LION CLUB PA VESPRI giornalino web - Lions Palermo dei Vespri
LION CLUB PA VESPRI giornalino web - Lions Palermo dei Vespri LION CLUB PA VESPRI giornalino web - Lions Palermo dei Vespri
magazine NUMERO VENTI esprino Il diario online del Lions Club Palermo dei Vespri Lions Club International Palermo dei Vespri - Distretto 108 Y/b - Circoscrizione I - Zona 1
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magazine<br />
NUMERO VENTI<br />
esprino<br />
Il diario online del <strong>Lions</strong> Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong><br />
<strong>Lions</strong> Club International <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> - Distretto 108 Y/b - Circoscrizione I - Zona 1
<strong>Vespri</strong>no Magazine<br />
Editoriale di Luglio/Agosto<br />
Cari amici, Care Amiche, mi pare<br />
che questa estate sia stata all’insegna<br />
della lettura e della cultura in<br />
generale, musica, danza, canto.<br />
Non soltanto su <strong>Vespri</strong>no, ma sulle<br />
pagine <strong>dei</strong> quotidiani che hanno<br />
pubblicato articoli molto impegnativi<br />
e hanno offerto una volta alla<br />
settimana piccoli libri molto inte-<br />
Gabriella Maggio ressanti per pochi soldi; da mettere<br />
senza sforzo nella borsa anche piccola<br />
o già piena di oggetti. E’ un’inversione di tendenza ?<br />
E’ la crisi mondiale della finanza che si trascina dietro la delusione<br />
per uno stile di vita che sembrava definitivo e che<br />
improvvisamente mostra tutta la sua fragilità ed inconsistenza<br />
? Si cercano risposte, esempi di esistenze perennemente<br />
in crisi, quelle che la letteratura di tutti i tempi ci ha<br />
proposto. Il “ vissero felici e contenti” non ha mai interessato<br />
gli scrittori né i poeti. Dobbiamo, allora, aspettarci<br />
una fioritura di scrittori ? Non credo. Si pubblica facilmente<br />
solo sul <strong>web</strong>….ed ancora oggi come diceva Marziale nel I<br />
sec. d. C. “Litterae non dant panem”, ma soltanto una<br />
spinta per andare faticosamente avanti.<br />
Tommaso Aiello<br />
Attilio Carioti<br />
Natale Caronia<br />
Daniela Crispo<br />
Giuseppina Cuccio<br />
Carmelo Fucarino<br />
Visita > Leggi<br />
Commenta > Collabora > Scrivi<br />
<strong>Vespri</strong>noMagazine<br />
incontriamoci in rete<br />
lionspalermo<strong>dei</strong>vespri.wordpress.com<br />
Hanno Partecipato a questo numero:<br />
Gabriella Maggio<br />
Marinella<br />
Valentina Mirabella<br />
Raffaello Piraino<br />
Gianfranco Romagnoli<br />
Daniela Scimeca<br />
Comitato di redazione:<br />
Gabriella Maggio (Direttore)<br />
Mimmo Caruso • Renata De Simone<br />
Carmelo Fucarino • Francesco Paolo Scalia<br />
2<br />
SOMMARIO<br />
1. Editoriale<br />
2. Passaggio della campana ai Club <strong>Lions</strong> <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> e<br />
<strong>Palermo</strong> Conca d’Oro di Gabriella Maggio<br />
3. Passaggio della campana<br />
al Leo Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> di Aurora Picone<br />
4. Grande festa al Sea Club di Terrasini di Attilio Carioti<br />
5. San Matteo al Cassaro, si comincia di Attilio Carioti<br />
6. Sotto secoli di polvere<br />
sulle orme <strong>dei</strong> BB.Paoli di Carmelo Fucarino<br />
7. A proposito di donne di Renata De Simone<br />
8. Europa. Quale? di Natale Caronia<br />
9. Ricordo di un incontro con Alvaro Siza di Attilio Carioti<br />
10. Ernest Hemingway<br />
11. Il salotto di Gabriella<br />
di Gabriella Maggio<br />
dedicato a Rosa Balistreri di Carmelo Fucarino<br />
12. Ad occidente del sole di Lavinia Scolari<br />
13. La fiaba di Turandot di Carmelo Fucarino<br />
14. La rivincita della lingua di Gabriella Maggio<br />
15. La forza della poesia di Gabriella Maggio<br />
16. “La città tutta per lui” da I. Calvino a c. di Gabriella Maggio<br />
17. Con l’occhio <strong>dei</strong> bambini di Gabriella Maggio<br />
18. La scrittura come ancora di salvezza di Patrizia Lipani<br />
19. Incontri d’estate di Patrizia Lipani<br />
20. Mozart al Chiostro di S.Anna<br />
21. Le ricette letterarie di Marinella<br />
di Lavinia Scolari<br />
22. Viaggiatori stranieri in Sicilia di Daniela Crispo<br />
23. La vecchia dell’aceto di Gabriella Notarbartolo<br />
24. I “T Q”<br />
25. Il 22 luglio 2011 di Gabriella Maggio<br />
26. Glossario della biancheria intima<br />
di Lietta Pasta<br />
La camicia di Raffaello Piraino<br />
27. Berlino, 13 agosto 1961<br />
28. Nel centocinquantesimo anniversario<br />
di Gabriella Maggio<br />
dell’Unità d’Italia di Giuseppina Cuccio<br />
29. Giornata internazionale della commemorazione<br />
del commercio degli schiavi<br />
30. Nel centocinquantesimo anniversario<br />
di Giuseppina Cuccio<br />
dell’Unità d’Italia di Gabriella Maggio<br />
31. Ogni scuola che si chiude di Carmelo Fucarino<br />
32. Le Madonie orgoglio siciliano<br />
33. Pilipitò, racconti da bagno<br />
di Pino Morcesi<br />
per siciliani e non di Lavinia Scolari<br />
34. Viva Santa Rosalia di Renata De Simone<br />
35. Re Artù nell’Etna di Gianfranco Romagnoli<br />
36. Pomeriggio letterario a Prizzi di Attilio Carioti<br />
37. Se la scuola…<br />
38. Nel centocinquantesimo anniversario<br />
di Patrizia Lipani<br />
dell’Unità d’Italia di Irina Tuzzolino<br />
39. Oh Venezia dell’anima di Carmelo Fucarino<br />
40. Un’altra Spagna di Renata De Simone<br />
41. Uno scenario inquieto verso la chiarezza di Fabio Russo
<strong>Lions</strong> Club<br />
Passaggio della campana ai Club <strong>Lions</strong><br />
<strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> e <strong>Palermo</strong> Conca d’Oro<br />
Sabato 25 giugno 2011 sulla terrazza del Florio<br />
Park Hotel di Cinisi è avvenuto il tradizionale<br />
passaggio della campana tra l’avv. Giuseppe<br />
Maccarone ed il dott. Gianni Ammirata del Club <strong>Palermo</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>.<br />
Giuseppe Maccarone dopo avere enumerato le attività<br />
del club nell’ambito della solidarietà, del rapporto col<br />
territorio e le istituzioni e con gli altri club lions, ritiene<br />
positivo il bilancio dell’anno per i risultati conseguiti e<br />
per l’impegno <strong>dei</strong> soci coinvolti nelle varie iniziative.<br />
Tuttavia, dice Giuseppe Maccarone, non ci si deve mai<br />
accontentare <strong>dei</strong> traguardi raggiunti, ma cercare sempre<br />
di migliorarli secondo lo spirito lionistico.<br />
Il neopresidente Gianni Ammirata ha proposto come<br />
primo obiettivo dell’anno sociale 2011-12 la celebrazione,<br />
il 22 ottobre p.v. , della XV Charter night a Palazzo<br />
Mazzarino, per la cortese ospitalità del Marchese<br />
Annibale Berlingieri, socio onorario del Club. Con una<br />
metafora marinara, avvicinando il Club alla nave, ha<br />
evidenziato che la navigazione è tranquilla quando il<br />
comandante conosce e utilizza tutte le caratteristiche<br />
e le risorse della nave. Allo stesso modo Gianni Ammirata<br />
si propone di guidare il Club <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, valorizzandone<br />
le qualità, favorendo l’attuazione delle sue<br />
potenzialità in linea di continuità con la tradizione.<br />
Nella stessa serata il Club <strong>Lions</strong> <strong>Palermo</strong> Conca d’Oro,<br />
di cui il Club <strong>Vespri</strong> è padrino, ha confermato presidente<br />
dott. Lorenzo Ruisi.<br />
Il Presidente, pienamente soddisfatto degli esiti raggiunti<br />
nell’anno sociale appena concluso, ha espresso<br />
l’intenzione di continuare la collaborazione con<br />
l’E.I.S.A. (acronimo di Educazione per l’Integrazione<br />
Sociale degli Autistici) e di realizzare il service Emergenza<br />
Giovani per fornire ai giovani notizie chiare e<br />
dettagliate sulle opportunità di lavoro.<br />
Alla cerimonia erano presenti il prof. Gianfranco<br />
Amenta, Secondo Vice Governatore eletto, il Presidente<br />
della Prima Circoscrizione Sig.ra Zina Corso D’Arca,<br />
socia del club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, il Presidente della zona<br />
1 dott. Claudio Cassarà , che hanno espresso il vivo compiacimento<br />
per l’attività svolta dai club.<br />
Hanno partecipato anche i Past Governatori, avv. Michele<br />
Capra Pantò, socio onorario del club <strong>Palermo</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, il prof. Amedeo Tullio, il prof. Franco Amodeo.<br />
di Gabriella Maggio<br />
3<br />
Lo staff del nuovo Presidente Gianni Ammirata<br />
Lo staff del Presidente Lorenzo Ruisi
<strong>Lions</strong> Club<br />
Passaggio di campana<br />
al Leo Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong><br />
Giovedì 7 Luglio<br />
ha avuto luogo<br />
presso il Grand<br />
Hotel Federico<br />
II l’emozionante passaggio<br />
di campana del Leo Club<br />
<strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>. E’ stato bello celebrare<br />
insieme ai nostri<br />
amici, leo e lions, e al nostro<br />
Club <strong>Lions</strong> padrino, <strong>Palermo</strong><br />
<strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, il passaggio<br />
della campana, simbolo<br />
non soltanto della conclusione<br />
di un anno sociale e<br />
dell'apertura di quello<br />
nuovo, ma soprattutto testimonianza<br />
di uno sguardo<br />
costantemente rivolto al futuro,<br />
facendo tesoro delle<br />
esperienze passate. Durante<br />
la cerimonia è stato dato il<br />
benvenuto come socio onorario<br />
a Zina Corso D'Arca,<br />
che tutti noi abbiamo avuto<br />
il piacere di avere quale leo<br />
advisor, apprezzandone la<br />
tenacia e la grinta; con lei<br />
raggiungeremo nuovi ed entusiasmanti<br />
traguardi.<br />
È stato consegnato al Prof. Cimador<br />
il documento d’ acquisto<br />
della sonda laparoscopica<br />
destinata al Reparto di Chirurgia<br />
Pediatrica del Policlinico<br />
di <strong>Palermo</strong>. Incoraggianti<br />
e lusinghieri per il nostro operato<br />
sono stati gli interventi del<br />
prof. Gianfranco Amenta, secondo vicegovernatore eletto, del<br />
Presidente del Club padrino, dott. Giovanni Ammirata, dell’ advisor<br />
uscente , Sig. ra Zina Corso D’Arca, e del subentrante, dott.<br />
Salvatore Pensabene, del Presidente del Multidistretto Leo, Davide<br />
Brillo. Tutti hanno saputo, con i loro discorsi, spronarci a fare<br />
sempre del nostro meglio, e sentirci orgogliosi di essere leo. I nostri<br />
<strong>Lions</strong> credono molto in noi e noi ricambiamo riponendo<br />
grande fiducia in loro, ecco perchè daremo il via, con l'inizio del<br />
nuovo anno sociale, ad attività dove entrambi saremo protago-<br />
di Aurora Picone<br />
4<br />
Lo staff dell’anno sociale 2011-12<br />
Tra gli Ospiti era presente il Maestro Madè (a destra nella foto) che ha dipinto l’immagine <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> siciliani per il guidoncino <strong>dei</strong> leo<br />
nisti, dando linfa vitale a quello che è il vero spirito lionistico: uniti<br />
per servire. Lo scambio <strong>dei</strong> distintivi tra Claudio Ammirata e Virginia<br />
Geraci, ha sottolineato la continuità, ma anche l’impegno<br />
della Presidente a mettersi al servizio del club e della comunità<br />
palermitana. Le loro parole hanno saputo commuovere gli altri<br />
leo ed i nostri ospiti. Ci aspetta un anno di duro lavoro, afferma<br />
Virginia, ma all'insegna della reciproca collaborazione! È questo<br />
l'importante, progredire giorno dopo giorno nel servizio verso il<br />
prossimo e regalando momenti di gioia a chi vorrà prendere parte<br />
alle nostre attività.
Suggestiva apertura dell’anno sociale del <strong>Lions</strong> Club<br />
<strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong> al Sea club di Terrasini, proprio<br />
al calar del sole. Il Presidente Gianni Ammirata<br />
ha dato inizio al suo anno sociale con un tocco<br />
di classe, riunendo i soci del club domenica 10 luglio in<br />
una grande festa in riva al mare.<br />
A conclusione della serata grande ballo fino a tarda notte,<br />
animato anche dalla presenza degli amici <strong>dei</strong> soci intervenuti<br />
dopo le 22.30.<br />
5<br />
<strong>Lions</strong> Club<br />
Grande festa al Sea Club di Terrasini<br />
L’aperitivo<br />
Foto di G. Ammirata<br />
La cena<br />
Foto di Attilio Carioti<br />
di Attilio Carioti<br />
Foto di Attilio Carioti<br />
Foto di Gianni Ammirata<br />
Foto di G. Ammirata<br />
Foto di Attilio Carioti Foto di Attilio Carioti<br />
Foto di Gianni Ammirata
Arte<br />
San Matteo al Cassaro, si comincia<br />
di Attilio Carioti<br />
Nella foto da sinistra: arch. Fr. Mannuccia, arch. G. Renda, mons. Renna, dott. G. Ammirata, ing. A. Carioti, arch. S. Cafarelli, Sig. Zina Corso D’Arca,<br />
arch. G.Gelardi, prof. Alberto Felici<br />
Venerdì 29 luglio 2011 nella Sagrestia<br />
della Chiesa di San Matteo al Cassaro il<br />
<strong>Lions</strong> Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>, presieduto<br />
da Gianni Ammirata, al centro<br />
della foto, ha dato inizio ai lavori di<br />
restauro degli arredi lignei . Il<br />
primo passo, quello della catalogazione<br />
e della ripulitura, è stato<br />
fatto da diciotto ragazzi dell’Istituto<br />
d’Arte Alfonso Frangipane di Reggio<br />
Calabria in stage nella Chiesa<br />
grazie ad un progetto PON.<br />
I lavori proseguiranno con il cantiere<br />
della conoscenza per individuare,<br />
con la consulenza del prof.<br />
Giovanni Liotta insigne entomologo,<br />
le specie di insetti xilofagi che<br />
infestano le suppellettili lignee al<br />
fine di debellarli con appropriati in-<br />
6<br />
terventi. L’interesse del <strong>Lions</strong> Club per la Chiesa di<br />
S.Matteo comincia nel 2008, anno di presidenza di<br />
Pietro Manzella, che “adotta la Chiesa” su proposta<br />
dell’arch. Giuseppe Gelardi socio del club, pro-<br />
I ragazzi dell’Istituto d’Arte Alfonso Frangipane di Reggio Calabria in stage a S. Matteo<br />
con i Proff. Antonio Barbera docente di Restauro Pittorico e Salvatore Palmeri docente di Restauro Ligneo
segue nel 2009 nella presidenza di chi scrive<br />
quando viene sottoscritto un protocollo d’intesa<br />
con il Rettore Mons. Renna, col quale il Club si impegna<br />
a sollecitare l’attenzione della pubblica opinione<br />
e delle Istituzioni ad intervenire in maniera<br />
concreta in un luogo importante e rappresentativo<br />
dell’arte palermitana, purtroppo in stato di degrado<br />
, e nello stesso tempo a promuovere iniziative di<br />
raccolta fondi da impiegare in operazioni di restauro.<br />
Il Rettore dal canto suo si impegna a rendere<br />
disponibile la Chiesa per attività lionistiche mirate,<br />
come recentemente in occasione del concerto pianistico<br />
del maestro Calogero Di Liberto, durante la<br />
presidenza di Giuseppe Maccarone. Erano presenti<br />
all’incontro anche l’arch. Silvana Cafarelli in rappresentanza<br />
della Sovrintendenza ai BB.CC. di <strong>Palermo</strong>,<br />
l’arch. Gaetano Renda Direttore dell’Ufficio<br />
BB.CC. della Curia di <strong>Palermo</strong>, mons. Renna Rettore<br />
di S. Matteo, il prof. G. Liotta, l’arch. Francesco<br />
Mannuccia in rappresentanza dell’azienda<br />
7<br />
Arte<br />
San Matteo al Cassaro, si comincia<br />
Rilevamento diagnostico Intervento di pulitura superficiale<br />
L’Isola laboratorio di restauro srl, sponsor dell’iniziativa,<br />
il prof. Alberto Felici docente dell’Opificio<br />
delle Pietre Dure di Firenze in rappresentanza della<br />
rivista Kermes, edita da Nardini Press sponsor dell’iniziativa<br />
e partner per i progetti futuri. L’incontro<br />
di queste personalità nella sagrestia di S. Matteo rappresenta<br />
un atto concreto della volontà di attuare un<br />
coordinamento di tutte le istituzioni interessate per<br />
una proficua realizzazione del progetto di restauro.<br />
Il prof. G. Liotta spiega le procedure da adottare<br />
nella disinfestazione degli arredi lignei
Arte<br />
Sotto secoli di polvere sulle orme <strong>dei</strong> Beati Paoli<br />
Il <strong>Lions</strong> Club <strong>Palermo</strong> <strong>dei</strong> <strong>Vespri</strong>,<br />
sotto l’impulso del Presidente Giovanni<br />
Ammirata e in concorso con<br />
l’impegno di patronato per il restauro<br />
del “Cristo liberatore” di Vito D’Anna<br />
nella Chiesa di S. Matteo al Cassaro, in<br />
continuità con quanto già avviato dal past<br />
presidente Attilio Carioti , che ha firmato<br />
il protocollo d’intesa con mons. Renna,<br />
rettore di S. Matteo, continuato da Salvatore<br />
Pensabene con una serie di concerti<br />
in sinergia con altri club service e l’Associazione<br />
VOLO e proseguito dal past Giuseppe<br />
Maccarone, ha eseguito una<br />
poderosa opera di intervento all’interno<br />
della Sacrestia di questa Chiesa. L’esecuzione<br />
è stata affidata all’Istituto Statale<br />
d’Arte “Alfonso Frangipane” di Reggio<br />
Calabria che da oltre un ventennio, inizialmente<br />
con la maxisperimentazione<br />
“Operatore nel Restauro e nella Conservazione<br />
dell’Arredo Ligneo e <strong>dei</strong> Dipinti”<br />
e con le successive sperimentazioni del<br />
progetto “Michelangelo II” “Arte e Restauro<br />
delle Opere Lignee” ed “Arte e Restauro<br />
delle Opere Pittoriche”, ha<br />
eseguito, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza<br />
<strong>dei</strong> Beni Culturali della Calabria,<br />
numerosi interventi conservativi.<br />
All’interno del progetto P.O.N (Obiettivo<br />
C azione C5, Stage in Italia. anno scolastico<br />
2010/2011), tra le altre attività programmate<br />
diciotto alunni selezionati<br />
dalle Terze alle Quinte classi dell’Istituto<br />
(indirizzi “Arte e restauro delle opere lignee” ed<br />
“Arte e restauro delle opere pittoriche”, ad esaurimento,<br />
secondo la geniale intuizione della Gelmini),<br />
hanno partecipato ad uno Stage Aziendale, realizzato<br />
in convenzione con la società “L’Isola Laboratori<br />
di Restauro” e svoltosi all’interno della Sacrestia<br />
dal 18 al 29 luglio, per un complesso di 1728 ore - lavoro.<br />
Purtroppo è un danno incalcolabile la cancellazione<br />
di tali indirizzi, che avrebbero richiesto<br />
di Carmelo Fucarino<br />
8<br />
invece un’espansione, se si considera l’immenso patrimonio<br />
artistico italiano, mai toccato da interventi<br />
e che va cadendo letteralmente a pezzi. Proprio oggi<br />
la stampa dà notizia dell’ulteriore perdita di pezzi<br />
del ponte di Rialto.<br />
L’attività è stata di grande rilievo per il recupero di un<br />
ambiente così prezioso e ricco di opere architettoniche<br />
e pittoriche e per gli originali manufatti. Essa si è<br />
svolta secondo protocolli di ricerca e di intervento e in
funzione delle diverse tipologie di opere, sotto la guida<br />
<strong>dei</strong> docenti Antonio Barbera e Salvatore Palmeri. Propedeutica<br />
e necessaria è stata la completa ricognizione<br />
dello stato conservativo degli arredi lignei, del Crocifisso<br />
ligneo, del Tabernacolo ligneo e delle decorazioni<br />
murali eseguite su tela, risalenti alla seconda metà del<br />
XVIII secolo, gli affreschi <strong>dei</strong> muri e quelli della volta<br />
attribuita a Filippo Randazzo (1742).<br />
Data l’ampiezza del locale e degli spazi pittorici, la<br />
quantità <strong>dei</strong> manufatti e il loro stato assai precario di<br />
conservazione, che da una superficiale indagine non<br />
presenta pulizie da almeno un secolo, in considerazione<br />
<strong>dei</strong> ristretti tempi cronologici del cantiere, in<br />
questa fase, gli insegnanti hanno ritenuto necessario<br />
ed urgente un intervento di carattere conservativo e<br />
perciò hanno mirato prevalentemente all’obiettivo<br />
della manutenzione ordinaria. Dopo una preliminare<br />
inventariazione di tutti gli elementi costitutivi dell’ambiente<br />
si è eseguita un’accurata macro e micro<br />
aspirazione <strong>dei</strong> depositi superficiali poco coerenti.<br />
Per quanto riguarda i manufatti in legno, fra gli altri<br />
Arte<br />
Sotto secoli di polvere sulle orme <strong>dei</strong> Beati Paoli<br />
9<br />
gli ampi armadi in noce intagliato dallo scultore Pietro<br />
Marino nel 1738 con statuette di santi e busti di<br />
papi e vescovi, attraverso l’impiego di una specifica<br />
strumentazione scientifica, il DAS, dispositivo per il<br />
monitoraggio degli infestanti del legno, in dotazione<br />
all’Istituto Statale d’Arte, è stato possibile individuare<br />
alcuni focolai di insetti xilofagi, le centinaia di specie<br />
di volgari tarme. È stata di conseguenza predisposto<br />
un immediato trattamento antitarlo.<br />
Tutte le fasi dell’attività sono state corredate e completate<br />
da un’ampia documentazione, che nella parte<br />
grafica è stata eseguita attraverso il rilievo delle opere<br />
e la mappatura dello stato conservativo. Sussidio indispensabile<br />
è stata la ripresa fotografica, eseguita in<br />
macro foto, sia a luce radente sia a luce ultravioletta,<br />
attraverso le quali si sono resi evidenti diversi e gravi<br />
fattori di degrado presenti nell’habitat.<br />
In questa fase di ricognizione di estremo interesse è<br />
stato il rilevamento di un’antecedente pavimentazione<br />
in ceramica, che meriterebbe ulteriori accertamenti.<br />
È sicuro che un’analisi più approfondita<br />
delle strutture architettoniche e del prezioso materiale<br />
pittorico potrebbe riservare altre sorprese in<br />
una chiesa dell’antichissima e prestigiosa via del<br />
Cassaro, secolare centro abitativo e propulsore della<br />
frenetica vita nobiliare palermitana.<br />
Una curiosità per incentivare la visita del sontuoso<br />
monumento. In questa sacrestia, sollevando il piano<br />
di un sedile in legno, si apre una botola che conduceva,<br />
secondo Natoli, alla sala di riunione <strong>dei</strong> misteriosi<br />
e terribili Beati Paoli.
Società<br />
A partire da noi stessi<br />
Sul numero del mese di giugno 2011 di <strong>LION</strong>,<br />
Il mensile <strong>dei</strong> <strong>Lions</strong> italiani, è stato pubblicato<br />
l’articolo di Pietro Manzella Perché continuare<br />
ad essere <strong>Lions</strong> oggi? già pubblicato<br />
su <strong>Vespri</strong>no il 29 gennaio<br />
2011e leggibile, oltre che sul bolg,<br />
nel n.14 di <strong>Vespri</strong>no Magazine. In<br />
questi giorni di riposo, che precedono<br />
la ripresa delle attività,<br />
anche di quelle lionistiche, si fanno<br />
programmi e progetti, e ci si interroga<br />
sui propri obiettivi e sugli<br />
scopi della propria attività. Per i<br />
<strong>Lions</strong> naturalmente ci si interroga<br />
e si fa un bilancio dell’essere lions.<br />
Allora mi sembra utile riproporre<br />
ai Lettori la riflessione dell’amico<br />
Pietro che dopo un’attenta disamina<br />
della condizione di lions<br />
di Attilio Carioti<br />
10<br />
oggi, spesso non immune da crisi, invita a trovare<br />
“la scala per la risalita”, che “alberga sempre<br />
dentro ciascuno di noi”, e che consiste nell’<br />
”operare” concretamente con<br />
umiltà ed amicizia nel proprio<br />
club. Un valido strumento ed una<br />
guida al proprio operato si trovano<br />
naturalmente nei Principi<br />
del lionismo, nel Codice dell’etica<br />
lionistica e nella nostra Costituzione,<br />
di questi testi bisogna “riprendere<br />
una rilettura attenta”.<br />
A questo punto sarebbe auspicabile<br />
un confronto d’idee, una discussione<br />
sui problemi ancora non<br />
risolti, su queste pagine di <strong>Vespri</strong>no.<br />
Perciò rivolgo un caloroso<br />
invito ai Soci <strong>Lions</strong> ed agli Amici<br />
Lettori ad inviare le loro opinioni.<br />
Aleksandr Isaevič Solženicyn<br />
Il 3 agosto 2008 Aleksandr Isaevič Solženicyn moriva<br />
nella sua casa di Mosca. Non so quanti oggi in Italia<br />
si ricordano di questo scrittore coraggioso che ha fatto<br />
conoscere al mondo i gulag sovietici, cioè i campi di lavoro<br />
forzato dove venivano deportati i dissidenti e dove<br />
è stato rinchiuso per oltre dieci anni. Il suo primo romanzo<br />
- Una giornata di Ivan Denisovič-, pubblicato<br />
nel 1962 nel periodo di Kruscěv, narra la giornata tipo<br />
del deportato politico Ivan Denisovič, offrendo un’immagine<br />
cruda <strong>dei</strong> campi di lavoro forzato in Siberia. Il<br />
campo è un assurdo meccanismo che scatta per cause<br />
anche di scarsa importanza, come è accaduto allo scrittore<br />
che per un’allusione a Stalin nella lettera ad un<br />
amico fu arrestato e condannato a otto anni di carcere,<br />
prolungati poi di altri tre anni. Il campo sconvolge la<br />
vita dell’uomo ed ha come fine lo sfruttamento implacabile<br />
del lavoro <strong>dei</strong> prigionieri fino al loro sfinimento<br />
fisico e mentale. Unica salvezza è trovare in se stessi la<br />
forza e la risolutezza di fermarsi prima di perdersi nell’abisso<br />
dell’oblio di sé. Uscito dal gulag Solženicyn comincia<br />
a raccontare queste sue esperienze in tutte le<br />
sue opere a cominciare da Una giornata di Ivan Deni-<br />
di Gabriella Maggio<br />
sovič. Dal 1964, fine del governo<br />
di Kruscěv, non riesce a pubblicare<br />
nient’altro in Russia e neppure<br />
gli viene concesso nel 1970<br />
di ritirare il premio Nobel per la<br />
letteratura : "Per la forza etica con<br />
la quale ha seguito le tradizioni<br />
indispensabili della letteratura<br />
russa". Progressivamente si allontana<br />
dal marxismo e si avvicina<br />
alla religione. Nel 1974 viene espulso dall’U.RS.S. e si<br />
trasferisce negli U.S.A. dove diventa un’icona del dissenso,<br />
ma vi si sente un estraneo. Finalmente dopo vent’anni<br />
può ritornare in Russia in seguito al crollo del<br />
regime sovietico. Solženicyn è quello che si può definire<br />
uno scrittore impegnato come si diceva negli anni<br />
cinquanta e sessanta nella denuncia degli abusi, della<br />
mancanza di libertà <strong>dei</strong> governi. Già negli anni settanta<br />
però questo ruolo intellettuale comincia a tramontare<br />
nella cultura italiana ed è forse questo che ha determinato<br />
il limitato successo dello scrittore russo, dopo gli<br />
entusiasmi iniziali.
Una recente notizia di cronaca relativa<br />
alla composizione della giunta comunale<br />
di Roma mi costringe a mettere giù<br />
qualche osservazione necessaria a chiarire<br />
innanzitutto a me stessa un dubbio che da qualche<br />
giorno mi tormenta: ma chi ha ideato, ha<br />
sostenuto e continua a dar credito a ciò che si definisce<br />
con l’orrenda perifrasi linguistica di “quote<br />
rosa”, identificando con questa espressione un intervento<br />
che tuteli l’uguaglianza <strong>dei</strong> diritti del cittadino<br />
riguardo alla differenza di genere? Come se tale<br />
uguaglianza non fosse già autorevolmente sancita,<br />
insieme ad altre di cui<br />
spesso ci si dimentica, dai<br />
Principi fondamentali<br />
della nostra Costituzione.<br />
Tralasciando la cattiva, inveterata<br />
abitudine di associare<br />
alle donne un colore,<br />
il rosa, non sempre a loro<br />
gradito e da qualche<br />
tempo, nella nostra città,<br />
prediletto, forse per motivi<br />
di appartenenza calcistica,<br />
anche da molti rappresentanti<br />
del sesso maschile, mi<br />
fa specie vedere assimilare<br />
le donne a una sorta di categoria<br />
a parte, depositaria<br />
di particolare<br />
attenzione da parte della<br />
Nazione, quasi a risarcimento<br />
di una ingiustizia<br />
sociale perpetrata da secoli. Una categoria protetta,<br />
destinataria di una quota, assegnata per legge, di precedenza<br />
e di “riserva”, a fronte di una situazione iniziale<br />
di svantaggio ( stavo per dire invalidità).<br />
Tutto ciò è per me fortemente offensivo e paradossalmente<br />
gravemente ingiusto.<br />
È offensivo privilegiare per un posto di responsabilità<br />
una donna in quanto donna e non valutarla per<br />
quelle capacità che in ugual misura vengono richieste<br />
a qualunque altro concorrente, senza mortificanti<br />
sconti legati al genere. Ma è ugualmente mortificante<br />
attribuire ancora solo alla donna certe com-<br />
A proposito di donne<br />
di Renata De Simone<br />
Frida Kahlo - Autoritratto<br />
11<br />
Società<br />
petenze, legate alla organizzazione e gestione della<br />
famiglia che di fatto la discriminerebbero e la metterebbero<br />
in una situazione di svantaggio nella carriera<br />
lavorativa.<br />
Se pur questo è vero, non sarebbe più equo ed imparziale<br />
curare maggiormente i problemi della famiglia,<br />
l’assistenza ai figli, specie nella prima<br />
infanzia, come onere da dividere in coppia, piuttosto<br />
che regalare alla donna una “quota rosa” per ricompensarla<br />
dell’abbandono in cui è stata lasciata<br />
nella conduzione familiare e nella cura <strong>dei</strong> figli?<br />
È pur vero che le recenti norme sul diritto di famiglia<br />
tendono a coinvolgere<br />
entrambi i coniugi,<br />
ma di fatto le più pesanti<br />
incombenze familiari<br />
continuano a pesare sulla<br />
donna.<br />
Ancora più incomprensibili<br />
sono poi i commenti<br />
che ho sentito esprimere<br />
da più parti al provvedimento<br />
in questione. Chi<br />
concorda lo fa per in<br />
nome di una illuminata, a<br />
suo avviso, (o forse solo<br />
galante) considerazione<br />
dell’universo femminile,<br />
chi è contrario, e molte<br />
sono donne, ritengono la<br />
categoria “donna” poco<br />
adatta a posti di comando<br />
e di alta professionalità. È<br />
scoraggiante come, nel Terzo Millennio dell’umanità,<br />
non siano ancora caduti i forti pregiudizi che<br />
pesano su una parte consistente e rappresentativa di<br />
essa, che pure ha dato ampie dimostrazioni di sé al<br />
mondo che sembra ancora oggi non ricordarsene.<br />
È il paradosso italiano della par condicio, dell’uguaglianza<br />
fittizia professata a gran voce che sottende<br />
discriminazioni di fatto profondamente<br />
radicate nella nostra cultura, come quella di chi, nel<br />
2011, si prende la briga di proteggere una inesistente<br />
categoria umana identificata dal suggestivo e mistificatorio<br />
colore della rosa.
Società<br />
Nel corso degli avvenimenti umani accade<br />
talora che circostanze, avvenimenti e fatti<br />
si concatenino in maniera tale da condizionare<br />
la storia. Così nell’Europa del secondo<br />
dopoguerra, dilaniata da recenti lotte<br />
fratricide, statisti del calibro di Adenauer, DeGasperi<br />
e Schumann, rappresentarono la luce di speranza per<br />
il futuro del vecchio continente, superando le lacerazioni<br />
dell’ultimo conflitto. La CECA (Comunità Economica<br />
per il Carbone e per l’Acciaio, 1951) metteva<br />
in comune la produzione di carbone ed acciaio tra<br />
Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lus-<br />
Europa. Quale?<br />
di Natale Caronia<br />
12<br />
semburgo, e l’EURATOM (Organizzazione europea<br />
per l’energia nucleare, sino al 1960), furono gli organismi<br />
comunitari nati dai primi sforzi di aggregazione,<br />
anche su sollecitazione statunitense in regime di<br />
piena guerra fredda: la Germania era divisa in due,<br />
Vienna occupata da truppe sovietiche sino al 1955, le<br />
Repubbliche baltiche sotto il tallone sovietico.<br />
CECA ed EURATOM furono precursori del Trattato<br />
di Roma del 1957, fondatore della C.E.E.<br />
Era la prima volta nella storia che il collante comune<br />
continentale non veniva dalle armi, come al tempo<br />
<strong>dei</strong> romani o di Napoleone, ma dalla cognizione co-
mune europea di rappresentare la più alta concentrazione<br />
di cultura occidentale con potenzialità aggregative.<br />
Differente tuttavia l’interpretazione che veniva data<br />
a tale embrionaria aggregazione: dall’Europa delle<br />
Patrie di Charles DeGaulle, allo scettico distacco di<br />
tipo insulare dell’Inghilterra, alla Germania divisa<br />
in due, col prioritario problema della sua riunificazione.<br />
E’ prevalso il lato economico, che ha condizionato la<br />
realizzazione dell’Unione Europea, i cui Soci si sono<br />
impegnati a soggiacere a rigide regole di bilancio e<br />
valutarie, sotto la spinta principale della Germania,<br />
che non ha mai dimenticato la lezione della Repubblica<br />
di Weimar, quando erano necessari miliardi di<br />
marchi per comprare un chilo di pane.<br />
Indubbiamente è stato un bene limitare il facile ricorso<br />
alla svalutazione, su cui l’Italia si adagiava per<br />
favorire le esportazioni, facendo pagare un pesante<br />
contributo a pensionati ed al reddito fisso. Le rigide<br />
regole valide per tutti gli stati aderenti hanno avuto<br />
la funzione di predisporre piani di sviluppo pluriennali<br />
armonizzati, cosa in cui l’Italia non ha certamente<br />
brillato e che le ha permesso di utilizzare, per<br />
la sua lentezza burocratica, mediamente soltanto il<br />
15% <strong>dei</strong> fondi europei messi a sua disposizione.<br />
L’Unione Europea non è una federazione di stati né<br />
un organizzazione cooperativa, ma un insieme di<br />
stati che unisce la propria individualità e sovranità<br />
per una migliore forza nel contesto mondiale, delegando<br />
alle Istituzioni comuni il proprio potere individuale.<br />
In atto la U.E. si regge sulla cooperazione economica<br />
di 27 paesi, con mercato unico, moneta unica<br />
(in atto non per tutti e 27) e libera circolazione di<br />
persone e merci. La sua opera si estende dagli aiuti<br />
allo sviluppo alle politiche ambientali, promuove i<br />
diritti umani, la democrazia.<br />
Politicamente, il Parlamento europeo ha poteri normativi,<br />
di controllo delle istituzioni comunitarie, discute<br />
ed adotta il bilancio, ma non ha poteri<br />
vincolanti sui singoli stati, bensì realizza direttive<br />
comunitarie, cui seguono sanzioni economiche (riduzione<br />
<strong>dei</strong> contributi europei) in caso di mancata<br />
applicazione.<br />
13<br />
Società<br />
Lo stesso vale per la carente armonizzazione della<br />
politica estera, per le diverse prese di posizione a seconda<br />
delle convenienze degli stati.<br />
Si diceva della Germania di Erhard (1963/1965)<br />
che era gigante economico ma nano politico.<br />
L’impostazione prevalentemente economica <strong>dei</strong> rapporti<br />
tra gli stati dell’U.E. e la contemporanea apertura<br />
<strong>dei</strong> mercati senza dazi doganali, ha sollecitato la<br />
libera concorrenza. La recente globalizzazione <strong>dei</strong><br />
mercati ha allargato a livello planetario la concorrenza<br />
produttivo-commerciale, favorendo quei paesi<br />
che non hanno sistemi di sicurezza sociale e bassi<br />
costi, sì da produrre con prezzi bassissimi, spiazzando<br />
le fabbriche similari degli altri paesi. Generalmente,<br />
se ciò aumenta per la gente l’ accesso a<br />
beni di consumo per i prezzi più bassi, specie in periodo<br />
di assenza di miglioramenti salariali della popolazione,<br />
dall’altro si riducono i posti di lavoro per<br />
le fabbriche di prodotti a tecnologia medio-bassa,<br />
costrette a diversificare o a dislocare in paesi che<br />
producono a costi più bassi (delocalizzazione delle<br />
aziende).<br />
Il liberismo selvaggio, che ha creato le recenti bolle<br />
speculative e la conseguente recessione che ancora il<br />
mondo sta pagando, rivela come la politica economica<br />
non possa prescindere dall’etica, ed ha evidenziato<br />
la necessità del rispetto di regole che<br />
devono temperare gli eccessi della finanza finalizzata<br />
a se stessa, avulsa dalla produzione e dalla morale.<br />
Ritornando alla domanda iniziale, quale Europa?,<br />
cosa conviene ai cittadini europei? Vivere in un continente<br />
delle Patrie, ovvero pensare ad una Unione<br />
Europea Federata di tipo statunitense, che limiti,<br />
omogeneizzandoli, i poteri degli stati singoli, ma che<br />
ne aumenti forza e prestigio internazionale?<br />
Il nostro Paese riceverebbe benefici da un sistema a<br />
conduzione sopranazionale? I politici europei, cui<br />
spettano le decisioni in proposito, sono disponibili a<br />
delegare parte del loro potere?<br />
Questi sono i quesiti a cui prima o dopo si dovrà<br />
dare risposta ed in tempi non eccessivamente lunghi,<br />
perchè il mondo corre ed è in ebollizione.<br />
Ma pare che quanti sono delegati a provvedere siano<br />
in altre faccende affaccendati.
Società<br />
Ricordo di un incontro con Alvaro Siza<br />
Un articolo apparso su “ La Repubblica”<br />
del 16 luglio dal titolo UN ARCHI-<br />
STAR IN SICILIA parlava dell’architetto<br />
Alvaro Siza, ” tornato a Enna per<br />
tenere una lectio magistralis presso l’università<br />
Kore, in un’aula magna gremita da una folla adorante<br />
di studenti che ha accolto con una autentica<br />
ovazione il celebre architetto”. La lettura di quell’articolo<br />
mi ha fatto ripercorrere come in un veloce<br />
film quella indimenticabile giornata in cui<br />
conobbi Alvaro Siza Vieria a Lisbona alla fine di<br />
novembre del 1998 quando, nell’ambito <strong>dei</strong> rapporti<br />
intrattenuti dal Settore Centro Storico del<br />
Comune di <strong>Palermo</strong> con altre istituzioni italiane ed<br />
internazionali operanti nel campo del restauro,<br />
una rappresentanza di ingegneri ed architetti di<br />
quell’ufficio, che dirigevo, ci recammo, in Portogallo,<br />
ospiti delle università di Lisbona e di Oporto,<br />
per uno scambio di esperienze. C’incontrammo nel<br />
suo studio al Chado, quartiere di Lisbona, di cui<br />
aveva progettato la ricostruzione, dopo l’incendio<br />
del 1988, mantenendo inalterato, nella ricostruzione<br />
degli isolati, lo stile storico del quartiere. Indossava<br />
una giacca di velluto a coste con le tasche<br />
deformate da un uso non accorto, come fanno le<br />
persone che usano le tasche della giacca per infi-<br />
di Attilio Carioti<br />
14<br />
larvi ciò che non possono tenere sempre in mano.<br />
Discutemmo di restauro <strong>dei</strong> centri storici, e soprattutto<br />
di <strong>Palermo</strong> di cui diceva di avere un ricordo<br />
indelebile per la sua stratificazione storica<br />
che la caratterizza tra le numerosissime città che<br />
ha visitato . Questa opinione ribadisce anche nell’intervista<br />
rilasciata a La Repubblica :”<strong>Palermo</strong> è<br />
stata una esperienza unica , una continua emozione<br />
visiva, un continuo affastellarsi <strong>dei</strong> segni della<br />
storia….” Il suo naturale riserbo che qualcuno a<br />
torto scambia per ritrosia svanì quando, accompagnandoci<br />
per le vie del Chado, si infervorò parlandoci<br />
in perfetto italiano di linee minimali e di<br />
razionalità dell’architettura. Rifiutava la definizione<br />
di architetto razionalista che sovente gli si<br />
attribuisce, perché la considerava riduttiva per il<br />
fatto che nel progetto di una nuova opera non va<br />
mai perso di vista il contesto in cui l’opera stessa<br />
viene inserita ed armonizzata . E con voce calma<br />
e suadente già estraeva da una delle tasche della<br />
giacca, un voluminoso taccuino e dal taschino una<br />
matita per tracciare con veloci linee essenziali,<br />
degli schizzi che fissavano con semplici esempi i<br />
concetti che esprimeva. Non mi meraviglio, perciò,<br />
anche a distanza di anni da quell’incontro, se oltre<br />
<strong>Palermo</strong> nel 1985, altre università come Valencia,<br />
Losanna, Lima, Santander,<br />
Coimbra gli abbiano conferito<br />
la laurea ad honorem<br />
e se numerosi e prestigiosi<br />
riconoscimenti gli siano<br />
stati tributati quali il premio<br />
Mies Van Der Rohe, la<br />
medaglia d’oro della Fondazione<br />
Alvar Aalto, il premio<br />
Pritziker Prize etc. e se<br />
ancora al’eta di 78 anni<br />
continua ad insegnare ed a<br />
tenere seminari in ogni<br />
parte del mondo. Egli dimostra<br />
di essere uno <strong>dei</strong><br />
più importanti maestri dell’architettura<br />
del ‘900.
ERNEST HEMINGWAY<br />
Nato a Oak Park, nei pressi di Chicago, nell’Illinois,<br />
il 21 Luglio del 1899, muore il 2<br />
luglio 1961 nella sua casa di Ketchum,<br />
nell’Idaho per un colpo partito accidentalmente<br />
mentre puliva un fucile da caccia, come<br />
disse la moglie Mary alla stampa. Era una bugia. Alcolizzato<br />
e depresso si era suicidato a 62 anni. Vincitore<br />
del Premio Pulitzer nel 1953 per IL VECCHIO<br />
E IL MARE insignito del Premio Nobel per la letteratura<br />
nel 1954, ha rivoluzionato la prosa americana,<br />
come dice Derek Walcott, con la sua scrittura<br />
essenziale e semplice, concentrata sui nomi e non<br />
sugli aggettivi. Hemingway ha riempito i pomeriggi<br />
delle estati calde e noiose della mia adolescenza<br />
schiva. Sdraiata a letto leggevo per ore intere romanzi<br />
e racconti in edizioni economiche che ancora conservo,<br />
sebbene disfatte e tenute insieme da un elastico.<br />
Erano gli Oscar Mondadori dal costo contenuto di £<br />
350 a volume, acquistabili anche nelle edicole. Non<br />
erano cuciti, ma a queste raffinatezze sono arrivata<br />
più tardi. Allora non me ne curavo, volevo il libro e<br />
basta. Avevo fame di vita, diversa da quella quotidiana,<br />
e la trovavo tra le pagine di Hemingway. Così<br />
ho conosciuto la corrida spagnola, Parigi, l’Africa, i<br />
fiumi dove si pescano i salmoni, l’inquietudine e la<br />
continua ricerca di qualcos’altro.<br />
di Gabriella Maggio<br />
15<br />
Letteratura<br />
Non mandare mai a chiedere<br />
Per chi suona la campana.<br />
Essa suona per te ( John Donne)
Letteratura<br />
Salotto di Gabriella<br />
dedicato a Rosa Balistreri<br />
L’ultimo appuntamento pre-estivo del salotto<br />
letterario di Gabriella Maggio, organizzato<br />
dalla dinamica Maria Di<br />
Francesco, presidente dell’Associazione<br />
Volo, il 30 giugno 2011 ha trovato la sua location<br />
in un luogo della memoria, quella biblioteca comunale<br />
che ci ha visto alla scoperta <strong>dei</strong> suoi tesori<br />
negli anni gioiosi. Quella sala di lettura in penombra,<br />
quel silenzio che odorava di carta antica, diversa<br />
dall’ariosità della sala dell’altro sito gesuitico,<br />
la Biblioteca, allora Nazionale, del Collegio gesuitico.<br />
Al centro di questo arioso colonnato Gabriella<br />
Maggio ha introdotto il genere particolare della<br />
poesia popolare e la specificità della canzone folk in<br />
lingua siciliana, certamente, come ha fatto osservare,<br />
sacrificata dall’invadenza e dalla preponderante<br />
fama universale della canzone napoletana,<br />
che tra l’altro non è sentita come folklore, ma è<br />
vera e propria creazione di cantautori come quella<br />
in lingua italiana. Nell’abituale dialogo con l’autore<br />
del volume Rusidda… a licatisi, Nicolò La<br />
Perna, Gabriella ha analizzato la struttura dell’opera,<br />
articolata in diverse sezioni, temi e aspetti<br />
della ricerca dell’autore. Questi, a partire dalla biografia<br />
che ha completato con nuovi apporti rispetto<br />
a quella tradizionale, scarna e ormai introvabile,<br />
ha fornito altra documentazione con testimonianze<br />
di amici e conoscenti della cantautrice. Il libro è<br />
completato dalle esperienze teatrali e musicali,<br />
l’ascesa nazionale con Ci ragiono e canto di Dario<br />
Fo, il cimento con la Ballata del sale, fino alla Lupa,<br />
alla Lunga notte di Medea e alle Eumenidi, è arricchito<br />
dai testi e dalle partiture di tutte le canzoni.<br />
L’intervento video di Ignazio Buttitta, le<br />
testimonianze di amici, la voce vibrante e accorata<br />
della giovane Francesca Campisi hanno reso pia-<br />
di Carmelo Fucarino<br />
16<br />
cevole la serata che Gabriella ha tenuto sempre ad<br />
alto livello culturale.<br />
Se mi è permesso, un ricordo strettamente personale.<br />
Fu una serata indimenticabile, propiziata dall’amore<br />
per le esperienze letterarie, non solo quelle nazionali,<br />
ma anche quelle tipicamente siciliane, del Centro di<br />
Cultura Siciliana “G. Pitré”, la creatura di Domenico<br />
Bruno, presidente dal 1973, che amò e guidò<br />
con infaticabile amore insieme a un gruppo attivo di<br />
fondatori nel 1970, fra i quali mi onoro. Si volle<br />
creare una serata dedicata, in un piccolo teatro, che<br />
ricordo nella evanescenza della favola e del sogno,<br />
forse il Teatro Teatès del compianto Michele Perriera.<br />
E si cominciò con l’arte della parola e del gesto<br />
epico, la voce e i movimenti scenici di Mimmo Cuticchio,<br />
i suoi splendenti paladini, il tradimento del<br />
perfido Gano e poi l’amuri di Angelica e i primi timidi<br />
sacrileghi trasbordi nei miti popolari. Poi si offrì<br />
nella sua semplicità, nel volto frastagliato di popolana<br />
la Rosa, in mezzo a noi, a toccare il suo vestito<br />
zingaresco, a percepire i sospiri, i rantoli, le effusioni<br />
del suo amore infinito che straripava (allora non era<br />
imperante il letterario “esondare” di originali cronisti<br />
TV) e ci sommergeva tutti, pochi intimi a godere<br />
delle sue creazioni. Fra tutti ricordo quel celebre lamento,<br />
così ricordato da Ignazio Buttitta (20 ottobre<br />
1984): “Io ho incontrato Rosa Balistreri a Firenze,<br />
circa 22 anni fa, in casa di un pittore mio amico.<br />
Quella sera Rosa cantò il lamento della morte di Turiddu<br />
Carnivali che è un mio poemetto. Quella sera<br />
non la dimenticherò mai. La voce di Rosa, il suo<br />
canto strozzato, drammatico, angosciato, pareva che<br />
venissero dalla terra arsa della Sicilia. Ho avuto l’impressione<br />
di averla conosciuta sempre, di averla vista<br />
nascere e sentita per tutta la vita: bambina, scalza,<br />
povera, donna, madre, perché Rosa Balistreri è un
personaggio favoloso, direi un dramma, un romanzo,<br />
un film senza volto”. Tutti citano il rapporto con<br />
Sciascia, ma la vera simbiosi psichica e sentimentale<br />
fu con Ignazio, un dialogo che era in sintonia con la<br />
loro anima popolana, lei spigolatrice di Licata, lui<br />
commerciante di Bagheria, alla scoperta della profonda<br />
e vergine anima popolare. Era l’impegno civile<br />
e politico che aveva dettato tanti canti, in registri<br />
diversi, dal dolore quotidiano della miseria al tema<br />
della condanna mafiosa. Solo per citare qualche<br />
canto: Acidduzzu, La virrinedda, Mirrina, La pampina<br />
di l’alivu, Cu ti lu dissi, Venniri Santu, alla celebre<br />
Mi votu e mi rivotu (cavallo di battaglia di<br />
Mara Eli, stroncata in un incidente stradale), fino al<br />
forte j’ accuse di Mafia e parrini, oppure il terribile<br />
Carzari. La giovane Francesca si è cimentata nell’ironia<br />
smagliante di Me mughhieri unn’avi pila, che<br />
si intriga con la novità della lavatrice. Poco hanno<br />
aggiunto gli altri interventi.<br />
Con diverso amore amai tra gli anni Sessanta e<br />
Settanta la voce calda e passionale di Gabriella<br />
Ferri (la morte tragica nel 2004 per una caduta dal<br />
balcone, l’improvviso ictus per Rosa), non certo<br />
quella di Dove sta Zazà, ma quella che si incanagliva<br />
con la sua Roma popolare (vi ricordate La società<br />
<strong>dei</strong> magnaccioni del 1971?). Così Le<br />
mantellate ricordava Matri chi aviti li figghi a la<br />
badia, così tanto saettare di coltelli. Così altre rievocazioni<br />
malavitose si ripetevano nelle celebri<br />
Canzoni della mala di Ornella Vanoni, già nel<br />
17<br />
1957 con le solite Mantellate e Canto di carcerati<br />
calabresi, La Zolfara. Era tutto un fervere di esperienze<br />
popolari che davano vita ad un’Italia sotterranea<br />
che era ancora viva e sentita. Quella vita<br />
eccezionale che aveva antiche radici, dal Porta del<br />
Lament del Marchionn, delle Desgrazi de Giovanin<br />
Bongee e della Ninetta del Verzee fino alla<br />
plebe gaglioffa del Belli, ma anche alla vita eccezionale<br />
degli Scapigliati.<br />
Oggi? Si corre il rischio, come giustamente ammoniva<br />
Gabriella, di fare archeologia del Folklore,<br />
di musealizzare questo immenso<br />
patrimonio di esperienze di vita. La ragione?<br />
Tutta la materia è passata in mano agli addetti ai<br />
lavori, a quella scienza che purtroppo, nell’intento<br />
di salvare quella vita, la sta imbalsamando<br />
come un imenottero, parlo, con molto rincrescimento<br />
e sine ira et studio, del laboratorio palermitano<br />
di Cocchiara, gli studiosi di tradizioni<br />
popolari o antropologia culturale. L’amore tout<br />
court di Pitrè per la tradizione popolare trasformato<br />
in scienza. Ma è soprattutto l’assenza di<br />
geni dell’affabulazione emotiva, di cantatrici<br />
come Rusidda che davano a quei canti di vita il<br />
respiro dell’anima, dalle semplici ninnananne, ai<br />
canti del lavoro (la trebbiatura o la pesca), alle<br />
proteste sociali, tutte le ricerche sul campo, che<br />
formano già un’immensa biblioteca di sapere,<br />
sono destinate a restare relitti di un passato forse<br />
irrimediabilmente perduto.
Letteratura<br />
Ad occidente del sole<br />
e ad oriente della Luna:<br />
la fiaba nordica di Amore e Psyche<br />
Nelle Metamorfosi di Apuleio, autore latino<br />
del II sec. d. C., si incontra alla fine<br />
del IV libro un lungo racconto mitico-favolistico<br />
passato alla storia come “la favola<br />
di Amore e Psyche”, che assume in effetti la<br />
forma e il tono di quella che noi moderni definiamo<br />
fiaba. Cìoè qualcosa, nel tema e nella struttura primordiale<br />
di questa storia, che ha attraversato le barriere<br />
delle civiltà, un nucleo mitologico comune,<br />
forse, un’idea, un barlume di storia antica e mistica,<br />
che è proprio non solo del mondo greco-romano<br />
(semplicistica definizione per descrivere un complesso<br />
storico culturale sfaccettato, distinto e immenso!).<br />
Infatti, a chi sfogli una raccolta di fiabe<br />
nordiche, può capitare di imbattersi in un racconto<br />
dal titolo “Ad occidente del Sole e ad Oriente della<br />
Luna”, nelle cui righe è possibile riconoscere il tema<br />
portante, l’intreccio e i motivi della favola latina.<br />
La trama della fabula Amore e Psyche:<br />
La bellissima Psyche, ultima di tre figlie, causa l’invidia<br />
di Venere, che ingiunge al dio Amore di infondere<br />
in lei un sentimento per l’uomo più abietto<br />
della terra, ma il dio, preso dalla bellezza della fanciulla,<br />
decide di portarla con sé nel suo palazzo.<br />
Ogni notte Psyche è visitata da Amore, e l’incantesimo<br />
del castello, dove la giovane è servita come<br />
una principessa, perdurerà finché ella manterrà<br />
fede alla promessa e non vedrà il volto del misterioso<br />
padrone del palazzo. Ottenuto da Amore il<br />
permesso di ricevere le due sorelle, Psyche viene<br />
mal consigliata da queste ultime, invidiose della sua<br />
fortuna. Le due infatti, la convincono che il suo<br />
amante sia un terribile mostro, e una sera, mentre<br />
il dio si è assopito, Psyche gli si avvicina per ucciderlo<br />
con un pugnale, ma Amore le si rivela nel suo<br />
folgorante aspetto divino e Psyche, turbata, si feri-<br />
di Lavinia Scolari<br />
18<br />
sce con la punta di una delle sue frecce divine,<br />
ch’ella ha tratto dalla faretra. Subito la fanciulla si<br />
innamora perdutamente del dio, ma questi, deluso<br />
dal tradimento, fugge via e l’abbandona. Inizia così<br />
la ricerca di Psyche: in un poema carico di allegorie<br />
e misticismo, la protagonista dovrà affrontare<br />
mille prove, perfino la discesa nell’Ade, per poter<br />
infine ritrovare il suo amato, e ottenere da Giove<br />
l’immortalità per l’anima della bellissima Psyche.<br />
In “Ad occidente del sole e ad oriente della Luna“,<br />
però, Amore è sostituito dalla figura di un Orso<br />
bianco:<br />
Dopo essere arrivata a casa ed essersi coricata,<br />
tutto andò come al solito, e qualcuno venne a coricarsi<br />
accanto a lei. Ma a notte fonda, quando<br />
sentì che dormiva, si alzò, accese la candela e lo<br />
illuminò, e allora vide che era il più bel principe<br />
che si potesse vedere, e fu subito presa da lui al<br />
punto che le sembrò di non poter vivere se non lo<br />
avesse subito baciato: e lo baciò, ma intanto fece<br />
cadere sulla sua camicia tre gocce di sego bollente,<br />
e lui si svegliò. “Ah, cos’hai fatto adesso?”<br />
chiese lui. “Hai reso infelici entrambi. Se solo<br />
avessi resistito un anno sarei stato salvo: ho una<br />
matrigna che mi ha fatto un incantesimo, così<br />
sono un orso bianco di giorno e uomo di notte.<br />
Ma ora è finita tra noi, devo lasciarti per andare<br />
da lei, abita in un castello che si trova a oriente<br />
del sole e a occidente della luna, e lì c’è anche una<br />
principessa con un naso lungo tre braccia, e ora<br />
me la devo sposare”. La ragazza pianse e si disperò<br />
ma non c’era niente da fare, lui doveva partire.<br />
Allora gli chiese se non poteva<br />
accompagnarlo. No, non era possibile. “Se mi dici<br />
la strada verrò a cercarti: questo almeno posso<br />
farlo?” disse lei. Si, questo poteva farlo, ma non
c’era nessuna strada, era a oriente del sole e a occidente<br />
della luna, e lei non ci sarebbe mai arrivata.<br />
La mattina, quando si svegliò, il principe e il<br />
castello non c’erano più: era coricata su un piccolo<br />
spiazzo verde in mezzo a un bosco scuro e<br />
fitto, e accanto aveva lo stesso fagotto di stracci<br />
che aveva portato da casa.<br />
L’episodio della goccia di cera incandescente che<br />
19<br />
cade sul volto di Amore, svegliandolo, si riverbera<br />
in questa scena della fiaba nordica (o è forse la<br />
prima che si riflette nel racconto latino?). Straordinarie<br />
e profonde le corrispondenze di un mito<br />
che ha varcato le distanze e ha costruito, con forme<br />
appena differenti, una narrazione mossa dalla<br />
stessa intuizione o, chissà, forse dalla stesso antico<br />
segreto.
Teatro<br />
Siamo al centro della polemica che opponeva la professione<br />
di democrazia e di illuminismo di Pietro<br />
Chiari e la ragionata riforma della commedia di<br />
Carlo Goldoni con il suo programmato realismo<br />
contro l’altrettanto ostinata difesa della tradizione dell’antilluminista<br />
Carlo Gozzi. Perciò la sua fuga dalla realtà nel<br />
mondo della fantasia e del sogno, fino al livello <strong>dei</strong> racconti<br />
per bambini, le sue Fiabe che vorrebbero con altro spirito<br />
risuscitare pure esse la commedia dell’arte e il teatro delle<br />
maschere. Perciò la leggerezza di L’amore delle tre melarance<br />
o Augellin Belverde, e il populismo consolatorio di I<br />
pitocchi fortunati. Grande fortuna ebbe però il Re Cervo,<br />
ma soprattutto la Turandot (1762), apprezzata all’estero<br />
da Goethe a Schiller, a madame de Staël fino a Wagner,<br />
ma snobbato in Italia. Si spiega l’amore per le sue fiabe da<br />
parte <strong>dei</strong> romantici, se in questa temperie sarebbero nate<br />
le celebri Fiabe del focolare <strong>dei</strong> fratelli Grimm (1812-1822),<br />
un capolavoro di scavo nel folklore. A rendere celebre la<br />
sua opera fu un altro temperamento bizzarro e stravagante,<br />
che cercava situazioni strabilianti, seppure elegiache, talvolta<br />
alla moda come la sorprendente La fanciulla del West<br />
(Metropolitan, 1910). Perciò si fece confezionare da G.<br />
Adami e R. Simoni il libretto dalla fiaba teatrale di Gozzi.<br />
Non ebbe la fortuna di vederla rappresentata, perché un<br />
male inesorabile lo colse a Bruxelles il 1924. L’opera fu ripresa<br />
da Franco Alfano che su suoi appunti la completò<br />
con il duetto e la scena finale e la diede alla Scala il 25<br />
aprile1926, diretta da Toscanini. Giunto al terzo atto dopo<br />
l’aria di Liù Tu che di gel sei cinta, alla battuta «Dormi,<br />
oblia, Liù, poesia!», il maestro depose la bacchetta e disse:<br />
«Qui il maestro è morto» e lasciò la sala. Fu l’aggravarsi del<br />
male ad impedire il compimento dell’opera o l’incapacità<br />
di sciogliere quell’enigma d’amore e di morte? «Penso ora<br />
per ora – scriveva ad Adami - minuto per minuto a Turandot<br />
e tutta la mia musica scritta fino ad ora mi pare una<br />
burletta e non mi piace più».<br />
La scelta della fiaba era sicuramente emblematica dello<br />
stato d’animo di Puccini. Il genere popolare e l’andamento<br />
puerile rientravano in un bisogno di uscire dall’orrore del<br />
reale nel mondo del sogno. Il tema della fanciulla, algida e<br />
cinica, che spiega l’odio per l’uomo in genere con l’offesa<br />
subita dall’ava, «or son mill'anni e mille», «trascinata da<br />
un uomo come te, come te straniero», e l’indovinello punitore<br />
riprendono temi della cultura classica, nonostante<br />
vogliano apparire di impianto favolistico popolare. Basta<br />
per tutti il modello misogino mitico di Artemide cacciatrice<br />
e della sua ipostasi terrena di Ippolito, ma anche<br />
l’odio del re di Persia per le donne ritenute perfide, il loro<br />
La fiaba di Turandot<br />
di Carmelo Fucarino<br />
20<br />
possesso e l’uccisione all’alba (Shahrazād sfugge con l’espediente<br />
delle novelle delle Mille e una notte). Ma la proposta<br />
più celebre è l’indovinello della Sfinge e l’incesto di<br />
Edipo (non poteva mancare l’indovinello che la Sfinge fa a<br />
Harry nel labirinto durante la terza prova in Harry Potter<br />
e il calice di fuoco, vol. IV, della Rowling, centone di tutti<br />
i miti ad uso di giochetti magici). Così la ripresa simbolica<br />
del numero tre (I soluzione, il fantasma notturno o la Speranza,<br />
II, la fiamma o il Sangue, III, il gelo che brucia o la<br />
stessa Turandot), lo spergiuro contro la sua profanazione<br />
sacra, gli adescamenti <strong>dei</strong> gioielli, l’inutile sacrificio di Liù,<br />
la riproposta, ancora in termini erotici, del quarto indovinello<br />
di Calaf o il Mistero fino al disvelamento del suo<br />
nome e all’ipostasi, « Il suo nome è… Amor!».<br />
In effetti la favola era quanto mai di distante potesse esserci<br />
dalla sensibilità, in certo qual modo verista, di Puccini.<br />
Perciò i personaggi sono plasmati e risolti nella più<br />
schietta e complessa umanità, il principe ignoto Calaf -
Walter Fraccaro (la languida Non piangere, Liù e l’arcano<br />
Nessun dorma) e l’applaudita Liù - Rachele Stanisci (Signore,<br />
ascolta, Tanto amore, segreto e inconfessato e Tu<br />
che di gel sei cinta), ma anche la Turandot - Giovanna Casolla<br />
(aria In questa reggia), una specialista del ruolo. Ritorna<br />
a <strong>Palermo</strong> dopo la sua recita nel 2006, in secondo<br />
ruolo (primo Giorgina Lucakcs), una prima tormentata per<br />
le proteste, nell’allestimento del Maggio Musicale Fiorentino<br />
del 1997, con un organico di cento artisti, sontuosa<br />
messa in scena di Zhang Yimou (Lanterne rosse), Coro di<br />
voci bianche e corpo di Ballo del Massimo assieme alla<br />
Jilin City Song e Dance Ensemble, scene, costumi e coreografia<br />
cinesi, Calaf il coreano Francesco Hong, sul<br />
podio a dirigere i 90 orchestrali e una banda Nello Santi.<br />
Erano venute l’edizione del 1998 nella Città Proibita di<br />
Zhang Yimou con direzione di Zubin Metha e l’altra del<br />
2008 sempre a Pechino per l’inaugurazione del Teatro Lirico<br />
(finale scritto dal cinese Hao Weya). Oggi, come prima<br />
soprano, ha affrontato con scioltezza le forti difficoltà tecniche<br />
vocali che si sviluppano in un ampio registro, dall’estremo<br />
acuto al bassissimo. In certi momenti<br />
l’amplificazione ha falsato la provenienza delle voci con effetti<br />
stranianti. Più chiari i corali, quello iniziale del popolo<br />
e <strong>dei</strong> servi del boia Gira la cote! o l’Invocazione alla luna.<br />
La ricerca del folklore che era già nel West ricreato qui si<br />
manifesta nel coro di ragazzini Là sui monti dell'est, melodia<br />
tratta dalla canzone folk cinese Mo Li Hua, ma anche<br />
in tanti effetti che dal XVII secolo diedero il nome Chinoiserie<br />
ad una fase dell’arte europea, come della letteratura,<br />
il gusto per l’oriente (1820, il Divano occidentale<br />
orientale di Goethe, o il Divan del Tamarìt di Lorca nel<br />
21<br />
1936). Si pensi agli svaghi del nostro Borbone Ferdinando<br />
a preparare ricottine nell’oleografica Casina alla Cinese<br />
realizzatagli dal Marvuglia nel 1799. Da altra prospettiva<br />
effetti comici di un certo teatro buffo e di molta musica<br />
pucciniana sono evidenti nel terzetto delle maschere, Olà<br />
Pang! Olà Pong!<br />
In linea con il progetto del direttore Cognata per questa<br />
stagione si è trattato ancora di un nuovo allestimento. Ha<br />
trovato una cornice privilegiata nel parco del Teatro della<br />
Verdura (ultima edizione estiva 1986), realizzata con una<br />
scenografia sontuosa ed abbagliante e con costumi ripresi<br />
dalla tradizione in un alternarsi nelle grandi masse corali<br />
e di comparse del bianco e del rosso.<br />
Dovuto il ricordo di Roland Petit, uscito il 10 giugno ad<br />
87 anni a passo di danza dal palcoscenico, dove lo piange<br />
la sua Zizi da sessanta anni compagna di vita e di balletti.<br />
A noi rimangono la sua levità di farfalla, le rivoluzionarie<br />
ed indimenticabili performance coreografiche, ultimo ricordo<br />
la sua Coppélia ripresa nella scorsa stagione, il<br />
marzo 2010, con Eleonora Abbagnato e Luigi Bonino.<br />
Così ricordo con stupore per la naturalezza e la spontaneità<br />
<strong>dei</strong> movimenti, allora al Politeama, il suo balletto La<br />
bella addormentata nel 1990, Il Gattopardo il 1995, assieme<br />
ad una sua Carmen.<br />
Edizione 1972 Joan Sutherland, Monserrat Caballé, Luciano Pavarotti,<br />
Nicolaj Ghiaurov<br />
1982 Katia Ricciarelli, Placido Domingo, Ruggero Raimondi, Herbert<br />
von Karajan.<br />
Foto per gentile concessione dell’Ufficio Stampa del Teatro Massimo di<br />
<strong>Palermo</strong>.
Libri<br />
La rivincita della lingua<br />
FINESTRA SUL MARE di Pietro Manzella<br />
da Acetilene, Pungitopo 2010<br />
Il cielo<br />
si irradia e si oscura<br />
come finestra sul mare<br />
I tuoi occhi sotto palpebre silenziose<br />
battono<br />
e aprono il dizionario<br />
dell’anima<br />
Pulsazioni<br />
delicate<br />
scandiscono<br />
il tempo di lettura.<br />
di Gabriella Maggio<br />
22<br />
Ogni poesia è un tentativo di mettere ordine nel<br />
mondo attraverso le parole, così come queste sono<br />
ordinate nell’immaginario dizionario di Pietro Manzella.<br />
La donna, elemento centrale come indica la<br />
sua collocazione nella strofa di mezzo, con gli occhi<br />
entra nell’anima per leggerla. L‘amore è delicate<br />
pulsazioni . Il senso del testo sembra rasserenante se<br />
si trascura la rima, sia pure lontana, oscura - lettura,<br />
che apre una parentesi d’ombra che unisce il cielo<br />
che si oscura col dizionario dell’anima anch’essa<br />
oscura. Il mare che resta confinato solo nella similitudine<br />
della prima strofa e nel titolo della poesia, costituisce<br />
l’elemento paesaggistico, che allude al<br />
sentimento del poeta come nell’aiku giapponese, e<br />
sembra suggerire la situazione d’inizio della poesia<br />
grazie anche ad una lontana assonanza che lega<br />
mare e delicate. L’unico termine che non trova legami<br />
immediati ed evidenti è il cielo che si irradia<br />
ma anche si oscura e solo nell’azione di oscurarsi è<br />
rimesso in gioco alla fine del testo. Complesso e non<br />
decidibile appare il mondo sentimentale del poeta.<br />
La forza della poesia<br />
La poesia è una forma d’arte coraggiosa perché non ci comunica<br />
in maniera immediata il suo significato, legato al nostro essere<br />
uomini, ma ci spinge a cercarlo, soprattutto oggi che i punti fermi<br />
dell’esistenza sono sempre più personali, infatti all’etica si è sostituita<br />
l’estetica, cioè il “ mi piace “. Sempre i poeti hanno parlato<br />
dell’uomo all’uomo. Ebbene colui che oggi scrive poesie<br />
vuole ricordare a sé stesso ed ai suoi lettori che è un uomo, vuole<br />
rivelare la propria umanità, che è capacità di provare sentimenti.<br />
Perciò la poesia procede dall’interno verso l’esterno. Da più parti<br />
si dice che oggi la poesia è in declino,<br />
questo mi sembra un modo semplicistico<br />
per sfuggirla e non affrontare il<br />
problema che la poesia costantemente<br />
ci pone davanti , col suo interrogarci.<br />
Perciò l’ultima raccolta poetica di Carmelo<br />
Fucarino “ Percorsi di labirinto”,<br />
che viene presentata a Prizzi<br />
mette a prova la nostra capacità di<br />
provare sentimenti , ci pone davanti ad<br />
uno specchio per interrogarci. La<br />
raccolta contiene versi, composti tra<br />
di Gabriella Maggio<br />
il 1982 ed il 2010, alternati a prose proprie o di altri autori: Platone<br />
e Borges. Il poeta usa diversi linguaggi: l’italiano, lo spagnolo,<br />
il francese, il disegno e la fotografia, facendoli dialogare<br />
l’un l’altro. Tra i temi emerge quello della natura dell’infanzia a<br />
Prizzi come in<br />
LA NUCA NEL <strong>PA</strong>LMO DELLA MANO<br />
Ed insieme la brama O notti di abbandono<br />
di tornare a contare le stelle di spossanti delizie,<br />
nelle notti serene, al centro del mondo,<br />
sdraiato nel campo di grano l’anima immersa<br />
ove il grillo ritma nel profumo di grano.<br />
la sua impazienza. ( 4 giugno 1991)<br />
Sentire il fruscio del tempo<br />
nella stella che svirgola lampi<br />
nell’estremo sussulto,<br />
nel latrare del cane,<br />
ombra che si leva sul pozzo,<br />
echeggiare d’oscuri richiami.
Da “La città tutta per lui”<br />
di I. Calvino in Marcovaldo -Einaudi<br />
..E così a furia di riempire treni e ingorgare autostrade,<br />
al 15 del mese (di agosto) se ne erano andati<br />
proprio tutti. Tranne uno. Marcovaldo era l’unico<br />
abitante a non lasciare la città. Uscì a camminare<br />
per il centro, la mattina. S’aprivano larghe e interminabili<br />
le vie, vuote di macchine e deserte… Per<br />
tutto l’anno Marcovaldo aveva sognato di poter<br />
usare le strade come strade, cioè camminandoci in<br />
mezzo: ora poteva farlo… Così dimenticando la funzione<br />
<strong>dei</strong> marciapiedi e delle strisce bianche, Marcovaldo<br />
percorreva le vie con zig-zag da farfalla…<br />
La macchina con un gran gnaulio frenò… I giovanotti<br />
erano armati di strani arnesi. - Finalmente l’abbiamo<br />
trovato!... l’unico abitante rimasto in città il<br />
giorno di ferragosto. Mi scusi, signore, vuol dire le<br />
sue impressioni ai telespettatori? … Insomma gli fecero<br />
l’intervista… Tutta la piazza era sottosopra… -<br />
Eccola , è arrivata -… da una fuoriserie scoperta,<br />
scese una stella del cinema. - Sotto, ragazzi, possiamo<br />
cominciare la ripresa della fontana! Il regista<br />
del “teleservizio” Follie di Ferragosto cominciò a<br />
Lettura ferragostana a cura di G. Maggio<br />
23<br />
Libri<br />
dar ordini per riprendere il tuffo della famosa diva<br />
nella principale fontana cittadina. Al manovale Marcovaldo<br />
avevano dato di spostare per la piazza un<br />
padellone di riflettore dal pesante piedistallo… Agli<br />
occhi di Marcovaldo, accecato e stordito, la città di<br />
tutti i giorni aveva ripreso il posto di quella intravista<br />
solo per un momento…<br />
Con l’occhio <strong>dei</strong> bambini<br />
di Gabriella Maggio<br />
Il disegno esprime un desiderio. Forse in concomitanza<br />
di una stella cadente perché siamo ad agosto. Tra due<br />
palazzoni s’intravede il cielo stellato, illuminato da tre<br />
riflettori posti sul tetto di un teatro dove si rappresenta<br />
la “Mitica Aida”. Voglia di conoscenza senza dubbio,<br />
ma forse di rinascita , di miglioramento. Per i Palermitani<br />
Aida è veramente mitica perché ha segnato<br />
l’apertura del Teatro Massimo nel 1897 e la sua riapertura<br />
con la stessa opera lirica nel 1997, dopo una<br />
chiusura lunga ventitré anni . Il piccolo artista ne avrà<br />
sentito parlare….Ancora una volta i bambini rappresentano<br />
con semplicità quello che i grandi pensano,<br />
ma non riescono ancora a realizzare: una nuova rinascita<br />
della città, una riappropriazione del territorio urbano<br />
espropriato dalla sporcizia, dall’invadenza di marciapiedi e carreggiate da locali più o meno regolari, dalla<br />
violenza verbale e non solo di concittadini esasperati e resi violenti dall’incultura nella quale sono immersi. Ancora<br />
una volta, anche nei giorni della canicola, ripeto che la bruttezza genera bruttezza e la bellezza genera bellezza.<br />
Impegniamoci a scegliere la bellezza, vivremo meglio.
Scrittura<br />
La scrittura come ancora di salvezza<br />
Il bisogno di raccontare<br />
nasce con l’uomo,<br />
dalla necessità che<br />
questi manifesta di far<br />
emergere la sua vera essenza,<br />
di tirar fuori il vissuto,<br />
che si presenta talvolta<br />
come la brutta bestia che<br />
giace nascosta nel mondo<br />
interiore, di trasmettere ad<br />
altri le proprie esperienze ,<br />
le emozioni, le sensazioni.<br />
Tutto questo perché ci si<br />
vuole esprimere, conoscere,<br />
o liberarsi semplicemente dal peso del passato che<br />
spesso inconsapevolmente, condiziona le azioni del<br />
nostro presente. Raccontare diventa spesso confessione,<br />
nel momento in cui il vissuto, sonnolente nei<br />
meandri della nostra memoria, si ridesta e spesso ci<br />
terrorizza perché proietta a distanza di tempo immagini<br />
più o meno distorte. In questi casi raccontare<br />
in forma scritta diventa quasi terapeutico, e non<br />
abbiamo bisogno di scomodare i grandi letterati del<br />
passato per trovare conferma di tutto ciò. Quindi<br />
l’approccio alla scrittura non è casuale nasce da un<br />
travaglio interiore e raccontare diventa un’ancora di<br />
salvezza, un salvagente in questo mare di inquietudine<br />
che è la nostra esistenza,un conforto necessario<br />
,un bisogno quasi fisiologico per chi vive nella<br />
tempesta quotidiana, nel buio , ma anche una condivisione<br />
per chi nella tranquillità dell’esistenza ama<br />
condividere con altri le note di colore della vita. Ma<br />
la strada da percorrere non risulta aperta a tutti<br />
perché la capacità del narrare, l’arte della parola, o<br />
della creatività, del mettere nero su bianco,è un privilegio.<br />
Istintivamente le sensazioni ed le emozioni ci<br />
ispirano,un semplice fatto di cronaca ci induce ad<br />
una riflessione,o semplicemente il vissuto personale,eventi<br />
semplici e ordinari,non è solo l’originalità<br />
o la complessità del racconto ad affascinare ma il<br />
modo in cui viene articolato ed espresso. Come dire,<br />
si possiedono i colori, la tavolozza ma non si sa tracciare<br />
il disegno con il pennello. Subentra così il<br />
di Patrizia Lipani<br />
24<br />
“blocco della pagina<br />
bianca”.<br />
La capacità di concepire<br />
discorsi coerenti, corretti,<br />
creativi,abituarsi a pensare<br />
e a portare avanti le coordinate<br />
logiche del pensiero,<br />
è possibile impararle con<br />
un esercizio continuo, con<br />
un allenamento deciso.<br />
Non è un caso che ,proprio<br />
nell’era delle immagini,ci<br />
sia un revival della scrittura,<br />
e che stiano nascendo<br />
in Italia, e non solo in ambito scolastico, laboratori<br />
per sperimentare approcci diversi alla scrittura<br />
stessa. Quando a scuola costringiamo i nostri<br />
ragazzi a cimentarsi con scritture guidate, saggio<br />
breve, analisi del testo,non facciamo altro che veicolare<br />
il loro pensiero, reprimiamo la creatività,ostacoliamo<br />
la libera circolazione delle idee,<br />
e alla fine penalizziamo ciò che è stato prodotto<br />
perché il più delle volte non è consono alla tipologia<br />
richiesta. Si dovrebbe invece sensibilizzare i<br />
giovani alla scrittura libera,e non scoraggiarli,<br />
prendendo spunto da tutto ciò che ci circonda. Saperlo<br />
fare aiuta a superare i momenti critici, è un<br />
conforto, è un piacevole passatempo,è uno sfogo e<br />
per farlo , basterebbe conoscere gli ingredienti necessari<br />
per la migliore riuscita dell’intento e quelli<br />
che risultano essere vincenti sono una buona dose<br />
di curiosità,per esplorare il proprio mondo interiore<br />
e per spingersi poi verso l’esterno,verso gli<br />
altri, una buona dose di pazienza per imparare<br />
l’uso di termini precisi,elaborare strategie per<br />
esplicitare pensieri ed impressioni in forma scritta,<br />
piccoli esercizi quotidiani, per far nascere in<br />
ognuno di noi,piccoli e grandi, dietro l’immagine<br />
dello scrittore che riesce ad esprimere l’inesprimibile,<br />
la voglia di liberarsi dal macigno spesso incontrastato<br />
del vivere quotidiano, il desiderio di<br />
crescere, rappresentarsi,integrarsi,o semplicemente<br />
di memoria.
Incontri d’estate:<br />
raffronti di scrittura creativa<br />
Arinfrescare la<br />
mente dalla calura<br />
estiva non<br />
sono mancati<br />
anche quest’anno a Cefalù<br />
momenti di ristoro culturale.<br />
Presso la “Corte delle<br />
stelle”infatti giorno 17 agosto,come<br />
da palinsesto, si è<br />
svolta una serata dal titolo<br />
“Librandosi a Cefalù”- Incontri<br />
d’estate, organizzata<br />
dal prof. G. Cristina, ,il cui<br />
intento è stato quello di<br />
dare visibilità a coloro che in vari campi dell’arte<br />
esprimono il meglio di sé. In particolare la serata<br />
ha visto come protagonisti tre scrittori emergenti<br />
che hanno presentato al pubblico non solo il frutto<br />
del loro estro creativo, tre romanzi, ma anche le innumerevoli<br />
difficoltà che una pubblicazione comporta,<br />
diffidenza in campo editoriale e alti costi ,<br />
per cui preferisce la forma on line chi manifesta l’<br />
esigenza di scrivere. Marco Bonafede, Annalisa Maniscalco,<br />
Emanuele Miceli sono i tre scrittori intervenuti<br />
nella serata, originari della cittadina<br />
normanna, con qualche esperienza di scrittura alle<br />
spalle. Il primo è uno psichiatra che da sempre dedito<br />
al fumetto si è dilettato nel disegno e nella sceneggiatura<br />
pubblicando nella rivista Eureka.<br />
L’intento del suo romanzo è stato quello di far conoscere<br />
la psicanalisi alla gente attraverso il fumetto.<br />
Ultimo romanzo “Scio” edito con il metodo “il mio<br />
libro .it” è attualmente visionabile sul sito dello<br />
stesso. Si tratta di un romanzo sulla televisione italiana<br />
che malgrado propini spettacoli orrendi , riesce<br />
ad ottenere ugualmente il massimo consenso. Il<br />
secondo romanzo presentato è quello di Annalisa<br />
Maniscalco “ le versioni della mezza noce” Perrone<br />
editore. Il romanzo, ancora non visionabile sul cartaceo<br />
è nato da un progetto non realizzato di un<br />
cortometraggio ideato dalla Maniscalco che ha indotto<br />
l’editore a credere e a sovvenzionare il romanzo<br />
che da lì sarebbe nato. L’idea centrale è<br />
di Patrizia Lipani<br />
25<br />
Scrittura<br />
quella dell’incrocio,punto in<br />
cui convergono tre esistenze,tre<br />
vite. Tre personaggi,<br />
accomunati dalla<br />
solitudine , si incontrano su<br />
un vagone della metropolitana<br />
e sono gli unici che si<br />
accorgono di una noce che<br />
cade dalle mani di un<br />
quarto personaggio e interpretano<br />
in modo diverso<br />
l’episodio. Ne vengono fuori<br />
tre storie diverse che potrebbero<br />
essere lette come tre romanzi<br />
diversi ma che prendono vita solo nel loro<br />
incontro. La scrittrice si reputa fortunata per aver<br />
trovato l’editore sulla base del cortometraggio.<br />
Il terzo romanzo ,che <strong>dei</strong> tre è l’unico disponibile<br />
nelle librerie della cittadina, ha per titolo “Vagantes”di<br />
Emanuele Miceli e fa riferimento al girovagare<br />
all’interno della psiche per cercare risposte che<br />
facciano luce sulle verità nascoste. L’autore sottolinea<br />
tra le pagine e lo ribadisce nella serata che gli<br />
uomini sono vagantes sempre alla ricerca di qualcosa,<br />
ciò significa intraprendere un cammino ma<br />
non per questo appare necessario trovare qualcosa.<br />
L’esperienza del protagonista del romanzo ,autobiografica,<br />
nasce da un travaglio interiore che ha indotto<br />
come racconta l’autore stesso a compiere negli<br />
anni passati il lungo cammino di pellegrinaggio a<br />
Santiago di Compostela. Ma “Vagante”è nel romanzo<br />
il maestro di Samuel, il protagonista,ma è al<br />
contempo la coscienza, è l’immagine sicura di ogni<br />
essere, e nel contempo sono le verità assolute che<br />
vengono pronunciate dal saggio. Samuel è un personaggio<br />
che appare sicuro di sé, malgrado la ricerca<br />
delle verità lo faccia sembrare diversamente. Di Samuel<br />
viene evidenziata la sua fisicità,il suo coraggio,la<br />
sua abilità nel campo delle arti marziali,<br />
esperienza che lo scrittore ha maturato negli anni e<br />
che rappresenta il vero leit motiv del romanzo.<br />
Arti marziali significano percorso di introspezione e<br />
disciplina. Il racconto si articola in una terra asso-
Titolo<br />
lata, la Sicilia, in una stagione calda, nel mese di<br />
Agosto. Samuel è una guida turistica che svolge nell’isola<br />
la sua attività lavorativa, fa da sfondo il suono<br />
del mare e la voce <strong>dei</strong> gabbiani. L’azione si svolge in<br />
un paese di pescatori nel ridente golfo siciliano,con<br />
tanto di rocca, cattedrale e torri, in una località il cui<br />
nome è volutamente omesso ma è palese che si<br />
tratti di Cefalù . Un angolo privato finirà per essere<br />
la foresta di bambù,luogo isolato dove Samuel trova<br />
ristoro materiale oltre che spirituale. Non manca nel<br />
racconto il contatto naturalistico,che ritroviamo nel<br />
riferimento al mare verde smeraldo e azzurro, foreste<br />
,bosco folto circondato da montagne,<br />
insomma non vengono<br />
risparmiate le descrizioni di una natura<br />
incontaminata dalla quale Samuel riceve<br />
il fascino mansueto che riesce a<br />
trasmettere mediante uno spontaneo<br />
rispetto naturalistico a coloro che usufruiscono<br />
della sua guida. Tra la presenza<br />
<strong>dei</strong> due cani dell’amico Al e il<br />
piacere della cavalcata sulla giovane cavalla<br />
saura Rugiada,Samuel prova un<br />
melanconico richiamo per una vedova e<br />
triste donna , “una sagoma scura,una<br />
donna bellissima” il cui lento incedere<br />
e la fragranza del profumo conferisce<br />
un grande fascino . Amalia dopo l’incontro<br />
diventa il chiodo fisso di Samuel,<br />
l’apparizione della donna sa di<br />
misterioso, “avanza silente, impalpabile”,Da<br />
quando la donna entra nella<br />
sua vita gli incontri con il suo maestro<br />
da cui egli trae la grande esperienza<br />
vanno diradandosi , .”Il mio maestro mi<br />
aveva insegnato ad attendere, raccogliermi<br />
per scattare in un attimo”.Samuel<br />
trova la sua “pienezza” in lei e la<br />
sua condizione di escluso dal mondo , il<br />
vivere e il nutrirsi della filosofia del maestro,<br />
<strong>dei</strong> momenti di contemplazione, di<br />
meditazione,di ciò di cui la mente necessita,sembra<br />
venir meno non appena<br />
l’amore tanto agognato fa capolino, ma<br />
come tutte le belle storie però il finale<br />
Incontri d’estate: raffronti di scrittura creativa<br />
26<br />
non sempre è a lieto fine. Samuel sa che di fronte al<br />
triste epilogo il maestro non l’ha abbandonato “le<br />
orme del maestro avanzavano parallele alle mie”,lui<br />
solo ne percepisce la presenza costante, “ solo un vagante<br />
può scorgere un altro vagante” per questo<br />
l’uno non ha perso di vista l’altro. La ricerca all’interno<br />
del proprio mondo di una verità diventa il<br />
tema costante dell’autore il quale , con un con il linguaggio<br />
chiaro e fluido della sua penna e con lo<br />
sguardo vigile e avvezzo all’osservazione, è riuscito a<br />
“fotografare” gli angoli nascosti di una natura incontaminata.
Già da qualche settimana<br />
il Chiostro del complesso<br />
monumentale di<br />
Sant’Anna ospita l’iniziativa<br />
“<strong>Palermo</strong> Classica”, I Festival<br />
Internazionale di arte e musica<br />
che sta portando in concerto l’opera<br />
integrale delle musiche per pianoforte<br />
e orchestra composte da Mozart.<br />
Ad arricchire gli spettacoli,<br />
iniziati il 30 Luglio 2011 e destinati<br />
a continuare fino a Ottobre, si sono<br />
avvicendati e continuano ad alternarsi<br />
maestri provenienti da tutto il mondo, che si<br />
soffermano in uno scenario antico ed elegante.<br />
Il cortile del complesso, che è anche la sede della<br />
Galleria di Arte Moderna, è stato adibito a teatro<br />
per l’occasione, con sedie disposte sulla erba e sui<br />
viottoli lastricati, in uno spazio incorniciato dalle colonne<br />
che sorreggono il tetto; l’orchestra suona sotto<br />
il cielo stellato della <strong>Palermo</strong> d’Agosto, mentre su<br />
uno schermo una telecamera nascosta proietta le immagini<br />
delle dita <strong>dei</strong> pianisti che scivolano sui tasti.<br />
Sabato 20 Agosto 2011 sono saliti sul palco rialzato<br />
il maestro Wicktor Bockman, formatosi all’Accademia<br />
di musica di Cracovia e a Monaco di Baviera, il<br />
quale ha girato l’Europa con le sue esibizioni, colla-<br />
27<br />
Musica<br />
Mozart al Chiostro di Sant’Anna<br />
di Lavinia Scolari<br />
borando con le più importanti orchestre.<br />
Germania, Austria, Svizzera,<br />
Francia, Romania, Russia,<br />
Turchia, Polonia: è questo l’elenco<br />
delle sue tappe artistiche, che lo<br />
hanno condotto anche nella nostra<br />
<strong>Palermo</strong>, a dirigere, tra le altre, l’<br />
“Ouverture” del Don Giovanni K.<br />
527 con sicurezza e spirito.<br />
Nella seconda parte della serata sale<br />
sul palco per sedersi davanti al suo<br />
maestoso pianoforte il maestro Paul<br />
Badura Skoda. Chi infatti meglio di<br />
un viennese di nascita avrebbe potuto rendere onore<br />
a Mozart e al suo spirito? Ma Paul Badura Skoda<br />
non è solo questo, è anche considerato a oggi uno<br />
<strong>dei</strong> più celebri e talentuosi pianisti viventi, capace di<br />
ammaliare per l’estro e la vivacità delle sue esibizioni.<br />
Il festival ha colpito nel segno, l’atrio a cielo aperto<br />
è ricolmo di pubblico, nessuna sedia vacante, qualcuno<br />
perfino in piedi, sullo sfondo, ad acclamare un<br />
“bis”. Girasoli per i maestri e sorrisi in platea.<br />
La musica non è stata solo ascoltata, ma si è vista<br />
pulsare nell’aria. <strong>Palermo</strong> dovrebbe augurarsi un<br />
ricco proliferare di queste iniziative, che valorizzano<br />
e nobilitano i luoghi dell’arte, rendendoli vivi.
Società<br />
Le ricette letterarie di Marinella<br />
di Marinella<br />
Melanzane conciate - Proposta da Clara Sereni in Casalinghitudine, Einaudi- 1987<br />
Tartine alla rughetta:<br />
Melanzane,<br />
olio, aceto,<br />
aglio, prezzemolo,<br />
basilico, sale<br />
Preparazione:<br />
Tagliare le melanzane nel senso della lunghezza, a fette alte un dito,<br />
inciderle a grata con la punta del coltello. Disporre le fette in una teglia<br />
con olio abbondante, passarle nel forno a 220° per 20 minuti. Scolare le<br />
melanzane, farle asciugare sulla carta del pane, disporle a strati su un piatto<br />
da portata, salandole via via. Scaldare l’aceto con l’aglio tritato, le foglie di<br />
prezzemolo e basilico, versarlo caldo sulle melanzane, e lasciare insaporire<br />
per un paio d’ore. Si possono anche surgelare, resistono bene.<br />
28
29<br />
Cucina<br />
Le ricette letterarie di Marinella<br />
Preparazione:<br />
di Marinella<br />
Polpettone di tonno e patate Da “Casalinghitudine “ di Clara Sereni - Einaudi<br />
Tartine alla rughetta:<br />
Gr, 300 di tonno sott’olio,<br />
gr.300 di patate lesse,<br />
1 spicchio d’aglio,<br />
2 cucchiai di prezzemolo tritato,<br />
1 tazza di maionese per guarnire.<br />
Schiacciare e mescolare energicamente il tonno, le patate, l’aglio tritato<br />
finissimo, il prezzemolo. Dare all’impasto la forma di un pesce, ricoprirlo<br />
di maionese. Passare per un quarto d’ora in frigorifero.<br />
Altre guarnizioni sono affidate all’estro, alla voglia, al tempo a disposizione<br />
di chi prepara.
Sicilia<br />
Viaggiatori stranieri in Sicilia<br />
di Daniela Crispo<br />
CARLO CASTONE DELLA TORRE DI REZZONICO - parte sesta<br />
Il giorno 2 ottobre 1793 volli fare una scorsa pel litorale<br />
di <strong>Palermo</strong> verso nord-ovest e meco venne<br />
il Sig. Giacomo Tough, cortesissimo e bene istruito<br />
uomo in ogni genere di utili cognizioni. Passammo<br />
dalla fertile pianura detta Li Colli , tutta seminata di deliziose<br />
e magnifiche ville ….Bellissimi oliveti ombreggiano<br />
i campi, ed aloe ed opunzie …manifestano la<br />
clemenza del beato clima…. A Sferracavallo la strada,<br />
per la somma scabrosità dell’acute pietre, ben merita tal<br />
nome, e qui cominciano i seni verso la marina ed alzarsi<br />
una catena di rupi assai pittoriche….Uno sfasciume<br />
di antica torre qui sorge sovra l’acuta punta d’un<br />
isolato macigno….ed offre uno stupendo esemplare de’<br />
capricci della natura e del tempo. Osservammo la ton-<br />
30<br />
nara e l’isoletta delle Femmine, che è corruzione di<br />
Fimi, giacchè da Gugliemo II chiamasi Insula Fimi,<br />
ossia del fango, e fimini dicono in plurale i Siciliani per<br />
femmine ( nel loro corrottissimo linguaggio, che abbonda<br />
d’infiniti iotacismi e si tinge di somma barbarie,<br />
cosicché parmi gran meraviglia che da sì impura fonte<br />
derivasse la toscana favella, sì fluida, sì bene accentata e<br />
linda…ripiena di grazie. Ma se non varcava lo stretto<br />
peloritano la volgar favella e non isvestiva le rozze<br />
forme acquistate nella montuosa Sicilia e non perdeva<br />
nelle glottidi toscane la saracena e la normanna asperità<br />
e riaccostata alla grecanica e latina sonorità, eleganza e<br />
purezza , che da ‘ tre sommi scrittori, Dante , Petrarca<br />
e Boccaccio ebbe in dono) .
Il 30 luglio del 1789, esattamente 222 anni fa,<br />
moriva a <strong>Palermo</strong> giustiziata sulla forca una<br />
diabolica vecchietta, Giovanna Bonanno, meglio<br />
conosciuta come la vecchia dell’aceto. Fu<br />
l’ultimo processo di stregoneria svoltosi a <strong>Palermo</strong>,<br />
anche se proprio di stregoneria non si trattò e anche<br />
perché il tribunale dell’Inquisizione era stato abolito<br />
dal vicerè Caracciolo nel 1782. Giovanna Bonanno<br />
era una vecchia megera che si guadagnava da vivere<br />
vendendo intrugli per pochi spiccioli a povera gente<br />
che credeva nelle proprietà di queste pozioni da cui<br />
di solito ricavava un miserevole beneficio. Una pozione,<br />
l’aceto per i pidocchi, invece era molto efficace<br />
e quindi molto richiesta. Delle proprietà<br />
venefiche di questa pozione la vecchia si accorse solo<br />
per caso quando una bambina bevutone qualche<br />
sorso per poco non morì. La diabolica megera pensò<br />
di trarre profitto da queste straordinarie proprietà<br />
dell’intruglio che lei, tra l’altro, comprava regolarmente<br />
da un farmacista che lo vendeva come cura<br />
per i pidocchi. Al composto a base di arsenico e<br />
piombo del farmacista la vecchia aggiungeva o del<br />
vino bianco o dell’aceto che messo in un brodo o<br />
una minestra era totalmente insapore. L’arsenico,<br />
infatti, molto simile al fosforo e altamente tossico<br />
anche nei suoi composti è di solito inodore e ha una<br />
proprietà particolare, sublima, cioè passa direttamente<br />
dallo stato solido allo stato aeriforme. Un veleno<br />
perfetto! L’avvelenamento da arsenico inoltre<br />
è molto difficile da diagnosticare perché causa molteplici<br />
sintomi colpendo sia il sistema digerente sia<br />
nervoso. Molte donne stanche di matrimoni sbagliati<br />
e di mariti violenti o traditori si rivolsero a lei chiedendo<br />
il rimedio alle loro sofferenze. Chi se ne andava<br />
soffrendo però era il povero marito che tra<br />
atroci dolori si consumava in poco tempo. Quando<br />
il numero delle vittime nel quartiere della Zisa, dove<br />
operava la diabolica megera, cominciava a essere già<br />
un po’ eccessivo accadde un fatto che portò poi al<br />
processo e quindi alla condanna di Giovanna Bonanno.<br />
Una donna commissionò una dose di veleno<br />
La vecchia dell’aceto<br />
di Gabriella Notarbartolo<br />
31<br />
Service online<br />
che doveva essere destinato al marito. La Bonanno<br />
consegnò la pozione e solo dopo seppe che il marito<br />
della donna era il figlio di una sua cara amica. Cercando<br />
di salvarle il figlio confidò all’amica le intenzioni<br />
della nuora, ma inutilmente, l’uomo morì poco<br />
dopo. L’amica della vecchia megera si vendicò accusandola<br />
di stregoneria e consegnandola alla giustizia.<br />
Tragico epilogo di una misera esistenza.<br />
L’ignoranza e la superstizione sono due streghe davvero<br />
paurose. Curiosamente in quello stesso anno,<br />
1789, Antoine Lavoiser il chimico francese pubblicò<br />
“ le Traitè Elémentaire de Chimie” il trattato di chimica<br />
elementare.<br />
Palazzo Steri sede del Tribunale dell'Inquisizione a <strong>Palermo</strong>
Società<br />
In questi ultimi mesi ci sono novità nel mondo della cultura<br />
: i T Q . Sono scrittori tra trenta e quaranta anni,<br />
che si interrogano sul ruolo sociale degli scrittori, delle<br />
case editrici, <strong>dei</strong> luoghi in cui usualmente si fa cultura. Progettano<br />
una nuova fase d’impegno intellettuale dopo anni<br />
di assenza. I TQ scrivono in un loro manifesto che “ il<br />
nuovo secolo appare ancora come un Novecento svuotato<br />
di senso. Sono caduti insieme alle ideologie anche gli ideali<br />
….la forza del futuro“. La crisi profonda che viviamo in<br />
questi giorni assegna a ciascuno di noi<br />
nuovi doveri, soprattutto ci impone<br />
una riflessione sul nostro recente passato,<br />
ma anche di lanciare almeno uno<br />
sguardo verso il futuro per delineare un<br />
progetto di società migliore. La cultura<br />
non può sentirsi esonerata. Anzi deve<br />
prendere o riprendere il suo ruolo<br />
guida, uscendo dai luoghi tradizionali,<br />
dalle torri d’avorio, dai privilegi garantiti<br />
e “sporcarsi le mani”mescolandosi<br />
con la gente, ascoltandone esigenze e<br />
I TQ<br />
di Lietta Pasta<br />
Il 22 luglio 2011<br />
di Gabriella Maggio<br />
Isola di Utøya dopo la strage del 22 luglio<br />
32<br />
gusti reali. Deve contrastare la rozzezza <strong>dei</strong> tempi e l’incultura<br />
troppo diffusa, la logica della quantità che prevale<br />
sulla qualità con un progetto di ampio respiro che sia in<br />
grado di suscitare curiosità ed interesse ed avvicinare alla<br />
cultura quante più persone è possibile. Questi T Q conoscono<br />
bene il mondo della produzione e della divulgazione<br />
della cultura perché ci lavorano dentro, ed è un vantaggio.<br />
Anzi i TQ sono una risorsa, sostiene Nicola Lagioia.<br />
Altri al contrario li criticano perché ritengono che il loro<br />
sia un modo piuttosto spregiudicato di<br />
individuare ed affrontare i problemi<br />
culturali nei manifesti e nei forum, proprio<br />
perché sono organici al sistema<br />
culturale. Io credo che una critica che<br />
si fondi su fatti concreti e conosciuti sia<br />
preferibile a quella astratta. E siccome<br />
mi pare di cogliere in giro una sempre<br />
più diffusa stanchezza di come vanno le<br />
cose e una voglia di cambiamento,<br />
anche nel mondo culturale, incoraggiamo<br />
i TQ al di là dell’anagrafe.<br />
Il democratico e tollerante Popolo Norvegese è stato offeso dal folle gesto di Anders Behring Breivik , che il 22 luglio 2011 con spietata<br />
e impassibile determinazione ha ucciso settantasette persone nella città di Oslo e nell’isola di Utøya . Tutte le donne e gli uomini<br />
responsabili che hanno fiducia nell’uomo e nella comunità alla quale appartengono sinceramente condannano questo gesto<br />
efferato ed esprimono la loro solidarietà al Popolo Norvegese così duramente provato.
33<br />
Moda<br />
Glossario della biancheria intima<br />
Camicia da notte (IV parte)<br />
AtQuesto indumento per la notte fa la sua comparsa<br />
soltanto nel tardo Medioevo sotto il<br />
nome di camicia da letto. Prima di allora le<br />
persone dormivano nude o con indosso gli<br />
stessi indumenti tenuti durante il giorno. Le prime camicie<br />
da notte erano molto larghe ma, per il resto, assomigliavano<br />
più o meno alle camicie da giorno ricavate da<br />
un grande taglio di stoffa con lunghe maniche abbondanti.<br />
La camicia da notte ha avuto una diffusione generale<br />
solo nel secolo XIX e in molti paesi ancora più tardi.<br />
Spesso le donne indossavano sopra la camicia una giacca<br />
da notte. In Sicilia, il 4 dicembre del 1563, si consumò la<br />
tragedia della baronessa di Carini. La tenace tradizione<br />
orale del popolo ha tramandato la lontana tragedia sici-<br />
di Raffaello Piraino<br />
1800-1900. Camicie da notte della Collezione Piraino<br />
liana con parole vestite di poesia e di commossa pietà per<br />
la vittima. L’antica ballata popolare infatti narra di un<br />
sanguinoso dramma d’amore, consumatosi nell’antico<br />
Castello di Carini. La fanciulla, di nobilissimi natali, una<br />
La Grua-Talamanca, si era lasciata coinvolgere in una<br />
peccaminosa relazione amorosa con un avventuriero di<br />
pochi scrupoli. La sfortunata, fragile ed eterea baronessa,<br />
colpevole di aver macchiato l’onore della famiglia, cadde<br />
trafitta dalla spada del padre mentre la sua camicia da<br />
notte bianca, tutta trine e merletti, si tingeva di rosso. La<br />
tradizione popolare tramanda inoltre che la sua mano<br />
insanguinata, appoggiandosi alla parete delle torre, lasciò<br />
un segno indelebile che riappare ad ogni anniversario<br />
della sua triste fine.
Storia<br />
BERLINO 13 AGOSTO 1961<br />
di Gabriella Maggio<br />
All’alba del 13 agosto del<br />
1961 i Berlinesi si svegliarono<br />
divisi tra est<br />
ed ovest. Edifici e famiglie,<br />
senza alcuna differenza tra<br />
cose e persone, vennero divisi in<br />
due parti. Così la Germania venne<br />
divisa in due parti: occidentale ed<br />
orientale, la prima nell’orbita politica<br />
degli U.S.A. ,la seconda in<br />
quella dell’U.R.S.S. I divieti erano<br />
severi ad infrangerli si rischiava la<br />
vita, perché i soldati della parte<br />
orientale avevano l’ordine di sparare<br />
su chiunque tentasse di attraversare<br />
il confine, subito segnato<br />
già dalle prime ore del 13 agosto<br />
con filo spinato. Dopo lunghi anni di avvicinamento tra est ed ovest, cominciato col Cancelliere Federale<br />
Willy Brandt, che nel 1971 ebbe il Nobel per la pace per l’importante opera di avvicinamento tra i due blocchi<br />
politici, il muro di Berlino cade il 9 novembre 1989.<br />
Il muro di Berlino ha segnato la storia europea, sia quando è stato costruito che quando è stato demolito. E’ vero che si è parlato poco<br />
d’Europa negli ultimi tempi ed oggi se ne parla in termini esclusivamente economici, ma non dobbiamo dimenticare l’Europa degli<br />
uomini e delle donne comuni con le loro esperienze. Sono loro che fanno l’Europa.<br />
34
Società<br />
NEL CENOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO<br />
DELL’UNITA’ D’ITALIA<br />
Nel marzo del 1821 il conte Santorre di<br />
Santarosa guida in Piemonte la cospirazione<br />
<strong>dei</strong> patrioti che lottano per la<br />
concessione della Costituzione. Dopo<br />
aver consultato Carlo Alberto, considerato simpatizzante<br />
delle idee liberali, l’inizio dell’insurrezione<br />
è dato issando un tricolore ( è incerto se si tratti del<br />
nostro tricolore o di quello della Carboneria, blu,<br />
rosso, nero) sulla<br />
cittadella di Alessandria.<br />
Il colonnello<br />
Guglielmo<br />
Ansaldi, che intanto<br />
ha assunto<br />
il comando della<br />
cittadella e la<br />
presidenza della<br />
Giunta, emette il<br />
proclama:” Cittadini,<br />
lo stendardo<br />
del<br />
dispotismo è per<br />
sempre curvato a<br />
terra fra noi. La<br />
patria che ha gemuto<br />
finora sotto<br />
il peso di obbrobriose<br />
catene, respira<br />
finalmente<br />
l’aure soavi di<br />
fraternità e di pace. Cittadini! L’ora dell’italiana Indipendenza<br />
è suonata!” Tra i patrioti della Lombardia<br />
si diffonde la notizia che l’esercito degli<br />
insorti piemontesi avrebbe invaso e liberato la Lombardia<br />
dagli Austriaci. Si dava per certo che il 17<br />
marzo l’esercito avrebbe varcato il Ticino. Emozionato<br />
dagli eventi, Alessandro Manzoni comincia a<br />
comporre l’ode “ Marzo 1821”, che comincia : “<br />
Soffermati sull’arida sponda,/ volti i guardi al varcato<br />
Ticino,/ tutti assorti nel nuovo destino,/ certi<br />
in cor dell’antica virtù/ …. Altri forti..rispondean<br />
da fraterne contrade….” Ma il generoso tentativo<br />
resta privo di successo, immediatamente subentra<br />
di Giuseppina Cuccio<br />
35<br />
la delusione e lo sconforto, anche per le incertezze<br />
di Carlo Alberto. Ciò nonostante è cominciato un<br />
percorso che non si arresterà se non con la proclamazione<br />
dell’Unità. L’ode di Manzoni è bellissima,<br />
dà voce sincera e profonda alla passione di quei<br />
giorni, ma tace il sentimento della sconfitta e della<br />
delusione. Però Manzoni ritornerà indirettamente<br />
sul sentimento della sconfitta nella tragedia Adelchi,<br />
in cui il protagonista<br />
esprime<br />
la delusione dell’esercizio<br />
della<br />
politica.<br />
E’ un principe<br />
leale e giusto, desideroso<br />
di buona<br />
gloria, ma si<br />
rende conto che<br />
governare è<br />
“reggere iniqui” ,<br />
cioè governare da<br />
iniqui; in fin di<br />
vita dice al padre<br />
Desiderio, che gli<br />
sopravvive , sebbene<br />
prigioniero<br />
di Carlo: “Godi<br />
che re non sei;<br />
godi che chiusa/<br />
all’oprar t’è ogni<br />
via : loco a gentile,/ ad innocente opra non v’è: non<br />
resta/ che fare il torto, o patirlo…Una feroce /forza<br />
il mondo possiede, e fa nomarsi/ dritto….”. La<br />
delusione storica si manifesta amara e completa, supera<br />
gli eventi della storia e dell’invenzione per elevarsi<br />
a dolente considerazione sul senso universale<br />
della storia. La tragedia, composta tra il 1820 ed il<br />
1821, riecheggia in maniera chiara, se ne trova, infatti,<br />
traccia analizzando le diverse stesure di alcuni<br />
episodi riguardanti il “potere”, anche l’amarezza<br />
per i lutti milanesi seguenti la scoperta una “vendita<br />
“ carbonara e la dura inevitabile repressione<br />
austriaca.
Società<br />
Giornata internazionale<br />
della commemorazione del commercio degli schiavi e<br />
della sua abolizione<br />
“<br />
A Santo Domingo (oggi Haiti e Repubblica Dominicana),<br />
la notte tra il 22 e il 23 agosto 1791 vide il<br />
sorgere della rivolta che avrebbe giocato un ruolo essenziale<br />
nell’abolizione della tratta transatlantica degli<br />
schiavi”. Queste parole si leggono in un documento<br />
dell’UNESCO che ha proclamato il 23 agosto giornata<br />
della commemorazione. Per quanto ci sembri lontana<br />
la data del 1791, ancora oggi siamo ben lontani<br />
dalla reale abolizione della schiavitù, che purtroppo<br />
continua ad essere una realtà in molti luoghi del pia-<br />
di Giuseppina Cuccio<br />
36<br />
neta. “Nessun Paese può dirsi immune alle nuove<br />
forme di schiavitù”, dice Gulnara Shahinian, studiosa<br />
delle forme contemporanee di schiavitù. L'associazione<br />
Save the Children pubblica nell’occasione un<br />
dossier sulla situazione italiana. Ciò che emerge è allarmante.<br />
Nel nostro Paese si pratica la tratta e lo<br />
sfruttamento <strong>dei</strong> minori a scopo sessuale, ma anche<br />
per l’accattonaggio ed il lavoro o nelle attività illegali.<br />
Quindi è necessario non dimenticare questa ricorrenza.<br />
Il Centocinquantesimo Anniversario dell’unità d’Italia<br />
Dal GATTO<strong>PA</strong>RDO di Giuseppe Tomasi di Lampedusa<br />
Nell’ottobre 1860 a Donnafugata il<br />
sindaco Calogero Sedara annuncia<br />
l’esito del Plebiscito: votanti 512, sì 512.<br />
Qualche pagina più avanti, durante la<br />
battuta di caccia sulla cima del monte<br />
Morco don Ciccio Tumeo argomenta al<br />
principe Fabrizio le ragioni del suo no e la<br />
sua delusione per la mancata considerazione<br />
del suo voto: “ Per una volta che potevo<br />
dire quello che pensavo, quel<br />
succhiasangue di Sedara mi annulla…..” A sua volta il<br />
principe Fabrizio riflette : “….adesso sapeva chi era stato<br />
ucciso a Donnafugata, in cento altri luoghi, nel corso di<br />
quella nottata di vento lercio: una neonata : la buonafede:<br />
proprio quella creatura che più si sarebbe dovuta curare,<br />
il cui irrobustimento avrebbe giustificato altri stupidi vandalismi<br />
compiuti. Il voto negativo di don Ciccio, cinquanta<br />
voti simili a Donnafugata, centomila “no” in tutto il regno,<br />
non avrebbero mutato nulla al risultato, lo avrebbero reso<br />
più significativo; e si sarebbe evitata la storpiatura delle<br />
anime.” Nel romanzo don Fabrizio è favorevole alla costituzione<br />
del regno unitario per ragioni di opportunità e necessità<br />
politica e l’Autore variamente sviluppa il tema nel<br />
corso della narrazione. Nel contesto del romanzo, perciò,<br />
l’episodio di monte Morco mette in evidenza un’importante<br />
osservazione politica, perché con amarezza fa riferimento<br />
al tradimento dell’occasione di cominciare a<br />
formare una coscienza civile schietta e fiduciosa nelle istituzioni,<br />
tale da costruire una nazione più moderna e più<br />
civile. Ancora una volta rileggendo il romanzo di Tomasi<br />
di Lampedusa emergono aspetti interessanti, lasciati in<br />
ombra da letture e giudizi critici che oggi appaiono re-<br />
di Gabriella Maggio<br />
strittivi. Compresa l’affascinante e suggestiva<br />
interpretazione del regista Luchino Visconti.<br />
Ma questa mia considerazione non<br />
vuole riaccendere vecchie polemiche letterarie<br />
né cedere all’esaltazione acritica del<br />
romanzo, secondo un certo stile siciliano.<br />
Vuole soltanto ristabilire un’equilibrata considerazione<br />
<strong>dei</strong> temi che Tomasi affronta e<br />
che trovano relazione col nostro attuale contesto<br />
culturale, in questa dolente e contrastata<br />
rievocazione <strong>dei</strong> centocinquant’anni dell’Unità.<br />
Quando il romanzo fu pubblicato da Feltrinelli nel 1958<br />
l’orizzonte d’attesa era profondamente diverso da quello di<br />
oggi, si cercava sebbene in vari modi un rinnovamento letterario<br />
sia nel linguaggio sia nei temi. Di lì a poco il Menabò<br />
di E. Vittorini ed I. Calvino, mentre già dal’56 si<br />
pubblicava Il Verri di L.Ancechi aperto a nuove esperienze<br />
letterarie, che troveranno espressione nella neoavanguardia<br />
ed in un’ideologia antineocapitalistica. Il<br />
Gattopardo appariva contrastante con quest’orizzonte,<br />
fuori tempo come il suo autore, un gentiluomo d’altri<br />
tempi, di un’eleganza compassata. Quest’atmosfera letteraria<br />
spiega il rifiuto di Vittorini di pubblicare l’opera<br />
presso Einaudi e l’interesse di G. Bassani, che insieme a C.<br />
Cassola allora veniva definito “Liala della letteratura”.<br />
Oggi l’interpretazione è diversa, l’elemento storico acquista<br />
valore in quanto richiama il presente e ne dà una lettura.<br />
Il principe Fabrizio è un acuto osservatore del<br />
mondo che lo circonda così come lo è del mondo siderale.<br />
Ma la differenza è che il mondo delle stelle appare al principe<br />
regolare e preciso, quello degli uomini confuso e<br />
campo di scontro di pulsioni distruttive.
37<br />
Società<br />
Ogni scuola che si chiude<br />
«Un anonimo<br />
cronista inviò, datata<br />
il giorno di Ognissanti,<br />
un’infervorata accusa contro la<br />
trascuratezza, gli doleva dirlo,<br />
della scuola, “questo tempio di educazione, come<br />
la chiamò Bovio, questo laboratorio dell’uomo,<br />
tanto necessaria nelle epoche di progresso che attraversiamo”.<br />
Anche se parole come progresso tradiscono<br />
la parte politica, le ragioni dell’attacco ci<br />
appaiono oggi strabilianti. Ad oltre un mese dall’inizio<br />
dell’anno scolastico, si assisteva al “penosissimo<br />
inconveniente di vedere la 1a bis<br />
frequentata da 78 alunni, la 2a da 84 e la 3a da<br />
80”. Sì, erano proprio tanti i piccoli frequentanti<br />
una classe. Difficile immaginare come potessero<br />
essere stipati in aule piccole e fredde e come un<br />
maestro potesse farsi sentire da tale selva di testoline<br />
vocianti. Se pure a ciò tende il progetto Gelmini<br />
(si dimentica che fu avviato dalla splendida<br />
Moratti), allora era illegale e, come precisava il<br />
cronista, contrario all’art.<br />
323 della Legge 13 novembre<br />
1889 e all’art. 11 del Regolamento<br />
generale 9<br />
ottobre 1895, norme dettate<br />
e raccomandate ai prefetti<br />
con circolare ministeriale 26<br />
novembre 1897, n. 75, che<br />
prescrivevano <strong>dei</strong> limiti invalicabili,<br />
pur se lo sconto era<br />
risibile: “quando per un determinato<br />
periodo di tempo<br />
in una scuola elementare si<br />
accolgano più di 70 fanciulli<br />
debba il Municipio provvedere<br />
dividendo la classe in<br />
sale separate e con sotto<br />
maestri”. Il limite posto non<br />
metteva in conto la capienza<br />
di locali di privata abitazione<br />
presi in affitto e le umane<br />
di Carmelo Fucarino<br />
possibilità del maestro che doveva educare <strong>dei</strong> piccoli<br />
in un’età poco suscettibile ai richiami e allo<br />
stare fermi e in silenzio. Il nostro Municipio, sensibile<br />
al problema, “vagheggiava” un rimedio<br />
“non ammissibile”, sdoppiare la scuola “in modo<br />
che ad una parte degli alunni si facesse lezione<br />
nelle ore del mattino e all’altra parte nelle ore pomeridiane”.<br />
Sembrava una soluzione ragionevole<br />
e nella mia esperienza scolastica, fatta proprio nei<br />
locali degli odierni uffici amministrativi del Municipio,<br />
allora diversamente disposti – una ripida<br />
scala immetteva in fredde e piccole aule - anche<br />
io alternai periodi mattutini ad altri pomeridiani.<br />
C’era però una grossa differenza, allora il maestro<br />
doveva essere unico nei due turni. Il cronista<br />
amante della cultura, forse un maestro, più verosimilmente<br />
il direttore, data l’estrema competenza<br />
<strong>dei</strong> problemi, aveva ben da ridire con argomentazioni<br />
in linea di massima giuste, anche se dimentiche<br />
della vera finalità della scuola, che non era
Società<br />
certo semplice “deposito” o “custode” della sicurezza<br />
<strong>dei</strong> bambini, come purtroppo ancor oggi si<br />
ritiene da genitori e politici: “ma tal rimedio a prescindere<br />
dal fatto che stanca l’educatore e non affida<br />
alcun utile risultato, perde il valore rispetto al<br />
danno morale che incontestabilmente deriva ai<br />
fanciulli dalla abbreviata convivenza coi propri<br />
educatori e dal troppo lungo abbandono nel quale<br />
vengono lasciati fuori dalla scuola, esposti ai pericoli<br />
di ogni specie. Insomma la scuola non servirebbe<br />
più a sottrarre per quanto è possibile i<br />
fanciulli alla deleteria influenza della strada”. Era<br />
senz’altro vero che “le aule delle nostre scuole antigieniche<br />
per se stesse, frequentate da un così rilevante<br />
numero di alunni, sono focolari di<br />
infezioni e depongono contrariamente a qualsiasi<br />
norma educativa”. Secondo il cronista, la scelta<br />
non si poteva giustificare con “una qualsiasi ragione<br />
di economia, perché, quando l’economia è<br />
intesa ad ostacolare la scuola popolare è grettezza,<br />
38<br />
Ogni scuola che si chiude<br />
taccagneria biasimevole”. Il Ministero, come<br />
aveva fatto per altri comuni, sarebbe potuto certamente<br />
venire in aiuto del nostro, “occorrendo<br />
l’apertura di nuove aule scolastiche con l’assunzione<br />
in servizio di altrettanti sottomaestri”. Perciò<br />
faceva appello “all’energia del provveditore perché<br />
al più presto sia provveduto secondo legge in<br />
modo di togliere le giuste ansie ai numerosissimi<br />
padri di famiglia, i quali, continuando le cose in<br />
questo modo si contenteranno meglio di aver <strong>dei</strong><br />
cavallini vivi che <strong>dei</strong> dottori morti”. A parte questa<br />
colorita immagine, il cronista, “interprete dell’opinione<br />
pubblica” che muoveva tali lagnanze,<br />
concluse con una profonda intuizione sociologica<br />
da trasmettere ancor oggi al posto delle interessate<br />
e strumentali Pubblicità Progresso, “ripetendo una<br />
massima ormai celebre, ogni scuola che si chiude<br />
favorisce l’incremento di dieci case penali”».<br />
(Estratto da Stratigrafia del comune di Prizzi come metafora della storia dell’Isola,<br />
vol. III, Il Novecento, pp.85-86, ed. Comune di Prizzi, in fase di<br />
stampa).<br />
Le Madonie orgoglio siciliano<br />
Forse a tanti siciliani non sembra possibile, ma le<br />
Madonie non sono soltanto un patrimonio dell’umanità,<br />
come le ha dichiarate l’Unesco, ma una<br />
vera risorsa economica, perché il loro “marchio”,<br />
ovvero il loro brand, secondo la Camera di Commercio<br />
di Monza e della Brianza, esperta di valutazioni<br />
<strong>dei</strong> territori italiani<br />
di pregio naturalistico, vale<br />
oltre 2 miliardi di euro. Questa<br />
stima è ricavata da dati<br />
del Registro Imprese, dell’ISTAT,<br />
dell’Agenzia del<br />
territorio, della Banca d’Italia<br />
e mira alla visibilità ed all’attrattiva<br />
per imprese e<br />
turisti. Spetta quindi ai Siciliani<br />
mettere a frutto nel migliore<br />
<strong>dei</strong> modi questa<br />
di Pino Morcesi<br />
situazione, elaborando tecniche di ricezione turistica<br />
che mirano a mantenere l’interesse del visitatore,<br />
affinché ritorni nei luoghi e se ne faccia<br />
testimonial col passa parola. Ed anche sviluppando<br />
imprese che tutelano l’ecosistema e rifuggono da<br />
un guadagno rapido, ma dissennato perché alla<br />
lunga dannoso, se non letale,<br />
per quei luoghi. Spesso i Siciliani<br />
cercano un volano<br />
per l’economia isolana, forse<br />
è il momento di passare dalle<br />
parole ai fatti, dal navigare a<br />
vista se non sott’acqua, a navigare<br />
in superficie ed alla<br />
luce del sole, evitando i soliti<br />
mezzucci un po’ loschi che<br />
spesso caratterizzano certe<br />
nostre iniziative.
Pilipintò, Racconti da bagno per siciliani e non<br />
Quattro mila copie in cinque mesi, questa<br />
volta i numeri premiano la qualità e il<br />
piacere di una lettura irriverente e simpatica:<br />
“Pilipintò, Racconti da bagno<br />
per siciliani e non” di Carlo Barbieri, edito dalla<br />
casa editrice Zerounoundici di Stefania Lovati, è<br />
stata una rivelazione. L’idea è quella già sperimentata<br />
dalla rivista “Toilet”, ma nuova per una raccolta<br />
autonoma e compiuta di racconti umoristici originali<br />
e gaudenti: ogni storia, infatti, ha un “tempo durata”<br />
di lettura segnalato a inizio narrazione, che la<br />
rende adeguata anche per l’intimità delle nostre<br />
“sale da bagno”. Ma sarebbe riduttivo pensare a Pilipintò<br />
come una lettura occasionale da toilette. Si<br />
tratta di un caleidoscopio di maschere, caratteri, racconti<br />
fantastici e realistici, dove la “sicilianità” è raccontata<br />
ed espressa in modo graffiante e sorridente,<br />
senza patetismi o stereotipi grotteschi, ma con una<br />
verve nuova e appassionante.<br />
Ho sempre pensato che il segreto per scrivere una<br />
bella storia, (dove all'aggettivo "bella" potete sostituire<br />
a piacimento intrigante, divertente, sorprendente,<br />
geniale, piacevole, simpatica, toccante,<br />
originale, unica) fosse quello di seguire un'intuizione.<br />
L'intuizione è l'anima delle storie, e, ancor più che<br />
<strong>dei</strong> romanzi, <strong>dei</strong> racconti e delle novelle. Ebbene, i<br />
racconti di Pilipintò sono tutti l'evoluzione narrativa<br />
di intuizioni, ognuno di essi è sorprendente, divertente,<br />
inatteso e forse anche "scorretto". In ogni racconto<br />
l'autore ammicca, irride, stravolge le regole e<br />
rovescia gli stereotipi, oppure li porta all'eccesso in<br />
un susseguirsi di personaggi animatissimi, vivi, urlanti,<br />
di invenzioni e di dimensioni fantastiche, che<br />
partono dalla Sicilia e dal modo in cui è vista da<br />
fuori e da dentro, per poi sbilanciarsi, deformala, caricarla,<br />
addolcirne i tratti, ma molto più spesso<br />
acuirli. Si sorride, si ride perfino: "La Ronda" e "il<br />
conferenziere" sono due perle di comicità, o forse di<br />
umorismo; ti lasciano il sorriso affianco a una ruga<br />
di perplessità, perché raccontano ridendo e scherzando<br />
un frammento del nostro reale, quello che da<br />
Siciliana vivo, sperimento, amo e a volte biasimo.<br />
Barbieri Non teme di confrontarsi con grandi modelli,<br />
di giocare con il Montalbano di Camilleri e di<br />
porsi in rapporto umoristico-competitivo con lui e<br />
di Lavinia Scolari<br />
39<br />
Libri<br />
con il suo commissario più celebre, di storpiare nomi<br />
che fanno riferimento a realtà vicine, anche troppo<br />
vicine.<br />
Per concludere, parola all’autore, che nella quarta<br />
di copertina si presenta così, dicendo tutto sulla sua<br />
personalità, di certo fuori dagli schemi, come i suoi<br />
racconti:<br />
“Carlo Barbieri è nato.<br />
È chimico, marketer pentito e ha vissuto a <strong>Palermo</strong>,<br />
Teheran, Il Cairo.<br />
Ora si è calmato e fa avanti e indietro fra <strong>Palermo</strong> e<br />
Roma senza riuscire a decidersi perché, come molti<br />
Palermitani, ha <strong>Palermo</strong> nel cuore, ma...”<br />
Questa raccolta è stata una folgorante lettura, leggera<br />
e pensosa allo stesso tempo, un'opera che consiglio<br />
vivacemente.
Costume<br />
VIVA SANTA ROSALIA<br />
Togliete tutto ai Palermitani, ma non toccate<br />
il festino! Quei tre giorni di allegra profana<br />
sregolatezza mista a fiduciosa attesa che la<br />
Santuzza interceda presso un Potente al di<br />
sopra di qualsiasi altro terreno protettore, i cui favori<br />
non hanno un prezzo né richiedono alcuna contropartita.<br />
Liberaci, Santuzza, dal peso <strong>dei</strong> giorni presenti e<br />
dal nero addensarsi di ombre che oscurano il nostro futuro,<br />
come hai liberato la città di <strong>Palermo</strong> dal flagello<br />
della peste del 1625. Questo grido sembra uscire dalla<br />
bocca <strong>dei</strong> devoti insieme al vociare di canti che accompagna<br />
il percorso cittadino del carro con l’effigie della<br />
vergine eremita. E’ così da secoli. Ai primi giorni di luglio<br />
<strong>Palermo</strong> si prepara a festeggiare la sua benefattrice.<br />
Gli amministratori della città hanno sempre accolto,<br />
anche in tempi critici, il tacito invito <strong>dei</strong> palermitani a<br />
celebrare al meglio la loro patrona. Ecco cosa avvenne<br />
nel luglio del 1817.<br />
Dalla Relazione <strong>dei</strong> festeggiamenti promossi dal Pretore<br />
D.Giuseppe Reggio Saladino e dal nobile Senato di<br />
<strong>Palermo</strong> in onore della gloriosa S.Rosalia, vergine palermitana<br />
(per le stampe di Filippo Barravecchia, impressore<br />
dell’Ecc.mo Senato) si ricava un affresco a forti<br />
tinte dell’atmosfera cittadina nelle calde giornate di<br />
festa, con le vie del centro accese di luci e impregnate<br />
di suoni.<br />
Il programma è denso di eventi. Le manifestazioni,<br />
della durata di 5 giorni , sono affidate ai noti talenti del<br />
Senatore don Simone Tarallo duca della Ferla ; si comincia<br />
l’11 luglio con la processione del carro della<br />
Santa, di nuova e sontuosa foggia, accompagnato da<br />
cori di musici che diffonderanno ad ogni sosta gradevoli<br />
armonie.<br />
La sera il popolo è invitato alla Marina di Porta Felice<br />
per godersi un’illuminazione a giorno, creata da un artificioso<br />
viale di piramidi accese e variopinte disposte con eleganza<br />
sino alla villa Giulia e uno spettacolo di fuochi<br />
pirotecnici prodotti da una macchina scenica, come si usava<br />
in occasioni di feste cittadine. Collocata nel lungomare, rappresenta<br />
Castel S.Angelo, sontuoso Mausoleo dell’Imperatore<br />
Adriano, fiancheggiato da due fontane, eruttanti<br />
coloratissimi fuochi.<br />
Anche la villa Giulia sarà sfarzosamente illuminata con file di<br />
piramidi accese e ospiterà una Loggia dove verranno eseguite<br />
gradevoli sinfonie.<br />
Piazza Vigliena sarà adorna di pitture trasparenti raffiguranti<br />
le gesta di S.Rosalia; concluderà il percorso di luci una<br />
grande Aquila illuminata.<br />
di Renata De Simone<br />
40<br />
Nel II, III e IV giorno ci saranno in via Toledo corse <strong>dei</strong> più<br />
agili destrieri e delle più generose cavalle provenienti da tutto<br />
il Regno allettate da ricchi premi e la sera ancora il Carro in<br />
processione e fuochi alla Marina.<br />
La IV sera luminarie al Cassaro e nella fonte Senatoria e infine<br />
la cerimonia religiosa con Messa solenne pontificale in<br />
Cattedrale e processione dell’urna d’argento con le ossa della<br />
Santa, con grande seguito di Compagnie, Confraternite e<br />
Comunità Regolari.<br />
Poi le luci si spegneranno, i suoni si smorzeranno, nelle strade<br />
di <strong>Palermo</strong> rimarrà l’odore della cera sciolta, <strong>dei</strong> fuochi consumati<br />
e dell’incenso bruciato; negli occhi l’immagine dello<br />
sfarzo e nelle orecchie l’eco delle sinfonie. E <strong>Palermo</strong> ricadrà<br />
nel quotidiano travaglio di sempre.
Artù, re <strong>dei</strong> Bretoni, è il protagonista delle leggende del cosiddetto<br />
Ciclo arturiano o della Tavola Rotonda, le cui<br />
prime attestazioni, tra le tante, appaiono nel VI secolo. Sulla<br />
natura storica o leggendaria della figura di questo sovrano si è<br />
molto discusso: secondo una delle tante tesi, si tratterebbe di un<br />
condottiero romano-britannico, vissuto tra il V e il VI secolo.<br />
La sconfitta <strong>dei</strong> Bretoni ad opera <strong>dei</strong> Sassoni, in una battaglia<br />
nella quale Artù sarebbe rimasto ucciso, diede origine a varie<br />
leggende: secondo una di esse, riflettente il desiderio degli<br />
sconfitti, il sovrano bretone non sarebbe in realtà morto ma, rimasto<br />
ferito, sarebbe stato trasportato nell’isola incantata di<br />
Avalon, dove avrebbe dovuto rimanere, immune dalla morte,<br />
per un tempo indeterminato, sino al suo ritorno nel mondo<br />
per restaurare il suo regno.<br />
A partire dal secolo XII è però documentata una diversa tradizione,<br />
che fa arrivare Artù in Sicilia, ponendo la sua dimora<br />
incantata in un ameno sito all’interno dell’Etna. Tale tradizione<br />
è attestata nell’opera Otia di Gervasio da Tilbury, che fu<br />
in Sicilia al servizio di re Guglielmo intorno al 1190; da Cesario<br />
di Heisterbach, nel suo Dialogus miracolorum, che pure fu<br />
in Sicilia al tempo quando l’Isola fu conquistata da Enrico IV<br />
(1294) e dal poema francese Florian et Forete, del secolo XIII<br />
o forse del successivo.<br />
Il sito magico ove Artù risiede non è, tuttavia, descritto come<br />
inaccessibile ai mortali: le prime due opere citate narrano infatti<br />
di un garzone di un vescovo o di un diverso alto prelato,<br />
che essendogli sfuggito un cavallo del suo padrone lo inseguì fin<br />
dentro il vulcano, giungendo in un sito ameno dove fu ricevuto<br />
in uno splendido palazzo da Artù, che gli fece restituire l’animale<br />
dandogli inoltre ricchi doni per il suo padrone. Il poema<br />
francese narra invece che nel palazzo alloggiava Morgana, la<br />
sorellastra di Artù, che preservò dalla imminente morte il protagonista<br />
e la sua sposa prendendoli ad abitare con sè, affer-<br />
RE ARTù NELL’ETNA<br />
di Gianfranco Romagnoli<br />
41<br />
Recensioni<br />
mando inoltre che altrettanto avrebbe fatto con Artù quando<br />
questi sarebbe stato prossimo a morire.<br />
Una diversa versione di Stefano di Borbone (morto circa nel<br />
1261), pur ricalcando il tema del garzone giunto per caso al<br />
palazzo incantato, introduce invece nella leggenda elementi infernali<br />
e diabolici.<br />
La leggenda di Artù nell’Etna non sembra nata in Sicilia, perché<br />
non se ne trova traccia in miti locali, tutti improntati all’antichità<br />
classica, né riscontro nella popolarità del ciclo<br />
bretone, qui inesistente a differenza del ciclo carolingio <strong>dei</strong> paladini,<br />
fatto proprio dai Siciliani; i quali inoltre consideravano<br />
il vulcano nel suo aspetto terrifico, certamente non adatto a<br />
racchiudere siti ameni. Essa presenta, invece, caratteri riscontrabili<br />
nelle leggende germaniche, come i doni offerti all’ospite<br />
ed il risiedere all’interno di un monte di grandi personaggi,<br />
quali Carlo Magno, Federico II, Carlo V, ritenuti non morti,<br />
ma pronti a tornare un giorno tra gli uomini.<br />
Ci si chiede allora come tale tradizione sia giunta in Sicilia: potrebbe<br />
pensarsi alla documentata opera <strong>dei</strong> trovatori, arrivati<br />
in Italia nella seconda metà del secolo XII, ma l’onomastica<br />
del ciclo bretone è qui presente da molto prima. La conclusione<br />
logica, anche se non supportata da prove documentali, è<br />
che la leggenda sia venuta con i Normanni, i quali attribuirono<br />
all’intera Sicilia la qualità di isola incantata già propria di Avalon<br />
e identificarono l’Etna, quale più alto monte dell’Isola,<br />
come la sede adatta all’eroe che doveva un giorno tornare nel<br />
mondo, conformemente alle leggende germaniche, così fuse<br />
con la tradizione precedente.<br />
Peraltro, la presenza in Sicilia, non altrimenti spiegabile, di personaggi<br />
del ciclo arturiano trova riscontro nel fenomeno ancora<br />
oggi detto della Fata Morgana, visibile in particolari<br />
condizioni sullo Stretto di Messina, al cui centro, in profondità,<br />
si troverebbe il suo magnifico palazzo di cristallo.<br />
Pomeriggio letterario a Prizzi<br />
di Attilio Carioti<br />
artedì 23 agosto nell’ Aula Consiliare del Comune di<br />
MPrizzi Rosa Maria Ponte ha presentato il suo romanzo “<br />
Nel cuore della notte” , editore La Zisa ; relatori Gabriella<br />
Maggio e Antonio Martorana, moderatore Carmelo Fucarino.<br />
Rosetta Faragi, Irene Ponte, Milena Verga hanno letto<br />
brani significativi scelti dall’autrice. Alla presenza di un pubblico<br />
numeroso ed attento i relatori hanno messo in luce<br />
aspetti dell’opera. In particolare Antonio Martorana rileva :”<br />
E’ certo che con questo suo esordio Rosa Maria Ponte definisce<br />
con esiti assolutamente originali un suo domaine tematico<br />
e stilistico, inserendosi come una delle voci più interessanti nel<br />
panorama della narrativa odierna”. Gabriella Maggio nota la<br />
contiguità tra esperienza pittorica e narrativa di Rosa M.<br />
Ponte e l’incidenza <strong>dei</strong> personaggi femminili nel romanzo ed<br />
in particolare della zia, esperta anglista, che racconta la favola<br />
del Principe Felice di O. Wilde alla nipotina Barbara. Ha concluso<br />
la scrittrice chiarendo che solo alcuni punti della trama<br />
sono autobiografici, in fondo il suo romanzo si è fatto da solo<br />
; le relazioni critiche le hanno mostrato prospettive nuove a<br />
cui non aveva pensato e per questo le considera interessanti.
Società<br />
Icorsi per i test d’ammissione agli studi<br />
universitari che da un po’ di tempo a<br />
questa parte stanno prendendo campo<br />
come probabile ed esoso lasciapassare<br />
per le alte sfere degli studi scientifici, trovano<br />
un terreno particolarmente fertile in<br />
Sicilia, si estendono a macchia d’olio, si<br />
moltiplicano come cellule, attecchiscono<br />
laddove le formule statali dell’istruzione falliscono.<br />
I privati, sembrerebbero avere la<br />
“formula che mondi possa aprirti”, serietà,<br />
impegno, professionalità,disponibilità, competitività,la<br />
chiave per il successo e al contempo<br />
per arginare il problema che da<br />
sempre coinvolge i nostri alunni cioè la<br />
mancanza, alla fine del percorso di studi di<br />
scuola superiore, delle competenze necessarie<br />
per poter accedere agli studi universitari. Non si<br />
spiegherebbe altrimenti l’affluenza a tali corsi in cui<br />
si registra il tutto esaurito, con turnazioni antimeridiane<br />
e postmeridiane, da parte <strong>dei</strong> giovani appena<br />
“maturi”, in una stagione afosa, di per sé pesante,<br />
provenienti da tutte le parti dell’isola. Un tempo, la<br />
fine degli esami di Stato rappresentavano nei mesi<br />
estivi il raggiungimento della libertà, erano i mesi<br />
più belli, i più spensierati, si partiva da soli o in comitiva,<br />
verso paesi lontani la Grecia, la Spagna, le<br />
terre della libertà dai vincoli familiari ed era questa<br />
la prima vera prova di maturità, adesso invece si ripiomba<br />
dopo solo due giorni nel turn over dello studio<br />
“matto e disperatissimo”, i ragazzi impiegano il<br />
loro tempo migliore e ancora le loro forze e le famiglie?<br />
Pagano anche loro lo scotto di un assurdo sistema<br />
del quale pur criticandone le forme finiscono<br />
per assecondarlo. La causa di tutto questo? Chi di<br />
dovere e mi riferisco all’organo preposto all’istruzione,<br />
la scuola, senza fare di tutta un’erba un fascio,<br />
non riesce ad immettere nel mondo<br />
universitario giovani con competenze adeguate in<br />
campo scientifico, la matematica,la fisica, la chimica,<br />
la biologia appaiono avvolte nel mistero, solo pochi<br />
le “masticano”. D’altronde se ci confrontiamo giornalmente<br />
con ragazzi che tra i banchi appaiono demotivati,<br />
disorientati, ragazzi che sembrerebbero<br />
non reclamare il diritto al “sapere”, allora il gioco è<br />
SE LA SCUOLA…<br />
di Patrizia Lipani<br />
42<br />
fatto, il docente non si attiva più di tanto, lo stipendio<br />
non gli sarà negato e l’insuccesso del ragazzo<br />
poco importa che risulti essere il risultato del fallimento<br />
del docente. Sembra che qualcosa non funzioni<br />
nel sistema scolastico, la demotivazione non è<br />
solo del discente ma di più ampio raggio, forse riguarda<br />
anche il docente! Se la scuola in 13 anni di<br />
percorso fosse capace di trasmettere consapevolmente<br />
“saperi”, se la scuola abituasse a stimolare,a<br />
vivacizzare le intelligenze che spesso appaiono, ma<br />
non lo sono affatto, spente dietro i banchi, anziché<br />
appesantire con lezioni frontali, cattedratiche, se la<br />
scuola insegnasse ai ragazzi a far prendere coscienza<br />
di sé, se la scuola educasse all’onestà e alla serietà, se<br />
la scuola riuscisse a cogliere gli aspetti molteplici di<br />
ogni alunno –individuo e li valorizzasse, alla fine<br />
degli esami di Stato, di questa inutile, ( la Commissione<br />
difficilmente si discosta dal giudizio del Consiglio<br />
di classe di giugno) e costosa macchina,<br />
funzionante 15 giorni l’anno, ci troveremmo più<br />
soddisfatti del percorso effettuato. E quando poi gli<br />
Atenei statali siciliani, da come emerge dall’indagine<br />
del “Sole 24 ore”, risultano essere tra i peggiori<br />
d’Italia, non c’è da preoccuparsi, è il segnale che il<br />
virus si sta propagando anche in questi ambienti,e<br />
quindi, ci penseranno le università private ad offrirci<br />
l’antidoto e chi non ci sta? Non gli resta, se ci<br />
riesce, che scappare via dall’isola.
43<br />
Società<br />
NEL CENOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA<br />
"Siamo tutti figli della vostra civiltà"<br />
Dal discorso pronunciato da JFK nel 1961 in occasione <strong>dei</strong> 100 anni dell’Unità d’Italia<br />
“Mo l<br />
t i<br />
d e i<br />
p r e -<br />
senti<br />
non sono italiani né per<br />
sangue, né per nascita, ma<br />
ritengo che tutti noi abbiamo<br />
un grande interesse<br />
per questo anniversario.<br />
Tutti noi, nel senso più<br />
vasto, dobbiamo qualcosa<br />
all’esperienza italiana….E’<br />
un fatto storico straordinario:<br />
ciò che siamo e in cui<br />
crediamo ha avuto origine<br />
in questa striscia di terra<br />
che si protende nel Mediterraneo. Tutto quello per<br />
la cui salvaguardia combattiamo oggi ha avuto origine<br />
in Italia, e prima ancora in Grecia. Perciò per<br />
me come Presidente degli Stati Uniti è un onore<br />
partecipare a questa occasione importantissima<br />
nella vita di un Paese amico, la Repubblica Italiana.<br />
Il Risorgimento, da cui è nata l’Italia moderna,<br />
come la Rivoluzione americana che ha dato le origini<br />
al nostro Paese, è stato il risveglio degli ideali<br />
più radicati della civiltà occidentale: il desiderio di<br />
libertà e di difesa <strong>dei</strong> diritti-individuali…..Lo Stato<br />
esiste per proteggere questi diritti, che non ci vengono<br />
grazie alla generosità dello Stato. ….E’ fonte<br />
di soddisfazione per noi sapere che coloro che<br />
hanno costruito l’Italia moderna siano stati in parte<br />
ispirati dalla nostra esperienza, così come noi prima<br />
eravamo stati in parte ispirati dalla vecchia Italia.<br />
Per quanto l’Italia moderna abbia solo un secolo di<br />
vita, la cultura e la storia della penisola italiana<br />
vanno indietro di oltre duemila anni. La civiltà occidentale<br />
come la conosciamo oggi, le cui tradizioni<br />
e valori spirituali hanno dato grande significato alla<br />
vita occidentale in Europa dell’Ovest e nella comunità<br />
Atlantica, nata sulle rive del Tevere. A questo<br />
ruolo storico della civiltà italiana dobbiamo ag-<br />
di Irina Tuzzolino<br />
giungere il contributo di<br />
milioni di italiani che sono<br />
venuti nel nostro Paese ha<br />
rafforzarlo, a farne la loro<br />
casa e diventarne cittadini<br />
di valore.<br />
Nel grande anniversario<br />
del 1961 vediamo che ancora<br />
una volta forze nuove<br />
e potenti tornano a sfidare<br />
le idee su cui si fondano sia<br />
l’Italia che gli Stati Uniti.<br />
Se dobbiamo affrontare<br />
questa nuova sfida, dobbiamo<br />
mostrare ai nostri<br />
popoli e al mondo che ci<br />
guarda, che chi è disposto ad agire nella tradizione<br />
di Mazzini, Cavour e Garibaldi, come di Lincoln e<br />
Washington, può portare agli uomini una vita più<br />
ricca e più piena.<br />
Questo è l’obiettivo del nuovo Risorgimento, un<br />
nuovo risveglio delle aspirazioni più antiche dell’essere<br />
umano per la libertà e il progresso, e la fiaccola<br />
accesa nell’antica Torino un secolo fa guida la lotta<br />
degli uomini dovunque: in Italia, negli Stati Uniti,<br />
in tutto il mondo intorno a noi.
Viaggi<br />
Sempre ho sentito Venezia in una particolare<br />
condizione di spleen, come nell’inesorabile<br />
incipit di Baudelaire da Les fleurs du mal, le<br />
cinque strofe martellanti di alessandrini:<br />
Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle<br />
Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,<br />
Et que de l'horizon embrassant tout le cercle<br />
Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits.<br />
E poi, quando la terra cambia in umida cella, ove la<br />
Speranza come pipistrello sbatte l’ala contro i muri<br />
e picchia la testa contro il fradicio soffitto, quando la<br />
pioggia con le sue immense strisce (Oh! le cinque<br />
linee di pianto di Il pleut di Apollinaire nei suoi Calligrammes)<br />
imita le sbarre di una vasta prigione, e ripugnante<br />
popolo muto di ragni tende reti dentro i<br />
nostri cervelli ed esplodono urli spaventosi di campane,<br />
e spiriti vaganti e senza patria gemono ostinati,<br />
Oh! Venezia dell’anima!<br />
di Carmelo Fucarino<br />
44<br />
— Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,<br />
Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,<br />
Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,<br />
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.<br />
O forse mi ha steso il suo velo bigio la Malinconia di<br />
quei temi struggenti che hanno accompagnato i<br />
primi abbandoni giovanili, quell’Adagio in sol minore<br />
(Mi 26) che Remo Giazzotto restituì o verosimilmente<br />
inventò spacciandolo per frammenti di un<br />
tema di Tommaso Albinoni oppure quell’Anonimo<br />
veneziano (1970, l’anno in cui esplose il cult movie<br />
Love Story, soggetto di Erich Segal, tema di Francis<br />
Lai) che ha inondato le sale cinematografiche di lacrime<br />
con la tragica storia di Giuseppe Berto, rivissuta<br />
da Florinda Bolkan e Tony Musante e scandita<br />
dal Concerto in Do minore per oboe, archi e basso<br />
continuo del veneziano Benedetto Marcello. A risalire<br />
indietro ai diciassette anni quando incontrai il
Goldoni con i suoi tristi amori e con le sue languide<br />
invenzioni, dove anche Arlecchino stillava tristezza<br />
per le sue allucinazioni di servo eternamente in debito<br />
con la pancia.<br />
Perciò mi ha sorpreso questa Venezia <strong>dei</strong> primi di<br />
luglio, abbagliante e stordente nello splendore delle<br />
onde ribollenti del Canal Grande, nell’allegria delle<br />
brigate di turisti che l’hanno letteralmente invasa.<br />
Così lungo il suo corso quei palazzi dai nomi gloriosi<br />
(ben 170 residenze nobiliari) mi son venuti incontro<br />
come persone a me note per lunga e affabile<br />
connivenza e mi hanno comunicato la pienezza<br />
della loro felicità. È impossibile nominarli tutti, solo<br />
qualcuno più nobile, anche con il rischio di dovuti risentimenti:<br />
se solo chiamo a destra la Ca’ Pesaro, la<br />
Ca’ Foscari, la Ca’ Rezzonico, a sinistra la gotica Ca’<br />
d’oro, il Palazzo Mocenigo, il Palazzo Grassi, la Ca’<br />
Giustinian, gli altri mi gridano i loro nomi gloriosi,<br />
45<br />
Viaggi<br />
perché tutta Venezia è un’infinita vetrina, fino alla.<br />
magnifica pescheria e al suk del mercato. E i ponti,<br />
possenti o semplici ponticelli, i noti e gli sconosciuti,<br />
l’ultimo arrivato, il chiacchierato Ponte della Costituzione<br />
di Santiago Calatrava (2008), possente e ingombrante<br />
culturalmente e tecnicamente. Proprio<br />
ieri in TV si parlava di spostamenti continui e si metteva<br />
in dubbio la futura stabilità per errore di calcoli.<br />
Poi l’agile merletto di Ponte degli Scalzi e<br />
l’arcata lignea di Ponte dell’Accademia, eretta provvisoria<br />
in 37 giorni nel 1933 fascista e rimasta tale,<br />
si fa per dire, fra tutti il capolavoro universale di<br />
Rialto, nel suo slancio sublime verso il cielo, che, secondo<br />
me, la vince sul fiorentino Ponte Vecchio, una<br />
stradina di bottegucce sull’acqua.<br />
In questa solenne toccata e fuga nella città non mi<br />
sono negato la regata (e poteva non essere deludente<br />
in nome della spremitura del turista?) con il gondo-
Viaggi<br />
Oh! Venezia dell’anima!<br />
liere guida da generazioni di antenati. Ho incrociato<br />
gondole tronfie di fregi e dorature, ove per la delizia<br />
di tedeschi e giapponesi un complesso di chitarre e<br />
mandolini strimpellava stornellate e un cantante in<br />
un improbabile costume veneziano intonava a prua<br />
al lamento di una fisarmonica addirittura Mare<br />
chiaro e ‘O sole mio. E la traversata della laguna<br />
esterna, passando per l’Arsenale, e per concludere<br />
le vie d’acqua l’aliscafo fino al Terminal aereo in<br />
mezzo a Murano e Burano e sperduti e misteriosi<br />
isolotti.<br />
Tuttavia furono gli incontri casuali quelli che mi<br />
hanno inondato l’anima di pienezza. In quel piccolo<br />
Campo San Fantin la modesta facciata non prometteva<br />
grandi sorprese. L’esaltazione della celere<br />
ricostruzione, dall’incendio del 29 gennaio 1996 all’inaugurazione<br />
di Muti il 14 dicembre 2003, invitava<br />
alla visita. Qui, il grande choc, si può assistere<br />
alle prove del Sogno di una notte di mezza estate (A<br />
Midsummer Night’s Dream) di Shakespeare con<br />
musiche di scena per soli, coro e orchestra di Felix<br />
46<br />
Mendelssohn-Bartholdy. Portato per mano dalla<br />
guida audio l’ingresso nello stordente Palco Reale<br />
che si è spalancato su quel capolavoro delle sala, il<br />
miracolo scenico <strong>dei</strong> palchetti, il cielo di paradiso<br />
del soffitto. Un incanto che ti prende l’anima e fa<br />
ringraziare Dio di aver dato all’uomo questa scintilla<br />
di divino. Non mi disturba la recitazione sopra<br />
le righe del giovane attore, stoppato dal direttore<br />
Gabriele Ferro, mi distraggo anzi nella ripetizione<br />
di passi citati con numeri di scena, mi avvincono i<br />
passaggi dalla recita allo scoppio dell’orchestra al<br />
completo, all’intervento del soprano Elena Monti.<br />
La mia fantasia si perde in quel cielo del soffitto e la<br />
favola delle nozze di Teseo e dell’amazzone Ippolita<br />
mi giunge a sprazzi mischiata alla vicenda parallela<br />
dell’amore di Demetrio e Lisandro per Ermia e la<br />
sua fuga nel bosco. È il momento del re degli elfi<br />
Oberon e della regina delle fate Titania, e poi degli<br />
artigiani che vogliono provare la vicenda di Piramo<br />
e Tisbe. Non è chiaro se è la musica a prevalere o la<br />
voce recitante. Ce n’è abbastanza per non ascoltare
i gridi e i miagolii <strong>dei</strong> giovani interpreti<br />
e seguire i mille fantasmi che si<br />
aggirano su quelle scene immortali.<br />
Lungo il Canal Grande invita ad una<br />
sosta l’insegna del celebre Casinò<br />
municipale. Sul retro nella stretta<br />
calle Nuova un’entrata e un’epigrafe<br />
che scompiglia ricordi palermitani, il<br />
Grand Hotel et des Palmes e l’epigrafe<br />
in via Wagner per la conclusione<br />
del Parsifal nel 1881, qui invece<br />
il sipario che cala con il fulminante<br />
infarto: «A Riccardo Wagner morto<br />
fra queste mura il 13 febbraio 1883».<br />
Altra sorpresa andando per campi e<br />
ponticelli un campanile di mattoni<br />
rossi un po’ storto e una maestosa<br />
facciata nella Salizada San Geremia.<br />
È la chiesa dedicata a S. Geremia e,<br />
sorpresa, anche a Santa Lucia. Nel<br />
mio immaginario la Santa della vista<br />
si identificava con Siracusa, la Santa<br />
della Luce che cadeva intorno al solstizio<br />
d’inverno,oggi il 13 dicembre<br />
per effetto del calendario gregoriano,<br />
festa solare antichissima come l’Hanukkah<br />
ebraica. Sull’altare maggiore<br />
la sua urna, il corpo offerto agli indiscreti<br />
voyeur da dietro l’altare, solo<br />
scoperti e mummificati i piedi, il piccolo<br />
corpo di una bambina.<br />
E la curiosa, lunga storia di quelle<br />
misere spoglie, da Siracusa allora bizantina<br />
il periglioso viaggio fino a<br />
Costantinopoli, ove rimane per anni<br />
segno di venerazione, poi la celebre IV Crociata veneziana<br />
e il dominio sulla città (1204-1261) fino al<br />
saccheggio e altro difficile viaggio verso la laguna,<br />
sull’isola di S. Giorgio Maggiore. Nel 1279 in seguito<br />
al naufragio di pellegrini nuovo trasferimento nella<br />
chiesa di Cannareggio a lei dedicata e forse ristrutturata<br />
da Andrea Palladio. Napoleone nel 1805 sopprime<br />
l’ordine delle Serve di Maria che la<br />
custodivano. L’editto del sacrilego generale fu nulla<br />
se si pensa alla sorte che l’attendeva. Era destino che<br />
47<br />
Viaggi<br />
Oh! Venezia dell’anima!<br />
le sue spoglie non trovassero pace. Per costruire la<br />
nuova stazione ferroviaria la chiesa fu demolita tra il<br />
1861 e il 1863 (il nostro teatro Massimo atterrisce<br />
con dicerie di fantasmi di suore) e il suo corpo fu ancora<br />
traslato e ospitato nella chiesa già di S. Geremia.<br />
Avrebbe rivisto la sua Siracusa nel dicembre<br />
del 2004, ma soltanto per sette giorni, una celere visita<br />
per il 17° centenario del martirio.<br />
E la fiumana con protesi di valigie carrellate, visi di<br />
tutti i colori in fogge turistiche di massa, lombrico snodantesi<br />
senza interruzione da e verso piazza S. Marco,
Viaggi<br />
Oh! Venezia dell’anima!<br />
gioiello composito di stili, dal merletto di piani della<br />
facciata, allo scempio prospettico dello storto campanile<br />
rosso, al campanile dell’orologio, alle due possenti<br />
colonne del Leone, il tetramorfo, forse primitiva Chimera,<br />
e di San Todaro, il primo patrono (ora mi sovviene<br />
del “sor brontolon” goldoniano), il bizantino<br />
Teodoro (“dono di Dio”) che trafigge il drago, — la<br />
terza colonna scomparve in mare con la nave. Per ruberie<br />
coloniali la Serenissima fu in piccolo maestra di<br />
Londra, oltre alle colonne e al leone, giunsero i cavalli<br />
della quadriga asportati dall’ippodromo di Costantinopoli<br />
e collocati in un luogo anomalo e a loro<br />
estraneo. Accanto il mio luogo della mente, la cara<br />
Marciana, a me familiare per le sigle <strong>dei</strong> suoi codici<br />
greci, i preziosi codici <strong>dei</strong> tragici. E svoltando l’angolo<br />
il luogo degli incontri culturali, il mitico Caffè Florian,<br />
ove risuona ancora la voce del Giacomo, il seduttore<br />
per antonomasia che ammaliava le putee, di<br />
48<br />
Goldoni che creava le sue damine incipriate (lo misero<br />
in posa in Campo S. Bartolomeo con cappello e<br />
bastone), Gaspare e Carlo Gozzi che divagava con<br />
l’esotica Turandot, e Parini e Pellico e Byron e Foscolo<br />
e Goethe e Dickens e il Gabriele D’Annunzio e mille<br />
altri affascinati dalle mitiche sale, ignoti come me.<br />
E all’altro lato altro luogo del mito, la riva degli Schiavoni,<br />
e il merletto del rosso Danieli. E unico, il Ponte<br />
<strong>dei</strong> Sospiri, sito dell’immaginario amoroso, il più<br />
“scattato” dal Ponte della Paglia e ricreato in stile (a<br />
Cambridge, a Oxford, a New York al MetLife Tower),<br />
attraverso le cui grate si diceva che i carcerati vedessero<br />
per l’ultima volta il cielo (visuale assente dall’interno),<br />
passando dalle Prigioni Nuove agli uffici degli<br />
Inquisitori. Le prospettive della storia, in atto funzionali<br />
nella vista di un riquadro incorniciato da un immenso<br />
cartellone azzurro tra i due monumenti, il<br />
tributo da pagare al regno assoluto del consumismo,
per un contributo al restauro dato da una collezione<br />
di orologi giocattolo (traduco) alla moda e di costo<br />
adeguato alle pietre e ai minerali usati. Così una facciata<br />
di piazza S. Marco celata dietro un’altra immensa<br />
reclame. L’alibi: lo sponsor che nasconde i<br />
ponteggi. Si può? E ci saranno limiti ai diktat del mercato?<br />
Meglio i milioni di maschere di ogni tipo, da<br />
piccole spille a preziosi monili, lussuosi abiti d’epoca,<br />
uno splendore di colori di un’età rivissuta nel vortice<br />
del commercio. Fino al Pinocchio dinoccolato che un<br />
magrebino ha regalato al suo bambino felice. Perché<br />
il Carnevale è Venezia, ancora oggi, nonostante la<br />
festa turistica, di borghesi e di ricchi, sempre fresco<br />
della sua antichità. Il gondoliere mi additò un palazzetto<br />
rosso e mi narrò di leggende sull’origine del Carnevale<br />
in un ballo in quella casa. Ed io ho ritrovato nel<br />
Sestiere di S. Marco il Ponte <strong>dei</strong> Barcaioli o del Cuoridoro<br />
e ho letto l’epigrafe a Morzart, quindicenne,<br />
49<br />
Viaggi<br />
Oh! Venezia dell’anima!<br />
ospite di amici, in quella casa ove «soggiornò festevolmente<br />
durante il carnevale 1771», il fanciullo «nel<br />
quale la grazia del genio musicale e il garbo settecentesco<br />
si fusero in una purissima poesia» (II Centenario<br />
1971).<br />
Alla fine in una sera visitata dalla luna, la profanazione<br />
del mostruoso transatlantico che sconvolge il<br />
suo ventre: scivolava davanti la galera finta e mi opprimeva<br />
la mole di un mostro lussuoso di dodici<br />
piani, che si annunciava come un museo galleggiante<br />
con centinaia di quadri di autore, ma pur<br />
sempre fuori posto, mentre un altro sostava sfavillante<br />
nel Canal. Cosa non si fa per il dollaro, anche<br />
l’ignoranza dell’inquinamento acustico e ottico,<br />
salve pero le gradinate, proibite a poveri e mendicanti,<br />
come alla Basilica del poverello di Assisi (ordine<br />
del priore, all’interno c’è l’urna dove imbucare<br />
le offerte).
Viaggi<br />
Che siamo in Spagna ce lo ricordano le<br />
grandi sagome nere di tori che appaiono<br />
all’improvviso su un’altura o sul ciglio di<br />
una delle ampie strade che offrono ai turisti<br />
su quattro ruote un comodo accesso a realtà urbane<br />
e rurali di grande bellezza e varietà<br />
paesaggistica. Dall’ampia meseta, per chi venga da<br />
Madrid diretto al nord, si passa ad un paesaggio caratterizzato<br />
dallo snodarsi di fitte foreste, ondulati e<br />
lussureggianti crinali, interrotti da improvvisi squarci<br />
di mare che si fanno spettacolari man mano che si<br />
procede ad ovest verso la costa atlantica Si affaccia<br />
sul golfo di Biscaglia una terra che porta ancora i<br />
segni di un antico popolo che la abitò in epoca preromana,<br />
il mitico popolo <strong>dei</strong> Celti. Lo percepiamo dal<br />
suono delle cornamuse che ci accompagna nel nostro<br />
viaggio con destinazione Santiago, meta ambita di<br />
viandanti e pellegrini che a piedi o in bici aspirano all’agognato<br />
abrazo dell’apostolo Giacomo, di cui si<br />
conservano per antica tradizione i resti mortali. Ce lo<br />
ricordano i totem in pietra disseminati per lo più nei<br />
centri abitati e i granai costruiti su pilastri, gli horreos,<br />
che affiancano le case coloniche.<br />
Ce lo ricordano a Vitoria, capitale <strong>dei</strong> paesi baschi,<br />
i pittoreschi costumi indossati nei giorni festivi<br />
dagli abitanti orgogliosi della loro identità<br />
rappresentata dai copricapo schiacciati sul capo,<br />
le morbidissime scarpe in cuoio con lunghi lacci<br />
legati fin sotto il ginocchio e i variopinti fazzoletti<br />
allacciati al collo, ornamento di uomini, donne,<br />
bambini, fin dalla più tenera età.<br />
Non diverso è il contesto umano e ambientale se dalla<br />
Spagna ci si sposta in territorio francese, come nella<br />
vicina Bayonne. Stessa gente ospitale, stessa cucina al<br />
sapore di mare, stessa caratterizzazione urbana, fatta<br />
di chiese dall’impronta gotica e piccolo artigianato locale.<br />
Dal mondo di streghe e folletti che affollano la<br />
storia <strong>dei</strong> luoghi dove pure la lingua si vuole distinguere<br />
dalla ufficialità del castigliano, seguendo il cammino<br />
<strong>dei</strong> pellegrini, attraverso paesaggi mozzafiato si<br />
arriva all’imponente Santuario che in un tripudio di<br />
ori, preziosi retabli e mirabili scenografie scultoree<br />
segna il punto d’arrivo di ogni ricerca umana e del<br />
suo insopprimibile anelito spirituale. Si rimane come<br />
frastornati e sbigottiti da quello che appare un eccesso<br />
ma che pur sembra giustificare e coronare il desiderio<br />
di una lunga ricerca.<br />
E’ la definitiva tappa di chi è vissuto per giorni, talvolta<br />
per mesi, nella solitudine, nel silenzio, nella fa-<br />
Un’altra Spagna<br />
di Renata De Simone<br />
50<br />
Santiago, il Santuario<br />
Santiago-Danze davanti al santuario
tica di un cammino che richiede l’essenziale, lo<br />
stretto necessario per affrontare la via, un bastone<br />
per appoggiarsi, una borraccia per bere, una conchiglia<br />
per la propria identità. Santiago è la gioia<br />
dell’arrivo, il delirio di ritrovarsi, di sciogliere finalmente<br />
ogni angoscia in un continuo, interminabile<br />
alleluia di canti, di balli, di bandiere, di abbracci e di<br />
girotondi in cui si incontra una variopinta, diversa<br />
eppur simile umanità che si riconosce uguale in quel<br />
lunghissimo interminabile ed emozionante abbraccio.<br />
Emozionante fino alle lacrime che sono un tutt’uno<br />
con il riso e con la gioia, gioia della ritrovata e riscoperta<br />
identità umana.<br />
Vitoria-Costumi Baschi<br />
51<br />
Viaggi<br />
Sul Cammino di Santiago La Conchiglia del Pellegrino<br />
Noia - Il porto
Recensioni<br />
Uno scenario inquieto verso la chiarezza<br />
Vi dirò, cari Amici del <strong>Vespri</strong>no, come<br />
in uno scambio di vedute che una<br />
singolare vicenda si snoda ai nostri<br />
occhi attraverso più piani con il romanzo<br />
di Rosa Maria Ponte Nel cuore della<br />
notte. Il merito di questo lavoro (compreso il<br />
bel risultato editoriale attribuibile a “La Zisa”)<br />
va a una scrittura di tipo scenico corale dovuta<br />
a più campi o centri e condotta con tratti di indagine<br />
introspettiva di forte confidenzialità, a<br />
volte da diario inserito nel racconto e da ripercorrimenti di<br />
esperienze estesi o brevi, quasi <strong>dei</strong> flash.<br />
Proprio le esperienze sono la materia diretta presente quanto<br />
rievocata lontana, che guizza nella memoria, ossia nella presa<br />
di coscienza e regìa di un “io” narrante più o meno “responsabile”<br />
<strong>dei</strong> fatti da muoversi complementarmente in terza<br />
persona oltre alla sua (quella degli “altri”). Una coscienza<br />
questa che fluisce vigile, come un flusso che talora sembra<br />
automatico per il gioco delle interruzioni in subitanea alternanza,<br />
da rendere problematica la esplicabilità razionale di<br />
tale vicenda, problematica in sé specie in virtù del taglio narrativo<br />
impresso. Quello di un ritmo cadenzato sui passi di<br />
Wilde, con il gusto della citazione e insistita sempre sulla sua<br />
stessa opera, quello di una tecnica spezzettata tesa sapientemente<br />
alla ricomposizione dell’unitario senso di vivere.<br />
Ecco, la regìa di scrittura porta un impianto strutturale e un<br />
esito stilistico di forte quanto discreto non invadente avvincimento.<br />
Più che mai qui si sente stretto il rapporto autore-lettore,<br />
che quasi si sente medesimo o tutt’uno o solidale con<br />
l’autore, mentre dal canto suo l’autore si dispone con distacco<br />
persino impersonale, fuori da sé nonostante l’appassionamento,<br />
da mettere in scacco chi leggendo crede di risolvere il<br />
nucleo ampiamente disteso, lo spessore di non detto, di incognita<br />
che dà sapore a questa scrittura, a questo romanzo.<br />
Ma è proprio un romanzo?<br />
Si capisce non tradizionale, malgrado le apparenze. Non<br />
porta a una conclusione, non si svolge per passaggi chiarificatori<br />
<strong>dei</strong> vari episodi, non mostra cronologicamente e psicologicamente<br />
l’originarsi delle emozioni, non lega gli stati<br />
d’animo preferendo rompere il meccanismo del prima e del<br />
dopo, e giustapporre i risultati emozionali. Romanzo aperto<br />
invece, ben al di là della trama, romanzo a suo modo come<br />
diagnosi attraverso campionature, pezzi di mosaico che si ricompongono<br />
in un quadro, dove ogni tranche è dell’intera<br />
vita, tranche che cerca di essere colta nella sua interezza, nel<br />
suo senso riposto.<br />
Cari Amici del <strong>Vespri</strong>no, continuando, proprio le emozioni,<br />
come le esperienze, sono la materia che si muove a un certo<br />
punto nel nostro animo, nella misura in cui sappiamo noi intenderle<br />
in questa scrittura. Qui scorre a pause e riprese la<br />
suggestione del Principe felice di Oscar Wilde nel relativo racconto,<br />
appunto spezzettato, della Zia alla piccola Nipote, a<br />
Barbara che apprende l’infelicità e sofferenza del Principe, e<br />
non solo di lui (poi, la malattia e morte della Zia) sull’onda<br />
della Memoria, che non è nostalgia bensì ripercorrimento<br />
di Fabio Russo<br />
52<br />
spesso amaro di esperienze proprie quanto altrui,<br />
o proprie su quelle di altri e con altri, ben<br />
oltre quindi le circostanze sul simbolico-allegorico<br />
del Principe non più felice, semmai sulla<br />
lunghezza d’onda degli stati d’animo volta a<br />
volta delusi, e alla fine mortificatori, nello slancio<br />
d’amore della Rondinella (si spezza il cuore<br />
di piombo di lui, ma non meno quello vivo della<br />
Rondinella, e poi quello di carne di Barbara).<br />
Così ci sono pure i piani rievocativi, una Memoria<br />
come conoscenza, di questa Nipote ormai adulta che cerca<br />
di rintracciare la sua storia non solo su quella della Zia, senza<br />
nome, sul racconto fatto da lei, ma su quella del Principe e<br />
della Rondinella narratale appunto dalla Zia, per cogliere la<br />
propria all’indietro, rivista in vari momenti con il suo compagno<br />
d’un tempo, Giulio, poi lasciato (per volere di lui, anche<br />
per rifiuto da “ripiego” di lei). Piani di Attesa di un punto di<br />
arrivo che non c’è, esplicito. Che c’è, se vogliamo, in una<br />
forma però di segreto. Nel «cuore della notte» giunge improvviso<br />
l’ospite atteso/inatteso a svelare il mistero, l’incognita<br />
della vita di lei amareggiata di aver detto a lui no, e fiduciosa<br />
che lui in qualche modo le si annunci e riavvicini (come la<br />
donna per il Tasso nell’Aminta, «Fugge, / e fuggendo vuol che<br />
altri la giunga»). E c’è pure il senso della vita, l’Amore anche<br />
nel disagio e nella sofferenza, la Morte (simile al Sonno, nel<br />
motivo di Wilde), la presa di consapevolezza graduale forse<br />
progressiva verso quel chiarimento di sé, così desiderato.<br />
Qual è la verità, quale l’ospite, esso stesso simbolico, ma<br />
meno allegorico e più vivo rappresentativo di quello del Principe?<br />
Quale il senso di un concludersi, se c’è, e dove? Forse<br />
nel cuore della coscienza, contravvenendo qui al principio di<br />
dire ciò che non è detto nell’opera, e dovrebbe rimanere tale.<br />
Anche il lettore nella sua presa di posizione critica non dovrebbe<br />
rinunciare al senso dell’ indicibile e del mistero, magari<br />
solo fiutando e ipotizzando “soluzioni”, e rinunciando<br />
invece a facili epiloghi di trame svilite, ad effetto. Qui c’è<br />
l’interrogativo della Soglia e della Vita che non va visto in<br />
termini di impazienza e tiene invece un tempo di “pazienza”<br />
e di Attesa (Paul Valéry), una “sapienza” nel tumultuoso labirinto<br />
dell’esistere nostro, che non centra l’obiettivo.<br />
La Soglia (di stati emozionali) come rileva Antonio Martorana<br />
secondo lo strutturalismo di Genette. Anche come passaggio<br />
(Lina Galli, con le sue poesie in Un Volto per sognare)<br />
vorrei dire a un’altra realtà più alta (Biagio Marin, con I canti<br />
de l’Isola e le prose in Gabbiano reale). Non meno così il<br />
Volto delle cose (Rainer Maria Rilke, con in particolare Pont<br />
du Carrousel, e Il cieco) direi, non facilmente decifrabili nella<br />
loro “giusta” immagine, un’idea, più eidòla, un eidolon, un<br />
Volto insomma appropriato nell’ordine delle cose terrene.<br />
Oltre il terreno, l’arte, il sacro (del pensiero speculativo e<br />
scientifico il più attento) non danno misure unicamente<br />
umane e dicibili (in termini materiali), e riservano un’immagine<br />
senza volto (materiale), senza nome, figura “infigurabile”<br />
(Giordano Bruno). Riservano un messaggio con il suo significato<br />
da ravvisare.