetto dell’impianto indicante
almeno le informazioni elencate
nell’art. 269, comma 2 (la specifica
attività a cui l’impianto è destinato,
le tecniche adottate per limitare le
emissioni, la quantità e la qualità delle
emissioni stesse, ecc.);
l da una relazione tecnica che -
sempre ai sensi dell’art. 269, comma
2 - descriva il complessivo ciclo produttivo
in cui si inserisce la specifica
attività cui l’impianto è destinato e
indichi il periodo previsto intercorrente
tra la messa in esercizio e la
messa a regime dell’impianto [7] .
L’art. 269, comma 3, precisa che
eventuali integrazioni della domanda
devono essere trasmesse all’autorità
competente entro trenta giorni dalla
richiesta.
La fase istruttoria
Ricevuta la domanda e la documentazione
a questa allegata, l’autorità
competente avvia la fase istruttoria,
avente a oggetto la raccolta e
l’esame in un unico contesto di tutti
gli elementi (soprattutto, in questo
caso, di natura tecnica) necessari per
[2] Si veda, dello stesso Autore, il contributo pubblicato a pag. 74 del n. 20/2006 di Ambiente&Sicurezza.
[3] Oggi, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare.
[4] «Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento» (in S.O. n. 72 alla
Gazzetta Ufficiale del 22 aprile 2005, n. 93). Si veda lo Speciale pubblicato sul n. 11/2005 di Ambiente&Sicurezza.
[5] «L’autorità a cui la legge regionale attribuisce il compito di eseguire in via ordinaria i controlli circa il rispetto dell’autorizzazione e
delle disposizioni del presente titolo, ferme restando le competenze degli organi di polizia giudiziaria; per gli impianti sottoposti ad
autorizzazione integrata ambientale e per i controlli a questa connessi, l’autorità competente per il controllo è quella prevista dalla
normativa che disciplina tale autorizzazione».
[6] Si noti però che l’art. 278 continua ad assegnare - al pari dell’art. 10, D.P.R. n. 203/1988 - all’«autorità competente» (sottinteso al
rilascio dell’autorizzazione) il potere di ordinanza (ossia, di adottare i provvedimenti di diffida, sospensione dell’attività, revoca
dell’autorizzazione e chiusura dell’impianto o cessazione dell’attività), esercitabile in presenza di inosservanze delle prescrizioni
contenute nell’autorizzazione accertate - di regola - nel corso dell’attività «di controllo» effettuata dalla relativa autorità.
[7] Qualora si tratti di una delle attività “senza impianto” soggette ad autorizzazione, è ragionevole ritenere che la citata documentazione
tecnica non possa essere omessa, ma debba, ovviamente, essere adattata alle peculiarità della fattispecie (ad esempio, sarà
necessario fornire all’autorità una puntuale descrizione delle modalità con cui si intende effettuare l’attività di verniciatura,
nonché, anche in questo caso, indicare la quantità e la qualità delle emissioni, le tecniche adottate per limitare le stesse, ecc.).
14 novembre 2006 ­ N. 21

l’autorità ai fini della decisione in ordine
al rilascio o al diniego della richiesta
autorizzazione nonché della
puntuale individuazione delle prescrizioni
tecniche cui il gestore dovrà
attenersi nella realizzazione dell’impianto
e nell’esercizio dell’attività.
In questa fase - secondo quanto stabilito
dall’art. 269, comma 3 - l’autorità
competente deve indire, entro trenta
giorni dalla ricezione della richiesta,
una «conferenza di servizi ai sensi degli
articoli 14 e seguenti della legge 7
agosto 1990, n. 241, nel corso della
quale si procede anche, in via istrutto-
14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
L'iter decisorio
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ARIA
Articolo
Ricevuta la domanda e la relativa documentazione, l'Autorità competente avvia la fase istruttoria
finalizzata al rilascio o al diniego della richiesta autorizzazione
L'Autorità competente deve concludere il procedimento - mediante il rilascio di un provvedimento
espresso - entro centoventi giorni dall'avvio della fase istruttoria (o, in caso di integrazione della
domanda di autorizzazione, entro centocinquanta giorni dalla ricezione della domanda stessa)
Sì
Sì
Se entro questo termine non si pronuncia, il Gestore può, entro i
successivi sessanta giorni, rivolgersi al Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del territorio e del mare, il quale provvederà perciò -
di concerto con i ministri della salute e delle attività produttive,
sentito il comune interessato - in sostituzione dell'autorità competente
rimasta inerte
Se anche il Ministero non si esprime sulla richiesta entro il termine
stabilito (di novanta giorni), si applica l'art. 2, comma 5, legge n.
241/1990, ossia il Gestore può presentare ricorso al TAR avverso il
silenzio (senza necessità di previa diffida all'amministrazione inadempiente)
e il giudice amministrativo può «conoscere della fondatezza
dell'istanza» (cioè, della domanda di autorizzazione)
ria, ad un contestuale esame degli interessi
coinvolti in altri procedimenti
amministrativi e, in particolare, nei
procedimenti svolti dal comune ai sensi
del decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001, n. 380, e del
regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265».
La disposizione citata introduce
importanti novità rispetto al procedimento
autorizzatorio sinteticamente
descritto dall’art. 7 del D.P.R. n. 203/
1988, chiarendo in particolare che:
l nonostante il generico richiamo
agli articoli 14 e seguenti della legge
241/1990, la conferenza di servizi in
Schema 1
questione ha carattere istruttorio (e
non decisorio);
l il ruolo giocato dal comune nell’ambito
del procedimento autorizzatorio
deve sostanzialmente limitarsi
ai profili edilizi (stante il richiamo al
D.P.R. n. 380/2001 [8] , Testo Unico
dell’edilizia) e - in senso lato - “sanitari”
del realizzando impianto [9] . In
passato la non chiara formulazione
dell’art. 7, D.P.R. n. 203/1988, aveva
suscitato dubbi in merito ai poteri
spettanti al comune nel procedimento
in questione, risolti da un parte della
giurisprudenza [10] , per la quale il pa-
[8] «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia» (in S.O. n. 239 alla Gazzetta Ufficiale del 20 ottobre
2001, n. 245).
[9] Il citato R.D. n. 1265/1934 - «Testo unico delle leggi sanitarie» che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, risulta tuttora
applicabile - assegna, infatti, al sindaco i poteri relativi alla localizzazione delle industrie insalubri.
[10] TAR Lombardia, sezione Brescia, n. 574/1994.
No
No
69

70
ARIA
Articolo
AMBIENTE
Schema 2
Quando va richiesta una apposita autorizzazione alle emissioni
in atmosfera, ai sensi del Titolo I, Parte V, D.Lgs. n. 152/2006
Prima ipotesi ð
rere del sindaco, se non vertente su
profili strettamente urbanistici,
avrebbe avuto natura obbligatoria,
ma non vincolante.
Occorre, peraltro, precisare che il
«contestuale esame degli interessi
coinvolti in altri procedimenti amministrativi»
imposto dall’art. 269,
comma 3, non vale in ogni caso ad
attribuire all’autorizzazione in questione
efficacia sostitutiva di qualsivoglia
altro provvedimento autorizzatorio
di competenza della stessa o
di altre autorità (fatto salvo, ovviamente,
il caso di impianti soggetti ad
AIA).
La fase decisoria
Quanto, infine, alla fase propriamente
decisoria, l’art. 269 stabilisce
che l’autorità competente deve
concludere il procedimento - mediante
il rilascio di un provvedimento
espresso - entro centoventi
giorni (o, in caso di integrazione
della domanda di autorizzazione,
entro centocinquanta giorni dalla ricezione
della domanda stessa).
Se entro questo termine non si
pronuncia, il gestore può, entro i
successivi sessanta giorni, rivolgersi
al Ministro dell’Ambiente e
della Tutela del territorio, il quale
provvederà - di concerto con i Ministri
della Salute e delle attività
produttive, sentito il comune interessato
- in sostituzione dell’autorità
competente rimasta inerte.
Se anche il Ministro non si esprime
sulla richiesta entro il termine
prima di installare un nuovo impianto
Seconda ipotesi ð prima di trasferire un impianto da un luogo ad un altro
Terza ipotesi ð
prima di iniziare ad esercitare una delle attività di cui agli articoli 269, commi
10­12 e 275
stabilito (di novanta giorni), si applica
l’art. 2, comma 5, legge n.
241/1990, ossia il gestore può presentare
ricorso al TAR avverso il
silenzio (senza necessità di previa
diffida all’amministrazione inadempiente)
e il giudice amministrativo
può «conoscere della fondatezza
dell’istanza» (cioè, della domanda
di autorizzazione). Per un riepilogo
si veda lo schema 1. L’art. 269 indica
anche i contenuti minimi dell’autorizzazione
in questi termini:
l per le emissioni che risultano
tecnicamente convogliabili, le modalità
di captazione e di convogliamento;
l per le emissioni convogliate o di
cui è stato disposto il convogliamento,
i valori limite di emissione,
le prescrizioni, i metodi di campionamento
e di analisi, i criteri per la
valutazione della conformità dei valori
misurati ai valori limite e la
periodicità dei controlli di competenza
del gestore;
l per le emissioni diffuse, apposite
prescrizioni finalizzate ad assicurarne
il contenimento.
Un’altra importante novità introdotta
dal D.Lgs. n. 152/2006 concerne
la previsione di un termine di durata
dell’autorizzazione (quella
prevista dal D.P.R. n. 203/1988 era
invece rilasciata a tempo indeterminato),
fissato in quindici anni. La
domanda di rinnovo va presentata almeno
un anno prima della scadenza.
Cambia anche il regime degli
obblighi di comunicazione succes-
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sivi all’ottenimento dell’autorizzazione,
in passato incentrato sull’art.
8, D.P.R. n. 203/1988. Al contrario,
l’art. 269, comma 5, prevede oggi
che:
l l’autorizzazione debba espressamente
stabilire il periodo che deve
intercorrere tra la messa in esercizio
e la messa a regime dell’impianto;
l la messa in esercizio debba essere
comunicata dal gestore all’autorità
competente (non più, quindi, anche
al comune) con un anticipo di
almeno quindici giorni
l l’autorizzazione debba, altresì, fissare
la data entro cui devono essere
comunicati all’autorità competente:
- i dati relativi alle emissioni effettuate
in un periodo continuativo
di marcia controllata di durata non
inferiore a dieci giorni, decorrenti
dalla messa a regime;
- la durata di questo periodo;
- il numero dei campionamenti
da realizzare.
A questo proposito, va ricordato
che si tratta di obblighi presidiati da
sanzione penale; l’art. 279, ai commi
3 e 4, prevede, infatti, che:
l «chi mette in esercizio un impianto
o inizia ad esercitare un’attività
senza averne dato la preventiva
comunicazione prescritta ai sensi
dell’articolo 269, comma 5 o comma
15, o ai sensi dell’articolo 272,
comma 1, è punito con l’arresto fino
ad un anno o con l’ammenda
fino a milletrentadue euro»;
l «chi non comunica all’autorità
competente i dati relativi alle emis-
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
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ARIA
Articolo
La nuova disciplina in materia di modifiche
di un impianto già dotato di precedente autorizzazione
(art. 269, comma 8)
TIPO DI MODIFICA OBBLIGHI A CARICO DEL GESTORE
Modifica non sostanziale
â
modifica che comporta una variazione di quanto indicato
nel progetto o nella relazione tecnica allegata alla domanda
di autorizzazione o nell’autorizzazione rilasciata
ai sensi del D.P.R. n. 203/1988 o nei documenti previsti
dall’art. 12 del D.P.R. n. 203/1988 (impianti allora esistenti),
anche relativa alle modalità di esercizio o ai combustibili
utilizzati
Modifica sostanziale
â
modifica che, alternativamente:
• comporta un aumento delle emissioni
• comporta una variazione qualitativa delle emissioni
• altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle
emissioni
sioni ai sensi dell’articolo 269,
comma 5, è punito con l’arresto fino
a sei mesi o con l’ammenda fino
a milletrentadue euro».
La nuova disciplina
delle modifiche
Muta, altresì, rispetto alla normativa
previgente, la disciplina
delle modifiche di impianto già autorizzato.
In particolare, viene introdotta
la distinzione tra modifica
“sostanziale” e modifica “non sostanziale”.
L’art. 269, comma 8,
stabilisce che il gestore che intenda
sottoporre un impianto a una modifica
che comporti una variazione di
quanto indicato nel progetto o nella
relazione tecnica allegata alla domanda
o nell’autorizzazione (comprese
quelle rilasciate ai sensi del
D.P.R. n. 203/1988), anche relativa
alle modalità di esercizio o ai com-
Schema 3
• semplice obbligo di comunicazione all’autorità competente,
la quale provvede, ove necessario, ad aggiornare
l’autorizzazione in atto;
• se l’autorità non si esprime entro 60 gg., il gestore può
procedere all’esecuzione della modifica non sostanziale
comunicata, fatto salvo il potere dell’autorità di provvedere
anche successivamente, nel termine di 6 mesi dalla
ricezione della comunicazione;
• se la modifica per cui è stata data comunicazione è considerata
sostanziale dall’autorità competente, quest’ultima
ordina al gestore di presentare una domanda di aggiornamento
dell'autorizzazione.
• obbligo di presentare una domanda di aggiornamento,
che soggiace alla stessa procedura prevista per il
rilascio delle autorizzazioni;
• l’aggiornamento dell’autorizzazione comporta il decorso
di un nuovo periodo di 15 anni.
bustibili utilizzati, debba darne comunicazione
all’autorità competente
o, se la modifica è sostanziale,
debba presentare una domanda di
aggiornamento:
l se, a seguito della suddetta comunicazione,
la modifica viene valutata
come sostanziale, sarà l’autorità
competente a ordinare al gestore di
presentare una domanda di aggiornamento;
l se la modifica non è sostanziale
e l’autorità competente non si esprime
entro sessanta giorni, il gestore
potrà procedere all’esecuzione della
modifica non sostanziale comunicata,
fatto salvo il potere dell’autorità
competente di provvedere anche successivamente,
nel termine di sei mesi
dalla ricezione della comunicazione;
si tratta di un’ipotesi di vero e proprio
silenzio-assenso.
A questo proposito, è opportuno
sottolineare la nuova definizione di
«modifica sostanziale», vale a dire
quella che:
l comporta un aumento (variazione
quantitativa in peius) delle emissioni;
l comporta una variazione qualitativa
delle emissioni;
l altera le condizioni di convogliabilità
tecnica delle emissioni stesse.
Anche l’effettuazione di una modifica
senza seguire quanto prescritto
dall’art. 269, comma 8, è sanzionata
penalmente. L’art. 279, comma 1, infatti,
commina:
l la pena dell’arresto fino a sei mesi
o dell’ammenda fino a milletrentadue
euro a chi apporti una modifica
sostanziale all’impianto senza richiedere
l’autorizzazione di cui all’art.
269, comma 8;
l la pena dell’ammenda fino a mille
euro a chi sottopone un impianto ad
una modifica non sostanziale senza
effettuare la comunicazione prevista
dal citato art. 269, comma 8. l
71

AMBIENTE
DANNO AMBIENTALE
Articolo
Amianto, radioattività e atti di terrorismo tra i nuovi fattori considerati dal mercato
Rischio inquinamento e assicurazioni:
come cambia la copertura del danno?
di Aldo Bertelle, responsabile linea inquinamento ­ AIG Europe S.A.
La crescente importanza
attribuita al tema
della salvaguardia dell’ambiente,
la costante evoluzione
del sistema normativo in materia,
la tendenza ad ampliare
le finalità attribuite al sistema
della responsabilità civile, intesa
sempre più come strumento
di controllo e non più solo
risarcitorio, unitamente
alla costante consapevolezza
del cosiddetto “rischio
imprenditoriale” hanno
determinato un evoluzione
dello scenario giuridicoeconomico
con il quale
gli operatori economici devono
confrontarsi in maniera costante.
Il mercato assicurativo italiano
sta rispondendo con la messa
a punto di soluzioni nuove
che comprendono la copertura
dei danni da amianto,
da radioattività fino
alla biodiversità. Sui temi delle
bonifiche e del danno ambientale
Ambiente&Sicurezza ha
organizzato un convegno
gratuito per l’8 novembre 2006
presso la Fiera Ecomondo
di Rimini.
14 novembre 2006 ­ N. 21
Conoscere gli strumenti
La consapevolezza del cosiddetto
rischio imprenditoriale da parte di
chi gestisce una qualsiasi attività è, in
generale, un fatto consolidato. La
percezione dei rischi puri, indipendenti,
cioè, dalla volontà di chi ne
subisce gli effetti dannosi, al contrario,
non sempre trova riscontro nella
realtà effettiva in cui questa attività si
svolge. La necessità di stabilire delle
priorità di intervento nelle principali
aree di rischio (si veda la tabella 1)
risulta, infatti, influenzata da fattori
quali:
l tipo di attività;
l dimensione dell’azienda;
l disponibilità finanziarie;
l contingenze legate a fattori produttivi,
alla realtà locale in cui opera
l’azienda o, ancora, alla situazione
normativa del momento.
Solo la formulazione di una politica
di tutela del patrimonio aziendale,
attraverso le tecniche gestionali di
risk e crisis management, consente di
individuare l’effettiva propensione al
rischio dell’azienda, in particolare
per ciò che riguarda la consapevole
determinazione delle perdite economiche
che l’azienda è in grado di
sostenere in proprio a seguito di
eventi inaspettati.
L’importanza di un simile approccio
risulta essere inversamente proporzionale
alle dimensioni dell’azienda;
anche se ciò potrebbe non
apparire in tutta la sua evidenza, infatti,
la “catastrofalità” di un evento
risulta essere tale sia per l’entità dei
danni che possono essere prodotti a
terzi che per il rapporto esistente fra
l’importo dei risarcimenti dovuti e le
capacità finanziarie dell’azienda nel
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farvi fronte; nella seconda di queste
due ipotesi, quindi, è possibile che il
danno risulti fatale per la sussistenza
dell’azienda pur non provocando
conseguenze dannose di gravità eccezionale;
a ogni modo, le aziende di
maggiori dimensioni dispongono,
generalmente, di capacità economico-finanziare
che consentono loro di
sopportare l’impatto economico di
simili eventi.
L’importanza che riveste oggi il
tema della salvaguardia dell’ambiente,
la costante evoluzione del sistema
normativo in materia e la tendenza a
un ampliamento delle finalità attribuite
al sistema della responsabilità
civile, intesa sempre più come strumento
di controllo e non più solo
risarcitorio, hanno contestualmente
imposto un’evoluzione dello scenario
giuridico-economico con la quale
gli operatori del settore devono confrontarsi
in maniera costante.
Parimenti, la copertura assicurativa
della responsabilità civile per danni
a terzi da inquinamento ha raggiunto
attualmente un’ampiezza non
sempre accompagnata da un’altrettanto
completa conoscenza delle soluzioni,
che è possibile ricercare oggi
sul mercato nazionale da parte di chi
necessita di tali coperture. Questa conoscenza
risulta essere, invece, fondamentale
per chi deve essere realmente
“preparato per l’inatteso”.
Eventi, soggetti, bisogni
La valutazione dell’interesse che
la copertura assicurativa riveste ai fini
di una reale protezione del patrimonio
aziendale passa attraverso la
conoscenza:
l della reale esposizione alle speci-
73

74
DANNO AMBIENTALE
Articolo
AMBIENTE
Priorità di intervento nelle principali aree di rischio
Aree di rischio
Beni di proprietà
Personale dipendente
Continuità produttiva
Concorrenza
Responsabilità
Conformità normativa
Finanza
Credito
Rischi politici
fiche tipologie di questa forma di rischio
(inquinamento);
l della casistica dei sinistri e, quindi,
delle possibili conseguenze dannose;
l del titolo di responsabilità per il
quale è possibile essere coinvolti e,
attraverso l’analisi della propria realtà,
dell’individuazione dei bisogni
specifici del singolo operatore economico.
In relazione alle aziende per le
quali vengono proposte le coperture,
si osserva che, anche se in misura
differente, non esistono tipologie
produttive del tutto esenti dal rischio
inquinamento. Basti pensare, ad
esempio, alla diffusione che ha tuttora
l’utilizzo dei prodotti petroliferi
per le centrali termiche degli impianti
di riscaldamento (normalmente presenti
in ogni insediamento) nonché ai
potenziali eventi indesiderati correlati
alle fasi di trasporto, travaso e stoccaggio
di questi prodotti.
La casistica dei sinistri può essere
estremamente varia in funzione della
tipologia di attività; schemi quali
quello riportato in tabella 2 possono,
in parte, esemplificare gli ambiti nei
quali possa spaziare l’analisi di rischio
per la generica realtà merceologica.
Nello sviluppo della valutazione è
necessario tenere conto, non solo della
natura del rischio, ma anche del
Livello di rischio
percepito
titolo giuridico sulla base del quale
l’obbligo del risarcimento del danno
ricade su un soggetto; oltre agli eventi
tipici della gestione degli impianti,
devono, quindi, essere individuati
tutti gli eventi connessi ad altre attività
che comportano potenzialmente
rischi di natura diversa, distinguendo
i ruoli dei soggetti e i rispettivi titoli
di responsabilità a essi riconducibili;
da ciò consegue, quindi, l’esigenza di
dare copertura specifica a figure quali,
essenzialmente:
l il proprietario del sito e/o degli
impianti;
l il gestore dell’attività esercitata
nel sito;
l l’appaltatore di un intervento (ad
esempio di bonifica);
l il progettista o del consulente ambientale;
l il venditore e/o l’acquirente di un
sito.
Il panorama dei rischi correlati al
fenomeno inquinante nella sua totalità
richiede, quindi, risposte assicurative
articolate in grado di superare la
logica della copertura rivolta al solo
esercizio di una attività industriale o
commerciale.
Strumenti specifici
di trasferimento del rischio
Caratteristica principale del rischio
inquinamento è la “catastrofalità”,
vale a dire la possibilità del ve-
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TABELLA 1
Frequenza Magnitudo Priorità
rificarsi di eventi caratterizzati da
una bassa frequenza di accadimento
e da un elevato potenziale di danno;
ciò impone, quindi, la necessità di
mettere a disposizione, per la copertura
assicurativa del rischio, capacità
finanziarie significative (alcune decine
di milioni di euro) per offrire massimali
che siano commisurati all’entità
economiche del danno che potenzialmente
si può produrre.
Questa è una delle principali ragioni
per le quali, in alcuni mercati
assicurativi europei, tra i quali l’Italia,
si è fatto ricorso alla soluzione
del “Pool”, organismo attraverso il
quale questa capacità viene ottenuta
con il concorso di più compagnie.
In epoca relativamente recente si
sono, tuttavia, sviluppate - e continuano
a farlo - alternative di offerta
da parte di singole compagnie (non
aderenti al “Pool”) che, puntando
sull’esperienza che possiedono a livello
internazionale e sulla specializzazione
nella copertura di queste tipologie
di rischi, consentono, di fatto,
un ampliamento delle possibilità
di copertura, non solo come alternativa
commerciale ma, più nello specifico,
come personalizzazione della risposta
nel trasferimento assicurativo,
mettendo, oltretutto, a disposizione
capacità finanziarie assolutamente
equivalenti, se non addirittura superiori.
Si evidenziano, di seguito, le
14 novembre 2006 ­ N. 21

principali novità in proposito.
Partendo dai differenti profili di
responsabilità elencati in precedenza
e dalle possibili varie forme di
rischio, si rileva, innanzitutto, la possibilità
di reperire oggi sul mercato
assicurativo italiano prodotti rivolti
alla copertura specifica dei rischi relativi:
l alla sola proprietà del sito e/o degli
impianti;
l alla sola esecuzione di una generica
attività (indipendentemente dal sito
in cui la stessa viene svolta) svolta
dall’appaltatore dell’intervento (ad
esempio di bonifica);
l all’opera professionale dello specialista
(progettista, consulente, ecc.),
la cui attività comporta implicazioni
in campo ambientale;
l ai maggiori costi che possono sopravvenire
nell’effettuazione di un
14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
intervento di bonifica di un sito, in
capo al committente;
l agli eventi postumi, che possono,
cioè, verificarsi negli anni successivi,
all’effettuazione di un intervento di
bonifica di un sito, per soggetti quali
il venditore o l’acquirente del sito.
Con riferimento, invece, al contenuto
delle singole polizze si osserva
che, a eccezione di quella cosiddetta
“maggiori costi”, il contenuto essenziale
delle polize è, di massima, il
medesimo e in linea con l’offerta
prevalente fino a oggi sul mercato
nazionale. Trattandosi di coperture
della responsabilità civile verso terzi,
ad eccezione delle differenziazioni
dei testi di polizza dovute alla specificità
del rischio da garantire, il trasferimento
assicurativo interessa rischi
le cui conseguenze dannose colpiscano,
appunto, terzi. Le garanzie
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DANNO AMBIENTALE
Articolo
Esempi di ambiti nei quali può spaziare l’analisi di rischio
Cause Eventi
Naturali
Tecniche
Umane
Movimenti del suolo
Meteorologici
Allagamenti
……………..
Incendio
Esplosione
Rilascio
Cedimento strutture
Guasto, rottura, ecc.
(macchine o impianti)
Difetto del prodotto
……………..
Errori procedurali
Errori di manovra
Terrorismo
Sabotaggio
Vandalismo
Furto
Azioni Dolose
……………..
TABELLA 2
Danno Conseguenze Strumento/i
Risorse proprie
Beni Persone
A terzi
Beni Persone
Perdite Respons.
di tutela del
patrimonio
aziendale
di base si sintetizzano nella copertura
dei danni:
l a persona (morte e lesioni personali);
l cose (termine nel quale rientrano:
terreno, acque, flora, fauna e beni di
terzi);
l da interruzione di attività di terzi.
L’essenzialità di una simile struttura
della copertura ha consentito, a
oggi, di soddisfare le esigenze di base
relativa a questa tipologia di rischio;
ritornando, infatti, alle esemplificazione
fornite in relazione agli
eventi che possono provocare danni
da inquinamento, pur nel rispetto delle
esclusioni di polizza, le conseguenze
degli stessi, in termini di bersagli
interessati dal danno, rientrano,
a pieno titolo, nell’operatività di questa
garanzia.
L’evoluzione delle norme in mate-
75

DANNO AMBIENTALE
Articolo
ria ambientale e le conseguenti maggiori
esigenze della domanda implicano
un ampliamento dell’offerta per
una più spinta personalizzazione della
copertura. Di seguito, quindi, si
riepilogano le principali novità di cui
è possibile fruire oggi:
l Copertura del “danno alla biodiversità”.
Questa nuova fattispecie di
danno, introdotta dalla direttiva
2004/35/CE [1] e recepita nella Parte
VI, D.Lgs. n. 152/2006 [2] , deriva dall’evoluzione
del concetto originario
di “danno ambientale” e non risulta
ancora garantita dalla maggior parte
delle polizze attualmente disponibili.
Superate le iniziali difficoltà, in particolare
quelle relative alla liquidazione
del danno, è, comunque, inevitabile
che l’offerta sia destinata ad allargarsi;
l garanzia “danni on-site”. La copertura
assicurativa base, come dice
la stessa denominazione, riguarda la
responsabilità civile verso terzi. I
danni che si verificano all’interno
dell’insediamento colpiscono invece
beni (“cose”), che sono normalmente
di proprietà dello stesso assicurato (e,
quindi, non di terzi). Fatta eccezione
per la garanzia relativa alle cosiddette
“spese di neutralizzazione”, operanti,
peraltro, al sussistere di specifiche
condizioni (di polizza) e, comunque,
con un sottolimite del massimale
(generalmente 10%), non sussisteva
la possibilità di offrire garanzia
per i danni che si verificano con
maggiore frequenza. Attualmente, è,
invece, possibile ottenerne la copertura
senza sottolimite rispetto al massimale
di polizza;
l massimale di polizza aggregato
per periodi di copertura superiori
all’anno. Il mercato assicurativo per
questa tipologia di polizze ha operato,
fino a oggi, ponendo un limite
massimo di esposizione (massimale)
del contratto assicurativo riferito al
singolo sinistro e, contemporanea-
76
AMBIENTE
mente, all’anno di copertura (aggregato,
cioè per più sinistri occorsi nel
medesimo anno). Questa condizione,
che naturalmente si riflette in particolare
sul premio di polizza, può risultare
penalizzante per le aziende maggiormente
virtuose in termini di livelli
di prevenzione e protezione raggiunti.
L’opportunità che queste
aziende possono oggi utilizzare è
quella di decidere se acquistare, in
alternativa, il medesimo massimale
per sinistro e, in aggregato, per un
periodo di copertura superiore all’anno.
In questo caso, se il periodo si
estende per esempio a tre anni, il risparmio
in termini di premio complessivamente
corrisposto nel corrispondente
periodo può giungere fino
al 40%;
l “reporting period”. Il regime di
operatività di questo tipo di polizze è
il cosiddetto “claims made”; con
questa impostazione, il sinistro si
identifica con la richiesta di risarcimento
e la data del sinistro coincide
con quella di presentazione della
suddetta richiesta. Nella formulazione
originaria, questo regime comportava
la presa in carico da parte dell’assicuratore
di tutte le richieste di
risarcimento presentate durante il periodo
di operatività della copertura,
indipendentemente dalla data in cui
ha avuto origine l’evento al quale è
associata la richiesta. Tuttavia, le richieste
che, però, venivano presentate
successivamente alla data di scadenza
del contratto non rientravano
nell’operatività della polizza. Attualmente,
invece, sono disponibili contratti
che prevedono, nella formulazione
base, un periodo successivo alla
scadenza della polizza (che non
venga rinnovata) entro il quale accettare
le richieste di risarcimento pervenute
e relativi a eventi occorsi durante
il periodo di validità del contratto.
Il cosiddetto “reporting period”
previsto in automatico è di un
[1] «Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e
riparazione del danno ambientale» (in G.U.C.E. L del 30 aprile 2004, n. 143).
[2] «Nuove norme in materia ambientale» (in S.O. n. 88 alla Gazzetta Ufficiale del 14 aprile 2006, n. 96).
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mese ma, a richiesta, può essere esteso
fino a dodici mesi;
l danni da amianto. I sinistri riconducibili
all’inquinamento prodotto
da questa sostanza sono esclusi,
senza possibilità di deroga, per il periodo
di latenza delle patologielegate
all’esposizione a questo minerale e
per la dimensione (numero di individui
colpiti) che possono raggiungere
le conseguenze dannose; anche in
questo caso è possibile disporre di
contratti che includano anche questo
tipo di rischi.
l danni da radioattività. La definizione
di inquinamento che si riferisce
alla contaminazione degli elementi
naturali “acqua”, “aria” e “suolo”,
dovuta alla fuoriuscita di “sostanze”,
esclude implicitamente questa fonte
inquinante e, più in generale, qualsiasi
forma di inquinante che si propaghi
sottoforma di onda, in quanto
non assimilabile al concetto di “sostanza”.
Per determinate attività in
particolare, si pensi ad esempio alle
fonderie di seconda fusione o ai centri
ospedalieri, questa garanzia rappresenta,
invece, un completamento
essenziale al processo di trasferimento
del rischio:
- nel primo caso, infatti, sussiste la
possibilità che rottami contaminati
possano, comunque, superare le barriere
di controllo che, comunque, devono
essere operanti sul materiale in
ingresso all’insediamento;
- nel secondo, invece, resterebbe
scoperta tutta l’area di rischio relativa
alle sostanze impiegate nei reparti
di radiologia. Oggi esiste una soluzione
anche per questo tipo di esigenze
nel medesimo contratto;
l danni conseguenti ad atti di
terrorismo. Pur con i necessari
approfondimenti nella fase di analisi
del rischio, anche questa estensione,
fino a oggi non reperibile
sul mercato assicurativo nazionale,
è attualmente disponibile;
14 novembre 2006 ­ N. 21

danni da interruzione di eserciio
dell’assicurato. Non ultima, la
ossibilità (considerata, fino a qualhe
anno addietro, come “assolutaente
non percorribile” per l’assicuato)
di proteggersi anche contro i
ropri danni da interruzione di eserizio
a seguito di evento inquinante e
on solo rispetto a quelli di terzi.
Non deve stupire la rilevanza dele
opportunità sopra evidenziate ripetto
all’esistente se si pensa al-
’esperienza maturata da operatori
pecializzati in un arco di tempo sinificativo
su molteplici e differenti
ercati alcuni dei quali in particolare
olto, più avanzati del nostro in terini
di richieste di risarcimento per
uesta tipologia di danni.
l crisis management
La visione del rapporto con l’asicurato
secondo la logica della
partnership” è alla base di un’alra
importante evoluzione nell’oferta
di un servizio assicurativo in
rado di rispondere in modo più
fficace alle effettive esigenze del-
’assicurato; alcune compagnie, inatti,
puntano sempre più al superaento
dell’attività di semplice
claims settlement” (liquidazione
el sinistro) per giungere ad una
era e propria “customer relationhip
management”.
In termini operativi e con specifico
iferimento alla copertura del rischio
nquinamento, ciò si traduce nell’abinamento
alla classica polizza di un
14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
“servizio di supporto dedicato” per
l’assicurato a cui lo stesso può fare
riferimento (attraverso un numero
verde attivo 24 ore su 24) per ottenere
nell’arco delle 24-48 ore dal verificarsi
di un’emergenza (sinistro) specialisti
qualificati in grado di guidare
l’azienda nella gestione della crisi.
Obiettivo del crisis management,
infatti, è quello di realizzare, in una
situazione potenzialmente deteriorabile,
i propri obiettivi a un costo per
se stessi accettabile, persuadendo le
controparti che le soluzioni alternative
eventualmente contrapposte imporrebbero
loro un costo maggiore;
come si può facilmente intuire, il
“massimo contenimento possibile”
del danno risulta essere un obiettivo
assolutamente comune a quello dell’assicuratore.
L’ottenimento effettivo
di questo risultato richiede tuttavia,
l’utilizzo di strumenti e tecniche
appropriate e un’esperienza specifica
che le aziende normalmente non posseggono.
Nel caso della piccola e
media azienda, non è pensabile il ricorso
a una struttura “dedicata” alla
gestione della crisi.
Data la complementarità di questo
strumento con quello assicurativo,
poiché consente di migliorare il processo
di liquidazione del danno, appare
del tutto logico che sia l’assicuratore,
che possiede il know-how specifico
nella gestione dei sinistri e nella
conseguente liquidazione dei danni,
a massimizzare le sinergie esistenti
attraverso l’abbinamento dei due
BONIFICHE E DANNO AMBIENTALE: UN CONVEGNO GRATUITO DI AMBIENTE&SICUREZZA
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DANNO AMBIENTALE
Articolo
strumenti, incrementando così, in
modo significativo, l’efficacia e
quindi l’interesse per il servizio offerto.
Gli interventi di bonifica costituiscono
l’essenza della riparazione del
danno e, quindi, del trasferimento assicurativo
di questi oneri.
La complessità e l’articolazione
degli interventi di bonifica e, di
conseguenza, dell’offerta di servizi
in questo settore impongono la necessità
di adeguati strumenti a supporto
delle decisioni. La conoscenza
di una normativa in costante
evoluzione per il rispetto puntuale
dei singoli disposti è strettamente
correlata alla scelta corretta e consapevole
del “miglior operatore
possibile”. La possibilità di avvalersi
dell’operatore maggiormente
qualificato e di fare ricorso alle migliori
tecniche di intervento consentono,
non solo il raggiungimento
dell’obiettivo primario di una
ottimale tutela della qualità dell’ambiente,
ma anche di ridurre i
fattori di incertezza favorendo così
lo sviluppo degli interventi di recupero.
In questo contesto, l’opportunità
di mettere a disposizione l’esperienza
tipica di chi è chiamato a liquidare i
danni per una gestione ottimale di
situazioni inaspettate dell’attività
produttive e che, proprio per questo,
generalmente trovano impreparato il
soggetto che ne subisce gli effetti,
rappresentano la vera novità del servizio
offerto dall’assicuratore. l
Su questi e altri temi Ambiente&Sicurezza ha organizzato un convegno dal Titolo “Bonifica dei siti inquinati:
le novità per committenti, progettisti ed esecutori” organizzato, nell’ambito di Ecomondo, il giorno 8
novembre 2006, presso la Sala Diotallevi 1, Hall Sud. 1° piano, lato ovest (inizio: 14:30).
In questo ambito, Uniparmassicurazioni (Università degli Studi di Parma) e Assoreca (Associazione ­ senza
scopo di lucro ­ tra le società di revisione e consulenza ambientale) illustreranno, in qualità di promotori
dell’iniziativa, il progetto “Osservatorio Nazionale delle Bonifiche”, che si pone come riferimento per
tutte le problematiche connesse alla gestione degli interventi.
Per maggiori informazioni si veda a pagina 72.
77

AMBIENTE
RIFIUTI
Commento
La circolare 28 settembre 2006 fa seguito a una sentenza del TAR Liguria n. 941/2006
Gli ultimi chiarimenti dell’Albo gestori
su garanzie finanziarie e semplificazioni
di Rosanna Laraia, APAT ­ Albo gestori ambientali
L’articolo 212, comma 7, D.Lgs.
n. 152/2006, dispone l’obbligo
di presentare idonee garanzie
finanziarie a favore dello Stato
per le imprese che effettuano
attività di raccolta e trasporto,
intermediazione e commercio
di rifiuti, senza detenzione
dei medesimi, e a quelle che
gestiscono impianti mobili
di smaltimento e recupero;
medesimo obbligo, ma a favore
della regione territorialmente
competente, per le imprese
che gestiscono impianti fissi
di smaltimento e di recupero
di titolarità di terzi nonché
di bonifica dei siti e dei beni
contenenti amianto. Sul tema
è tornato l’Albo gestori
ambientali con la circolare
7 agosto 2006, che dettaglia
la documentazione da presentare
alla sezione regionale dell’Albo,
e la delibera n. 2/2006,
che ammette la locazione per le
imprese iscritte nelle categorie
9 e 10. Discorso a parte, quello
della circolare 28 settembre 2006
n. 1309, sull’applicazione
del regime semplificato alle
aziende speciali, ai consorzi
e alle società di cui alla legge
n. 142/1990.
14 novembre 2006 ­ N. 21
L’articolo 212,
D.Lgs. n. 152/2006
Il D.Lgs. n. 152/2006, introduce
significative novità anche riguardo
al sistema delle garanzie finanziarie
che, secondo il vecchio regime,
dovevano essere prestate a favore
dello Stato da parte di tutte le categorie
di imprese iscritte all’Albo,
con la sola eccezione di quelle assoggettate
al regime semplificato.
Il nuovo Codice dispone, invece,
all’articolo 212, comma 7, che
solo le imprese che effettuano attività
di raccolta e trasporto, intermediazione
e commercio dei rifiuti,
senza detenzione dei medesimi,
unitamente a quelle che gestiscono
impianti mobili di smaltimento
e recupero, prestino idonee garanzie
finanziarie a favore dello
Stato.
In linea con quanto disposto in
materia di autorizzazioni per gli
impianti di gestione dei rifiuti di
cui all’articolo 210, medesimo
D.Lgs. n. 152/2006, queste garanzie
sono ridotte:
l del 50% per le imprese registrate
ai sensi del regolamento europeo
n. 761/2001 [1] (EMAS);
l del 40% nel caso di imprese in
possesso della certificazione ambientale
ai sensi della norma UNI
EN ISO 14001.
Questa disposizione si prefigge
chiaramente lo scopo di incentiva-
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re, attraverso l’utilizzo di uno strumento
economico, la diffusione di
sistemi volontari di certificazione
finalizzati a garantire una migliore
protezione ambientale.
Diversa è, invece, la disciplina,
prevista al comma 9, per le imprese
che effettuano attività di gestione
di impianti fissi di smaltimento
e di recupero di titolarità di terzi e
per quelle che effettuano le attività
di bonifica dei siti e di bonifica dei
beni contenenti amianto, che dovranno
prestare idonee garanzie
finanziarie solo a favore della regione
territorialmente competente,
nel rispetto dei criteri generali
fissati dallo Stato con successivo
decreto.
Anche in questo caso, le garanzie
sono ridotte del 50%, per le
imprese registrate EMAS, e del
40% nel caso di imprese in possesso
della certificazione ambientale
UNI EN ISO 14001.
Riguardo alle modalità per la loro
prestazione, il D.Lgs. n. 152/
2006, distingue due fattispecie:
l le imprese che effettuano l’attività
di gestione di impianti fissi di
smaltimento e di recupero di titolarità
di terzi dovranno prestare le
garanzie finanziarie a favore della
regione per ogni impianto gestito;
l le imprese che effettuano l’attività
di bonifica dei siti e dei beni
contenenti amianto dovranno pre-
[1] «Regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del consiglio del 19 marzo 2001 sull’adesione volontaria delle
organizzazioni ad un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS)» (in G.U.C.E. L. del 24 aprile 2001, n. 114). Si vedano il
n. 13/2001 ma anche il n. 2/2002 di Ambiente&Sicurezza.
79

RIFIUTI
Commento
stare le garanzie finanziarie a favore
della regione per ogni intervento
di bonifica da effettuare.
Il comma 10 prevede che con
decreto del Ministro dell’Ambiente
e della Tutela del territorio, di concerto
con i Ministri delle Attività
produttive, delle Infrastrutture e
dei Trasporti e dell’Economia e
delle Finanze, sentito il parere del
Comitato nazionale, vengano definite
le attribuzioni e le modalità
organizzative dell’Albo, i requisiti,
i termini e le modalità di iscrizione,
i diritti annuali d’iscrizione,
nonché le modalità e gli importi
delle garanzie finanziarie che devono
essere prestate a favore dello
Stato. Fino all’emanazione del decreto,
si prevede, comunque, che
continuino ad applicarsi, per quanto
compatibili, le disposizioni del
D.M. 28 aprile 1998, n. 406.
La lettura delle disposizioni fin
qui descritte ha portato il Comitato
nazionale a ritenere immediatamente
applicabili, in attesa del
nuovo regolamento dell’Albo previsto
dal comma 10, le misure relative
alla riduzione dell’entità degli
importi delle garanzie finanziarie
per le imprese registrate EMAS o
certificate UNI EN ISO 14001.
La circolare
dell’Albo 7 agosto 2006
La circolare 7 agosto 2006
(prot. n. 1000/ALBO/PRES) fornisce
agli operatori economici interessati
e alle sezioni regionali e
provinciali le indicazioni necessarie
all’applicazione di quanto disposto
dall’articolo 212, comma 7.
In particolare, è stato stabilito che
le imprese che effettuano raccolta e
trasporto dei rifiuti, già iscritte all’Albo
nelle categorie 1, 4 e 5, alla
data di entrata in vigore del D.Lgs
n. 152/2006, al fine di ottenere la
80
AMBIENTE
riduzione degli importi delle garanzie
finanziarie già prestate, debbano
presentare alla sezione regionale
dell’Albo:
l domanda di variazione dell’iscrizione
con richiesta di riduzione delle
garanzie finanziarie;
l copia conforme dell’attestato di
registrazione EMAS o di certificazione
UNI EN ISO 14001, oppure
dichiarazione sostitutiva dell’atto di
notorietà, resa dal legale rappresentante
dell’impresa ai sensi dell’articolo
47, D.P.R. n. 445/2000 [2] , con la
quale si attesti il possesso della
registrazione e/o iscrizione;
l appendice alla garanzia finanziaria
prestata con efficacia a decorrere
dalla data di accettazione della stessa
da parte della sezione;
l attestazione del versamento del
diritto di segreteria relativo alle variazioni
dell’iscrizione, ai sensi dell’articolo
21, comma 1, D.M. n. 406/
1998.
Il Comitato nazionale ha anche
elaborato uno schema di provvedimento
di accettazione dell’appendice
della garanzia finanziaria che
ha trasmesso alle sezioni.
La delibera
10 luglio 2006, n. 2
Sulla Gazzetta Ufficiale dell’11
settembre 2006, n. 211, è stata
pubblicata la deliberazione del Comitato
nazionale dell’Albo nazionale
Gestori Ambientali 10 luglio
2006, n. 2, recante «Disponibilità
attrezzature minime per l’iscrizione
nella categoria 9 - bonifica dei
siti, e nella categoria 10 - bonifica
dei beni contenenti amianto».
Questo provvedimento contiene
modifiche riguardo alle modalità di
dimostrazione della piena ed esclusiva
disponibilità delle attrezzature
minime richieste per l’iscrizione
nelle categorie 9 e 10, consenten-
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do, in particolare, il ricorso a contratti
di locazione. In precedenza,
ai sensi della deliberazione 12 dicembre
2001, prot. n. 005/CN/AL-
BO, modificata con deliberazione
11 maggio 2005, prot. n. 001/CN/
ALBO (criteri e requisiti per
l’iscrizione nella categoria 9) e
della deliberazione 30 marzo 2004,
prot. n 001/CN/ALBO (criteri e requisiti
per l’iscrizione nella categoria
10), le attrezzature minime
richieste ai fini della dimostrazione
dei requisiti tecnici dovevano risultare
di proprietà dell’impresa o
dalla stessa tenute in usufrutto o
acquistate con patto di riservato
dominio o prese in leasing.
Queste deliberazioni escludevano,
dunque, il contratto di locazione
come titolo idoneo a dimostrare
la disponibilità dei mezzi da
parte dell’impresa; questa possibilità
è stata, invece, espressamente
prevista dalla normativa relativa
alla qualificazione dei soggetti esecutori
di lavori pubblici. Il Comitato
nazionale ha, pertanto, ritenuto
di dover coordinare la disciplina
dell’Albo con la normativa in materia
di appalti, includendo anche
la locazione tra i titoli da ritenersi
idonei per dimostrare la piena ed
esclusiva disponibilità delle attrezzature
minime, ritenendo, comunque,
di stabilire alcune specifiche
condizioni per ammettere il ricorso
al contratto di locazione.
Chiaramente la nuova delibera n.
2/2006, va a modificare le precedenti:
l deliberazione 12 dicembre
2001, integrata con deliberazione
11 maggio 2005;
l la deliberazione 30 marzo 2004,
nella parte in cui regolamentano la
piena ed esclusiva disponibilità
delle attrezzature minime richieste.
In particolare, è stato stabilito la
possibilità di ricorrere a un contrat-
[2] «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa» (in S.O. n. 30 alla
Gazzetta Ufficiale del 20 febbraio 2001, n. 42).
14 novembre 2006 ­ N. 21

to di locazione purché lo stesso
presenti le seguenti caratteristiche:
l sia stipulato in forma scritta con
firme autenticate da pubblico ufficiale;
l abbia durata:
- non inferiore a cinque anni a
decorrere dalla data di efficacia
dell’iscrizione all’Albo dell’impresa
locataria,
- oppure, in caso di impresa già
iscritta, durata almeno pari al residuo
periodo di validità dell’iscrizione;
l abbia a oggetto la messa in disponibilità
piena ed esclusiva delle
attrezzature, che dovranno essere
identificate in modo chiaro e
univoco, a favore dell’impresa locataria;
l contenga la formale dichiarazione
delle parti che le attrezzature
oggetto del contratto non siano,
nemmeno in futuro, utilizzate, per
tutta la durata contrattuale, per
iscrizioni all’Albo diverse da quella
del locatario.
Le prescrizioni introdotte dal Comitato
nazionale con la delibera 10
luglio 2006, n. 2, hanno indubbiamente
l’obiettivo di favorire le imprese,
ammettendo il ricorso a un
contratto di locazione per dimostrare
la disponibilità delle attrezzature
previste per l’iscrizione, garantendo,
nel contempo, che il possesso delle
stesse sia reale, esclusivo e permanga
per tutto l’arco temporale di vigenza
dell’iscrizione.
La circolare
28 settembre 2006, n. 1309
Una modifica di rilievo, introdotta
dall’articolo 212, D.Lgs. n. 152/
2006, rispetto alla previdente normativa,
è la mancata previsione dell’applicazione
del regime semplificato
alle aziende speciali, ai consorzi e
alle società di cui all’articolo 22, legge
8 giugno 1990, n. 14 («Ordinamento
delle autonomie locali»), che
14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
esercitano i servizi di gestione dei
rifiuti.
Infatti, ai sensi dell’articolo 30,
comma 10, D.Lgs. n. 22/1997, il possesso
dei requisiti di idoneità tecnica
e di capacità finanziaria per l’iscrizione
all’Albo, per le suddette società,
veniva garantito dal comune o dal
consorzio di comuni.
L'inserimento veniva effettuato
sulla base di apposita comunicazione
di inizio di attività del comune o del
consorzio di comuni alla sezione regionale
dell’Albo territorialmente
competente ed era efficace solo per
le attività di gestione dei rifiuti urbani
svolte nell’interesse del comune o
del consorzio di comuni.
La procedura d’iscrizione semplificata
è stata successivamente regolamentata
dall’articolo l’articolo 13,
D.M. 28 aprile 1998, n. 406, e dalla
deliberazione del comitato nazionale
17 dicembre 1998, n. 4.
La deliberazione 30 gennaio
2003, n. 1, ha, invece, aggiornato i
requisiti minimi per l’iscrizione
nella categoria 1 delle imprese operanti
in regime semplificato (Allegato
D); sono state, conseguentemente,
abrogate le precedenti deliberazioni
regolanti la materia (la
deliberazione 17 dicembre 1998, n.
2, modificata e integrata con deliberazioni
17 marzo 1999, n. 2, e 21
febbraio 2001, n. 2).
Come evidenziato, l’art. 212,
D.Lgs. n. 152/2006, non prevede più
l’applicazione del regime semplificato
per le aziende speciali, i consorzi e
le società di cui alla legge n. 142/
1990, che, di conseguenza, per continuare
a operare, devono iscriversi all’Albo
con procedura ordinaria, dimostrando
il possesso di requisiti
non richiesti per l’iscrizione semplificata,
quali, ad esempio, le autorizzazioni
al trasporto di cose per conto
terzi, che si ottengono a seguito di
una lunga procedura.
Il nuovo regime desta notevoli
perplessità sia in ordine ai tempi più
lunghi richiesti per l’iscrizione ordinaria
sia, soprattutto, per la mancata
previsione di un periodo transitorio
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RIFIUTI
Commento
che potrebbe generare serie difficoltà
per i soggetti con iscrizioni in scadenza,
con possibili conseguenze negative
sulla gestione dei rifiuti urbani
nei comuni interessati.
In base a quanto disposto dal
D.Lgs. n. 152/2006, a partire dal 29
aprile 2006, data di entrata in vigore
del decreto, le sezioni regionali dell’Albo
hanno effettuato unicamente
le variazioni delle iscrizioni in corso
di validità, non potendo più accettare
nuove comunicazioni e/o rinnovi.
Il comitato nazionale, investito
delle problematiche sollevate dai
soggetti non più ammessi al regime
semplificato, si era espresso condividendo
l’impostazione delle sezioni
regionali, riconoscendo, comunque,
la necessità di ripristinare la normativa
previdente, date le palesi difficoltà
derivanti dall’applicazione della nuova
disciplina.
Con sentenza n. 941/2006, il
TAR della Liguria ha accolto il ricorso
proposto da una S.p.A. contro
la decisione della sezione regionale
della Liguria di non rinnovare
l’iscrizione con procedura semplificata,
ai sensi dell’articolo 30, comma
10, D.Lgs. n. 22/1997 e, per
l’effetto, ha annullato il provvedimento
impugnato.
A giudizio del TAR, infatti, la decisione
della sezione è apparsa in
contrasto con la disciplina transitoria
contenuta all’articolo 212, comma
10, D.Lgs. n. 152/2006, che prevede,
infatti, l’emanazione, entro novanta
giorni dalla data di entrata in
vigore del decreto legislativo, di un
successivo decreto del Ministro dell’Ambiente
e della Tutela del territorio,
di concerto con i Ministri delle
Attività produttive, delle Infrastrutture
e dei Trasporti e dell’Economia
e delle finanze, sentito il parere del
Comitato nazionale, che dovrà definire
le attribuzioni e le modalità organizzative
dell’Albo, nonché i requisiti,
termini e modalità di iscrizione,
diritti annuali d'iscrizione e
modalità e importi delle garanzie finanziarie.
Fino all’emanazione del
predetto decreto, la norma prevede
81

82
RIFIUTI
Documento
Commento
che continuino a essere applicate,
per quanto compatibili, le disposizioni
del decreto del Ministro dell’Ambiente
28 aprile 1998, n. 406.
Il TAR Liguria ha, dunque, ritenuto
che la procedura semplificata si
potesse ancora applicare, pur in assenza
di una disposizione specifica
nel D.Lgs. n. 152/2006, stante la proroga
della disciplina del D.M. n. 406/
1998.
Non può, al riguardo, non segnalarsi
che il comma 10 dell’art. 212,
prevede l’efficacia delle norme di cui
al citato D.M. n. 406/1998, laddove
AMBIENTE
Circolare del Comitato nazionale dell’Albo gestori ambientali 7 agosto 2006,
Prot. n. 1000/ALBO/PRES
Articolo 212, comma 7, D.Lgs. 152/2006
Il Comitato Nazionale ha disposto che le imprese
iscritte all’Albo nelle categorie 1, 4 e 5 alla data di entrata
in vigore del D.Lgs. n. 152/2006 che intendono ottenere,
ai sensi dell’articolo 212, comma 7, del medesimo decreto
legislativo, la riduzione degli importi delle garanzie
finanziarie già prestate, devono presentare alla Sezione
regionale dell’Albo:
a) domanda di variazione dell’iscrizione con richiesta
di riduzione delle garanzie finanziarie;
b) copia conforme dell’attestato di registrazione
EMAS o di certificazione UNI EN ISO 14001 oppure
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa dal
Deliberazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del territorio e del mare 10 luglio 2006
Disponibilità attrezzature minime per l’iscrizione nella categoria 9
Bonifica dei siti, e nella categoria 10 - Bonifica dei beni contenenti amianto
in Gazzetta Ufficiale dell’11 settembre 2006, n. 211
IL COMITATO NAZIONALE
dell’Albo nazionale gestori ambientali
Visto l’art. 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, recante norme in materia ambientale, che ha istituito
l’Albo nazionale gestori ambientali, in prosieguo denominato
Albo;
Visto il decreto 28 aprile 1998, n. 406, del Ministro
dell’Ambiente, di concerto con i Ministri dell’Industria,
compatibili con la nuova legislazione,
mentre, al contrario, non risulta
essere tale l’iscrizione in procedura
semplificata per le aziende speciali e
i consorzi, non essendo più contemplata
dal nuovo regime.
Tuttavia, il comitato nazionale,
anche in considerazione delle problematiche
prima evidenziate, ha ritenuto
di dover uniformare l’attività
dell’Albo a quanto disposto dal TAR
e ha, pertanto, emanato la circolare
28 settembre 2006 n. 1309/ALBO/
PRES, nella quale invita le sezioni
regionali a espletare l’istruttoria del-
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le comunicazioni di inizio di attività
che vengono presentate ai sensi dell’articolo
13, comma 2, D.M. n. 406/
1998, nonché a operare la revisione
delle iscrizioni, ai sensi dell’articolo
19, comma 2, stesso decreto.
Grazie a questa circolare, fino alla
emanazione del decreto previsto dall’articolo
212, comma 10, D.Lgs. n.
152/2006, le aziende speciali, i consorzi
e le società di cui all'articolo 22,
legge n. 142/1990, che esercitano i
servizi di gestione dei rifiuti, potranno,
quindi, continuare a usufruire del
regime agevolato. l
legale rappresentante dell’impresa ai sensi dell’articolo 47
del D.P.R. n. 445/2000, con la quale si attesti il possesso
delle suddette registrazioni o certificazioni;
c) appendice alla garanzia finanziaria prestata con efficacia
a decorrere dalla data di accettazione della stessa da
parte della Sezione regionale;
d) attestazione del versamento del diritto di segreteria
relativo alla variazione dell‘iscrizione previsto dall‘articolo
21, comma 1, del D.M. n. 406/1998.
Alle Sezioni regionali si trasmette lo schema del provvedimento
di accettazione dell‘appendice alla garanzia
finanziaria. l
del commercio e dell’artigianato, dei trasporti e della
navigazione, e del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, recante la disciplina dell’Albo nazionale
delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti;
Viste le proprie deliberazioni 12 dicembre 2001, prot.
n. 005/CN/ALBO, integrata con deliberazione 11 maggio
2005, prot. n. 01/CN/ALBO, e 30 marzo 2004, prot. n.
01/CN/ALBO, recanti, rispettivamente, criteri e requisiti
14 novembre 2006 ­ N. 21

per l’iscrizione nella categoria 9 e nella categoria 10;
Visto che, ai sensi delle predette deliberazioni, le
attrezzature minime richieste ai fini della dimostrazione
dei requisiti tecnici debbono risultare di proprietà dell’impresa
o dalla stessa tenute in usufrutto o acquistate con
patto di riservato dominio o prese in leasing;
Ritenuto, anche al fine di coordinare la normativa per
l’iscrizione all’Albo con quella relativa alla qualificazione
dei soggetti esecutori di lavori pubblici, di prevedere anche
la locazione tra i titoli da ritenersi idonei per dimostrare
la piena ed esclusiva disponibilità delle attrezzature
minime;
Ritenuto, altresì, di stabilire le condizioni volte a
garantire nell’arco temporale dell’iscrizione la permanenza
della esclusiva e piena disponibilità delle attrezzature
minime mediante locazione;
Delibera:
Art. 1
1. La piena ed esclusiva disponibilità delle attrezzature
minime per l’iscrizione nella categoria 9 e nella catego-
14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
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RIFIUTI
Documento
Commento
ria 10 di cui alla deliberazione 12 dicembre 2001, prot. n.
005/CN/ALBO, integrata con deliberazione 11 maggio
2005, prot. n. 01/CN/ALBO, e alla deliberazione 30 marzo
2004, prot. n. 01/CN/ALBO, può essere dimostrata
anche mediante contratto di locazione.
2. Ai fini del comma 1, il contratto di locazione deve:
a) essere stipulato in forma scritta con firme autenticate
da pubblico ufficiale;
b) avere durata non inferiore ad anni cinque a decorrere
dalla data di efficacia dell’iscrizione all’Albo dell’impresa
locataria, oppure, in caso di impresa già iscritta,
avere durata almeno pari al residuo periodo di validità
dell’iscrizione;
c) avere ad oggetto la messa in disponibilità piena ed
esclusiva delle attrezzature, che dovranno essere identificate
in modo chiaro ed univoco, a favore dell’impresa
locataria;
d) contenere la formale dichiarazione delle parti che le
attrezzature oggetto dello stesso non sono e non saranno
utilizzate, per tutta la durata contrattuale, per iscrizioni
all’Albo diverse da quella del locatario. l
Circolare del Comitato nazionale 28 settembre 2006
(Prot. n. 1309/ALBO/PRES)
Con sentenza 941/06, allegata in copia, il TAR Liguria
ha accolto il ricorso proposto dalla S.P.A A. avverso la
decisione della Sezione regionale della Liguria di non
rinnovare l’iscrizione, con procedura semplificata, ai sensi
dell’articolo 30, comma 10, del D.Lgs n. 22/1997 e, per
l’effetto, ha annullato il provvedimento impugnato. Il Comitato
Nazionale ha ritenuto di dover uniformare l’attività
Sentenza TAR Liguria iscrizioni semplificate
dell’Albo a quanto disposto dal TAR; le Sezioni regionali,
pertanto, potranno provvedere, fino alla emanazione del
decreto previsto dall’articolo 212, comma 10, del D.Lgs
n. 152/2006, ad espletare l’istruttoria delle comunicazioni
di inizio di attività che vengono presentate ai sensi dell’articolo
13, comma 2, e dell’articolo 19, comma 2, del
D.M. n. 406/1998. l
83

LEGISLAZIONE
In breve
AMBIENTE
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE
a cura di Marco Fabrizio, avvocato in Roma
ITALIA
GESTIONE EMERGENZIALE
D.L. 9 ottobre 2006, n. 263
«Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza
nel settore dei rifiuti nella Regione
Campania» (G.U. del 9 ottobre 2006¸ n. 235)
Il decreto emergenziale in questione prova a
segnare un’inversione di tendenza nel contesto
della ordinaria emergenza presente in
Campania nel settore rifiuti, a partire dall’assegnazione
al Capo del Dipartimento della
protezione civile della Presidenza del Consiglio
dei Ministri le funzioni di Commissario
delegato per l’emergenza nel settore dello
smaltimento dei rifiuti nella Regione in questione,
con utilizzo delle strutture operative
nazionali del servizio nazionale della protezione
civile.
Il nuovo provvedimento risulta, inoltre, improntato
all’acquisizione del consenso delle
popolazioni locali interessate circa le iniziative
da adottare o in fase di adozione per risolvere
l’emergenza, con obbligo, per il Commissario,
di emettere, entro 30 giorni dall’entrata
in vigore del D.L., un’ordinanza concernente
le misure di informazione e partecipazione
dei cittadini, conformemente ai principi della
Carta di Aalborg approvata dalla Conferenza
europea sulle città sostenibili (art. 2). Risulta,
inoltre, annullata la procedura di gara indetta
dal Commissario di Governo per l’emergenza
rifiuti nella regione Campania con ordinanza
n. 281/2006, con obbligo di ridefinire
le condizioni di affidamento del servizio di
smaltimento rifiuti in Campania e con conte­
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stuale obbligo sul Commissario di individure,
in termini di «somma urgenza», le soluzioni
ottimali per lo smaltimento dei rifiuti e delle
cosiddette “ecoballe“ giacenti nelle cave dimesse
della regione, anche attraverso affidamento
diretto a soggetti diversi dalle attuali
società affidatarie del servizio (art. 3). Al neo
Commissario risultano, inoltre, attribuiti ampi
poteri al fine di incentivare e migliorare la
raccolta differenziata nonché per la messa in
sicurezza di alcune discariche (artt. 4 e 5).
COMMERCIO DI DETERGENTI.
NORME SANZIONATORIE
D.Lgs. 18 settembre 2006, n. 266
«Disciplina sanzionatoria per la violazione
delle disposizioni del regolamento (CE) n.
648/2004 in materia di immissione in commercio
dei detergenti» (G.U. del 18 ottobre 2006,
n. 243)
Il decreto introduce nella normativa italiana
la disciplina sanzionatoria per la violazione
delle disposizioni di cui agli articoli 4, «Limitazioni
in base alla biodegradibilità dei tensioattivi»,
9 «Informazioni date dai fabbricanti e
11, Etichettatura», regolamento (CE) n. 648/
2004, in materia di principi e requisiti per l’immissione
sul mercato dei detergenti e dei tensioattivi
in essi contenuti, pubblicato in Gazzetta
Ufficiale dell’Unione Europea, serie L, 8
aprile 2004, n. 104.
Innanzitutto, viene identificata nel Ministero
della Salute l’autorità competente responsabile
della comunicazione e dello scambio delle
informazioni relative alla gestione del regola­
14 novembre 2006 ­ N. 21

mento n. 648/2004, ai sensi dell’art. 8, regolamento
medesimo.
L’apparato sanzionatorio risulta, a sua volta,
improntato su sanzioni amministrative di tipo
pecuniario, gravanti, in genere, sul fabbricante
o il primo importatore qualora il detergente
abbia un livello di biodegradabilità primaria
inferiore a quelli di legge (sanzione amministrativa
da 15.000 a 90.000,00 euro), ovvero
qualora il detergente abbia un tensioattivo
con livello di biodegradabilità primaria superiore
ai livelli ex Allegato II, regolamento citato,
ma con biodegradibilità aerobica completa
inferiore ai livelli ex Allegato III, regolamento
medesimo, senza alcuna autorizzazione in deroga
(sanzione da 10.000,00 a 60.000,00 euro).
Analogamente, sono previste sanzioni a carico
del fabbricante che non tenga a disposizione
delle autorità i fascicoli tecnici e le informazioni
previste dall’art. 9, paragrafi 1 e 2, regolamento
citato e relativi Allegati o che non
metta a disposizione del personale dell’Istituto
superiore di sanità la scheda tecnica prevista
dal medesimo art. 9 (rispettivamente sanzione
amministrativa da 2.000,00 a 12.000,00
euro o da 3.000,00 a 18.000,00 euro).
È, infine, prevista un’ulteriore sanzione a carico
dei soggetti tenuti all’obbligo di etichettatura
ex art. 5, regolamento citato, e inadempienti
in questo senso (sanzione da 5.000 a
30.000,00 euro). Le sanzioni saranno applicabili
dalle regioni nel cui territorio è stata commessa
la violazione. Sarà valida, infine, la disciplina
sul procedimento di irrogazione delle
sanzioni amministrative di cui alla legge n.
689/1981; contestualmente, risulta sempre
ammesso il sequestro delle partite di detergenti
non conformi alla disciplina di cui al
regolamento n. 648/2004.
14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
IGIENE DEGLI IMBALLAGGI
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LEGISLAZIONE
In breve
Decreto del Ministero dei Trasporti
29 settembre 2006, n. 1014
«Norme integrative al codice IMDG (emendamento
32­04) per la verifica della compatibilità
chimica degli imballaggi e dei contenitori
intermedi (IBCs) di plastica destinati al
trasporto di materie liquide» (S.O. n. 196 alla
G.U. del 18 ottobre 2006, n. 243)
Il decreto concerne l’approvazione delle norme
integrative al codice IMDG (emendamento
32­04) per la verifica della compatibilità chimica
degli imballaggi e dei contenitori intermedi
(IBCs) di plastica destinati al trasporto di
materie liquide. In particolare, le norme integrative
vertono sulle verifiche di compatibilità
chimica per imballaggi in polietilene ad elevato
o medio peso molecolare e per i contenitori
intermedi in polietilene ad elevato peso molecolare
ex punto 2, parti II e III, norme integrative
medesime.
DECOMISSIONING DI SITI NUCLEARI
Ordinanza del Commissario delegato
per la sicurezza dei materiali nucleari
2 ottobre 2006
«Integrazione dell’ordinanza 13 dicembre
2005, di autorizzazione alla costruzione nel
sito Eurex del Comune di Saluggia, del nuovo
sistema di approvvigionamento idrico» (G.U.
del 10 ottobre 2006, n. 236)
L’ordinanza dispone la realizzazione di taluni
pozzi relativi al nuovo sistema di approvvigionamento
idrico da realizzarsi nel sito Eurex
del Comune di Saluggia (Vercelli), in deroga
non solo alla disciplina di cui agli articoli
10, 11, 12, 13 e 16, D.P.R. n. 380/2001, come
già dichiarata, bensì anche al vigente strumento
di pianificazione della locale area protetta.
l
85

GIURISPRUDENZA
Massime
AMBIENTE
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
a cura di Gabriele Taddia, avvocato in Ferrara
ORDINE DI BONIFICA DA AMIANTO LEGITTIMO
SOLO PER PERICOLOSITÀ DELLE SOSTANZE
TAR Campania, sez. Napoli,
27 aprile 2006, n. 6786,
Pres. d’Alessandro, Rel. Francavilla
Ordine di rimozione e bonifica amianto ­ Necessità
del presupposto della pericolosità
della sostanza ­ Valutazione ­ Sussiste ­ Illegittimità
ordinanza emessa in assenza di acclarata
pericolosità ­ È tale
La normativa volta a prevenire i rischi derivanti
dall’amianto individua la pericolosità di tale sostanza
in riferimento all’eventualità del rilascio di
fibre aerodisperse nell’ambiente che costituisce,
pertanto, il presupposto per l’applicazione delle
misure di salvaguardia ivi previste.
Nota
Il TAR Campania affronta in modo corretto il problema
legato ai presupposti necessari e indefettibili
affinché possa ritenersi legittima l’ordinanza
con la quale il Comune impone la bonifica di
un’area interessata dalla presenza di lastre di
amianto.
Il caso che ha originato l’intervento dei Giudici
amministrativi è dato dall’ordinanza di un Comune
(impugnata, poi, unitamente agli atti presupposti,
costituiti da un verbale Asl di accertamento
e da una nota della stessa Asl) con la quale l’Amministrazione
ordinava al ricorrente di procedere
ad horas alla bonifica dello stabile di sua proprietà
con la rimozione dell’amianto esistente.
Veniva proposto ricorso avverso il provvedimento
sopra distinto (unitamente agli atti presupposti),
deducendone l’illegittimità in relazione
ai vizi di violazione e di falsa applicazione
della legge n. 257/1992, del D.M. 6 settembre
1994 e del D.M. 20 agosto 1999, eccesso di
potere per carenza dei presupposti, contraddittorietà
tra atti, omessa ponderazione, perplessità,
violazione del giusto procedimento,
straripamento, sviamento, difetto del contrad­
86
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dittorio e di motivazione, violazione dell’art.
54, D.Lgs. n. 267/2000.
In sostanza, il ricorrente lamenta il fatto che
l’azienda sanitaria locale avrebbe prescritto la rimozione
dell’amianto non in ragione del cattivo
stato di manutenzione del materiale (mancando
nei verbali ogni riferimento in tal senso), ma a
causa di un generico pericolo conseguente alle
modalità di intervento di demolizione parziale
del fabbricato.
Il Tribunale Amministrativo campano ha opportunamente
accolto il ricorso e, sospesa in via cautelare
l’efficacia dell’ordinanza, ha poi annullato il
provvedimento emesso dal Comune.
È stato, infatti, osservato che «la normativa volta
a prevenire i rischi derivanti dall’amianto individua
la pericolosità di tale sostanza in riferimento
all’eventualità del rilascio di fibre aerodisperse
nell’ambiente che costituisce, pertanto, il presupposto
per l’applicazione delle misure di salvaguardia
ivi previste», così come specificamente
indicato anche dall’art. 1, Allegato 1 al D.M. 6
settembre 1994, secondo cui «la potenziale pericolosità
dei materiali di amianto dipende dall’eventualità
che siano rilasciate fibre aerodisperse
nell’ambiente che possono venire inalate dagli
occupanti».
Per contro, dagli atti del caso in esame non era
riscontrabile alcun riferimento a questo pericolo
o allo stato di cattiva conservazione dell’amianto,
derivandone, correttamente, che la rimozione
della sostanza era stata imposta, più che altro, in
contestazione delle modalità di esecuzione dei
lavori di demolizione dell’edificio.
Questo, però, non costituisce presupposto legale
per l’emissione dell’ordinanza di rimozione, la
quale si basa su un presupposto di intrinseca pericolosità
della sostanza causata dal suo stato di
conservazione.
Nel caso di specie, inoltre, l’ordinanza ha probabilmente
“peccato” anche per difetto di istruttoria;
è ,infatti, possibile che le modalità di lavorazione
o conservazione del materiale possano
comportare rischio di disperisione delle fibre (anche
l’art. 7, Allegato 1 al D.M. 6 settembre 1994,
precisa che lo stesso materiale esposto ad agenti
14 novembre 2006 ­ N. 21

atmosferici subisce un progressivo degrado per
azione delle piogge acide, degli sbalzi termici, dell’erosione
eolica e di microrganismi vegetali); tuttavia,
questo aspetto è stato totalmente trascurato
negli atti prodromici all’ordinanza, per cui la
stessa è risultata effettivamente illegittima e da
annullare.
LIMITAZIONE ALLA CIRCOLAZIONE
DI MEZZI PESANTI E POTERI DEL SINDACO
Consiglio di Stato, sez. V,
(ud. 20 dicembre 2005)
22 maggio 2006, n. 3264,
Pres. Farina, Rel. Iannotta
Ordinanza di limitazione alla circolazione veicoli
­ Poteri del sindaco ­ Ordinanze contingibili
ed urgenti ­ Motivi di emergenze sanitarie
e igiene pubblica ­ Valutazione legittimità
­ È tale
Al sindaco è, da tempo, riconosciuta, come competenza
direttamente inerente al suo ufficio di
amministratore locale, quella di emanare ordinanze
contingibili ed urgenti, “in caso di emergenze
sanitarie o di igiene pubblica, a carattere
esclusivamente locale” essendo l’art. 50 del T.U. la
riproduzione di precedenti disposizioni di legge
che tale potere hanno stabilito.
Nota
Interessante sentenza del Consiglio di Stato in
ordine ai poteri delle amministrazioni locali relativamente
alla potestà delle stesse di provvedere
all’emanazione di provvedimenti di limitazione
alla circolazione del traffico veicolare pesante.
Nel caso di specie parte ricorrente è una amministrazione
comunale a richiedere la riforma della
sentenza del Tribunale amministrativo regionale
del Piemonte, sez. I, n. 1064/2005, pubblicata in
data 20 aprile 2005 e notificata il 28 aprile 2005,
con la quale il TAR ha accolto il ricorso dei tre
Comuni intimati per l’annullamento di una ordinanza
del sindaco divenuto ricorrente in questo
procedimento, recante divieto di circolazione ad
alcuni mezzi in determinate zone del comune.
Si sostiene, con l’appello, l’erroneità della sentenza
per la censura accolta, l’inammissibilità del ricorso
introduttivo dei tre comuni e la sua infon­
14 novembre 2006 ­ N. 21
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GIURISPRUDENZA
Massime
datezza per tutti i motivi dedotti e assorbiti con la
pronunzia impugnata.
Con l’impugnata sentenza 20 aprile 2005, n.
1064, il Tribunale amministrativo regionale del
Piemonte, su ricorso dei tre Comuni, ha annullato
la citata ordinanza sindacale.
Il provvedimento in questione, in espressa applicazione
del potere di ordinanza di cui all’art. 50,
commi 5 e 6, del TU 18 agosto 2000, n. 267, per i
casi di emergenze sanitarie e di igiene pubblica,
dispone, per tutti i veicoli con «massa complessiva
superiore a 35 quintali»:
• il divieto di transito in tutto il centro abitato,
ma con puntuale specificazione di cinque strade,
di cui quattro regionali e una provinciale;
• il divieto di transito su tutte le tratte interne
delle strade regionali e provinciali, nonché su tutte
le altre strade comunali.
Il divieto è posto «sino a nuovo ordine o sino alla
revoca».
L’enunciazione delle ragioni di «tutela della salute
pubblica», che avevano imposto quei divieti,
consiste, in sostanza, nel riscontro:
• dei risultati dei rilievi fonometrici eseguiti dei
limiti fissati dal D.P.R. 30 marzo 2004, n. 142, su
contenimento e prevenzione dell’inquinamento
acustico e sul superamento di essi;
• dell’esposizione delle condizioni di inquinamento
atmosferico rilevate dalle verifiche eseguite
dall’organo regionale di protezione ambientale
ARPA, con i dati «di particolare allarme», che
ne sono emersi, anche nei primi cinque mesi del
2004, con superamento delle “soglie limite” per
72 volte, «a fronte del limite annuo di 35 superamenti»,
con riguardo al parametro P.M. 10;
• della considerazione della necessità di adeguamento
a una pronunzia del TAR sulla insussistenza
delle condizioni per un provvedimento contingibile
e urgente, con riguardo alla motivazione,
criticata dal giudice amministrativo, della precedente
ordinanza 31 ottobre 2003, n. 27;
• l’esistenza di altre ragioni, inerenti alle cause
dei predetti inquinamenti e alla mancanza di interventi,
in proposito, di regione, provincia e prefettura;
• la valutazione e la comparazione delle esigenze
di salute pubblica con quelle di circolazione dei
veicoli e con la situazione dei Comuni limitrofi,
con conclusione per la presenza dei «presupposti
igienico­sanitari», per imporre nuovamente «il divieto
del traffico veicolare pesante».
87

GIURISPRUDENZA
Massime
La sentenza impugnata reputa fondato il secondo
motivo del ricorso introduttivo, poiché con il
provvedimento è stata regolata una situazione a
norma dell’art. 54, comma 2, TU n. 267/2000.
Questa disposizione però «consente soltanto di
tamponare un’emergenza con rimedi eccezionali,
in attesa dell’espletamento delle ordinarie procedure
previste dall’ordinamento per il corretto
esercizio dell’azione amministrativa, mentre il
comma 3, che pur riguarda i “casi di emergenza
connessi con il traffico e/o l’inquinamento atmosferico
o acustico” attribuisce al sindaco il potere
di incidere sui soli orari degli esercizi commerciali,
degli esercizi pubblici, dei servizi pubblici e degli
uffici, ma non anche di regolamentare in modo
definitivo il traffico nel territorio comunale».
L’appello del Comune è affidato a due critiche alla
sentenza riferita e tratta, poi, delle censure assorbite
dal primo giudice, per confutare anche queste.
Sostiene la difesa dell’appellante che i tre Comuni
non hanno una posizione legittimante, che possa
derivare dall’immaginabile incremento di traffico
nel loro territorio, per effetto della misura contestata
e che, per quel che riguarda i problemi di
natura sanitaria, essi ben possono intervenire regolando
il traffico nel loro territorio, in attesa che
le autorità preposte alla soluzione della questione
adottino gli atti di loro competenza.
A parere del Consiglio di Stato, la censura non ha
pregio.
In primo luogo, il provvedimento è motivato con
riguardo alla situazione di inquinamento atmosferico
e alla frequenza dei superamenti dei limiti
di polveri sottili. È richiamata la deliberazione
della Giunta regionale 11 novembre 2002, n. 14­
7632. Dal suo contenuto il comune sottolinea l’assegnazione
del suo territorio «alla zona 1, e cioè
a quella zona che presenta la maggiore criticità»
e rimarca la sua «situazione isolata di assoluta
emergenza», con riguardo ad altri comuni, fra i
quali quelli ricorrenti, posti in situazioni molto
migliori. Dunque, il provvedimento prende in
considerazione effetti che, in qualche misura,
possono riverberarsi sui comuni che confinano o
sono comunque investibili da una corrente di
traffico pesante più consistente di quella esistente
prima del divieto che impone nel suo centro
abitato.
Nel merito, si mostra fondata la censura avverso
la sentenza del primo giudice, sulla riconosciuta
violazione dell’art. 54, D.Lgs. n. 267/2000. Infatti,
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l’ordinanza non è basata sulla suddetta norma.
Vero è che la disposizione dell’art. 54, commi 2 e
3, contempla provvedimenti contingibili e urgenti
che il sindaco può adottare, in veste di ufficiale
del Governo, in determinate materie, quali i pericoli
per l’incolumità dei cittadini (comma 2) e le
emergenze connesse con il traffico o l’inquinamento
atmosferico o acustico (comma 3), sebbene,
in questa seconda ipotesi, soltanto con limitata
sfera operativa, quali sono le modificazioni degli
orari di esercizi pubblici e privati, di servizi
pubblici e di uffici pubblici.
Tuttavia, al sindaco è, da tempo, riconosciuta, come
competenza direttamente inerente al suo ufficio
di amministratore locale, quella di emanare
ordinanze contingibili e urgenti, «in caso di emergenze
sanitarie o di igiene pubblica, a carattere
esclusivamente locale»; l’art. 50, TU è la riproduzione
di precedenti disposizioni di legge che hanno
stabilito questo potere.
Dunque, non solo il provvedimento avversato dai
tre comuni richiama espressamente questa seconda
norma, attributiva del potere al sindaco «quale
rappresentante della comunità locale», ma è
palese che la misura adottata, alla stregua della
puntuale e analitica motivazione che reca, è pronunciata
per far fronte a una situazione di inquinamento
atmosferico, che inerisce sicuramente
agli ambiti delle emergenze sanitarie o di igiene
pubblica, i quali, nella loro normale estensione,
ricomprendono i rischi e i conseguenti danni che
ne possono derivare dal superamento dei limiti
stabiliti per la quantità massime di P.M. 10 nel
centro abitato.
Sulla base di questi presupposti di merito, il Consiglio
di Stato è giunto, pertanto, a respingere il
ricorso introduttivo.
RESPONSABILE DELL’INQUINAMENTO
PRIMO LEGITTIMATO PASSIVO
TAR Lazio ­ Sezione staccata di Latina,
(ud. 5 settembre 2006)
7 luglio 2006, n. 600
Pres. Bianchi, Rel. Soricelli
Ordinanza ex art. 8 D.M. n. 471/1999 ­ Obbligo
di bonifica ­ Soggetti legittimati passivi ­
Necessità di ricerca del responsabile dell’inquinamento
­ Omessa ingiunzione al responsabile
dell’inquinamento ­ Dedotta nullità
14 novembre 2006 ­ N. 21

dell’ordinanza a emessa e notificata al solo
proprietario dell’area ­ È tale
L’art. 8 del D.M. n. 471/1999, nel disporre l’obbligo
di bonifica a carico del responsabile dell’inquinamento
e del proprietario dell’area non pone
questi soggetti sul medesimo piano, poiché la
scelta normativa è quella di porre innanzi tutto a
carico del responsabile il costo della bonifica con
notifica dell’ordinanza al proprietario dell’area
ex art. 17 comma 10 e 11 poiché gli interventi di
bonifica dell’area inquinata costituiscono onere
reale a carico dell’area.
Nota
La complessa ed estesa sentenza del TAR del Lazio
(sezione staccata di Latina) è estremamente
interessante, poiché individua, con assoluta chiarezza,
sia i contenuti dell’ordinanza ingiunzione
ex art. 8, D.M. n. 471/1999, sia i relativi soggetti
legittimati passivi.
La vicenda attiene a un’area sulla quale era situato
uno stabilimento industriale per la produzione
di vasche da bagno in ghisa porcellanata. Cessata
l’attività industriale, l’area si era venuta a trovare
in stato di degrado provocato dall’abbandono
della struttura e di residui di lavorazioni industriali.
Con un primo intervento del Comune procedente
era stata adottata un’ordinanza sindacale
con la quale veniva ordinato all’originario proprietario
dell’area e del sito industriale di provvedere
alla bonifica dell’area; negli anni successivi, il
terreno era stato oggetto di numerosi trasferimenti
di proprietà; tuttavia, l’originaria ordinanza
sindacale rimaneva sostanzialmente disattesa. Rilevato
l’aggravamento dello stato di degrado dell’area,
ARPA e Polizia Provinciale provvedevano al
sequestro penale dell’area riscontrandone lo stato
di abbandono e la mancata manutenzione di coperture
di eternit. Veniva, pertanto, emanata da
parte del Comune un’ordinanza dirigenziale (ex
art. 14, D.Lgs. n. 22/1997) con la quale veniva ordinato
alla società attualmente proprietà dell’area
la rimozione dei rifiuti e il ripristino dello stato dei
luoghi. Dopo un lungo periodo di stasi amministrativa,
il Comune emetteva una nuova ordinanza
con la quale si ingiungeva alla società, attuale
proprietaria dell’area, di provvedere alla messa in
sicurezza d’emergenza e di bonifica e ripristino
ambientale, ex art. 17, D.Lgs. n. 22/1997.
Questo provvedimento veniva impugnato dalla
società proprietaria dell’area, in quanto potenzialmente
illegittimo per la mancaza dei relativi
presupposti: «in sostanza la ricorrente lamenta
14 novembre 2006 ­ N. 21
AMBIENTE
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GIURISPRUDENZA
Massime
che il ricorso ad ordinanza contingibile ed urgente
è ammissibile allorché in presenza di una situazione
di emergenza, difettino strumenti giuridici
che consentano di fronteggiarla con efficacia e
immediatezza; così però non è nella fattispecie
perché le situazioni di emergenza ambientale sono
previste dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 22 e dal
successivo D.M. n. 471 citati, che individuano soggetti
responsabili e procedure per fronteggiarle.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia che
l’ordinanza si rivela illegittima anche se qualificata
come provvedimento dirigenziale esplicazione
del potere previsto dagli articoli 17 del D.Lgs. n. 22
e 8 del D.M. n. 471. Con ulteriore terzo motivo
infine la ricorrente denuncia che l’ordinanza del 4
agosto 2005 è illegittima anche perché il comune
ha del tutto omesso di perseguire il responsabile
dell’inquinamento ponendo sic et sempliciter a
carico del proprietario (incolpevole) il peso della
bonifica. Al contrario, sostiene la ricorrente che
l’articolo 17 del D.Lgs. n. 22 e l’articolo 8 del D.M.
n. 471/1999 sono inequivoci nell’individuare l’obbligo
degli interventi di bonifica in capo al soggetto
responsabile: vale a dire in capo al produttore
del fatto inquinante».
Il Comune ha replicato che l’ordinanza 4 agosto
2005 avrebbe un contenuto complesso, in quanto
integrerebbe sia una ordinanza contingibile e urgente,
ex art. 50, D.Lgs. n. 267/2000 (in questa
chiave si spiega la sottoscrizione da parte del sindaco),
sia un provvedimento ex art. 17, D.Lgs. n.
22/1997. Il primo provvedimento avrebbe la funzione
di tutelare l’igiene pubblica e la salute dei
cittadini e avrebbe come presupposto l’inquinamento
del sottosuolo, delle acque di falda e la
dispersione aerea di fibre di amianto; il secondo,
invece, avrebbe la funzione di intervenire sulla
causa dell’inquinamento, cioè «la persistente
omissione della rimozione dei rifiuti speciali presenti
sull’area», nell’esercizio dello speciale potere
di cui all’art. 17. Di conseguenza, non vi è alcuna
violazione di garanzie procedimentali, dato
che le ordinanze contingibili e urgenti non presuppongono
l’avviso del procedimento e, comunque,
sarebbe applicabile alla specie il principio
sancito dall’art. 21­octies, legge n. 241/1990».
Il TAR accoglie le doglianze della ricorrente premettendo
che la «tesi del comune secondo cui si
tratterebbe di un atto complesso, comprensivo di
una ordinanza sindacale contingibile e urgente
ex articolo 50 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e
di una ordinanza ex articolo 8 del D.M. n. 479
citato non è persuasiva».
In realtà, il provvedimento deve essere qualificato
come una ordinanza ex art. 8, D.M. n. 479/
89

GIURISPRUDENZA
Massime
1999. La sua collocazione tra i provvedimenti
complessi contenenti (anche) un‘ordinanza contingibile
e urgente non appare corretta, dato che
difetta uno dei fondamentali presupposti del potere
di ordinanza, cioè una situazione di eccezionalità
che non sia fronteggiabile con gli strumenti
giuridici ordinari previsti dall’ordinamento; come
giustamente evidenziato dalla ricorrente, nel
caso all’esame gli strumenti giuridici ordinari esistono
e sono costituiti dalla procedura prevista
dall’art. 17, D.Lgs. n. 22/1997, e dal suo regolamento
attuativo, che attribuiscono al Comune i
poteri necessari a fronteggiare con immediatezza
situazioni di emergenza ambientale caratterizzate
dal superamento dei valori di concentrazione
limite accettabili di sostanze inquinanti.
D’altra parte, indicativo del fatto che l’ordinanza
impugnata debba ricondursi all’articolo 8, D.M.
479/1999, è la circostanza in base alla quale l’ordinanza
stessa si limita a evidenziare l’avvenuto superamento
delle concentrazioni limite accettabili,
cioè il presupposto per l’esercizio del potere
previsto dall’art. 17, D.Lgs. n. 22/1997, a richiamare
la comunicazione ex art. 9, D.M. n. 471/1999,
ricevuta dalla ricorrente e ad affermare la necessità
di promuovere, ex art. 8, D.M. n. 479/1999, gli
interventi di messa in sicurezza di emergenza e
quelli previsti dalla normativa di riferimento
(cioè, le misure che sono ordinariamente previste
in caso di emergenza ambientale dalla normativa
di riferimento).
Dunque, il provvedimento è senza dubbio una
ordinanza ex art. 8, D.M. n. 479/1999, come confermano
sia il richiamo a questa disposizione contenuto
nell’ultimo “ritenuto” sia il riferimento al
procedimento disciplinato dal citato regolamento
recato nel dispositivo.
Premesso che il provvedimento impugnato è una
ordinanza ex art. 8, D.M. n. 479/1999, occorre
verificare se essa sia stata emanata in presenza
dei presupposti normativamente previsti.
Al riguardo, è opportuno evidenziare come la
complessa normativa prevista dall’art. 17 citato e
dal regolamento attuativo contempli, in caso di
superamento dei valori di concentrazione limite
accettabile o di concreto pericolo di superamento
di essi, varie possibilità:
a) anzitutto l’art. 7, D.M., prevede la possibilità
che sia lo stesso soggetto responsabile del superamento
(o del pericolo di superamento) a prendere
le iniziative necessarie alla messa in sicurezza,
anche d’emergenza;
b) il successivo art. 8 prevede che ­ ove l’acclaramento
del superamento dei valori di concentra­
90
AMBIENTE
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zione limite accettabile sia eseguito da organi
pubblici ­ questi ne diano comunicazione (tra gli
altri) al Comune, il quale ingiunge al responsabile
dell’inquinamento l’adozione dei necessari interventi
di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica
e ripristino ambientale; lo stesso articolo prescrive,
inoltre, che l’ordinanza venga notificata al
proprietario del sito (questa notifica si ricollega
alle previsioni dei commi 10 e 11 dell’art. 17, secondo
cui gli interventi di bonifica costituiscono
“onere reale” sulle aree inquinate e le spese per il
loro sostenimento sono assistite da privilegio speciale
immobiliare sulle aree medesime). La scelta
normativa è quindi chiaramente quella di porre
anzitutto a carico del responsabile il costo della
bonifica. Come si vede, la normativa esaminata
non pone sullo stesso piano il responsabile dell’inquinamento
e il proprietario dell’area. La scelta è,
quindi, chiaramente quella di porre, anzitutto a
carico del responsabile, il costo della bonifica. Nello
stesso tempo, la normativa si preoccupa di evitare
che il costo della bonifica possa rimanere a
carico della collettività. In definitiva, in caso di non
corrispondenza tra soggetto responsabile dell’inquinamento
e proprietario delle aree inquinate, il
sistema deve essere ricostruito nel nodo seguente:
l la bonifica deve essere eseguita, in linea di
principio, dal responsabile dell’inquinamento;
l se questi non è noto o non risulta possibile
obbligarlo alla bonifica, quest’ultima è eseguita
dall’amministrazione che potrà, per recuperare le
spese, rivalersi sul proprietario, essendo il suo credito
assistito da privilegio speciale immobiliare
sull’area (sulla quale la bonifica costituisce “onere
reale”).
Al riguardo appare necessaria una puntualizzazione,
nel senso che l’ordinanza ex art. 8, ha come
destinatario il “responsabile dell’inquinamento” e
non il proprietario del sito (cui l’ordinanza medesima
deve essere solo notificata per gli effetti di
cui ai commi 10 e 11, art. 17, D.Lgs. n. 22/1997).
Pertanto, se il provvedimento impugnato, come
appare corretto, è una ordinanza ex art. 8, D.M.
n. 471/1999, la ricorrente non avrebbe potuto esserne
destinataria in quanto essa è la proprietaria
del suolo inquinato e non il responsabile dell’inquinamento.
La decisione del Tar Lazio, appare assolutamente
corretta. Il sistema prevede uno scalettamento
preciso di obblighi e responsabilità che l’amministrazione
non può, in nessun caso, eludere, tantomeno
se il responsabile dell’inquinamento o dell’avvenuto
pericolo di inquinamento è ben noto
all’amministrazione stessa, tanto da essere stato
oggetto di precedente provvedimento a contenuto
precettivo. l
14 novembre 2006 ­ N. 21

SERVIZI IDRICI IN EMILIA ROMAGNA:
DAL 2007 OPERATIVA LA NUOVA TARIFFA
Articolo.......................................................................................................pag. 92
RASSEGNA DI DELIBERE E LEGGI REGIONALI
SETTEMBRE-OTTOBRE 2006
Sintesi..........................................................................................................pag. 97

ACQUA
Articolo
DALLE REGIONI
Scenario ancora incerto alla luce delle attese riforme legislative di settore
Sui servizi idrici in Emilia-Romagna
nuova tariffa al via da dicembre 2007
di Andrea Zuppiroli e Lorenza Bitelli, Regione Emilia­Romagna ­ Osservatorio regionale sui servizi idrici
e di gestione rifiuti urbani
L’art. 47 della L.R. n. 7/2004,
ha attribuito alla Regione Emilia
Romagna la competenza
di definire un metodo tariffario
regionale nel rispetto delle
indicazioni e dei criteri stabiliti
dalle leggi nazionali;
successivamente, grazie anche
all’attivazione di un gruppo
di lavoro coordinato
dall’“Osservatorio regionale sui
servizi idrici e gestione dei rifiuti
urbani” e composto da esperti
delle ATO, di Federutility,
di Confindustria e della Regione
stessa, è stato messo a punto
un metodo tariffario la cui
versione finale è stata pubblicata
con il decreto del Presidente della
Giunta regionale 13 marzo 2006,
n. 49. La nuova tariffa sarà
applicata a partire dal dicembre
2007, ma nel frattempo si dovrà
necessariamente tenere conto
degli sviluppi derivanti sia dalla
modifica del D.Lgs. n. 152/2006,
«Nuove norme in materia
ambientale», che dal disegno
di legge n. S 772, recante delega
al Governo per il riordino
dei servizi pubblici locali.
92
La nascita di una tariffa
di riferimento regionale
La Regione Emilia-Romagna ha
cominciato ad analizzare in modo approfondito
le tematiche tariffarie del
servizio idrico integrato in seguito all’approvazione
nel 1999 della proprio
provvedimento di attuazione
della legge “Galli” [1] . Questa analisi
ha subìto un’ulteriore accelerazione a
partire dalla fine del 2001 in coincidenza
con le prime attività di consultazione
relative alla predisposizione
del previsto aggiornamento del metodo
tariffario normalizzato, avviate
dal Comitato nazionale di vigilanza.
Il metodo tariffario definito dal
D.M. 1° agosto 1996 [2] , tutt’ora vigente
senza alcuna modifica nonostante
ne fosse previsto l’aggiornamento
dopo 5 anni, oltre a scontare
alcuni problemi di “obsolescenza”
affrontati in Italia dalle autorità
d’ambito (ATO) in modo individuale
e disomogeneo all’interno dei contratti
di servizio, presenta, a giudizio
della Regione Emilia-Romagna, due
importanti limitazioni:
l la prima è costituita dall’impossibilità
di sostenere le politiche ambientali,
attraverso una tariffa che, almeno,
non le penalizzi;
l la seconda è costituita dall’assenza
di strumenti di incentivazione o di
disincentivazione legati alla qualità
del servizio reso agli utenti.
L’esperienza applicativa di questi
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anni ha, inoltre, posto in evidenza
l’esigenza di armonizzare la tariffa
relativa ai reflui industriali con quella
del servizio idrico integrato; questa
tariffa, definita per la prima volta negli
anni settanta e variamente aggiornata
nel tempo da regioni e CIPE, è
oggi, di fatto, superata dallo sviluppo
tecnologico del settore depurazione
e, soprattutto, non rappresenta più i
costi della depurazione dei reflui:
l da un lato, vanificando il principio
“chi inquina paga” introdotto dalla
direttiva quadro sulle acque;
l dall’altro, risultando iniqua per le
aziende.
Questa esigenza di armonizzazione
deriva anche dal fatto che gli impianti
di depurazione dei reflui urbani
e dei reflui delle attività produttive
sono frequentemente gli stessi.
I primi anni di applicazione del metodo
normalizzato nazionale hanno,
infine, anche messo in luce la difficoltà,
in una realtà differenziata e disomogenea
come quella italiana, nell’applicare
una parametrizzazione tariffaria
nazionale alle diverse realtà locali.
Va detto che il metodo tariffario
normalizzato del 1996 ha rappresentato
la prima metodologia tariffaria
italiana per il settore idrico e che alcune
delle critiche nei suoi riguardi
sono state ingenerose; del resto, il
disegno complessivo del metodo in
sè si colloca nell’alveo delle esperienze
dell’epoca in materia di tarif-
[1] Legge 5 gennaio 1994, n. 36 «Disposizioni in materia di risorse idriche» (in S.O. n. 11 alla Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 1994,
n. 14).
[2] «Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico
integrato» (in Gazzetta Ufficiale del 15 ottobre 1996, n. 242).
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
DALLE REGIONI
Indicatori relativi alla qualità del servizio erogato
Descrizione misura di qualità Contenuto dell’indicatore
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ACQUA
Articolo
Interruzioni di fornitura non pianificate La misura è data dal tempo di durata dell’interruzione
Risposta ai contatti per reclami e richiesta di informazioni
TABELLA 1
Il rapporto tra le risposte entro la metà del limite massimo previsto
nella carta dei servizi a reclami/richieste formali e il numero dei reclami/richieste
formali ricevute
Facilità di pagamento Modalità di pagamento effettuabili (a mezzo di c/c postale; rimessa
diretta; domiciliazione bancaria; ecc.).
Nel caso in cui la forma di pagamento non preveda oneri aggiuntivi
per l’utente viene attribuito un punteggio aggiuntivo per ogni
convenzione in essere.
Informazioni ai clienti Presenza di:
• una chiara descrizione in bolletta delle componenti della tariffa;
• informazioni sulle modalità di contatto per reclami o chiarimenti
• un sito web contenente un’ampia descrizione dei servizi, delle tariffe
e con possibilità di segnalazioni via e­mail.
Call center: tempo apertura al pubblico Esistenza di ore settimanali di apertura
Call center Il rapporto tra il numero di telefonate al call center di utenti che
hanno riagganciato dopo aver parlato con un operatore (non automatico)
e il numero totale di telefonate ricevute.
Servizi per disabili Esistenza di:
• informazioni essenziali in formati alternativi per disabili;
• servizio di lettura bollette o bollette in braille e a caratteri facilitati;
• servizio di lettura contatore su prenotazione per utenti disabili;
• altri servizi
Pronto intervento fognatura: tempo di messa
in sicurezza
Il rapporto tra il numero di interventi con tempi di messa in sicurezza
sotto le 2 ore e il numero di interventi totali
Rimborsi automatici applicati Il rapporto tra il numero di rimborsi automatici applicati senza richiesta
dell’utente e il numero di rimborsi totali
1° Indicatore libero da definire a cura dell’Agenzia
d’Ambito
2° Indicatore libero da definire a cura dell’Agenzia
d’Ambito
fazione; l’elemento che è mancato
del tutto è stato l’aggiornamento e la
successiva messa a punto sulla base
dell’implementazione empirica del
servizio idrico integrato. È evidente,
quindi, che alla luce delle prime
La definizione di questi due indicatori è completamente affidata
alle AATO; potrebbero essere, ad esempio, individuati indicatori riguardanti
le procedure di certificazione adottate dal gestore, il risparmio
della risorsa acqua, ecc. Non è possibile l’unione tra loro di
questi indicatori.
esperienze applicative è naturalmente
possibile giungere ad una sua migliore
definizione e precisazione.
Nell’aprile 2004 la Regione Emilia-Romagna,
con l’art. 47 della L.R.
n. 7/2004 [3] , si è attribuita la compe-
tenza di definire un metodo tariffario
regionale nel rispetto delle indicazioni
e dei criteri stabiliti dalle leggi nazionali;
successivamente a un ricorso,
da parte della Presidenza del
Consiglio, per illegittimità costituzio-
[3] «Disposizioni in materia ambientale. modifiche ed integrazioni a leggi regionali» (in B.U.R. del 15 aprile 2004, n. 48). L’art. 47, al
comma 1, prevede che «Con decreto del presidente della Giunta regionale è stabilito il metodo per definire la tariffa relativa al
servizio idrico integrato ed alla gestione dei rifiuti, sentite le organizzazioni economiche, sociali e sindacali maggiormente
rappresentative sul territorio regionale e previo parere della Commissione consiliare competente».
93

ACQUA
Articolo
nale in riferimento all’art. 117 della
Costituzione, la Consulta - con sentenza
27 luglio 2005, n. 335 - ha
dichiarato inammissibile la questione
di legittimità costituzionale, lasciando
alla Regione la possibilità di procedere
in modo legittimo alla definizione
di un metodo tariffario relativo
al servizio idrico integrato.
Durante il periodo di tempo intercorso
tra l’approvazione della L.R.
n. 7/2004 e la sentenza della Corte
Costituzionale, la Regione Emilia-
Romagna ha attivato un gruppo di
lavoro coordinato dall’“Osservatorio
regionale sui servizi idrici e gestione
dei rifiuti urbani” e composto
da esperti delle ATO, di Federutility,
di Confindustria e della Regione
stessa, che ha sviluppato un metodo
tariffario, la cui versione finale è stata
pubblicata sul B.U.R. del 24 marzo
2006, n. 45, con il decreto del
Presidente della Giunta regionale 13
marzo 2006, n. 49 [4] .
La nuova tariffa sarà applicata
a partire dal dicembre 2007, in
coincidenza della prima revisione tariffaria
prevista dai Piani d’Ambito
provvisori (predisposti dalle ATO
dell’Emilia-Romagna in gran parte
nel 2004 e che hanno appunto, in
fase transitoria, una durata triennale).
Il nuovo metodo regionale
alla luce del TU ambientale
Il nuovo metodo è stato concepito
inspirandosi, ovviamente, ai principi
della legge “Galli” (come del
resto lo stesso art. 47 citato richiama
espressamente), che vigeva al
momento della pubblicazione sul
B.U.R. del decreto regionale, ma
nato poco prima dell’abrogazione
della legge medesima a opera del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
94
DALLE REGIONI
152 [5] , provvedimento di riforma
dell’intera materia ambiente.
A questo punto, appare doveroso,
nel commentare la materia della
gestione delle risorse idriche,
con particolare riferimento al tema
della relativa tariffa, osservare come,
in realtà, la nuova disciplina
contenuta nel D.Lgs. n. 152/2006,
(in particolare, nella Sezione III -
Gestione delle risorse idriche - della
Parte III) modifichi fortemente
nella sostanza proprio quei principi
fondamentali contenuti nella legge
n. 36/1994. Gli interventi operati
sulla tariffa lasciano del tutto perplessi,
come l’omissione della previsione
già contenuta dal comma 8
nell’articolo 13, legge “Galli” e
concernente la necessità di tener
conto «degli obiettivi di miglioramento
della produttività». Una simile
carenza - rinunciando all’utilizzo
di uno degli strumenti più efficaci
per favorire il miglioramento
dell’efficienza delle gestioni, ovvero
della leva tariffaria - configura
una tariffa priva del controllo sui
costi di gestione e può implicare il
riconoscimento a piè di lista dei
costi operativi del gestore, eliminando
il miglioramento progressivo
in termini di efficienza previsto
dalla normativa precedente, generando
anche un grave danno all’utenza
e allo sviluppo del sistema
dei servizi idrici integrati. Questo
elemento sembra essere confermato
dalla previsione della enumerazione
delle componenti di costo da
riconoscere in tariffa in luogo della
definizione di una metodologia tariffaria.
Un ulteriore elemento che viene
meno, sempre contenuto nello stesso
comma della legge n. 36/1994,
fondamentale per un servizio pubblico
moderno, è il fatto che la tariffa
debba tenere conto della qualità
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del servizio reso; una tariffa priva
di obiettivi di efficientamento dei
costi e di riferimenti alla qualità del
servizio reso prefigura un indebolimento
importante dei principi di regolazione
a suo tempo previsti dalla
legge “Galli”, con particolare riferimento
alla qualità e alle modalità
gestionali del servizio, oltre ad agevolare
la costituzione di potenziali
posizioni di rendita da parte delle
gestioni. Deve essere, inoltre, rilevato
che è in corso un’attività di
profonda revisione del D.Lgs. n.
152/2006, e che, per quanto riguarda
il tema specifico del servizio
idrico integrato, dovranno essere
considerate anche le riforme che
eventualmente scaturiranno dal recente
disegno di legge delega in
materia di servizi pubblici locali [6] ;
il giudizio, pertanto, va sospeso fino
a quando non sarà emanata la
nuova disciplina in materia.
Aspetti chiave e novità del
metodo regionale
Un primo elemento fondamentale
della nuova metodologia tariffaria regionale
è costituito dalla definizione
di un fattore che favorisca la promozione
della qualità del servizio reso e
del risparmio e conservazione della
risorsa, attraverso meccanismi di incentivazione/disincentivazione.Questo
fattore è basato su di un indice
composto di “performance” che può
dare luogo all’applicazione alla tariffa
di un incentivo/disincentivo variabile
asimmetrico dove la penalità pesa
il doppio del premio (si va da una
penalità fino al –1% della tariffa di
riferimento a un incentivo massimo
del +0,5%). Questa asimmetria trova
una giustificazione economica nella
considerazione che l’erogazione di
un servizio inferiore allo standard
debba essere punita più che proporzionalmente,
poiché l’utente paga già
un corrispettivo progettato per un
[4] «Approvazione del metodo tariffario per la regolazione e la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato».
[5] «Nuove norme in materia ambientale» (in S.O. n. 88 alla Gazzetta Ufficiale del 14 aprile 2006, n. 96).
[6] Disegno di legge n. S 772, recante delega al governo per il riordino dei servizi pubblici locali. Assegnato alla 1 a Commissione
permanente (Affari Costituzionali) in sede referente il 20 luglio 2006.
14 novembre 2006 ­ N. 21

servizio nello standard.
L’indice descritto si compone di
due aree chiave:
l la prima è relativa alla qualità del
servizio;
l la seconda riguarda la performance
ambientale.
Per il dettaglio degli indicatori si
vedano le tabelle 1 e 2.
Al fine di favorire l’implementazione
delle politiche ambientali, oltre
a un fattore come quello descritto in
precedenza, è necessario rendere neutro
per ATO e gestore il risultato/rischio
economico, fatta salva una
franchigia per tenere conto degli
eventuali effetti meteorologici, conseguente
ai “delta” tra volumi previsti
e quelli effettivamente erogati. La tariffa
regionale prevede, quindi, un
meccanismo automatico che annulla
simmetricamente gli effetti di ricavo
dovuti alle differenze suddette. Un ulteriore
elemento fondamentale di novità
è costituito dalla separazione tra
la tariffa di acquedotto e quella di
fognatura-depurazione, attraverso la
definizione distinta delle due tariffe,
avendo a riferimento i relativi costi e
mediante la possibilità di definire articolazioni
tariffarie differenziate tra i
due segmenti. È, infatti, evidente che,
mentre la tariffazione d’acquedotto
deve prevedere un andamento progressivo
al fine di riflettere la preziosità
dell’acqua, quella di fognaturadepurazione,
in talune situazioni o
per determinate categorie, potrebbe
essere, invece, puramente proporzionale,
con lo scopo di applicare più
chiaramente il principio “chi inquina
paga”.
14 novembre 2006 ­ N. 21
DALLE REGIONI
Un ulteriore elemento che riveste
particolare importanza, soprattutto
nei primi anni di applicazione del metodo,
è costituito dal cosiddetto limite
di prezzo K. La definizione nazionale
di “K”, che prevede un gradino
iniziale e un successivo sviluppo lineare,
male si attaglia alle varie situazioni
esistenti sul territorio. Frequentemente,
questo limite è troppo basso
per situazioni che vedono tariffe preesistenti
non elevate, fatto che, tra
l’altro, sovente si accompagna proprio
a una maggiore esigenza di investimenti.
In queste situazioni spesso
sarebbero sostenibili incrementi superiori,
ma non sono consentiti dal livello
di K. La crescita lineare non è detto,
poi, che permetta la materiale effettuazione
di investimenti indifferibili
quali quelli necessari, ad esempio,
per soddisfare le normative comunitarie
in materia di acque reflue.
La proposta regionale prevede, pertanto,
un K definito sul periodo di
regolazione e non sulle singole annualità.
In questo modo, si salvaguarda,
in ogni caso, l’esigenza di porre
un tetto di crescita complessiva delle
tariffe del sistema senza vincolarsi a
una particolare curva di sviluppo tariffario,
consentendo nel contempo,
dove socialmente sostenibili, anche
programmi accelerati di investimento
o eventuali picchi di spesa puntuali
dovuti ad adeguamenti normativi.
L’ultimo elemento chiave consiste
nell’aggiornamento e nella ridefinizione
della tariffa relativa ai reflui
delle attività produttive in modo armonizzato
con la tariffa del servizio
idrico integrato. È, infatti, necessario
Indicatori relativi alla qualità ambientale
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ACQUA
Articolo
procedere al ri-allineamento della tariffa
AAPP con la struttura effettiva
dei costi dopo che questo legame è
stato perduto in seguito ai successivi
interventi del CIPE, che, permettendo,
negli anni passati, aumenti complessivi
alla tariffa ha, di fatto, svuotato
di significato economico i singoli
fattori di costo. Nel frattempo, è
emersa poi l’esigenza di includere in
questa tariffa nuovi parametri tecnici
da essa non considerati (ad es. i costi
di trattamento di fosforo e azoto) e di
definire, come riferimento territoriale
di applicazione, l’ATO in luogo del
singolo impianto.
Oltre agli elementi fondamentali
appena descritti, è opportuno elencare
un insieme di punti importanti toccati
dalla proposta regionale; si deve
osservare che, su alcuni di questi, anche
il Comitato nazionale di vigilanza,
nella propria proposta del 2002,
aveva suggerito modificazioni e/o
aggiornamenti:
l applicazione dell’ISEE a favore
delle utenze in condizioni di disagio
economico da attuare con modalità
uniformi ad altri servizi pubblici nei
quali questo meccanismo è già applicato
(la proposta fa propria la modalità
applicativa del settore gas);
l definizione dinamica del tasso di
rendimento da applicare al capitale
netto investito;
l inclusione e gestione dei ricavi del
trattamento dei rifiuti liquidi presso
gli impianti di depurazione;
l gestione degli oneri per la tutela delle
risorse idriche nei territori montani;
l regolazione dei canoni antincendio;
Descrizione misura di qualità Contenuto dell’ indicatore
Perdite di rete Si basa su due elementi:
• la massa di acqua che fuoriesce dalla rete;
• andamento nel tempo delle perdite (trend)
Riduzione della dotazione pro­capite effettiva settore
civile (litri/abitanti/giorno)
TABELLA 2
Grado di allineamento della dotazione procapite effettiva
agli obiettivi del piano di tutela delle acque regionale
95

ACQUA
Articolo
l definizione esplicita dei criteri per
la determinazione dei canoni per
l’utilizzo delle infrastrutture;
l definizione più completa delle
operazioni da compiere in sede di revisione
periodica;
l allungamento del periodo di regolazione
a 5 anni.
Connessioni tra la disciplina
regionale e il D.Dl. “delega”
Concludendo, appare opportuno
fare alcune considerazioni sulle peculiarità
della disciplina generale
relativa ai servizi pubblici specifica
dell’Emilia-Romagna, con particolare
riferimento alla parte inerente
al sistema tariffario, rispetto all’attuale
testo del citato ddl recante
«delega al Governo per il riordino
dei servizi pubblici locali» (S 772).
Esso contiene, infatti, almeno due
elementi dubbi rispetto al tema in
questione.
Il primo è contenuto nell’art. 2,
comma 1, che introduce alcuni
principi e criteri direttivi ai quali si
dovranno conformare i decreti delegati,
laddove - alla lettera e) - è
prevista l’esclusione della possibilità
di acquisire la gestione di servizi
diversi (o in ambiti territoriali
diversi da quello di appartenenza)
per i soggetti titolari della gestione
di servizi pubblici locali non affidati
mediante procedure a evidenza
pubblica. Il divieto vale anche
per le imprese partecipate da enti
locali, affidatarie della gestione di
servizi pubblici locali, qualora
usufruiscano di forme di finanziamento
pubblico diretto o indiretto
(fatta eccezione per il ristoro degli
oneri connessi all’assolvimento
degli obblighi di servizio pubblico
derivanti dalla gestione di servizi
affidati secondo procedure a evidenza
pubblica, ove emergessero
96
DALLE REGIONI
da sistemi certificati di separazione
contabile e gestionale). Gli operatori
presenti nel territorio emiliano
- romagnolo sono, per la maggior
parte, società di capitali partecipate
dagli enti locali che, senza dubbio,
usufruiscono di co-finanziamenti
pubblici, soprattutto per la
realizzazione delle infrastrutture
necessarie. Questo divieto potrà
incidere sull’elaborazione della tariffa
da parte di questi soggetti.
Questo divieto legato al finanziamento
pubblico potrebbe dare luogo
a inopportune distorsioni.
Il secondo elemento, che consiste
più in un’incertezza di carattere
interpretativo, è contenuto nella
medesima disposizione, ma alla lettera
a), ove si dettano in parte i
principi e i criteri direttivi ai quali
si deve attenere il Governo nel disciplinare
la materia dei servizi
pubblici, anche per modificare, se
necessario, l’art. 113, D.Lgs. n.
267/2000 [7] . Secondo il Legislatore,
occorrerà, infatti, «prevedere che
l’affidamento delle nuove gestioni
ed il rinnovo delle gestioni in essere
dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica debba avvenire
mediante procedure competitive ad
evidenza pubblica di scelta del gestore,
nel rispetto della disciplina
dell’Unione europea in materia di
appalti pubblici e di servizi pubblici,
fatta salva la proprietà pubblica
delle reti e degli altri beni pubblici
strumentali all’esercizio, nonché la
gestione pubblica delle risorse e
dei servizi idrici». Quello che si
nota dalla lettura dell’ultimo capoverso
appena citato è sicuramente
la legittima riaffermazione del principio
della proprietà pubblica degli
asset nei servizi pubblici locali; ciò
che non convince è l’inserimento di
un’inaspettata introduzione dell’ul-
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
tima frase; in particolare, è opportuno
chiedersi cosa abbia voluto dire
il Legislatore con «gestione pubblica
delle risorse e dei servizi idrici».
Essendo piuttosto pacifico su
cosa si debba intendere per gestione
pubblica delle risorse idriche
(concessioni di derivazione d’acqua,
gestione del demanio idrico,
ecc.), rimane da chiarire, invece,
l’espressione “gestione pubblica
dei servizi idrici”.
In prima battuta, ci si sente piuttosto
sicuri nell’escludere che il
Legislatore abbia inteso un ritorno
alle gestioni in economia, perché
ciò contrasterebbe non solo con il
significato dell’intero Titolo V, TU
sugli EELL [8] , il cui orientamento
va nel senso di una decisa esternalizzazione
dei servizi pubblici e,
quindi, il loro affidamento a soggetti
imprenditoriali dotati di una
certa capacità tecnica ed economica,
ma addirittura con i principi e le
finalità della disposizione medesima
quali la necessità di una procedura
a evidenza pubblica, il ricorso
eccezionale all’affidamento in house,
ecc. In secondo luogo, con questa
frase si potrebbe intendere il
rafforzamento del principio della titolarità
pubblica del servizio, visto
che ciò che viene esternalizzata è
l’erogazione del servizio pubblico a
rilevanza economica agli utenti e
non la titolarità giuridica. Ma se è
così, c’è allora da chiedersi perché
si sia limitata la riaffermazione di
un principio al solo servizio idrico
integrato. A questo interrogativo
potrà rispondere solo il Legislatore
stesso con la correzione o la più
precisa definizione di quella che, a
prima vista, sembra una formulazione
ambigua emersa durante
l’iter legislativo del disegno di legge
in questione. l
[7] «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali» (in S.O. n. 162 alla Gazzetta Ufficiale del 28 settembre 2000, n. 227). Si
veda il n. 21/2000 di Ambiente&Sicurezza, pag. 88.
[8] Si ricorda l’art. 35 della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448/2001), con il quale il Legislatore ha invertito la rotta rispetto
alla disciplina in materia di servizi pubblici locali, riscrivendo totalmente l’art. 113, D.Lgs. n. 267/2000, che prima di questa
modifica riproponeva lo stesso contenuto della corrispondente disposizione dell’abrogata legge n. 142/1990, sull’ordinamento degli
enti locali.
14 novembre 2006 ­ N. 21

LE LINEE GUIDA
PER LA REDAZIONE DEL PIMUS
Il Gruppo cantieri, costituito dai tecnici ASL­SPASL della Provincia di
Parma, del CSE e del CPT, ha redatto un documento guida per la stesura
del Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio del ponteggio condiviso anche
dagli Ordini e dai Collegi Professionali di Parma. Scopo del gruppo di
lavoro è stato quello di fornire una base documentale comune per tutta la
Provincia, già utilizzabile e completa dal punto di vista dei contenuti, di
sostegno alle imprese, ai tecnici e ai consulenti. Strutturato in maniera tale
da essere compilato per punti successivi a opera del datore di lavoro
dell’impresa che esegue il montaggio e lo smontaggio del ponteggio, il
documento risponde ai contenuti minimi elaborati dal gruppo tecnico
interregionale Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei luoghi di lavoro e
approvati dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale con circolare
13 settembre 2006, n. 25.
Queste le sezioni individuate ed elaborate all’interno del documento:
­ anagrafica del cantiere;
­ addetti al montaggio, smontaggio e trasformazione del ponteggio;
­ marca, tipo e caratteristiche dei ponteggi da montare/smontare;
­ rischi ambientali;
­ dispositivi di protezione individuale utilizzati;
­ movimentazione degli elementi del ponteggio;
­ montaggio, ancoraggio e smontaggio del ponteggio;
­ montaggio e smontaggio di ulteriori elementi al ponteggio;
­ recupero di lavoratore sospeso a cintura di sicurezza;
­ verifiche durante l’uso del ponteggio;
­ schede per la verifica su ponteggio metallico a telai prefabbricati, a
montanti e traversi prefabbricati, a tubi e giunti.
Contributi di:
• Vittorio Gherri
• Gabriella Magri

ISTITUTO DI CERTIFICAZIONE DELLA QUALITÀ
CONVEGNO
LA SICUREZZA ALIMENTARE
PER LA COMPETITIVITÀ DELLE IMPRESE
Milano, 27 novembre 2006, Circolo della Stampa, Corso Venezia 16
9.00 Introduzione
Dr. GIAMPIERO BELLINI, Presidente CERTIQUALITY
9.10 Lo scenario europeo sulla sicurezza alimentare
D.ssa PAOLA TESTORI GOGGI*, COMMISSIONE EUROPEA
9.30 Le novità della normativa tecnica
Ing. PAOLO GIUIUZZA, Direttore Generale CERTIQUALITY
9.50 Le esigenze della sicurezza alimentare nella GDO
Dr. GIANNI DI FALCO, FEDERDISTRIBUZIONE
10.15 Tavola rotonda: I problemi della sicurezza, qualità e ambiente del sistema alimentare
Moderatore: Dr. ALESSANDRO MASTRANTONIO,
AGRISOLE - Il Sole 24 ORE
Dr. ANDREA BORSARI, GRANAROLO SpA
Dr. FILIPPO AMORETTI, BRENDOLAN PROSCIUTTI SpA
Avv. MASSIMILIANO DONA, UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI
Dr. GIULIO TRAVERSI, CERTIQUALITY
Col. LEOPOLDO MARIA DE FILIPPI, COMANDO NAS Milano
11.15 La produzione primaria e la qualità del prodotto
Dr. FILIPPO TRIFILETTI, CONFAGRICOLTURA
11.45 La difesa del prodotto italiano
Dr. LUIGI ROSSI DI MONTELERA, Presidente di FEDERALIMENTARE
12.15 La politica della Regione Lombardia in difesa del prodotto italiano
D.ssa VIVIANA BECCALOSSI, Vice Presidente REGIONE LOMBARDIA
12.45 Conclusione
Dr. GIAMPIERO BELLINI
13.00 Buffet
(*) è stata invitata a partecipare
Conferma PARTECIPAZIONE GRATUITA al Convegno
LA SICUREZZA ALIMENTARE PER LA COMPETITIVITÀ DELLE IMPRESE
Milano - 27 novembre 2006 - Circolo della Stampa - Corso Venezia 16
da comunicare alla SEGRETERIA ORGANIZZATIVA: CERTIQUALITY
Dott.ssa Olga Locati (fax 02 80691710 - o.locati@certiquality.it - tel. 02 80691756)
Cognome e Nome
Organizzazione
Indirizzo CAP Città Prov.
Telefono Fax E-mail
In riferimento al D.Lgs. n. 196/03:
1. I dati verranno utilizzati per re-
gistrare la Vostra partecipazione al
Convegno e saranno inseriti in
una nostra banca dati informatica
relativa ai partecipanti. 2. I dati
non saranno oggetto di diffusione
ma potranno essere utilizzati per
informarvi su ulteriori attività di
CERTIQUALITY. 3. Il titolare del
trattamento è CERTIQUALITY, con
sede a Milano - Via G. Giardino, 4.
L'interessato può esercitare i dirit-
ti di cui all'art. 7 del citato Decreto
(richiesta di cancellazione, inte-
grazione modificazione dei dati,
ecc.) rivolgendosi via mail a:
CERTIQUALITY, all'indirizzo
privacy@certiquality.it
Data
Firma

Corso di formazione per ASPP e RSPP - Modulo C
Prevenzione e protezione
dei lavoratori sui luoghi di lavoro
Prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica
e psicosociale, di organizzazione e gestione delle attività
tecnico-amministrative e di tecniche di comunicazione
in azienda e di relazioni sindacali
Milano, 16 e 17 / 23 e 24 novembre 2006
Contenuti del corso
(durata di 32 ore):
Presentazione del corso
Organizzazione e sistemi di gestione
Il sistema delle relazioni
e della comunicazione
Rischi di natura psicosociale
Rischi di natura ergonomica
Ruolo dell’Informazione
e della Formazione
Verifica apprendimento finale
Per informazioni
Politecnico di Milano
Tel. 02 23999450
Comitato scientifico:
Prof.sa Baglioni
Prof. Nano
Prof. Noci
Prof. Rota
Prof. Tronconi
Per visualizzare la brochure del corso: www.formazione.ilsole24ore.com
Il Sole 24 ORE Formazione
Milano - via Monte Rosa, 91
www.formazione.ilsole24ore.com

IV
SICUREZZA IN CANTIERE
Documento Commento
INSERTO
Il documento è stato sviluppato sulle indicazioni della circolare MinLavoro n. 25/2006
Dai tecnici della Provincia di Parma
le linee guida per il PiMUS
di Vittorio Gherri, tecnico del CSE ­ Centro Servizi Edili di Parma ­ Comitato Paritetico Territoriale,
membro Gruppo Cantieri, esperto in materia di sicurezza e Gabriella Magri, Ordine degli Ingegneri di
Parma, Commissione Sicurezza, membro Gruppo Cantieri, consulente ed esperta in materia di sicurezza
Il D.Lgs. n. 235/2003 pone
l’attenzione su uno degli aspetti
di maggior rischio nel settore
delle costruzioni, i lavori in quota.
Nello specifico l’attività
di montaggio, uso e smontaggio
dei ponteggi viene inserita in un
contesto in cui solo attraverso
una preventiva analisi
e organizzazione d’impresa
si può accedere ponendo
l’attenzione, in particolare,
su alcuni aspetti ora trasformati
in obblighi di legge. Uno di questi
è l’obbligo delle redazione
del documento PiMUS ­ Piano
di Montaggio, Uso e Smontaggio
dei ponteggi. Nella Provincia
di Parma da alcuni anni gruppi
di lavoro sono particolarmente
attivi nel settore della sicurezza.
Questi gruppi, costituiti da tecnici
esperti nella materia
e rappresentativi per ogni
categoria coinvolta dall’attività
in studio, si adoperano per
studiare le leggi e uniformare
i contenuti e le modalità
operative, in modo che le diverse
categorie rappresentate
si muovano in maniera,
per quanto autonoma e libera,
il più possibile univoca.
Il“Gruppo Cantieri”, costituito dai
tecnici ASL-SPASL dei diversi distretti
della Provincia di Parma e
dai tecnici CSE - Centro Servizi Edili,
CPT - Comitato Paritetico Territoriale,
si è dato l’obiettivo di redigere un documento
PiMUS uniformato e condiviso,
da distribuire gratuitamente a tutti
quelli coinvolti nella redazione (imprese,
consulenti tecnici, RSPP ecc.) o nel
controllo (tecnici, coordinatori della sicurezza,
committenti, ispettori ecc.).
Lo scopo nel redigere una base documentale
comune per tutta la Provincia,
già utilizzabile e completa (per quanto
sempre migliorabile) dal punto di vista
dei contenuti, è anche quello di sostenere
le imprese, rendendole autonome
dal dover dipendere costantemente da
un consulente e, contemporaneamente,
dare maggior rilievo e valore al lavoro
dei tecnici e dei consulenti stessi che,
con uno scheletro documentale predefinito,
possono dare maggior valore aggiunto
ai contenuti e agli approfondimenti
della materia senza doversi “inventare”,
ogni volta, anche la forma e
l’ordine dei contenuti del documento
da redigere.
Una volta preparata la prima stesura
del documento, il “Gruppo Cantieri” si
è allargato chiedendo l’analisi e la condivisione
degli Ordini e dei Collegi
Professionali di Parma in modo da ottenere
un completo appoggio.
Il documento definitivo è stato presentato
il 7 luglio 2006 e ampiamente
illustrato nei contenuti dall’ASL-SPA-
SL di Parma.
Il modello di PiMUS
approvato a Parma
Il documento presentato è rispondente
ai contenuti minimi elaborati dal
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
gruppo tecnico interregionale Prevenzione,
Igiene e Sicurezza nei luoghi di
lavoro, approvati dal Ministero del Lavoro
e della Previdenza sociale e pubblicati
dallo stesso con circolare 13 settembre
2006, n. 25, prot. n. 15/VI/
5047, ed è stato predisposto in maniera
tale da essere compilato per punti successivi
ad opera del datore di lavoro
dell’impresa che esegue il montaggio e
lo smontaggio del ponteggio, così come
da parte di un tecnico al quale il
datore di lavoro demandi la stesura.
La suddivisione in riquadri ne facilita
la lettura e la comprensione agevolando
anche l’estensore meno esperto
e, nel contempo, ne permette la compilazione
guidata.
Anagrafica del cantiere
In questa prima sezione è previsto
l’inserimento dei dati relativi all’ubicazione
del cantiere, al riconoscimento
della ditta che esegue il montaggio del
ponteggio e del suo datore di lavoro,
nonché del committente del cantiere.
Nel caso in cui il PiMUS sia parte
integrante di altro documento (per
esempio, il POS), non sarà necessario
compilare quei dati che già sono noti.
L’attività lavorativa più consueta, in
ordine al montaggio e allo smontaggio
del ponteggio, prevede la presenza di
più addetti tra loro coordinati.
In questa situazione non risulta ipotizzabile
e, quindi, difficilmente credibile
il riferimento a un unico lavoratore
(autonomo) ovvero a una squadra di
lavoratori autonomi che operano tra loro
senza vincoli di subordinazione o
coordinamento.
Per quanto detto sopra, qualora il
montaggio o lo smontaggio venga affidato
a una squadra di singoli artigiani,
14 novembre 2006 ­ N. 21

questi non dovrebbero essere considerati
lavoratori autonomi; dunque, in
questo caso, a seconda della concreta
organizzazione, occorre individuare
colui che, di fatto, riveste il ruolo di
datore di lavoro e al quale competono
gli obblighi inerenti all’applicazione
del decreto in oggetto e, di conseguenza,
anche alla redazione del PiMUS.
Inoltre, deve essere indicato il nome
dell’estensore del documento che, ai
sensi del comma 3, art. 36-quater, decreto
legislativo n. 626/1994, deve essere
«persona competente». La scelta
della persona competente ricade tra le
responsabilità del datore di lavoro; potrà
intendersi persona competente per
la redazione del PiMUS anche lo stesso
datore di lavoro.
Gli addetti
Il datore di lavoro deve individuare
la squadra dei montatori (le linee
guida, al riguardo, prevedono almeno 3
persone, due addetti e un preposto).
Devono essere indicati, poi, i nomi
degli addetti al montaggio del ponteggio
e del preposto che sovrintende a
questa fase, nonché i requisiti maturati
o conseguiti per essere adibiti a questa
mansione, ricordando che i commi 6, 9
e 10, art. 36-quater, D.Lgs. n. 626/
1994, prevede che il datore di lavoro si
assicuri che «i ponteggi siano montati,
smontati o trasformati sotto la sorveglianza
di un preposto e ad opera di
lavoratori che hanno ricevuto una formazione
adeguata e mirata alle operazioni
previste».
A tal fine, i lavoratori che, alla data
di entrata in vigore del D.Lgs. n. 235/
2003 (19 luglio 2005), abbiano svolto
per almeno due anni (tre anni per i
preposti) attività di montaggio, smontaggio
o trasformazione di ponteggi sono
tenuti a partecipare ai corsi di formazione
di cui al comma 8 del suddetto
articolo, entro i due anni successivi
alla data di entrata in vigore del decreto
stesso (entro il 19 luglio 2007).
A far seguito da questa data, nessuno
potrà montare, smontare e trasformare
ponteggi senza aver frequentato
questo corso di formazione.
È vero anche che, a oggi, un neo
assunto che non possa vantare e dimostrare
l’esperienza biennale (o triennale)
maturata alla data di entrata in vigore
del decreto, non potrà montare,
14 novembre 2006 ­ N. 21
INSERTO
smontare e trasformare il ponteggio
senza prima aver frequentato il corso di
formazione previsto.
Marca e tipo
Si prosegue con l’indicare le caratteristiche
del ponteggio da montare, ricordando
che è possibile “affiancare”
stilate di ponteggio di una marca e tipo
con stilate di ponteggio di altra marca
e/o tipo, purché ogni stilata sia indipendente
e montata secondo quanto previsto
da ciascun libretto di autorizzazione
ministeriale.
Occorre prevedere e allegare il solo
disegno esecutivo nei casi in cui il ponteggio
non sia più alto di 20 m e/o sia
realizzato secondo le configurazioni
previste nel libretto.
Nei casi in cui si superino i 20 metri
di altezza, non vengano rispettati gli
schemi “tipo” del produttore, sulle facciate
del ponteggio siano montate reti e
teli di protezione o cartelloni pubblicitari
di notevoli dimensioni, il ponteggio
sia a sbalzo e/o sia dotato di ponti
da tiro e/o argani, si deve allegare un
progetto comprendente il calcolo di
stabilità dell’intera struttura a firma di
un architetto o ingegnere abilitato a
norma di legge all’esercizio della professione
(art. 32, D.P.R. n. 164/1956).
Rischi ambientali
Il comma 7, art. 36-bis, D.Lgs. n.
626/1994, consente al datore di lavoro
di effettuare i lavori temporanei in quota
soltanto se le condizioni meteorologiche
non mettono in pericolo la sicurezza e la
salute dei lavoratori. Da quest’obbligo
deve discendere una procedura che metta
in condizione il preposto, che sovrintende
al montaggio e alla movimentazione
degli elementi del ponteggio, di
valutare se le condizioni atmosferiche
(vento, gelo, nebbia) consentano di effettuare
le operazioni in sicurezza.
Tra i rischi principali da valutare in
questo capitolo, vi sono quelli riguardanti
la presenza di linee elettriche aeree
in tensione, avendo cura di analizzare,
con particolare attenzione, le fasi
di montaggio/smontaggio e movimentazione
degli elementi del ponteggio,
evidenziando le soluzioni da adottare
per far sì che questi non vengano a
trovarsi a una distanza inferiore ai 5
metri dai conduttori di linea (art. 11,
D.P.R. n. 164/1956).
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SICUREZZA IN CANTIERE
Documento Commento
Inoltre, deve essere valutata la necessità
o meno di dotare il ponteggio di
messa a terra contro le scariche atmosferiche,
in base alle norme CEI di riferimento.
Continuando ad analizzare la zona
circostante del ponteggio in fase di
montaggio, si devono considerare i rischi
dovuti all’insistere dello stesso in
area pubblica, alla presenza di traffico
veicolare o pedonale, ovvero quelli dovuti
alle interferenze con altre attività
lavorative stabili (per esempio, il montaggio
di un ponteggio all’interno di
uno stabilimento in funzione) o provvisorie
(per esempio, il montaggio eseguito
in sovrapposizione ad altre attività
di cantiere) avendo sempre particolare
riguardo a valutare i piani di appoggio
delle basette, considerandone la
portata, l’omogeneità, la ripartizione
del carico.
I dispositivi di protezione
individuale
Fondamentale importanza assumono
i riferimenti ai dispositivi di protezione
individuali (DPI) i quali devono
essere scelti fra quelli conformi alle
normative vigenti e consegnati ai lavoratori
in dotazione personale.
Alla base della scelta deve essere
eseguita, in maniera approfondita,
l’analisi e la valutazione dei rischi, verificare
il tipo di ponteggio da montare
e l’attrezzatura da impiegare, in modo
da individuare i DPI più idonei e descriverne
le modalità d’installazione e
d’uso, con particolare riferimento all’eventuale
sistema di arresto della caduta
adottato e ai relativi punti e sistemi
di ancoraggio.
Movimentazione degli elementi
In questo capitolo devono trovare
posto le indicazioni circa le modalità e
le attrezzature adottate riguardanti la
movimentazione, il sollevamento o il
calo a terra degli elementi del ponteggio,
con particolare riferimento all’accatastamento
e all’imbracatura degli
stessi, ricordando che è assolutamente
vietato movimentare gli elementi con le
sole forche senza, cioè, alcun sistema
che ne assicuri l’ancoraggio alle stesse.
Montaggio del ponteggio
È la parte fondamentale del docu-
V

VI
SICUREZZA IN CANTIERE
Documento Commento
mento, più descrittiva e, quindi, più
impegnativa per l’impresa, la quale è
chiamata a indicare “passo dopo passo”
le sequenze operative che riguardano
le verifiche da effettuare sugli elementi
del ponteggio e il loro corretto
posizionamento, a partire dalla prima
campata verso quelle successive.
Quindi, devono essere indicate le
modalità di controllo della verticalità e
dell’orizzontalità della campata di terra,
della ripartizione del carico e della
distanza tra il ponteggio e l’opera servita,
ricordando che, a tal fine, è assolutamente
vietato utilizzare materiali
che non garantiscano adeguata resistenza
alla compressione, quali mattoni
forati e simili.
Prima di montare il ponteggio è necessario
verificare gli elementi che lo
compongono al fine di scartare quelli
non idonei (piegati, arrugginiti, senza
marca ecc.). Questa verifica deve essere
documentata; le schede allegate al
documento costituiscono un valido ed
esauriente strumento in tal senso, conforme
alla circolare del Ministero del
Lavoro e della Previdenza sociale n.
46/2000.
Al datore di lavoro resta, comunque,
la possibilità di utilizzare strumenti
alternativi, ma ugualmente validi.
L’impresa si trova, in questo capitolo,
a dover fare anche la scelta del
sistema di protezione, collettivo o individuale,
più consono alle proprie
procedure, descrivendo dettagliatamente
le regole da applicare durante
le suddette operazioni, anche mediante
l’utilizzo di schemi, disegni,
foto e quant’altro possa chiarire, agli
addetti al montaggio, il corretto modo
di procedere.
A questo scopo è superfluo ricordare
che la linea vita di ancoraggio deve
essere sempre già montata nel momento
in cui il lavoratore sbarca al livello
superiore del ponteggio; questo significa
che il montaggio della linea di ancoraggio
deve avvenire dal basso, preventivamente
all’allestimento del livello
superiore; la linea vita di ancoraggio
INSERTO
dei primi livelli deve essere posizionata
a una quota tale da rendere efficace
l’intervento dei DPI anticaduta utilizzati;
nel caso di utilizzo di una linea
vita di ancoraggio costituita da una
“fune tesa”, deve essere prevista la
messa in tensione della fune.
Ancoraggio del ponteggio
In questa parte del documento è necessario
indicare il tipo e le modalità di
realizzazione degli ancoraggi del ponteggio
alla facciata della struttura, eseguiti,
nel caso di costruzione di nuovi
edifici, come indicato sul libretto dal
produttore.
Per quanto riguarda le ristrutturazioni
di edifici esistenti, devono essere
individuate, a priori, le posizioni precise
in cui predisporre ogni ancoraggio,
facendo particolare attenzione a evitare
le zone di muratura sconnesse o incoerenti.
Nel caso di ponteggi a servizio di
opere da demolire, essendo vietati gli
ancoraggi alla facciata, il datore di lavoro
adotta un sistema sostitutivo
(puntellamenti e controventature laterali)
sulla scorta di una relazione di
calcolo firmata da un tecnico abilitato
che troverà spazio tra gli allegati al
PiMUS.
Smontaggio del ponteggio
Per lo smontaggio degli elementi
del ponteggio, devono essere adottate
le procedure e le misure di protezione
indicate nella sezione dedicata alle
modalità di montaggio dello stesso,
avendo cura di indicare se ciò avviene
per intero, in un’unica fase, o a campate
o stilate successive, in funzione
dei lavori.
Montaggio/smontaggio
di ulteriori elementi
A corredo del ponteggio vengono
spesso posizionati degli elementi quali
la mantovana, le reti o i teloni antipolvere,
i cartelloni pubblicitari ecc.
Anche in questo caso devono essere
indicate le misure di prevenzione e
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
protezione da adottare contro il pericolo
di caduta dall’alto degli addetti.
Anche per queste situazioni è necessario
predisporre un progetto del
ponteggio comprendente il calcolo di
resistenza e di stabilità dell’intera struttura
a firma di un architetto o di un
ingegnere abilitato, a norma di legge,
all’esercizio della professione (art. 32,
D.P.R. n. 164/1956).
Il recupero
di un lavoratore sospeso
Considerando la pericolosità delle
operazioni di montaggio e smontaggio
del ponteggio e il conseguente
rischio di caduta dall’alto degli
operatori, è necessario prevedere
una o più procedure per l’eventuale
necessità di recuperare un lavoratore
che, cadendo dal ponteggio, rimanga
sospeso al sistema anticaduta, in
maniera cosciente o meno.
Questa sezione permette, quindi,
di indicare e descrivere puntualmente
le attrezzature necessarie, le sequenze
operative e le persone a esse dedicate,
tali da consentire l’attuazione
della suddetta procedura di salvataggio,
tenendo presente che tutto questo
deve avvenire nel più breve tempo
possibile.
A tal fine è quanto mai indispensabile
attivare un percorso di addestramento
individuando, all’interno della
squadra dei montatori, gli addetti alle
situazioni di emergenza.
Le verifiche durante l’uso
Il ponteggio deve essere controllato
non solo al momento dell’allestimento
ma, periodicamente, anche durante
l’uso.
Devono essere indicate, quindi, le
verifiche da fare, la loro periodicità e le
persone incaricate.
Possono essere utili allo scopo le
liste di controllo previste dalla circolare
del Ministero del Lavoro n. 46/2000
che, in formato ceck-list, sono allegate
al PiMUS [1] . l
[1] Il documento presentato, del quale si auspica un ampio utilizzo da parte delle imprese edili e un’ampia diffusione da parte degli
addetti ai lavori, è da considerarsi in costante monitoraggio da parte del Gruppo Cantieri Provinciale di Parma con l’intento di
effettuare, al bisogno, le revisioni o gli aggiornamenti che nel tempo dovessero rendersi necessari.
14 novembre 2006 ­ N. 21

INSERTO
SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
Documento redatto da SPSAL AUSL Parma e CSE Parma
e condiviso da Ordine degli Ingegneri, Ordine degli Architetti
e Collegio dei Geometri della Provincia di Parma
14 novembre 2006 ­ N. 21
Piano Montaggio, Smontaggio, Uso e Trasformazione Ponteggi
ai sensi del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235
Schema con contenuti minimi
1) Anagrafica del cantiere
1.1) Redatto da.....................................................................................................................................................................
nella sua qualità......................................................................................................................................................................
la cui competenza è attestata da .........................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
1.2) Denominazione Cantiere..........................................................................................................................................
sito in ......................................................................................., Via .......................................................................................
1.3) Ditta che esegue il montaggio e lo smontaggio del ponteggio...............................................................................
sede legale in................................................................................ , Via ................................................................................
Datore di Lavoro Sig. .............................................................................................................................................................
1.4) Committente del cantiere Sig. ...................................................................................................................................
residente in ................................................................................., Via .................................................................................
Attenzione: il PIMUS può essere redatto sia come documento a sé stante, sia come parte integrante del POS (in
particolare come parte del POS di cui al punto 7, lettera g) dell’art. 6 del D.P.R. n. 222/2003).
Nel caso in cui il PIMUS sia parte integrante del POS, non sarà necessario compilare questa prima pagina se questi
dati si trovano già in altra parte del POS.
2) Addetti al montaggio, smontaggio e trasformazione del ponteggio
2.1) Preposto all’installazione e controllo: .......................................................................................................................
q dipendente della ditta ......................................................................................................................................................
q altro ....................................................................................................................................................................................
Possesso dei requisiti (Attenzione: allegare documentazione)
q attestato di frequenza corso specifico ex art. 36­quater, comma 8, D.Lgs. n. 626/1994,
q dichiarazione, rilasciata da datore di lavoro, attestante almeno 3 anni di attività di montaggio e smontaggio
ponteggi,
q autocertificazione, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, attestante almeno 3 anni di attività di montaggio e smontaggio
ponteggi.
2.2) Addetto all’installazione: ............................................................................................................................................
­ dipendente della ditta ........................................................................................................................................................
­ altro .......................................................................................................................................................................................
Possesso dei requisiti (Attenzione: allegare documentazione)
q attestato di frequenza corso specifico ex art. 36­quater, comma 8, D.Lgs. n. 626/1994,
q dichiarazione, rilasciata da datore di lavoro, attestante almeno 2 anni di attività di montaggio e smontaggio
ponteggi,
q autocertificazione, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, attestante almeno 2 anni di attività di montaggio e smontaggio
ponteggi.
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VII

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2.3) Addetto all’installazione: ............................................................................................................................................
q dipendente della ditta ......................................................................................................................................................
q altro ....................................................................................................................................................................................
Possesso dei requisiti (Attenzione: allegare documentazione)
qattestato di frequenza corso specifico ex art. 36­quater, comma 8, D.Lgs. n. 626/1994,
q dichiarazione, rilasciata da datore di lavoro, attestante almeno 2 anni di attività di montaggio e smontaggio
ponteggi,
q autocertificazione, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, attestante almeno 2 anni di attività di montaggio e smontaggio
ponteggi.
VIII
3) Marca, tipo e caratteristiche dei ponteggi da montare/smontare
Marca Modello/tipo
Attenzione allegare:
­ libretto di montaggio con autorizzazione ministeriale dei ponteggi metallici fissi,
­ libretto di montaggio, uso e manutenzione redatto dal costruttore dei ponteggi su ruote (trabattelli).
3.1) Ponteggio realizzato con elementi della stessa marca e tipo
Attenzione: è possibile affiancare stilate di ponteggio di una marca e tipo con stilate di ponteggio di altra marca
e/o tipo, purché ogni stilata sia indipendente dalle altre e montata secondo quanto previsto dal proprio libretto/
aut. min.
q Il ponteggio non è alto più di 20 m ed è montato secondo gli schemi­tipo indicati nel libretto/aut. min.
Attenzione: in questo caso allegare disegno esecutivo del ponteggio consistente in planimetria dove risulti
l’estensione e prospetti dove risultino le altezze (art. 33, D.P.R. n. 164/1956).
q Il ponteggio è alto più di 20 m;
q Il ponteggio non è montato secondo gli schemi­tipo indicati nel libretto/aut.min.;
q Sulle facciate del ponteggio sono installati teli di protezione;
q Sulle facciate del ponteggio sono installati cartelloni pubblicitari di notevoli dimensioni;
q Il ponteggio è dotato di ponti da tiro e/o argani elettrici;
q Il ponteggio è totalmente o parzialmente a sbalzo.
Attenzione: in uno o più di questi casi allegare un progetto del ponteggio comprendente calcolo di stabilità, eseguito
secondo le istruzioni del libretto/aut.min. e disegno esecutivo del ponteggio, il tutto firmato da un ingegnere
o architetto, abilitato a norma di legge all’esercizio della professione (art. 32, D.P.R. n.164/1956).
3.2) Ponteggio realizzato con elementi di diversa marca e/o tipo
Attenzione: in questo caso allegare un progetto del ponteggio comprendente relazione di calcolo resistenza e
stabilità, eseguito secondo le istruzioni dei libretti/aut.min., e disegno esecutivo del ponteggio per le configurazioni
di impiego, il tutto firmato da un ingegnere o architetto, abilitato a norma di legge all’esercizio della professione
(art. 32, D.P.R. n. 164/1956).
3.3) Ponti da tiro e piazzole di carico/scarico
È previsto che la movimentazione del materiale necessario o derivante dalle lavorazioni (mattoni, calce, inerti da
demolizioni, ecc.…) venga effettuata dal ponteggio? q SI q NO
Se la risposta alla precedente domanda è SI, sul ponteggio deve essere realizzato:
­ uno o più ponti da tiro,
­ una o più piazzole di carico/scarico.
Attenzione: in caso di realizzazione di ponte da tiro o di piazzola di carico/scarico non prevista dal libretto/
aut.min. del ponteggio, allegare progetto secondo quanto già indicato nel precedente punto 3.1.
Attenzione: è assolutamente vietato smontare, anche temporaneamente, parapetti o altre parti di ponteggio
per movimentare dei materiali.
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4) Rischi ambientali
4.1) Condizioni meteo avverse: pioggia, vento forte, neve, gelo, nebbia
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q Il Preposto all’installazione e al controllo valuta se le condizioni atmosferiche consentono di effettuare le operazioni
di montaggio/smontaggio in tutta sicurezza, in caso contrario sospende tali operazioni.
q Altro ....................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
4.2) Presenza di linee elettriche aeree in tensione ad una distanza minore di 5 m. (Nota bene: riquadro da
compilare solo se in caso affermativo)
Attenzione: Bisogna valutare se in ogni fase del montaggio/smontaggio, con particolare riferimento alle fasi di
movimentazione degli elementi, ci si porta, con qualche elemento e/o struttura, ad una distanza minore di 5 m dai
conduttori della linea.
q Installazione di adeguate protezioni atte ad evitare contatti accidentali o avvicinamenti pericolosi ai conduttori
della linea.
q Spostamento o isolamento dei conduttori della linea da parte della Società Esercente.
q Messa fuori tensione della linea da parte della Società Esercente. (Attenzione: In questo caso il Preposto farà
iniziare le operazioni di montaggio/smontaggio del ponteggio, solo dopo che la Società Esercente gli avrà consegnato
documento attestante l’avvenuta messa fuori tensione della linea).
4.3) Ponteggio mon/smo su area pubblica con transito di mezzi e pedoni. (Nota bene: riquadro da compilare
solo se in caso affermativo)
q Permesso di occupazione di suolo pubblico rilasciato dal comune (Attenzione: deve essere presente in cantiere).
q Viene installata la segnaletica verticale così come previsto dal Codice della Strada.
q L’area necessaria al montaggio/smontaggio viene delimitata con transenne o altro ...............................................
..................................................................................................................................................................................................
q Il Preposto e gli addetti al montaggio/smontaggio indossano indumenti ad Alta Visibilità di Classe 3.
q Altro ....................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
4.4) Ponteggio mon/smo in cantiere con il contemporaneo transito di mezzi da cantiere quali camion,
ruspe, pale, dumper, ecc. (Nota bene: riquadro da compilare solo se in caso affermativo)
q L’area necessaria al montaggio/smontaggio viene delimitata con transenne o altro ...............................................
..................................................................................................................................................................................................
q Il Preposto e gli addetti al montaggio/smontaggio indossano indumenti ad Alta Visibilità di Classe 3 ..................
q Altro ....................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
4.5)Ponteggiomon/smoall’internodilocaliconaltraattivitàlavorativainatto. (Notabene: riquadro da
compilare solo se in caso affermativo)
q Rischi che l’altra attività lavorativa in atto comporta a carico degli addetti al montaggio/smontaggio ponteggio
..................................................................................................................................................................................................
q Misure di protezione adottate .........................................................................................................................................
q Rischi che l’attività di montaggio/smontaggio ponteggio comporta a carico dei lavoratori addetti all’altra lavorazione
.......................................................................................................................................................................................
q Misure di protezione adottate .........................................................................................................................................
4.6) Ponteggio mon/smo in cantiere con presenza di attività interferenti interne e/o esterne. (Nota bene:
riquadro da compilare solo se in caso affermativo)
qRischi che le attività interferenti in atto comportano a carico degli addetti al montaggio/smontaggio ponteggio
..................................................................................................................................................................................................
q Misure di protezione adottate .........................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
q Rischi che l’attività di montaggio/smontaggio ponteggio comporta a carico dei lavoratori addetti alle altre attività
interferenti ........................................................................................................................................................................
q Misure di protezione adottate ........................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
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4.7) Ponteggio mon/smo in ore notturne o in aree scarsamente illuminate. (Nota bene: riquadro da compilare
solo se in caso affermativo)
q Installazione di impianto di illuminazione artificiale tale da garantire un adeguato illuminamento ed evitare fastidiosi
abbagliamenti, in tutte le zone interessate dalle attività di montaggio/smontaggio del ponteggio.
4.8) Verifica dell’area di montaggio del ponteggio al fine di evitare franamenti del terreno o cedimenti
di pavimentazioni.
Il terreno su cui verrà montato il ponteggio è sufficientemente compatto e tale da sopportare i pesi previsti? (Attenzione:
per rispondere a questa domanda valutare se è necessaria una relazione tecnico­geologica). q SI q NO
Se la risposta alla precedente domanda è NO indicare quali misure devono essere adottate ......................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Il ponteggio è montato sopra strutture che possono dare luogo a dei cedimenti e sprofondamenti, quali falde di
copertura, solai, tombini, cisterne, cunicoli, ecc.? qSI qNO
(Attenzione: se la risposta è affermativa valutare se necessaria una relazione tecnica)
Se la risposta alla precedente domanda è SI, cioè vi è pericolo di cedimenti e sprofondamenti, indicare quali misure
devono essere adottate ........................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: la relazione tecnica­geologica e la relazione tecnica sopra citate, se realizzate, devono essere allegate
al presente PiMUS.
5) Dispositivi di protezione individuale utilizzati
Attenzione: tutti i DPI devono essere rispondenti al D.Lgs. n. 475/1992. Pertanto ogni DPI deve portare il marchio
“CE” ed essere corredato di “Dichiarazione di Conformità CE” e di “Nota Informativa” riportante le istruzioni
d’uso e manutenzione. La “Dichiarazione di Conformità CE” e la “Nota Informativa” devono essere tenute in cantiere.
5.1) Tutti gli addetti al montaggio/smontaggio devono indossare come minimo i seguenti DPI:
Casco di protezione,
Guanti antiabrasione,
Scarpe con suola antiscivolo, puntale antischiacciamento, lamina antiperforamento.
5.2) Inoltre sono dotati dei seguenti DPI in funzione dei rischi cui sono esposti:
q Cintura di sicurezza con bretelle, cosciali e cordino da 1,5 m
con moschettone
q Pinza per aggancio al ponteggio e/o a tubolari e profilati.
q Dispositivo retrattile con cavo avvolto in carter lungo ...... m
q Indumenti ad alta visibilità di Classe
q 1 q 2 q 3
q Cuffia o Tappi auricolari otoprotettori
q Occhiali di protezione contro polveri e schegge
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q tutti gli addetti
q i seguenti addetti .................................................
qtutti gli addetti
q i seguenti addetti .................................................
qtutti gli addetti
q i seguenti addetti .................................................
qtutti gli addetti
q i seguenti addetti .................................................
qtutti gli addetti
q i seguenti addetti .................................................
qtutti gli addetti
q i seguenti addetti .................................................
q Altri DPI utilizzati ..............................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
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Attenzione: per i DPI consegnati come dotazione personale al lavoratore deve essere stilato verbale di consegna
controfirmato, per ricevuta, dal lavoratore stesso.
5.3) La verifica dell’integrità e dell’efficienza dei DPI è effettuata:
q da ogni addetto prima di ogni utilizzo del DPI,
q dal preposto ogni ............................................................................................................che stilerà verbale di verifica,
q altro ....................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
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6) Movimentazione degli elementi del ponteggio
6.1) La movimentazione e il sollevamento degli elementi del ponteggio è effettuata con:
q Gru di cantiere,
q Autogrù,
q Muletto con braccio estensibile,
q Argano elettrico montato su ..........................................................................................................................................,
q Carrucola montata su ......................................................................................................................................................,
q Movimentazione manuale,
q Altro ....................................................................................................................................................................................
6.2) Se la movimentazione e il sollevamento degli elementi del ponteggio è effettuata con grù di cantiere,
autogrù, o muletto con braccio estensibile:
q il conduttore della gru, dell’autogrù, o del muletto è ..................................................................................................
ed è esperto nella conduzione di detti mezzi in quanto:
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q ha una esperienza di n. .............. anni di attività
q ha svolto specifici corsi di formazione.
Il conduttore della gru o dell’autogrù è sempre in contatto visivo con l’addetto che si trova a terra a imbracare gli
elementi e con l’addetto che si trova sul ponteggio a ricevere gli elementi? q SI q NO
Se la risposta alla precedente domanda è NO indicare quali misure vengono adottate:
q Il conduttore, l’addetto a terra e l’addetto sul ponteggio sono in collegamento radio tra loro,
q Altro ....................................................................................................................................................................................
6.3) Imbracatura degli elementi del ponteggio al gancio della gru, dell’autogrù, del muletto, dell’argano,
della carrucola:
L’imbracatura degli elementi del ponteggio da movimentare è effettuata mediante:
q fasce o funi che legano correttamente gli elementi in modo che non sia possibile la loro caduta durante la movimentazione,
q forche dotate di cestello o altro dispositivo di contenimento,
q Altro ....................................................................................................................................................................................
Attenzione: è assolutamente vietato movimentare gli elementi dei ponteggi con le sole forche senza alcun sistema
che ne assicuri l’ancoraggio alle forche stesse.
Durante la movimentazione non sostare sotto al carico.
6.4) Se la movimentazione e il sollevamento degli elementi del ponteggio è effettuata manualmente:
q gli addetti sono adeguatamente formati circa le corrette tecniche di movimentazione e informati sull’entità dei
pesi.
7.1) Il ponteggio viene montato:
7) Montaggio del ponteggio
q per intero in una unica fase,
q a campate successive in funzione dello sviluppo dei lavori,
q a stilate successive in funzione dello sviluppo dei lavori.
XI

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7.2) Prima di essere montati gli elementi del ponteggio vengono verificati al fine di constatarne marca,
tipo, integrità.
q Verifica effettuata da ............................................................ nella sua qualità ............................................................
q Verifica effettuata mediante la compilazione e sottoscrizione delle liste di controllo allegate:
q pont. a telai prefabbricati q pont. a montanti e traversi prefabbricati q pont. a tubi e giunti
q Verifica effettuata mediante seguente metodo: ..........................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: le liste di controllo o altro documento attestante l’avvenuta verifica degli elementi del ponteggio
devono essere firmate dal Verificatore e tenute in cantiere allegate al presente PiMUS.
7.3) Posa della prima campata del ponteggio.
Strumenti utilizzati:
q filo a piombo q bolla q laser q metro/tavella q altro .........................................................................
Ripartizione del carico effettuata mediante posa basette su:
q assi da ponte,
q altro ...................................................................................................................................................................................
Livellamento e verticalità effettuata mediante:
q basette dotate di vitone regolabile,
q assi da ponte,
q altro ...................................................................................................................................................................................
Distanza del ponteggio dalla costruzione:
q non superiore a 20 cm,
q superiore a 20 cm (indicare motivi e misure di protezione adottate nei piani successivi contro il rischio di caduta
dall’alto) .................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: per effettuare la ripartizione del carico, il livellamento e la verticalità, è assolutamentevietato utilizzare
materiali che non garantiscano adeguata resistenza alla compressione, quali mattoni forati e simili.
7.4) Posa delle campate successive in altezza del ponteggio. Rischio di caduta dall’alto.
XII
Misura di protezione: gli addetti indossano cintura di sicurezza con bretelle
e cosciali agganciata a linea vita assicurata al ponteggio.
(Nota bene: riquadro da compilare solo nel caso si adotti questo sistema di protezione)
In altezza operano n. ............. addetti.
Misura di protezione utilizzata: q sia in fase di montaggio che di smontaggio degli elementi,
q solo nella fase di montaggio degli elementi,
q solo nella fase di smontaggio degli elementi.
Linea vita costituita da ..........................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Linea vita fissata al ponteggio mediante ............................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Descrizione dettagliata della procedura di montaggio, in sicurezza, di tutti gli elementi ...........................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: possono essere allegate procedure già compilate, foto, disegni, schemi e quanto altro possa chiarire
agli addetti al montaggio il corretto modo di procedere.
7.5) Posa delle campate successive in altezza del ponteggio. Rischio di caduta dall’alto.
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Misura di protezione: gli addetti indossano cintura di sicurezza con bretelle
e cosciali agganciata a linea vita assicurata alla parete di edificio o altra struttura.
(Nota bene: riquadro da compilare solo nel caso si adotti questo sistema di protezione)
In altezza operano n. ............. addetti.
Misura di protezione utilizzata: q sia in fase di montaggio che di smontaggio degli elementi,
q solo nella fase di montaggio degli elementi,
q solo nella fase di smontaggio degli elementi.
Linea vita costituita da ..........................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Linea vita fissata al ponteggio mediante ............................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Tipo e stato della parete o della struttura ...........................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Descrizione dettagliata della procedura di montaggio, in sicurezza, di tutti gli elementi ...........................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: possono essere allegate procedure già compilate, foto, disegni, schemi e quanto altro possa chiarire
agli addetti al montaggio il corretto modo di procedere.
7.6) Posa delle campate successive in altezza del ponteggio. Rischio di caduta dall’alto.
Misura di protezione: gli addetti indossano cintura di sicurezza con bretelle
e cosciali agganciata a dispositivo retrattile con cavo avvolto in carter.
(Nota bene: riquadro da compilare solo nel caso si adotti questo sistema di protezione)
In altezza operano n. ........ addetti aventi a disposizione un dispositivo retrattile cadauno.
Misura di protezione utilizzata: q sia in fase di montaggio che di smontaggio degli elementi,
q solo nella fase di montaggio degli elementi,
q solo nella fase di smontaggio degli elementi.
Dispositivo/i retrattile posizionato/i sopra all’operatore e fissato a:
q parete edificio q ponteggio q altra struttura ..............................................................................................
Dispositivo retrattile fissato mediante ................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Tipo e stato della parete o della struttura ...........................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Descrizione dettagliata della procedura di montaggio, in sicurezza, di tutti gli elementi ...........................................
..................................................................................................................................................................................................
.................................................................................................................................................................................................
Attenzione: possono essere allegate procedure già compilate, foto, disegni, schemi e quanto altro possa chiarire
agli addetti al montaggio il corretto modo di procedere.
7.7) Posa delle campate successive in altezza del ponteggio. Rischio di caduta dall’alto.
Misura di protezione: gli addetti indossano cintura di sicurezza con bretelle
e cosciali con cordino/i dotato/i di pinza/e per aggancio al ponteggio o altra struttura.
(Nota bene: riquadro da compilare solo nel caso si adotti questo sistema di protezione)
In altezza operano n. ........ addetti aventi a disposizione cadauno: q una pinza di aggancio,
q due pinze di aggancio.
XIII

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Misura di protezione utilizzata: q sia in fase di montaggio che di smontaggio degli elementi,
q solo nella fase di montaggio degli elementi,
q solo nella fase di smontaggio degli elementi.
Pinza/e agganciata/e a: q elementi ponteggio già montati,
q apposito attrezzo solidalmente fissato al ponteggio,
q altra struttura ..........................................................................................................
Descrizione dell’apposito attrezzo fissato solidamente al ponteggio ............................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Tipo e stato della struttura ...................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Descrizione dettagliata della procedura di montaggio, in sicurezza, di tutti gli elementi ...........................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: possono essere allegate procedure già compilate, foto, disegni, schemi e quanto altro possa chiarire
agli addetti al montaggio il corretto modo di procedere.
7.8) Posa delle campate successive in altezza del ponteggio. Rischio di caduta dall’alto.
XIV
Misura di protezione: parapetti mobili agganciabili
alla campata superiore da montare del ponteggio, da terra o dalla campata
già completa di impalcati, parapetti, tavola fermapiede.
(Nota bene: riquadro da compilare solo nel caso si adotti questo sistema di protezione)
In altezza operano n. ........... addetti.
Misura di protezione utilizzata: q sia in fase di montaggio che di smontaggio degli elementi,
q solo nella fase di montaggio degli elementi,
q solo nella fase di smontaggio degli elementi.
Parapetti mobili marca ........................................................................ tipo ........................................................................
Certificazione di sicurezza ....................................................................................................................................................
Sistema di aggancio al ponteggio .......................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Descrizione dettagliata della procedura di montaggio, in sicurezza, di tutti gli elementi ...........................................
..................................................................................................................................................................................................
.................................................................................................................................................................................................
Attenzione: allegare certificazione di sicurezza dei parapetti mobili, inoltre possono essere allegate procedure
già compilate, foto, disegni, schemi e quanto altro possa chiarire agli addetti al montaggio il corretto modo di procedere.
7.9) Posa delle campate successive in altezza del ponteggio. Rischio di caduta dall’alto.
Misura di protezione: Altra.
(Nota bene: riquadro da compilare solo nel caso si adotti questo sistema di protezione)
In altezza operano n. ........ addetti.
Misura di protezione utilizzata: q sia in fase di montaggio che di smontaggio degli elementi,
q solo nella fase di montaggio degli elementi,
q solo nella fase di smontaggio degli elementi.
Misura di protezione consistente in ....................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Descrizione dettagliata della procedura di montaggio, in sicurezza, di tutti gli elementi ...........................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: possono essere allegate procedure già compilate, foto, disegni, schemi e quanto altro possa chiarire
agli addetti al montaggio il corretto modo di procedere.
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8) Ancoraggio del ponteggio
Il ponteggio è ancorato alla facciata dell’edificio o struttura mediante:
q Tasselli con occhiello e staffa rigida,
q Staffatura con giunti,
q Zanca,
q Cravatta,
q Vitone,
q Altro ...................................................................................................................................................................................
Tipo e stato della parete o della struttura ...........................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Note ed informazioni utili ....................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: possono essere allegate foto, disegni, schemi e quanto altro possa chiarire agli addetti al montaggio
il corretto modo di procedere.
9) Smontaggio del ponteggio
9.1) Il ponteggio viene smontato:
q per intero in una unica fase,
q a campate successive in funzione dello sviluppo dei lavori,
q a stilate successive in funzione dello sviluppo dei lavori.
9.2) Smontaggio delle campate alte del ponteggio. Rischio di caduta dall’alto. Misura di protezione
Per lo smontaggio degli elementi del ponteggio viene adottata la misura di protezione di cui al precedente punto:
q 7.4) q 7.5) q 7.6) q 7.7) q 7.8) q 7.9)
10) Montaggio/smontaggio di ulteriori elementi al ponteggio
10.1) Montaggio/smontaggio della mantovana. Rischio di caduta dall’alto.
(Nota bene: riquadro da compilare solo nel caso si installi la mantovana)
Per il montaggio/smontaggio viene adottata la misura di protezione di cui al precedente punto :
q 7.4) q 7.5) q 7.6) q 7.7)
q Altro sistema .....................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
10.2) Montaggio/smontaggio di reti e/o teloni. Rischio di caduta dall’alto.
(Nota bene: riquadro da compilare solo nel caso si installino reti e/o teloni)
q Non vi è rischio di caduta in quanto il montaggio/smontaggio viene effettuato da sopra il ponteggio completamente
montato.
q Vi è rischio di caduta e quindi nel montaggio/smontaggio viene adottata la misure di protezione di cui al precedente
punto:
q 7.4) q 7.5) q 7.6) q 7.7)
q Altro sistema .....................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: in questo caso allegare un progetto del ponteggio comprendente relazione di calcolo resistenza e
stabilità, eseguito secondo le istruzioni del libretto/aut.min., e disegno esecutivo del ponteggio per le configurazioni
di impiego, il tutto firmato da un ingegnere o architetto, abilitato a norma di legge all’esercizio della professione
(art. 32, D.P.R. n. 164/1956).
XV

SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
INSERTO
10.3) Montaggio/smontaggio di cartelloni pubblicitari. Rischio di caduta dall’alto.
(Nota bene: riquadro da compilare solo nel caso si installino cartelloni pubblicitari)
q Non vi è rischio di caduta in quanto il montaggio/smontaggio viene effettuato da sopra il ponteggio completamente
montato.
q Vi è rischio di caduta e quindi nel montaggio/smontaggio viene adottata la misura di protezione di cui al precedente
punto:
XVI
q 7.4) q 7.5) q 7.6) q 7.7)
q Altro sistema ......................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: in questo caso allegare un progetto del ponteggio comprendente relazione di calcolo resistenza e
stabilità, eseguito secondo le istruzioni del libretto/aut.min., e disegno esecutivo del ponteggio per le configurazioni
di impiego, il tutto firmato da un ingegnere o architetto, abilitato a norma di legge all’esercizio della professione
(art. 32, D.P.R. n. 164/1956).
11) Recupero di lavoratore sospeso a cintura di sicurezza
Il o i lavoratori rimasti sospesi a cintura di sicurezza a seguito di caduta, sono recuperati secondo la seguente procedura:
....................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione:i lavoratori sospesi devono essere recuperati nel più breve tempo possibile e comunque in un tempo
non superiore a 30 minuti.
12) Verifiche durante l’uso del ponteggio
Periodicamente, durante l’uso, il ponteggio deve essere verificato al fine di constatarne l’integrità.
q Verifiche effettuate da ............................................................nella sua qualità ............................................................
..................................................................................................................................................................................................
q Verifiche effettuate con periodicità ................................................................................................................................
q Verifica effettuata mediante la compilazione e sottoscrizione della lista di controllo allegata.
q Verifica effettuata mediante seguente metodo: ...........................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Attenzione: le liste di controllo o altro documento attestante l’avvenuta verifica del ponteggio, devono essere
firmate dal Verificatore e tenute in cantiere allegate al presente PiMUS.
Tabella riepilogativa degli allegati
q n. .......... attestati di frequenza corso specifico ex art. 36­quater, comma 8, D.Lgs. n. 626/1994,
q n. .......... dichiarazioni, rilasciate da datori di lavoro, attestanti la pregressa attività di montaggio e smontaggio
ponteggi,
q n........... autocertificazioni, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, attestanti la pregressa attività di montaggio e smontaggio
ponteggi,
q n. .......... libretto/i di montaggio con autorizzazione ministeriale dei ponteggi metallici fissi,
q n. .......... libretto/i di montaggio, redatto dal costruttore dei ponteggi su ruote (trabattelli),
q n. .......... certificati di sicurezza parapetti mobili,
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
INSERTO
q disegno esecutivo del ponteggio consistente in planimetria e prospetti,
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
q progetto del ponteggio comprendente calcolo di stabilità e disegno esecutivo firmato da un ingegnere o architetto,
q relazione tecnico­geologica attestante la compattezza del terreno su cui verrà montato il ponteggio,
q relazione tecnica attestante la solidità delle strutture su cui verrà montato il ponteggio,
q n. .......... verbale/i di consegna DPI ai lavoratori,
q n. .......... lista/e di controllo o altro documento attestante l’avvenuta verifica, prima del montaggio, degli elementi
del ponteggio,
q n. .......... lista/e di controllo o altro documento attestante le avvenute verifiche durante l’uso del ponteggio,
q altro
..................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................
Il redattore del PiMUS Il Datore di Lavoro della ditta
che esegue il montaggio/smontaggio
............................................................................... ........................................................................................
Il Responsabile di Cantiere per presa visione
......................................................................................................
Ponteggio metallico a telai prefabbricati
SCHEDA 1
Marca .........................................................................................Tipo...................................................................................................
Verifiche degli elementi effettuate in data.................................................................................................Prima del montaggio
Elementi Tipo di verifica
Generale Controllo esistenza del libretto di cui all’autorizzazione
ministeriale, rilasciata dal
Ministero del Lavoro e Previdenza sociale
Tutti gli elementi:
telai, correnti, diagonali,
impalcati
pref.ti, basette,
fermapiede, trave
per passo carraio
Controllo che gli elementi in tubi e giunti
che sono stati utilizzati sono di tipo autorizzato
appartenenti ad un unico fabbricante
Modalità
di verifica
Misura adottata
Visivo Se non esiste il libretto, il ponteggio non
può essere utilizzato. Occorre richiedere
il libretto, che deve contenere tutti gli
elementi del ponteggio, al fabbricante.
Visivo Se il controllo è negativo, è necessario
utilizzare elementi autorizzati della stessa
marca e tipo.
Controllo marchio come da libretto Visivo Se il marchio non è rilevabile, o è difforme
rispetto a quello indicato sul libretto,
occorre scartare l’elemento.
Controllo stato di conservazione della protezione
contro la corrosione
Telai Controllo della verticalità dei montanti del
telaio
Visivo Se il controllo è negativo, procedere al
controllo degli spessori.
Se il controllo degli spessori è negativo
(tenuto conto delle tolleranze previste
dal fabbricante) scartare l’elemento.
Se il controllo degli spessori è positivo,
procedere al ripristino della protezione
in conformità a quanto previsto dal fabbricante.
Visivo Se la verticalità dei montanti non è soddisfatta
occorre scartare l’elemento.
XVII

SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
Correnti
e diagonali
Impalcati
pref.ti
Basette fisse
e regolabili
XVIII
INSERTO
Controllo spinotto di collegamento fra i
montanti
Controllo attacchi controventature: perni
e/o boccole
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento o ripristinare la funzionalità
in conformità alle modalità previste dal
fabbricante.
Controllo orizzontalità del traverso Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo della linearità di tutti gli elementi
Controllo stato di conservazione dei collegamenti
al telaio
Controllo dell’orizzontalità dei piani di
calpestio
Controllo di assenza di deformazioni negli
appoggi al traverso
Controllo efficenza dei sistemi di collegamento
tra: piani di calpestio, testata con
ganci di collegamento al traverso ed irrigidimenti
(saldatura, rivettatura, bullonatura
e cianfrinatura)
Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo:
­ integrità del sistema
di collegamento
per rivettatura, bullonatura
e cianfrinatura;
­ assenza, nel sistema
di collegamento, di
cricche, distacchi ed
ossidazioni penetranti
per saldatura.
Se il controllo è negativo, scartare l’elemento
o procedere a cura del fabbricante
del ponteggio al ripristino dell’efficienza
dei sistemi di collegamento.
Controllo orizzontalità piatto di base Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Basette regolabili Controllo verticalità dello stelo Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo stato di conservazione della fi­ Visivo: stato di conlettatura
dello stelo e della ghiera filettata servazione della filettatura.
Funzionale: regolare
avvitamento della
ghiera.
Se il controllo funzionale e visivo è negativo
occorre scartare l’elemento.
Se è negativo solo il controllo funzionale,
ripristinare la funzionalità (pulizia ed ingrassaggio)
se possibile, altrimenti scartare
l’elemento.
Fermapiede Controllo assenza deformazioni Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Trave
per passo carraio
Tavole da ponte
in legno
Controllo stato di conservazione dei collegamenti
al telaio
Controllo stato di conservazione e di efficienza
dei sistemi di collegamento al telaio
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo stato delle deformazioni Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo dimensioni minime della tavola
­ larghezza 20 cm, spessore 5 cm
­ larghezza 30 cm , spessore 4 cm
Controllo stato di conservazione, assenza
di crepe e altri danni che possono causare
il cedimento della tavola
Visivo con misura Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Verifiche effettuate da .......................................................................... nella sua qualità ..........................................................................
Firma
................................................................................
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
INSERTO
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
Ponteggio metallico a montanti e traversi prefabbricati
SCHEDA 2
Marca ...................................................................................................Tipo...................................................................................................
Verifiche degli elementi effettuate in data ................................................................................................Prima del montaggio
Elementi Tipo di verifica
Modalità
di verifica
Misura adottata
Generale Controllo esistenza del libretto di cui al­ Visivo Se non esiste il libretto, il ponteggio non
l’autorizzazione ministeriale, rilasciata dal
può essere utilizzato. Occorre richiedere
Ministero del Lavoro e Previdenza sociale
il libretto, che deve contenere tutti gli
elementi del ponteggio, al fabbricante.
Controllo che gli elementi in tubi e giunti, Visivo Se il controllo è negativo, è necessario
eventualmente utilizzati, siano di tipo au­
utilizzare elementi autorizzati della stestorizzato
appartenenti ad un unico fabbricantesa
marca e tipo.
Tutti gli elementi: Controllo marchio come da libretto Visivo Se il marchio non è rilevabile, o è diffor­
montante, traverme
rispetto a quello indicato sul libretto,
so, correnti, diago­
occorre scartare l’elemento.
nali, impalcati Controllo stato di conservazione della pro­
pref.ti, basette, tezione contro la corrosione
fermapiede, trave
per passo carraio
Visivo Se il controllo è negativo, procedere al
controllo degli spessori.
Se il controllo degli spessori è negativo
(tenuto conto delle tolleranze previste
dal fabbricante) scartare l’elemento.
Se il controllo degli spessori è positivo,
procedere al ripristino della protezione
in conformità a quanto previsto dal fabbricante.
Montanti Controllo della verticalità del montante Visivo Se la verticalità del montante non è soddisfatta
occorre scartare l’elemento.
Controllo spinotto di collegamento fra i Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
montanti
l’elemento.
Controllo attacchi elementi Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Traversi Controllo orizzontalità del traverso Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Correnti
Controllo della linearità di tutti gli ele­ Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
e diagonali menti
l’elemento
Controllo stato di conservazione dei colle­ Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
gamenti ai montanti
l’elemento.
Impalcati Controllo dell’orizzontalità dei piani di Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
pref.ti
calpestio
l’elemento
Controllo di assenza di deformazioni negli Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
appoggi al traverso
l’elemento.
Basette fisse
e regolabili
Basette
regolabili
Controllo efficenza dei sistemi di collegamento
tra: piani di calpestio, testata con
ganci di collegamento al traverso ed irrigidimenti
(saldatura, rivettatura, bullonatura
e cianfrinatura)
Visivo:
­ integrità del sistema
di collegamento
per rivettatura, bullonatura
e cianfrinatura;
­ assenza, nel sistema
di collegamento, di
cricche, distacchi ed
ossidazioni pene­
Se il controllo è negativo, scartare l’elemento,
o procedere a cura del fabbricante
del ponteggio al ripristino dell’efficienza
dei sistemi di collegamento.
Controllo orizzontalità piatto di base
tranti per saldatura.
Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo verticalità dello stelo Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo stato di conservazione della fi­ Visivo: stato di con­ Se il controllo funzionale e visivo è negalettatura
dello stelo e della ghiera filettata servazione della filettivo occorre scartare l’elemento.
tatura.
Se è negativo solo il controllo funzionale,
ripristinare la funzionalità (pulizia ed ingrassaggio)
se possibile, altrimenti scartare
l’elemento.
Funzionale: regolare
avvitamento della
ghiera.
XIX

XX
SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
INSERTO
Fermapiede Controllo assenza deformazioni Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Trave
per passo carraio
Tavole da ponte
in legno
Controllo stato di conservazione dei collegamenti
ai montanti
Controllo stato di conservazione e di efficienza
dei sistemi di collegamento ai montanti
www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo stato delle deformazioni Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo dimensioni minime della tavola
­ larghezza 20 cm, spessore 5 cm
­ larghezza 30 cm, spessore 4 cm
Controllo stato di conservazione, assenza
di crepe e altri danni che possono causare
il cedimento della tavola
Visivo con misura Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Verifiche effettuate da .......................................................................... nella sua qualità ..........................................................................
Ponteggio metallico a tubi e giunti
Firma
................................................................................
SCHEDA 3
Marca...................................................................................................Tipo ...................................................................................................
Verifiche degli elementi effettuate in data.................................................................................................Prima del montaggio
Elementi Tipo di verifica
Generale Controllo esistenza del libretto di cui all’autorizzazione
ministeriale, rilasciata dal
Ministero del Lavoro e Previdenza sociale
Tutti gli elementi:
tubi, giunti, impalcati
pref.ti, basette,
fermapiede,
trave per passo
carraio
Controllo che gli elementi in tubi e giunti,
eventualmente utilizzati, siano di tipo autorizzato
appartenenti ad un unico fabbricante
Modalità
di verifica
Misura adottata
Visivo Se non esiste il libretto, il ponteggio non
può essere utilizzato. Occorre richiedere
il libretto, che deve contenere tutti gli
elementi del ponteggio, al fabbricante.
Visivo Se il controllo è negativo, è necessario
utilizzare elementi autorizzati della stessa
marca e tipo.
Controllo marchio come da libretto Visivo Se il marchio non è rilevabile, o è difforme
rispetto a quello indicato sul libretto,
occorre scartare l’elemento.
Controllo stato di conservazione della protezione
contro la corrosione
Visivo Se il controllo è negativo, procedere al
controllo degli spessori.
Se il controllo degli spessori è negativo
(tenuto conto delle tolleranze previste
dal fabbricante) scartare l’elemento.
Se il controllo degli spessori è positivo,
procedere al ripristino della protezione
in conformità a quanto previsto dal fabbricante.
Giunti Controllo dei bulloni completi di dadi Visivo: stato di con­ Se il controllo visivo è negativo sostituire
servazione della filet­ il bullone e/o il dado forniti dal fabbritatura.cante
del giunto.
Funzionale: regolare Se è negativo il solo controllo funzionale,
avvitamento del da­ ripristinare la funzionalità (pulizia e indo.grassaggio),
se non possibile scartare
l’elemento.
Controllo linearità martelletti Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
14 novembre 2006 ­ N. 21

14 novembre 2006 ­ N. 21
Controllo perno di rotazione giunto girevole
INSERTO
Visivo: parallelismo
dei due nuclei.
Funzionale: corretta
rotazione.
Tubi Controllo verticalità dei tubi Visivo
(es. utilizzo del filo
a piombo)
Impalcati
pref.ti
(non strutturali)
Basette fisse
e regolabili
Controllo dell’orizzontalità dei piani di
calpestio
Controllo di assenza di deformazioni negli
appoggi al traverso
Controllo efficenza dei sistemi di collegamento
tra: piani di calpestio, testata con
ganci di collegamento al traverso ed irrigidimenti
(saldatura, rivettatura, bullonatura
e cianfrinatura)
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SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Se la verticalità dei tubi non è soddisfatta
occorre scartare l’elemento (o la parte
danneggiata).
Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo:
­ integrità del sistema
di collegamento
per rivettatura, bullonatura
e cianfrinatura;
­ assenza, nel sistema
di collegamento, di
cricche, distacchi ed
ossidazioni penetranti
per saldatura.
Se il controllo è negativo, scartare l’elemento,
o procedere a cura del fabbricante
del ponteggio al ripristino dell’efficienza
dei sistemi di collegamento.
Controllo orizzontalità piatto di base Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Basette regolabili Controllo verticalità dello stelo Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo stato di conservazione della fi­ Visivo: stato di conlettatura
dello stelo e della ghiera filettata servazione della filettatura.
Funzionale: regolare
avvitamento della
ghiera.
Se il controllo funzionale e visivo è negativo
occorre scartare l’elemento.
Se è negativo solo il controllo funzionale,
ripristinare la funzionalità (pulizia ed ingrassaggio)
se possibile, altrimenti scartare
l’elemento.
Fermapiede Controllo assenza deformazioni Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Trave
per passo carraio
Tavole
da ponte in legno
Controllo stato di conservazione dei collegamenti
ai montanti
Controllo stato di conservazione e di efficienza
dei sistemi di collegamento ai montanti
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo e Funzionale Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo stato delle deformazioni Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Controllo dimensioni minime della tavola
­ larghezza 20 cm, spessore 5 cm
­ larghezza 30 cm, spessore 4 cm
Controllo stato di conservazione, assenza
di crepe e altri danni che possono causare
il cedimento della tavola
Visivo con misura Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Visivo Se il controllo è negativo occorre scartare
l’elemento.
Verifiche effettuate da .......................................................................... nella sua qualità ..........................................................................
Firma
.............................................................................
XXI

XXII
SICUREZZA IN CANTIERE
Documento
INSERTO
Ponteggio metallico a: Telai prefabbricati
Montanti e traversi prefabbricati
Tubi e giunti
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SCHEDA 4
Marca .................................................................................................. Tipo ..................................................................................................
Verifiche degli elementi effettuate in data.................................................................................................Prima del montaggio
Tipo di verifica
Modalità
di verifica
Misura adottata
Controllare che PiMUS Visivo Se il controllo è negativo produrre copia
il PIMUS sia pre­
dell’originale da tenere in cantiere.
sente in cantie­ libretto/i di montaggio con autorizzazione ministeriare
c o n t u t t i i le
suoi allegati
disegno/i esecutivo/i del ponteggio, planimetria e pro­
Visivo
Visivo
Se il controllo è negativo produrre copia
dell’originale da tenere in cantiere.
Se il controllo è negativo produrre copia
spetti
dell’originale da tenere in cantiere.
progetto/i del ponteggio con calcolo di stabilità e dise­ Visivo Se il controllo è negativo produrre copia
gno esecutivo firmati da ingegnere o architetto
altro ...................................................................................
dell’originale da tenere in cantiere.
Controllare che il ponteggio è montato secondo quanto previsto dal/i Visivo Se il controllo è negativo modificare il
il ponteggio sia disegno/i esecutivo/i e dal libretto/i di montaggio
ponteggio oppure modificare il/i dise­
rispondente ai
gno/i esecutivo/i.
disegni esecuti­ il ponteggio è montato secondo quanto previsto dal/i
vi e/o progetto progetto/i firmato da ingegnere o architetto
Visivo Se il controllo è negativo modificare il
ponteggio oppure modificare il/i progetto/i.
Controllare il verifica della linearità delle aste delle diagonali di fac­ Visivo Se il controllo è negativo sostituire gli
mantenimento ciata e delle diagonali in pianta
elementi danneggiati.
dell’efficienza verifica dello stato di conservazione dei collegamenti
delle contro­ ai montanti delle diagonali di facciata e delle diagonav
e n t a t u re d i li in pianta
pianta e di facciata
verifica dello stato di conservazione degli elementi di
impalcato aventi la funzione di controventatura in
pianta
Visivo
Visivo
Se il controllo è negativo sostituire gli
elementi danneggiati.
Se il controllo è negativo sostituire gli
elementi danneggiati.
Controlli verifica mantenimento distacco non superiore a 20 cm Visivo Se il controllo è negativo ridurre il di­
strutturali tra il bordo interno dell’impalcato del ponteggio e
stacco con l’installazione di apposite ta­
l’opera servita (solo per interventi sulla facciata)
vole oppure installare un parapetto normale
anche su quel lato del ponteggio.
verifica del mantenimento dell’efficienza del parasas­ Visivo Se il controllo è negativo ripristinare
si, capace di intercettare la caduta del materiale dall’alto
l’efficienza del parasassi.
verifica del mantenimento dell’efficienza del serrag­ Visivo Se il controllo è negativo provvedere al
gio dei collegamenti fra gli elementi del ponteggio,
serraggio dei collegamenti fra gli ele­
secondo le modalità previste dal fabbricante del ponteggio,
riportate nel libretto di cui all’autorizzazione
ministeriale
menti del ponteggio.
verifica del mantenimento dell’efficienza del serrag­ Visivo Se il controllo è negativo provvedere al
gio dei giunti, secondo le modalità previste dal fabbricante
del ponteggio, riportate nel libretto di cui all’autorizzazione
ministeriale
serraggio dei giunti del ponteggio.
verifica del mantenimento dell’efficienza degli anco­ Visivo Se il controllo è negativo ripristinare gli
raggi, secondo le modalità previste dal fabbricante del
ponteggio, riportate nel libretto di cui all’autorizzazione
ministeriale
ancoraggi.
verifica del mantenimento in opera dei dispositivi di Visivo Se il controllo è negativo ripristinare i di­
blocco degli elementi di impalcato
spositivi di blocco.
verifica del mantenimento in opera dei dispositivi di Visivo Se il controllo è negativo ripristinare i di­
blocco o dei sistemi antisfilamento dei fermapiedi
spositivi di blocco.
Verifiche effettuate da .......................................................................... nella sua qualità ..........................................................................
Firma
...........................................................................
14 novembre 2006 ­ N. 21

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