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Giovanni Verga (pdf) - Virgilio

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GIOVANNI VERGA<br />

ELEMENTI DI BASE<br />

VITA : (Catania 1840 - 1922), compie studi di giurisprudenza, frequenta<br />

salotti e partecipa al Risorgimento. Poi a Firenze (1865-1872), dove<br />

conosce Capuana e dall’Ongaro. “Una peccatrice” (nella tradizione<br />

secondo romantica, amore fatale di una donna amaliatrice, romanzo<br />

-1866) e “Storia di una capinera” (storia di una monaca che impazzisce<br />

in convento per amore di Nino e delle gioie della vita che le mancano;<br />

romanzo-1869). A Milano (dal 1872 per oltre vent’anni), nel 1874<br />

pubblica il primo racconto “verista”: “Nedda”, poi “Padron ‘Ntoni”<br />

(bozzetto per “I Malavoglia”), contatti con la Scapigliatura,<br />

allargamento degli orizzonti nella capitale industriale e culturale<br />

dell’epoca. “I Malavoglia” (1881). Nel 1882 incontra Zola a Parigi. 1879<br />

“La cavalleria rusticana” (poi lirica di Mascagni). Nel 1880 raccolta di<br />

novelle “Vita nei campi”, improntate al fatto concreto della vita degli<br />

umili siciliani e nel 1883 “Novelle rusticane”. Nel 1889 “Mastro don<br />

Gesualdo”. Nel 1912 prosegue il ciclo dei vinti con La duchessa di Leyra<br />

rimasto incompleto. Dal 1914 in poi isolamento. Nel 1920 è nominato<br />

senatore.<br />

“NEDDA” NUOVA FASE LETTERARIA: Si riscontra in Nedda (1874)<br />

l’inaugurazione di una nuova fase letteraria di V. È la storia di una<br />

ragazza che per aiutare la madre ammalata viene portata lontano a<br />

raccogliere delle olive, la madre muore ugualmente e Nedda, rimasta<br />

sola, trova nell’amore per Janu il conforto ad una vita di miseria.<br />

Anche Janu morirà per la caduta di un albero, prima di poter sposare<br />

Nedda che aspetta un figlio e per questa vergogna il paese la rifiuta.<br />

Completamente isolata, nessuno le offre lavoro, ringrazierà infine la<br />

Madonna per aver fatto morire la figlia evitandole così delle sofferenze.<br />

Con Nedda V. passa quindi a descrivere il mondo dei “vinti”, benché<br />

qui sia ancora nutrito di compassione. L’amore tra Nedda e Janu invece<br />

è una “intuizione del valore del sentimento amoroso, che allontana lo<br />

scrittore dal crudo realismo di Zola o dagli altri naturalisti ai quali<br />

manca una così viva penetrazione psicologica” (Balbis, Cicchetti,<br />

Dellepiane)<br />

LA CONVERSIONE: <strong>Verga</strong> non ritiene di aver abbracciato una nuova<br />

corrente, nel 1878 scriveva a Cannoni: “Ho cercato sempre di essere<br />

vero, senza cercare di essere nè realistico, nè naturalistico, nè altro...”<br />

Egli cercò sempre di mantenersi al di fuori di ogni corrente letteraria. In<br />

una intervista del 1894 spiegherà: “Naturalismo, psicologismo: c’è posto<br />

per tutti e da tutti può nascere l’opera d’arte. Che nasca, questo è<br />

Letteratura, appunti e note sparse, ultima revisione: 5-10-2000<br />

Alberto Pian / albertopian@libero.it<br />

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l’importante... il naturalismo è un metodo per esprimere un pensiero”<br />

e spiega l’attività di ricerca “psicologica” che struttura il romanzo: “io<br />

devo prima di tutto calcolare dentro di me attimo per attimo tutte le<br />

minime cause che inducono Tizio a fare o dire questo piuttosto che<br />

quello”. Non sembra che V. rimase influenzato da Zola e invece<br />

criticherà Madame Bovary di Flaubert romanzo che non aveva di<br />

veristico che la passione dei sensi ed era scritto da un uomo privo di<br />

ideali e di valori morali. Spiegherà di avere cambiato “stile” dopo aver<br />

letto il manoscritto di un diario di bordo, esempio per lui dell’efficacia<br />

del racconto realista.<br />

VERGA E IL NATURALISMO - IMPERSONALITÀ: benché quindi ispirato dal<br />

naturalismo e dal clima positivistico V. se ne distacca per il fatto che<br />

non ritiene che il romanzo debba essere un’opera scientifica, basato<br />

sulla coincidenza tra verità letteraria e verità scientifica. Per lui la<br />

ricerca del vero: “è un metodo e resta tale, l’ideale dell’artista è sempre<br />

l’arte e non un fine scientifico. La sincerità ed il realismo dell’opera<br />

d’arte deve portare all’impersonalità dell’opera stessa. Questa<br />

impersonalità si attua in diversi modi. Nel Mastro ... diventa il distacco<br />

dell’autore dalla vicenda stessa non ritiene dall’esterno. Nei Malavoglia<br />

si esprime attraverso la partecipazione dell’autore alla ricerca di un<br />

linguaggio attraverso il quale il narratore riproduce la parlata e il ritmo<br />

stesso dell’esistenza del mondo che rappresenta. Nei romanzi del V. c’è<br />

sempre una ricerca linguistica, per esempio sui proverbi, sugli usi e la<br />

parlata popolare.<br />

IL CICLO DEI VINTI: Tra il 1875 e il 1878 matura il disegno di fondo di<br />

V. che intende scrivere un ciclo di 5 romanzi: I Malavoglia, Mastro don<br />

Gesualdo, La duchessa delle Gargantas, L’onorevole Scipioni e L’Uomo di<br />

lusso. Nella prefazione ai Malavoglia scrive: “Nei Malavoglia non è<br />

ancora che lotta pei bisogni materiali. Soddisfatti questi, la ricerca<br />

diviene avidità di ricchezze, e si incarnerà in un tipo borghese, Mastro<br />

don Gesualdo, incorniciato ancora nel quadro ristretto di una piccola<br />

città di provincia, ma del quale i colori cominceranno ad essere più<br />

vivaci e il disegno a farsi più ampio e variato. Poi diventerà vanità<br />

aristocratica nella Duchessa di Leyra; e ambizione nell’Onorevole<br />

Scipioni, per arrivare all’Uomo di lusso, il quale riunisce tutte coteste<br />

bramosie, tutte coteste vanità, tutte coteste ambizioni, per<br />

comprenderle e soffrirne, se la sente nel sangue ed è consunto. A misura<br />

che la sfera dell’azione umana si allarga, il congegno della passione va<br />

complicandosi... per la sottile influenza che esercita sui caratteri<br />

l’educazione, ed anche per tutto quello che ci può essere di artificiale<br />

nella società. Persino il linguaggio tende ad individualizzarsi...in una<br />

epoca che impone un uguale formalismo.” Infatti per <strong>Verga</strong> il<br />

linguaggio è inseparabile dal contenuto del romanzo: “la forma è così<br />

Letteratura, appunti e note sparse, ultima revisione: 5-10-2000<br />

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inerente al soggetto”. I personaggi dei cinque romanzi: “Sono altrettanti<br />

vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e<br />

annegati, ciascuno con le stimate del suo peccato che avrebbero dovuto<br />

essere lo sfolgorare della sua virtù... Chi osserva questo spettacolo non<br />

ha diritto di giudicarlo; è già molto se riesce a trarsi un istante fuori del<br />

campo della lotta per studiarla senza passione e rendere la scena<br />

nettamente.”<br />

PESSIMISMO: V. è improntato ad un pessimismo di fondo: i suoi<br />

personaggi sono, appunto “vinti”, dibattono nella propria condizione<br />

sociale, dalla quale non riescono ad uscirne. La storia è storia della<br />

lotta per la sopravvivenza, il successo è effimero, l’esistenza è<br />

“dominata dalle ferree leggi della miseria da cui non è quasi possibile<br />

evadere. Se talvolta qualcuno se ne stacca per vaghezza dell’ignoto, o<br />

per brama di meglio, il mondo, da quel pesce vorace qual è, se lo<br />

ingoia, e i suoi più prossimi con lui. È il caso di Ntoni dei Malavoglia. E<br />

se qualcuno, più astuto e più tenace, riesce a impadronirsi del gioco<br />

delle leggi economiche e a salire al rango dei dominatori, anche quella<br />

vittoria è effimera, che si risolve in una più tragica sconfitta. Ed è il<br />

caso di mastro don Gesualdo.” Nella Prefazione ai Malavoglia scriveva:<br />

“Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue<br />

l’umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel<br />

suo risultato, visto nell’insieme, da lontano.”. Questo lavorìo trasforma<br />

i vizi in virtù, tutto sembra teso verso un fine umano e il “lavorìo” dei<br />

singoli scompare. È a questo invece che si deve rivolgere l’attenzione.<br />

CRITICA<br />

CARDUCCI, DESANCTIS, CROCE, ECC.: Per i Carducciani l’opera di <strong>Verga</strong><br />

era monotona: “scambiamo per cima dell’arte la fotografia”. Per<br />

Desanctis invece <strong>Verga</strong> ha avuto la capacità di riprodurre i personaggi<br />

così come natura li forma senza eccedere nel naturalismo. Per Croce è<br />

impossibile un’arte “impersonale”. Luperini scrive: “La critica marxista<br />

di questo dopoguerra, anche la più scaltrita e intelligente non è riuscita<br />

a perdonare a <strong>Verga</strong> di non essere progressista e ottimista”. Per ovviare<br />

a ciò Alberto Asor Rosa addirittura si è spinto, dal lato opposto, ad<br />

affermare che il rifiuto di <strong>Verga</strong> per una ideologia “progressista” lo<br />

spinge a una rappresentazione non mistificatoria ma oggettiva dei<br />

rapporti di classe.<br />

LINGUISMO, CORO, “CHE”: Devoto ne “I piani del racconto” (in:<br />

Bollettino del Centro studi filosofici e linguistici siciliani, 1954), spiega<br />

che <strong>Verga</strong> usa un tipo di linguaggio molto diverso dai precedenti che<br />

sopprime in certi punti l’uso del discorso diretto o indiretto per<br />

Letteratura, appunti e note sparse, ultima revisione: 5-10-2000<br />

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introdurre, attraverso l’uso dell’imperfetto, del “che”, e dell’”e”, un<br />

discorso con la funzione di “coro”, commento del popolo nel quale<br />

l’autore si identifica. Si basa sull’analisi dei primi due capitoli, per<br />

esempio sul monologo di Mena che aspetta il ritorno del nonno, oppure<br />

in: “Le aveva lasciato quella nidiata di figlioli che Rocco il più<br />

grandicello, non le arrivava alle ginocchia”. Il che in questo caso<br />

sostituisce tutto un discorso che altrimenti non renderebbe il punto di<br />

vista popolare nello stesso modo, dato che qui è la gente che parla. Leo<br />

Spitzer replica a Devoto L’originalità della narrazione nei “Malavoglia”<br />

(Belfagor, I,1956), con l’argomento che ciò che Devoto illustra non è<br />

altro che Erlebte Rede, cioè discorsi indiretti liberi. <strong>Giovanni</strong> Cecchetti<br />

entra in polemica a sua volta Il <strong>Verga</strong> maggiore (La Nuova Italia,<br />

Firenze, 1968), tirandosi in pratica fuori dalla mischia: “impossibile<br />

isolare un singolo passo e studiarlo senza tenere presente tutta l’opera a<br />

cui appartiene, nell’intero contesto.” Ha ragione invece Devoto per il<br />

fatto che la quantità diventa qualità: un discorso indiretto “libero” è<br />

creato con artifizi tali da <strong>Verga</strong> che esprime un altro contenuto pur<br />

avendo la medesima forma: il lettore si trova immediatamente<br />

associato al narrato, si porta all’identificazione tra soggetto e oggetto e<br />

questo sposta evidentemente il piano della narrazione.<br />

VITA NEI CAMPI (NOVELLE 1876-80)<br />

BASI: nove novelle nell’edizione definitiva del 1897. Cavalleria<br />

Rusticana; La lupa, Jeli il pastore, Fantasticheria, Rosso Malpelo,<br />

L’amante di Gramigna, Guerra di Santi, Pentolaccia, Il conte.<br />

JELI IL PASTORE<br />

CONTENUTO E MOMENTI SIGNIFICATIVI: inizia con Jeli, pastore di 13<br />

anni che sta con l’amico don Alfonso, il signorino. Jeli sapeva fare<br />

lavori con l’ago, zufolare; il signorino sapeva leggere e scrivere e gli<br />

aveva scritto il nome di Mara su un pezzo di carta. Mara era la ragazza<br />

preferita di Jeli. Racconta della vita da ragazzi insieme, poi come lei<br />

partisse e non si fossero rivisti più per qualche tempo. Il nuovo<br />

incontro avviene in seguito alla fiera di S. <strong>Giovanni</strong>, quando Jeli viene<br />

cacciato dal padrone per la morte di uno dei cavalli che avrebbe<br />

dovuto condurre alla fiera ed è quindi costretto a cambiare lavoro per<br />

fare il pecoraro. Poi la rottura del fidanzamento di Mara e il<br />

matrimonio con Jeli. Ma Mara lo tradisce e Jeli, geloso, uccide don<br />

Alfonso, il suo vecchio amico, il “signorotto” che gliela “porta via”,<br />

come dirà al processo.<br />

Letteratura, appunti e note sparse, ultima revisione: 5-10-2000<br />

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ROSSO MALPELO<br />

CONTENUTO E MOMENTI SIGNIFICATIVI: storia di un fanciullo “brutto e<br />

cattivo”, sfuggito da tutti che lavora con il padre in una cava di sabbia.<br />

Quando il padre muore nella cava e viene privato dell’unico affetto (la<br />

mamma e la sorella lo trascurano e lo battono continuamente), elabora<br />

una sua filosofia secondo la quale i forti trionfano sempre sui più<br />

deboli e non può reagire con la forza ai soprusi, chi sta sotto deve<br />

subire. Questa filosofia è da lui applicata sul suo amico Ranocchio che<br />

picchia e tormenta per insegnargli che la vita è sofferenza. Quando<br />

Ranocchio muore egli è ancora più solo, si avventura in una ispezione<br />

nella miniera dalla quale non farà ritorno perché sa che tanto nessuno<br />

lo aspetta. È continuamente preso in giro, ingannato e deriso dai suoi<br />

stessi compagni di lavoro.<br />

NOVELLE RUSTICANE (1883)<br />

BASI: 12 novelle, Il reverendo, Cos’è il re, Don Licciu Papa, Il mistero,<br />

Malaria, Gli orfani, La Roba, Storia dell’asino di S. Giuseppe, Pane nero, I<br />

galantuomini, Libertà, Di là dal mare. Il motivo è quello economico,<br />

della “roba”, delle leggi implacabili del determinismo economico.<br />

Anche chi è ricco non sta in pace preoccupato dal timore di perderla<br />

con la propria morte (La roba) e quindi impazzito, esce in cortile per<br />

ammazzare i suoi animali per portare la roba “sua” con sè. Un altro<br />

tema è quello dello scontro tra le classi sociali (Libertà).<br />

LIBERTÀ<br />

CONTENUTO E MOMENTI SIGNIFICATIVI: ispirata al fatto storico del<br />

massacro di Bronte, gli abitanti di un piccolo centro ai piedi dell’Etna si<br />

ribellano ai notabili locali i “cappelli” e, in nome di una malintesa<br />

“Libertà”, ne fanno strage per non sottostare alle loro angherie e per<br />

coltivare in pace le loro terre. Ma venuto il momento di spartire le terre<br />

e i boschi “ciascuno fra di sè calcolava colle dita quello che gli sarebbe<br />

toccato di sua parte, e guardava in cagnesco il vicino”. Arriva Bixio e<br />

fucila alcuni rivoltosi. Altri saranno portati in catene al processo, di<br />

altri non si saprà più nulla. Nel frattempo tutti erano tornati a fare<br />

quello che facevano prima: “I galantuomini non potevano lavorare le<br />

loro terre colle proprie mani, e la povera gente non poteva vivere senza<br />

i galantuomini”. Amara constatazione anche di qualche vecchio e di<br />

qualche madre per cui: “all’aria ci vanno i cenci”.<br />

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GLI ORFANI<br />

CONTENUTO E MOMENTI SIGNIFICATIVI: È tutto dialogato, la morte di<br />

Nunzia, seconda moglie di compare Meno, è vista soprattutto in<br />

funzione del danno economico che comporta: il vedovo, rimpiangendo<br />

le virtù della moglie, pone l’accento continuamente sulla sua<br />

parsimonia, sul suo spirito di sacrificio, sulla sua capacità di<br />

amministrare in modo oculato. Rifiuta le medicine per non spendere<br />

soldi e quindi può anche fare a meno del funerale; “Non ha bisogno di<br />

rosari e di messe quella santa donna! I denari del prete sarebbero<br />

buttati via”. Parallelamente compare Angela: vede morire il proprio<br />

asino, strumento di lavoro e sopravvivenza: le due morti sono<br />

presentate in parallelo fin dall’inizio. Una vicina di casa commenta:<br />

“Certuni non hanno fortuna con le mogli, come quelli che sono<br />

disgraziati colle bestie”. Nel bisogno anche la vita umana perde dunque<br />

il suo valore, uomini e animali sono lo stesso. In ultimo il vedovo dice<br />

ad Angela: Ora che ci aspettate a fare a scuoiare l’asino? Almeno<br />

pigliate i denari della pelle” E lui cosa ci ricava dal cadavere della<br />

moglie? È un aspetto a mio parere esagerato.<br />

I MALAVOGLIA (1881)<br />

BASI E PREFAZIONE: lo sfondo storico del romanzo è l’Italia del<br />

1863-1876, il paese di pescatori di Aci Trezza. La famiglia dei Toscano,<br />

detta “Malavoglia” è composta dal nonno padron ‘Ntoni, dal figlio<br />

Bastianazzo e da sua moglie Maruzza la Longa, e da cinque nipoti:<br />

‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia. Nell’introduzione V. spiega che il<br />

romanzo è volto a spiegare come nascono “le prime irrequietudini pel<br />

benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliola<br />

vissuta fino ad allora relativamente felice, la vaga bramosia dell’ignoto,<br />

l’accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio.” Vedi<br />

anche quanto scritto prima sul progresso.<br />

L’opera rappresenta la proletarizzazione dei ceti medi: nella fase<br />

imperialista del capitalismo, nel momento dell’affermazione del suo<br />

potere e della creazione del mercato mondiale, il fenomeno della<br />

proletarizzazione era uno degli aspetti sociali più importanti<br />

dell’epoca. Consapevolmente o meno è questo il fenomeno descritto nei<br />

Malavoglia.<br />

CONTENUTO E MOMENTI SIGNIFICATIVI: I Malavoglia hanno una casa,<br />

la “casa del nespolo” e una barca, “La Provvidenza”. Essi si considerano<br />

dei “padroni” e vedono come una sventura quella di mettersi “a<br />

giornata” presso qualcuno. Agiscono con la mentalità dei piccoli<br />

padroncini che cercano di migliorare delle condizioni miserevoli di<br />

Letteratura, appunti e note sparse, ultima revisione: 5-10-2000<br />

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esistenza. La casa del nespolo “prosperava” perché il nonno vi<br />

applicava una saggezza antica rispecchiata dagli innumerevoli proverbi<br />

citati nel romanzo. ‘Ntoni deve partire militare e il commento<br />

“generale” era questo: “Il re faceva così, che i ragazzi se li pigliava per la<br />

leva quando erano atti a buscarsi il pane”. Il servizio militare era frutto<br />

“di quella rivoluzione di satanasso”. E l’unità d’Italia era servita.<br />

Intanto ‘Ntoni a militare trova il gusto di una vita più larga della<br />

ristretta cerchia di Aci Trezzza. I Malavoglia decidono di effettuare una<br />

compravendita di lupini per migliorare le loro condizioni, utilizzando<br />

la barca. “Per tutto il paese non si parlava d’altro che del negozio dei<br />

lupini” E qui c’è tutta una descrizione di questo continuo<br />

chiacchiericcio che viene introdotto da una specie di coro, per esempio<br />

a proposito di zio Crocifisso che aveva venduto i lupini ai Malavoglia:<br />

“Ognuno diceva la sua dello zio Crocifisso, il quale piagnucolava<br />

sempre, e si lamentava come Cristo in mezzo ai ladroni, e intanto<br />

aveva denari a palate, chè la Zuppidda, un giorno che il vecchio era<br />

malato, aveva visto una cassa grande così sotto il letto.” Ecco come, nel<br />

romanzo la voce di qualcuno diventa il commento di tutti e si<br />

identifica con l’autore stesso in una funzione di una specie di “coro”.<br />

Bastianazzo muore nel trasporto dei lupini con “La Provvidenza”. Vi<br />

sono nuovamente commenti del paese e la visita d’obbligo ai<br />

Malavoglia per il lutto, ma ciascuno poi parla dei propri affari e il coro<br />

commenta: “I Cipolla, adesso che avevano la paranza bene ammarata,<br />

si fregavano le mani vedendo burrasca; mentre i Malavoglia<br />

diventavano bianchi e si strappavano i capelli per quel carico di lupini<br />

che avevano perso a credenza dallo zio Crocifisso” (cap.3). E la casa dei<br />

Malavoglia “faceva acqua da tutte le parti. Infine cosa poteva valere la<br />

casa? Ognuno allungava il collo sul muro dell’orto e ci dava<br />

un’occhiata, per stimarla così, a colpo d’occhio” (cap.4). Crocifisso è<br />

tormentato dal credito e dal timore che Alfio voglia sposare sua figlia<br />

per venire in possesso delle proprietà, ma Alfio ama Mena dei<br />

Malavoglia i quali sono preoccupati del debito e non possono pensare<br />

alle nozze. La barca viene riparata da mastro Zuppiddo, la speranza<br />

riprende nuovamente. Ma i soldi per riparare la barca non consentono<br />

di pagare il debito. ‘Ntoni torna a casa ma non ha molta voglia di<br />

lavorare, si deve alzare presto al mattino “Allora non valeva la pena di<br />

tornare a casa” (cap.VI), si sfoga. Intanto era giunto l’usciere dai<br />

Malavoglia (zio Crocifisso aveva fatto finta di aver venduto il debito a<br />

Piedipapera per inviarglielo), e questi si rivolsero ad un avvocato a<br />

Catania che li consiglia di non far nulla perché il creditore non può<br />

rivalersi in alcun modo. Sono rinfrancati ma, al ritorno i dubbi<br />

riprendono: “È vero i lupini ce li ha dati e bisogna pagarli. Non c’era da<br />

dire. Adesso che l’avvocato non c’era più bisognava pagarli”. Così si<br />

impegnano con Piedipapera a cedergli la casa se non avessero onorato il<br />

Letteratura, appunti e note sparse, ultima revisione: 5-10-2000<br />

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debito. (cap.6). Anche Luca poi partì per il militare, ma aveva un<br />

carattere diverso da ‘Ntoni: “Questo qui non scriverà per denari”<br />

(cap.7), pensava il nonno. Ad un certo punto il paese è in subbuglio<br />

per il dazio sulla pece: “La Zuppida, con la schiuma alla bocca si mise<br />

sul ballatoio a predicare che era un’altra bricconata di don Silvestro”. Il<br />

“coro si interroga: “Perché non lo aumentano sul vino il loro dazio? O<br />

sulla carne che nessuno ne mangia?” (cap.7). Questa rivolta senza<br />

sbocco si vede dappertutto, all’osteria gli uomini “se la prendevano<br />

persin colle mosche che volavano”. ‘Ntoni corteggia intanto la figlia di<br />

Zuppidda, Barbara, suscitando l’irritazione di altri come il barbiere<br />

Vanni Pizzuto e il brigadiere don Michele e anche la propria per il fatto<br />

di non avere soldi e non avere nulla da offrire alla ragazza: “Perché son<br />

tornato dunque da soldato?” (cap.7). I Cipolla si recano in visita dai<br />

Malavoglia con il figlio Brasi per combinare con Mena, ma Mena ama<br />

Alfio e si salutano con le lacrime agli occhi quando Alfio parte per la<br />

Bicocca. Il duro lavoro dei Malavoglia frutta 100 lire che vengono date<br />

a Piedipapera per il debito (con sceneggiata da parte di costui). Viene<br />

stabilito il fidanzamento ufficiale tra Mena e Brasi Cipolla con una<br />

grande festa in casa Malavoglia, sembra che le sorti si risollevino, ma il<br />

giorno stesso del fidanzamento due soldati portano la notizia della<br />

battaglia di Lissa, ecco il dubbio della mamma per la sorte del figlio che<br />

la apprende solo dopo 40 giorni, quando le dicono di rivolgersi presso<br />

la capitaneria di porto (cap.9). Infine dovettero anche ceder la casa<br />

senza potervi far nulla, l’avvocato gli aveva risposto: “Chi è minchione<br />

se ne sta a casa” (cap.10). Fanno il trasloco di notte e “da allora in poi<br />

i Malavoglia non osarono mostrarsi per le strade e in chiesa la<br />

domenica, e andavano sino ad Aci Castello per la messa, e nessuno li<br />

salutava più, nemmeno padron Cipolla”. Questi sciolse il fidanzamento<br />

ed anche gli Zuppidda rifiutarono Barbara a ‘Ntoni che si incupiva<br />

ancor più. In una tempesta al mare il nonno si fracassa la testa ed è in<br />

punto di morte, ai nipoti dà le disposizioni: mettere via qualche soldo<br />

per maritare la Mena, e poi Lia, infine ricomprare la casa del nespolo.<br />

Ma infine si salva. Intanto ‘Ntoni passa il suo tempo all’osteria e smette<br />

di lavorare del tutto. La Onga muore di colera. Il nonno ogni giorno<br />

conta i denari e si reca alla “casa del nespolo”. (cap.11). ‘Ntoni intanto<br />

parte dal villaggio e il nonno e il nipote Alessi vanno a giornata da<br />

padron Cipolla. Quindi devono vendere anche la Provvidenza e ne sono<br />

anche buggerati da zio Crocifisso (cap.12). Ma sperano sempre di<br />

ricomprare la casa. A proposito di ‘Ntoni “tutto il paese sà che ‘Ntoni<br />

doveva tornare ricco... e molti già‘ l’invidiavano”, ma invece ‘Ntoni<br />

torna al paese senza un soldo e diventa lo zimbello di tutti. Si<br />

rinchiude a bere nell’osteria dove la Santuzza lo mantiene. Il brigadiere<br />

Don Michele corteggia Lia e confida del contrabbando di ‘Ntoni. C’è<br />

anche una rissa tra i due e poi ‘Ntoni accoltella don Michele per<br />

Letteratura, appunti e note sparse, ultima revisione: 5-10-2000<br />

Alberto Pian / albertopian@libero.it<br />

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sfuggire alla cattura mentre di notte contrabbanda con Rocco Spatu e<br />

Cingialenta. Perché ‘Ntoni fa il contrabbandiere? Ecco la spiegazione:<br />

“Poi quella storia di andare a giornata non gli andava affatto, lui ch’era<br />

nato padrone, l’aveva detto anche al nonno.” (cap.12). Tutto il paese è<br />

in subbuglio perché riceve la citazione “la gente si affollava con la carta<br />

bollata, e giurava che non sapeva nulla, com’è vero iddio” (cap.14). Nel<br />

processo si viene a sapere della relazione di Lia con don Michele che<br />

scappa e di lei non si saprà più nulla. ‘Ntoni è condannato a cinque<br />

anni. Il nonno sta a letto invalido, Alessi sposa la Nunziata e lavorerà<br />

“di qui e di là”, ma riuscirà poi a riscattare la vecchia casa del<br />

nespolo. Alfio ritorna con la malaria ma Mena non vuole sposarlo<br />

perché si sente disonorata dalla sorella. Infine ‘Ntoni torna a casa di<br />

nascosto per non farsi vedere e poi riparte subito.<br />

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