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4 - Gola gioconda

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sped. in A.P. 45% art. 2. comma 20/B legge 662/96 Prato CPO<br />

il piacere<br />

della tavola<br />

in Toscana<br />

in Italia<br />

nel mondo<br />

GOLA<br />

<strong>gioconda</strong><br />

Itinerari<br />

Colli Bolognesi<br />

4 2006<br />

€ 3,50<br />

edizioni Aida


Editoriale<br />

Di tempo ne è passato da quando si mangiavano crude le<br />

interiora di animali per carpire il coraggio e la forza della<br />

bestia uccisa. Dire che si fa la stessa cosa mangiando un<br />

panino con il lampredotto è un po’ esagerato. Ma si sa,<br />

le discussioni spesso degenerano e il dibattito tra<br />

vegetariani e animalisti da una parte e cicciaioli<br />

onnivori dall’altra è spesso acceso. In questo numero di<br />

<strong>Gola</strong> tentiamo di fare un po’ di chiarezza sull’argomento, magari<br />

partendo da lontano, come fa nel suo intervento Lara Fantoni, che,<br />

citando Noè dopo il diluvio (“Ogni animale che si muove e ha vita<br />

sarà il cibo”), sostiene giustamente che “non c’è forma di vita<br />

animale di cui gli uomini non abbiano almeno provato a nutrirsi, a<br />

dispetto della difficoltà di procurarsela o perfino del ribrezzo che<br />

essa poteva ispirare. Niente sembra spaventare l’essere onnivoro che<br />

è in noi, in assenza di un fatto culturale forte che lo convinca della<br />

assoluta gravità del mangiare cadaveri e ne proscriva la pratica”.<br />

Già, mangiare cadaveri; è l’accusa più forte che fanno i vegetariani<br />

ai carnivori, insieme a quella che identifica in un qualsiasi<br />

allevamento un lager o comunque un luogo di abiezioni. Lorenzo<br />

Sbolgi ci racconta nel suo articolo la scelta controcorrente degli<br />

allevatori toscani, che parte dalla tutela degli animali per arrivare –<br />

cinicamente, potrebbe dire qualcuno – alla produzione di carni di<br />

qualità. Certo è che però la cruenza un qualche peso sui sapori ce<br />

l’ha. Basta pensare alla caccia e alla pesca; Alessandro Ferri prova ad<br />

aumentare la confusione che alberga in noi insinuando qualche<br />

legittimazione culturale dell’universo venatorio guardato attraverso<br />

la lente d’ingrandimento gastronomica. Ma gli animali non<br />

vengono solo mangiati; quelli di compagnia vengono anche<br />

coccolati a suon di pappine, scatolette, snack, croccantini; ma<br />

cosa c’è davvero nel cibo degli animali che vivono con noi? Silvia<br />

Vigiani ha spulciato tra etichette e ingredienti e trae conclusioni<br />

non sempre incoraggianti per la salute degli amici a quattro zampe.<br />

Che ad altre latitudini finiscono spesso in pentola, a conferma del<br />

fatto che i tabù e le abitudini alimentari cambiano da paese a<br />

paese; Sandro Bosticco sviluppa l’argomento con la competenza<br />

che gli deriva tra l’altro dall’aver assaggiato formiche e cavallette,<br />

zebre e giraffe; e per non smentire la sua fama di degustatore a<br />

tutto tondo, ci descrive aspetto, odore e sapore di alcuni tipi di<br />

cibo in scatola per gatti.<br />

Se dopo aver letto tutto questo riuscirete impassibilmente a<br />

gustare i piaceri delle feste, allora meritate i nostri più sinceri<br />

auguri. Al prossimo anno.<br />

1


s o m m a r i o<br />

4 Cane non mangia cane?<br />

SANDRO BOSTICCO<br />

11 A misura di animale<br />

LORENZO SBOLGI<br />

17<br />

21<br />

26<br />

Pranzi da signore<br />

ALESSANDRO FERRI<br />

I (dis)piaceri<br />

della carne<br />

LARA FANTONI<br />

Ciotola pazza<br />

SILVIA VIGIANI<br />

Speciale Valore Toscana<br />

Gli itinerari di <strong>Gola</strong><br />

Colli bolognesi<br />

di Giovannina Pelagatti<br />

31 De gustibus<br />

SANDRO BOSTICCO


60 Cibo fra le righe<br />

Staseranonesco<br />

63 Diabolico peposo<br />

Gustati per voi<br />

65 Un giardino di sapori<br />

66 Locali per un giorno<br />

69<br />

Slow Food Firenze<br />

Un anno vissuto<br />

con gusto<br />

Appuntamenti<br />

71 con il gusto<br />

75 Winelovers<br />

88 <strong>Gola</strong> cocktail<br />

89 Le degustazioni<br />

<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong><br />

I piaceri della tavola<br />

in Toscana<br />

Trimestrale<br />

www.gola<strong>gioconda</strong>.it<br />

posta@gola<strong>gioconda</strong>.it<br />

Realizzazione editoriale, grafica,<br />

impaginazione, riproduzione<br />

immagini:<br />

edizioni Aida<br />

Via Maragliano 31/A,<br />

50144 Firenze<br />

Tel. 055 321841<br />

Fax 055 3215216<br />

Direttore editoriale<br />

Leonardo Romanelli<br />

Direttore responsabile<br />

Lirio Mangalaviti<br />

Coordinamento redazionale<br />

Chiara Tacconi<br />

In redazione<br />

Maurizio Izzo, Daniela Lucioli,<br />

Cristiano Maestrini,<br />

Silvia Vigiani<br />

Hanno collaborato a questo numero<br />

Sandro Bosticco, Serge<br />

Cavalieri, Rina Faccenda,<br />

Lara Fantoni, Alessandro Ferri,<br />

Giovannina Pelagatti,<br />

Luigi Pittalis, Lorenzo Sbolgi<br />

Progetto grafico<br />

Lucia Chieffo<br />

Copertina<br />

Chiara Raugei<br />

Disegni originali<br />

Chiara Raugei<br />

Abbonamento annuale<br />

(4 numeri) 12,00 euro da<br />

versare sul c/c postale<br />

n. 25030503, intestato a Aida,<br />

causale del versamento<br />

“abbonamento a 4 numeri di<br />

<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong>”<br />

Pubblicità:<br />

Aida srl, tel. 055 3218448<br />

Stampa<br />

Nuova Grafica Fiorentina,<br />

Firenze<br />

Aut. del Trib. di Firenze<br />

n. 4843 del 18/12/98


Cane non mangia cane?<br />

4<br />

SANDRO BOSTICCO<br />

Come i tabù alimentari cambiano<br />

con le latitudini e le culture<br />

L’autorevole rivista britannica New Scientist ha festeggiato<br />

il cinquantesimo compleanno alla sua maniera, buttando<br />

lì una domanda ai propri colaboratori, tutti professoroni<br />

e super-ricercatori di fama internazionale: quali traguardi<br />

raggiungerà l’umanità tra altri cinquant’anni? Fra le risposte,<br />

pubblicate sull’ultimo numero, viene dato per certo che<br />

verrà compreso il linguaggio degli animali. Con una conseguenza<br />

non da poco: non avremo più l’animo di mangiarli!<br />

Gli scienziati danno per scontato che comprendere lamenti e<br />

proteste dei poveracci mentre vanno al mattatoio o semplicemente<br />

renderci conto che i tonni imparano il teorema di<br />

Pitagora meglio di nostro figlio inibirà il consumo di carne e


pesce. Mi viene da pensare che, di questo passo, il secolo<br />

successivo rischieremo di decodificare anche i messaggi delle<br />

piante, finendo come conseguenza per nutrirci di sabbia.<br />

Chi avrà il coraggio, nel 2200, di preparare il pesto mentre la<br />

piantina di basilico sul terrazzo si lamenterà: “Ohi-ohi, che<br />

fai, mi strappi le foglie?”. In attesa di conversare con la pecora<br />

di fronte sull’Eurostar o di accompagnare la tartaruga dallo<br />

psicanalista, per il momento siamo ancora ai tabù classici,<br />

che dettano regole in questa o quella regione del mondo. Quindi<br />

mangiamo cinghiali sì e pappagalli no, cani e conigli dipende<br />

da dove, ragni dipende in quale cerimonia,<br />

maiali e manzi dipende dalla religione (la<br />

nostra; anche se non è escluso che anche<br />

gli animali ne abbiano di loro...).<br />

Sempre dal Regno Unito, ma più<br />

precisamente dal Galles, arriva<br />

un’altra notizia degna di nota: la<br />

Black Mountains Smokery, un<br />

laboratorio artigianale che affumica<br />

pesci, carni e formaggi<br />

come si deve, viene costretta<br />

dalle autorità locali a cambiare il<br />

nome della sua salsiccia più popolare,<br />

chiamata finora Welsh Dragon,<br />

cioè “drago gallese” in omaggio al simbolo<br />

del paese. “Il prodotto non era denominato con precisione<br />

sufficiente a informare il consumatore sulla sua natura”<br />

è stata la motivazione secondo una dichiarazione del governo<br />

locale riportata dal “Times” in novembre, che per correttezza<br />

riferisce anche il commento di Jon Carthew, proprietario del<br />

laboratorio: «Non posso credere che alcuno dei nostri clienti<br />

creda che mettiamo nelle nostre salsicce carne di drago!». E<br />

poi ci lamentiamo delle varie autorità italiane...<br />

➤<br />

Nelle migliori librerie<br />

e direttamente<br />

presso le edizioni Aida<br />

tel. 055 321841<br />

promo@aidanet.com<br />

5


6<br />

Consorzio Chianti Colli Senesi<br />

c/o CCIAA Piazza Matteotti, 30 - 53100 Siena<br />

Tel. 0577 202584 - Fax 0577 43186<br />

www.collisenesi.it - collisenesi@virgilio.it


➤<br />

Siamo ciò che mangiamo?<br />

Se sono ciò che mangio – o meglio ciò che ho mangiato –<br />

personalmente dovrei aver assimilato il carattere di svariati<br />

animali, dal momento che pur essendo nella realtà quotodiana<br />

formaggio-dipendente mi sono spesso lasciato prendere<br />

dalla curiosità e ho messo in bocca (e quasi sempre nello<br />

stomaco) uno svariato numero di carni diverse, appena se ne<br />

è presentata l’occasione. L’ultima bizzarria l’ho assaporata un<br />

mese fa al mitico Salone del Gusto di Torino, quando sono<br />

transitato nel settore delle specialità internazionali messe sul<br />

palcoscenico da Slow Food. Mi sono accostato al banco del<br />

“Waranà nativo dei Saterè Mawè”, detto anche guaranà. Si<br />

tratta di una liana dell’Amazzonia, molto tonica anche se francamente<br />

poco gradevole (immaginatevi una polvere di tannini);<br />

nell’occasione veniva grattugiata in un bicchier d’acqua.<br />

Dunque per meglio mandar giù l’intruglio (che mi ha ricordato<br />

il povero Pinocchio alle prese con la medicina della Fatina)<br />

i brasiliani del Salone l’avevano studiata bella: accompagnamento<br />

di formiche! L’abbinamento tutto amazzonico mi<br />

ha portato così a degustare dei microbocconi croccanti e scuri.<br />

Gli insetti erano stati essiccati e venivano privati sul posto<br />

delle zampette, con un gentile sorriso. Il gusto è risultato assolutamente<br />

gradevole, con un fondo dolciastro che andava a<br />

combinarsi con l’amaro del Waranà. L’amico birrologo Luca<br />

Gatteschi degustando al mio fianco fantasticava di abbinamenti<br />

con birre asciutte e molto luppolate. A entrambi l’aroma<br />

delle formiche ha ricordato gli involtini orientali.<br />

Quanto alle cavallette messicane come snack da passeggio, ve<br />

ne ho già parlato in un recente <strong>Gola</strong> Gioconda. Andando<br />

indietro nel tempo, ricordo invece la visita a un ristorante<br />

alla periferia di Nairobi dal nome roboante: “Carnivore”.<br />

Qui ci si sedeva all’aperto aspettando che il cameriere passasse<br />

con quello che l’enorme griglia centrale andava offrendo<br />

via via. C’era un prezzo fisso, che comprendeva portate a<br />

oltranza (quando non se ne poteva più, si ammainava l’appo-<br />

➤<br />

7


8<br />

Alimentazione<br />

forzata<br />

delle iene<br />

in una tomba<br />

egiziana<br />

➤<br />

sita bandierina). Assaggiai in sequenza la zebra (vera delizia<br />

per i tifosi viola, ma niente male anche per quelli come me<br />

con una dieta senza calcio); l’impala, sorta di antilope tenera<br />

al gusto quanto alla vista (da viva); la giraffa (dal sapore vagamente<br />

porcellino); la coda di coccodrillo (bianchiccia, molle<br />

e delicata contro ogni aspettativa). Tutto sommato qualcosa<br />

da raccontare nei salotti più che da ricordare per profumi e<br />

sapori, anche perché si trattava certamente di animali di allevamento,<br />

pur se allo stato brado. Era il lontano ’93, e fui a un<br />

passo dall’assaggio della bevanda quotidiana dei Masai, costituita<br />

da un cocktail che sembrava studiato in funzione antisemita:<br />

latte e sangue bovino (e il sangue viene salassato dall’animale<br />

vivo!). Mancarono, inoltre, alla serie delle degustazioni<br />

altri noti abitanti della savana, come i serpenti (forse<br />

perché assolutamente complicati da allevare in batteria...).<br />

Ma da altre parti sono molto popolari: gli aborigeni australiani<br />

cantavano addirittura una strofetta popolare che suona<br />

più o meno “Se sapevo che arrivavi potevo arrostire un serpente”;<br />

un pensierino gentile che comprendeva, presumo, il<br />

tempo e lo sforzo per la cattura.<br />

Mi è andata male invece con l’orso, che ho invano inseguito<br />

(in senso gastronomico) durante un soggiorno a Mosca, una<br />

decina di anni fa. A conti fatti è stato meglio così, visto l’alto<br />

numero di casi di trichina trasmessi in anni recenti proprio<br />

da questo animale e il recente rischio di avvelenamento spionistico<br />

da polonio.<br />

Tornando piuttosto a memorie “nostrane” (si fa per dire) mi<br />

rammento un ristorante di San Basilio, nel Cagliaritano, visitato<br />

nel ’76. Fu servito come specialità l’“asino non nato”, in<br />

pratica un feto arrosto, francamente molto buono a parte


l’idea. Mentre anche oggi salami e stracotti di ciuco (adulto)<br />

sono relativamente diffusi in certe zone del nord, la specialità<br />

sarda sopravvive a livello privato: mi dicono anzi che con le<br />

budellina del non-nato si può insaccare addirittura del formaggio<br />

fresco... Certo è che la Sardegna è salda in testa alla<br />

classifica regionale delle carni strane, considerando fra queste<br />

anche i vermi: si tratta degli allegri abitatori del formaggio<br />

casumarzu, dove marzu sta per “marcio” e non certo per<br />

“marzo” come nel caso dell’innocente marzolino toscano!<br />

Un’idea diffusa, quasi un mini-tabù rimane che sia meglio<br />

evitare di nutrirci di carnivori. Qualche tentativo, comunque,<br />

è stato fatto anche in questa direzione.<br />

È di quattromila e cinquecento<br />

anni fa l’immagine di antichi<br />

egiziani alle prese con delle iene. Un<br />

bassorilievo su una tomba di Saqqara<br />

è dedicato a scene di allevamento<br />

e macellazione, più che altro di bovini.<br />

Ma una sezione particolare illustra<br />

addirittura l’alimentazione forzata<br />

delle iene, sullo stile delle oche<br />

francesi, condannate oggi a produrre<br />

fois gras. Il caso è tuttavia isolato, e non<br />

sappiamo quanto il faraone lo abbia gradito.<br />

Il tema del mangiar carni non può dirsi concluso senza considerare<br />

l’estremo degli estremi, il cannibalismo. L’argomento<br />

è già ricco di morbosa letteratura. Vi lascio piuttosto con<br />

una domanda paradossale: e se considerassimo normale gustare<br />

le carni dei nostri simili quando capita, senza ammazzare<br />

nessuno allo scopo? In cambio, e molto più saggiamente,<br />

potremmo rendere invece tabù la diffusa pratica di ucciderci<br />

l’un l’altro. In questa prospettiva sono pronto da parte mia a<br />

portare nel portafoglio la scritta “dichiaro di voler donare i<br />

miei organi e tessuti dopo la morte a scopo di trapianto”,<br />

con l’aggiunta “...e/o di degustazione”.<br />

9


A misura di animale<br />

Zeri, Greve in Chianti, Valdarno, Orbetello. Sono i quattro<br />

punti cardinali dell’allevamento toscano; luoghi che, a fronte<br />

di prodotti diversi, hanno denominatori comuni: la tradizione,<br />

la tutela degli animali, la cura del buon allevamento.<br />

Qui le tecniche utilizzate affondano le radici nel passato. Di<br />

intensivo non c’è niente. Animali lasciati liberi di pascolare<br />

nei campi, spinti a mangiare fieno ed erba coltivata biologicamente,<br />

che ne garantiscono la crescita e la qualità delle<br />

carni. Discorso analogo per l’itticoltura orbetellana, vera patria<br />

di anguille e ostriche. Allevatori custodi di razze autocto-<br />

LORENZO SBOLGI<br />

Da Zeri a Orbetello, la scelta controcorrente<br />

degli allevatori toscani<br />

➤<br />

11


12<br />

➤<br />

ne, giovani che hanno scelto di tornare all’agricoltura, tecniche<br />

innovative nei processi: allevamento in Toscana è anche<br />

questo. Spigolature di un settore che da sempre vanta un’importanza<br />

legata non solo ai numeri, ma, appunto, alla qualità.<br />

L’agnello di Zeri<br />

Costeggiando le Alpi Apuane e raggiungendo Pontremoli, una<br />

lunga strada inerpicata fra i castagni, terra di marroni e di<br />

porcini, ti porta nelle valli di Zeri. Qui in un paesaggio quasi<br />

dolomitico si muovono, corrono e sgambettano i famosi agnelli<br />

di Zeri. Chef e critici non hanno dubbi: sono gli agnelli più<br />

buoni che esistano. Con un’alimentazione composta da latte<br />

materno e pascolo, la carne degli agnelli non può che essere<br />

straordinaria: dolce al palato, molto tenera «ma non “sfuggente”<br />

in quanto lascia in bocca<br />

una “presa” molto evidente» sottolineano<br />

i ristoratori locali. La preparazione<br />

più tradizionale è l’agnello<br />

cotto nei testi: una sorta di forno<br />

“portatile” in ghisa (un tempo<br />

di terracotta) con la forma di una<br />

pentola bassa e larga che viene riscaldato<br />

sul fuoco di fascine di legna<br />

e con il calore della brace ardente.<br />

La cottura nel testo è una<br />

via di mezzo fra quella al forno e<br />

quella al vapore. Ma il segreto del<br />

successo di questo piatto sta tutto<br />

nell’allevamento. «La tutela dei capi<br />

è garantita dal Consorzio – spiegano<br />

Cinzia Angiolini, Patrizia Figaroli<br />

e Valentina Merletti, tre giovanissime allevatrici, nonché<br />

appartenenti al consorzio – Nel 2001 è nata questa realtà<br />

per la valorizzazione e la tutela dell’agnello di Zeri, che si è<br />

dotata di norme rigorose». L’altra curiosità è legata proprio<br />

agli allevatori, per la quasi totalità donne. «Anche questo fa<br />

parte della tradizione – spiegano le tre allevatrici – da sempre<br />

l’allevamento è patrimonio delle donne e in qualche modo<br />

abbiamo continuato la tradizione».<br />

Le capre di Greve<br />

Distanti qualche centinaia di chilometri dalle vette apuane, a<br />

Greve in Chianti, alle porte di Firenze, a pascolare libere nei<br />

prati sono una cinquantina di capre. È il gregge dell’Azienda


agricola Podere Le Fornaci dove Marco Cassini e Gianluca<br />

Tavanti hanno sposato la vita agreste dopo varie esperienze<br />

d’altro genere. Anche in questo caso a colpire è la cura con la<br />

quale vengono allevati i capi. I fronti di produzione dell’azienda<br />

sono la vendita di latte di capra (particolarmente indicato<br />

per chi ha problemi a digerire il latte vaccino e indicato nell’alimentazione<br />

dei bambini) e, soprattutto, di formaggi caprini:<br />

il vero core business delle Fornaci. Al macello sono destinati<br />

soltanto i capretti, salvo qualche “fortunato” utilizzato<br />

come riproduttore. «La nostra è stata una scelta di vita –<br />

spiegano i due soci – Dopo esperienze in vari settori abbiamo<br />

scelto questo ritorno all’agricoltura, fra mille difficoltà,<br />

ma con una vita più serena e tranquilla. Certo gli impegni<br />

non sono indifferenti: abbiamo scelto una forma di allevamento<br />

particolare. Le nostre capre pascolano libere nei campi<br />

circostanti l’azienda e non mangiano altro se non qualche<br />

integratore, rigorosamente naturale e prodotto direttamente<br />

da noi, così facendo, però, abbiamo la garanzia di un latte di<br />

altissima qualità e, di conseguenza, di un formaggio altrettanto<br />

buono». I due si sono divisi i compiti: Marco, dottore in<br />

agraria, è l’addetto alle capre, dà loro da mangiare, le munge,<br />

le pulisce, le porta al pascolo. Gianluca, un passato da addetto<br />

alle luci in vari teatri del mondo, ha imparato l’arte casearia.<br />

È lui che lavora il latte unendolo al siero, lo sala e lo fa<br />

invecchiare, per poi venderlo, in una filiera cortissima, o<br />

direttamente in azienda o nei mercati bio della Toscana.<br />

Il pollo del Valdarno<br />

Lo chiamavano il pollo delle buccole, perché ai tempi della<br />

mezzadria le donne riuscivano a comprarsi i preziosi monili<br />

grazie al suo allevamento. È solo uno dei tanti risvolti curiosi<br />

legati al pollo del Valdarno. Carne gialla, piumaggio anomalo<br />

(finché non è adulto sembra quasi spennato) abituato a scorrazzare<br />

in lungo e in largo per i campi. Di stare in gabbia,<br />

magari rinchiuso in pochi centimetri al fianco di altri “colleghi”<br />

in attesa di incamminarsi verso le tavole proprio non<br />

vuole saperne. Ed anche questa particolarità gli dona quelle<br />

caratteristiche apprezzate in cucina; alla diavola, ripieno o in<br />

tutte le altre salse a lui dedicate dai menù di questa parte di<br />

territorio toscano. Il merito di aver conservato fino ad oggi,<br />

o meglio riscoperto, il pollo del Valdarno va ad un nutrito<br />

gruppo di allevatori custodi. «Nel 2001 sono entrata a far<br />

parte di un gruppo di Allevatori – spiega Lilia Gonnelli Sbaraglia<br />

– che, sotto la guida dell’Arsia Toscana, in collabora-<br />

➤<br />

13


➤<br />

zione con l’Università di Firenze e di Milano, si è messo al<br />

lavoro per il recupero e la valorizzazione della razza. Sono<br />

stati definiti gli standard di razza ed è iniziata così una severa<br />

selezione degli animali». Oggi Lilia si occupa soprattutto della<br />

prima parte della filiera. Della riproduzione, attraverso una<br />

serie di famiglie selezionate, i cui frutti “migrano” poi in altri<br />

allevamenti della zona. Come quello di Francesca Romana<br />

Farina, nella cui azienda agricola svolazzano da un capo all’altro<br />

polli in libertà, vigilati costantemente da tre cani pastori<br />

che ne tengono lontani i predatori d’ogni tipo. «Ho raccolto<br />

l’eredità di famiglia – spiega Francesca – ed oggi è quasi<br />

una missione. Alleviamo i nostri polli con la massima<br />

cura e il rispetto di un disciplinare rigido<br />

che garantisce poi i consumatori». E il prezzo?<br />

«Onestamente è chiaro che non possiamo competere<br />

con alcuni prodotti tipici da banco –<br />

chiosa Francesca – ma nemmeno le loro carni<br />

con quelle dei polli che alleviamo noi».<br />

La laguna di Orbetello<br />

Il comparto dell’itticoltura rappresenta una vera<br />

e propria garanzia: forte di un’esperienza consolidata,<br />

sin dagli anni ‘60 nel comune di Orbetello<br />

si è sviluppato uno dei primi poli italiani di itticoltura<br />

in acque saline, poi cresciuto fino a raggiungere<br />

le attuali dimensioni. Otto impianti in tutto, la maggior<br />

parte dei quali specializzati nella produzione di spigole, orate<br />

e ombrine “bocca d’oro”, in acquacoltura intensiva, di anguille<br />

e muggini, in acquacoltura estensiva, nella laguna di<br />

Orbetello, e di ostriche. Dalle vasche del polo orbetellano<br />

escono ogni anno fra le 1.500 e le 2.000 tonnellate di pescato<br />

a marchio “Pesce di Orbetello”, garantito da un rigido disciplinare<br />

ad adesione volontaria, adottato da tutti i produttori.<br />

Il disciplinare prevede, tra l’altro, l’utilizzo esclusivo di mangimi<br />

a base di farine di pesce o di soia non transgenica, oltre<br />

ad una catena di controlli sanitari per la prevenzione delle<br />

ittiopatologie. «La forza del polo produttivo orbetellano – spiega<br />

Massimo Guerrieri, presidente di Federcoopesca – consiste<br />

nella capacità di innovazione conseguente ad una continua<br />

attività di ricerca e sperimentazione, tanto che, dopo<br />

l’introduzione dell’ombrina bocca d’oro, si è passati all’allevamento<br />

di ostriche, e si stanno conducendo sperimentazioni<br />

su sogliole, polpi e cozze in vista di una loro possibile<br />

introduzione nel ciclo produttivo».<br />

15


Nelle migliori librerie e direttamente<br />

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16<br />

GUIDA AI LUOGHI<br />

DEL MANGIARE<br />

BENE DI FIRENZE<br />

E DINTORNI<br />

GUIDE OF GOOD<br />

EATING PLACES<br />

IN FLORENCE<br />

AND OUTSKIRTS


Pranzi da signori<br />

Caccia e tavola. Binomio primario, ancestrale forse. E la<br />

pesca? Binomio un po’ meno aulico e saporoso. Confermato<br />

anche dalle pratiche delle medesime discipline, la pesca soprattutto<br />

all’estero è molto animata dal cosiddetto “catch&release”<br />

(acchiappa e molla) che sembra molto etico. Meno probabile<br />

centrare in piena fronte un cinghiale di qualche centinaio di<br />

chili e poi dirgli, vabbè abbiamo scherzato, te ne puoi tornare<br />

nel bosco. Chissà se la cruenza ha qualche peso anche sui sapori.<br />

Cinghiale e trota stanno abbastanza agli antipodi, come i<br />

vini che siamo soliti berci in abbinata. Rossi di potenza per<br />

l’uno e bianchi di fragranza per l’altra. Anche se adesso pare<br />

vada di moda il lambrusco sul cacciucco. Voi lettori come vi<br />

sentite: cacciatori o pescatori? Rossi o bianchi? Brunello o Sauvignon?<br />

Se siete incerti proviamo ad aumentarvi la confusione<br />

con qualche legittimazione culturale dell’universo caccia-pesca<br />

Altro che cacciatori preistorici: l’arte di Diana<br />

è roba da gourmet<br />

➤<br />

ALESSANDRO FERRI<br />

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➤<br />

guardato attraverso la lente d’ingrandimento gastronomica (o<br />

viceversa).<br />

«E giunti a casa, riponeva il cuoio: / e i can governa e mette<br />

nella stalla / il canettier poi all’infrescatoio / trovasi ognuno co’<br />

bicchieri a galla. / Quivi si fa un altro uccellatoio, quivi le<br />

starne alcun non lascia o falla / pare trebbiano il vin sendo<br />

cercone / sì fa la voglia le vivande buone». Amava cantare il<br />

nostro progenitore Lorenzo il Magnifico. Ai suoi tempi cacciagione<br />

e alta cucina erano sinonimi.<br />

Zeffiro Ciuffoletti, storico, ama annotare che<br />

«con una cultura alimentare così raffinata le corti<br />

italiane fecero scuola nelle corti europee. Firenze<br />

però mantenne un suo spiccato carattere nelle cucine<br />

di caccia, passando dagli arrosti ai raffinati e complessi<br />

piatti di selvaggina in dolceforte, dalla lepre al cinghiale,<br />

dal capriolo al colombaccio. Questo è rimasto un carattere<br />

distintivo della cucina fiorentina, così come le terrine di selvaggina<br />

e i pasticci o i pani specialmente di lepre. Come avviene<br />

in altri paesi europei (Austria, Francia, Spagna) bisognerebbe<br />

tornare a consumare queste carni che permettono di offrire<br />

piatti di grande tradizione e di grande raffinatezza. Alcuni dei<br />

grandi vini rossi, dal Brunello al Morellino, sembrano fatti<br />

apposta per i piatti di selvaggina».<br />

Aristocratici e poveracci in canna accomunati dal desco. Già.<br />

Se siete patiti dell’arrosto misto, credete di cavarvela in due<br />

balletti pensando che sia un piatto povero senza una storia alle<br />

spalle? Illusi. È molto peggio. Sentite come ve lo canta un altro<br />

storico di vaglia, Franco Cardini. Il professore sta tracciando<br />

l’universo simbolico che apparenta in vario modo caccia e cucina.<br />

«L’origine dell’arrosto misto è servile. si trattava di quarti<br />

dei vari anumali cucinati, ma scartati dai signori e lasciati ai<br />

famigli. Non è detto per nulla che si trattasse delle carni peggiori:<br />

erano solo le meno nobili». Capito? Ora siete avvertiti.<br />

Se vi appassiona il boccon del prete, magari state addentando<br />

una roba da clochard. Però occhio anche al fagiano e a come<br />

➤<br />

19


20<br />

➤<br />

ve lo presentano, potreste incappare a vostra insaputa in una<br />

misurazione della vostra sensibilità universale. Parola di filosofo.<br />

In un’intervista fatta da Antonio Gnoli su “La Repubblica”<br />

nientepopodimeno che a Tullio Gregory, parlando di Brillat-<br />

Savarin, definito il primo gastrosofo moderno, l’insigne luminare<br />

del pensiero, dice: «Si attribuì la più grande scoperta del<br />

diciannovesimo secolo. La cena che si deve offrire a un ospite<br />

di cui non si conoscono i gusti deve essere comunque commisurata<br />

all’entità del portafoglio. Ma aggiunse: se davanti a un<br />

fagiano disossato e ripieno di tartufi all’ospite non vengono le<br />

lacrime agli occhi, ci si alzi e si consideri il pranzo terminato».<br />

Un grande cuoco francese, Fernand Point, amava ripetere a<br />

proposito della selvaggina che se il divino creatore si era preoccupato<br />

di offrirci animali tanto squisiti «il minimo che l’uomo<br />

può fare è di cucinarli come meritano e di servirli con<br />

pompa e solennità». Quindi voi che volete fare: ammollare<br />

sulla tovaglia di plastica pernici, salmoni e tinche così alla Carlona?<br />

(A proposito, qualcuno sa confermare se la Carlona era<br />

proprio una ostessa grande e grossa sgarbatissima nel trattare i<br />

clienti?). Adesso sapete che vi portate dietro una tradizione<br />

millenaria, che dico, sempiterna. Già, perché con le ricette si<br />

parte dall’uomo primitivo. Ecco quella del Paleolitico immaginata<br />

dal mensile “Focus”: apertura con grilli crudi, noci e nocciole.<br />

Poi si passa alla zuppa di ortiche. Piatto forte il bisonte<br />

in casseruola e per finire macedonia di bacche rosse.<br />

Oggi invece potrete trovare più accessibili i filetti di lepre in<br />

civet profumato con frittata di cardi e castagne al vino rosso.<br />

Oppure: tordi in galera. O ancora: guazziglio di fegato e ventriglio<br />

d’oca. E poi ancora da snocciolare a voce alta in endecasillabi<br />

alla Gassman o in formazioni di calcio alla Ciotti (che è<br />

lo stesso): tinche all’arancia. Parfait di trota salmonata. Mousse<br />

di trota affumicata in cialda di parmigiano. Barbo alla senape.<br />

Crepinette di capriolo in salsa di semi di senape. Cinghiale<br />

lardellato con olive taggiasche e patate al rosmarino. Pernice al<br />

fegato grasso d’oca con funghi porcini in casseruola...


I (dis)piaceri<br />

della carne<br />

«Paura e terrore di voi siano in tutte le creature del mondo:<br />

gli uccelli che volano nel cielo, e le bestie che vanno sulla terra,<br />

e i pesci del mare. Essi sono ora in vostro potere. Ogni animale<br />

che si muove e ha vita sarà il vostro cibo». (Genesi 9, 2-3).<br />

Così Noè scendendo dall’arca, al ritirarsi delle acque del diluvio.<br />

Davvero drastico il patriarca, non c’è che dire. Eppure le<br />

cose sono andate proprio come il buon vecchio nocchiero aveva<br />

profetizzato: ogni animale che si muove e ha vita (pesci<br />

compresi) ha finito per diventare cibo per gli uomini. Non c’è<br />

forma di vita animale di cui gli uomini non abbiano almeno<br />

provato a nutrirsi, a dispetto della difficoltà di procurarsela o<br />

perfino del ribrezzo che essa poteva ispirare. Niente sembra<br />

spaventare l’essere onnivoro che è in noi, in assenza di un fatto<br />

culturale forte (sociale, religioso, sanitario, ambientale, o tutte<br />

le cose insieme) che lo convinca della assoluta gravità del mangiare<br />

cadaveri e ne proscriva la pratica.<br />

➤<br />

LARA FANTONI<br />

“Cadaveri? No, grazie!” Viaggio alle radici<br />

del mangiare vegetariano<br />

21


➤<br />

Tutti gli animali sono uguali, ma…<br />

Eppure chi di noi (dando per scontato che il lettore tipico, o<br />

meglio eponimo, di “<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong>” sia onnigaudente e di<br />

conseguenza onnivoro: per libera scelta, per partito preso e<br />

per piacere) non si è mai ritrovato a tavola con un ospite che,<br />

al comparire in tavola delle lasagne al ragù o della bistecca al<br />

sangue, declina la porzione offertagli con un sommesso e riservato,<br />

ma in fondo in fondo un po’ risentito: «No, grazie, io<br />

non mangio carne», quando non un francamente terroristico<br />

«Non mangio cadaveri, io», assumendo un’espressione compunta<br />

da convitato di pietra, capace di raggelare una compagnia<br />

di alpini al quinto grappino. E chi di noi (sempre di<br />

lettori tipici di “<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong>” si parla) non è poi stato testimone<br />

dell’affannarsi del padrone di casa a proporre una soluzione<br />

in grado di accontentare l’ospite, che magari accetta di<br />

buon grado (a meno che non si tratti di un integralista vega-<br />

no duro e puro: ma sono pochi, molto pochi) un risotto alla<br />

spigola, una tagliata di tonno o una grigliata di scampi. E chi<br />

di noi non ha pensato «Ma come? Allora i pesci morti non<br />

sono cadaveri? I crostacei non hanno diritto di cittadinanza<br />

tra gli esseri viventi?».<br />

Questa sottile ipocrisia parrebbe un retaggio delle regole del<br />

mangiar di magro dettate dalla Chiesa in età medievale, quando<br />

nei giorni di astinenza dalla carne erano però consentiti<br />

certi pesci definiti, appunto, “magri”. Norme di igiene, regole<br />

di culto che all’epoca potevano avere un senso, dettate com’erano<br />

da particolari circostanze storiche, economiche e sociali e<br />

da scarse conoscenze di fisiologia animale. Ma pare un po’<br />

stonato, quanto non francamente filisteo, che certe pratiche<br />

continuino a essere radicate e per giunta giustificate con ragionamenti<br />

più o meno filosofici. Sarebbe forse meglio che gli<br />

pseudovegetariani che mangiano il pesce ma non la carne ammettessero<br />

che la carne degli animali “superiori”, semplicemente,<br />

non gli piace, oppure che ritengono che un pollo morto<br />

sia uno scempio più orrendo di un pesce morto (anche se a<br />

volte, ahinoi, le loro carni hanno più o meno lo stesso sapore).<br />

Intanto, alla memoria si affaccia prepotente l’epigrafe del decalogo<br />

orwelliano «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali<br />

sono più uguali degli altri».<br />

Lo diceva anche Plutarco<br />

Per secoli, anzi millenni, la cultura, almeno quella occidentale<br />

antropocentrica di matrice greca, ha lavorato per giustificare<br />

l’onnivoracità dell’uomo. Lo stesso Aristotele, nella sua Politica,<br />

consigli di lettura<br />

➤<br />

Dalla parte<br />

dell’aragosta<br />

Due autori americani divisi<br />

da tre generazioni; due<br />

titoli che sono uno la citazione<br />

dell’altro; due modi<br />

diversi di guardare al piacere<br />

della tavola e al nutrirsi<br />

di esseri viventi; due<br />

letture da consigliare a vegetariani<br />

e non, per sdrammatizzare<br />

o per riflettere.<br />

Consider the Oyster (trad.<br />

it. Biografia sentimentale<br />

dell’ostrica, Neri Pozza<br />

2005) di M.F.K. Fisher,<br />

forse la più grande scrittrice<br />

di cose di cibo e di vita<br />

del ‘900: un viaggio appassionante<br />

nel mondo di uno<br />

dei cibi-simbolo dell’occidente,<br />

un delizioso turbine<br />

di ricette, ricordi e suggestioni,<br />

del tutto incurante<br />

della sofferenza delle<br />

ostriche che, è bene saperlo,<br />

vanno mangiate rigorosamente<br />

vive.<br />

Consider the Lobster (trad.<br />

it. Considera l’aragosta, Einaudi<br />

Stile Libero 2006)<br />

di David Foster Wallace,<br />

enfant prodige ormai cresciutello<br />

della letteratura<br />

americana: un saggio critico<br />

sulle barbare pratiche<br />

di cottura dell’aragosta,<br />

con sottili disquisizioni<br />

che indugiano compiaciute<br />

e un po’ sadiche sull’entità<br />

dei patimenti del crostaceo<br />

tuffato vivo nell’acqua<br />

bollente, sulle forme<br />

in cui essi si manifestano e<br />

sul modo di misurarli.<br />

23


24<br />

➤<br />

scriveva che «le piante esistono per gli animali, e gli animali<br />

esistono per l’uomo: quelli domestici perché ne faccia uso e si<br />

nutra di loro, e quelli selvatici, se non tutti almeno per la maggior<br />

parte, perché se ne nutra e tragga da loro altri profitti».<br />

Ma non tutti la pensavano così, nell’antichità: anche un grande<br />

storico come Plutarco cogitò e scrisse sul senso e sulla “naturalità”<br />

del nutrirsi di animali, assumendo una posizione di assoluto<br />

contrasto con il sentire dell’epoca, e anticipando alcuni<br />

argomenti che ancora oggi tornano nelle discussioni sul tema<br />

“cadaveri sì/cadaveri no”. Ecco un passo significativo dal suo<br />

libello Del mangiare carne: «Consideriamo senz’altro assurda la<br />

convinzione di quanti affermano che l’uso di mangiare la carne<br />

abbia un’origine naturale. Che l’uomo non sia carnivoro per<br />

natura, è provato in primo luogo dalla sua struttura fisica. [...]<br />

Proprio per la levigatezza dei denti, per le dimensioni ridotte<br />

della bocca, per la lingua molle e per la debolezza degli umori<br />

destinati alla digestione, la natura esclude la nostra disposizione<br />

a mangiare la carne». Su questo ci potremmo mettere a fare<br />

dell’evoluzionismo spicciolo, e ricordare che la dentatura umana<br />

è quella tipica di un animale onnivoro. È vero che l’introduzione<br />

degli utensili taglienti ha reso certe funzioni<br />

dei denti quasi superflue ormai da qualche<br />

millennio, ma è vero anche che i nostri<br />

denti non incontrano alcun problema nell’affrontare<br />

le carni, e che gli enzimi della<br />

saliva e i succhi gastrici gestiscono<br />

la digestione delle proteine animali con<br />

la stessa sicumera di quella di farinacei,<br />

verdure, legumi, latticini, frutta<br />

e via elencando.<br />

Ma allora l’uomo è nato carnivoro o<br />

lo è diventato per condizionamento culturale?<br />

Il vegetarismo ha una storia antica<br />

quanto quella della dieta onnivora,<br />

ha subìto imposizioni, restrizioni, dettami<br />

religiosi, è stato a veci alterne avversato<br />

e propugnato da mode più o meno effimere, e<br />

gode tuttora di ottima salute. Il vegetarismo moderno affonda<br />

le radici in una serie di argomenti che sarebbe prevaricante<br />

non trovare interessanti e convincenti: quello sanitario e salutistico<br />

(la dieta dei moderni umani non necessita più, se mai<br />

ne ha avuto bisogno, di proteine animali, che anzi contribuiscono<br />

a sbilanciarla e possono essere la causa di alcune gravi<br />

malattie tipiche del benessere); quello ideologico-morale (la


capacità degli animali di<br />

provare sofferenza, che è<br />

ormai ampiamente dimostrata<br />

dalla scienza); quello<br />

ecologico-sostenibile<br />

(l’allevamento, sia intensivo<br />

che estensivo, degli animali<br />

ha un impatto pesantissimo<br />

sull’ambiente, oltre<br />

a essere cagione di sofferenza<br />

per gli animali stessi;<br />

la caccia è ormai francamente<br />

impresentabile, sia<br />

come attività di sussistenza che<br />

come sport), e via dicendo. Tutti argomenti perfettamente ragionevoli<br />

e accettabili, sposabili da chiunque di noi disponga<br />

di senso comune e sia moderatamente immune da pregiudizi.<br />

Ci sono ormai medici e pediatri vegetariani disponibili a seguire<br />

intere famiglie vegetariane; ci sono bambini vegetariani<br />

che crescono bene, ed ex-bambini ormai adulti che sono vegetariani<br />

dalla nascita, e godono di ottima salute. I ristoranti<br />

vegetariani fioriscono e in qualche caso assurgono ai piani alti<br />

delle guide più blasonate (fatto impensabile fino a pochi anni<br />

fa, quando gli autori delle guide li consideravano poco più che<br />

ghetti per fondamentalisti).<br />

Però, però. Essere vegetariani significa nutrirsi esclusivamente<br />

di vegetali, oppure di vegetali in abbinamento con derivati<br />

animali che non comportino l’uccisione della bestia. Ove per<br />

“bestia” si intende ogni creatura vivente dotata di un sistema<br />

nervoso anche elementare, quindi pesci, crostacei, molluschi e<br />

celenterati inclusi. Tutto questo è buono e giusto, se si è in<br />

grado di operare la scelta vegetariana sulle basi ideologiche<br />

profonde e ponderate di cui abbiamo detto sopra, degne del<br />

massimo rispetto. Ci spingiamo fino a dire che, almeno in<br />

teoria, la scelta vegetariana dovrebbe essere adottata da tutti<br />

coloro che vivono nella parte ricca del mondo, quanto meno<br />

degli adulti (per i bambini sarebbe forse meglio rimandare il<br />

tempo delle scelte al termine dello sviluppo). Prendiamo però<br />

anche atto che (mai espressione fu più appropriata) la carne è<br />

debole, debolissima, e chi non ha più il problema impellente<br />

di mettere insieme il pranzo con la cena ha, o sta felicemente<br />

conquistando, l’esigenza forte di soddisfare il gusto e provare<br />

piacere nel cibo; e ammettiamo che, a fronte di questa esigenza,<br />

rinunciare alla carne, a certe carni, è davvero difficile.<br />

parole, parole<br />

C’è<br />

vegetariano e<br />

vegetariano…<br />

Questa la classificazione<br />

delle forme di vegetarismo<br />

attuali (la fonte è il sito<br />

www.scienzavegetariana.it,<br />

animato da autorevoli medici,<br />

nutrizionisti e scienziati):<br />

latto-ovo-vegetarismo<br />

(esclude carne e derivati,<br />

pesce, molluschi e crostacei;<br />

permette latte e derivati,<br />

uova e derivati, oltre<br />

a qualunque tipo di alimento<br />

vegetale, anche marino);<br />

latto-vegetarismo (esclude<br />

carne e derivati, pesce,<br />

molluschi e crostacei, uova<br />

e derivati; permette latte e<br />

derivati, oltre a qualunque<br />

tipo di alimento vegetale,<br />

anche marino);<br />

veganismo (esclude tutti i<br />

prodotti di origine animale,<br />

carne e derivati, pesce,<br />

molluschi e crostacei, uova<br />

e derivati, latte e derivati;<br />

permette qualunque tipo<br />

di alimento vegetale, anche<br />

marino).<br />

25


Ciotola pazza<br />

26<br />

SILVIA VIGIANI<br />

In principio erano gli avanzi: fino a qualche decennio fa,<br />

nella ciotola dei quattrozampe di casa finivano regolarmente i<br />

resti del pasto familiare, dalla minestra in brodo agli ossicini<br />

di pollo, dai maccheroni scotti all’ultima cucchiaiata di tiramisù.<br />

Fido e Fufi, veri contenitori per rifiuti organici ante<br />

litteram, aspettavano pazienti il loro turno sotto al tavolo.<br />

Sale, zuccheri e condimenti vari non saranno stati certo l’ideale<br />

per la loro dieta, ma questa alimentazione casalinga consentiva<br />

comunque agli animali domestici (o, come si chiamano<br />

oggi, “d’affezione”) di vivere in modo relativamente sano i loro<br />

anni, con un’aspettativa di vita media comunque ancora lontana<br />

dai picchi di longevità raggiunti oggi grazie ai progressi<br />

della medicina veterinaria e al generale miglioramento delle<br />

condizioni di vita.<br />

Quello che le etichette non dicono: cosa c’è davvero<br />

nella pappa di Fido?


Non ci sono più gli avanzi di una volta…<br />

Gli anni ’70 vedono l’esordio sul mercato, prima in America e<br />

poi in Europa, dei mangimi in scatola per animali, che non<br />

tardarono a conquistare sempre più consumatori in virtù del<br />

prezzo basso e della comodità d’uso.<br />

Ma quella che poteva sembrare la rivoluzione copernicana del<br />

cibo per animali (alimenti che si dichiarano “completi” e pronti<br />

in un clac, dalla lattina alla ciotola) in realtà non era che un’abile<br />

e lucrativa metamorfosi della vecchia, cara alimentazione a<br />

base di “avanzi”.<br />

Il mercato del cibo per animali da compagnia offre, infatti,<br />

all’industria agroalimentare la possibilità di riciclare rifiuti e<br />

scarti non idonei al consumo umano, trasformandoli in profitto<br />

e chiudendo così in modo ideale – almeno per le casse aziendali<br />

– il cerchio produttivo (non a caso, tutte le grandi multinazionali<br />

dell’industria alimentare detengono anche marchi di pet<br />

food). In buona sostanza, tutto ciò che non vediamo sui banconi<br />

della macelleria o sugli scaffali del supermercato è almeno<br />

potenzialmente destinato a risorgere, inquietante Fenice del<br />

terzo millennio, nelle scatolette per animali, sotto forma di<br />

“carne e derivati” o “sottoprodotti di origine animale”. Che<br />

cosa si nasconda realmente dietro ai rassicuranti eufemismi<br />

delle etichette, lo si può leggere nel testo del Decreto Legislativo<br />

n° 508 del 14/12/1992, che stabilisce le norme sanitarie<br />

per l’eliminazione, la trasformazione e l’immissione sul mercato<br />

di rifiuti di origine animale. In particolare, sono considerati<br />

materiali “a basso rischio” (e quindi idonei ad essere impiegati<br />

per la produzione di alimenti per “animali familiari”): «a) cuoi,<br />

pelli, zoccoli, penne, piume, lana, pelame, corna, sangue e prodotti<br />

analoghi (…); b) il pesce catturato in alto mare e destinato<br />

alla produzione di farina di pesce; c) le frattaglie fresche di<br />

pesce provenienti da stabilimenti che fabbricano prodotti a<br />

base di pesce destinati al consumo umano» (e, per l’appunto, il<br />

marchio di scatolette a base di tonno per gatti “Petreet” è di<br />

proprietà della Palmera). Non va meglio ai “sottoprodotti di<br />

origine vegetale”, che potrebbero essere scarti di lavorazioni<br />

agricole, avanzi della spremitura delle olive, bucce, paglia o<br />

segatura.<br />

Per convincere gli ignari quattrozampe a cibarsi di tali Delikatessen,<br />

le aziende ricorrono largamente a intensificatori di gusto<br />

e appetibilizzanti, spesso ricavati da grassi e oli avanzati<br />

dalla ristorazione umana, che vengono aggiunti ai cibi (e pazienza<br />

se i procedimenti di cottura ad alte temperature – necessari<br />

per sterilizzare gli scarti di macellazione – distruggono<br />

la ricetta<br />

➤<br />

Filetto<br />

di nasello con<br />

riso e carote<br />

Ingredienti per 2 gatti: 80 g<br />

di filetto di nasello, mezza<br />

carotina, un cucchiaio di<br />

riso, olio di semi.<br />

Tempo di preparazione: 5<br />

minuti<br />

Tempo di cottura: 25 minuti<br />

Difficoltà ●<br />

Calorie ●<br />

Costo ●<br />

Lessate al vapore il nasello<br />

con la carotina, tagliata a<br />

tocchetti, per circa 10 minuti.<br />

Togliete il nasello e<br />

lasciatelo raffreddare; intanto,<br />

continuate a lessare la<br />

carota fino a che non sarà<br />

ben cotta. A parte, lessate il<br />

riso per 25 minuti buoni<br />

(deve risultare stracotto) e<br />

lavatelo poi bene sotto l’acqua<br />

fredda. Mescolate infine<br />

il pesce spezzettato con<br />

il riso e la carota tagliata a<br />

dadini. Condite, se gradito,<br />

con un filo di olio di semi.<br />

27


➤<br />

il valore nutritivo degli alimenti). Molto più facile, in definitiva,<br />

convincere i padroncini dell’assoluta bontà dei prodotti:<br />

basta insistere sulla comodità d’uso (ormai si sospetta che gatti<br />

e cani di casa abbiano assimilato nel dna il riconoscimento del<br />

clac della scatoletta), tranquillizzare i più apprensivi con la rassicurante<br />

dicitura “alimento completo” (in effetti, dalla cresta<br />

di pollo alla pelle di coniglio, c’è proprio di tutto…) e stuzzicare<br />

abilmente il gusto estetico con prodotti studiati in realtà<br />

assai più per i padroni che per i loro animali. Via libera dunque<br />

ai coloranti (al cane e al gatto cosa importa di che colore<br />

siano i croccantini?), per far credere a “mammina” che nel<br />

croccantino rosso ci sia davvero il manzo, in quello giallo il<br />

petto di pollo e in quello verde gli spinaci. Per il padroncino<br />

veramente esigente, poi, non mancano snack di ogni tipo: bastoncini,<br />

palline al formaggio<br />

e addirittura<br />

“cioccolatini” per cani<br />

(in realtà a base di carruba).<br />

Ma quali possono essere,<br />

per la salute degli animali,<br />

le conseguenze di<br />

un’alimentazione basata<br />

essenzialmente su scarti<br />

di lavorazione? «Se<br />

noi mangiamo una volta<br />

al mese al fast food –<br />

ci spiega la dottoressa Daniela Cesari D’Ardea, veterinaria dell’Enpa<br />

di Firenze – non ci ammaleremo certo per questo. Ma<br />

immaginiamo di nutrirci (si fa per dire) quotidianamente con<br />

hamburger e patatine fritte: nel giro di pochi mesi ci ritroveremo<br />

con il colesterolo alle stelle, disturbi gastrointestinali, acne<br />

e via dicendo. Per gli animali non è molto diverso. L’alimentazione<br />

quotidiana con cibo scadente, infatti, porta in molti casi<br />

a serie patologie a carico del fegato e del tratto gastrointestinale,<br />

che possono compromettere anche in modo permanente la<br />

salute dei nostri piccoli amici». Senza contare, poi, l’obesità,<br />

un problema sempre più frequente negli animali ipercoccolati<br />

e ipernutriti, che a sua volta è causa di danni a carico del<br />

cuore, dell’apparato circolatorio e delle articolazioni.<br />

Scatolette a cinque stelle<br />

Come tutti i mercati, tuttavia, anche quello del cibo per animali<br />

si evolve e si specializza, pronto a cogliere i segnali di<br />

new age pet<br />

➤<br />

L’ultima<br />

frontiera<br />

Cani e gatti vegetariani? C’è<br />

chi ci ha pensato e, in effetti,<br />

si trovano oggi linee<br />

di cibi vegan anche per<br />

loro. Tuttavia, se il cane<br />

può, con qualche accorgimento,<br />

essere nutrito correttamente<br />

con derivati del<br />

latte, legumi e integratori<br />

vari, l’alimentazione vegetariana<br />

per un gatto equivale<br />

di fatto a un “maltrattamento”:<br />

il suo organismo,<br />

infatti, funziona in<br />

modo tale da trarre nutrimento<br />

esclusivamente dalle<br />

sostanze contenute nella<br />

carne, senza le quali è<br />

destinato ad ammalarsi<br />

gravemente. Molti cibi “da<br />

supermercato”, peraltro,<br />

sono già quasi “vegetariani”,<br />

poiché contengono<br />

cereali in percentuali ben<br />

superiori alla carne. Basta<br />

qualche escamotage (perfettamente<br />

legale) nelle etichette<br />

e il gioco è fatto. Un<br />

cibo che indichi come ingredienti<br />

“carne di pollo<br />

(20%), riso (18%), cereali<br />

e derivati (15%), mais<br />

(7%)” contiene infatti a<br />

ben guardare una percentuale<br />

ben più alta di cereali<br />

(facendo la somma, il 60%)<br />

rispetto alla carne (al primo<br />

posto della lista solo<br />

perché il totale dei cereali<br />

è abilmente “scomposto”).<br />

29


30<br />

➤<br />

esigenze e sensibilità mutate. È così che fa la sua comparsa<br />

sugli scaffali dei sempre più numerosi pet shop una nuova generazione<br />

di alimenti per cani e gatti, che punta sulla qualità delle<br />

materie prime e sulla trasparenza delle etichette e si fa pubblicità<br />

soprattutto tramite il passaparola dei consumatori o i consigli<br />

dei veterinari (questi ultimi – ci confessano – sempre più<br />

bombardati dai convegni dimostrativi di questa o quella marca<br />

di cibo “premium”).<br />

Vero nume tutelare del negozio “Spazio Animali” di via del<br />

Romito a Firenze è la Berta, splendido esemplare<br />

di Terranova che, con il suo sguardo saggio<br />

e paziente, osserva i padroncini che la<br />

scavalcano irriguardosi, nei loro safari fra<br />

gli scaffali a caccia del nuovo gusto di croccantini.<br />

«Sicuramente – ci spiega Lapo<br />

Massoli, uno dei titolari del negozio – negli<br />

ultimi anni c’è da parte dei clienti una<br />

maggiore richiesta di cibi di fascia alta o<br />

biologici (che peraltro non necessariamente<br />

sono i più cari), con grande attenzione<br />

alla qualità degli ingredienti. Rimane tuttavia<br />

una notevole differenza fra il cliente<br />

di città e quello delle zone rurali: per molte<br />

persone che vivono in campagna, spendere<br />

un euro per una scatoletta per gatti è<br />

ancora pura follia. In città, invece, se non<br />

altro per evitare disturbi di stomaco e intestino<br />

che in appartamento possono risultare piuttosto<br />

fastidiosi, i clienti si orientano più volentieri sul cibo di<br />

fascia alta».<br />

Scopriamo poi che le psicosi alimentari, dalla mucca pazza<br />

all’influenza aviaria, non hanno risparmiato nemmeno gli acquirenti<br />

di prodotti per animali, con un sensibile calo delle<br />

vendite dei mangimi “al manzo” prima e “al pollo” poi (e poco<br />

importa se, nella scatoletta “al gusto di pollo” – dicitura che<br />

per legge prevede solo un 4% minimo di pollo – il restante<br />

96% può benissimo contenere scarti di macellazione del manzo,<br />

o viceversa). «La preoccupazione è stata anche eccessiva –<br />

spiega Lapo. Di per contro, in quel periodo le ditte produttrici<br />

di cibi biologici hanno cavalcato l’onda, facendo una bandiera<br />

della loro genuinità e conquistando fette di mercato sempre<br />

più ampie».<br />

Si ricordi dunque il Bosticco, per la prossima degustazione<br />

bestiale, di indirizzarsi almeno su scatolette “superpremium”.


De gustibus…<br />

Tanto va la gatta al lardo…<br />

DI SANDRO BOSTICCO<br />

In attesa dell’uscita sul mercato dei patè di topo abbiamo<br />

assaggiato per voi quelli di pesce...<br />

Dreesy cat – Tonnetto orientale<br />

con prosciutto<br />

L’aspetto e il profumo sono quelli di carne in scatola<br />

per umani, con quel tocco di metallico che solo<br />

un barattoletto come si deve può dare. Consistenza<br />

gelatinosa e viscosa anche nelle parti di “polpa”.<br />

Sale praticamente assente; finale con ritorno metallico.<br />

Giudizio. Farebbe la sua figura nelle farciture dei<br />

panini dei paninari, in sostituzione dell’altrettanto<br />

viscida e altrettanto insipida “maionese”. Sulle istruzioni<br />

in etichetta si raccomanda di “lasciare sempre<br />

a disposizione acqua fresca”; da parte mia direi un<br />

bel prosecchino.<br />

Coop – Paté con salmone<br />

e pesce bianco<br />

Si presenta decisamente compatto, con tonalità<br />

marrone. Il profumo è in sintonia, con note di dado<br />

per minestra e caramello. Può ricordare addirittura<br />

un brodo d’altri tempi, inclusa una componente<br />

vagamente ortolana. Anche qui poco sale e gusto<br />

blando, ma accettabile anche dai cristiani (e direi<br />

pure da ebrei e mussulmani, data l’assenza di carni<br />

proibite).<br />

Giudizio. Francamente non è che marchi molto il<br />

sapore del pesce (e infatti il primo ingrediente sulla<br />

retroetichetta è “carni e derivati”), ma l’insieme è<br />

quasi gradevole.<br />

Garantita anche la vitamina E.<br />

pubb. Vinandro<br />

Gourmet – Mousse con pesce<br />

dell’oceano<br />

Offre un aspetto addirittura appetitoso, a pezzi grossolani<br />

tipo certi paté maison in mostra nelle vetrine<br />

delle charcuteries. Il profumo però è un po’ sfuggente,<br />

con ricordo di sgombro in scatola. Anche il gusto è<br />

delicato, ma con buona sapidità.<br />

Giudizio. Con un tocco di pepe, prezzemolo e fettina<br />

di limone potreste offrirlo al prossimo buffé. Encomiabile<br />

l’aproccio alla tracciabilità: “pesce dell’oceano<br />

4%”, anche se gli oceani sono un po’ diversi e i loro<br />

abitanti ancora di più...<br />

Simba – con pesce<br />

Si presenta come un finissimo patè color fegatino di<br />

pollo, offrendo netto aroma di sardine in scatola. Il<br />

gusto è anche qui della serie delicata, ma se ne apprezza<br />

la lunga persistenza aromatica!<br />

Giudizio. Istruzioni meticolose, tipo “servire a temperatura<br />

ambente oppure intiepidire”. Oscar miagolio-prezzo.<br />

Whiskas in salsa – con salmone<br />

Dalla bustina fuoriescono dei bocconcini a dimensione<br />

di bocca felina, mentre il profumo mi direbbe carne<br />

oltre che pesce. La consistenza spugnosetta è per noi<br />

poco accattivante, così come il gusto sciocco.<br />

Giudizio. Sapidità migliorabile, ma in fondo andrebbe<br />

benissimo per far da base a una paella carne-pesce e<br />

la versatilità internazionale è confermata dalle scritte<br />

in greco sull’etichetta.<br />

N.B. Le degustazioni sono state effettuate in redazione<br />

a finestre aperte, sconvolgendo la vita del quartiere.<br />

31


Valore Toscana<br />

Vino e olio<br />

rappresentano<br />

per la nostra<br />

regione elementi<br />

di eccellenza<br />

unici al mondo.<br />

Quali sono<br />

le strategie<br />

di valorizzazione<br />

per il futuro<br />

prossimo?<br />

33


34<br />

L’anno<br />

che verrà<br />

In fondo al tunnel s’intravede una<br />

luce. Così scrivevamo in chiusura<br />

dello speciale dello scorso numero.<br />

Parlavamo, naturalmente, del tunnel<br />

della crisi che da qualche anno<br />

attanaglia il settore e della luce di una<br />

possibile ripresa. Sono stati anni in cui<br />

il mondo del vino ha faticato a<br />

ritrovare una sua dimensione fra<br />

accelerazioni e ripensamenti, necessità<br />

di mantenere quote di mercato e<br />

necessità di investimenti per il rinnovo<br />

degli impianti e delle cantine, ricerca<br />

di soluzioni commerciali convincenti e<br />

confusioni distributive clamorose.<br />

Insomma, quella che si suol dire una<br />

stagione vissuta pericolosamente.<br />

Questo discorso, se vogliamo<br />

approfondire e tirare delle conclusioni,<br />

merita alcune considerazioni.<br />

In primo luogo: cosa ha rappresentato<br />

il 2006? Per rispondere andiamo con la<br />

mente al Vinitaly. A Verona, in quei<br />

giorni, capitava di vedere produttori<br />

molto sollevati, talvolta addirittura<br />

raggianti. Questo rinnovato<br />

entusiasmo era dovuto al fatto che i<br />

mercati esteri, Germania in testa,<br />

sembravano voler ripartire con le<br />

giuste intenzioni. Qualche standista<br />

aveva ricevuto addirittura ordini, i più<br />

avevano ricevuto promesse. Ma tanto<br />

bastava a far tornare il sorriso. In<br />

Bilanci<br />

e prospettive<br />

per i vini<br />

della Toscana<br />

realtà certi mercati tentavano di<br />

rimettersi in moto con quegli scossoni<br />

tipici delle auto da troppo tempo<br />

parcheggiate. Chi è ripartito – non<br />

tutti lo hanno fatto – lo ha fatto<br />

mettendo la seconda o la terza marcia,<br />

non certo la quinta. Ma almeno è<br />

ripartito. La soddisfazione dei nostri<br />

produttori era forse un tantino<br />

esagerata, ma almeno giustificata.<br />

Questo per i mercati esteri. E il mercato<br />

interno? Numeri alla mano il consumo<br />

in Italia non è diminuito. È<br />

semplicemente (si fa per dire)<br />

cambiato. Il tema, nelle sue linee<br />

essenziali, lo si può descrivere e<br />

analizzare introducendo come chiave<br />

di lettura la discrepanza fra target e<br />

qualità. Dalla parte dei produttori c’è<br />

stato l’impegno di andare a produrre<br />

davvero bottiglie di qualità Poi sono<br />

arrivati i guru del mercato, i grandi<br />

analisti e i mega direttori commerciali<br />

con le analisi, le loro proiezioni, le<br />

loro solide basi di marketing. Hanno<br />

spiegato ai produttori che il mercato si<br />

stava segmentando e che bisognava<br />

agire per target diversificati.<br />

Immaginate un palazzo a più piani in<br />

cui nei piani bassi ci abitano coloro<br />

che hanno meno gusto e<br />

probabilmente meno soldi e via via<br />

salendo si arriva ai piani alti e


altissimi, abitati da pochi fortunati<br />

capaci di avere tanto gusto e tanto<br />

portafoglio. Il problema, drammatico e<br />

divertente al contempo, è che quando<br />

si è sparata la freccia per colpire il<br />

target medio (configurabile nella<br />

media famiglia italiana) si è colpita<br />

un’altra finestra a qualche piano<br />

superiore. Ovvero si è determinato un<br />

prezzo delle bottiglie, ma poi ci siamo<br />

accorti che la media famiglia italiana<br />

consumava prodotti di fascia più<br />

bassa. E il 2006 ha consolidato questa<br />

tendenza. In un immaginario<br />

sondaggio-intervista a mille di queste<br />

famiglie con tutta probabilità avremmo<br />

risultati di questo tipo: il consumo in<br />

casa è lo stesso di prima, ma<br />

giocoforza cambiato per ciò che<br />

concerne l’approvvigionamento. Il<br />

consumo fuori casa si è fatto lento e<br />

faticoso. Quando la famiglia italiana si<br />

accorge che andando in pizzeria una<br />

qualsiasi bottiglia di vino non pesa<br />

meno del 30-40% sul conto finale,<br />

rinuncia a bere vino.<br />

Attenzione però. La gente non rinuncia<br />

alla qualità. Vera o presunta che sia, la<br />

qualità è qualcosa che ciascuno di noi<br />

ama farsi raccontare. E difatti la<br />

raccontano tutti, indistintamente.<br />

Molto spesso giocando al limite delle<br />

regole. Vi sarete sicuramente imbattuti<br />

in chi vi dice: ho un “rosso” di<br />

Montalcino fantastico e costa molto<br />

meno di quello imbottigliato. Il<br />

consumatore compra, è contento di<br />

aver risparmiato, porta a casa la<br />

bottiglia e crede di aver bevuto un<br />

“Rosso” di Montalcino. Fra “rosso” e<br />

“Rosso” una qualche differenza esiste.<br />

Nel primo caso si ha un vino rosso<br />

ottenuto nella zona di Montalcino, nel<br />

secondo caso si ha un vino Doc<br />

disciplinato e prodotto secondo le cure<br />

del caso. Si crede di aver bevuto lo<br />

stesso tipo di vino, ma non è così. Un<br />

po’ come aver comprato una borsa<br />

finta di Gucci sulle spiagge della<br />

Versilia. Una qualità apparente a cui<br />

molti credono (o meglio: rinunciano a<br />

mettere in dubbio) per soddisfare il<br />

proprio ego enogastronomico.<br />

Una confusione di mercato e di idee,<br />

dunque. I guru del mercato devono<br />

aver ragionato allora più o meno così:<br />

se confusione dev’essere che<br />

confusione sia. E allora ecco che i<br />

mercati, una volta distinti, segmentati<br />

e targettizati, si sono trasformati in<br />

una massa indistinta in cui far arrivare<br />

le bottiglie con la speranza di svuotare<br />

cantine che non trovavano la via<br />

giusta per essere svuotate.<br />

Anche in tal caso vi sarà capitato di<br />

vedere lo stesso vino con la stessa<br />

etichetta in una bottiglieria<br />

specializzata, in un ristorante di lusso,<br />

in un ristorante mediocre, in una winebar<br />

del centro, in un bar di periferia, al<br />

supermercato, in un cash and carry.<br />

Dappertutto insomma. E dappertutto a<br />

prezzi differenti. Non ci volevano i<br />

guru del mercato per compiere una<br />

operazione così. Il boomerang di una<br />

simile politica commerciale è tornato<br />

indietro quasi subito. Con il risultato<br />

che il mercato si è ingolfato e spesso<br />

molto adirato nei confronti dei<br />

produttori.<br />

Il 2006 potremmo definirlo un anno di<br />

assestamento. Abbiamo subìto un<br />

35


36<br />

terremoto di notevoli dimensioni,<br />

potrebbero seguire in futuro altre<br />

scosse. Dobbiamo attrezzarci e<br />

costruire strutture che sappiano<br />

reggere all’urto. Strutture produttive e<br />

soprattutto strutture mentali. Anche in<br />

questo caso tenteremo di ragionare<br />

per punti delineando una sorta di<br />

agenda per il 2007.<br />

Sarà fondamentale ripartire dalla<br />

qualità della produzione, elemento<br />

che fortunatamente i produttori non<br />

hanno mai dimenticato, o quasi. Ma<br />

dovranno definitivamente operare in<br />

maniera tale da avere qualità anche<br />

sui vini di annata, non solo sulle<br />

riserve o sui grandi igt.<br />

Questi vini dovranno circolare in<br />

maniera adeguata. Non è pensabile,<br />

tranne rari casi, che un vino possa<br />

trovarsi in qualsiasi scaffale. Certo le<br />

dimensioni e le esigenze di<br />

un’azienda fanno sì che i conti<br />

debbano sempre e comunque tornare.<br />

Ma il tornaconto arriva se si<br />

producono vini diversi per clienti<br />

diversi. In una parola il canale<br />

specializzato ho.re.ca. lavora quando<br />

non lo si mette in competizione<br />

selvaggia con la grande distribuzione,<br />

e viceversa.<br />

Esiste poi un discorso che molti<br />

tralasciano o considerano superfluo.<br />

La comunicazione. Non basta un bel<br />

depliant a far sapere quanto sono<br />

buoni i propri vini. La comunicazione<br />

è un processo continuo e mai<br />

definitivo che va saputo coltivare,<br />

come una bella vigna. Buona<br />

promozione sul campo, buona<br />

pubblicità, buona presenza nei luoghi<br />

di interscambio culturale (fiere o<br />

guide che siano). Capacità di<br />

raccontare e di raccontarsi. Capacità<br />

di tramandare la propria esperienza,<br />

la propria storia, la propria tradizione.<br />

Se si rinuncia a investire milioni di<br />

bottiglie di vino perdono d’un colpo<br />

il loro fascino e diventano (il lettore<br />

ci perdoni la citazione) “un’immane<br />

raccolta di merci” da vendere a prezzo<br />

di realizzo. E così facendo la Cina (che<br />

già si sta attrezzando all’uopo)<br />

diventa molto più vicina di quanto<br />

non lo sia già.<br />

Un’ultima considerazione a tal<br />

proposito. Una buona comunicazione<br />

va a braccetto inevitabilmente con<br />

una buona educazione.<br />

Ma nessun sistema si regge se non<br />

possiede solide fondamenta. E queste<br />

fondamenta sono date da quattro<br />

pilastri che potremmo chiamare<br />

cultura, comunicazione, educazione e<br />

innovazione. Quattro pilastri che<br />

danno il giusto valore al lavoro<br />

quotidiano di milioni di persone che<br />

operano nel campo enogastronomico.<br />

Qualche regione ha capito<br />

perfettamente qual è la strada da<br />

intraprendere (il Trentino ad esempio<br />

è un modello sotto questo punto di<br />

vista). La nostra ci prova da tempo<br />

con risultanti confortanti, ma forse<br />

senza quella grinta in più che<br />

servirebbe. Natura, cultura, arte, stile<br />

di vita... ogni ingranaggio del sistema<br />

è a posto e pronto a funzionare ai<br />

massimi livelli. Non basta cullarsi in<br />

ciò che siamo stati, conviene agire nel<br />

futuro per ciò che saremo. Che il 2007<br />

sia l’anno del rinascimento, sotto<br />

l’egida di uno slogan: dare energia al<br />

Valore Toscana!


Agricoltori<br />

Chianti<br />

Geografico<br />

Castello<br />

Tricerchi<br />

Brunello<br />

di Montalcino<br />

Docg 2001<br />

Via Mulinaccio 10, Gaiole in Chianti (Si)<br />

Tel. 0577 749489, fax 0577 749223<br />

www.chiantigeografico.it, info@chiantigeografico.it Il Carmignano Riserva Elzana di Ambra, ottenuto da San-<br />

Dal vigneto Castello Altesi provengono le uve sangiovese<br />

grosso da cui si ottiene questo pregiato Brunello che si<br />

affina per 24 mesi in legno di rovere francese. Il calice si<br />

presenta di un bel colore granato, con intensi ed eterei<br />

profumi di mora, gusto caldo, di grande struttura e tannini<br />

ben lavorati. Si abbina ai grandi piatti della tradizione toscana<br />

e si consiglia di stapparlo almeno un’ora prima del servizio.<br />

Carpineto<br />

Farnito Igt 2000<br />

Loc. Dudda, Lucolena (Fi)<br />

Tel. 055 8549062<br />

fax 055 8549001<br />

www.carpineto.com<br />

info@carpineto.com<br />

Prodotto con uve provenienti da vigneti particolarmente<br />

vocati delle aziende di Gaville (Firenze) e Chianciano/Montepulciano<br />

(Siena), il Farnito è uno straordinario super tuscan<br />

a base Cabernet Sauvignon. La fermentazione avviene<br />

in recipienti separati secondo la provenienza delle uve, con<br />

tempi di macerazione delle bucce di 10 e 15 giorni. Dopo la<br />

fermentazione malolattica, il vino è unito in un sol corpo e<br />

posto in piccole botti di rovere dove rimane fino al gennaio<br />

successivo, mese in cui viene imbottigliato e sosta, infine, per<br />

un periodo non inferiore agli otto mesi in ambiente a temperature<br />

controllata. Si presenta di colore rubino, con sensazioni<br />

complesse di spezie, liquirizia, vaniglia e marasca. Il<br />

gusto è pieno, di notevole struttura ed eleganza. Si abbina<br />

ad arrosti e selvaggina.<br />

Ambra<br />

Carmignano<br />

Riserva<br />

Elzana<br />

Docg 2001<br />

Via Lombarda 85, Carmignano (Po)<br />

Tel. 055 8719049, g.rigoli@agriconsulting.it<br />

giovese e Cabernet Sauvignon, si mostra raffinato e suadente,<br />

dotato di struttura ed equilibrio d’insieme. Alla<br />

vista si presenta rubino con riflessi granata, con eleganti<br />

profumi fruttati e con note di spezie. Al gusto è intenso<br />

è lineare con tannini ben levigati e prolungata scia finale.<br />

Un vino davvero interessante prodotto da Beppe Rigoli,<br />

un vignaiolo molto rispettoso del lavoro in vigna e in<br />

cantina.<br />

Castelli del<br />

Grevepesa<br />

Coltifredi<br />

Igt 2001<br />

Via Grevigiana 34, Mercatale - San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />

Tel. 055 82191, fax 055 8217920<br />

www.castellidelgrevepesa.it<br />

nfo@castellidelgrevepesa.it<br />

Ampio e generoso questo super tuscan dei Castelli del<br />

Grevepesa a base Sangiovese. Dopo la vendemmia manuale<br />

e una fermentazione termocontrollata, il vino sosta<br />

dodici mesi in barrique e completa l’affinamento in bottiglia<br />

per altre tre mesi. Il Coltifredi mostra un calice rubino<br />

intenso, con intensi profumi fruttati e floreali contrappuntati<br />

da una bella nota vanigliata. Al gusto rivela ampiezza,<br />

equilibrio e tannini ben calibrati. Si abbina a carni rosse,<br />

selvaggina, formaggi stagionati. Si consiglia di berlo con calice<br />

a forma di ballon.<br />

37


Azienda che adotta il metodo biodinamico e lo unisce a una<br />

produzione di altissimo livello. Terra e cielo si fa apprezzare<br />

per sincerità e generosità. Colore, profumi e gusto sembrano<br />

tutti elementi capaci di possedere un’energia interna che<br />

altri vini non hanno. Alla vista si presenta di tonalità rubino<br />

scuto, quasi impenetrabile. Il naso percepisce mora, mirtillo,<br />

amarena, cenni floreali, sentori netti di speziatura. Al gusto<br />

convince appieno per un attacco deciso e per il percorso<br />

lineare che pone in primo piano equiibrio e personalità, nonché<br />

una persistenza finale in cui ritornano i frutti a bacca<br />

rossa. Da abbinare a salumi e formaggi toscani, a carni alla<br />

brace, a selvaggina.<br />

38<br />

Fattoria<br />

Castellina<br />

Terra e cielo<br />

Igt 2004<br />

Via Palandri 27, Capraia e Limite (Fi)<br />

Tel./fax 0571 57631<br />

www.fattoriacastellina.com - info@fattoriacastellina.com<br />

Villa del Cigliano<br />

Nettuno Igt 2003<br />

Via Cigliano 17<br />

San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />

Tel. 055 820033<br />

fax 055 8290719<br />

www.villadelcigliano.it<br />

www.villadelcigliano.com<br />

fattoriacigliano@libero.it<br />

Grande Cabernet Sauvignon questo di Villa del Cigliano, un<br />

vero super tuscan che, dopo la fermentazione, matura in<br />

nobili fusti di rovere francese per 18 mesi. Alla vista si presenta<br />

di un rubino cupo molto intenso, con unghia granata. Al<br />

naso emergono note delicate di peperone giallo, unite a<br />

sentori speziati di vaniglia e a note di cacao e tabacco dolce.<br />

In bocca mostra ampiezza e armonia d’insieme con bella<br />

trama di tannini presenti ben levigati. Lunga la persistenza<br />

finale con un aroma di bocca che rimanda a spezie e caffè<br />

freddo.<br />

Castello La Leccia<br />

Chianti Classico Bruciagna Docg 2003<br />

Loc. La Leccia, Castellina in Chianti (Si)<br />

Tel./fax 0577 743148<br />

laleccia@chianticlassico.it<br />

Convince la prova del Bruciagna del Castello La Leccia di<br />

Castellina in Chianti. Alla vista si presenta di una bella tonalità<br />

rubino cupo, con consistenza e archetti fitti e regolari.<br />

All’analisi olfattiva si registrano dapprima sentori fruttati<br />

(ciliegia matura in primis) che si aprono a note floreali e<br />

successivamente speziate. Emerge la viola, quindi il pepe<br />

nero. L’attacco in bocca è netto e pulito, con equilibrio<br />

alcol-freschezza e tannini presenti ma levigati. Si accompagna<br />

con successo a primi al ragù, arrosti, carni rosse, salumi<br />

e formaggi toscani.<br />

Tenuta di Gracciano della Seta<br />

Nobile di Montepulciano Docg 2003<br />

Via Umbria 59,<br />

Montepulciano (Si)<br />

Tel./Fax 0578 708340<br />

055 2335313<br />

g.rigoli@agriconsulting.it<br />

La Tenuta appartiene alla Famiglia Mazzucchelli della Seta dal<br />

1850. Questo Nobile è ottenuto da uve accuratamente<br />

scelte di sangiovese (90%) e merlot (10%). L’invecchiamento<br />

avviene in legni di rovere francese per 36 mesi. L’esame<br />

organolettico mostra un colore rubino e presenta al naso<br />

sentori di frutti a bacca rossa e nera, nonché speziatura di<br />

pepe nero. Di buona struttura ed equilibrato al gusto con<br />

giusta corrispondenza fra parte alcolica e acido-tannica.


Cecchi<br />

Chianti<br />

Classico<br />

Messer<br />

Pietro<br />

di Teuzzo<br />

Docg 2004<br />

Loc. Casina dei Ponti 56, Castellina in Chianti (Si)<br />

Tel 0577 54311, fax 0577 543150<br />

www.cecchi.net, cecchi@cecchi.net<br />

Con il Messer Pietro di Teuzzo si conferma la filosofia dell’azienda<br />

Cecchi, molto rispettosa della migliore tradizione<br />

chiantigiana. Il vino infatti si fa apprezzare per la sapiente<br />

sintesi fra struttura, complessità e godibilità del calice. Ottenuto<br />

da un blend di Sangiovese, cabernet Sauvignon e Colorino,<br />

il Messer Pietro di Teuzzo sosta, dopo la fermentazione,<br />

per 14 mesi in barriques e per almeno altri 3 mesi in<br />

bottiglia. L’analisi organolettica rivela una tonalità intensamente<br />

rubina, profumi fragranti e intensi di ciliegia e prugna,<br />

contrappuntati da elementi speziati. Al gusto mostra vivezza<br />

e armonia complessiva, con lunga persistenza finale.<br />

Fattoria di Grignano<br />

Salicaria Igt 2003<br />

e Vin Santo Doc 2000<br />

Via di Grignano 22<br />

Pontassieve (Fi)<br />

Tel. 055 8398490,<br />

fax 055 8395940<br />

www.fattoriadigrignano.com<br />

info@fattoriadigrignano.com<br />

Cesani<br />

Luenzo Igt 2003<br />

Loc. Pancole<br />

San Gimignano (Si)<br />

Tel./fax 0577 955084<br />

www.agriturismo-cesani.com<br />

info@agriturismo-cesani.com<br />

Parafrasando un antico detto potremmo<br />

dire che... chi beve un Luenzo,<br />

beve un tesoro. Un tesoro enologico che conferma la straordinaria<br />

ascesa qualitativa di questa fattoria ubicata alla porte<br />

di san Gimignano. La composizione varietale è data da<br />

Sangiovese in maniera prevalente, con il contributo di altri<br />

vitigni a bacca rossa, quali il Colorino. Dopo la vendemmia e<br />

la fermentazione si ha un periodo di maturazione in legno –<br />

barriques di rovere francese – per 17 mesi, con successivo<br />

affinamento in bottiglia. Al colore si presenta rubino con<br />

riflessi granata, il naso percepisce un gradevole bouquet di<br />

mora, frutti di bosco, ciliegia matura. E ancora spezie, tabacco,<br />

cacao, stecca di liquirizia. Al gusto è caldo, asciutto, avvolgente,<br />

con lunghissima persistenza finale.<br />

Grignano ha intrapreso decisamente la strada della quali- sivo passaggio in acciaio. Ha veste rubina, con profumi di<br />

tà, con un metodo di lavoro molto accurato sia in vigna viola, mammola e frutti di bosco.<br />

che in cantina. Oltre alle denominazione d’origine con- Morbido e presistente al gusto, con finale lungo e speziatrollata<br />

e garantita data dal Chianti Rufina, in versione to. Il Vin Santo, ottenuto da uve Trebbiano toscano e<br />

annata e riserva, Grignano produce un ottimo Igt e un Vin Malvasia del Chianti appassite naturalmente, invecchia in<br />

Santo di grande stoffa organolettica. Il Salicaria (da uve caratelli di rovere per 5 anni. Di colore ambrato, è carat-<br />

Sangiovese e Merlot) dopo la fermentazione matura in terizzato da sentori di frutta secca e note balsamiche, con<br />

barriques francesi nuove per minimo 18 mesi, con succes- gusto persistente e piacevole.<br />

39


Podere Il Palazzino<br />

Chianti Classico La Pieve Docg 2004<br />

Monti in Chianti (Si) - Tel. 0577 747008, fax 0577 747148<br />

www.podereilpalazzino.it, palazzino@chianticlassico.com<br />

palazzino@podereilpalazzino.it<br />

La produzione del Palazzino si è concentrata fin dall’inizio<br />

sul Sangiovese, con l’obiettivo di realizzare un Chianti Classico<br />

ad altissimi livelli. Quello che infatti colpisce di questo<br />

vino è la raffinata eleganza unita a una struttura complessiva<br />

ben marcata. Alla vista si presenta perfettamente rubino,<br />

con sentori floreali-fruttati al naso e contrappunti speziati.<br />

Equilibrio e armonia contraddistinguono l’analisi gustativa,<br />

con bilanciamento alcol-acidità e tannini ben lavorati. Prolungata<br />

e gradevole la persistenza finale.<br />

Amore per la bellezza e la cultura toscana unito a uno<br />

straordinario spirito imprenditorale. Questo il motto del<br />

Gruppo Guarnieri cui appartiene Lanciola, storica Fattoria<br />

ubicata alle porte di Firenze. Sangiovese, Cabernet Sauvignon<br />

e Cabernet Franc sono i vitigni che compongono il<br />

super tuscan Terricci, autentico fuoriclasse della categoria.<br />

Dopo la raccolta delle uve e la fermentazione segue un<br />

periodo di 18 mesi in cui il vino si eleva in botti di rovere<br />

pregiato e un affinamento di 12 mesi in bottiglia. Il colore è<br />

rubino intenso, con un bouquet di profumi che si apre a<br />

frutta rossa, sensazioni di boisé, elementi speziati. Al gusto<br />

mostra equilibrio e volume, con tannini ben levigati che<br />

sorreggono la struttura alcolico-acida. Molto persistente il<br />

finale. Rosso adatto a grandi arrosti e piatti di selvaggina.<br />

40<br />

Lanciola<br />

Terricci Igt 2000<br />

Via Impunetana<br />

per Pozzolatico 210<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel. 055 208324<br />

fax 055 208063<br />

www.lanciola.net<br />

info@lanciola.net<br />

Tenuta Il Poggione<br />

Moscadello<br />

di Montalcino<br />

Doc 2006<br />

S. Angelo in Colle<br />

Montalcino (Si)<br />

Tel. 0577 844029<br />

fax 0577 844165<br />

www.tenutailpoggione.it<br />

info@ilpoggione.it<br />

È il vino più antico prodotto a Montalcino, già decantato<br />

nel 1600 dal Redi nel suo Bacco in Toscana. È prodotto con<br />

uve Moscato ritrovate nei primi anni Sessanta nei vecchi<br />

vigneti della proprietà. Le uve, sottoposte a soffice pressatura<br />

ed in seguito fermentate in ambiente refrigerato, danno<br />

vita ad un vino frizzante, caratterizzato da una “presa di<br />

spuma” naturale. Vino da dessert di colore giallo paglierino,<br />

caratterizzato da un perlage fine e persistente. Il sapore<br />

fresco e acidulo ed il bouquet ricordano il profumo aromatico<br />

e delicato dell’uva moscato.Trova la sua collocazione<br />

naturale a fine pasto, accompagnando piacevolmente<br />

pasticceria e dolci secchi.<br />

Le Torri Magliano Igt 2004<br />

Propr. Campiglioni S.p.A.<br />

Via San Lorenzo a Vigliano 31, Marcialla (Fi)<br />

Tel. 055 8076161, fax 055 8061257<br />

www.letorri.net, campiglioni@tin.it<br />

Vino di grande spessore questo Igt de Le Torri, fattoria che<br />

domina un paesaggio naturalistico di rara bellezza nei pressi<br />

di Barberino Val d’Elsa. Vinificato con macerazione prolungata<br />

a temperatura controllata, viene invecchiato in botti<br />

piccole di legno francese. Presenta un colore rubino tendente<br />

al granato sull’unghia, profumi intensi che rimandano<br />

a frutta a bacca rossa e spezie, un gusto pieno e giustamente<br />

tannico. Si accompagna a piatti in umido, carne ai ferri,<br />

selvaggina, formaggi a pasta stagionata. La temperatura di<br />

servizio ottimale è 18 gradi.


Decisamente interessante l’Alaphridus 2003, Igt rosso de<br />

La Mirandola, piccola e valente fattoria di Castellina in Chianti.<br />

Il vino nasce da uve Cabernet e Merlot: la vinificazione delle<br />

uve avviene con frequenti rimontaggi e delestage, al fine di<br />

favorire estrazione di colore e polifenoli, con macerazione<br />

di circa 15 giorni. L’analisi organolettica rivela un calice rubino<br />

carico, con intensi profumi di sottobosco, cui seguono<br />

note erbacee. L’attacco in bocca è deciso, lineare, franco.<br />

Buono l’equilibrio fra componente alcolica e componenti<br />

acidità-tannini. Gradevole il finale, con scia prolungata che<br />

rimanda a frutti a bacca rossa. Si abbina egregiamente con<br />

carni rosse alla brace e salumi toscani.<br />

Molino di Grace<br />

Chianti Classico<br />

Docg 2003<br />

Loc. Il Volano, Panzano<br />

in Chianti (Fi)<br />

Tel. 055 8561010<br />

fax 055 8561942<br />

www.ilmolinodigrace.com<br />

info@ilmolinodigrace.it<br />

La Mirandola<br />

Alaphridus Igt 2003<br />

Loc. La Mirandola 51<br />

Castellina in Chianti (Si)<br />

www.lamirandolanelchianti.com<br />

info@lamirandolanelchianti.com<br />

Il Molino di Grace non sbaglia un colpo e si conferma una<br />

delle migliori realtà del panorama vinicolo toscano. Il Chianti<br />

Classico annata, ottenuto prevalentemente da uve Sangiovese<br />

raccolte fra settembre e ottobre, matura in piccole<br />

botti di legno francese e di rovere di Slavonia per 12 mesi.<br />

Alla vista si presenta di un bel rosso rubino intenso, con<br />

profumi che rimandano a piccoli frutti rossi, note di viola e<br />

mammola. Al gusto si mostra pieno e rotondo, con tannini<br />

sapientemente lavorati e buona struttura. Si abbina con primi<br />

al ragù, carni rosse, formaggi di media stagionatura.<br />

La Querce<br />

La Querce<br />

Igt 2003<br />

Via Imprunetana<br />

per Tavarnuzze 41<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel./fax 055 2011380<br />

www.laquerce.com<br />

laquerce@inwind.it<br />

L’azienda, ubicata sulle belle colline d’Impruneta, si pone da<br />

tempo fra le realtà più importanti del Chianti Colli Fiorentini.<br />

L’Igt La Querce è ottenuto principalmente da uve<br />

Sangiovese. Le uve sono raccolte manualmente, fase cui<br />

segue la fermentazione quindi un periodo di maturazione<br />

del vino, per 18 mesi in barriques nuove di legno francese.<br />

Alla vista si presenta rubino, con bagliori di tonalità granata.<br />

Al naso si percepiscono profumi molto signorili che rimandano<br />

a frutta rossa, spezie, vaniglia. In bocca è convincente<br />

la struttura complessiva, con equilibrio fra le parti, tannini<br />

morbidi, finale lungo e persistente. Da abbinare al piatto<br />

tipico della zona, il peposo.<br />

41


L’azienda dei fratelli Fonseca si trova alle porte di Firenze,<br />

sulla via che dalla città conduce verso Rosano. La Pourriture<br />

è un vero e proprio capolavoro enologico ottenuto da<br />

uve Sauvignon, Semillon e Traminer. La maturazione del<br />

vino avviene per 12 mesi in barrique. Segue un affinamento<br />

di 12 mesi in bottiglia. Alla vista il vino si presenta di una<br />

tonalità dorata molto luminosa, piacevolissima. Consistente<br />

è il calice, con archetti ben evidenziati. Al naso s’impongono<br />

netti sentori di frutta mantura a pasta gialla, frutti<br />

esotici, speziature dolci, note floreali, contrappunti mielati e<br />

di scorza d’agrume. Ampio al gusto, caldo e ben equilibrato.<br />

Un vino da meditazione che ha pochi eguali in Toscana.<br />

Villa Cafaggio<br />

San Martino Igt 2001<br />

e Cortaccio Igt 2003<br />

42<br />

Petreto<br />

Pourriture<br />

Noble Igt 2003<br />

Via di Rosano 196/a<br />

Bagno a Ripoli (Fi)<br />

Tel. 055 6519021<br />

fax 055 698022<br />

Via S. Martino in Cecione 5, Greve in Chianti (Fi)<br />

Tel. 055 8549094, fax 055 8549096<br />

www.villacafaggio.it, info@villacafaggio.it<br />

Cafaggio costituisce ormai una certezza per tutti gli amanti dei<br />

vini di altissima qualità. Ogni vino è un’emozione unica. Il San<br />

Martino 2001 e il Cortaccio 2003 sono la riprova di un lavoro<br />

curato in ogni dettaglio sia in vigna che in cantina. Il San Martino,<br />

100% Sangiovese, tocca vertici assoluti! Selezione delle uve, micro-ossigenazione,<br />

accurata scelta dei legni per la maturazione<br />

del vino sono i tratti distintivi di questo supertuscan rubino concentrato,<br />

che rimanda a note di mora al naso e con gusto persistente<br />

e vellutato. Il Cortaccio 2003 non è da meno: un Cabernet<br />

Sauvignon di classe con colore rosso granato, sentori di ribes<br />

e marasca, palato concentrato e grande persistenza finale. Entrambi<br />

da abbinare ai grandi piatti della cucina toscana.<br />

Querceto di Castellina<br />

Podalirio Igt 2004<br />

Loc. Querceto 9, Castellina in Chianti (Si)<br />

Tel. 0577 733590, fax 0577 733636<br />

www.querceto.com, info@querceto.com<br />

Il Podalirio, ottenuto da uve Merlot, è un eccellente Igt che<br />

conferma tutte le qualità dell’Azienda Querceto di Castellina.<br />

L’ottima esposizione dei vigneti e il particolare microclima<br />

confermano le doti di complessità ed eleganza che<br />

caratterizzano il terroir di questa Fattoria. Il Podalirio si<br />

presenta di tonalità rubino cupa, con profumi intensi e<br />

persistenti che rimandano a frutta a bacca nera e spezie<br />

dolci. Al gusto si rivela un super tuscan di grande stoffa con<br />

perfetta corrispondenza fra le parti alcol-acidità e tannini<br />

setosi. Prolungatissima la persistenza finale.


Il Castello di San Donato in Perano<br />

domina dall’alto un’area dolcemente<br />

collinare nella zona di<br />

Gaiole in Chianti. L’Azienda si basa<br />

su un modo di fare agricoltura capace di fondere la tradizione<br />

viticola e olivicola con una raffinata concezione dell’ospitalità.<br />

La Riserva 2004 (Sangiovese 90% e Merlot 10%)<br />

matura per un periodo minimo di 18 mesi, parte in piccole<br />

botti di rovere, parte in tonneaux, affinandosi in bottiglia<br />

per altri 6. Alla vista è rubino carico, con note olfattive che<br />

ricordano ciliegia nera matura, mora, vaniglia, liquirizia. Di<br />

grande struttura e armonia al gusto. Da provare con pietanze<br />

di selvaggina.<br />

Fattoria<br />

Viticcio<br />

Prunaio<br />

Igt 2003<br />

Castello<br />

di San Donato<br />

in Perano<br />

Chianti Classico<br />

Riserva Docg 2004<br />

Loc. San Donato in Perano,<br />

Gaiole in Chianti (Si)<br />

Tel. 0577 744121<br />

fax 0577 745023<br />

www.castellosandonato.it<br />

info@castellosandonato.it<br />

Via San Cresci 12/a, Greve in Chianti (Fi)<br />

Tel. 055 854210, fax 055 8544866<br />

www.fattoriaviticcio.com, info@fattoriaviticcio.com<br />

Da tempo Viticcio è entrato a far parte del gotha delle<br />

Fattoria di maggior prestigio del Chianti Classico, interessando<br />

una fetta di ammiratori che diventa via via sempre<br />

più numerosa. Il Prunaio 2003? Come dire... sangiovese alla<br />

massima potenza. La ciliegia è viva, matura, carnosa. “Danza”<br />

nel bicchiere, accompagnata da un arcobaleno di elementi<br />

floreali e speziati, gentili e mai forzati. Si distingue per concentrazione<br />

di colore e gusto. Ma è un vino accattivante<br />

che chiama il degustatore a un nuovo assaggio, perché<br />

l’armonia complessiva è eccellente. Senza dubbio uno dei<br />

migliori igt toscani.<br />

Travignoli<br />

Tegolaia Igt 2000<br />

e Calice del Conte Igt 2000<br />

Via Travignoli 78, 50060 Pelago (Fi)<br />

Tel./Fax 055 8361098<br />

www.travignoli.com, info@travignoli.com<br />

La Fattoria Travignoli si trova sulle belle collline di Pelago. Ha<br />

una storia secolare, testimoniata da una cantina di invecchiamento<br />

molto affascinante da visitare. È diretta con intelligenza<br />

e passione dai Conti Busi che credono in maniera<br />

convinta nella qualità e nel terroir rufinese. I due Igt<br />

hanno caratteristiche peculiari. Il Tegolaia, super tuscan pluripremiato<br />

a livello internazionale, è un blend di Sangiovese<br />

e Cabernet Sauvignon. Ha colore rosso granato, profumi<br />

evoluti di frutta e confettura, spezie nobili, tabacco e cuoio.<br />

In bocca si mostra vivo con perfetta corrispondenza fra le<br />

parti alcol, acidità e tannini. Il Calice del Conte è invece<br />

ottenuto da uve Merlot e Cabernet Sauvignon. Il colore è<br />

rubino cupo, con belle note floreali e frutatte e sentori<br />

vanigliati. Il gusto è ampio, morbido e vellutato. Entrambi i<br />

vini si esaltano al meglio con carni alla brace, brasati, arrosti<br />

e selvaggina.<br />

43


44<br />

Cultura<br />

in tavola<br />

Olio come fattore culturale<br />

della Toscana<br />

Se ammettiamo che il nutrirsi non è<br />

solo un atto di mera sussistenza e<br />

sostentamento, indifferente ai sapori<br />

e ai valori che un cibo sa trasmettere,<br />

allora (e solo allora) possiamo<br />

accorgerci di quanto complessi siano i<br />

riflessi che il tema enogastronomico<br />

ha sul campo culturale,<br />

antropologico, sociale, economico.<br />

Mangiare bene vuol dire accostarsi a<br />

identità, storia, metodi, tecniche,<br />

credenze, visioni, filosofie di vita.<br />

Mangiare bene vuol dire capire un<br />

mondo. L’olio extravergine di oliva si<br />

colloca da sempre come uno dei<br />

principali protagonisti di questo<br />

approccio che potremmo definire da<br />

gastronomi avvertiti e sensibili.<br />

Nel suo tragitto plurisecolare l’olio di<br />

oliva è stato usato ora come elemento<br />

curativo, ora come cosmetico, ora<br />

come combustibile. Ma soprattutto<br />

come esaltatore di cibi, semplici ed<br />

elaborati. Ed è questo il ruolo che<br />

viene con forza riconosciuto oggi<br />

all’extravergine, in particolare quello<br />

L’olio<br />

extravergine<br />

d’oliva, ricchezza<br />

di Toscana<br />

toscano. Olio, quindi, come prìncipe<br />

dei condimenti.<br />

Le cultivar toscane, le<br />

caratteristiche organolettiche<br />

In Toscana si ottengono varie<br />

tipologie di olio. Ogni area della<br />

regione ha il suo extravergine ed ogni<br />

area ha doti di eccellenza specifica. Le<br />

varietà (o cultivar) principali sono<br />

date da Frantoio, Leccino e Moraiolo. I<br />

tratti organolettici comuni si rivelano<br />

il forte colore verde-oro, gli intensi<br />

profumi erbacei, il gusto amarognolo e<br />

la tipica nota piccante che si attenua<br />

con il tempo. Molto interessanti, negli<br />

ultimi anni, sono i tentativi di<br />

ottenere degli extravergini<br />

monovarietali, raccogliendo in modo<br />

separato le cultivar. I risultati sono<br />

non di rado realmente convincenti. Si<br />

tratta tuttavia ancora di un tratto<br />

sperimentale di un percorso che vede<br />

l’olio toscano come frutto di un blend<br />

di più varietà. Oltre alle varietà<br />

sopracitate possiamo avere il<br />

Punteruolo, il Razzo, l’Olivastra e la<br />

Caninese.


I fattori essenziali<br />

per un olio di qualità<br />

Molto spesso ci troviamo di fronte a<br />

oli di diversa qualità, anche se tutti<br />

del tipo extravergine. Non sempre è<br />

facile riuscire a orientarsi, anche<br />

perché molti sono i fattori che<br />

concorrono a determinare la bontà o<br />

meno di un olio.<br />

Diciamo subito che un olio lo si può<br />

solo sciupare. Il lavoro del contadino<br />

e del frantoiano, se hanno a che fare<br />

con una materia prima scadente, non<br />

può in alcun modo incidere per<br />

rendere migliore in maniera artefatta<br />

l’olio che sta producendo. Perciò è<br />

assolutamente fondamentale la cura<br />

di tutta la filiera che va dalla raccolta<br />

all’estrazione, passando per il<br />

trasporto e lo stoccaggio delle olive.<br />

Solo così sarà possibile avere una<br />

buona inoliazione, ossia un ottimale<br />

deposito di olio nelle cellule della<br />

polpa dell’oliva, che si arricchirà di<br />

sostanze aromatiche e sapide, nonché<br />

di trigliceridi. Quantità e qualità sono<br />

dunque date in funzione di fattori<br />

colturali, climatici e podologici.<br />

Il metodo di produzione<br />

La prima fase è quella della raccolta,<br />

essenziale per tempi e metodiche al<br />

fine di mantenere una corretta sanità<br />

del frutto. Interessa raccogliere solo<br />

le olive attaccate alla pianta tramite<br />

brucatura, pettinatura, bacchiatura<br />

oppure scuotitura.<br />

Dal momento della raccolta a quello<br />

della frangitura deve passare<br />

pochissimo tempo, per evitare che la<br />

massa delle olive subisca fenomeni di<br />

riscaldamento, fermentazioni<br />

indesiderate e muffe. Perciò occorre<br />

molta cura nel trasporto e nella<br />

conservazione,che deve avvenire in<br />

locali arieggiati, freschi e asciutti.<br />

Dopo un’opera di defogliazione,<br />

lavaggio e asciugamento, parte la<br />

vera e propria frangitura. Le olive<br />

(buccia, polpa e nocciolo) vengono<br />

ridotte in una pasta granulosa più o<br />

meno fine. Segue l’operazione di<br />

gramolatura, data da un prolungato<br />

rimescolamento della pasta e un<br />

leggero riscaldamento della stessa.<br />

Ciò consente di rompere l’emulsione e<br />

separare l’olio dagli altri costituenti.<br />

Il prodotto gramolato è tuttavia<br />

estremamente labile e deperibile e va<br />

lavorato subito per evitare<br />

ossidazioni dannose. Si ha perciò<br />

l’estrazione che porta a una parte<br />

liquida data da olio e acqua di<br />

vegetazione e residuo solido, dato<br />

dalla sansa. Infine si procede<br />

rapidamente alla separazione finale<br />

fra olio e acqua di vegetazione.<br />

L’olio a tavola<br />

“Olio nuovo e vino vecchio” recita un<br />

antico adagio popolare. L’olio infatti,<br />

a differenza del vino, ha una vita<br />

relativamente molto breve e perde col<br />

tempo colore e fragranza a causa dei<br />

processi di ossidazione. L’olio<br />

extravergine di oliva è innanzitutto<br />

uno straordinario condimento, per le<br />

sue capacità di convogliare gli aromi,<br />

45


46<br />

insaporire ed esaltare il gusto di molte<br />

pietanze. In cucina l’olio d’oliva viene<br />

usato anche come grasso di cottura e<br />

per la frittura, grazie alle sue innate<br />

proprietà di stabilità e di alto punto di<br />

fumo, nonché alle sue capacità di<br />

trasferire profumi e aromi alla pietanza<br />

che si sta friggendo. Molti i piatti che<br />

Carpineto<br />

Gli Appodiati dell’azienda<br />

Carpineto sono Extravergini<br />

che mettono in risalto le<br />

peculiarità di vari terroir della<br />

Toscana. Fra questi spicca<br />

l’Appodiato di Gaville – Oliveto<br />

Sillano, prodotto a freddo<br />

da olive raccolte a mano<br />

in antichi oliveti nell’alto Valdarno,<br />

al confine col Chianti<br />

Classico. Le varietà sono<br />

Frantoio, Moraiolo, Leccino e Pendolino. Il colore è<br />

verde intenso, con un bouquet speziato e aromatico,<br />

con finale lungo e persistente. Si abbina alla perfezione<br />

con bruschette, carpacci, insalate e pinzimoni. Da<br />

citare anche l’Appodiato di Gavorrano – Oliveto Il<br />

Piccioli (Grosseto) e l’Appodiato di Chianciano e<br />

Montepulciano – Oliveto delle Simbarde (Siena).<br />

Loc. Dudda, Lucolena (Fi)<br />

tel. 055 8549062, fax 055 8549001<br />

www.carpineto.com, info@carpineto.com<br />

si possono gustare, dalle semplici<br />

bruschette, alle zuppe, per finire a<br />

pesci, carni e verdure. Con<br />

l’extravergine sapore e salute vanno a<br />

costituire un binomio perfetto. Un<br />

binomio che trova un valore aggiunto<br />

ulteriore se si tratta di extravergine<br />

toscano.<br />

Fattoria Casa Sola<br />

Casa Sola si trova nel cuore del<br />

Chianti Classico, ubicata nel comune<br />

di Barberino Val d’Elsa. Antica<br />

la vocazione alla viticoltura e<br />

all’olivicoltura di qualità, grazie alla<br />

favorevole esposizione e l’ideale<br />

microclima. Dal 1960 la Fattoria è<br />

di proprietà dei Conti Gambaro.<br />

L’extravergine Dop Chianti Classico<br />

è ottenuto da cultivar Frantoio,<br />

Moraiolo, Leccino e Pendolino:<br />

si presenta di colore verde<br />

con sfumature dorate, intensi<br />

sentori di erbe, cardo e carciofo,<br />

gusto equilibrato adatto a formaggi,<br />

carpacci, arrosti, minestre, zuppe<br />

e cruditès.<br />

Strada di Cortine, Barberino Val d’Elsa (Fi)<br />

tel. 055 8075028, fax 055 8059194<br />

www.fattoriacasasola.com<br />

casasola@chianticlassico.com<br />

Fattoria di Grignano<br />

La Villa di Grignano risale al secolo XV e si trova al centro di una vasta area<br />

che, alla destra del fiume Sieve, risale la collina a monte del borgo di<br />

Pontassieve. L’oliveta della Fattoria si estende per circa 200 ettari. Da qui,<br />

seguendo scrupolosamente ogni fase che va dalla raccolta alla frangitura, si<br />

ottengono prodotti di altissima qualità. Le cultivar dell’Extravergine sono<br />

Frantoio, Leccino, Moraiolo, Cipressino e Pendolino. Presenta un colore<br />

verde brillante, sentori intensamente frutatti, sapore rotondo e leggermente<br />

piccante. Imperdibile anche il Laudemio (termine che nella tradizione<br />

medievale significava “la parte del raccolto destinata al signore”. Il colore<br />

è verde, con profumo e gusto tipici della migliore tradizione toscana.<br />

Via di Grignano 22, Pontassieve (Fi)<br />

tel. 055 8398490, fax 055 8395940<br />

www.fattoriadigrignano.com, info@fattoriadigrignano.com


Tenuta Il Poggione<br />

L’eccellenza dei prodotti di questa prestigiosa<br />

azienda di Montalcino si vede (e si gusta!) anche<br />

dall’ottimo Extravergine, prodotto con le<br />

migliori varietà di olive Correggiolo e Moraiolo.<br />

La brucatura avviene a mano negli oliveti di<br />

proprietà, con frangitura nel frantoio della Tenuta<br />

entro le 24 ore. L’estrazione avviene a<br />

freddo per non alterare le caratteristiche or-<br />

Le Torri<br />

La Fattoria Le Torri, ubicata nelle splendide<br />

colline del Chianti Colli Fiorentini,<br />

produce un olio extravergine di categoria<br />

superiore ottenuto unicamente<br />

con procedimenti meccanici. La raccolta,<br />

iniziata e portata a termine nel<br />

mese di novembre, è avvenuta in maniera<br />

manuale e la frangitura è stata<br />

effettuata entro le 24 ore successive<br />

con macine di pietra e spremitura a<br />

freddo. Le cultivar sono Frantoio, Moraiolo<br />

e Leccino. L’olio si presenta di<br />

una veste verde intensa, con sentori<br />

gusto olfattivi fruttati e armonici. Il consiglio<br />

è di gustarlo crudo come condimento<br />

di pietanze toscane.<br />

Propr. Campiglioni S.p.A., Via San Lorenzo<br />

a Vigliano 31, Marcialla (Fi)<br />

tel. 055 8076161, fax 055 8061257<br />

www.letorri.net, campiglioni@tin.it<br />

Marchesi<br />

de’ Frescobaldi<br />

Fra i pregiati prodotti dei Marchesi de’<br />

Frescobaldi merita un posto d’onore<br />

il pluripremiato Laudemio, Extravergine<br />

d’oliva ottenuto da cultivar Frantoio<br />

(80%), Moraiolo (10%) e Leccino<br />

(10%). La raccolta delle olive è<br />

avvenuta fra fine ottobre e la seconda<br />

metà di novembre e la spremitura<br />

è stata effettuata nel frantoio di proprietà<br />

con sistema continuo. Si fa apprezzare<br />

come pregiato condimento di verdure, zuppe<br />

e pietanze di pesce per il colore limpido e verde<br />

intenso, il profumo fruttato, il gusto che rimanda al<br />

carciofo e alla tipica nota piccante dell’olio toscano.<br />

Via S.Spirito 11, Firenze<br />

tel. 055 2714, fax 055 211527<br />

www.frescobaldi.it, info@frescobaldi.it<br />

ganolettiche. L’olio si presenta così con una<br />

bella tonalità verde oro, profumi caratteristici e<br />

intensi, gusto fruttato e fragrante. Da gustare a<br />

crudo, su insalate e verdure, e per cucinare.<br />

S. Angelo in Colle – Montalcino (Si)<br />

tel. 0577 844029, fax 0577 844165<br />

www.tenutailpoggione.it, info@ilpoggione.it<br />

Travignoli<br />

L’azienda agricola Travignoli<br />

produce ogni anno tra i 60 e i<br />

70 quintali di olio extravergine<br />

di oliva; la parte migliore<br />

viene imbottigliata – circa<br />

10mila bottiglie e venduta<br />

come Laudemio, olio extravergine<br />

di oliva. Laudemio è<br />

un prodotto di alta tipicità e<br />

selezione, un extravergine “diverso”<br />

che nasce da olive raccolte<br />

precocemente a mano<br />

e frante secondo le norme di un disciplinare rigidissimo<br />

che regola dalla conduzione degli uliveti, alla raccolta,<br />

la frangitura, la conservazione fino all’imbottigliamento,<br />

tutto per proteggerne la qualità e l’eccellenza<br />

organolettica.<br />

Via Travignoli 78, 50060 Pelago (Fi)<br />

tel./fax 055 8361098<br />

www.travignoli.com, info@travignoli.com<br />

Villa del Cigliano<br />

Grande attenzione a ogni prodotto<br />

viene riservata da Villa del Cigliano,<br />

storica Fattoria di San Casciano<br />

Val di Pesa. L’Extravergine di oliva è<br />

ottenuto dalla raccolta di cultivar<br />

Frantoio (75%), Moraiolo (15%) e<br />

Leccino (10%). Il risultato è un olio<br />

di media fluidità dall’intenso colore<br />

verde oro, un persistente odore di<br />

oliva e gradevoli sentori erbacei. Al<br />

gusto rivela un fruttato leggermente<br />

piccante con retrogusto di carciofo.<br />

Da abbinare a crudo su zuppe,<br />

legumi, fettunta e pinzimoni. Adattissimo anche<br />

in cottura per ragù, brasati, arrosti.<br />

Via Cigliano 17, San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />

tel. 055 820033, fax 055 8290719<br />

www.villadelcigliano.it, www.villadelcigliano.com,<br />

fattoriacigliano@libero.it<br />

47


48<br />

Il Consorzio dei<br />

Produttori Agricoli<br />

di Impruneta<br />

La coltivazione dell’olivo<br />

a Impruneta<br />

Impruneta, un piccolo paradiso alle<br />

porte di Firenze. Le dolci colline<br />

imprunetane abbracciano la città del<br />

giglio e da secoli accolgono la<br />

coltivazione della vite e dell’olivo.<br />

Testimonianze letterarie ed antichi<br />

testi notarili raccontano che fin dal<br />

Medioevo sul territorio imprunetino si<br />

svolgeva l’intero ciclo produttivo<br />

dell’olio di oliva: coltivazione,<br />

raccolta e trasformazione. È della<br />

prima metà del Trecento infatti il<br />

documento che segnala la presenza a<br />

Fabbiolle e a Monte di un<br />

“macinatorium ad macinandas olivas”,<br />

indicato anche come “hedificium ad<br />

faciendum oleum”: quello che noi,<br />

oggi, chiamiamo frantoio.<br />

È dunque l’olivo la principale<br />

coltivazione del territorio: circa 1.200<br />

ettari, ovvero 200.000 piante, con<br />

una densità stimabile attorno alle 150<br />

piante per ettaro.<br />

Sotto il profilo agronomico la forma<br />

Un extravergine di grande<br />

qualità alle porte di Firenze<br />

di allevamento più diffusa è il<br />

cespuglio, ma nelle più moderne<br />

piantagioni non mancano le forme a<br />

monocono. Gli interventi di<br />

fertilizzazione sono molto ridotti e i<br />

trattamenti antiparassitari sono<br />

decisamente contenuti (in alcuni anni<br />

addirittura assenti).<br />

La caratteristica principale<br />

dell’olivicoltura locale è la raccolta<br />

precoce dei frutti direttamente dalla<br />

pianta: l’unica garanzia totale per<br />

evitare le gelate che possono<br />

verificarsi dopo il mese di dicembre.<br />

A Impruneta, nelle annate migliori, la<br />

produzione totale si aggira quindi<br />

intorno alle 2800/3000 tonnellate di<br />

olive, pari a 450/500 tonnellate di<br />

olio. Il quadro varietale che si ricava<br />

da una indagine effettuata dal<br />

Consorzio sul territorio è il seguente:<br />

Frantoio, Moraiolo, Leccino sono<br />

presenti per circa il 90%, il resto è<br />

formato da svariate cultivar fra le<br />

quali Pendolino, Morchiaio, Madonna<br />

dell’Impruneta, Rossellino.


Fra storia e leggenda<br />

Narra la leggenda che nel 1499<br />

durante una traslazione della Sacra<br />

Immagine della Vergine di Impruneta<br />

a Firenze, mentre la Signoria era in<br />

guerra con Pisa, un rametto di olivo si<br />

impigliasse nell’Immagine Sacra<br />

cadendo non appena furono varcate<br />

le mura di Firenze.<br />

I fiorentini, che avevano invocato<br />

l’intercessione della Vergine per avere<br />

la meglio sui nemici pisani,<br />

interpretarono l’evento come un<br />

segno di buon auspicio. A<br />

testimonianza dell’evento è stato<br />

eretto un Tabernacolo e posta una<br />

lapide che ricorda l’accaduto.<br />

Ancora oggi esiste l’olivo da cui si<br />

staccò il rametto e resiste anche la<br />

leggenda: quel tipo di pianta è infatti<br />

l’unico ad aver resistito ad ogni<br />

stagione avversa, compresa la celebre<br />

gelata dell’85. Proprio dall’85,<br />

quell’olivo è stato denominato “l’olivo<br />

della Madonna”. Una pianta molto<br />

resistente alle avversità atmosferiche<br />

e da cui è stata selezionata la cultivar<br />

“Madonna di Impruneta”.<br />

Le aziende del territorio<br />

La realtà agricola del comune di<br />

Impruneta conta circa 300 aziende,<br />

quasi tutte produttrici di olio<br />

extravergine di oliva, ed in parte<br />

anche di vino. Si tratta per la maggior<br />

parte di realtà di piccole dimensioni:<br />

il 66 % delle aziende ha superfici<br />

comprese tra 1 e 6 ettari; il 25 % ha<br />

terreno di estensione compresa tra 6<br />

e 20 ettari; solo il 9 % supera i 20<br />

ettari.<br />

Fin dal 1983 gli olivicoltori<br />

imprunetini si sono riuniti<br />

nell’Associazione per la valorizzazione<br />

dell’Olio di Oliva dell’Impruneta, teso<br />

a valorizzare l’oro verde prodotto<br />

nella zona delle Colline di Impruneta.<br />

È stata così sollecitata la realizzazione<br />

di infrastrutture tecniche e<br />

pubblicitarie, mentre i produttori<br />

locali sono stati spinti a consorziarsi e<br />

a gestire impianti comuni di<br />

frangitura, imbottigliamento e<br />

commercializzazione. Uno dei primi<br />

risultati, ai tempi, è stata la nascita di<br />

uno dei più grossi impianti di<br />

trasformazione del territorio,<br />

l’oleificio del Greve Pesa: la maggior<br />

parte dei fondatori è costituita da<br />

olivicoltori dell’Impruneta.<br />

Nel 1989, gli agricoltori della zona si<br />

sono riuniti nel Consorzio dei<br />

Produttori Agricoli di Impruneta, del<br />

quale fa parte anche il Comune in<br />

qualità di garante. Scopo prioritario<br />

del Consorzio è valorizzare il vino e<br />

l’olio extravergine di oliva di<br />

produzione locale e tutelare il<br />

consumatore attraverso un<br />

disciplinare di produzione che,<br />

rifacendosi alle tradizioni storiche di<br />

coltivazione e di trasformazione ed<br />

integrando le più recenti conoscenze<br />

49


50<br />

scientifiche del settore, garantisca la<br />

qualità e l’origine del prodotto.<br />

Dal 1990 il Consorzio dei Produttori<br />

Agricoli di Impruneta, sensibile ai<br />

problemi legati alla difesa<br />

dell’ambiente e al ridotto utilizzo di<br />

Presidi Sanitari nella coltura della vite<br />

e dell’olivo, ha partecipato ai<br />

programmi di Lotta Guidata ed<br />

Integrata della Provincia di Firenze e<br />

della Regione Toscana. Negli anni il<br />

Consorzio ha partecipato a molte<br />

manifestazioni di settore sia olivicolo<br />

che vitivinicolo in Italia (Vinitaly, Sol,<br />

Oleum) e all’estero con la<br />

collaborazione dell’Ice (Londra,<br />

Düsseldorf, Parigi) facendo conoscere<br />

i prodotti del territorio nei mercati<br />

più importanti.<br />

Negli anni il Consorzio ha lavorato<br />

per un miglioramento continuo della<br />

qualità e dell’immagine dell’olio extra<br />

vergine d’oliva e del vino di<br />

Impruneta. Per l’elevata qualità<br />

Fattoria di Mezzomonte<br />

Di proprietà della Famiglia Corsini a partire dall’anno<br />

1647, la Fattoria Mezzomonte gode di un clima particolarmente<br />

favorevole per la coltura<br />

dell’oliveto. Metodi tradizionali<br />

e tecniche moderne si armonizzano<br />

in una produzione di assoluta<br />

qualità per ciò che concerne vino,<br />

olio e miele. La produzione del 2006<br />

propone ai consumatori prodotti<br />

spremuti a freddo e ottenuti esclusivamente<br />

per procedimenti meccanici,<br />

un ventaglio che va dall’olio<br />

filtrato fino ai monocultivar leccino,<br />

frantoio e moraioli.<br />

Via San Lorenzo a Colline 3,<br />

Loc. Mezzomonte, Impruneta (Fi)<br />

Tel. 055 208528, fax 055208293<br />

www.corsinimezzomonte.it,<br />

corsini@interfree.it<br />

raggiunta diversi soci del Consorzio<br />

hanno vinto premi nazionali come il<br />

Concorso Internazionale Vinitaly, il<br />

Douja d’or, il Pramaggiore per il vino,<br />

l’Ercole Oliario, il Montiferru, il<br />

Fest’Ambiente per l’olio, ed<br />

internazionali come l’International<br />

Wine Challenge, il Concorso Mondiale<br />

di Bruxelles per il vino.<br />

Nel 1393 il mezzadro del Podere della<br />

Valle a Colline, di proprietà della<br />

famiglia Pinciardi, annotava sul libro<br />

fondiario che un orcio e mezzo di olio<br />

aveva fruttato ben 2 fiorini d’oro,<br />

permettendogli di saldare il debito<br />

contratto con il padrone. Lo<br />

scrupoloso mezzadro segnalava nel<br />

libro contabile anche le caratteristiche<br />

dell’olio venduto: gusto e proprietà<br />

organolettiche specifiche e intense, le<br />

stesse che ancora oggi<br />

contraddistinguono l’olio di Impruneta<br />

come prodotto di elevata qualità. La<br />

storia e la leggenda continuano!<br />

Fattoria di Bagnolo<br />

L’Extravergine della Fattoria di Bagnolo, di proprietà<br />

dei Marchesi Bartolini Baldelli, è ottenuto dalla<br />

raccolta manuale delle olive fra la terza decade di<br />

ottobre e la terza decade di novembre, con una<br />

frangitura che avviene dopo 24-<br />

48 ore. Le cultivar sono Frantoio,<br />

Leccino, Moraiolo, Pendolino,<br />

Madonna dell’Impruneta. Si<br />

ha un prodotto verde vivo, con<br />

note di carciofo e erba fresca,<br />

con gusto equilibrato e nota<br />

piccante.<br />

Via Imprunetana<br />

per Tavarnuzze 48,<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel./fax 055 2313403<br />

www.bartolinibaldelli.it,<br />

marco@bartolinibaldelli.it


La Colombaia<br />

Un’antica fattoria immersa nel verde delle<br />

colline della campagna fiorentina. Il terreno<br />

conta circa 5000 piante con cultivar variegate:<br />

Frantoio, Moraiolo, Leccino, Pendolino,<br />

Madonna dell’Impruneta. L’olio si presenta di<br />

colore verde intenso, con profumi intensamente<br />

fruttati e freschi. Al gusto emerge la<br />

nota piccante e un perfetto equilibrio d’insieme.<br />

Con la varietà Frantoio si produce anche<br />

un monocultivar morbido ed elegante.<br />

Via Imprunetana per Tavarnuzze 50,<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel./fax 055 2011669<br />

info@villadibagnolo.it<br />

Lanciola<br />

Di proprietà della Famiglia Guarnieri, Lanciola si trova<br />

nelle belle colline situate nei pressi di Pozzolatico. La<br />

tradizione è davvero illustre: al tempo dei Medici la<br />

Fattoria appartenne alla nobile Famiglia<br />

dei Ricci. Le varietà prevalenti<br />

da cui si ottiene il prestigioso extravergine<br />

sono date da Frantoio, Moraiolo,<br />

Leccino e Pendolino. L’olio<br />

presenta eccellenti tratti organolettici:<br />

un colore verde intenso, un profumo<br />

intensamente fruttato, un gusto<br />

tipico e persistente.<br />

Via Imprunetana<br />

per Pozzolatico 218,<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel. 055 208324, fax 055208063<br />

www.lanciola.net, info@lanciola.net<br />

La Querce<br />

L’olio della Fattoria La Querce, di<br />

proprietà della Famiglia Marchi, è ottenuto<br />

dalle olive raccolte a mano<br />

e frante entro le quarantotto ore<br />

successive. L’estrazione dell’olio – le<br />

cui cultivar sono Frantoio, Moraiolo,<br />

Leccino, Madonna dell’Impruneta e<br />

Pendolino – avviene a freddo, in<br />

modo da mantenere intatte le migliori<br />

caratteristiche organolettiche.<br />

Al colore si presenta intensamente<br />

verde, con bei profumi fruttati e un gradevole sapore<br />

piccante-amaro, con sentori di carciofo.<br />

Via Imprunetana per Tavarnuzze 41,<br />

Impruneta (Fi), tel./fax 055 2011380<br />

www.laquerce.com, info@laquerce.com<br />

L’Erta di Quintole<br />

Circondata da vigneti e oliveti, la Fattoria si estende<br />

su una superficie di 15 ettari. L’Erta di Quintole offre<br />

ospitalità in cinque appartamenti, con una grande<br />

piscina aperta nel periodo estivo. Oltre al vino rosso,<br />

si produce un extravergine biologico.<br />

Dalla spremitura delle olive si ottiene un<br />

olio gradevole, fruttato e giustamente piccante.<br />

Per ben tre volte (1996, 2001, 2005)<br />

la Fattoria ha vinto il concorso Ercole Olivario<br />

nella categoria fruttato medio.<br />

Via Quintole per Le Rose 43,<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel. 055 2011423, fax 0552312645<br />

www.ertadiquintole.it<br />

info@ertadiquintole.it<br />

Castello di Cafaggio<br />

Il Castello di Cafaggio risale al XIV secolo, ed è ancora<br />

oggi circondato da vigne, oliveti e boschi. Attualmente<br />

la struttura prevede un agriturismo<br />

composto di 14 appartamenti e una grande<br />

piscina. L’azienda è a conduzione biologica e<br />

prevede la produzione di vino, aceto, miele<br />

e olio. Frantoio, Moraiolo e Leccino sono le<br />

cultivar di un extravergine ottimo che negli<br />

ultimi anni ha ottenuto significativi riconoscimenti<br />

a livello nazionale.<br />

Via del Ferrone 58,<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel. 055 2012085<br />

www.cafaggio.com<br />

info@cafaggio.com<br />

Le Massete<br />

La Fattoria riposa su terreni collinari di natura argillosa.<br />

La raccolta delle olive avviene rigorosamente a<br />

mano, dopodiché le drupe vengono portate subito<br />

al frantoio per la spremitura. Si ottiene così un extravergine<br />

dalla gradevole nota<br />

dolce-amara e dal tipico profumo<br />

di olive verdi. Un olio<br />

adatto per essere utilizzato<br />

come condimento a crudo per<br />

insalate, legumi e minestroni.<br />

Via Imprunetana<br />

per Tavarnuzze 31<br />

Impruneta (Fi)<br />

Tel./fax 055 2011154<br />

www.agricoladellemassete.it<br />

zucconi.dellemassete@virgilio.it<br />

51


52<br />

A due passi da Bologna<br />

paesaggi, borghi, vigneti<br />

e buona tavola<br />

da gustare prima<br />

con gli occhi e il cuore<br />

e poi con il palato<br />

Il fascino<br />

dei colli<br />

di Giovannina Pelagatti


L’ unico vero problema,<br />

per chi voglia visitare<br />

i Colli bolognesi, è<br />

forse l’imbarazzo della scelta tra arte, storia,<br />

natura e gusto. Ma perché scegliere e<br />

sacrificare qualcosa? La densità e la varietà<br />

di luoghi interessanti consente di<br />

costruire percorsi sia brevi che lunghi,<br />

adatti a ogni stagione e alla disponibilità<br />

di tempo di chiunque; le dimensioni dell’area<br />

e la sua vicinanza alle principali strade<br />

di comunicazione permettono di programmare<br />

facilmente sia ripetute visite<br />

veloci che soggiorni più prolungati.<br />

L’occasione della visita può essere costituita<br />

dalla curiosità per la produzione vinicola<br />

del territorio; e seguendo il filo rosso<br />

(ma non dimentichiamo il bianco!) del vino,<br />

il territorio si apre accogliente alla lettura<br />

anche in chiavi diverse.<br />

Dal punto di vista del paesaggio, i Colli<br />

bolognesi offrono vedute suggestive per<br />

l’accostamento di boschi secolari ai curati<br />

vigneti della zona; la posizione consente<br />

inoltre di spaziare con lo sguardo in<br />

modo spettacolare dagli Appennini alle Alpi.<br />

Le gradevoli e tortuose strade di campagna<br />

che percorrono il profilo delle colline<br />

conducono il visitatore nel cuore del terri-<br />

gli gli gli itinerari di di di gola<br />

torio. Segnato da numerose tracce romane,<br />

i Colli bolognesi sono ricchi di testimonianze<br />

medievali: in pratica ogni altura<br />

porta il ricordo dell’epoca della grande<br />

contessa Matilde di Canossa, e numerosi<br />

sono i resti di castelli, abbazie e luoghi di<br />

culto. A seguito della ventata innovativa<br />

rinascimentale, e fino a tutto l’ottocento,<br />

sorsero sui Colli molte splendide dimore<br />

nobiliari, volute da alcune delle principali<br />

famiglie bolognesi, tra cui il palazzo senatorio<br />

Isolani di Montevecchio, la villa Bentivoglio-Pepoli<br />

e il palazzo Albergati. Da ricordare<br />

anche la cura per l’arte contemporanea:<br />

il Museo di Ca’ La Ghironda, a<br />

Zola Predosa, ne ospita un’interessante<br />

collezione. E ai piaceri offerti da natura e<br />

arte è d’obbligo abbinare quelli della tavola,<br />

con l’accompagnamento dei vini dei<br />

Colli: il territorio offre innumerevoli occasioni<br />

per gustare la cucina locale, dai chioschi<br />

che servono cibo di strada, alle osterie<br />

tradizionali, ai ristoranti “stellati”.<br />

BOLOGNA<br />

53


LI<br />

a cucina<br />

Colli bolognesi sono una miniera inesauribile<br />

di sapori che si sposano perfettamente<br />

ai vini del territorio. La sontuosa<br />

tradizione gastronomica della “grassa”<br />

Bologna e le più rustiche usanze della campagna<br />

confluiscono per imbandire tavole<br />

ricche di prodotti di alto livello, nelle materie<br />

prime come nella loro sapiente manipolazione:<br />

sia i prodotti che si fregiano di<br />

riconoscimenti e tutele ufficiali, come la<br />

denominazione di origine e l’indicazione<br />

geografica protette (il parmigiano reggiano<br />

Dop, la mortadella di Bologna Igp e il<br />

prosciutto di Modena Dop) che gli altri,<br />

curati con pari amore nel rispetto della tradizione:<br />

l’asparago verde di Altedo, le ciliegie<br />

e molte altre varietà di frutta coltivate<br />

nei frutteti della zona, la dorata uva da<br />

tavola saslà (dal francese Chasselas), il<br />

tartufo bianco dei Colli bolognesi, i marroni,<br />

i formaggi freschi ed erborinati, di vacca<br />

e di capra, i friabili ciccioli di maiale, la<br />

coppa di testa (a base di cartilagini e tagli<br />

secondari di maiale). E poi i tradizionali<br />

sostituti del pane tipici dell’Emilia: le golose<br />

crescentine di pasta fritta, da servire<br />

caldissime con salumi e formaggi freschi;<br />

le tigelle cotte nei testi, perfette spalma-<br />

54<br />

te di lardo pestato con aglio e rosmarino<br />

e una spolverata di parmigiano; i borlenghi,<br />

specie di crespelle sottilissime di farina,<br />

uova e latte, cotte in larghe padelle<br />

di rame stagnato e servite in genere con<br />

un ragù di salsiccia e parmigiano. Inoltre<br />

tutti i piatti a base di sfoglia all’uovo, vanto<br />

di ogni tavola emiliana, tra cui i mitici<br />

tortellini di Bologna cotti nel brodo, da provare<br />

nell’abbinamento tradizionale con il<br />

vino Pignoletto, e le tagliatelle, condite con<br />

l’inimitabile ragù. Terminiamo limitandoci<br />

a un velocissimo riferimento ai secondi,<br />

per lo più a base di carni da cortile o di<br />

maiale arrosto o in umido, ai piatti di verdura,<br />

ai dolci semplici e gustosi, come le<br />

crostate, le ciambelle o i tortelli di marmellata.


La ricetta<br />

Crescentine fritte<br />

Ingredienti: 1 kg di farina 00, 1 cubetto<br />

di lievito di birra fresco, 2-3 cucchiai di<br />

olio extravergine, 2 cucchiai di sale<br />

fino, acqua tiepida, latte intero.<br />

Setacciare la farina con il sale e<br />

disporla a fontana. Al centro mettere il<br />

lievito stemperato nell’acqua tiepida e<br />

l’olio. Impastare e lavorare<br />

energicamente aggiungendo il latte<br />

tiepido fino a ottenere una pasta<br />

morbida e omogenea. Mettere l’impasto<br />

così ottenuto in una ciotola coperta con<br />

uno strofinaccio umido. Lasciar lievitare<br />

per almeno 2 ore in luogo caldo,<br />

lontano da correnti d’aria. Tirare la<br />

pasta in una sfoglia alta 3-4 mm,<br />

tagliarla a piccoli rombi e friggere le<br />

crescentine poche per volta nello strutto<br />

o in olio di semi di arachide. Servirle<br />

ben calde. Per ottenere un fritto più<br />

asciutto, aggiungere all’impasto un<br />

cucchiaino d’aceto.<br />

gli gli itinerari di di gola<br />

gola<br />

BOLOGNA<br />

Passatelli<br />

Per ogni persona: 1 uovo intero, 50 g di<br />

pangrattato, 50 g di parmigiano, 1<br />

cucchiaino raso di farina.<br />

Impastare tutti gli ingredienti<br />

aggiungendo buccia di limone<br />

grattugiata, abbondante noce moscata e<br />

un pizzico di sale. Lasciare riposare<br />

l’impasto per circa un’ora, poi passarlo<br />

nello schiacciapatate a fori larghi o<br />

nell’apposito attrezzo, tagliando man<br />

mano i passatelli ad una lunghezza tra i<br />

sei e i dieci centimetri. Lasciarli cadere<br />

nel brodo bollente e farli cuocere per<br />

circa 4/5 minuti. Evitare di mescolare, o<br />

farlo poche volte e con estrema<br />

attenzione per non romperli. Servire ben<br />

caldi cospargendo con Parmigiano<br />

Reggiano grattugiato.<br />

55


ITra le terre del Lambrusco e<br />

la Romagna si incuneano Bologna<br />

e il suo territorio, forti di<br />

una tradizione vinicola che comincia<br />

a trovare le sue origini<br />

certe intorno al 1000, epoca<br />

in cui nei documenti che sancivano cessioni<br />

e pagamento di affitti delle terre si faceva<br />

preciso riferimento al vino della zona.<br />

Anche nei secoli successivi, non rari sono i<br />

riferimenti ufficiali al vino di Bologna, ricavato<br />

da vigne poste sub Appenini radicibus,<br />

alle pendici dell’Appennino, e che poco più<br />

di duecento anni fa pare fosse arrivato per<br />

mare a Roma, a Londra e a Amburgo, ricevendo<br />

apprezzamenti e ordinazioni.<br />

Questa è la storia; racconta dunque di una<br />

fascia collinare che sale verso l’Appennino,<br />

dove la campagna di antica bellezza –<br />

disegnata in vallette, contrade e vigne, ricca<br />

di testimonianze legate alle battaglie per<br />

la conquista dei numerosi castelli e delle<br />

rocche che dominavano il capoluogo – è<br />

decisamente vocata alla viticoltura. Il presente<br />

– e quindi la globalizzazione, il confronto<br />

con gli altri territori, vicini e lontani,<br />

che producono vino – impone salti di qualità,<br />

per trovare nuovi spazi di mercato che<br />

superino il pur importante ambito del consumo<br />

locale e lancino i vini delle colline<br />

bolognesi verso affermazioni migliori. In<br />

altre parole, se una parte consistente della<br />

produzione vinicola viene smaltita con la<br />

vendita diretta nelle aziende in damigiana<br />

o in bottiglia, paradossalmente nella ristorazione<br />

bolognese i vini dei Colli Bolognesi<br />

non trovano il giusto risalto, a dispetto della<br />

passione e della serietà con cui lavorano<br />

i produttori, con un occhio sempre rivolto<br />

alle innovazioni delle tecniche enologi-<br />

56<br />

l vino<br />

Pignoletto<br />

che, alla conservazione dei<br />

vitigni tradizionalmente legati<br />

al territorio e alla sperimentazione<br />

di vitigni internazionali.<br />

Ancor più difficile<br />

il discorso se spostato<br />

in ambiti extraregionali e al<br />

di fuori del Bel Paese. Forse<br />

legando ancor di più il<br />

vino al suo territorio di produzione<br />

potranno essere raggiunti risultati<br />

migliori in termini di diffusione e commerciabilità.<br />

In questa direzione sta operando<br />

il Consorzio Vini Colli Bolognesi, con sede<br />

a San Teodoro, ai piedi del colle su cui sorgono<br />

l’abbazia e il borgo di Monteveglio.<br />

Riunisce circa 150 produttori di uve (di cui<br />

circa un terzo anche imbottigliatori con proprie<br />

etichette) di 16 Comuni, nell’ambito<br />

del comprensorio indicato nel disciplinare<br />

dei vini Doc Colli Bolognesi. Tra i soci del<br />

Consorzio prevale la produzione di uve a<br />

bacca bianca: Chardonnay, Pinot Bianco, Riesling<br />

italico e Sauvignon; ma la nota di originalità<br />

si deve a un vitigno autoctono di<br />

antica storia: il Pignoletto. Fiore all’occhiello<br />

dei viticoltori e vinificatori dei Colli, di<br />

colore chiaro, di profumo intenso, delicato,<br />

quasi aromatico, di gusto asciutto, costituisce<br />

nei suoi vari tipi – fermo (anche classico<br />

e superiore), frizzante, spumante, passito<br />

– la maggior parte della produzione<br />

della zona.<br />

Tra i rossi, spicca una piccola ma qualificata<br />

quantità di barbera, ferma, anche in versione<br />

riserva, o mossa, che ha una bella<br />

tradizione autoctona, soprattutto a Montebudello;<br />

ormai consolidata da tempo la presenza<br />

di Merlot e Cabernet Sauvignon. Risale<br />

al 1995 la definizione nel comprensorio<br />

della Doc Colli Bolognesi di sette microzone<br />

di qualità all’interno della quali la pro


duzione viene assoggettata a particolari<br />

restrizioni di resa d’uva e di vino per ettaro.<br />

La strada della competizione con vini più<br />

blasonati insomma sembra che da queste<br />

parti sia stata già intrapresa; il valore aggiunto<br />

è l’estrema vicinanza con una città<br />

ricca di fascino e di forte golosità quale è<br />

Bologna. Uscendo dal suo centro da Porta<br />

Saragozza, il primo approccio con i vini e le<br />

Le aziende visitate<br />

Azienda Agricola Cavazza Isolani<br />

Via San Martino, 5<br />

40050 Monte San Pietro (Bo)<br />

Tel./fax 051 6766820<br />

www.montevecchioisolani.it<br />

vini@montevecchioisolani.it<br />

La sede dell’azienda è in una delle dimore<br />

nobiliari più antiche e suggestive dei Colli<br />

bolognesi, nata attorno a un’antica torre<br />

matildica.<br />

Azienda Agricola Gaggioli<br />

Via Raibolini Il Francia, 55<br />

40069 Zola Predosa (Bo)<br />

Tel./fax 051 753489<br />

www.gaggiolivini.it; gaggiolivini@virgilio.it<br />

Carlo e Maria Letizia Gaggioli, padre e figlia,<br />

guidano un’azienda moderna attenta alla<br />

qualità.<br />

Azienda Agricola La Mancina<br />

Via Motta, 8 – Montebudello<br />

40050 Monteveglio (Bo)<br />

Tel. 051 832691 fax 051 835441<br />

www.lamancina.it; info@lamancina.it<br />

L’azienda di Franco Zanetti è gestita dalla<br />

nipote Francesca con piglio sicuro e<br />

innovativo.<br />

gli gli itinerari di di gola<br />

gola<br />

vigne dei Colli Bolognesi è, a pochissimi<br />

chilometri, Tizzano, una tenuta storica di<br />

oltre 200 ettari; ma tutte le aziende – quasi<br />

sempre di piccole dimensioni, con produzioni<br />

che non superano, tranne che in un<br />

caso, le 150/180.000 bottiglie annue –<br />

sono a portata di mano, con cordialità e<br />

competenza dei produttori a disposizione<br />

dei visitatori.<br />

Azienda Vitivinicola Bonfiglio<br />

Via Cassola, 21<br />

40050 Monteveglio (Bo)<br />

Tel./fax 051 830758<br />

vinibonfiglio@libero.it<br />

Pio Vannozzi e il figlio Arturo producono i loro<br />

vini unendo con sapienza tradizione e<br />

innovazione.<br />

Azienda Agricola Tizzano<br />

Via Marescalchi, 13<br />

40033 Casalecchio di Reno (Bo)<br />

Tel./fax 051 571208 – 051 577665<br />

visconti@tizzano.191.it<br />

Una sede storica e un parco secolare per<br />

questa azienda sulle colline a ovest di<br />

Casalecchio, dove le vigne sono attestate da<br />

secoli.<br />

Consorzio Vini<br />

Colli Bolognesi<br />

Via dell’Abbazia 30c<br />

40050 Monteveglio (Bo)<br />

Tel. 051 6707752<br />

www.collibolognesi.it<br />

BOLOGNA<br />

57


58<br />

l suggerimento<br />

IUn itinerario sui Colli bolognesi è un tuffo<br />

in una terra morbida, ondulata, ricca di<br />

memorie storiche, e allo stesso tempo<br />

viva e attiva nel presente. Quasi ogni rilievo<br />

accoglie i resti di un antico castello o di<br />

una chiesa, e numerose ville nobiliari e<br />

palazzi senatori delle grandi famiglie bolognesi<br />

fanno mostra di sé. Accanto alle testimonianze<br />

del passato sono ben evidenti,<br />

ma ordinati e non eccessivi, i segni della<br />

moderna attività produttiva, nel fondovalle<br />

come, in modo più suggestivo, sulle colline:<br />

le vigne regolari e curate, le belle coloniche<br />

ristrutturate, le osterie accoglienti<br />

invitano al viaggio e alla sosta piacevole.<br />

Visitare i Colli significa seguire le strade<br />

tortuose che si srotolano lungo i fianchi<br />

delle colline e percorrono le dorsali, addentrarsi<br />

nel territorio e godere di panorami<br />

che spaziano dagli Appennini a sud<br />

ovest fino alle Alpi a nord. Qualche consiglio<br />

minimo: lasciata l’autostrada a Casalecchio,<br />

si può salire all’eremo secen-<br />

Villa Albergati a Zola Pedrosa<br />

Castello di Serravalle<br />

tesco di Tizzano attraversando i primi suggestivi<br />

vigneti dei Colli. Da qui, riscesi sulla<br />

strada di fondovalle, la ss 569 Bazzanese,<br />

e superato l’abitato di Zola Predosa,<br />

con il secentesco e imponente palazzo Albergati,<br />

si può poi raggiungere il piccolo e<br />

suggestivo borgo medievale di Monteveglio<br />

alta, con l’abbazia omonima: noto già<br />

in epoca bizantina, fu per secoli un castello<br />

strategicamente assai importante, conteso<br />

fra Bologna e Modena e scena di<br />

numerose battaglie, posto tappa dei grandi<br />

capitani di ventura d’epoca rinascimentale<br />

e delle loro armate mercenarie. Intorno<br />

a Monteveglio si trova l’omonimo Parco<br />

regionale, di grande interesse ambientale<br />

e paesaggistico. Da Monteveglio si può poi<br />

proseguire per il Castello di Serravalle e per<br />

il paese di Savigno, entrambi di origine<br />

medievale e ricchi di antiche fortificazioni,<br />

poi seguire il corso del fiume Samoggia fino<br />

al centro vinicolo di Monte San Pietro, per<br />

rientrare da qui a Zola Predosa.


Dove mangiare<br />

Trattoria del Borgo<br />

via San Rocco 12<br />

Monteveglio<br />

tel. 051 6707982<br />

Da Amerigo<br />

via Marconi 16<br />

Savigno<br />

tel. 051 6708326<br />

Nuova Roma<br />

via Olivetta 87<br />

Sasso Marconi<br />

tel. 051 6760140<br />

Osteria dal Minestraio<br />

via Costa 7<br />

Rastignano di Pianoro<br />

tel. 051 742017<br />

Marconi<br />

via Porrettana 291<br />

Sasso Marconi<br />

tel. 051 846216<br />

Cantacucco<br />

via Montalbano 5500b<br />

Missano di Zocca<br />

tel. 059 987012<br />

Osteria Vecchia<br />

via Michelangelo 690<br />

Guiglia<br />

tel. 059 792433<br />

Novecento<br />

piazza Matteotti 28<br />

Marano sul Panaro<br />

tel. 059 705217<br />

gli gli itinerari di di gola gola<br />

Dove comprare<br />

Dolci e salati<br />

Dino<br />

via Marconi 101<br />

Casalecchio di Reno<br />

tel. 051 6130381<br />

Dolcelucia<br />

via Marconi 80<br />

Casalecchio di Reno<br />

tel. 051 591002<br />

Conserve, formaggi,<br />

salumi, vino<br />

La Dispensa di Amerigo<br />

via Marconi 14<br />

Savigno<br />

tel. 051 6708528<br />

Salumi<br />

Mazzini<br />

via Libertà 4<br />

Savigno<br />

tel. 051 6708065<br />

Salumi<br />

e formaggi<br />

Le Conchiglie<br />

via Lagune 76/1<br />

Sasso Marconi<br />

tel. 051 6750755<br />

Barbera<br />

Dove dormire<br />

Abbazia<br />

via San Rocco 7<br />

Monteveglio<br />

tel. 051 6701024 – 340<br />

7236508<br />

www.monteveglioatavola.it/<br />

bb_abbazia.htm<br />

Tenuta Bonzara<br />

via San Chierlo 37a<br />

Monte San Pietro<br />

tel. 051 6768324<br />

www.bonzara.it<br />

Montevecchio Isolani<br />

via Dondarini 1<br />

Monte San Pietro<br />

tel. 051 6766882<br />

www.montevecchioisolani.it<br />

Da Amerigo<br />

via Marconi 16<br />

Savigno<br />

tel. 051 6708326<br />

www.amerigo1934.it<br />

Casale della Mora<br />

via Tavoni 20<br />

Vignola<br />

tel. 059 7702930<br />

www.castelliciliegi.it/<br />

ricettivita/ostelli/<br />

ostello_di_vignola.htm<br />

Borgo delle Vigne<br />

Via Raibolini Il Francia 55<br />

Zola Pedrosa<br />

Tel. 051 753489<br />

www.gaggiolivini.it<br />

BOLOGNA<br />

59


Paese che vai,<br />

festa che trovi<br />

Festa non è solo il piacere di<br />

ritrovarsi insieme, ma anche<br />

l’occasione di celebrare i<br />

valori e i simboli della propria<br />

identità culturale e delle<br />

proprie tradizioni.<br />

In questo ricettario l’autrice<br />

presenta oltre 300 ricette<br />

etniche preparate in occasione<br />

delle feste delle diverse<br />

culture e religioni (buddhiste,<br />

cinesi, indiane, cristiane,<br />

ebraiche, indù, musulmane),<br />

così come per le feste dei vari<br />

popoli e comunità del mondo<br />

(parsi, nativi americani, curdi,<br />

rastafariani…). Varietà è il<br />

filo conduttore di questo<br />

volume: varietà di culture e di<br />

lingue, così come di profumi,<br />

60<br />

Cibo tra le righe<br />

Silvia Vigiani<br />

sapori e significati simbolici<br />

del cibo. Ad arricchire il libro,<br />

un inserto a colori con gli<br />

auguri di buon anno nelle<br />

principali lingue, un<br />

calendario delle feste<br />

religiose e civili del mondo e<br />

una sezione speciale dedicata<br />

al Capodanno: pur cadendo in<br />

date diverse, questo<br />

appuntamento viene celebrato<br />

da quasi tutte le culture.<br />

La cucina delle feste<br />

Joan Rundo<br />

Sonda – 16 €<br />

Dolci costruzioni<br />

Quale bambino (anche un po’<br />

cresciuto) non ha sognato di<br />

trovarsi al posto del piccolo<br />

Charlie, fortunato vincitore<br />

della dolcissima “lotteria”<br />

della fabbrica di cioccolato di<br />

Willy Wonka? Dopo l’incredibile<br />

successo del film La fabbrica<br />

di cioccolato, tratto<br />

dall’omonimo capolavoro di<br />

Roald Dahl e pubblicato in<br />

Italia da Salani, esce ora in<br />

libreria Costruisci la tua<br />

fabbrica di cioccolato di Willy<br />

Wonka (Magazzini Salani), un<br />

albo con pezzi staccabili che<br />

permettono di relizzare il<br />

modello 3D in carta della<br />

strepitosa fabbrica. Staccando<br />

i pezzi pretagliati e seguendo<br />

le istruzioni passo a passo,<br />

ogni bambino sarà in grado di<br />

costruire la fabbrica più<br />

stravaganleccorniosa del<br />

mondo in un baleno. Una volta<br />

completato il lavoro non<br />

resterà che animare la propria<br />

costruzione con le figurine dei<br />

personaggi beniamini di<br />

ragazzi e adulti: gli Umpa-<br />

Lumpa, l’ingordo Augustus<br />

Gloop, il piccolo Charlie e<br />

naturalmente lo straordinario<br />

Willy Wonka.<br />

Costruisci la tua fabbrica<br />

di cioccolato<br />

Magazzini Salani – 9,80 €<br />

Le schede<br />

del gusto<br />

Ricettari innovativi, con<br />

fotografie d’autore, che


strizzano l’occhio anche alla<br />

praticità: Magazzini Salani<br />

festeggia l’esordio in cucina<br />

con due cofanetti che<br />

contengono cinquanta schede<br />

– plastificate, lavabili e<br />

antimacchia – per<br />

altrettante<br />

ricette tutte<br />

facili e<br />

d’effetto. Il<br />

cofanetto<br />

dedicato al<br />

cioccolato fornisce cinquanta<br />

lussuose e peccaminose<br />

ricette – dalle tortine fuse,<br />

alla mousse al cioccolato<br />

‘velluto nero’, al diabolico<br />

aperitivo al cioccolato o a un<br />

irresistibile gelato al<br />

cioccolato<br />

amaro – e una<br />

storia del gusto<br />

più amato del<br />

mondo insieme ad<br />

alcune indicazioni<br />

fondamentali per lavorare con<br />

i diversi tipi di cioccolato.<br />

Per gli amanti dei primi piatti,<br />

il set della pasta è un viaggio<br />

fra i sapori nostrani che<br />

raccoglie le più celebrate<br />

ricette di pasta di ogni<br />

regione italiana.<br />

Il set del cioccolato<br />

Il set della pasta<br />

Magazzini Salani<br />

12,50 € l’uno<br />

Da mangiare<br />

con gli occhi<br />

Ha l’aspetto di una gigantesca<br />

tavola di fondente che suscita<br />

goduriosi, inconfessabili<br />

pensieri Il libro d’oro del<br />

cioccolato: dorata è la<br />

fascetta, dorati sono i tagli di<br />

questo elegante volume che<br />

comprende 700 pagine di<br />

ricette, tutte corredate da<br />

foto d’autore, tutte con<br />

protagonista lui, il cioccolato.<br />

Dolce, amaro, piccante,<br />

liquido, morbido o compatto:<br />

le oltre 300 ricette qui<br />

raccolte, tradizionali e non, lo<br />

propongono in una infinità di<br />

varianti, dai biscotti alle<br />

torte, dai dolcetti alle creme,<br />

dai tartufi alle cialde alle<br />

bevande.<br />

Il libro d’oro<br />

del cioccolato<br />

Mondadori – 22 €<br />

Natale<br />

all’italiana<br />

Torna la fortunata collana de<br />

“I quaderni del mangiar<br />

sano”, edita da Vallecchi, con<br />

la carrellata di ricette<br />

regionali Natale con i tuoi. 50<br />

ricette per la festa più bella<br />

dell’anno. Pietanze<br />

strettamente legate al<br />

territorio, dalla valdostana<br />

“zuppa valpellinense” al<br />

“capitone fritto alla<br />

napoletana”, per concludere<br />

con uno “zelten” trentino, a<br />

base di frutta secca: il Natale<br />

si riconferma così come<br />

l’occasione più ghiotta per<br />

(ri)scoprire la variegata e<br />

sontuosa gastronomia della<br />

nostra penisola.<br />

Gian Marco Mazzanti<br />

Natale con i tuoi. 50 ricette<br />

per la festa più bella<br />

dell’anno<br />

Vallecchi – 5,50 €<br />

61


Cala la notte<br />

e fra i bagliori<br />

delle fornaci<br />

di cotto<br />

imprunetino<br />

si mangia<br />

e si declama<br />

Dante<br />

Diabolico peposo<br />

Luigi Pittalis<br />

Bisogna essere preparati.<br />

Quando la chiamata arriva, non<br />

è concesso avere esitazioni né<br />

sono ammesse domande del<br />

tipo “chi viene?” o “cosa si<br />

mangia?”.<br />

Quando arriva l’invito a cena di<br />

uno dei più anziani produttori<br />

di cotto imprunetino, per quel<br />

rito dell’accensione del forno<br />

che si pratica solo rare volte in<br />

un anno e che ancora oggi,<br />

seguendo la tecnica che<br />

prevede l’utilizzo di fascine di<br />

legna bene asciutte (le sole<br />

che permettano al forno di<br />

raggiungere le temperature<br />

necessarie alla cottura) porta il<br />

fochista a stare sveglio tutta la<br />

notte per seguire le fiamme,<br />

non esitate: accettate.<br />

A noi è capitato grazie alla<br />

favorevole intercessione di un<br />

amico della zona che,<br />

eccezionalmente solo per<br />

questa sera, rende possibile la<br />

formazione di una comitiva di<br />

ben quattro persone.<br />

Armati di quattro bottiglie di<br />

quelle buone (gradite ma non<br />

richieste), alle otto in punto ci<br />

presentiamo al luogo<br />

convenuto e siamo accolti,<br />

oltre che da un magnifica<br />

griglia già preparata al suo<br />

degno destino, dalla bocca del<br />

forno spalancata a mostrare le<br />

viscere incandescenti che<br />

alimentano la parte<br />

sovrastante il piano terra, dove<br />

la camera di cottura accoglie<br />

già i manufatti che tra qualche<br />

63


mese, probabilmente,<br />

arrederanno ville e giardini non<br />

solo toscani.<br />

Pare che i vicini non siano<br />

molto contenti del ripetersi di<br />

questo rituale di accensione: il<br />

fumo che si alza dal camino è<br />

davvero intenso e qualcuno ha<br />

sparso la voce che per aiutare<br />

la combustione il nostro ospite<br />

utilizzi anche qualcosa di meno<br />

naturale della legna.<br />

Per quel che vediamo noi non<br />

c’è altro. Anche se la vista è<br />

davvero ipnotica, il richiamo<br />

della tavola ci assorbe presto<br />

ed è così che affrontiamo una<br />

prova davvero importante. Oltre<br />

alle bistecche di cui sopra, ci<br />

aspettano infatti epiche<br />

porzioni di peposo che, mai<br />

come in questa occasione,<br />

possiamo chiamare<br />

all’imprunetina. Per seguire<br />

l’origine di questa<br />

denominazione, ci mettiamo<br />

sulle tracce del nostro discreto<br />

ospite che ha silenziosamente<br />

abbandonato la cinquantina di<br />

persone riunite per l’occasione.<br />

Salite le scale che portano alla<br />

cupola di cottura, assistiamo<br />

incantati allo spettacolo della<br />

delicata operazione di chiusura<br />

delle feritoie che permetterà di<br />

far scendere progressivamente<br />

la temperatura del vano in cui<br />

sono racchiusi orci, vasi e fregi.<br />

Una discesa termica che deve<br />

essere sorvegliata<br />

continuamente da persone ben<br />

64<br />

attente che anche per questo,<br />

si dice, approfittassero del<br />

tempo da passare per mettere<br />

a cuocere in una pentola di<br />

coccio pezzi di carne non del<br />

miglior taglio (ma per l’appunto<br />

in questa ricetta i calli del<br />

muscolo sono funzionali al<br />

massimo) che assieme a vino<br />

rosso, abbondantissimo pepe<br />

nero (macinato ma anche no!)<br />

aglio e un po’ di sale, cuoce<br />

assieme ai cotti per lunghissime<br />

ore di attesa.<br />

Ma torniamo al nostro<br />

Mangiafuoco. Con le mani<br />

protette solo da uno straccio<br />

bagnato, lo vediamo quasi<br />

abbracciare il muro dell’inferno<br />

in un’operazione cui noi<br />

riusciamo ad assistere ad una<br />

distanza di non meno di quattro<br />

metri. Dopo aver “tappato” con<br />

dei mattoni le feritoie lasciate<br />

aperte, il Maestro schiaffeggia<br />

con creta fresca le fessure<br />

ancora aperte, ad impedire<br />

anche la più piccola<br />

alimentazione del mostro che<br />

sta di là dal muro. Siamo senza<br />

Il pentolone del peposo<br />

parole. Non come chi, al piano<br />

di sotto, continua a declamare<br />

felice interi canti della Divina<br />

Commedia, incrociandosi in<br />

questa occasione con la nostra<br />

amica Daniela che gli svela doti<br />

a noi ben note di memoria e<br />

passione per l’opera dantesca.<br />

Ma la notte è fonda e siamo<br />

rimasti anche questa volta tra<br />

gli ultimi ad incrociare i<br />

bicchieri. Riprendiamo la via di<br />

casa certi di avere vissuto una<br />

serata di privilegio. Solo il<br />

giorno dopo scopriamo che per<br />

qualcuno il diavolo ci ha messo<br />

la coda… ma questa è un’altra<br />

storia!<br />

Buon Natale a tutti.


Gustati per voi<br />

A Panzano<br />

in Chianti<br />

in un antico<br />

casolare<br />

tutti i “classici”<br />

della cucina<br />

toscana<br />

Oltre il giardino<br />

Piazza Bucciarelli 42,<br />

Panzano in Chianti (Fi)<br />

Tel. 055 852828<br />

Chiuso: lunedì<br />

Coperti: 80<br />

Prezzi: 25-30 euro (vini esclusi)<br />

www.ristoranteoltreilgiardino.it<br />

Un giardino<br />

di sapori<br />

Marco Ghelfi<br />

Una piccola oasi gastronomica<br />

dove abbandonarsi ad una<br />

cucina di marcata impronta<br />

toscana. Siamo a Panzano, in<br />

quell’angolo di Chianti meglio<br />

noto con il nome di “Conca<br />

d’Oro” per via di una tradizione<br />

vinicola secolare, capace nel<br />

tempo di fornire alcune delle<br />

etichette più rappresentative<br />

dell’enologia regionale. “Oltre il<br />

Giardino” è il nome di questo<br />

caratteristico locale, poco<br />

distante dalla piazza centrale<br />

del paese, guidato dal 2000 da<br />

Paolo Baldini e Marta<br />

Sammicheli. Ricavato negli<br />

ambienti di un antico casolare<br />

contadino, gli arredi semplici ed<br />

i colori caldi creano fin dal<br />

primo impatto un’atmosfera<br />

decisamente tranquilla e<br />

familiare. Davvero graziose le<br />

salette al piano superiore, così<br />

come l’ambita terrazza estiva,<br />

con vista panoramica sulle<br />

distese vitate circostanti. I<br />

piatti pescano nel paniere delle<br />

specialità territoriali, locali e<br />

non solo. Se il Tonno del Chianti<br />

di Dario Cecchini, ormai a pieno<br />

titolo fra i cittadini panzanesi<br />

più conosciuti, rimane uno degli<br />

antipasti da provare, la scelta<br />

può in alternativa ricadere sulla<br />

polenta fritta, servita con<br />

funghi e ragù, o ancora sul più<br />

classico vassoio toscano, con<br />

formaggi, crostini ed affettati<br />

misti. La pasta fatta in casa<br />

(fra cui si segnalano i tortelli<br />

alla mugellana, con ripieno di<br />

patate, le pappardelle, i<br />

maltagliati sull’anatra e le<br />

tagliatelle al sugo di piccione)<br />

fa da apripista alle tante<br />

proposte che vedono<br />

protagonista la carne.<br />

Rosticciana anzitutto, e poi<br />

galletto alla griglia, costolette<br />

di agnello allo scottadito, pollo<br />

fritto, peposo al Chianti e<br />

bistecca alla fiorentina, da<br />

annaffiare con una delle<br />

bottiglie proposte<br />

dall’interessante carta dei vini,<br />

sia bianchi che rossi. Dolce il<br />

finale, ancora all’insegna delle<br />

preparazioni casalinghe, con<br />

panna cotta, tiramisù,<br />

croccantino semifreddo o gli<br />

immancabili cantucci con Vin<br />

Santo.<br />

65


Colazione<br />

Casetta Vaccai<br />

Via Mazzolari 22, Pesaro, tel. 0721 69201<br />

Chiuso la domenica<br />

Pranzo<br />

The Modern<br />

9 West 53rd Street (tra 5a e 6a Avenue)<br />

New York, NY 10019; Tel. 001 212 333 1220<br />

www.themodernnyc.com<br />

La cucina francese e alsaziana dello chef Gabriel Kreutzer<br />

è solo uno dei motivi per frequentare questo ristorante o<br />

il banco del suo bar che, nella migliore tradizione<br />

newyorkese, offre una selezione dei piatti serviti in sala<br />

a prezzi ridotti e senza bisogno di prenotare: il nuovo<br />

MOMA a portata di mano; la sala affacciata su un giardino<br />

di sculture; la clientela, glamourous quanto basta per<br />

sentirsi cosmopoliti almeno un’ora; i prezzi corretti. Eccessivo<br />

il ricarico sui vini al bicchiere.<br />

Sant’Agostino 23<br />

Via Sant’Agostino 23, Firenze, tel. 055 210208<br />

Sempre aperto<br />

A due passi da piazza Santo Spirito in un ambiente<br />

piacevolmente curato, la cucina offre piatti fiorentini<br />

e di tradizione italiana accanto a qualche<br />

proposta inconsueta. Perfetto per un pranzo<br />

veloce il “menu del pellegrino” a 10 euro,<br />

più strutturata la carta serale.<br />

66<br />

Locali per un giorno<br />

Ambienti affascinanti per un locale al top per la qualità<br />

del caffè e del cappuccino, e anche per la grande<br />

varietà di infusi, tisane e the; ottimi prodotti di pasticceria,<br />

spuntini sfiziosissimi, possibilità di scegliere e<br />

acquistare specialità tipiche, oltre che vini, spumanti e<br />

champagne. Unico nel suo genere.<br />

Ruggeri<br />

Viale Matteotti 2r, Firenze, tel. 055 5532942<br />

Chiuso la domenica<br />

Torna a nuova vita un locale storico passato nel corso<br />

degli ultimi anni attraverso diverse gestioni. Arredamento<br />

sobrio, ma non triste, ottima la caffetteria che<br />

può accompagnare brioche, treccine, budini di riso o salati<br />

di varia forma e consistenza; i tavoli (dentro o fuori)<br />

accolgono senza pagare balzelli.<br />

Spuntino<br />

L’alchimista<br />

Piazza del Comune, Montefalco (Pg), tel. 0742 378558<br />

Chiuso il martedì<br />

Due donne, madre e figlia, alla guida di un’enoteca in cui<br />

salumi, formaggi, zuppe e insalate di legumi, dolci casalinghi<br />

fanno la felicità di avventori di tutte le età; gentilezza<br />

e competenza delle signore sono di essenziale<br />

corredo alla qualità e alla varietà dei prodotti.<br />

‘Ino<br />

via de’ Georgofili 3r, Firenze, tel. 055 219208<br />

Chiuso lunedì (a dicembre sempre aperto)<br />

Un locale nuovo, nel cuore di Firenze, aperto da pochi<br />

giorni da Alessandro Frassica, un “vecchio” amante del<br />

cibo e del vino di qualità. Scelta praticamente illimitata<br />

di panini, da imbottire con gli straordinari prodotti presenti<br />

nel bancone; tante amenità e piacevolezze per un<br />

pasto veloce che sia anche un piccolo viaggio nel buongusto.


Aperitivo<br />

Caffè Gioberti<br />

Via Gioberti 76r, Firenze, tel. 055 666803<br />

Chiuso la domenica<br />

Tranquillità non soporifera per questo locale animato fin<br />

dall’ora della colazione per un buon caffè o un ottimo<br />

cappuccino accompagnati da freschi lieviti e piccoli appetitosi<br />

panini; l’offerta prosegue nel corso della giornata<br />

per un pranzo non impegnativo, all’ora dell’aperitivo<br />

con una scelta diversificata di cocktail, a cena con<br />

serate a tema. Tavoli a disposizione senza sovrapprezzo<br />

e un dehors per accaniti fumatori e temerari del freddo.<br />

Caffè dell’Orologio<br />

Piazzetta delle Ova 4, Modena, tel. 338 9256608<br />

Chiuso il martedì<br />

Appuntamenti culturali, gastronomici e mondani trovano<br />

degna cornice in questo locale che è un’istituzione,<br />

dove il caffè e soprattutto i cocktail sono i motivi di<br />

attrazione quotidiani. Prima di cena, grande scelta di<br />

vini al bicchiere, offerta eccellente di stuzzichini.<br />

Cena<br />

Rules<br />

35 Maiden Lane – Covent Garden<br />

London WC2E 7LB; Tel. 0044 207 836 5314; www.rules.co.uk<br />

Il ristorante più antico di Londra, con salette private<br />

intitolate a frequentatori abituali d’altri tempi (Charles<br />

Dickens e Graham Greene fra gli altri), Rules è famoso<br />

per la selvaggina della tenuta privata del locale sui<br />

monti Pennini (vegetariani astenersi), per l’ambiente<br />

lussuoso, per l’aplomb dei camerieri, per i piatti very<br />

British. Il posto giusto per sfatare il mito che la ristorazione<br />

tradizionale inglese sia pessima. Un po’ turistico<br />

forse, ma di gran classe.<br />

Baldo Vino<br />

Piazza San Lorenzo 5, Pistoia, tel. 0573 21591<br />

Chiuso la domenica<br />

In una piazza austeramente bella, il posto giusto<br />

per scovare buoni vini tra le oltre 1000 etichette<br />

(alcune anche al bicchiere e altre a volte proposte a<br />

prezzo scontato). Ambiente accogliente, particolari<br />

che rivelano attenzione (le posate), cucina tra tipicità<br />

toscane e qualche piacevole divagazione (stracciatella<br />

di porri con tegole di parmigiano, triglie fritte, cappelle<br />

di patate con robiola al cavolo nero, tortelli con ripieno<br />

di polenta su fonduta).<br />

Notte Notte<br />

Accademia<br />

Via Accademia 9, Mantova, tel. 0376 360640<br />

Chiuso domenica<br />

Ecco un caffè per chi ama le ore piccole e i piaceri sinceri<br />

del palato; e quindi vini, cocktail, dolci, schiacciate e<br />

schiacciatine e, fin dal mattino presto, pasticcini e brioche<br />

che accompagnano le bevande calde. Insomma c’è<br />

solo l’imbarazzo della scelta, che quasi sempre è felice.<br />

Un locale rinfrancante.<br />

Plasma<br />

Piazza Ferrucci 1r, Firenze, tel. 055 0516926<br />

Uno spazio modernissimo e ipertecnologico che ospita<br />

eventi, serate musicali, installazioni audiovideo. Cocktail<br />

e stuzzichini spesso insoliti aiutano benissimo a<br />

trascorrere la notte tra un piano e l’altro; senz’altro una<br />

sorpresa nel nightclubbing del capoluogo toscano.<br />

67


Fra bollicine<br />

e festa<br />

di fine anno<br />

si conclude<br />

il 2006 per la<br />

chiocciola<br />

“gigliata”<br />

Cristiano Maestrini<br />

Fiduciario Slow Food Firenze<br />

Dicembre tempo di bilanci?<br />

Anche, ma per la nostra<br />

condotta gli impegni non<br />

finiscono mai.<br />

Il 2006 si concluderà con due<br />

importantissimi eventi che<br />

desideriamo segnalare ai<br />

lettori.<br />

Martedì 19 dicembre alle ore<br />

21 presso l’Istituto Francese<br />

di Firenze (P.zza Ognissanti) ci<br />

sarà una grande serata<br />

dedicata allo champagne, in<br />

accompagnamento con<br />

formaggi francesi.<br />

Per ricevere informazioni sull’attività di Slow<br />

Food Firenze: segreteria@slowfoodfirenze.it,<br />

www.slowfoodfirenze.it.<br />

Un anno vissuto<br />

con gusto<br />

A guidare la serata sarà il<br />

Dott. Domenico Avolio del<br />

Centro Informazioni<br />

Champagne di Milano il quale,<br />

supportato da immagini e<br />

filmati, illustrerà storia e<br />

metodo di produzione del vino<br />

più famoso del mondo. Le<br />

bottiglie degustate saranno<br />

rappresentative delle realtà<br />

produttive, dalle grandi<br />

maison, alle cooperative, ai<br />

negotiant, ai piccoli vigneron.<br />

A fare da scenario alla serata<br />

sarà la splendida e antica<br />

biblioteca dell’Iff, sede dove<br />

opera il Console Bernard<br />

Micaud.<br />

Altra magica serata sarà<br />

quella dell’ultimo dell’anno.<br />

Nelle belle sale del Ristorante<br />

Il Perseo l’arrivo del 2007 sarà<br />

festeggiato in maniera<br />

assolutamente slow e con un<br />

menù all’altezza della<br />

situazione.<br />

Insomma, per la condotta<br />

fiorentina si chiude un anno<br />

davvero gustoso, giocato tutto<br />

fra eventi conviviali di alta<br />

qualità, lo sviluppo dell’orto<br />

scolastico presso la scuola<br />

elementare di Grassina, i corsi<br />

Master of Food, il gemellaggio<br />

con Slow Food Berlino, la<br />

realizzazione di due comunità<br />

del cibo – quella dei trippai e<br />

quella delle antiche<br />

schiacciate da forno – un<br />

nuovo corso di collaborazione<br />

69


con il Comune di Firenze, il<br />

fondamentale progetto del<br />

Campionato di Vino presso il<br />

Teatro Romano di Fiesole.<br />

In tutto questo percorso si<br />

sono avute tappe<br />

importantissime dal punto di<br />

vista associativo: l’assemblea<br />

cittadina, la conferma<br />

dell’attuale fiduciario e del<br />

comitato di condotta,<br />

l’elezione del nuovo<br />

Presidente Regionale Giovanna<br />

Licheri, il Congresso nazionale<br />

di San Remo con la nomina di<br />

Roberto Burdese a Presidente<br />

70<br />

▲<br />

Il Campionato<br />

di… vino a Fiesole<br />

(foto © Cristiana Niccoli)<br />

▲<br />

Terra Madre 2006<br />

(Archivio Slow Food)<br />

di Slow Food Italia, quindi<br />

Terra Madre e il Salone del<br />

Gusto, eventi che sono stati<br />

recepiti con grande attenzione<br />

dei mass-media e grandissima<br />

partecipazione da parte dei<br />

visitatori.<br />

L’importanza di Terra Madre ha<br />

avuto eco anche in Toscana<br />

con la manifestazione il Giusto<br />

Gusto. Molte comunità del cibo<br />

straniere sono state ospitate<br />

nella nostra regione grazie al<br />

coordinamento di Slow Food<br />

Toscana e a un’intesa con<br />

Ucodep. Firenze ha accolto<br />

una delegazione della<br />

Repubblica Dominicana<br />

organizzando una serie di<br />

incontri di alto profilo fra i<br />

quali spicca quello con<br />

l’Assessore alla Partecipazione<br />

Democratica Cristina<br />

Bevilacqua.<br />

Un 2006 ricco di belle<br />

soddisfazioni, dunque.<br />

Aspettando le sfide che porrà<br />

il nuovo anno, ormai alle<br />

porte. Per Slow Food grande<br />

rilevanza avrà il Congresso<br />

Internazionale di Puebla<br />

(Messico), previsto per<br />

novembre 2007. A livello<br />

cittadino la Condotta di Slow<br />

Food Firenze cercherà di<br />

confermare quanto di buono in<br />

tutti questi anni è riuscita a<br />

fare, mettendo in moto nuove<br />

idee e nuove energie per dare<br />

il nostro contributo a un<br />

mondo buono, pulito e giusto.


Cioccolato in fiera!<br />

Il cioccolato è tutto uguale?<br />

Giammai! Lo dice a voce alta la<br />

terza Fiera del Cioccolato<br />

Artigianale che al teatro<br />

Saschall di Firenze, dal 19 al<br />

28 gennaio 2007, riunisce più<br />

di 30 mastri cioccolatieri<br />

provenienti da Italia, Austria,<br />

Belgio, Francia, Stati Uniti e<br />

Colombia. La manifestazione si<br />

propone, attraverso mostre,<br />

degustazioni ed eventi<br />

interdisciplinari, di far<br />

conoscere a grandi e piccini,<br />

addetti ai lavori ed<br />

appassionati il vero gusto e le<br />

vere proprietà organolettiche<br />

del puro cioccolato artigianale,<br />

che potrà anche essere<br />

acquistato in loco.<br />

Per tutti gli appassionati di<br />

obiettivo e diaframma, anche<br />

Appuntamenti<br />

con il gusto<br />

Silvia Vigiani<br />

quest’anno la Fiera del<br />

Cioccolato Artigianale in<br />

collaborazione con SM Photo<br />

Art organizza, per tutta la<br />

durata della manifestazione,<br />

degli happening fotografici dal<br />

dolce sapore di cacao:<br />

proiezioni di immagini,<br />

cortometraggi e documentari<br />

dedicati al cacao, workshop<br />

fotografici per chi desidera<br />

sperimentare le proprie<br />

capacità artistiche e, infine, il<br />

concorso fotografico<br />

“Fotogenia al cioccolato”,<br />

dedicato a fotografi dilettanti.<br />

Per informazioni:<br />

www.fieradelcioccolato.it.<br />

Archetipi del gusto<br />

Promozione e valorizzazione<br />

del prodotto tipico come<br />

elemento territoriale a forte<br />

...<br />

impronta culturale: questo<br />

l’obiettivo della prima edizione<br />

di “Terre e sapori”, salone<br />

internazionale dedicato alla<br />

produzione enogastronomica<br />

italiana ed estera di qualità, in<br />

programma dall’8 all’11<br />

febbraio 2007 a Catanzaro.<br />

Numerose aziende provenienti<br />

dalle regioni italiane ed estere<br />

presenteranno i loro prodotti<br />

accuratamente selezionati sulla<br />

base dell’origine, della qualità<br />

e della trasparenza del<br />

processo di filiera. I visitatori<br />

potranno conoscere, degustare<br />

ed acquistare direttamente<br />

numerosi prodotti ad alta<br />

tipicità italiani ed esteri.<br />

All’interno della kermesse,<br />

“Archetipicità” è la mostra<br />

mercato esclusivamente rivolta<br />

ai prodotti agroalimentari,<br />

nazionali ed esteri, dei quali è<br />

esaltata e valorizzata<br />

l’originalità. Si tratta di<br />

prodotti letteralmente<br />

“archetipici”, cioè prodotti che<br />

ne hanno generato altri di<br />

successo o che possono<br />

vantare una antichità di<br />

tecniche e d’uso ineguagliabile.<br />

71


L’obiettivo di “Terre e Sapori”<br />

consiste proprio nella<br />

promozione dell’Archetipicità e<br />

nella diffusione della<br />

conoscenza e valorizzazione di<br />

queste produzioni,<br />

praticamente introvabili, e del<br />

territorio che le rende uniche.<br />

Per informazioni:<br />

www.terresapori.it.<br />

Il maiale in tavola<br />

in Friuli<br />

Prosegue fino al 28 febbraio<br />

2007 la rassegna gastronomica<br />

“Le tavole del maiale”, che<br />

vede quattordici tra i più<br />

rinomati ristoranti della<br />

provincia di Udine proporre<br />

piatti e menu a tema, con<br />

abbinamenti tra portate e vini<br />

autoctoni friulani, racconti e<br />

conversazioni con ospiti a<br />

sorpresa. La rassegna, giunta<br />

quest’anno alla quarta<br />

edizione, si propone di<br />

valorizzare e promuovere la<br />

ricca tradizione agroalimentare<br />

del Friuli Venezia Giulia, anche<br />

al di fuori dei confini regionali.<br />

Protagonista delle serate, il<br />

maiale che oggi, da alimento<br />

tradizionale delle mense<br />

friulane (dalle più modeste alle<br />

più aristocratiche) nelle sue<br />

infinite variazioni è diventato<br />

una prelibatezza da gourmet,<br />

che caratterizza la ristorazione<br />

di queste terre, soprattutto nei<br />

freddi mesi autunnali ed<br />

invernali. In tavola non<br />

mancheranno dunque i<br />

prelibati prodotti della<br />

norcineria regionale, dal dolce<br />

prosciutto<br />

di San Daniele ai saporiti<br />

salami della Carnia.<br />

Per informazioni:<br />

www.ascom.ud.it.<br />

Arezzo promuove<br />

il miele del territorio<br />

Nei giorni di sabato 16 e<br />

domenica 17 dicembre 2006 (in<br />

orario 10.00-19.00), la<br />

dolcezza sarà protagonista per<br />

le vie di Arezzo, con la<br />

ventesima edizione della Fiera<br />

del Miele, in P.zza<br />

Risorgimento, presso i locali<br />

ormai storici della Borsa Merci.<br />

Nel corso della manifestazione<br />

– organizzata dall’Associazione<br />

Apicoltori delle province<br />

toscane, con il patrocinio della<br />

CCIAA, Provincia e Comune di<br />

Arezzo e in collaborazione con<br />

la Confagricoltura locale –<br />

verranno svolte sessioni<br />

gratuite di assaggio dei mieli,<br />

con l’intento di promuovere e<br />

73


far conoscere ai visitatori le<br />

differenti varietà esistenti.<br />

Saranno svelati i segreti della<br />

“smielatura”, processo<br />

utilizzato per l’estrazione del<br />

miele, e i visitatori (ricordiamo<br />

che l’ingresso è interamente<br />

gratuito) potranno anche<br />

acquistare direttamente dalle<br />

aziende partecipanti i prodotti<br />

dell’alveare.<br />

Per informazioni: tel. 0575<br />

905355.<br />

Centolio: nelle<br />

bottiglie piccole…<br />

Ecco “Centolio”, la confezione<br />

monouso da 100 ml di olio<br />

Dop Chianti Classico, ed ecco<br />

10 fra i migliori ristoranti di<br />

Firenze, Siena e Chianti con<br />

un’iniziativa che, dall’11 al 17<br />

dicembre, si prefigge lo scopo<br />

di far conoscere l’ottimo olio<br />

chiantigiano, offrendolo con<br />

piatti che ne esaltino le<br />

caratteristiche, in un formato<br />

che ne preservi integro il<br />

gusto e la qualità. L’iniziativa<br />

nasce dal desiderio di<br />

valorizzare un prodotto – l’olio<br />

extravergine appunto – che<br />

troppo spesso non riceve la<br />

considerazione che merita<br />

sulle tavole di pur prestigiosi<br />

locali. Dagli gnocchi di pane e<br />

olio al passato di ceci con<br />

ravioli, fino al biscotto all’olio<br />

74<br />

Dop con gelato al mandarino e<br />

zucca gialla,<br />

i piatti della più genuina<br />

tradizione toscana saranno<br />

impreziositi dal gusto delle<br />

deliziose boccettine di<br />

Centolio. Questi i ristoranti<br />

che aderiscono all’iniziativa:<br />

Alle Murate, Osteria del Caffè<br />

Italiano, Ristorante Oliviero,<br />

Pane e Vino, Ora d’aria<br />

(Firenze); Enoteca Gallopapa,<br />

Osteria di Passignano, La<br />

Galleria (Chianti); Osteria Le<br />

Logge, Ai tre Cristi (Siena).<br />

A Roma arriva<br />

il bere giovane<br />

Con Agivi, Associazione<br />

Giovani Imprenditori Vinicoli<br />

Italiani, il 10 febbraio Roma<br />

diventa la capitale del“bere<br />

bene”. Presso il Grand Hotel<br />

Parco dei Principi, dalle 16.30<br />

alle 21.30 si terrà il Wine Bar<br />

del Bere Giovane, iniziativa<br />

dedicata ai giovani e non solo<br />

che amano il mondo del vino.<br />

L’evento è ideato e curato dai<br />

soci Agivi, 130 giovani fra i 18<br />

ed i 40 anni alla guida di<br />

alcune fra le più importanti<br />

aziende vinicole italiane.<br />

Durante il Wine Bar del Bere<br />

Giovane, aperto al pubblico<br />

con l’acquisto di un calice<br />

personalizzato con il logo<br />

dell’evento, ogni produttore<br />

presenterà due vini.<br />

“L’etichetta simbolo”, ovvero<br />

quella più famosa e<br />

blasonata, adatta alle grandi<br />

occasioni, e quella con il<br />

miglior rapporto qualitàprezzo,<br />

ideale anche per un<br />

consumo quotidiano.<br />

Per informazioni:<br />

info@gheusis.com.<br />

Un arrivederci di gusto da Volterra<br />

Volterra si conferma meta ambita per tutti gli<br />

amanti della buona tavola. La seconda edizione<br />

di “Volterragusto” è stata un successo con<br />

un’affluenza di pubblico costante durante tutti<br />

i sette week-end della rassegna, che ha messo<br />

in vetrina le ricchezze gastronomiche e culturali<br />

del territorio: dal vino all’olio, passando<br />

per cioccolato, formaggio, alabastro, artigianato locale e tanto altro.<br />

Fra gli eventi più importanti la IX Mostra del tartufo bianco locale<br />

dedicata al figlio più pregiato di queste terre, ormai pieno titolo fra<br />

gli appuntamenti tematici di rilievo nazionale. A Volterragusto, però,<br />

le emozioni non sono state soltanto enogastronomiche. Esilarante la<br />

consegna del Premio Letterario Jarro all’attore Antonio Albanese,<br />

scelto come il riconoscimento vuole per la capacità, attraverso il suo<br />

lavoro, di diffondere la cultura della buona tavola. Un arrivederci<br />

insomma al prossimo anno, per un autunno davvero pieno di sapori!


Ananda di Toscana<br />

2003<br />

Ananda di Toscana 2003 è un<br />

vino fatto da Judy Beardsall,<br />

importante Wine Broker<br />

americana che ha deciso di<br />

produrre un vino con uvaggio<br />

di Sangiovese 50% e Merlot<br />

50%, con uve provenienti dalla<br />

maremma toscana con la<br />

consulenza dell’enologo Alberto<br />

Antonini. La prima annata<br />

prodotta è il 2001, mentre sta<br />

per uscire il 2003. Il vino ha<br />

incontrato un grande successo<br />

sia in America che in Italia.<br />

Il 2003 veste bel rosso rubino<br />

intenso con trama e bordo<br />

porpora. Ha un naso intenso,<br />

fitto ed intrigante quasi<br />

esaltante nelle note di ciliegia<br />

marasca, di polvere di cacao,<br />

Winelovers<br />

di menta, di eucalipto e con<br />

sentori speziati di pepe nero,<br />

di cannella e di chiodi di<br />

garofano. Prezzo enoteca circa<br />

€ 23,00.<br />

Frasca 2004: Fattoria<br />

Varramista propone<br />

un nuovo rosso di<br />

carattere<br />

Fattoria Varramista propone<br />

quest’anno un rosso di<br />

carattere. Il Frasca 2004, un<br />

vino che regala da subito<br />

emozioni intense e che si<br />

presta anche a un ulteriore<br />

invecchiamento in bottiglia,<br />

per rivelare tutta la sua<br />

complessa personalità.<br />

La storia di questo vino si lega<br />

a quella della famiglia<br />

proprietaria della tenuta,<br />

Visconti di Modrone, e nasce<br />

come “vino di famiglia”<br />

destinato ad essere un vino<br />

d’eccellenza offerto soltanto a<br />

pochi intimi. Successivamente,<br />

gli ottimi risultati e riscontri<br />

che questo vino ha ottenuto,<br />

hanno spinto la famiglia ad<br />

ampliare le aree di terreno<br />

adibite a vigneto e a<br />

continuare la strada della<br />

sperimentazione. Frasca 2004,<br />

seconda produzione avviata<br />

dalla fattoria, si inserisce in<br />

questo percorso che esprime i<br />

valori del casato dei Visconti di<br />

Modrone: qualità, stile e<br />

ricerca di eccellenza. Il Frasca<br />

Cinzia Collini<br />

2004 nasce da un blend di<br />

Sangiovese (60%), Merlot<br />

(20%) e Syrah (20%); dopo un<br />

affinamento di 15 mesi in<br />

barrique e il successivo<br />

imbottigliamento, il Frasca<br />

2004 si presenta corposo, di<br />

un colore rosso rubino intenso<br />

che presenta al palato un<br />

aroma fruttato, eleganti<br />

tannini e un retrogusto<br />

persistente. Si abbina molto<br />

bene a secondi di carne, in<br />

special modo gli arrosti, ma è<br />

ottimo anche associato a<br />

formaggi a pasta dura di<br />

media stagionatura e con<br />

taglieri di salumi saporiti,<br />

specie quelli tipici del territorio<br />

toscano quali la finocchiona, il<br />

prosciutto di spalla di cinta<br />

senese, i salumi di cinghiale.<br />

Per la terza volta consecutiva,<br />

l’azienda è stata selezionata<br />

dalla giuria di Merano<br />

75


International Wine Festival &<br />

Culinaria per partecipare alla<br />

manifestazione. Per<br />

l’occasione, ha presentato<br />

nella categoria “Top Selected”,<br />

due rossi di terroir: Varramista<br />

2003 e Frasca 2004 ottenendo<br />

riscontri decisamente positivi.<br />

Invecchiamento<br />

rapido<br />

In Italia è arrivato un oggetto<br />

davvero straordinario: la Clef<br />

du Vin (“la chiave del vino”). A<br />

lanciarlo e a commercializzare<br />

in esclusiva questo brevetto<br />

internazionale è la Screwpull,<br />

marchio leader nei cavatappi di<br />

lusso e in altri accessori per il<br />

vino.<br />

La Clef du Vin, nasce da un<br />

idea dell’enologo Lorenzo<br />

Zanon, successivamente<br />

affinata da un team di enologi,<br />

scienziati e sommelier. Oggi, si<br />

presenta come una sorta di<br />

‘cucchiaio’ fatto di una lega di<br />

metalli frutto di quattro<br />

brevetti internazionali, ed è in<br />

grado di ‘aprire’ in pochi<br />

secondi un vino,<br />

semplicemente immergendola<br />

un attimo nel calice.<br />

Il funzionamento di questo<br />

strumento non è per nulla<br />

complicato: la Clef du Vin<br />

modifica gradualmente, in<br />

modo controllato, le qualità<br />

organolettiche del vino: basta<br />

immergere la Clef per 1<br />

secondo in un calice<br />

contenente 10 cl (o in una<br />

bottiglia di 75 cl se si usa il<br />

modello specifico) per ‘fare<br />

evolvere’ il vino stesso di un<br />

anno; due secondi, due anni;<br />

tre secondi, tre anni… In altre<br />

parole la Clef du Vin consente<br />

di capire se il vino invecchierà<br />

correttamente o se è meglio<br />

berlo subito, o comunque entro<br />

l’anno (da ricordare: ogni<br />

secondo di contatto<br />

corrisponde ad 1 anno di<br />

invecchiamento). I vantaggi<br />

sono notevoli quindi, sia per i<br />

professionisti del settore sia<br />

per gli appassionati.<br />

Successo per I pisani<br />

più schietti<br />

Il 25 e il 26 novembre la<br />

Stazione Leopolda di Pisa ha<br />

ospitato I pisani più schietti, la<br />

manifestazione promossa dalla<br />

Provincia di Pisa in<br />

collaborazione con il Comune<br />

di Pisa, Università, Camera di<br />

Commercio, aziende<br />

vitivinicole, associazioni del<br />

commercio e della ristorazione,<br />

rivolta ad appassionati del<br />

mondo enologico, agli amanti<br />

della tradizione e della cultura<br />

per il gusto.<br />

Grande successo per questa<br />

iniziativa che fonde Pisa Vini,<br />

alla decima edizione, e Pisa<br />

Olio, alla sesta edizione. Nei<br />

due giorni di apertura al<br />

pubblico oltre 3000 i visitatori<br />

che hanno mostrato interesse<br />

per i prodotti tipici della<br />

provincia pisana, ad esempio<br />

per il latte fresco non<br />

pastorizzato, formaggi, salumi,<br />

e naturalmente per l’olio e il<br />

vino, i due protagonisti<br />

indiscussi. Notevole la<br />

partecipazione anche tra gli<br />

addetti ai lavori, che hanno<br />

preso parte numerosi alle<br />

degustazioni e ai convegni.<br />

Tra le iniziative del programma<br />

che andranno a fare da<br />

corollario alla manifestazione<br />

fino al 10 dicembre si<br />

segnalano, oltre a “Vinolio”,<br />

serate enogastronomiche<br />

presso alcuni ristoranti<br />

connessi all’iniziativa. Per<br />

informazioni: www.pisavini.it.<br />

77


vini d’autore<br />

Agricoltori<br />

del Chianti<br />

Geografico<br />

Un DNA<br />

tutto senese<br />

Gli Agricoltori del Chianti<br />

Geografico rappresentano,<br />

forse più di qualsiasi altra<br />

realtà enologica toscana, il<br />

meglio della tradizione vinicola<br />

toscana, in particolare senese.<br />

La filosofia produttiva si basa<br />

sul rispetto di una storia e di<br />

una tradizione che hanno<br />

consolidato la fama della<br />

nostra regione a livello<br />

nazionale e internazionale. I<br />

vini dell’azienda infatti sono<br />

espressione delle migliori<br />

denominazioni di origine: dal<br />

Chianti al Brunello, passando<br />

dal Nobile e dalla Vernaccia.<br />

Ma rispettare la tradizione non<br />

significa far restare tutto<br />

immutato. Cambiano i gusti,<br />

cambia la sensibilità del gusto,<br />

cambiano le tecnologie e i<br />

metodi produttivi. Il Geografico<br />

non poteva non cogliere tale<br />

dinamicità, per cui da sempre<br />

si cerca di mantenere intatto il<br />

dna dei vini e del territorio da<br />

cui provengono, ma con grande<br />

78<br />

attenzione ai segnali del<br />

mercato e alle aspettative dei<br />

consumatori.<br />

Perciò tutto il lavoro in vigna e in<br />

cantina viene seguito con molta<br />

cura. Gli oltre 200 soci conferiscono<br />

le uve presso la cantina di<br />

Gaiole, dotata di moderni<br />

recipienti in acciao inox<br />

termoregolati, botti di rovere e<br />

barriques, nonché di un’efficace<br />

linea di imbottigliamento.<br />

La struttura centrale di Gaiole<br />

non è tuttavia l’unica. A San<br />

Gimignano è stata acquistata<br />

un’ulteriore cantina per<br />

l’ottenimento del Chianti Colli<br />

Senesi e della Vernaccia di San<br />

Gimignano. E ancora di proprietà<br />

aziendale è un frantoio con<br />

sistema continuo ed estrazione a<br />

freddo, sempre in zona San<br />

Gimignano. Mentre per<br />

l’extravergine Chianti Classico<br />

Dop viene utilizzato il frantoio di<br />

Vertine, di cui gli Agricoltori sono<br />

comproprietari, con la lavorazione<br />

delle cultivar frantoio, leccino,<br />

moraiolo e pendolino. La storia<br />

di questa importante realtà<br />

vinicola inizia nel 1961: in<br />

un’area compresa fra Castellina,<br />

Gaiole e Radda in Chianti<br />

diciassette agricoltori formarono<br />

un club per migliorare produzione,<br />

immagine e<br />

commercializzazione. Ciò ha<br />

comportato l’ottimizzazione della<br />

gestione dei vigneti, una<br />

modernizzazione efficace delle


cantine, una capillare distribuzione<br />

dei vini.<br />

In linea con la propria linea di<br />

pensiero, gli Agricoltori hanno<br />

puntato da sempre sul vitigno<br />

più prestigioso e significativo: il<br />

sangiovese. Un vitigno che,<br />

grazie alla selezione clonale, è<br />

capace di esaltare le ricchezze<br />

podologiche e ambientali delle<br />

varie aree della Toscana.<br />

Accanto al sangiovese, assoluta-<br />

Agricoltori<br />

del Chianti<br />

Geografico<br />

Via Mulinaccio 10, 53013<br />

Gaiole in Chianti (Si)<br />

Tel. 0577 749489<br />

fax 0577 749-223<br />

www.chiantigeografico.it<br />

info@chiantigeografico.it<br />

mente preponderante, trovano<br />

posto altre varietà autoctone<br />

quali il canaiolo, il mammolo, la<br />

malvasia nera. Inoltre sono<br />

presenti prestigiose varietà<br />

internazionali quali cabernet<br />

sauvignon e merlot, usate solo<br />

nella vinificazione degli Igt, in<br />

primis il Pulleraia. Fra le uve<br />

bianche si coltivano vernaccia,<br />

trebbiano, malvasia del Chianti<br />

e chardonnay.<br />

Come accennato i vigneti sono<br />

tutti dislocati nella provincia di<br />

Siena: soprattutto nella zona del<br />

Chianti Classico, ma anche in<br />

quella del Chianti Colli Senesi,<br />

del Brunello di Montalcino, del<br />

Nobile di Montepulciano, della<br />

Vernaccia di San Gimignano.<br />

Dopo quasi cinquanta anni di<br />

onorata attività gli Agricoltori<br />

del Chianti Geografico mantengono<br />

dunque salde le radici di<br />

un successo dovuto a capacità<br />

imprenditoriali, lungimiranza e<br />

programmazione, coscienza<br />

della realtà circostante, fatta di<br />

mercati diversificati e in<br />

continua evoluzione. In quel dna<br />

tutto senese vi è pertanto una<br />

saggia continuità con il passato,<br />

ma anche la capacità di aprirsi<br />

al futuro con personalità,<br />

determinazione e – soprattutto –<br />

vini di grande qualità.<br />

79


vini d’autore<br />

Il futuro ha solide radici<br />

Basta passare sulla statale che porta da<br />

Monteriggioni a Castellina in Chianti per capire che<br />

c’è un’azienda nel Chianti Classico che sta davvero<br />

cambiando, questa è la Cecchi.<br />

Azienda storica produttrice di Chianti Classico, Cecchi<br />

si afferma negli anni anche per la produzione di<br />

Vernaccia di San Gimignano, di Morellino di Scansano<br />

e di Sagrantino di Montefalco. A tale proposito<br />

Andrea Cecchi afferma: «Non è stato facile andare<br />

ad investire in zone che non ci appartengono storicamente;<br />

ma con pazienza e cercando di andare<br />

incontro alla cultura e alla tradizione dei luoghi siamo<br />

riusciti a creare un buon legame con l’ambiente<br />

e la cultura vitivinicola esistente. Obiettivo di tutti i<br />

80<br />

Cecchi: idee<br />

all’avanguardia<br />

nel rispetto<br />

della tradizione<br />

nostri investimenti è la valorizzazione del vitigno<br />

autoctono attraverso rinnovamenti tecnologici e ricerca.<br />

Il rapporto con la terra è sempre bilaterale, la<br />

terra dà molto a chi la sa valorizzare».<br />

Le scelte che ha fatto la Cecchi negli ultimi anni sono<br />

scelte che hanno colpito nel segno, come dimostrano<br />

i risultati fin qui conseguiti; scelte che, come non<br />

mancano mai di affermare entrambi i fratelli, «sono<br />

state prese da noi, ma portate avanti da un team<br />

capace e specializzato che crede nell’azienda e nel<br />

marchio».<br />

Cecchi è una realtà dinamica moderna, che fonda<br />

le proprie radici sulla storicità e su una conoscenza<br />

antica che però si è evoluta e arricchita nel tem-


Cesare e Andrea Cecchi<br />

po. Cesare e Andrea Cecchi, al timone dell’azienda<br />

da diversi anni ormai, hanno il desiderio di continuare<br />

la tradizione di famiglia senza perdere di<br />

vista le necessità del mercato e le evoluzioni storiche.<br />

Ciò ha portato all’adozione delle tecnologie<br />

più avanguardiste e all’investimento in risorse<br />

umane qualificate e giovani.<br />

A tale proposito Cesare Cecchi afferma: «Credo nella<br />

vivacità intellettuale dei giovani ragazzi, molti di<br />

loro dopo la laurea hanno tanta voglia di apprendere<br />

e di crescere e con la loro vivacità possono portare,<br />

oltre che un’atmosfera più fresca all’interno dell’azienda,<br />

anche nuove idee e modernità».<br />

Il nuovo centro direzionale che verrà inaugurato<br />

per la prossima primavera è un’ulteriore dimostrazione<br />

della crescita a cui mira questa azienda: bellissime<br />

sale degustazioni, centro congressi e una<br />

magnifica cantina. Un equilibrio perfetto tra modernità<br />

e classicità, proprio come i vini che produce.<br />

Cecchi esporta in ben 56 paesi nel mondo, produce<br />

circa 7 milioni di bottiglie ogni anno ed è tra le<br />

aziende di Chianti Classico più conosciute al mondo.<br />

L’azienda di Castellina dimostra in tutto e per<br />

tutto di avere una marcia in più che la colloca oltre<br />

l’ambito della normalità, un qualcosa che caratterizza<br />

quella categoria di imprenditori e agricoltori<br />

abituati a guardare lontano, con investimenti che<br />

guardano a finanziamenti di piani di ricerca e sviluppo<br />

di nuove aree geografiche, di nuovi prodotti<br />

e di tutela ambientale.<br />

Scelte produttive, politiche commerciali appropriate<br />

per prodotti di rango e di ottima qualità a prezzi più<br />

contenuti, apertura alla comunicazione. Sono gli<br />

elementi sui quali l’azienda pianifica il proprio futuro,<br />

cosciente che la ricerca in viticoltura costituisce<br />

l’investimento più appropriato per attingere certezze<br />

produttive. Alla stessa stregua, l’innovazione<br />

di prodotto è la prova definitiva per gestire la<br />

rigenerazione del marchio, laddove la comunicazione<br />

e il marketing costituiscono fattori essenziali<br />

per dare fluidità alla penetrazione dei vini Cecchi<br />

sui mercati nazionali ed esteri.<br />

Insomma, il vino è un prodotto difficile che cambia<br />

a seconda dei luoghi, mai lo stesso, come i suoi<br />

consumatori che oggi preferiscono una cosa e domani<br />

un’altra. L’abilità del produttore è quella di<br />

sapersi rinnovare mantenendo un proprio stile e<br />

proponendo una gamma più ampia possibile.<br />

Cecchi<br />

Loc. Casina dei Ponti 56<br />

53011 Castellina in Chianti (Si)<br />

Tel. 0577 54311 - Fax 0577 543150<br />

www.cecchi.net - cecchi@cecchi.net<br />

81


vini d’autore<br />

Petreto, una realtà molto<br />

particolare nel panorama<br />

vinicolo toscano. Il successo e la<br />

notorietà sono arrivati infatti grazie<br />

a un vino che sa di... Francia,<br />

la Pourriture Noble.<br />

Abbiamo chiesto ad Alessandro<br />

Fonseca, titolare dell’Azienda<br />

Agricola Petreto insieme al fratello<br />

Giovanni, di raccontarci la<br />

decisione di puntare su un vino<br />

così insolito: «Un vino insolito rispetto<br />

al panorama toscano che<br />

non è altro che il frutto di una<br />

combinazione di fattori fisico-climatici,<br />

suolo, esposizione, vicinanza<br />

al fiume Arno, presenza<br />

delle alte colline che proteggono<br />

da sud, che esaltano le caratteristiche<br />

dei vitigni presenti a<br />

Petreto attraverso lo sviluppo<br />

della botrytis, come avviene nelle<br />

più conosciute aree vinicole<br />

che producono vini botritizzati in<br />

Europa, come il Sauternes e<br />

Barsac in Francia o il Tokaij in<br />

Ungheria. Dunque il successo,<br />

82<br />

IL CORAGGIO<br />

DI OSARE<br />

Un vino insolito,<br />

una scommessa vinta:<br />

la Pourriture Noble di Petreto<br />

tutto ancora da dimostrare, è che<br />

in totale solitudine non abbiamo<br />

concorrenti e non ci confrontiamo<br />

con nessuno, ma cerchiamo<br />

di coniugare al meglio tutto quello<br />

che la natura mette a disposizione<br />

a Petreto.<br />

La storia di Petreto si concentra<br />

sulla Pourriture Noble da sedici<br />

vendemmie e rappresenta una<br />

scelta che facemmo con i miei<br />

fratelli, complice attore determinante<br />

Nicolò d’Afflitto, in un pomeriggio<br />

autunnale del 1989. Di<br />

fronte alla scelta di abbandonare<br />

la viticoltura ed estirpare i vigneti<br />

o diversamente provare una<br />

strada temeraria, incerta e della<br />

quale, da agronomo, individuavo<br />

i contorni, ma non il lungo cammino,<br />

quel pomeriggio prendemmo<br />

una decisione “incosciente”<br />

che però oggi sta dando i suoi<br />

frutti».<br />

Come agronomo lavori non<br />

solo per la tua azienda, ma an-<br />

Azienda Agricola<br />

Petreto<br />

Via di Rosano 196/a<br />

50065 Pontassieve (Fi)<br />

Tel. 055 6519021<br />

Fax 055 698022<br />

che per altre fattorie. Qual è il<br />

segreto per essere un buon<br />

professionista nel tuo ambito?<br />

Ricordo che, dopo laureato, era<br />

il 1981, quando mi confrontavo<br />

con i miei primi clienti, pur sapendo<br />

che ero agronomo, mi


guardavano stupiti e si chiedevano<br />

quali erano le competenze<br />

dell’agronomo, ma erano 25 anni<br />

or sono e non 100, e questo perché<br />

questa figura professionale<br />

non aveva ancora una identità.<br />

Certo allora era difficile e, anche<br />

se io mi sono sempre considerato<br />

un privilegiato, spesso<br />

pensavo di avere sbagliato tutto,<br />

ma la grande passione, il piacere<br />

di lavorare fanno superare<br />

molti ostacoli. Oggi molto è cambiato,<br />

ma quello che aiuta l’agronomo<br />

è che se riesci a fare squadra<br />

con i colleghi in ogni azienda<br />

e ci sono la motivazione e il<br />

continuo scambio di conoscenze,<br />

senti di crescere e migliorare<br />

dando sempre un buon servizio<br />

ai tuoi clienti.<br />

Da qualche tempo siete membri<br />

del Consorzio Chianti Colli<br />

Fiorentini. Quali sono, in questo<br />

senso, i vantaggi per una<br />

realtà come la vostra?<br />

Non so se è possibile chiamarli<br />

vantaggi ma la mia Azienda,<br />

Petreto, ricade nel territorio di<br />

questa denominazione e credo<br />

nella valorizzazione dei prodotti<br />

attraverso la denominazione,<br />

quindi con la partecipazione ciascuno<br />

di noi aiuta a far conoscere<br />

il territorio.<br />

Qual è il tuo parere sul futuro<br />

del vino toscano? Su quali elementi<br />

occorre puntare?<br />

Domanda bellissima e risposta<br />

molto impegnativa, credo che in<br />

primo luogo i vitivinicoltori toscani<br />

dovrebbero fare uno sforzo per<br />

essere più uniti, le battaglie tra<br />

denominazioni non sono produttive;<br />

il mercato è grande e le multinazionali<br />

del settore rappresentano<br />

fette di mercato anche più<br />

importanti, in termini di volume<br />

d’affari, dell’intera produzione<br />

regionale e saranno sempre più<br />

invadenti a danno delle medie e<br />

piccole realtà produttive. In secondo<br />

luogo la tipologia del prodotto<br />

deve essere recuperata in<br />

termini di autenticità dell’origine<br />

del prodotto e questo si raggiunge<br />

se si osserverà con sempre<br />

maggiore attenzione il territorio<br />

e le sue caratteristiche peculiari.<br />

Il settore vitivinicolo deve diventare<br />

più sistema e deve acquisire<br />

la capacità di aggregare i soggetti<br />

che partecipano alla filiera,<br />

partendo dalle istituzioni, dai<br />

Consorzi di tutela, sino ai pro-<br />

duttori e poi avere sempre idee<br />

nuove, sperimentare e migliorare<br />

costantemente la coltura con<br />

un riguardo speciale agli aspetti<br />

ecologici che hanno sempre più<br />

importanza.<br />

Infine: a Petreto oltre al vino<br />

si possono trovare anche frutta<br />

molto buona, miele e altri<br />

prodotti naturali. Quanto è<br />

importante per voi restare una<br />

Fattoria alla vecchia maniera?<br />

La tradizione è spesso abusata<br />

come parola ma non credo che<br />

innovazione voglia dire obbligatoriamente<br />

cancellare ogni traccia<br />

del passato.<br />

Inoltre gli indirizzi monoculturali<br />

di fatto contrastano con la scienza<br />

agronomica e nel caso specifico<br />

di Petreto il legame con la produzione<br />

delle pesche è viscerale;<br />

insieme ai fratelli, da ragazzi, per<br />

tutta l’estate raccoglievamo le<br />

pesche e le confezionavamo per<br />

il mercato di Firenze: ancora oggi<br />

prepariamo, su richiesta, la cassetta<br />

alla vecchia maniera, nel<br />

gergo del mercato la chiamano<br />

“padella”, che significa accomodare<br />

i frutti ad uno ad uno su un<br />

letto di foglie di vite così da proteggerli<br />

dagli urti nel trasporto.<br />

Inoltre, a conferma di ciò, in azienda<br />

ho una collezione di antichi attrezzi<br />

agricoli e carri per trasporto<br />

in legno che un amico falegname<br />

di antica tradizione mantiene<br />

e ripara costantemente.<br />

83


APICIUS<br />

84<br />

Dalla cucina<br />

alla libreria<br />

All’istituto internazionale alberghiero Apicius<br />

gli aspiranti cuochi si cimentano anche nell’editoria<br />

Il settore “gastrogiornalismo<br />

e comunicazione”<br />

ha assistito ad una crescita<br />

esponenziale negli ultimi anni<br />

con l’approdo di diversi nomi<br />

ormai ben diffusi nel mondo<br />

culinario. Sono personaggi di<br />

appetiti voraci e soprattutto<br />

dotati di una buona penna,<br />

pronti a dedicarsi a mangiate e<br />

sperimentare ricette con lo<br />

scopo di svelare al pubblico<br />

l’alchimia del cibo attraverso le<br />

varie forme multimediali<br />

disponibili in edicola o in<br />

internet. Chi è curioso di<br />

entrare in un settore fertilissimo<br />

in cui due argomenti (cibo e<br />

multimedia) si fondono un po’<br />

come panna e cioccolato, può<br />

rivolgersi all’istituto internazionale<br />

albeghiero Apicius, che<br />

offre il corso bisemestrale Food<br />

Communications.<br />

Questo corso prepara gli<br />

studenti a svolgere ricerche<br />

sulla ristorazione e<br />

sull’enogastronomia, mettendoli<br />

alla prova con lo sviluppo di<br />

progetti destinati alla pubblica-<br />

zione. Infatti la seconda parte<br />

del corso offre la possibilità di<br />

pubblicare un’opera con tema<br />

gastronomico.<br />

Per esempio, gli studenti<br />

progettano un libro di ricette, si<br />

occupano di ogni fase (scrittura,<br />

food styling, fotografia,<br />

grafica, redazione, ecc.)<br />

inerente alla stesura dello<br />

stesso, trasformando così<br />

un’idea inedita in un fatto reale<br />

e compiuto. La proposta di<br />

pubblicazione rende unico<br />

questo corso altamente


specializzato, permettendo ai<br />

futuri giornalisti di poter vivere<br />

un’esperienza unica nel suo<br />

genere.<br />

Il bello viene nella scelta ampia<br />

di argomenti da studiare e i<br />

due ultimi libri pubblicati dalla<br />

scuola ne sono un esempio.<br />

Innovations: New Appetites in<br />

the Tuscan Kitchen è la<br />

rivisitazione in chiave moderna<br />

delle ricette toscane più<br />

tradizionali che Simone Riani e<br />

Duccio Bagnoli, executive chef<br />

di Apicius, hanno realizzato con<br />

la collaborazione degli studenti<br />

di Culinary Arts. L’altro libro,<br />

Aperitiviamo, è stato interamente<br />

dedicato ad un momento<br />

magico, l’aperitivo. Mandy,<br />

Grace, Hyun Seung, Bailey,<br />

studentesse del corso e autrici<br />

del libro, si sono divertite ad<br />

andare in giro per i locali<br />

fiorentini, alla ricerca dei<br />

migliori cocktails. Andrea<br />

Trapani, altro executive chef di<br />

Apicius, si è occupato di<br />

abbinare ad ogni aperitivo il<br />

giusto finger food.<br />

Apicius<br />

Cooking<br />

School<br />

via Guelfa 85<br />

50129 Firenze<br />

Tel. 055 2658135<br />

Fax 055 2656689<br />

www.apicius.it<br />

info@apicius.it<br />

Le tre sedi di Apicius, compresi<br />

le cucine, il personale, e la<br />

collaborazione con studenti<br />

degli altri corsi sono così a<br />

disposizione per creare un<br />

campo ricco di risorse su cui gli<br />

iscritti sperimentano.<br />

Gli studenti si trasformano in<br />

veri e propri professionisti<br />

durante il percorso del programma<br />

e apprendono delle<br />

basi di multimedia applicabili<br />

all’editoria, al marketing e alla<br />

comunicazione<br />

dell’enogastronomia.<br />

85


istoranti di gola<br />

La carta d’identità<br />

del gusto<br />

Alla scoperta di ristoratori<br />

e ristoranti amici di <strong>Gola</strong> Gioconda<br />

Cavolo Nero<br />

Dove si trova:<br />

Via dell’Ardiglione 22,<br />

Firenze.<br />

Ambiente: raffinato e<br />

accogliente.<br />

I piatti da non perdere:<br />

caprino caldo con salsa<br />

di olive e miele, paccheri<br />

di Gragnano con ragù<br />

bianco di coniglio, filetto di maiale in crosta con<br />

salsa alla senape di Dijon.<br />

Carta dei vini: ampia e molto curata.<br />

Tel. 055 294744 - www.cavolonero.it<br />

Lo<br />

Strettoio<br />

Dove si trova:<br />

Via di Serpiolle 7,<br />

Firenze.<br />

Ambiente: ristorante di classe con vista<br />

superba sulla città.<br />

I piatti da non perdere: pasta fatta in casa<br />

al ragù di cinghiale, controfiletto gratinato<br />

al timo, sfogliatine calde alle pere e zibibbo.<br />

Carta dei vini: selezione ampia e ben curata.<br />

Tel. 055 4250044<br />

www.lostrettoio.com<br />

86<br />

Enotria<br />

Dove si trova: Via delle Porte Nuove 50,<br />

Firenze.<br />

Ambiente: caldo e<br />

informale.<br />

I piatti da non<br />

perdere: fra gli<br />

altri, la selezione di<br />

formaggi accompagnata<br />

da vini a<br />

bicchiere.<br />

Carta dei vini: selezionata e consigliata<br />

magistralmente da Maurizio Tafani.<br />

Tel. 055 354350 - www.enotriawine.it<br />

Vinolio<br />

Dove si trova: Via San Zanobi 126/r,<br />

Firenze.<br />

Ambiente: trattoria tipica e accogliente.<br />

I piatti da non perdere: paccheri con ragù<br />

di maialino, filetto di manzo con porcini,<br />

flan al cioccolato.<br />

Carta dei vini:<br />

molto ampia, ben<br />

selezionata, con<br />

etichette toscane,<br />

italiane, straniere.<br />

Tel. 055 489957<br />

www.vinolio.com


Taverna Pane e Vino<br />

Dove si trova: Piazza Signorelli 27,<br />

Cortona (Ar).<br />

Ambiente: wine bar curato in ogni<br />

dettaglio.<br />

I piatti da non perdere: tirabaci con<br />

broccoli e prosciutto croccante, carpaccio<br />

marinato di Chianina, torta al forno.<br />

Carta dei vini: ampia e capace di valorizzare<br />

il territorio.<br />

Tel. 0575 631010 - www.pane-vino.it<br />

Vinandro<br />

Dove si trova: Piazza Mino 33, Fiesole (Fi).<br />

Ambiente: piccola osteria, molto tipica.<br />

I piatti da non perdere: pasta al ragù, peposo, dolci casalinghi.<br />

Carta dei vini: oltre al vino “a calo”, una buona selezione<br />

di etichette toscane e non.<br />

Tel. 055 59121<br />

www.vinandro.com<br />

Enoteca Gustavino<br />

Dove si trova: Via della Condotta 37,<br />

Firenze.<br />

Ambiente: moderno ed elegante.<br />

I piatti da non perdere: mousse di<br />

melanzane affumicate, pici al ragù<br />

d’anatra, stracotto di guancia con patate<br />

al forno.<br />

Carta dei vini: decisamente superlativa.<br />

Tel. 055 2399806<br />

www.gustavino.it<br />

Ristorante Leonardo<br />

Dove si trova: Via Montalbano Nord 16, Vinci (Fi).<br />

Ambiente: ristorante pizzeria molto tipico.<br />

I piatti da non perdere: crostini con<br />

tartufo e lardo di conca, ravioli al ragù,<br />

filetto al pepe verde.<br />

Carta dei vini: circa 60 etichette, con intelligente valorizzazione<br />

del territorio.<br />

Tel. 0571 567916 - www.ristoranteleonardo.com<br />

87


Un Sambussi, antipasto tipico<br />

somalo, per iniziare e un ottimo<br />

Chivo con mangù (capretto in<br />

umido, piccante, con purè di<br />

platano), in stile dominicano a<br />

seguire. Chi preferisce può<br />

optare invece per il cous cous<br />

con verdure, piatto tipico<br />

senegalese, a base di semola di<br />

grano tenero con sette tipi di<br />

verdure in umido. È solo un<br />

assaggio del menù offerto dal<br />

ristorante Paladar di via<br />

Pistoiese a Firenze. Definirlo<br />

etnico è riduttivo e anche un<br />

po’ glamour, per un locale che,<br />

invece, ha radici diverse, solide<br />

e obiettivi ben definiti: far<br />

conoscere e diffondere in Italia<br />

la cucina di mille e una parti<br />

del mondo. Un ristorante quindi<br />

multietnico con tante<br />

particolarità tutte da scoprire e<br />

che fa delle diversità una<br />

ricchezza. Intanto la storia,<br />

lunga sette anni, dalla nascita<br />

(nel 1979) della società Delicias<br />

specializzata in catering. Un<br />

servizio diverso da quello<br />

tradizionalmente offerto dai<br />

buffet di enti pubblici o feste<br />

private. Addio alle vecchie<br />

tartine, i crostini raffinati e gli<br />

affettati; al loro posto ecco<br />

spuntare felafel, Yuca e Bajie.<br />

Dal catering al ristorante il<br />

passo è stato breve ed ecco<br />

aprirsi le porte del Paladar.<br />

Varcata la soglia si possono<br />

respirare i profumi di spezie e<br />

88<br />

Paladar, il mondo<br />

in un piatto<br />

Lorenzo Sbolgi<br />

ingredienti che fanno volare i<br />

clienti dall’Africa al Sud America<br />

in un vero trionfo d’aromi e di<br />

sapori. Dietro il Paladar, e<br />

ancor prima la società Delicias,<br />

ci sono cinque donne tutte<br />

unite dalla stessa voglia di<br />

conoscenza e come precisa<br />

caratteristica quella di puntare<br />

ad una rigorosa multietnicità<br />

Paladar<br />

via Pistoiese 315, Firenze<br />

Tel. 055 317228<br />

paladar@delicias.it<br />

Aperto dal giovedì alla<br />

domenica dalle 19.30 alle 23.<br />

dei cibi e delle bevande<br />

proposte, tenendo inoltre ben<br />

presente che la storia di un<br />

paese passa attraverso la<br />

memoria, la letteratura e le<br />

tradizioni, ma anche attraverso<br />

il cibo. Tutte le donne di<br />

Paladar vantano una notevole<br />

esperienza nel campo della<br />

ristorazione facilmente<br />

apprezzabile in tutti i piatti che<br />

escono dalla cucina. Menù alla<br />

mano si scoprono molte<br />

proposte di diversi paesi, con<br />

una vasta gamma di piatti<br />

tradizionali preparati da cuoche<br />

originarie delle varie nazioni,<br />

ambasciatrici dell’arte culinaria<br />

dei paesi di origine quali:<br />

Brasile, Repubblica Dominicana,<br />

Marocco, Iran, Birmania,<br />

Senegal, Somalia, Corea,<br />

Polonia, Grecia, Italia, fra gli<br />

altri. Non solo, il menu varia<br />

praticamente ogni settimana,<br />

dando quindi la possibilità di<br />

conoscere un vasta gamma di<br />

proposte culinarie.<br />

Particolarmente interessante ed<br />

innovativo è “il mondo in un<br />

piatto”, una proposta che vede<br />

svariati assaggi di vari paesi<br />

presentati assieme in un piatto<br />

davvero unico.


Simbologia dei punteggi<br />

95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />

I 40 anni del dipartimento<br />

vini della Christie’s<br />

effettuata l’8.11.2006<br />

di Paolo Baracchino<br />

L’8 novembre 2006 si è tenuta a Londra, presso<br />

la sede di Christie’s, una degustazione di<br />

cinque vini, stesse annate, di Tignanello e<br />

di Solaia. Questa degustazione è stata effettuata<br />

nell’ambito dei festeggiamenti, durati<br />

circa un mese, per i 40 anni di vita del dipartimento<br />

vini della Christie’s: è stata l’unica<br />

ad avere ad oggetto vini italiani. La richiesta<br />

di tale evento mi era stata fatta da David<br />

Elswood, capo del dipartimento internazionale<br />

vini della Christie’s rimettendomi la facoltà<br />

di scelta dell’azienda, a condizione che<br />

fosse molto conosciuta ed apprezzata nel<br />

mondo. Il mio pensiero cadde subito sulle<br />

Aziende Antinori ed Ornellaia e fu scelta<br />

l’Azienda Antinori poiché per Ornellaia era<br />

già stata prevista una degustazione a Londra<br />

per la primavera prossima. Vivo e grande<br />

è stato il mio piacere nel sapere che sarei<br />

stato affiancato da Michael Broadbent, master<br />

of wine, il più grande esperto al mondo<br />

di vini francesi, vini che in genere io amo<br />

molto, insieme ad Albiera Antinori, la figlia<br />

maggiore di Piero Antinori. Le note di degustazione,<br />

preparate in precedenza, sono state<br />

perfettamente tradotte dalla Signora Judy<br />

Beardsall importante wine broker americana<br />

e produttrice di vino.<br />

Tignanello<br />

annata 1985<br />

Veste rosso aranciato. Al<br />

naso esplode una netta<br />

sensazione di prugna secca,<br />

di fieno secco e di clorofil-<br />

la, unita a sentori balsamici<br />

di menta, di eucalipto e<br />

di canfora. Il ventaglio<br />

olfattivo continua elargendo<br />

note di liquirizia, di<br />

caramella di rabarbaro, di<br />

Il giorno della degustazione ero emozionato,<br />

vuoi perché la conoscenza del mio inglese è<br />

piuttosto scolastica, vuoi perché ero insieme<br />

a Michael Broadbent di cui avevo sempre sentito<br />

parlare e che mai avevo conosciuto prima<br />

e vuoi perché la platea dei degustatori<br />

era composta da persone “super competenti”.<br />

Sono riuscito a vincere la paura e quindi a<br />

parlare con l’irruenza di un fiume in piena, in<br />

inglese, esternando anche alcune mie tesi sulla<br />

tecnica di degustazione.<br />

Tralasciando queste mie emozioni passiamo<br />

all’esame delle note di degustazione del Tignanello,<br />

in genere composto da 80% Sangiovese,<br />

15% Cabernet Sauvignon e 5% Cabernet<br />

Franc e del Solaia, in genere composto<br />

da 75% Cabernet Sauvignon, 20% Sangiovese<br />

e 5% Cabernet Franc.<br />

Per entrambi i vini l’annata che mi è piaciuta<br />

di più è stata il 2001.<br />

carruba, di polvere di<br />

cacao, di sella di cuoio, di<br />

caramella mou al latte, di<br />

foglie morte e di terra<br />

bagnata, per terminare con<br />

note animali di gibier. In<br />

Le degustazioni 89


occa l’impatto è morbido,<br />

calibrato e condito da<br />

levigate sensazioni tanniche<br />

oltre che da una vena<br />

fresca di piacevole nerbo.<br />

Il tannino è dolce e vellutato.<br />

Sorprendenti sono la<br />

sapidità e la mineralità.<br />

Corpo sempre di buona<br />

struttura. Finale di discreta<br />

lunghezza con retrogusto<br />

di gibier.<br />

Giudizio. Vino piacevole<br />

dove spiccano la freschezza<br />

ed i tannini, dove l’alcol<br />

per fortuna è in sottotono<br />

rispetto al tannino ed alla<br />

freschezza,<br />

consentendo un<br />

buon equilibrio.<br />

Solaia<br />

annata 1985<br />

Bel colore rosso granato.<br />

Profumi ampi e penetranti<br />

di note di foglie di tabacco<br />

fresco, di pelle, di mallo di<br />

noce, di carruba, di prugna<br />

secca, di vernice a olio, di<br />

amido di riso, di pepe nero<br />

e di chiodi di garofano. I<br />

profumi proseguono con<br />

note balsamiche di menta e<br />

di eucalipto (intense) e<br />

minerali di grafite (intense)<br />

accompagnate da<br />

tartufo nero e liquirizia.<br />

In bocca la componente<br />

acida è ben presente, come<br />

pure la componente alcolica,<br />

anche se in sottotono<br />

rispetto alla prima, ed<br />

insieme al tannino che è<br />

dolce, vellutato ed abbastanza<br />

largo, creano un<br />

buon equilibrio.<br />

90 Le degustazioni<br />

Vino sapido e minerale con<br />

buona morbidezza. All’ingresso<br />

in bocca si ha una<br />

piacevole esplosione di<br />

tartufo nero e di confettura<br />

di cassis. Lunga è la<br />

persistenza aromatica<br />

intensa.<br />

Giudizio. Inizialmente<br />

all’olfatto il vino si presenta<br />

chiuso, con sentori di<br />

maderizzazione, ma la sosta<br />

nel bicchiere permette al<br />

vino di ossigenarsi<br />

ed elargire<br />

tanti bei profumi.<br />

Tignanello<br />

annata 1995<br />

Splendido rosso granato,<br />

luminoso e vivo con unghia<br />

color cipolla rosa. Vino<br />

austero e giovane. Colpisce<br />

l’impatto olfattivo intenso<br />

ed elegante dove spiccano<br />

le note erbacee accompagnate<br />

da note di inchiostro<br />

di china, di pelle, di iodio,<br />

di peperone, di pepe nero,<br />

di lieve gibier e di cioccolata.<br />

Completano l’esame<br />

olfattivo note fruttate di<br />

cassis e di confettura di<br />

mora.<br />

Al palato la morbidezza<br />

spicca su una spalla fresca<br />

in lieve sottotono, mentre<br />

il tannino manifesta la sua<br />

dolcezza, la sua setosità<br />

ed ampiezza. Lunga è la<br />

sua persistenza che<br />

evidenzia un retrogusto di<br />

confettura di cassis, di<br />

confettura di ciliegia e di<br />

viola mammola.<br />

Giudizio. Questa è un’an-<br />

nata in cui si sentono le<br />

note erbacee tipiche del<br />

Cabernet Franc. Le stesse<br />

note si sentono anche nel<br />

Solaia 1995, evidentemente<br />

questa annata ha dato<br />

all’azienda un Cabernet<br />

Franc maturo e piacevole.<br />

Quest’annata però, è un po’<br />

penalizzata dall’alcol che è<br />

un poco più presente della<br />

freschezza, ma ciononostante<br />

siamo di fronte ad<br />

un vino più che interessante<br />

che ricorda certi grandi<br />

vini del Bordeaux ed in<br />

particolare del Saint<br />

Emilion. Vino ancora<br />

giovane, meno<br />

evoluto del 1997.<br />

Solaia<br />

annata 1995<br />

Rosso rubino intenso con<br />

bordo granato. Al naso si<br />

evidenziano piacevoli note<br />

erbacee intense, di peperone<br />

giallo, a cui seguono<br />

note di cuoio, di inchiostro<br />

di china, di tartufo nero, di<br />

confettura di cassis, di<br />

amido di riso, di pepe<br />

bianco, per chiudere con<br />

degli sbuffi di cioccolata<br />

amara.<br />

All’ingresso in bocca si<br />

rimane ammaliati dalle<br />

delicate, ma efficaci,<br />

sensazioni di tartufo nero e<br />

di cassis. È equilibrato con<br />

l’alcol ben dosato, accompagnato<br />

da una vena acida<br />

che lo contrasta efficacemente<br />

grazie anche ad un<br />

tannino dolce, vellutato e<br />

quasi totalmente largo.


Buona morbidezza in un<br />

corpo degno di rilievo.<br />

Retrogusto erbaceo e<br />

fruttato. Lunga è la sua<br />

persistenza aromatica<br />

intensa.<br />

Giudizio. Vino interessante<br />

con note erbacee in risalto,<br />

che per questo<br />

ricorda il Tignanello<br />

1995<br />

Tignanello<br />

annata 1997<br />

L’esame visivo ci riporta a<br />

note rosso rubino intenso<br />

con lieve bordo granato.<br />

Colpisce l’impatto olfattivo,<br />

intenso ed elegante che<br />

sfoggia un ventaglio di<br />

profumi vario ed accattivante<br />

che va dalla prugna<br />

secca, al fieno secco ed<br />

alla clorofilla a note di<br />

idrocarburo quali il gasolio.<br />

Il percorso olfattivo<br />

elargisce anche piacevoli<br />

sentori di caramella mou al<br />

latte, note intense di viola<br />

mammola e di cioccolata<br />

amara, a cui fanno eco<br />

sentori di anice stellato,<br />

di radice di liquirizia, di<br />

menta, di confettura di<br />

ciliegia e di mora, di<br />

amido di riso, per terminare<br />

con degli sbuffetti<br />

erbacei, fumée e di carruba.<br />

Al palato denuncia una<br />

pronunciata piacevole<br />

sapidità, mineralità e<br />

salivazione, quest’ultima<br />

dovuta alla freschezza, che<br />

abbraccia il dosato caldo<br />

dell’alcol e si arricchisce,<br />

poi, con la presenza di un<br />

tannino dolce, setoso,<br />

elegante e largo che crea<br />

un’armonia ed un equilibrio<br />

di marcata piacevolezza.<br />

Lunga e piacevole è la<br />

persistenza aromatica<br />

intensa. Retrogusto di<br />

viola mammola.<br />

Giudizio. Vino piacevole e<br />

completo, con un<br />

bagaglio olfattivo<br />

molto importante.<br />

Solaia<br />

annata 1997<br />

Bel rosso rubino integro e<br />

luminoso. Vino aristocratico,<br />

si presenta con buona<br />

morbidezza ed eleganza e<br />

si caratterizza per la<br />

piacevole nota di cuoio. I<br />

profumi palpitano di<br />

sensazioni di grafite, di<br />

cassis, di mora, di caramella<br />

mou al latte, di inchiostro<br />

di china, che pian<br />

piano fanno largo a note<br />

balsamiche di menta e di<br />

eucalipto, accompagnate<br />

da note di viola mammola e<br />

di pepe nero, per deflagrare<br />

poi in note di anice stellato.<br />

In bocca rivela immediatamente<br />

grande eleganza,<br />

che propone una<br />

morbida e vellutata struttura,<br />

vino abbastanza equilibrato,<br />

con un tannino<br />

dolce, setoso e quasi<br />

completamente largo.<br />

Esplosivo retrogusto di<br />

viola mammola. Lunga è la<br />

persistenza aromatica<br />

intensa.<br />

Giudizio. Vino di grande<br />

piacevolezza e gioventù<br />

che esprime il suo territorio<br />

sia olfattivamente<br />

che gustativamente.<br />

Tignanello<br />

annata 1999<br />

Smagliante rosso rubino,<br />

molto vivace, di grande<br />

consistenza, con bagliori<br />

porpora. Profumi ampi ed<br />

eleganti che aprono su<br />

note balsamiche di menta,<br />

Le degustazioni 91


animali di pelle, floreali di<br />

viola mammola e fruttate<br />

di prugna fresca e di<br />

cassis. Suadenti ulteriori<br />

riconoscimenti olfattivi di<br />

amido di riso, di caffè, di<br />

pepe nero, di chiodi di<br />

garofano, di liquirizia che<br />

terminano con sbuffi<br />

erbacei e boisée.<br />

Al palato si percepisce una<br />

calibrata salivazione che<br />

abbraccia il caldo dell’alcol<br />

e si arricchisce poi della<br />

presenza di un tannino<br />

vellutato e piacevole e di<br />

sensazioni sapido-minerali.<br />

Assolutamente equilibrato<br />

e morbido, giovane ma con<br />

un velluto esuberante e<br />

con un corpo interessante.<br />

Persistenza lunghissima<br />

con retrogusto di cioccolata<br />

amara e di viola mammola.<br />

Giudizio. Piacevole per il<br />

suo equilibrio e la sua<br />

persistenza, nonché per i<br />

tannini, morbidi<br />

e vellutati.<br />

Vino giovane!<br />

92 Le degustazioni<br />

Solaia<br />

annata 1999<br />

Ci accoglie alla vista con<br />

un rosso rubino intenso<br />

con bagliori porpora e con<br />

bordo color buccia di<br />

melanzana. Il bouquet è<br />

ampio, con profumi ben<br />

distinti che si librano in<br />

sensazioni esuberanti di<br />

pelle, di grafite, di tartufo<br />

nero, di viola mammola, di<br />

cassis e di mora. Emergono<br />

in chiusura il pepe nero, la<br />

noce moscata ed un soffio<br />

animale. In bocca è di<br />

piacevole e piena struttura,<br />

particolarmente smussata,<br />

ben bilanciata tra freschezza<br />

e alcol. Assolutamente<br />

di qualità il tannino che si<br />

presenta dolce, vellutato e<br />

largo. Al primo impatto<br />

gustativo la bocca viene<br />

abbracciata nella sua<br />

interezza da un bellissimo<br />

tartufo nero. Il retrogusto è<br />

di pelle, di viola mammola<br />

e di cioccolata amara.<br />

Lunga è la persistenza<br />

aromatica intensa.<br />

Giudizio. Bell’annata per<br />

questo vino<br />

che lascia<br />

prevedere una<br />

lunga vita.<br />

Tignanello<br />

annata 2001<br />

Vino dal grande impatto<br />

visivo, di colore rosso<br />

rubino intenso, vivace e<br />

luminoso, con largo bordo<br />

porpora. All’esame olfattivo<br />

spiccano profumi<br />

intensi floreali di viola<br />

mammola, fruttati di


ciliegia e di cassis, balsamici<br />

di menta e speziati di<br />

vaniglia, di cannella e di<br />

lieve pepe nero.<br />

Al gusto esplode la fruttata<br />

morbidezza, decisa,<br />

imponente e gustosissima.<br />

I tannini sono piacevolmente<br />

dolci e setosi ed<br />

avvolgono il palato in<br />

tutta la sua larghezza e<br />

vanno a creare un perfetto<br />

equilibrio con la freschezza<br />

e l’alcol. Finale vigorosamente<br />

lunghissimo ed<br />

elegante, disposto su toni<br />

floreali di viola mammola,<br />

fruttati e leggermente<br />

vanigliati.<br />

Giudizio. Corpo stupendo,<br />

tannini setosi e dolci. Vino<br />

da lungo invecchiamento<br />

che entusiasma per l’equilibrio<br />

gustativo e per la<br />

qualità dei tannini che<br />

sono addirittura più<br />

delicati, seppur ugualmente<br />

ben presenti, dell’annata<br />

1999. Vino ancor<br />

giovane sotto il profilo<br />

olfattivo, sicuramente nel<br />

futuro si aprirà ancora di<br />

più ed elargirà<br />

tanti altri<br />

profumi.<br />

Solaia<br />

annata 2001<br />

Rosso rubino intenso con<br />

accenti porpora che si<br />

proietta verso una gamma<br />

di profumi, ampia ed<br />

elegante. Il bouquet libra<br />

sensazioni animali di pelle<br />

intensa, fruttate di cassis,<br />

di mirtillo, di mora e di<br />

prugna, floreali di viola<br />

mammola, speziate di pepe<br />

verde, di noce moscata, di<br />

chiodi di garofano, di<br />

boisée, per terminare con<br />

un tocco mentolato e di<br />

grafite. Svela profondità e<br />

polpa ricca, con lunga<br />

progressione gustativa che<br />

si arricchisce di adeguate<br />

freschezza e tanninicità,<br />

già ben amalgamate e<br />

testimoni di un affascinante<br />

equilibrio.<br />

Il tannino è dolce, setoso,<br />

elegante e completamente<br />

largo. Retrogusto di viola<br />

mammola e nocciola<br />

tostata. Lunga e piacevole<br />

è la sua persistenza<br />

aromatica intensa.<br />

Giudizio. Vino intrigante,<br />

annata importante per il<br />

Solaia, per il Tignanello, e<br />

per il Guado al Tasso e un<br />

po’ per tutti i vini dell’Azienda.<br />

Vino di struttura<br />

e di grande eleganza,<br />

dovrà perdere<br />

con il tempo<br />

un po’ di note<br />

boisée.<br />

Le degustazioni 93


Simbologia dei punteggi<br />

95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />

Degustazione dei vini<br />

della valle del Rodano<br />

di Aldo Fiordelli<br />

Valle del Rodano, Francia. L’11 settembre e<br />

Mondovino sono passati sulle vigne dei nostri<br />

cugini come tsunami. Del mercato ma<br />

anche delle scelte enologiche. Fra tradizionalisti<br />

da una parte e modernisti dall’altra.<br />

O se preferite: terroir-isti e parker-isti. Anche<br />

in questa lunga valle. Risalendo il Rodano<br />

da Avignone ad Ampuis però, passando<br />

per Tain l’Hermitage dove il fiume vira<br />

verso est lasciando ai vignerons una collina<br />

di vigne meravigliosamente scoscese, ricche<br />

di granito e minerali ed esposte a sud,<br />

all’ombra de La Chapelle, si incontrano vini<br />

che per loro natura costituiscono un equilibrio<br />

tra l’eleganza dei Borgogna e certa<br />

morbida ruffianeria dei Bordeaux con una<br />

vena acida di grande freschezza, pulizia e<br />

longevità. Si comincia con la grenache e il<br />

mourvedre dello Chateauneuf du Pape, scaldato<br />

dai suoi ciottoli rotondi e si entra nel<br />

94 Le degustazioni<br />

cuore del piccolo Hermitage, patria del syrah<br />

più elegante e minerale, a picco sul Rodano<br />

e si prosegue con il più abbordabile e semplice<br />

Crozes Hermitage, avvicinandosi alla<br />

Cote Rotie divisa tra Blonde e Brune secondo<br />

terreni più gentili o strutturati (argilla)<br />

e dove il syrah appunto esprime davvero le<br />

sfumature di un territorio enologico di rara<br />

bellezza. E dove, in questo piovoso 2006, i<br />

vignerons non hanno lesinato vendemmie<br />

verdi e rese anche più basse del solito. Il<br />

panorama dei grappoli lasciati a terra lungo<br />

le vigne era razionalmente crudele, malinconico<br />

e necessario. Fino a Lione, alla sua<br />

rue Mercière dove le mère cucinavano per<br />

gli operai e le più brave hanno dato vita ai<br />

bistrot come li conosciamo oggi, agli assiettes<br />

traboulier (trippa, musetto e piedini) al<br />

vino nella “pot lyonnaise” o nelle grandi<br />

bottiglie.<br />

Chateauneuf du<br />

Pape Lucien Barrot<br />

et Fils, 2001<br />

Rubino granato, con un naso<br />

elegante di frutti neri e viola,<br />

con una nota affumicata<br />

che dà al vino una particolare<br />

austerità completata anche<br />

da un leggero sentore di<br />

ranciò. In bocca il vino è di<br />

buon corpo, con un tannino<br />

gentile e una vena acida vivida<br />

e piacevole. Lungo.<br />

Giudizio. È il più tradizionale<br />

della denominazione e


uno dei più antichi. A prevalenza<br />

di grenache, è ancora<br />

piuttosto rustico e scorbutico<br />

ma l’annata è ottima e con<br />

questa acidità<br />

ha bisogno di<br />

tempo.<br />

Chateauneuf du<br />

Pape Chateau La<br />

Nerthe cuveé des<br />

cadettes, 2003<br />

Rubino molto concentrato<br />

con note fruttate mature,<br />

tostate, di grafite, di tabacco<br />

e di gomma americana.<br />

Caldo in bocca e pieno, ha<br />

un tannino ben presente ma<br />

fine e una struttura complessiva<br />

davvero imponente. Il<br />

finale è ancora lungo e tostato.<br />

Giudizio. È il più moderno<br />

della denominazione, il<br />

“Pauillac di Chateauneuf” per<br />

la struttura. Ma certo nel<br />

caldo 2003 il legno ha marcato<br />

molto rispetto<br />

alle altre<br />

annate.<br />

Chateauneuf du<br />

Pape Chateau du<br />

Beaucastel, 2001<br />

Colore rubino di media concentrazione,<br />

al naso questo<br />

Chateauneuf è intenso, fresco,<br />

elegante, con note di<br />

prugna, menta, liquirizia, di<br />

cuoio e anche selvaggina di<br />

piuma. In bocca è pieno, il<br />

tannino quasi non si sente<br />

ma è sostenuto da una grande<br />

acidità. Il finale potrebbe<br />

essere più lungo ma resta<br />

comunque tostato e dolce.<br />

Giudizio. Qui l’equilibrio tra<br />

le varie espressioni dell’Aoc<br />

è raggiunto appieno, con uno<br />

spettro aromatico già ora di<br />

grande soddisfazione<br />

e ottimo tra<br />

5 o 10 anni.<br />

Chateuneuf du Pape<br />

Chapoutier La<br />

Bernardine, 2004<br />

Rubino con riflesso violaceo<br />

data la giovane età, è un vino<br />

dalle eleganti note di prugna<br />

e frutti neri, mirtillo, con una<br />

piacevole sfumatura affumicata.<br />

In bocca è caldo con<br />

un tannino ben presente ma<br />

fine e soprattutto un ottimo<br />

equilibrio.<br />

Giudizio. È l’ultima annata,<br />

buona ma non come il 2001<br />

e più fresca del 2003. Il vino<br />

è equilibrato ma ancora giovane<br />

e inespresso. L’azienda<br />

infatti, una delle prime a sviluppare<br />

la biodinamica, produce<br />

vini sempre di<br />

grande longevità.<br />

Hermitage<br />

Chapoutier La<br />

Sizeranne, 2003<br />

Rubino di media concentrazione,<br />

si sentono note di prugna<br />

matura e di viola, di<br />

pepe e anche un leggero sentore<br />

di tabacco nel finale. In<br />

bocca è anche troppo caldo,<br />

il tannino tende ad essere<br />

asciugante e l’acidità meno<br />

brillante del solito. Il finale<br />

è dolce e tostato.<br />

Giudizio. La maturità complessiva<br />

dell’annata rende<br />

questo vino meno elegante<br />

degli altri cru. E poco appetibile<br />

anche per il futuro.<br />

Hermitage<br />

Chapoutier Le<br />

Pavillon, 2000<br />

Un colore rubino scarico ancora<br />

vivo e brillante. Il naso<br />

è ben composto, difficile,<br />

elegante: con note fresche di<br />

menta, speziate di chiodi di<br />

garofano in un sottofondo di<br />

frutti di bosco. In bocca il<br />

vino è equilibrato, caldo ma<br />

con una bella acidità e la<br />

giusta struttura.<br />

Giudizio. È uno dei cru importanti<br />

dell’azienda, anche<br />

se non il migliore e<br />

il 2000 è un’annata<br />

calda e positiva.<br />

Crozes Hermitage<br />

Jaboulet, Raymond<br />

Roure, 2001<br />

Un rosso rubino con un’unghia<br />

un po’ cerulea e un naso<br />

già maturo, con note di mirtillo,<br />

prugne secche, cuoio e<br />

caucciù, ma anche selvaggina<br />

di piuma. Bocca rilassante,<br />

di medio corpo ma perfetto<br />

equilibrio tra acidità e<br />

polialcoli. Lungo.<br />

Giudizio. È la denominazione<br />

“minore” della zona, ma<br />

esistono cru di grande piacevolezza<br />

come<br />

questo.<br />

Saint Joseph<br />

Chapoutier Les<br />

Granites, 1997<br />

Rubino scarico e austero, è<br />

un vino che comincia a espri-<br />

Le degustazioni 95


mere le vere potenzialità aromatiche<br />

del syrah rodaniennes:<br />

confettura di prugne,<br />

menta, rabarbaro, tartufo e<br />

anche una sfumatura di cioccolato<br />

nel finale. In bocca<br />

entra morbido, è liscio e ha<br />

ancora un’acidità elevata con<br />

un finale che resta dolce e<br />

lungo.<br />

Giudizio. Vino maturo, ma<br />

ancora ben retto dall’acidità<br />

importante ma che non disturba.<br />

La denominazione è<br />

forse spesso sottovalutata.<br />

96 Le degustazioni<br />

Cote Rotie Gilles<br />

Boyer cuveé<br />

tradition, 2004 (mg)<br />

Rubino granato, esprime<br />

note di frutti rossi, minerali,<br />

di pepe, di asfalto. In bocca<br />

il vino è imponente, il<br />

tannino piuttosto granuloso<br />

forse accentuato dall’elevata<br />

acidità ma nel complesso<br />

equilibrato ed elegante. Il<br />

finale è dolce e persistente.<br />

Giudizio. È un vino austero,<br />

ancora di non immediata<br />

bevibilità ma elegante<br />

e lungo.<br />

Cote Rotie Guigal<br />

La Turque (cote<br />

brune), 2001<br />

Colore concentrato, cardinalizio,<br />

molto più degli altri.<br />

Naso difficilmente più intenso<br />

e speziato. Si va da note<br />

di frutti neri a note di cipria<br />

e cioccolato, balsamiche e<br />

soprattutto una sfumatura<br />

esotica di incenso che lo<br />

contraddistingue. In bocca è<br />

morbido, pieno e cremoso,<br />

con una struttura imponente<br />

che fila via liscia sul palato<br />

lasciandolo pulito dall’ottima<br />

freschezza. Il finale è<br />

ancora dolce e speziato.<br />

Giudizio. Ottima rispondenza<br />

naso/bocca e varietà di<br />

espressione. Non si finisce<br />

mai di apprezzarne i profumi<br />

e l’esotica piacevolezza.<br />

È un<br />

vino di grande<br />

personalità.

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