Analisi semiotica del packaging - Centro Studi Assaggiatori
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Vedo, prevedo, travedo: cosa può vedere il consumatore<br />
<strong>del</strong> produttore attraverso la bottiglia?<br />
Non è esagerato dire che una confezione, per<br />
quanto studiata nei minimi dettagli, dice a volte<br />
anche più di quanto non si vorrebbe. Con l’avvio<br />
<strong>del</strong>la nostra rubrica di analisi <strong>semiotica</strong> <strong>del</strong> <strong>packaging</strong><br />
abbiamo iniziato a vedere perché la confezione<br />
è a tutti gli effetti un testo, cioè un oggetto<br />
che attraverso molti linguaggi (verbale e visivo,<br />
ma non solo) parla <strong>del</strong> prodotto, <strong>del</strong> produttore e<br />
<strong>del</strong> suo target a chi la osserva. Questa volta ci poniamo<br />
la domanda: quali sono le strategie testuali<br />
e i linguaggi attraverso i quali emerge l’immagine<br />
di marca? Ed è semplice controllarli tutti?<br />
Semplificando molto, quello che in marketing si<br />
chiama corporate image in <strong>semiotica</strong> trova corrispondenze<br />
con una strategia che Umberto Eco definisce<br />
Autore Mo<strong>del</strong>lo. Né l’una né l’altro si identifica<br />
mai con il produttore stesso, ma è un suo riflesso<br />
più o meno calzante e verosimile che viene<br />
recepito e interpretato da chi si trova davanti la<br />
confezione e che si crea nello stesso processo di<br />
produzione <strong>del</strong>la bottiglia: consapevolmente o inconsapevolmente.<br />
Perché non basta scegliere un<br />
nome altisonante o scrivere in retroetichetta belle<br />
cose sul processo di produzione: il linguaggio verbale<br />
è uno dei tanti presenti su una confezione, e<br />
nel caso specifico neanche il principale.<br />
Secondo Eco i tipi di segno – o meglio: i modi di significare<br />
– sono tre: icona, indice, simbolo. L’icona è<br />
quando si rappresenta qualcosa attraverso un’immagine<br />
che, osservandola, gli assomiglia (stiamo<br />
sempre semplificando i concetti fino<br />
all’esasperazione): un dipinto di una<br />
donna è una sua icona, così come<br />
il disegno di un paesaggio su un’etichetta<br />
è un’icona <strong>del</strong> paesaggio di<br />
origine <strong>del</strong> vino. Le immagini hanno<br />
quindi la loro importanza, ma non<br />
sono le sole a parlare in questo<br />
modo: la bottiglia stessa<br />
non assomiglia forse a un<br />
corpo di persona? (E<br />
infatti si dice: il collo, le<br />
spalle <strong>del</strong>la bottiglia;<br />
una bottiglia panciuta.) Bisogna<br />
stare attenti agli iconismi nascosti,<br />
anche quelli parlano al<br />
consumatore di cose che possono<br />
piacergli o non piacergli (in materia<br />
di forme di bottiglie il settore<br />
<strong>del</strong>la profumeria avrebbe molto da<br />
insegnare).<br />
Ma non tutte le immagini sono icone. Un’aquila disegnata<br />
può voler dire nobiltà; ma non<br />
Manuela Violoni<br />
<strong>Analisi</strong> <strong>semiotica</strong><br />
<strong>del</strong> <strong>packaging</strong><br />
I VINI<br />
perché assomigli alla nobiltà, bensì perché questo significato<br />
le è stato attribuito dalla nostra cultura per<br />
convenzione, e l’aquila è un simbolo. Nella nostra vita<br />
quotidiana nuotiamo nei simboli, ed è<br />
così che impariamo a dargli un determinato significato:<br />
a forza di vederli in determinati contesti. Questo<br />
meccanismo si chiama rinvio intertestuale:<br />
ogni elemento richiama alla memoria una<br />
vaga sintesi di tutte le situazioni significative in cui<br />
l’abbiamo incontrato. Così l’aquila è nobiltà perché<br />
l’abbiamo vista negli stemmi nobiliari, il<br />
verde è simbolo di naturalità perché l’abbiamo<br />
visto nei paesaggi con molta vegetazione<br />
e nelle confezioni di prodotti biologici<br />
(ecc. ecc.) e il giallo e il rosso insieme, a seconda<br />
di dove li incontriamo, fanno prodotto<br />
da supermercato di basso costo o<br />
forza Roma. Ai simboli bisogna stare<br />
molto attenti, perché hanno sempre molte<br />
valenze e molti significati; e perché<br />
qualsiasi cosa anche banale può assumere<br />
dei significati simbolici.<br />
Ma infine abbiamo il modo più subdolo<br />
di significazione, e allo stesso tempo<br />
il più veritiero – e traditore. L’indice è il<br />
segno di Sherlock Holmes: cioè qualsiasi<br />
cosa che rivela qualcos’altro per ragionamento<br />
logico, in quanto è legato<br />
ad esso da un rapporto di causa-effetto.<br />
Così se troviamo la vernice verde <strong>del</strong>la<br />
nostra macchina sul paraurti <strong>del</strong> collega<br />
è indice che è stato lui a rifarci la fiancata<br />
parcheggiando; e se un’etichetta ha<br />
una carta di scarsa qualità è indice che il<br />
produttore non poteva o non voleva<br />
spendere molto su quel prodotto.<br />
Le confezioni possono essere <strong>del</strong>le sfere di<br />
cristallo o dei colabrodi di indizi controproducenti:<br />
a seconda di quanta attenzione<br />
si pone nel far sì che tutti gli aspetti<br />
<strong>del</strong>la confezione dicano la stessa cosa.<br />
L’ASSAGGIO 8 - INVERNO 2004<br />
47
Bergaglio<br />
Gavi Docg – Azienda Agricola Bergaglio Pier Carlo<br />
Individuazione a scaffale<br />
Comune<br />
bordolese dai<br />
toni opachi, ha<br />
dalla sua la<br />
semplicità di<br />
elementi, le<br />
scritte<br />
discretamente<br />
leggibili a<br />
scaffale e l’uso<br />
abbondante<br />
<strong>del</strong>l’oro,<br />
nonché la<br />
doppia<br />
etichetta<br />
profilata<br />
in alto.<br />
Fontanassa<br />
Gavi Docg – Azienda Agricola Fontanassa<br />
Individuazione a scaffale<br />
Molto originale<br />
questa bordolese<br />
a spalla alta per<br />
la scelta stilistica<br />
<strong>del</strong>l’etichetta, che<br />
spicca per<br />
minimalismo e<br />
per il cromatismo<br />
rosa su nero,<br />
estremamente<br />
insolito per il<br />
settore<br />
merceologico.<br />
Gli elementi<br />
principali si<br />
distinguono<br />
chiaramente<br />
fin dallo scaffale.<br />
48 L’ASSAGGIO 8 - INVERNO 2004<br />
Lettura in mano<br />
Vigna <strong>del</strong> Parroco è in effetti il sintagma che regge<br />
il maggior numero di isotopie: Vigna rinvia all’ovale<br />
con il paesaggio in alto, e Parroco è in isotopia<br />
con gli elementi stilistici <strong>del</strong>l’etichetta, tipicamente<br />
chiesastici: l’uso abbondante <strong>del</strong>l’oro anche nel<br />
cielo <strong>del</strong> disegno, i colori neutri e smorti beige e blu<br />
scuro, le linee dritte e austere. Lo stile ecclesiastico<br />
è forse la maggiore isotopia <strong>del</strong>l’etichetta.<br />
Lettura in mano<br />
<strong>Analisi</strong> <strong>semiotica</strong> <strong>del</strong> <strong>packaging</strong><br />
Bergaglio, come si scopre dalla<br />
controetichetta, è il cognome<br />
<strong>del</strong> produttore. Di più però colpisce<br />
la denominazione Vigna <strong>del</strong><br />
Parroco, giustificata dall’origine<br />
storica dei terreni ma che attribuisce<br />
arbitrariamente all’Autore<br />
Mo<strong>del</strong>lo valori ideologico-religiosi<br />
e rinvia al ricco clero antico<br />
proprietario terriero.<br />
C’è un po’ di confusione di nomi: Bergaglio,<br />
che è il nome <strong>del</strong> produttore, occupa invece il<br />
luogo <strong>del</strong> nome <strong>del</strong> vino, mentre data la posizione<br />
e il carattere per i non esperti il produttore<br />
potrebbe sembrare Gavi. La scarsità di riferimenti<br />
al produttore fa sì che il Parroco, suo<br />
malgrado, appaia l’Autore Mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> vino,<br />
che si caratterizza come austero, legato alla<br />
tradizione, al locale e all’ambiente rurale.<br />
C’è una specie di contraddizione tra l’antropomorfia maschile <strong>del</strong>la bottiglia, nera dalle<br />
larghe spalle e dal fusto dritto, e la femminilità ostentata <strong>del</strong> rosa e <strong>del</strong> disegno di semplici<br />
fiori di pesco che rinvia a uno stereotipo <strong>del</strong>la femminilità infantile (cfr. anche l’adolescenziale<br />
firma Stefy). Il disegno aggiunge peraltro un tratto di stile moderno e personalizzante<br />
ed è un aperto rinvio al profumo floreale, tra i più apprezzati nei vini bianchi.<br />
L’eccesso di isotopia viene probabilmente dal colore <strong>del</strong>le scritte, proprio perché dà<br />
coesione, ma che rafforza l’ambiguità di genere. Ha di buono che perde l’austerità tipica<br />
di alcune bottiglie e si presenta fresca e giovanile: un ritratto <strong>del</strong> Lettore Mo<strong>del</strong>lo?<br />
Il naming<br />
Il naming<br />
C’è ambiguità nell’individuazione <strong>del</strong><br />
naming, perché entrambe le scritte<br />
grandi <strong>del</strong>l’etichetta hanno lo stesso<br />
carattere, lo stesso colore e la stessa<br />
dimensione.Fontanassa è in realtà<br />
<strong>del</strong> nome <strong>del</strong>l’azienda, che nella<br />
semantica deriva da un termine dialettale<br />
indicante il dispregiativo di<br />
fontana: un nome tradizionale di luogo,<br />
un rinvio al legame con il locale<br />
che condivide con il prodotto i sèmi<br />
di freschezza,di liquidità e di offrirsi.
La Court<br />
Barbera d’Asti Doc Nizza 2001 – Michele Chiarlo<br />
Individuazione a scaffale<br />
Folle di Sera<br />
Lambrusco rosso Igt – Lini<br />
Individuazione a scaffale<br />
Questa bordolese<br />
a spalla alta,<br />
dall’antropomorfia<br />
maschile si<br />
distingue per un<br />
<strong>del</strong>icato equilibrio<br />
di toni cromatici<br />
tra beige e<br />
mattone, per gli<br />
elementi argento<br />
e per una capsula<br />
dal rosso satinato<br />
e opaco in tono.<br />
La forma e<br />
l’equilibrio<br />
cromatico<br />
la rendono<br />
composta<br />
e armoniosa.<br />
L’uniformità<br />
cromatica e la<br />
forma ordinaria<br />
<strong>del</strong>l’etichetta<br />
danno un aspetto<br />
piuttosto<br />
ordinario e un<br />
po’ povero, che<br />
solo più da vicino<br />
rivela l’originalità<br />
<strong>del</strong> concetto.<br />
Lettura in mano<br />
Lettura in mano<br />
Ciò che colpisce subito è l’ampia immagine: i bordi consunti, i toni sfumati fanno pensare<br />
a un acquerello o a un’antica pergamena. Al livello iconico <strong>del</strong> paesaggio, tipicamente<br />
italiano, si sovrappongono <strong>del</strong>le linee che rinviano alle antiche rappresentazioni<br />
<strong>del</strong> moto degli astri: linee che percorrono cielo e terra congiungendosi in punti<br />
luminosi, rinvii all’astrologia ma soprattutto a un’antica e arcana conoscenza, quasi<br />
magica, <strong>del</strong>l’alternarsi <strong>del</strong>le stagioni. La cascina, congiunta a cielo e terra da una linea<br />
retta, rappresenta la centralità <strong>del</strong>l’uomo che governa con l’agricoltura le forze<br />
superiori <strong>del</strong>la natura. Una bottiglia importante, che esprime con coerenza e stile cultura<br />
e scienza (cfr. la precisione tecnica <strong>del</strong>la controetichetta) e, a livello plastico, una<br />
cura dei particolari: tutte le linee <strong>del</strong>l’immagine sono in rilievo.<br />
Una composizione paesaggistica e quasi fotografica degli elementi grafici regge<br />
il tema dettato dal naming: un <strong>del</strong>irio serale, sotto la luna piena che manda<br />
riflessi sull’acqua (visualizzati dal testo in basso). La citazione dall’Odissea è<br />
un invito colto al recupero di un antico rapporto con il vino, più libero e meno<br />
inibito, meno inquadrato in schemi e tecnicismi ma non volgarizzato; la bottiglia<br />
si vuole porre come complice in piacevoli situazioni che necessitano <strong>del</strong>l’abbandono<br />
dei freni inibitori. Peccato che il rosso sangue e il riferimento alla<br />
follia diano una timizzazione disforica all’insieme: invece di trasmettere allegria<br />
e spensieratezza, suggeriscono eccesso e violenza.<br />
Il naming<br />
Il naming<br />
<strong>Analisi</strong> <strong>semiotica</strong> <strong>del</strong> <strong>packaging</strong><br />
La Court è innanzittutto un nome comune<br />
che fa parte <strong>del</strong> dialetto piemontese, e<br />
rinvia quindi alla provenienza e alla loca-<br />
lità.Semanticamente è un rinvio alla quo-<br />
tidianità rurale ed è in isotopia con l’immagine,<br />
anche dal punto di vista plastico.<br />
Folle di sera: definizione di fantasia senza relazioni con i dati effettivi<br />
<strong>del</strong> vino, <strong>del</strong>inea una situazione e introduce un’atmosfera con cui si<br />
vuole accompagnarlo. Incuriosisce e spinge alla lettura <strong>del</strong> testo immediatamente<br />
sotto.<br />
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