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fatto molto intimo, da un input famigliare ma anche da un mio interesse
personale che fino ad allora non avevo ancora messo in scena.
R.: Qual è il suo ruolo? Lei di cosa si occupa?
I.: Io mi occupo di teatro da circa da trent’anni, scrivo, dirigo, non recito, l’ho
fatto pochissime volte da giovane ma non mi interessava. Organizzo, faccio
festival e gestisco un teatro comunale a Colleferro e tutto ciò che è teatro per
me va bene insomma.
R.: Qual è il rapporto tra arte ed antimafia?
I.: Può aiutare molto secondo me. Può aiutare. Ho visto che i ragazzi,
attraverso uno spettacolo, riescono ad entrare meglio nel problema,
soprattutto se è vicino a loro. Io lavoro con le diapositive in modo che
riescono a starmi dietro nel miglior modo possibile. Oggi i ragazzi sono
manipolati dalla pessima televisione che abbiamo. Purtroppo acquisiscono
questo terribile linguaggio televisivo, sono affascinati dal multimediale,
quindi io li avvicino con la tecnica delle diapositive, quindi delle immagini e
soprattutto della musica che a loro piace. Non a caso inserisco nei miei
spettacoli Vasco Rossi, Renato Zero, Jovanotti e noto che questo serve a
molto. Nel mio piccolo ho seminato ma ho anche raccolto. Ti racconto di
Cinzia, ragazza che segue la “Cantata per la legalità” da otto anni, faceva le
medie. Ora ad ogni spettacolo indossa una maglietta con su scritto “Io sono
contro la mafia” … questo per me è davvero commovente.
R.: Lei insegna teatro ai giovani. Come appare il mondo criminale davanti ai
loro occhi e qual è il rapporto tra adolescenti ed antimafia?
I.: Dobbiamo stare attenti un po’ tutti … il forte o il malavitoso affascina
l’adolescente. Basta vedere “Romanzo criminale”. Bisogna poi filtrare questo
ma non ci si riesce, lo devono fare in primis i genitori. Lo fanno? Punto
interrogativo. Poi gli insegnanti. Lo fanno? Secondo punto interrogativo. Non
tutti. Mi viene da pensare a quando il fornaio non adora il pane … allora li
vuol dire che ha sbagliato mestiere.
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