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sped. in A.P. 45% art. 2. comma 20/B legge 662/96 Prato CPO<br />
il piacere<br />
della tavola<br />
in Toscana<br />
in Italia<br />
nel mondo<br />
GOLA<br />
<strong>gioconda</strong><br />
Itinerari<br />
Colli Bolognesi<br />
4 2006<br />
€ 3,50<br />
edizioni Aida
Editoriale<br />
Di tempo ne è passato da quando si mangiavano crude le<br />
interiora di animali per carpire il coraggio e la forza della<br />
bestia uccisa. Dire che si fa la stessa cosa mangiando un<br />
panino con il lampredotto è un po’ esagerato. Ma si sa,<br />
le discussioni spesso degenerano e il dibattito tra<br />
vegetariani e animalisti da una parte e cicciaioli<br />
onnivori dall’altra è spesso acceso. In questo numero di<br />
<strong>Gola</strong> tentiamo di fare un po’ di chiarezza sull’argomento, magari<br />
partendo da lontano, come fa nel suo intervento Lara Fantoni, che,<br />
citando Noè dopo il diluvio (“Ogni animale che si muove e ha vita<br />
sarà il cibo”), sostiene giustamente che “non c’è forma di vita<br />
animale di cui gli uomini non abbiano almeno provato a nutrirsi, a<br />
dispetto della difficoltà di procurarsela o perfino del ribrezzo che<br />
essa poteva ispirare. Niente sembra spaventare l’essere onnivoro che<br />
è in noi, in assenza di un fatto culturale forte che lo convinca della<br />
assoluta gravità del mangiare cadaveri e ne proscriva la pratica”.<br />
Già, mangiare cadaveri; è l’accusa più forte che fanno i vegetariani<br />
ai carnivori, insieme a quella che identifica in un qualsiasi<br />
allevamento un lager o comunque un luogo di abiezioni. Lorenzo<br />
Sbolgi ci racconta nel suo articolo la scelta controcorrente degli<br />
allevatori toscani, che parte dalla tutela degli animali per arrivare –<br />
cinicamente, potrebbe dire qualcuno – alla produzione di carni di<br />
qualità. Certo è che però la cruenza un qualche peso sui sapori ce<br />
l’ha. Basta pensare alla caccia e alla pesca; Alessandro Ferri prova ad<br />
aumentare la confusione che alberga in noi insinuando qualche<br />
legittimazione culturale dell’universo venatorio guardato attraverso<br />
la lente d’ingrandimento gastronomica. Ma gli animali non<br />
vengono solo mangiati; quelli di compagnia vengono anche<br />
coccolati a suon di pappine, scatolette, snack, croccantini; ma<br />
cosa c’è davvero nel cibo degli animali che vivono con noi? Silvia<br />
Vigiani ha spulciato tra etichette e ingredienti e trae conclusioni<br />
non sempre incoraggianti per la salute degli amici a quattro zampe.<br />
Che ad altre latitudini finiscono spesso in pentola, a conferma del<br />
fatto che i tabù e le abitudini alimentari cambiano da paese a<br />
paese; Sandro Bosticco sviluppa l’argomento con la competenza<br />
che gli deriva tra l’altro dall’aver assaggiato formiche e cavallette,<br />
zebre e giraffe; e per non smentire la sua fama di degustatore a<br />
tutto tondo, ci descrive aspetto, odore e sapore di alcuni tipi di<br />
cibo in scatola per gatti.<br />
Se dopo aver letto tutto questo riuscirete impassibilmente a<br />
gustare i piaceri delle feste, allora meritate i nostri più sinceri<br />
auguri. Al prossimo anno.<br />
1
s o m m a r i o<br />
4 Cane non mangia cane?<br />
SANDRO BOSTICCO<br />
11 A misura di animale<br />
LORENZO SBOLGI<br />
17<br />
21<br />
26<br />
Pranzi da signore<br />
ALESSANDRO FERRI<br />
I (dis)piaceri<br />
della carne<br />
LARA FANTONI<br />
Ciotola pazza<br />
SILVIA VIGIANI<br />
Speciale Valore Toscana<br />
Gli itinerari di <strong>Gola</strong><br />
Colli bolognesi<br />
di Giovannina Pelagatti<br />
31 De gustibus<br />
SANDRO BOSTICCO
60 Cibo fra le righe<br />
Staseranonesco<br />
63 Diabolico peposo<br />
Gustati per voi<br />
65 Un giardino di sapori<br />
66 Locali per un giorno<br />
69<br />
Slow Food Firenze<br />
Un anno vissuto<br />
con gusto<br />
Appuntamenti<br />
71 con il gusto<br />
75 Winelovers<br />
88 <strong>Gola</strong> cocktail<br />
89 Le degustazioni<br />
<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong><br />
I piaceri della tavola<br />
in Toscana<br />
Trimestrale<br />
www.gola<strong>gioconda</strong>.it<br />
posta@gola<strong>gioconda</strong>.it<br />
Realizzazione editoriale, grafica,<br />
impaginazione, riproduzione<br />
immagini:<br />
edizioni Aida<br />
Via Maragliano 31/A,<br />
50144 Firenze<br />
Tel. 055 321841<br />
Fax 055 3215216<br />
Direttore editoriale<br />
Leonardo Romanelli<br />
Direttore responsabile<br />
Lirio Mangalaviti<br />
Coordinamento redazionale<br />
Chiara Tacconi<br />
In redazione<br />
Maurizio Izzo, Daniela Lucioli,<br />
Cristiano Maestrini,<br />
Silvia Vigiani<br />
Hanno collaborato a questo numero<br />
Sandro Bosticco, Serge<br />
Cavalieri, Rina Faccenda,<br />
Lara Fantoni, Alessandro Ferri,<br />
Giovannina Pelagatti,<br />
Luigi Pittalis, Lorenzo Sbolgi<br />
Progetto grafico<br />
Lucia Chieffo<br />
Copertina<br />
Chiara Raugei<br />
Disegni originali<br />
Chiara Raugei<br />
Abbonamento annuale<br />
(4 numeri) 12,00 euro da<br />
versare sul c/c postale<br />
n. 25030503, intestato a Aida,<br />
causale del versamento<br />
“abbonamento a 4 numeri di<br />
<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong>”<br />
Pubblicità:<br />
Aida srl, tel. 055 3218448<br />
Stampa<br />
Nuova Grafica Fiorentina,<br />
Firenze<br />
Aut. del Trib. di Firenze<br />
n. 4843 del 18/12/98
Cane non mangia cane?<br />
4<br />
SANDRO BOSTICCO<br />
Come i tabù alimentari cambiano<br />
con le latitudini e le culture<br />
L’autorevole rivista britannica New Scientist ha festeggiato<br />
il cinquantesimo compleanno alla sua maniera, buttando<br />
lì una domanda ai propri colaboratori, tutti professoroni<br />
e super-ricercatori di fama internazionale: quali traguardi<br />
raggiungerà l’umanità tra altri cinquant’anni? Fra le risposte,<br />
pubblicate sull’ultimo numero, viene dato per certo che<br />
verrà compreso il linguaggio degli animali. Con una conseguenza<br />
non da poco: non avremo più l’animo di mangiarli!<br />
Gli scienziati danno per scontato che comprendere lamenti e<br />
proteste dei poveracci mentre vanno al mattatoio o semplicemente<br />
renderci conto che i tonni imparano il teorema di<br />
Pitagora meglio di nostro figlio inibirà il consumo di carne e
pesce. Mi viene da pensare che, di questo passo, il secolo<br />
successivo rischieremo di decodificare anche i messaggi delle<br />
piante, finendo come conseguenza per nutrirci di sabbia.<br />
Chi avrà il coraggio, nel 2200, di preparare il pesto mentre la<br />
piantina di basilico sul terrazzo si lamenterà: “Ohi-ohi, che<br />
fai, mi strappi le foglie?”. In attesa di conversare con la pecora<br />
di fronte sull’Eurostar o di accompagnare la tartaruga dallo<br />
psicanalista, per il momento siamo ancora ai tabù classici,<br />
che dettano regole in questa o quella regione del mondo. Quindi<br />
mangiamo cinghiali sì e pappagalli no, cani e conigli dipende<br />
da dove, ragni dipende in quale cerimonia,<br />
maiali e manzi dipende dalla religione (la<br />
nostra; anche se non è escluso che anche<br />
gli animali ne abbiano di loro...).<br />
Sempre dal Regno Unito, ma più<br />
precisamente dal Galles, arriva<br />
un’altra notizia degna di nota: la<br />
Black Mountains Smokery, un<br />
laboratorio artigianale che affumica<br />
pesci, carni e formaggi<br />
come si deve, viene costretta<br />
dalle autorità locali a cambiare il<br />
nome della sua salsiccia più popolare,<br />
chiamata finora Welsh Dragon,<br />
cioè “drago gallese” in omaggio al simbolo<br />
del paese. “Il prodotto non era denominato con precisione<br />
sufficiente a informare il consumatore sulla sua natura”<br />
è stata la motivazione secondo una dichiarazione del governo<br />
locale riportata dal “Times” in novembre, che per correttezza<br />
riferisce anche il commento di Jon Carthew, proprietario del<br />
laboratorio: «Non posso credere che alcuno dei nostri clienti<br />
creda che mettiamo nelle nostre salsicce carne di drago!». E<br />
poi ci lamentiamo delle varie autorità italiane...<br />
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Nelle migliori librerie<br />
e direttamente<br />
presso le edizioni Aida<br />
tel. 055 321841<br />
promo@aidanet.com<br />
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6<br />
Consorzio Chianti Colli Senesi<br />
c/o CCIAA Piazza Matteotti, 30 - 53100 Siena<br />
Tel. 0577 202584 - Fax 0577 43186<br />
www.collisenesi.it - collisenesi@virgilio.it
➤<br />
Siamo ciò che mangiamo?<br />
Se sono ciò che mangio – o meglio ciò che ho mangiato –<br />
personalmente dovrei aver assimilato il carattere di svariati<br />
animali, dal momento che pur essendo nella realtà quotodiana<br />
formaggio-dipendente mi sono spesso lasciato prendere<br />
dalla curiosità e ho messo in bocca (e quasi sempre nello<br />
stomaco) uno svariato numero di carni diverse, appena se ne<br />
è presentata l’occasione. L’ultima bizzarria l’ho assaporata un<br />
mese fa al mitico Salone del Gusto di Torino, quando sono<br />
transitato nel settore delle specialità internazionali messe sul<br />
palcoscenico da Slow Food. Mi sono accostato al banco del<br />
“Waranà nativo dei Saterè Mawè”, detto anche guaranà. Si<br />
tratta di una liana dell’Amazzonia, molto tonica anche se francamente<br />
poco gradevole (immaginatevi una polvere di tannini);<br />
nell’occasione veniva grattugiata in un bicchier d’acqua.<br />
Dunque per meglio mandar giù l’intruglio (che mi ha ricordato<br />
il povero Pinocchio alle prese con la medicina della Fatina)<br />
i brasiliani del Salone l’avevano studiata bella: accompagnamento<br />
di formiche! L’abbinamento tutto amazzonico mi<br />
ha portato così a degustare dei microbocconi croccanti e scuri.<br />
Gli insetti erano stati essiccati e venivano privati sul posto<br />
delle zampette, con un gentile sorriso. Il gusto è risultato assolutamente<br />
gradevole, con un fondo dolciastro che andava a<br />
combinarsi con l’amaro del Waranà. L’amico birrologo Luca<br />
Gatteschi degustando al mio fianco fantasticava di abbinamenti<br />
con birre asciutte e molto luppolate. A entrambi l’aroma<br />
delle formiche ha ricordato gli involtini orientali.<br />
Quanto alle cavallette messicane come snack da passeggio, ve<br />
ne ho già parlato in un recente <strong>Gola</strong> Gioconda. Andando<br />
indietro nel tempo, ricordo invece la visita a un ristorante<br />
alla periferia di Nairobi dal nome roboante: “Carnivore”.<br />
Qui ci si sedeva all’aperto aspettando che il cameriere passasse<br />
con quello che l’enorme griglia centrale andava offrendo<br />
via via. C’era un prezzo fisso, che comprendeva portate a<br />
oltranza (quando non se ne poteva più, si ammainava l’appo-<br />
➤<br />
7
8<br />
Alimentazione<br />
forzata<br />
delle iene<br />
in una tomba<br />
egiziana<br />
➤<br />
sita bandierina). Assaggiai in sequenza la zebra (vera delizia<br />
per i tifosi viola, ma niente male anche per quelli come me<br />
con una dieta senza calcio); l’impala, sorta di antilope tenera<br />
al gusto quanto alla vista (da viva); la giraffa (dal sapore vagamente<br />
porcellino); la coda di coccodrillo (bianchiccia, molle<br />
e delicata contro ogni aspettativa). Tutto sommato qualcosa<br />
da raccontare nei salotti più che da ricordare per profumi e<br />
sapori, anche perché si trattava certamente di animali di allevamento,<br />
pur se allo stato brado. Era il lontano ’93, e fui a un<br />
passo dall’assaggio della bevanda quotidiana dei Masai, costituita<br />
da un cocktail che sembrava studiato in funzione antisemita:<br />
latte e sangue bovino (e il sangue viene salassato dall’animale<br />
vivo!). Mancarono, inoltre, alla serie delle degustazioni<br />
altri noti abitanti della savana, come i serpenti (forse<br />
perché assolutamente complicati da allevare in batteria...).<br />
Ma da altre parti sono molto popolari: gli aborigeni australiani<br />
cantavano addirittura una strofetta popolare che suona<br />
più o meno “Se sapevo che arrivavi potevo arrostire un serpente”;<br />
un pensierino gentile che comprendeva, presumo, il<br />
tempo e lo sforzo per la cattura.<br />
Mi è andata male invece con l’orso, che ho invano inseguito<br />
(in senso gastronomico) durante un soggiorno a Mosca, una<br />
decina di anni fa. A conti fatti è stato meglio così, visto l’alto<br />
numero di casi di trichina trasmessi in anni recenti proprio<br />
da questo animale e il recente rischio di avvelenamento spionistico<br />
da polonio.<br />
Tornando piuttosto a memorie “nostrane” (si fa per dire) mi<br />
rammento un ristorante di San Basilio, nel Cagliaritano, visitato<br />
nel ’76. Fu servito come specialità l’“asino non nato”, in<br />
pratica un feto arrosto, francamente molto buono a parte
l’idea. Mentre anche oggi salami e stracotti di ciuco (adulto)<br />
sono relativamente diffusi in certe zone del nord, la specialità<br />
sarda sopravvive a livello privato: mi dicono anzi che con le<br />
budellina del non-nato si può insaccare addirittura del formaggio<br />
fresco... Certo è che la Sardegna è salda in testa alla<br />
classifica regionale delle carni strane, considerando fra queste<br />
anche i vermi: si tratta degli allegri abitatori del formaggio<br />
casumarzu, dove marzu sta per “marcio” e non certo per<br />
“marzo” come nel caso dell’innocente marzolino toscano!<br />
Un’idea diffusa, quasi un mini-tabù rimane che sia meglio<br />
evitare di nutrirci di carnivori. Qualche tentativo, comunque,<br />
è stato fatto anche in questa direzione.<br />
È di quattromila e cinquecento<br />
anni fa l’immagine di antichi<br />
egiziani alle prese con delle iene. Un<br />
bassorilievo su una tomba di Saqqara<br />
è dedicato a scene di allevamento<br />
e macellazione, più che altro di bovini.<br />
Ma una sezione particolare illustra<br />
addirittura l’alimentazione forzata<br />
delle iene, sullo stile delle oche<br />
francesi, condannate oggi a produrre<br />
fois gras. Il caso è tuttavia isolato, e non<br />
sappiamo quanto il faraone lo abbia gradito.<br />
Il tema del mangiar carni non può dirsi concluso senza considerare<br />
l’estremo degli estremi, il cannibalismo. L’argomento<br />
è già ricco di morbosa letteratura. Vi lascio piuttosto con<br />
una domanda paradossale: e se considerassimo normale gustare<br />
le carni dei nostri simili quando capita, senza ammazzare<br />
nessuno allo scopo? In cambio, e molto più saggiamente,<br />
potremmo rendere invece tabù la diffusa pratica di ucciderci<br />
l’un l’altro. In questa prospettiva sono pronto da parte mia a<br />
portare nel portafoglio la scritta “dichiaro di voler donare i<br />
miei organi e tessuti dopo la morte a scopo di trapianto”,<br />
con l’aggiunta “...e/o di degustazione”.<br />
9
A misura di animale<br />
Zeri, Greve in Chianti, Valdarno, Orbetello. Sono i quattro<br />
punti cardinali dell’allevamento toscano; luoghi che, a fronte<br />
di prodotti diversi, hanno denominatori comuni: la tradizione,<br />
la tutela degli animali, la cura del buon allevamento.<br />
Qui le tecniche utilizzate affondano le radici nel passato. Di<br />
intensivo non c’è niente. Animali lasciati liberi di pascolare<br />
nei campi, spinti a mangiare fieno ed erba coltivata biologicamente,<br />
che ne garantiscono la crescita e la qualità delle<br />
carni. Discorso analogo per l’itticoltura orbetellana, vera patria<br />
di anguille e ostriche. Allevatori custodi di razze autocto-<br />
LORENZO SBOLGI<br />
Da Zeri a Orbetello, la scelta controcorrente<br />
degli allevatori toscani<br />
➤<br />
11
12<br />
➤<br />
ne, giovani che hanno scelto di tornare all’agricoltura, tecniche<br />
innovative nei processi: allevamento in Toscana è anche<br />
questo. Spigolature di un settore che da sempre vanta un’importanza<br />
legata non solo ai numeri, ma, appunto, alla qualità.<br />
L’agnello di Zeri<br />
Costeggiando le Alpi Apuane e raggiungendo Pontremoli, una<br />
lunga strada inerpicata fra i castagni, terra di marroni e di<br />
porcini, ti porta nelle valli di Zeri. Qui in un paesaggio quasi<br />
dolomitico si muovono, corrono e sgambettano i famosi agnelli<br />
di Zeri. Chef e critici non hanno dubbi: sono gli agnelli più<br />
buoni che esistano. Con un’alimentazione composta da latte<br />
materno e pascolo, la carne degli agnelli non può che essere<br />
straordinaria: dolce al palato, molto tenera «ma non “sfuggente”<br />
in quanto lascia in bocca<br />
una “presa” molto evidente» sottolineano<br />
i ristoratori locali. La preparazione<br />
più tradizionale è l’agnello<br />
cotto nei testi: una sorta di forno<br />
“portatile” in ghisa (un tempo<br />
di terracotta) con la forma di una<br />
pentola bassa e larga che viene riscaldato<br />
sul fuoco di fascine di legna<br />
e con il calore della brace ardente.<br />
La cottura nel testo è una<br />
via di mezzo fra quella al forno e<br />
quella al vapore. Ma il segreto del<br />
successo di questo piatto sta tutto<br />
nell’allevamento. «La tutela dei capi<br />
è garantita dal Consorzio – spiegano<br />
Cinzia Angiolini, Patrizia Figaroli<br />
e Valentina Merletti, tre giovanissime allevatrici, nonché<br />
appartenenti al consorzio – Nel 2001 è nata questa realtà<br />
per la valorizzazione e la tutela dell’agnello di Zeri, che si è<br />
dotata di norme rigorose». L’altra curiosità è legata proprio<br />
agli allevatori, per la quasi totalità donne. «Anche questo fa<br />
parte della tradizione – spiegano le tre allevatrici – da sempre<br />
l’allevamento è patrimonio delle donne e in qualche modo<br />
abbiamo continuato la tradizione».<br />
Le capre di Greve<br />
Distanti qualche centinaia di chilometri dalle vette apuane, a<br />
Greve in Chianti, alle porte di Firenze, a pascolare libere nei<br />
prati sono una cinquantina di capre. È il gregge dell’Azienda
agricola Podere Le Fornaci dove Marco Cassini e Gianluca<br />
Tavanti hanno sposato la vita agreste dopo varie esperienze<br />
d’altro genere. Anche in questo caso a colpire è la cura con la<br />
quale vengono allevati i capi. I fronti di produzione dell’azienda<br />
sono la vendita di latte di capra (particolarmente indicato<br />
per chi ha problemi a digerire il latte vaccino e indicato nell’alimentazione<br />
dei bambini) e, soprattutto, di formaggi caprini:<br />
il vero core business delle Fornaci. Al macello sono destinati<br />
soltanto i capretti, salvo qualche “fortunato” utilizzato<br />
come riproduttore. «La nostra è stata una scelta di vita –<br />
spiegano i due soci – Dopo esperienze in vari settori abbiamo<br />
scelto questo ritorno all’agricoltura, fra mille difficoltà,<br />
ma con una vita più serena e tranquilla. Certo gli impegni<br />
non sono indifferenti: abbiamo scelto una forma di allevamento<br />
particolare. Le nostre capre pascolano libere nei campi<br />
circostanti l’azienda e non mangiano altro se non qualche<br />
integratore, rigorosamente naturale e prodotto direttamente<br />
da noi, così facendo, però, abbiamo la garanzia di un latte di<br />
altissima qualità e, di conseguenza, di un formaggio altrettanto<br />
buono». I due si sono divisi i compiti: Marco, dottore in<br />
agraria, è l’addetto alle capre, dà loro da mangiare, le munge,<br />
le pulisce, le porta al pascolo. Gianluca, un passato da addetto<br />
alle luci in vari teatri del mondo, ha imparato l’arte casearia.<br />
È lui che lavora il latte unendolo al siero, lo sala e lo fa<br />
invecchiare, per poi venderlo, in una filiera cortissima, o<br />
direttamente in azienda o nei mercati bio della Toscana.<br />
Il pollo del Valdarno<br />
Lo chiamavano il pollo delle buccole, perché ai tempi della<br />
mezzadria le donne riuscivano a comprarsi i preziosi monili<br />
grazie al suo allevamento. È solo uno dei tanti risvolti curiosi<br />
legati al pollo del Valdarno. Carne gialla, piumaggio anomalo<br />
(finché non è adulto sembra quasi spennato) abituato a scorrazzare<br />
in lungo e in largo per i campi. Di stare in gabbia,<br />
magari rinchiuso in pochi centimetri al fianco di altri “colleghi”<br />
in attesa di incamminarsi verso le tavole proprio non<br />
vuole saperne. Ed anche questa particolarità gli dona quelle<br />
caratteristiche apprezzate in cucina; alla diavola, ripieno o in<br />
tutte le altre salse a lui dedicate dai menù di questa parte di<br />
territorio toscano. Il merito di aver conservato fino ad oggi,<br />
o meglio riscoperto, il pollo del Valdarno va ad un nutrito<br />
gruppo di allevatori custodi. «Nel 2001 sono entrata a far<br />
parte di un gruppo di Allevatori – spiega Lilia Gonnelli Sbaraglia<br />
– che, sotto la guida dell’Arsia Toscana, in collabora-<br />
➤<br />
13
➤<br />
zione con l’Università di Firenze e di Milano, si è messo al<br />
lavoro per il recupero e la valorizzazione della razza. Sono<br />
stati definiti gli standard di razza ed è iniziata così una severa<br />
selezione degli animali». Oggi Lilia si occupa soprattutto della<br />
prima parte della filiera. Della riproduzione, attraverso una<br />
serie di famiglie selezionate, i cui frutti “migrano” poi in altri<br />
allevamenti della zona. Come quello di Francesca Romana<br />
Farina, nella cui azienda agricola svolazzano da un capo all’altro<br />
polli in libertà, vigilati costantemente da tre cani pastori<br />
che ne tengono lontani i predatori d’ogni tipo. «Ho raccolto<br />
l’eredità di famiglia – spiega Francesca – ed oggi è quasi<br />
una missione. Alleviamo i nostri polli con la massima<br />
cura e il rispetto di un disciplinare rigido<br />
che garantisce poi i consumatori». E il prezzo?<br />
«Onestamente è chiaro che non possiamo competere<br />
con alcuni prodotti tipici da banco –<br />
chiosa Francesca – ma nemmeno le loro carni<br />
con quelle dei polli che alleviamo noi».<br />
La laguna di Orbetello<br />
Il comparto dell’itticoltura rappresenta una vera<br />
e propria garanzia: forte di un’esperienza consolidata,<br />
sin dagli anni ‘60 nel comune di Orbetello<br />
si è sviluppato uno dei primi poli italiani di itticoltura<br />
in acque saline, poi cresciuto fino a raggiungere<br />
le attuali dimensioni. Otto impianti in tutto, la maggior<br />
parte dei quali specializzati nella produzione di spigole, orate<br />
e ombrine “bocca d’oro”, in acquacoltura intensiva, di anguille<br />
e muggini, in acquacoltura estensiva, nella laguna di<br />
Orbetello, e di ostriche. Dalle vasche del polo orbetellano<br />
escono ogni anno fra le 1.500 e le 2.000 tonnellate di pescato<br />
a marchio “Pesce di Orbetello”, garantito da un rigido disciplinare<br />
ad adesione volontaria, adottato da tutti i produttori.<br />
Il disciplinare prevede, tra l’altro, l’utilizzo esclusivo di mangimi<br />
a base di farine di pesce o di soia non transgenica, oltre<br />
ad una catena di controlli sanitari per la prevenzione delle<br />
ittiopatologie. «La forza del polo produttivo orbetellano – spiega<br />
Massimo Guerrieri, presidente di Federcoopesca – consiste<br />
nella capacità di innovazione conseguente ad una continua<br />
attività di ricerca e sperimentazione, tanto che, dopo<br />
l’introduzione dell’ombrina bocca d’oro, si è passati all’allevamento<br />
di ostriche, e si stanno conducendo sperimentazioni<br />
su sogliole, polpi e cozze in vista di una loro possibile<br />
introduzione nel ciclo produttivo».<br />
15
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16<br />
GUIDA AI LUOGHI<br />
DEL MANGIARE<br />
BENE DI FIRENZE<br />
E DINTORNI<br />
GUIDE OF GOOD<br />
EATING PLACES<br />
IN FLORENCE<br />
AND OUTSKIRTS
Pranzi da signori<br />
Caccia e tavola. Binomio primario, ancestrale forse. E la<br />
pesca? Binomio un po’ meno aulico e saporoso. Confermato<br />
anche dalle pratiche delle medesime discipline, la pesca soprattutto<br />
all’estero è molto animata dal cosiddetto “catch&release”<br />
(acchiappa e molla) che sembra molto etico. Meno probabile<br />
centrare in piena fronte un cinghiale di qualche centinaio di<br />
chili e poi dirgli, vabbè abbiamo scherzato, te ne puoi tornare<br />
nel bosco. Chissà se la cruenza ha qualche peso anche sui sapori.<br />
Cinghiale e trota stanno abbastanza agli antipodi, come i<br />
vini che siamo soliti berci in abbinata. Rossi di potenza per<br />
l’uno e bianchi di fragranza per l’altra. Anche se adesso pare<br />
vada di moda il lambrusco sul cacciucco. Voi lettori come vi<br />
sentite: cacciatori o pescatori? Rossi o bianchi? Brunello o Sauvignon?<br />
Se siete incerti proviamo ad aumentarvi la confusione<br />
con qualche legittimazione culturale dell’universo caccia-pesca<br />
Altro che cacciatori preistorici: l’arte di Diana<br />
è roba da gourmet<br />
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ALESSANDRO FERRI<br />
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➤<br />
guardato attraverso la lente d’ingrandimento gastronomica (o<br />
viceversa).<br />
«E giunti a casa, riponeva il cuoio: / e i can governa e mette<br />
nella stalla / il canettier poi all’infrescatoio / trovasi ognuno co’<br />
bicchieri a galla. / Quivi si fa un altro uccellatoio, quivi le<br />
starne alcun non lascia o falla / pare trebbiano il vin sendo<br />
cercone / sì fa la voglia le vivande buone». Amava cantare il<br />
nostro progenitore Lorenzo il Magnifico. Ai suoi tempi cacciagione<br />
e alta cucina erano sinonimi.<br />
Zeffiro Ciuffoletti, storico, ama annotare che<br />
«con una cultura alimentare così raffinata le corti<br />
italiane fecero scuola nelle corti europee. Firenze<br />
però mantenne un suo spiccato carattere nelle cucine<br />
di caccia, passando dagli arrosti ai raffinati e complessi<br />
piatti di selvaggina in dolceforte, dalla lepre al cinghiale,<br />
dal capriolo al colombaccio. Questo è rimasto un carattere<br />
distintivo della cucina fiorentina, così come le terrine di selvaggina<br />
e i pasticci o i pani specialmente di lepre. Come avviene<br />
in altri paesi europei (Austria, Francia, Spagna) bisognerebbe<br />
tornare a consumare queste carni che permettono di offrire<br />
piatti di grande tradizione e di grande raffinatezza. Alcuni dei<br />
grandi vini rossi, dal Brunello al Morellino, sembrano fatti<br />
apposta per i piatti di selvaggina».<br />
Aristocratici e poveracci in canna accomunati dal desco. Già.<br />
Se siete patiti dell’arrosto misto, credete di cavarvela in due<br />
balletti pensando che sia un piatto povero senza una storia alle<br />
spalle? Illusi. È molto peggio. Sentite come ve lo canta un altro<br />
storico di vaglia, Franco Cardini. Il professore sta tracciando<br />
l’universo simbolico che apparenta in vario modo caccia e cucina.<br />
«L’origine dell’arrosto misto è servile. si trattava di quarti<br />
dei vari anumali cucinati, ma scartati dai signori e lasciati ai<br />
famigli. Non è detto per nulla che si trattasse delle carni peggiori:<br />
erano solo le meno nobili». Capito? Ora siete avvertiti.<br />
Se vi appassiona il boccon del prete, magari state addentando<br />
una roba da clochard. Però occhio anche al fagiano e a come<br />
➤<br />
19
20<br />
➤<br />
ve lo presentano, potreste incappare a vostra insaputa in una<br />
misurazione della vostra sensibilità universale. Parola di filosofo.<br />
In un’intervista fatta da Antonio Gnoli su “La Repubblica”<br />
nientepopodimeno che a Tullio Gregory, parlando di Brillat-<br />
Savarin, definito il primo gastrosofo moderno, l’insigne luminare<br />
del pensiero, dice: «Si attribuì la più grande scoperta del<br />
diciannovesimo secolo. La cena che si deve offrire a un ospite<br />
di cui non si conoscono i gusti deve essere comunque commisurata<br />
all’entità del portafoglio. Ma aggiunse: se davanti a un<br />
fagiano disossato e ripieno di tartufi all’ospite non vengono le<br />
lacrime agli occhi, ci si alzi e si consideri il pranzo terminato».<br />
Un grande cuoco francese, Fernand Point, amava ripetere a<br />
proposito della selvaggina che se il divino creatore si era preoccupato<br />
di offrirci animali tanto squisiti «il minimo che l’uomo<br />
può fare è di cucinarli come meritano e di servirli con<br />
pompa e solennità». Quindi voi che volete fare: ammollare<br />
sulla tovaglia di plastica pernici, salmoni e tinche così alla Carlona?<br />
(A proposito, qualcuno sa confermare se la Carlona era<br />
proprio una ostessa grande e grossa sgarbatissima nel trattare i<br />
clienti?). Adesso sapete che vi portate dietro una tradizione<br />
millenaria, che dico, sempiterna. Già, perché con le ricette si<br />
parte dall’uomo primitivo. Ecco quella del Paleolitico immaginata<br />
dal mensile “Focus”: apertura con grilli crudi, noci e nocciole.<br />
Poi si passa alla zuppa di ortiche. Piatto forte il bisonte<br />
in casseruola e per finire macedonia di bacche rosse.<br />
Oggi invece potrete trovare più accessibili i filetti di lepre in<br />
civet profumato con frittata di cardi e castagne al vino rosso.<br />
Oppure: tordi in galera. O ancora: guazziglio di fegato e ventriglio<br />
d’oca. E poi ancora da snocciolare a voce alta in endecasillabi<br />
alla Gassman o in formazioni di calcio alla Ciotti (che è<br />
lo stesso): tinche all’arancia. Parfait di trota salmonata. Mousse<br />
di trota affumicata in cialda di parmigiano. Barbo alla senape.<br />
Crepinette di capriolo in salsa di semi di senape. Cinghiale<br />
lardellato con olive taggiasche e patate al rosmarino. Pernice al<br />
fegato grasso d’oca con funghi porcini in casseruola...
I (dis)piaceri<br />
della carne<br />
«Paura e terrore di voi siano in tutte le creature del mondo:<br />
gli uccelli che volano nel cielo, e le bestie che vanno sulla terra,<br />
e i pesci del mare. Essi sono ora in vostro potere. Ogni animale<br />
che si muove e ha vita sarà il vostro cibo». (Genesi 9, 2-3).<br />
Così Noè scendendo dall’arca, al ritirarsi delle acque del diluvio.<br />
Davvero drastico il patriarca, non c’è che dire. Eppure le<br />
cose sono andate proprio come il buon vecchio nocchiero aveva<br />
profetizzato: ogni animale che si muove e ha vita (pesci<br />
compresi) ha finito per diventare cibo per gli uomini. Non c’è<br />
forma di vita animale di cui gli uomini non abbiano almeno<br />
provato a nutrirsi, a dispetto della difficoltà di procurarsela o<br />
perfino del ribrezzo che essa poteva ispirare. Niente sembra<br />
spaventare l’essere onnivoro che è in noi, in assenza di un fatto<br />
culturale forte (sociale, religioso, sanitario, ambientale, o tutte<br />
le cose insieme) che lo convinca della assoluta gravità del mangiare<br />
cadaveri e ne proscriva la pratica.<br />
➤<br />
LARA FANTONI<br />
“Cadaveri? No, grazie!” Viaggio alle radici<br />
del mangiare vegetariano<br />
21
➤<br />
Tutti gli animali sono uguali, ma…<br />
Eppure chi di noi (dando per scontato che il lettore tipico, o<br />
meglio eponimo, di “<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong>” sia onnigaudente e di<br />
conseguenza onnivoro: per libera scelta, per partito preso e<br />
per piacere) non si è mai ritrovato a tavola con un ospite che,<br />
al comparire in tavola delle lasagne al ragù o della bistecca al<br />
sangue, declina la porzione offertagli con un sommesso e riservato,<br />
ma in fondo in fondo un po’ risentito: «No, grazie, io<br />
non mangio carne», quando non un francamente terroristico<br />
«Non mangio cadaveri, io», assumendo un’espressione compunta<br />
da convitato di pietra, capace di raggelare una compagnia<br />
di alpini al quinto grappino. E chi di noi (sempre di<br />
lettori tipici di “<strong>Gola</strong> <strong>gioconda</strong>” si parla) non è poi stato testimone<br />
dell’affannarsi del padrone di casa a proporre una soluzione<br />
in grado di accontentare l’ospite, che magari accetta di<br />
buon grado (a meno che non si tratti di un integralista vega-<br />
no duro e puro: ma sono pochi, molto pochi) un risotto alla<br />
spigola, una tagliata di tonno o una grigliata di scampi. E chi<br />
di noi non ha pensato «Ma come? Allora i pesci morti non<br />
sono cadaveri? I crostacei non hanno diritto di cittadinanza<br />
tra gli esseri viventi?».<br />
Questa sottile ipocrisia parrebbe un retaggio delle regole del<br />
mangiar di magro dettate dalla Chiesa in età medievale, quando<br />
nei giorni di astinenza dalla carne erano però consentiti<br />
certi pesci definiti, appunto, “magri”. Norme di igiene, regole<br />
di culto che all’epoca potevano avere un senso, dettate com’erano<br />
da particolari circostanze storiche, economiche e sociali e<br />
da scarse conoscenze di fisiologia animale. Ma pare un po’<br />
stonato, quanto non francamente filisteo, che certe pratiche<br />
continuino a essere radicate e per giunta giustificate con ragionamenti<br />
più o meno filosofici. Sarebbe forse meglio che gli<br />
pseudovegetariani che mangiano il pesce ma non la carne ammettessero<br />
che la carne degli animali “superiori”, semplicemente,<br />
non gli piace, oppure che ritengono che un pollo morto<br />
sia uno scempio più orrendo di un pesce morto (anche se a<br />
volte, ahinoi, le loro carni hanno più o meno lo stesso sapore).<br />
Intanto, alla memoria si affaccia prepotente l’epigrafe del decalogo<br />
orwelliano «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali<br />
sono più uguali degli altri».<br />
Lo diceva anche Plutarco<br />
Per secoli, anzi millenni, la cultura, almeno quella occidentale<br />
antropocentrica di matrice greca, ha lavorato per giustificare<br />
l’onnivoracità dell’uomo. Lo stesso Aristotele, nella sua Politica,<br />
consigli di lettura<br />
➤<br />
Dalla parte<br />
dell’aragosta<br />
Due autori americani divisi<br />
da tre generazioni; due<br />
titoli che sono uno la citazione<br />
dell’altro; due modi<br />
diversi di guardare al piacere<br />
della tavola e al nutrirsi<br />
di esseri viventi; due<br />
letture da consigliare a vegetariani<br />
e non, per sdrammatizzare<br />
o per riflettere.<br />
Consider the Oyster (trad.<br />
it. Biografia sentimentale<br />
dell’ostrica, Neri Pozza<br />
2005) di M.F.K. Fisher,<br />
forse la più grande scrittrice<br />
di cose di cibo e di vita<br />
del ‘900: un viaggio appassionante<br />
nel mondo di uno<br />
dei cibi-simbolo dell’occidente,<br />
un delizioso turbine<br />
di ricette, ricordi e suggestioni,<br />
del tutto incurante<br />
della sofferenza delle<br />
ostriche che, è bene saperlo,<br />
vanno mangiate rigorosamente<br />
vive.<br />
Consider the Lobster (trad.<br />
it. Considera l’aragosta, Einaudi<br />
Stile Libero 2006)<br />
di David Foster Wallace,<br />
enfant prodige ormai cresciutello<br />
della letteratura<br />
americana: un saggio critico<br />
sulle barbare pratiche<br />
di cottura dell’aragosta,<br />
con sottili disquisizioni<br />
che indugiano compiaciute<br />
e un po’ sadiche sull’entità<br />
dei patimenti del crostaceo<br />
tuffato vivo nell’acqua<br />
bollente, sulle forme<br />
in cui essi si manifestano e<br />
sul modo di misurarli.<br />
23
24<br />
➤<br />
scriveva che «le piante esistono per gli animali, e gli animali<br />
esistono per l’uomo: quelli domestici perché ne faccia uso e si<br />
nutra di loro, e quelli selvatici, se non tutti almeno per la maggior<br />
parte, perché se ne nutra e tragga da loro altri profitti».<br />
Ma non tutti la pensavano così, nell’antichità: anche un grande<br />
storico come Plutarco cogitò e scrisse sul senso e sulla “naturalità”<br />
del nutrirsi di animali, assumendo una posizione di assoluto<br />
contrasto con il sentire dell’epoca, e anticipando alcuni<br />
argomenti che ancora oggi tornano nelle discussioni sul tema<br />
“cadaveri sì/cadaveri no”. Ecco un passo significativo dal suo<br />
libello Del mangiare carne: «Consideriamo senz’altro assurda la<br />
convinzione di quanti affermano che l’uso di mangiare la carne<br />
abbia un’origine naturale. Che l’uomo non sia carnivoro per<br />
natura, è provato in primo luogo dalla sua struttura fisica. [...]<br />
Proprio per la levigatezza dei denti, per le dimensioni ridotte<br />
della bocca, per la lingua molle e per la debolezza degli umori<br />
destinati alla digestione, la natura esclude la nostra disposizione<br />
a mangiare la carne». Su questo ci potremmo mettere a fare<br />
dell’evoluzionismo spicciolo, e ricordare che la dentatura umana<br />
è quella tipica di un animale onnivoro. È vero che l’introduzione<br />
degli utensili taglienti ha reso certe funzioni<br />
dei denti quasi superflue ormai da qualche<br />
millennio, ma è vero anche che i nostri<br />
denti non incontrano alcun problema nell’affrontare<br />
le carni, e che gli enzimi della<br />
saliva e i succhi gastrici gestiscono<br />
la digestione delle proteine animali con<br />
la stessa sicumera di quella di farinacei,<br />
verdure, legumi, latticini, frutta<br />
e via elencando.<br />
Ma allora l’uomo è nato carnivoro o<br />
lo è diventato per condizionamento culturale?<br />
Il vegetarismo ha una storia antica<br />
quanto quella della dieta onnivora,<br />
ha subìto imposizioni, restrizioni, dettami<br />
religiosi, è stato a veci alterne avversato<br />
e propugnato da mode più o meno effimere, e<br />
gode tuttora di ottima salute. Il vegetarismo moderno affonda<br />
le radici in una serie di argomenti che sarebbe prevaricante<br />
non trovare interessanti e convincenti: quello sanitario e salutistico<br />
(la dieta dei moderni umani non necessita più, se mai<br />
ne ha avuto bisogno, di proteine animali, che anzi contribuiscono<br />
a sbilanciarla e possono essere la causa di alcune gravi<br />
malattie tipiche del benessere); quello ideologico-morale (la
capacità degli animali di<br />
provare sofferenza, che è<br />
ormai ampiamente dimostrata<br />
dalla scienza); quello<br />
ecologico-sostenibile<br />
(l’allevamento, sia intensivo<br />
che estensivo, degli animali<br />
ha un impatto pesantissimo<br />
sull’ambiente, oltre<br />
a essere cagione di sofferenza<br />
per gli animali stessi;<br />
la caccia è ormai francamente<br />
impresentabile, sia<br />
come attività di sussistenza che<br />
come sport), e via dicendo. Tutti argomenti perfettamente ragionevoli<br />
e accettabili, sposabili da chiunque di noi disponga<br />
di senso comune e sia moderatamente immune da pregiudizi.<br />
Ci sono ormai medici e pediatri vegetariani disponibili a seguire<br />
intere famiglie vegetariane; ci sono bambini vegetariani<br />
che crescono bene, ed ex-bambini ormai adulti che sono vegetariani<br />
dalla nascita, e godono di ottima salute. I ristoranti<br />
vegetariani fioriscono e in qualche caso assurgono ai piani alti<br />
delle guide più blasonate (fatto impensabile fino a pochi anni<br />
fa, quando gli autori delle guide li consideravano poco più che<br />
ghetti per fondamentalisti).<br />
Però, però. Essere vegetariani significa nutrirsi esclusivamente<br />
di vegetali, oppure di vegetali in abbinamento con derivati<br />
animali che non comportino l’uccisione della bestia. Ove per<br />
“bestia” si intende ogni creatura vivente dotata di un sistema<br />
nervoso anche elementare, quindi pesci, crostacei, molluschi e<br />
celenterati inclusi. Tutto questo è buono e giusto, se si è in<br />
grado di operare la scelta vegetariana sulle basi ideologiche<br />
profonde e ponderate di cui abbiamo detto sopra, degne del<br />
massimo rispetto. Ci spingiamo fino a dire che, almeno in<br />
teoria, la scelta vegetariana dovrebbe essere adottata da tutti<br />
coloro che vivono nella parte ricca del mondo, quanto meno<br />
degli adulti (per i bambini sarebbe forse meglio rimandare il<br />
tempo delle scelte al termine dello sviluppo). Prendiamo però<br />
anche atto che (mai espressione fu più appropriata) la carne è<br />
debole, debolissima, e chi non ha più il problema impellente<br />
di mettere insieme il pranzo con la cena ha, o sta felicemente<br />
conquistando, l’esigenza forte di soddisfare il gusto e provare<br />
piacere nel cibo; e ammettiamo che, a fronte di questa esigenza,<br />
rinunciare alla carne, a certe carni, è davvero difficile.<br />
parole, parole<br />
C’è<br />
vegetariano e<br />
vegetariano…<br />
Questa la classificazione<br />
delle forme di vegetarismo<br />
attuali (la fonte è il sito<br />
www.scienzavegetariana.it,<br />
animato da autorevoli medici,<br />
nutrizionisti e scienziati):<br />
latto-ovo-vegetarismo<br />
(esclude carne e derivati,<br />
pesce, molluschi e crostacei;<br />
permette latte e derivati,<br />
uova e derivati, oltre<br />
a qualunque tipo di alimento<br />
vegetale, anche marino);<br />
latto-vegetarismo (esclude<br />
carne e derivati, pesce,<br />
molluschi e crostacei, uova<br />
e derivati; permette latte e<br />
derivati, oltre a qualunque<br />
tipo di alimento vegetale,<br />
anche marino);<br />
veganismo (esclude tutti i<br />
prodotti di origine animale,<br />
carne e derivati, pesce,<br />
molluschi e crostacei, uova<br />
e derivati, latte e derivati;<br />
permette qualunque tipo<br />
di alimento vegetale, anche<br />
marino).<br />
25
Ciotola pazza<br />
26<br />
SILVIA VIGIANI<br />
In principio erano gli avanzi: fino a qualche decennio fa,<br />
nella ciotola dei quattrozampe di casa finivano regolarmente i<br />
resti del pasto familiare, dalla minestra in brodo agli ossicini<br />
di pollo, dai maccheroni scotti all’ultima cucchiaiata di tiramisù.<br />
Fido e Fufi, veri contenitori per rifiuti organici ante<br />
litteram, aspettavano pazienti il loro turno sotto al tavolo.<br />
Sale, zuccheri e condimenti vari non saranno stati certo l’ideale<br />
per la loro dieta, ma questa alimentazione casalinga consentiva<br />
comunque agli animali domestici (o, come si chiamano<br />
oggi, “d’affezione”) di vivere in modo relativamente sano i loro<br />
anni, con un’aspettativa di vita media comunque ancora lontana<br />
dai picchi di longevità raggiunti oggi grazie ai progressi<br />
della medicina veterinaria e al generale miglioramento delle<br />
condizioni di vita.<br />
Quello che le etichette non dicono: cosa c’è davvero<br />
nella pappa di Fido?
Non ci sono più gli avanzi di una volta…<br />
Gli anni ’70 vedono l’esordio sul mercato, prima in America e<br />
poi in Europa, dei mangimi in scatola per animali, che non<br />
tardarono a conquistare sempre più consumatori in virtù del<br />
prezzo basso e della comodità d’uso.<br />
Ma quella che poteva sembrare la rivoluzione copernicana del<br />
cibo per animali (alimenti che si dichiarano “completi” e pronti<br />
in un clac, dalla lattina alla ciotola) in realtà non era che un’abile<br />
e lucrativa metamorfosi della vecchia, cara alimentazione a<br />
base di “avanzi”.<br />
Il mercato del cibo per animali da compagnia offre, infatti,<br />
all’industria agroalimentare la possibilità di riciclare rifiuti e<br />
scarti non idonei al consumo umano, trasformandoli in profitto<br />
e chiudendo così in modo ideale – almeno per le casse aziendali<br />
– il cerchio produttivo (non a caso, tutte le grandi multinazionali<br />
dell’industria alimentare detengono anche marchi di pet<br />
food). In buona sostanza, tutto ciò che non vediamo sui banconi<br />
della macelleria o sugli scaffali del supermercato è almeno<br />
potenzialmente destinato a risorgere, inquietante Fenice del<br />
terzo millennio, nelle scatolette per animali, sotto forma di<br />
“carne e derivati” o “sottoprodotti di origine animale”. Che<br />
cosa si nasconda realmente dietro ai rassicuranti eufemismi<br />
delle etichette, lo si può leggere nel testo del Decreto Legislativo<br />
n° 508 del 14/12/1992, che stabilisce le norme sanitarie<br />
per l’eliminazione, la trasformazione e l’immissione sul mercato<br />
di rifiuti di origine animale. In particolare, sono considerati<br />
materiali “a basso rischio” (e quindi idonei ad essere impiegati<br />
per la produzione di alimenti per “animali familiari”): «a) cuoi,<br />
pelli, zoccoli, penne, piume, lana, pelame, corna, sangue e prodotti<br />
analoghi (…); b) il pesce catturato in alto mare e destinato<br />
alla produzione di farina di pesce; c) le frattaglie fresche di<br />
pesce provenienti da stabilimenti che fabbricano prodotti a<br />
base di pesce destinati al consumo umano» (e, per l’appunto, il<br />
marchio di scatolette a base di tonno per gatti “Petreet” è di<br />
proprietà della Palmera). Non va meglio ai “sottoprodotti di<br />
origine vegetale”, che potrebbero essere scarti di lavorazioni<br />
agricole, avanzi della spremitura delle olive, bucce, paglia o<br />
segatura.<br />
Per convincere gli ignari quattrozampe a cibarsi di tali Delikatessen,<br />
le aziende ricorrono largamente a intensificatori di gusto<br />
e appetibilizzanti, spesso ricavati da grassi e oli avanzati<br />
dalla ristorazione umana, che vengono aggiunti ai cibi (e pazienza<br />
se i procedimenti di cottura ad alte temperature – necessari<br />
per sterilizzare gli scarti di macellazione – distruggono<br />
la ricetta<br />
➤<br />
Filetto<br />
di nasello con<br />
riso e carote<br />
Ingredienti per 2 gatti: 80 g<br />
di filetto di nasello, mezza<br />
carotina, un cucchiaio di<br />
riso, olio di semi.<br />
Tempo di preparazione: 5<br />
minuti<br />
Tempo di cottura: 25 minuti<br />
Difficoltà ●<br />
Calorie ●<br />
Costo ●<br />
Lessate al vapore il nasello<br />
con la carotina, tagliata a<br />
tocchetti, per circa 10 minuti.<br />
Togliete il nasello e<br />
lasciatelo raffreddare; intanto,<br />
continuate a lessare la<br />
carota fino a che non sarà<br />
ben cotta. A parte, lessate il<br />
riso per 25 minuti buoni<br />
(deve risultare stracotto) e<br />
lavatelo poi bene sotto l’acqua<br />
fredda. Mescolate infine<br />
il pesce spezzettato con<br />
il riso e la carota tagliata a<br />
dadini. Condite, se gradito,<br />
con un filo di olio di semi.<br />
27
➤<br />
il valore nutritivo degli alimenti). Molto più facile, in definitiva,<br />
convincere i padroncini dell’assoluta bontà dei prodotti:<br />
basta insistere sulla comodità d’uso (ormai si sospetta che gatti<br />
e cani di casa abbiano assimilato nel dna il riconoscimento del<br />
clac della scatoletta), tranquillizzare i più apprensivi con la rassicurante<br />
dicitura “alimento completo” (in effetti, dalla cresta<br />
di pollo alla pelle di coniglio, c’è proprio di tutto…) e stuzzicare<br />
abilmente il gusto estetico con prodotti studiati in realtà<br />
assai più per i padroni che per i loro animali. Via libera dunque<br />
ai coloranti (al cane e al gatto cosa importa di che colore<br />
siano i croccantini?), per far credere a “mammina” che nel<br />
croccantino rosso ci sia davvero il manzo, in quello giallo il<br />
petto di pollo e in quello verde gli spinaci. Per il padroncino<br />
veramente esigente, poi, non mancano snack di ogni tipo: bastoncini,<br />
palline al formaggio<br />
e addirittura<br />
“cioccolatini” per cani<br />
(in realtà a base di carruba).<br />
Ma quali possono essere,<br />
per la salute degli animali,<br />
le conseguenze di<br />
un’alimentazione basata<br />
essenzialmente su scarti<br />
di lavorazione? «Se<br />
noi mangiamo una volta<br />
al mese al fast food –<br />
ci spiega la dottoressa Daniela Cesari D’Ardea, veterinaria dell’Enpa<br />
di Firenze – non ci ammaleremo certo per questo. Ma<br />
immaginiamo di nutrirci (si fa per dire) quotidianamente con<br />
hamburger e patatine fritte: nel giro di pochi mesi ci ritroveremo<br />
con il colesterolo alle stelle, disturbi gastrointestinali, acne<br />
e via dicendo. Per gli animali non è molto diverso. L’alimentazione<br />
quotidiana con cibo scadente, infatti, porta in molti casi<br />
a serie patologie a carico del fegato e del tratto gastrointestinale,<br />
che possono compromettere anche in modo permanente la<br />
salute dei nostri piccoli amici». Senza contare, poi, l’obesità,<br />
un problema sempre più frequente negli animali ipercoccolati<br />
e ipernutriti, che a sua volta è causa di danni a carico del<br />
cuore, dell’apparato circolatorio e delle articolazioni.<br />
Scatolette a cinque stelle<br />
Come tutti i mercati, tuttavia, anche quello del cibo per animali<br />
si evolve e si specializza, pronto a cogliere i segnali di<br />
new age pet<br />
➤<br />
L’ultima<br />
frontiera<br />
Cani e gatti vegetariani? C’è<br />
chi ci ha pensato e, in effetti,<br />
si trovano oggi linee<br />
di cibi vegan anche per<br />
loro. Tuttavia, se il cane<br />
può, con qualche accorgimento,<br />
essere nutrito correttamente<br />
con derivati del<br />
latte, legumi e integratori<br />
vari, l’alimentazione vegetariana<br />
per un gatto equivale<br />
di fatto a un “maltrattamento”:<br />
il suo organismo,<br />
infatti, funziona in<br />
modo tale da trarre nutrimento<br />
esclusivamente dalle<br />
sostanze contenute nella<br />
carne, senza le quali è<br />
destinato ad ammalarsi<br />
gravemente. Molti cibi “da<br />
supermercato”, peraltro,<br />
sono già quasi “vegetariani”,<br />
poiché contengono<br />
cereali in percentuali ben<br />
superiori alla carne. Basta<br />
qualche escamotage (perfettamente<br />
legale) nelle etichette<br />
e il gioco è fatto. Un<br />
cibo che indichi come ingredienti<br />
“carne di pollo<br />
(20%), riso (18%), cereali<br />
e derivati (15%), mais<br />
(7%)” contiene infatti a<br />
ben guardare una percentuale<br />
ben più alta di cereali<br />
(facendo la somma, il 60%)<br />
rispetto alla carne (al primo<br />
posto della lista solo<br />
perché il totale dei cereali<br />
è abilmente “scomposto”).<br />
29
30<br />
➤<br />
esigenze e sensibilità mutate. È così che fa la sua comparsa<br />
sugli scaffali dei sempre più numerosi pet shop una nuova generazione<br />
di alimenti per cani e gatti, che punta sulla qualità delle<br />
materie prime e sulla trasparenza delle etichette e si fa pubblicità<br />
soprattutto tramite il passaparola dei consumatori o i consigli<br />
dei veterinari (questi ultimi – ci confessano – sempre più<br />
bombardati dai convegni dimostrativi di questa o quella marca<br />
di cibo “premium”).<br />
Vero nume tutelare del negozio “Spazio Animali” di via del<br />
Romito a Firenze è la Berta, splendido esemplare<br />
di Terranova che, con il suo sguardo saggio<br />
e paziente, osserva i padroncini che la<br />
scavalcano irriguardosi, nei loro safari fra<br />
gli scaffali a caccia del nuovo gusto di croccantini.<br />
«Sicuramente – ci spiega Lapo<br />
Massoli, uno dei titolari del negozio – negli<br />
ultimi anni c’è da parte dei clienti una<br />
maggiore richiesta di cibi di fascia alta o<br />
biologici (che peraltro non necessariamente<br />
sono i più cari), con grande attenzione<br />
alla qualità degli ingredienti. Rimane tuttavia<br />
una notevole differenza fra il cliente<br />
di città e quello delle zone rurali: per molte<br />
persone che vivono in campagna, spendere<br />
un euro per una scatoletta per gatti è<br />
ancora pura follia. In città, invece, se non<br />
altro per evitare disturbi di stomaco e intestino<br />
che in appartamento possono risultare piuttosto<br />
fastidiosi, i clienti si orientano più volentieri sul cibo di<br />
fascia alta».<br />
Scopriamo poi che le psicosi alimentari, dalla mucca pazza<br />
all’influenza aviaria, non hanno risparmiato nemmeno gli acquirenti<br />
di prodotti per animali, con un sensibile calo delle<br />
vendite dei mangimi “al manzo” prima e “al pollo” poi (e poco<br />
importa se, nella scatoletta “al gusto di pollo” – dicitura che<br />
per legge prevede solo un 4% minimo di pollo – il restante<br />
96% può benissimo contenere scarti di macellazione del manzo,<br />
o viceversa). «La preoccupazione è stata anche eccessiva –<br />
spiega Lapo. Di per contro, in quel periodo le ditte produttrici<br />
di cibi biologici hanno cavalcato l’onda, facendo una bandiera<br />
della loro genuinità e conquistando fette di mercato sempre<br />
più ampie».<br />
Si ricordi dunque il Bosticco, per la prossima degustazione<br />
bestiale, di indirizzarsi almeno su scatolette “superpremium”.
De gustibus…<br />
Tanto va la gatta al lardo…<br />
DI SANDRO BOSTICCO<br />
In attesa dell’uscita sul mercato dei patè di topo abbiamo<br />
assaggiato per voi quelli di pesce...<br />
Dreesy cat – Tonnetto orientale<br />
con prosciutto<br />
L’aspetto e il profumo sono quelli di carne in scatola<br />
per umani, con quel tocco di metallico che solo<br />
un barattoletto come si deve può dare. Consistenza<br />
gelatinosa e viscosa anche nelle parti di “polpa”.<br />
Sale praticamente assente; finale con ritorno metallico.<br />
Giudizio. Farebbe la sua figura nelle farciture dei<br />
panini dei paninari, in sostituzione dell’altrettanto<br />
viscida e altrettanto insipida “maionese”. Sulle istruzioni<br />
in etichetta si raccomanda di “lasciare sempre<br />
a disposizione acqua fresca”; da parte mia direi un<br />
bel prosecchino.<br />
Coop – Paté con salmone<br />
e pesce bianco<br />
Si presenta decisamente compatto, con tonalità<br />
marrone. Il profumo è in sintonia, con note di dado<br />
per minestra e caramello. Può ricordare addirittura<br />
un brodo d’altri tempi, inclusa una componente<br />
vagamente ortolana. Anche qui poco sale e gusto<br />
blando, ma accettabile anche dai cristiani (e direi<br />
pure da ebrei e mussulmani, data l’assenza di carni<br />
proibite).<br />
Giudizio. Francamente non è che marchi molto il<br />
sapore del pesce (e infatti il primo ingrediente sulla<br />
retroetichetta è “carni e derivati”), ma l’insieme è<br />
quasi gradevole.<br />
Garantita anche la vitamina E.<br />
pubb. Vinandro<br />
Gourmet – Mousse con pesce<br />
dell’oceano<br />
Offre un aspetto addirittura appetitoso, a pezzi grossolani<br />
tipo certi paté maison in mostra nelle vetrine<br />
delle charcuteries. Il profumo però è un po’ sfuggente,<br />
con ricordo di sgombro in scatola. Anche il gusto è<br />
delicato, ma con buona sapidità.<br />
Giudizio. Con un tocco di pepe, prezzemolo e fettina<br />
di limone potreste offrirlo al prossimo buffé. Encomiabile<br />
l’aproccio alla tracciabilità: “pesce dell’oceano<br />
4%”, anche se gli oceani sono un po’ diversi e i loro<br />
abitanti ancora di più...<br />
Simba – con pesce<br />
Si presenta come un finissimo patè color fegatino di<br />
pollo, offrendo netto aroma di sardine in scatola. Il<br />
gusto è anche qui della serie delicata, ma se ne apprezza<br />
la lunga persistenza aromatica!<br />
Giudizio. Istruzioni meticolose, tipo “servire a temperatura<br />
ambente oppure intiepidire”. Oscar miagolio-prezzo.<br />
Whiskas in salsa – con salmone<br />
Dalla bustina fuoriescono dei bocconcini a dimensione<br />
di bocca felina, mentre il profumo mi direbbe carne<br />
oltre che pesce. La consistenza spugnosetta è per noi<br />
poco accattivante, così come il gusto sciocco.<br />
Giudizio. Sapidità migliorabile, ma in fondo andrebbe<br />
benissimo per far da base a una paella carne-pesce e<br />
la versatilità internazionale è confermata dalle scritte<br />
in greco sull’etichetta.<br />
N.B. Le degustazioni sono state effettuate in redazione<br />
a finestre aperte, sconvolgendo la vita del quartiere.<br />
31
Valore Toscana<br />
Vino e olio<br />
rappresentano<br />
per la nostra<br />
regione elementi<br />
di eccellenza<br />
unici al mondo.<br />
Quali sono<br />
le strategie<br />
di valorizzazione<br />
per il futuro<br />
prossimo?<br />
33
34<br />
L’anno<br />
che verrà<br />
In fondo al tunnel s’intravede una<br />
luce. Così scrivevamo in chiusura<br />
dello speciale dello scorso numero.<br />
Parlavamo, naturalmente, del tunnel<br />
della crisi che da qualche anno<br />
attanaglia il settore e della luce di una<br />
possibile ripresa. Sono stati anni in cui<br />
il mondo del vino ha faticato a<br />
ritrovare una sua dimensione fra<br />
accelerazioni e ripensamenti, necessità<br />
di mantenere quote di mercato e<br />
necessità di investimenti per il rinnovo<br />
degli impianti e delle cantine, ricerca<br />
di soluzioni commerciali convincenti e<br />
confusioni distributive clamorose.<br />
Insomma, quella che si suol dire una<br />
stagione vissuta pericolosamente.<br />
Questo discorso, se vogliamo<br />
approfondire e tirare delle conclusioni,<br />
merita alcune considerazioni.<br />
In primo luogo: cosa ha rappresentato<br />
il 2006? Per rispondere andiamo con la<br />
mente al Vinitaly. A Verona, in quei<br />
giorni, capitava di vedere produttori<br />
molto sollevati, talvolta addirittura<br />
raggianti. Questo rinnovato<br />
entusiasmo era dovuto al fatto che i<br />
mercati esteri, Germania in testa,<br />
sembravano voler ripartire con le<br />
giuste intenzioni. Qualche standista<br />
aveva ricevuto addirittura ordini, i più<br />
avevano ricevuto promesse. Ma tanto<br />
bastava a far tornare il sorriso. In<br />
Bilanci<br />
e prospettive<br />
per i vini<br />
della Toscana<br />
realtà certi mercati tentavano di<br />
rimettersi in moto con quegli scossoni<br />
tipici delle auto da troppo tempo<br />
parcheggiate. Chi è ripartito – non<br />
tutti lo hanno fatto – lo ha fatto<br />
mettendo la seconda o la terza marcia,<br />
non certo la quinta. Ma almeno è<br />
ripartito. La soddisfazione dei nostri<br />
produttori era forse un tantino<br />
esagerata, ma almeno giustificata.<br />
Questo per i mercati esteri. E il mercato<br />
interno? Numeri alla mano il consumo<br />
in Italia non è diminuito. È<br />
semplicemente (si fa per dire)<br />
cambiato. Il tema, nelle sue linee<br />
essenziali, lo si può descrivere e<br />
analizzare introducendo come chiave<br />
di lettura la discrepanza fra target e<br />
qualità. Dalla parte dei produttori c’è<br />
stato l’impegno di andare a produrre<br />
davvero bottiglie di qualità Poi sono<br />
arrivati i guru del mercato, i grandi<br />
analisti e i mega direttori commerciali<br />
con le analisi, le loro proiezioni, le<br />
loro solide basi di marketing. Hanno<br />
spiegato ai produttori che il mercato si<br />
stava segmentando e che bisognava<br />
agire per target diversificati.<br />
Immaginate un palazzo a più piani in<br />
cui nei piani bassi ci abitano coloro<br />
che hanno meno gusto e<br />
probabilmente meno soldi e via via<br />
salendo si arriva ai piani alti e
altissimi, abitati da pochi fortunati<br />
capaci di avere tanto gusto e tanto<br />
portafoglio. Il problema, drammatico e<br />
divertente al contempo, è che quando<br />
si è sparata la freccia per colpire il<br />
target medio (configurabile nella<br />
media famiglia italiana) si è colpita<br />
un’altra finestra a qualche piano<br />
superiore. Ovvero si è determinato un<br />
prezzo delle bottiglie, ma poi ci siamo<br />
accorti che la media famiglia italiana<br />
consumava prodotti di fascia più<br />
bassa. E il 2006 ha consolidato questa<br />
tendenza. In un immaginario<br />
sondaggio-intervista a mille di queste<br />
famiglie con tutta probabilità avremmo<br />
risultati di questo tipo: il consumo in<br />
casa è lo stesso di prima, ma<br />
giocoforza cambiato per ciò che<br />
concerne l’approvvigionamento. Il<br />
consumo fuori casa si è fatto lento e<br />
faticoso. Quando la famiglia italiana si<br />
accorge che andando in pizzeria una<br />
qualsiasi bottiglia di vino non pesa<br />
meno del 30-40% sul conto finale,<br />
rinuncia a bere vino.<br />
Attenzione però. La gente non rinuncia<br />
alla qualità. Vera o presunta che sia, la<br />
qualità è qualcosa che ciascuno di noi<br />
ama farsi raccontare. E difatti la<br />
raccontano tutti, indistintamente.<br />
Molto spesso giocando al limite delle<br />
regole. Vi sarete sicuramente imbattuti<br />
in chi vi dice: ho un “rosso” di<br />
Montalcino fantastico e costa molto<br />
meno di quello imbottigliato. Il<br />
consumatore compra, è contento di<br />
aver risparmiato, porta a casa la<br />
bottiglia e crede di aver bevuto un<br />
“Rosso” di Montalcino. Fra “rosso” e<br />
“Rosso” una qualche differenza esiste.<br />
Nel primo caso si ha un vino rosso<br />
ottenuto nella zona di Montalcino, nel<br />
secondo caso si ha un vino Doc<br />
disciplinato e prodotto secondo le cure<br />
del caso. Si crede di aver bevuto lo<br />
stesso tipo di vino, ma non è così. Un<br />
po’ come aver comprato una borsa<br />
finta di Gucci sulle spiagge della<br />
Versilia. Una qualità apparente a cui<br />
molti credono (o meglio: rinunciano a<br />
mettere in dubbio) per soddisfare il<br />
proprio ego enogastronomico.<br />
Una confusione di mercato e di idee,<br />
dunque. I guru del mercato devono<br />
aver ragionato allora più o meno così:<br />
se confusione dev’essere che<br />
confusione sia. E allora ecco che i<br />
mercati, una volta distinti, segmentati<br />
e targettizati, si sono trasformati in<br />
una massa indistinta in cui far arrivare<br />
le bottiglie con la speranza di svuotare<br />
cantine che non trovavano la via<br />
giusta per essere svuotate.<br />
Anche in tal caso vi sarà capitato di<br />
vedere lo stesso vino con la stessa<br />
etichetta in una bottiglieria<br />
specializzata, in un ristorante di lusso,<br />
in un ristorante mediocre, in una winebar<br />
del centro, in un bar di periferia, al<br />
supermercato, in un cash and carry.<br />
Dappertutto insomma. E dappertutto a<br />
prezzi differenti. Non ci volevano i<br />
guru del mercato per compiere una<br />
operazione così. Il boomerang di una<br />
simile politica commerciale è tornato<br />
indietro quasi subito. Con il risultato<br />
che il mercato si è ingolfato e spesso<br />
molto adirato nei confronti dei<br />
produttori.<br />
Il 2006 potremmo definirlo un anno di<br />
assestamento. Abbiamo subìto un<br />
35
36<br />
terremoto di notevoli dimensioni,<br />
potrebbero seguire in futuro altre<br />
scosse. Dobbiamo attrezzarci e<br />
costruire strutture che sappiano<br />
reggere all’urto. Strutture produttive e<br />
soprattutto strutture mentali. Anche in<br />
questo caso tenteremo di ragionare<br />
per punti delineando una sorta di<br />
agenda per il 2007.<br />
Sarà fondamentale ripartire dalla<br />
qualità della produzione, elemento<br />
che fortunatamente i produttori non<br />
hanno mai dimenticato, o quasi. Ma<br />
dovranno definitivamente operare in<br />
maniera tale da avere qualità anche<br />
sui vini di annata, non solo sulle<br />
riserve o sui grandi igt.<br />
Questi vini dovranno circolare in<br />
maniera adeguata. Non è pensabile,<br />
tranne rari casi, che un vino possa<br />
trovarsi in qualsiasi scaffale. Certo le<br />
dimensioni e le esigenze di<br />
un’azienda fanno sì che i conti<br />
debbano sempre e comunque tornare.<br />
Ma il tornaconto arriva se si<br />
producono vini diversi per clienti<br />
diversi. In una parola il canale<br />
specializzato ho.re.ca. lavora quando<br />
non lo si mette in competizione<br />
selvaggia con la grande distribuzione,<br />
e viceversa.<br />
Esiste poi un discorso che molti<br />
tralasciano o considerano superfluo.<br />
La comunicazione. Non basta un bel<br />
depliant a far sapere quanto sono<br />
buoni i propri vini. La comunicazione<br />
è un processo continuo e mai<br />
definitivo che va saputo coltivare,<br />
come una bella vigna. Buona<br />
promozione sul campo, buona<br />
pubblicità, buona presenza nei luoghi<br />
di interscambio culturale (fiere o<br />
guide che siano). Capacità di<br />
raccontare e di raccontarsi. Capacità<br />
di tramandare la propria esperienza,<br />
la propria storia, la propria tradizione.<br />
Se si rinuncia a investire milioni di<br />
bottiglie di vino perdono d’un colpo<br />
il loro fascino e diventano (il lettore<br />
ci perdoni la citazione) “un’immane<br />
raccolta di merci” da vendere a prezzo<br />
di realizzo. E così facendo la Cina (che<br />
già si sta attrezzando all’uopo)<br />
diventa molto più vicina di quanto<br />
non lo sia già.<br />
Un’ultima considerazione a tal<br />
proposito. Una buona comunicazione<br />
va a braccetto inevitabilmente con<br />
una buona educazione.<br />
Ma nessun sistema si regge se non<br />
possiede solide fondamenta. E queste<br />
fondamenta sono date da quattro<br />
pilastri che potremmo chiamare<br />
cultura, comunicazione, educazione e<br />
innovazione. Quattro pilastri che<br />
danno il giusto valore al lavoro<br />
quotidiano di milioni di persone che<br />
operano nel campo enogastronomico.<br />
Qualche regione ha capito<br />
perfettamente qual è la strada da<br />
intraprendere (il Trentino ad esempio<br />
è un modello sotto questo punto di<br />
vista). La nostra ci prova da tempo<br />
con risultanti confortanti, ma forse<br />
senza quella grinta in più che<br />
servirebbe. Natura, cultura, arte, stile<br />
di vita... ogni ingranaggio del sistema<br />
è a posto e pronto a funzionare ai<br />
massimi livelli. Non basta cullarsi in<br />
ciò che siamo stati, conviene agire nel<br />
futuro per ciò che saremo. Che il 2007<br />
sia l’anno del rinascimento, sotto<br />
l’egida di uno slogan: dare energia al<br />
Valore Toscana!
Agricoltori<br />
Chianti<br />
Geografico<br />
Castello<br />
Tricerchi<br />
Brunello<br />
di Montalcino<br />
Docg 2001<br />
Via Mulinaccio 10, Gaiole in Chianti (Si)<br />
Tel. 0577 749489, fax 0577 749223<br />
www.chiantigeografico.it, info@chiantigeografico.it Il Carmignano Riserva Elzana di Ambra, ottenuto da San-<br />
Dal vigneto Castello Altesi provengono le uve sangiovese<br />
grosso da cui si ottiene questo pregiato Brunello che si<br />
affina per 24 mesi in legno di rovere francese. Il calice si<br />
presenta di un bel colore granato, con intensi ed eterei<br />
profumi di mora, gusto caldo, di grande struttura e tannini<br />
ben lavorati. Si abbina ai grandi piatti della tradizione toscana<br />
e si consiglia di stapparlo almeno un’ora prima del servizio.<br />
Carpineto<br />
Farnito Igt 2000<br />
Loc. Dudda, Lucolena (Fi)<br />
Tel. 055 8549062<br />
fax 055 8549001<br />
www.carpineto.com<br />
info@carpineto.com<br />
Prodotto con uve provenienti da vigneti particolarmente<br />
vocati delle aziende di Gaville (Firenze) e Chianciano/Montepulciano<br />
(Siena), il Farnito è uno straordinario super tuscan<br />
a base Cabernet Sauvignon. La fermentazione avviene<br />
in recipienti separati secondo la provenienza delle uve, con<br />
tempi di macerazione delle bucce di 10 e 15 giorni. Dopo la<br />
fermentazione malolattica, il vino è unito in un sol corpo e<br />
posto in piccole botti di rovere dove rimane fino al gennaio<br />
successivo, mese in cui viene imbottigliato e sosta, infine, per<br />
un periodo non inferiore agli otto mesi in ambiente a temperature<br />
controllata. Si presenta di colore rubino, con sensazioni<br />
complesse di spezie, liquirizia, vaniglia e marasca. Il<br />
gusto è pieno, di notevole struttura ed eleganza. Si abbina<br />
ad arrosti e selvaggina.<br />
Ambra<br />
Carmignano<br />
Riserva<br />
Elzana<br />
Docg 2001<br />
Via Lombarda 85, Carmignano (Po)<br />
Tel. 055 8719049, g.rigoli@agriconsulting.it<br />
giovese e Cabernet Sauvignon, si mostra raffinato e suadente,<br />
dotato di struttura ed equilibrio d’insieme. Alla<br />
vista si presenta rubino con riflessi granata, con eleganti<br />
profumi fruttati e con note di spezie. Al gusto è intenso<br />
è lineare con tannini ben levigati e prolungata scia finale.<br />
Un vino davvero interessante prodotto da Beppe Rigoli,<br />
un vignaiolo molto rispettoso del lavoro in vigna e in<br />
cantina.<br />
Castelli del<br />
Grevepesa<br />
Coltifredi<br />
Igt 2001<br />
Via Grevigiana 34, Mercatale - San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />
Tel. 055 82191, fax 055 8217920<br />
www.castellidelgrevepesa.it<br />
nfo@castellidelgrevepesa.it<br />
Ampio e generoso questo super tuscan dei Castelli del<br />
Grevepesa a base Sangiovese. Dopo la vendemmia manuale<br />
e una fermentazione termocontrollata, il vino sosta<br />
dodici mesi in barrique e completa l’affinamento in bottiglia<br />
per altre tre mesi. Il Coltifredi mostra un calice rubino<br />
intenso, con intensi profumi fruttati e floreali contrappuntati<br />
da una bella nota vanigliata. Al gusto rivela ampiezza,<br />
equilibrio e tannini ben calibrati. Si abbina a carni rosse,<br />
selvaggina, formaggi stagionati. Si consiglia di berlo con calice<br />
a forma di ballon.<br />
37
Azienda che adotta il metodo biodinamico e lo unisce a una<br />
produzione di altissimo livello. Terra e cielo si fa apprezzare<br />
per sincerità e generosità. Colore, profumi e gusto sembrano<br />
tutti elementi capaci di possedere un’energia interna che<br />
altri vini non hanno. Alla vista si presenta di tonalità rubino<br />
scuto, quasi impenetrabile. Il naso percepisce mora, mirtillo,<br />
amarena, cenni floreali, sentori netti di speziatura. Al gusto<br />
convince appieno per un attacco deciso e per il percorso<br />
lineare che pone in primo piano equiibrio e personalità, nonché<br />
una persistenza finale in cui ritornano i frutti a bacca<br />
rossa. Da abbinare a salumi e formaggi toscani, a carni alla<br />
brace, a selvaggina.<br />
38<br />
Fattoria<br />
Castellina<br />
Terra e cielo<br />
Igt 2004<br />
Via Palandri 27, Capraia e Limite (Fi)<br />
Tel./fax 0571 57631<br />
www.fattoriacastellina.com - info@fattoriacastellina.com<br />
Villa del Cigliano<br />
Nettuno Igt 2003<br />
Via Cigliano 17<br />
San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />
Tel. 055 820033<br />
fax 055 8290719<br />
www.villadelcigliano.it<br />
www.villadelcigliano.com<br />
fattoriacigliano@libero.it<br />
Grande Cabernet Sauvignon questo di Villa del Cigliano, un<br />
vero super tuscan che, dopo la fermentazione, matura in<br />
nobili fusti di rovere francese per 18 mesi. Alla vista si presenta<br />
di un rubino cupo molto intenso, con unghia granata. Al<br />
naso emergono note delicate di peperone giallo, unite a<br />
sentori speziati di vaniglia e a note di cacao e tabacco dolce.<br />
In bocca mostra ampiezza e armonia d’insieme con bella<br />
trama di tannini presenti ben levigati. Lunga la persistenza<br />
finale con un aroma di bocca che rimanda a spezie e caffè<br />
freddo.<br />
Castello La Leccia<br />
Chianti Classico Bruciagna Docg 2003<br />
Loc. La Leccia, Castellina in Chianti (Si)<br />
Tel./fax 0577 743148<br />
laleccia@chianticlassico.it<br />
Convince la prova del Bruciagna del Castello La Leccia di<br />
Castellina in Chianti. Alla vista si presenta di una bella tonalità<br />
rubino cupo, con consistenza e archetti fitti e regolari.<br />
All’analisi olfattiva si registrano dapprima sentori fruttati<br />
(ciliegia matura in primis) che si aprono a note floreali e<br />
successivamente speziate. Emerge la viola, quindi il pepe<br />
nero. L’attacco in bocca è netto e pulito, con equilibrio<br />
alcol-freschezza e tannini presenti ma levigati. Si accompagna<br />
con successo a primi al ragù, arrosti, carni rosse, salumi<br />
e formaggi toscani.<br />
Tenuta di Gracciano della Seta<br />
Nobile di Montepulciano Docg 2003<br />
Via Umbria 59,<br />
Montepulciano (Si)<br />
Tel./Fax 0578 708340<br />
055 2335313<br />
g.rigoli@agriconsulting.it<br />
La Tenuta appartiene alla Famiglia Mazzucchelli della Seta dal<br />
1850. Questo Nobile è ottenuto da uve accuratamente<br />
scelte di sangiovese (90%) e merlot (10%). L’invecchiamento<br />
avviene in legni di rovere francese per 36 mesi. L’esame<br />
organolettico mostra un colore rubino e presenta al naso<br />
sentori di frutti a bacca rossa e nera, nonché speziatura di<br />
pepe nero. Di buona struttura ed equilibrato al gusto con<br />
giusta corrispondenza fra parte alcolica e acido-tannica.
Cecchi<br />
Chianti<br />
Classico<br />
Messer<br />
Pietro<br />
di Teuzzo<br />
Docg 2004<br />
Loc. Casina dei Ponti 56, Castellina in Chianti (Si)<br />
Tel 0577 54311, fax 0577 543150<br />
www.cecchi.net, cecchi@cecchi.net<br />
Con il Messer Pietro di Teuzzo si conferma la filosofia dell’azienda<br />
Cecchi, molto rispettosa della migliore tradizione<br />
chiantigiana. Il vino infatti si fa apprezzare per la sapiente<br />
sintesi fra struttura, complessità e godibilità del calice. Ottenuto<br />
da un blend di Sangiovese, cabernet Sauvignon e Colorino,<br />
il Messer Pietro di Teuzzo sosta, dopo la fermentazione,<br />
per 14 mesi in barriques e per almeno altri 3 mesi in<br />
bottiglia. L’analisi organolettica rivela una tonalità intensamente<br />
rubina, profumi fragranti e intensi di ciliegia e prugna,<br />
contrappuntati da elementi speziati. Al gusto mostra vivezza<br />
e armonia complessiva, con lunga persistenza finale.<br />
Fattoria di Grignano<br />
Salicaria Igt 2003<br />
e Vin Santo Doc 2000<br />
Via di Grignano 22<br />
Pontassieve (Fi)<br />
Tel. 055 8398490,<br />
fax 055 8395940<br />
www.fattoriadigrignano.com<br />
info@fattoriadigrignano.com<br />
Cesani<br />
Luenzo Igt 2003<br />
Loc. Pancole<br />
San Gimignano (Si)<br />
Tel./fax 0577 955084<br />
www.agriturismo-cesani.com<br />
info@agriturismo-cesani.com<br />
Parafrasando un antico detto potremmo<br />
dire che... chi beve un Luenzo,<br />
beve un tesoro. Un tesoro enologico che conferma la straordinaria<br />
ascesa qualitativa di questa fattoria ubicata alla porte<br />
di san Gimignano. La composizione varietale è data da<br />
Sangiovese in maniera prevalente, con il contributo di altri<br />
vitigni a bacca rossa, quali il Colorino. Dopo la vendemmia e<br />
la fermentazione si ha un periodo di maturazione in legno –<br />
barriques di rovere francese – per 17 mesi, con successivo<br />
affinamento in bottiglia. Al colore si presenta rubino con<br />
riflessi granata, il naso percepisce un gradevole bouquet di<br />
mora, frutti di bosco, ciliegia matura. E ancora spezie, tabacco,<br />
cacao, stecca di liquirizia. Al gusto è caldo, asciutto, avvolgente,<br />
con lunghissima persistenza finale.<br />
Grignano ha intrapreso decisamente la strada della quali- sivo passaggio in acciaio. Ha veste rubina, con profumi di<br />
tà, con un metodo di lavoro molto accurato sia in vigna viola, mammola e frutti di bosco.<br />
che in cantina. Oltre alle denominazione d’origine con- Morbido e presistente al gusto, con finale lungo e speziatrollata<br />
e garantita data dal Chianti Rufina, in versione to. Il Vin Santo, ottenuto da uve Trebbiano toscano e<br />
annata e riserva, Grignano produce un ottimo Igt e un Vin Malvasia del Chianti appassite naturalmente, invecchia in<br />
Santo di grande stoffa organolettica. Il Salicaria (da uve caratelli di rovere per 5 anni. Di colore ambrato, è carat-<br />
Sangiovese e Merlot) dopo la fermentazione matura in terizzato da sentori di frutta secca e note balsamiche, con<br />
barriques francesi nuove per minimo 18 mesi, con succes- gusto persistente e piacevole.<br />
39
Podere Il Palazzino<br />
Chianti Classico La Pieve Docg 2004<br />
Monti in Chianti (Si) - Tel. 0577 747008, fax 0577 747148<br />
www.podereilpalazzino.it, palazzino@chianticlassico.com<br />
palazzino@podereilpalazzino.it<br />
La produzione del Palazzino si è concentrata fin dall’inizio<br />
sul Sangiovese, con l’obiettivo di realizzare un Chianti Classico<br />
ad altissimi livelli. Quello che infatti colpisce di questo<br />
vino è la raffinata eleganza unita a una struttura complessiva<br />
ben marcata. Alla vista si presenta perfettamente rubino,<br />
con sentori floreali-fruttati al naso e contrappunti speziati.<br />
Equilibrio e armonia contraddistinguono l’analisi gustativa,<br />
con bilanciamento alcol-acidità e tannini ben lavorati. Prolungata<br />
e gradevole la persistenza finale.<br />
Amore per la bellezza e la cultura toscana unito a uno<br />
straordinario spirito imprenditorale. Questo il motto del<br />
Gruppo Guarnieri cui appartiene Lanciola, storica Fattoria<br />
ubicata alle porte di Firenze. Sangiovese, Cabernet Sauvignon<br />
e Cabernet Franc sono i vitigni che compongono il<br />
super tuscan Terricci, autentico fuoriclasse della categoria.<br />
Dopo la raccolta delle uve e la fermentazione segue un<br />
periodo di 18 mesi in cui il vino si eleva in botti di rovere<br />
pregiato e un affinamento di 12 mesi in bottiglia. Il colore è<br />
rubino intenso, con un bouquet di profumi che si apre a<br />
frutta rossa, sensazioni di boisé, elementi speziati. Al gusto<br />
mostra equilibrio e volume, con tannini ben levigati che<br />
sorreggono la struttura alcolico-acida. Molto persistente il<br />
finale. Rosso adatto a grandi arrosti e piatti di selvaggina.<br />
40<br />
Lanciola<br />
Terricci Igt 2000<br />
Via Impunetana<br />
per Pozzolatico 210<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel. 055 208324<br />
fax 055 208063<br />
www.lanciola.net<br />
info@lanciola.net<br />
Tenuta Il Poggione<br />
Moscadello<br />
di Montalcino<br />
Doc 2006<br />
S. Angelo in Colle<br />
Montalcino (Si)<br />
Tel. 0577 844029<br />
fax 0577 844165<br />
www.tenutailpoggione.it<br />
info@ilpoggione.it<br />
È il vino più antico prodotto a Montalcino, già decantato<br />
nel 1600 dal Redi nel suo Bacco in Toscana. È prodotto con<br />
uve Moscato ritrovate nei primi anni Sessanta nei vecchi<br />
vigneti della proprietà. Le uve, sottoposte a soffice pressatura<br />
ed in seguito fermentate in ambiente refrigerato, danno<br />
vita ad un vino frizzante, caratterizzato da una “presa di<br />
spuma” naturale. Vino da dessert di colore giallo paglierino,<br />
caratterizzato da un perlage fine e persistente. Il sapore<br />
fresco e acidulo ed il bouquet ricordano il profumo aromatico<br />
e delicato dell’uva moscato.Trova la sua collocazione<br />
naturale a fine pasto, accompagnando piacevolmente<br />
pasticceria e dolci secchi.<br />
Le Torri Magliano Igt 2004<br />
Propr. Campiglioni S.p.A.<br />
Via San Lorenzo a Vigliano 31, Marcialla (Fi)<br />
Tel. 055 8076161, fax 055 8061257<br />
www.letorri.net, campiglioni@tin.it<br />
Vino di grande spessore questo Igt de Le Torri, fattoria che<br />
domina un paesaggio naturalistico di rara bellezza nei pressi<br />
di Barberino Val d’Elsa. Vinificato con macerazione prolungata<br />
a temperatura controllata, viene invecchiato in botti<br />
piccole di legno francese. Presenta un colore rubino tendente<br />
al granato sull’unghia, profumi intensi che rimandano<br />
a frutta a bacca rossa e spezie, un gusto pieno e giustamente<br />
tannico. Si accompagna a piatti in umido, carne ai ferri,<br />
selvaggina, formaggi a pasta stagionata. La temperatura di<br />
servizio ottimale è 18 gradi.
Decisamente interessante l’Alaphridus 2003, Igt rosso de<br />
La Mirandola, piccola e valente fattoria di Castellina in Chianti.<br />
Il vino nasce da uve Cabernet e Merlot: la vinificazione delle<br />
uve avviene con frequenti rimontaggi e delestage, al fine di<br />
favorire estrazione di colore e polifenoli, con macerazione<br />
di circa 15 giorni. L’analisi organolettica rivela un calice rubino<br />
carico, con intensi profumi di sottobosco, cui seguono<br />
note erbacee. L’attacco in bocca è deciso, lineare, franco.<br />
Buono l’equilibrio fra componente alcolica e componenti<br />
acidità-tannini. Gradevole il finale, con scia prolungata che<br />
rimanda a frutti a bacca rossa. Si abbina egregiamente con<br />
carni rosse alla brace e salumi toscani.<br />
Molino di Grace<br />
Chianti Classico<br />
Docg 2003<br />
Loc. Il Volano, Panzano<br />
in Chianti (Fi)<br />
Tel. 055 8561010<br />
fax 055 8561942<br />
www.ilmolinodigrace.com<br />
info@ilmolinodigrace.it<br />
La Mirandola<br />
Alaphridus Igt 2003<br />
Loc. La Mirandola 51<br />
Castellina in Chianti (Si)<br />
www.lamirandolanelchianti.com<br />
info@lamirandolanelchianti.com<br />
Il Molino di Grace non sbaglia un colpo e si conferma una<br />
delle migliori realtà del panorama vinicolo toscano. Il Chianti<br />
Classico annata, ottenuto prevalentemente da uve Sangiovese<br />
raccolte fra settembre e ottobre, matura in piccole<br />
botti di legno francese e di rovere di Slavonia per 12 mesi.<br />
Alla vista si presenta di un bel rosso rubino intenso, con<br />
profumi che rimandano a piccoli frutti rossi, note di viola e<br />
mammola. Al gusto si mostra pieno e rotondo, con tannini<br />
sapientemente lavorati e buona struttura. Si abbina con primi<br />
al ragù, carni rosse, formaggi di media stagionatura.<br />
La Querce<br />
La Querce<br />
Igt 2003<br />
Via Imprunetana<br />
per Tavarnuzze 41<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel./fax 055 2011380<br />
www.laquerce.com<br />
laquerce@inwind.it<br />
L’azienda, ubicata sulle belle colline d’Impruneta, si pone da<br />
tempo fra le realtà più importanti del Chianti Colli Fiorentini.<br />
L’Igt La Querce è ottenuto principalmente da uve<br />
Sangiovese. Le uve sono raccolte manualmente, fase cui<br />
segue la fermentazione quindi un periodo di maturazione<br />
del vino, per 18 mesi in barriques nuove di legno francese.<br />
Alla vista si presenta rubino, con bagliori di tonalità granata.<br />
Al naso si percepiscono profumi molto signorili che rimandano<br />
a frutta rossa, spezie, vaniglia. In bocca è convincente<br />
la struttura complessiva, con equilibrio fra le parti, tannini<br />
morbidi, finale lungo e persistente. Da abbinare al piatto<br />
tipico della zona, il peposo.<br />
41
L’azienda dei fratelli Fonseca si trova alle porte di Firenze,<br />
sulla via che dalla città conduce verso Rosano. La Pourriture<br />
è un vero e proprio capolavoro enologico ottenuto da<br />
uve Sauvignon, Semillon e Traminer. La maturazione del<br />
vino avviene per 12 mesi in barrique. Segue un affinamento<br />
di 12 mesi in bottiglia. Alla vista il vino si presenta di una<br />
tonalità dorata molto luminosa, piacevolissima. Consistente<br />
è il calice, con archetti ben evidenziati. Al naso s’impongono<br />
netti sentori di frutta mantura a pasta gialla, frutti<br />
esotici, speziature dolci, note floreali, contrappunti mielati e<br />
di scorza d’agrume. Ampio al gusto, caldo e ben equilibrato.<br />
Un vino da meditazione che ha pochi eguali in Toscana.<br />
Villa Cafaggio<br />
San Martino Igt 2001<br />
e Cortaccio Igt 2003<br />
42<br />
Petreto<br />
Pourriture<br />
Noble Igt 2003<br />
Via di Rosano 196/a<br />
Bagno a Ripoli (Fi)<br />
Tel. 055 6519021<br />
fax 055 698022<br />
Via S. Martino in Cecione 5, Greve in Chianti (Fi)<br />
Tel. 055 8549094, fax 055 8549096<br />
www.villacafaggio.it, info@villacafaggio.it<br />
Cafaggio costituisce ormai una certezza per tutti gli amanti dei<br />
vini di altissima qualità. Ogni vino è un’emozione unica. Il San<br />
Martino 2001 e il Cortaccio 2003 sono la riprova di un lavoro<br />
curato in ogni dettaglio sia in vigna che in cantina. Il San Martino,<br />
100% Sangiovese, tocca vertici assoluti! Selezione delle uve, micro-ossigenazione,<br />
accurata scelta dei legni per la maturazione<br />
del vino sono i tratti distintivi di questo supertuscan rubino concentrato,<br />
che rimanda a note di mora al naso e con gusto persistente<br />
e vellutato. Il Cortaccio 2003 non è da meno: un Cabernet<br />
Sauvignon di classe con colore rosso granato, sentori di ribes<br />
e marasca, palato concentrato e grande persistenza finale. Entrambi<br />
da abbinare ai grandi piatti della cucina toscana.<br />
Querceto di Castellina<br />
Podalirio Igt 2004<br />
Loc. Querceto 9, Castellina in Chianti (Si)<br />
Tel. 0577 733590, fax 0577 733636<br />
www.querceto.com, info@querceto.com<br />
Il Podalirio, ottenuto da uve Merlot, è un eccellente Igt che<br />
conferma tutte le qualità dell’Azienda Querceto di Castellina.<br />
L’ottima esposizione dei vigneti e il particolare microclima<br />
confermano le doti di complessità ed eleganza che<br />
caratterizzano il terroir di questa Fattoria. Il Podalirio si<br />
presenta di tonalità rubino cupa, con profumi intensi e<br />
persistenti che rimandano a frutta a bacca nera e spezie<br />
dolci. Al gusto si rivela un super tuscan di grande stoffa con<br />
perfetta corrispondenza fra le parti alcol-acidità e tannini<br />
setosi. Prolungatissima la persistenza finale.
Il Castello di San Donato in Perano<br />
domina dall’alto un’area dolcemente<br />
collinare nella zona di<br />
Gaiole in Chianti. L’Azienda si basa<br />
su un modo di fare agricoltura capace di fondere la tradizione<br />
viticola e olivicola con una raffinata concezione dell’ospitalità.<br />
La Riserva 2004 (Sangiovese 90% e Merlot 10%)<br />
matura per un periodo minimo di 18 mesi, parte in piccole<br />
botti di rovere, parte in tonneaux, affinandosi in bottiglia<br />
per altri 6. Alla vista è rubino carico, con note olfattive che<br />
ricordano ciliegia nera matura, mora, vaniglia, liquirizia. Di<br />
grande struttura e armonia al gusto. Da provare con pietanze<br />
di selvaggina.<br />
Fattoria<br />
Viticcio<br />
Prunaio<br />
Igt 2003<br />
Castello<br />
di San Donato<br />
in Perano<br />
Chianti Classico<br />
Riserva Docg 2004<br />
Loc. San Donato in Perano,<br />
Gaiole in Chianti (Si)<br />
Tel. 0577 744121<br />
fax 0577 745023<br />
www.castellosandonato.it<br />
info@castellosandonato.it<br />
Via San Cresci 12/a, Greve in Chianti (Fi)<br />
Tel. 055 854210, fax 055 8544866<br />
www.fattoriaviticcio.com, info@fattoriaviticcio.com<br />
Da tempo Viticcio è entrato a far parte del gotha delle<br />
Fattoria di maggior prestigio del Chianti Classico, interessando<br />
una fetta di ammiratori che diventa via via sempre<br />
più numerosa. Il Prunaio 2003? Come dire... sangiovese alla<br />
massima potenza. La ciliegia è viva, matura, carnosa. “Danza”<br />
nel bicchiere, accompagnata da un arcobaleno di elementi<br />
floreali e speziati, gentili e mai forzati. Si distingue per concentrazione<br />
di colore e gusto. Ma è un vino accattivante<br />
che chiama il degustatore a un nuovo assaggio, perché<br />
l’armonia complessiva è eccellente. Senza dubbio uno dei<br />
migliori igt toscani.<br />
Travignoli<br />
Tegolaia Igt 2000<br />
e Calice del Conte Igt 2000<br />
Via Travignoli 78, 50060 Pelago (Fi)<br />
Tel./Fax 055 8361098<br />
www.travignoli.com, info@travignoli.com<br />
La Fattoria Travignoli si trova sulle belle collline di Pelago. Ha<br />
una storia secolare, testimoniata da una cantina di invecchiamento<br />
molto affascinante da visitare. È diretta con intelligenza<br />
e passione dai Conti Busi che credono in maniera<br />
convinta nella qualità e nel terroir rufinese. I due Igt<br />
hanno caratteristiche peculiari. Il Tegolaia, super tuscan pluripremiato<br />
a livello internazionale, è un blend di Sangiovese<br />
e Cabernet Sauvignon. Ha colore rosso granato, profumi<br />
evoluti di frutta e confettura, spezie nobili, tabacco e cuoio.<br />
In bocca si mostra vivo con perfetta corrispondenza fra le<br />
parti alcol, acidità e tannini. Il Calice del Conte è invece<br />
ottenuto da uve Merlot e Cabernet Sauvignon. Il colore è<br />
rubino cupo, con belle note floreali e frutatte e sentori<br />
vanigliati. Il gusto è ampio, morbido e vellutato. Entrambi i<br />
vini si esaltano al meglio con carni alla brace, brasati, arrosti<br />
e selvaggina.<br />
43
44<br />
Cultura<br />
in tavola<br />
Olio come fattore culturale<br />
della Toscana<br />
Se ammettiamo che il nutrirsi non è<br />
solo un atto di mera sussistenza e<br />
sostentamento, indifferente ai sapori<br />
e ai valori che un cibo sa trasmettere,<br />
allora (e solo allora) possiamo<br />
accorgerci di quanto complessi siano i<br />
riflessi che il tema enogastronomico<br />
ha sul campo culturale,<br />
antropologico, sociale, economico.<br />
Mangiare bene vuol dire accostarsi a<br />
identità, storia, metodi, tecniche,<br />
credenze, visioni, filosofie di vita.<br />
Mangiare bene vuol dire capire un<br />
mondo. L’olio extravergine di oliva si<br />
colloca da sempre come uno dei<br />
principali protagonisti di questo<br />
approccio che potremmo definire da<br />
gastronomi avvertiti e sensibili.<br />
Nel suo tragitto plurisecolare l’olio di<br />
oliva è stato usato ora come elemento<br />
curativo, ora come cosmetico, ora<br />
come combustibile. Ma soprattutto<br />
come esaltatore di cibi, semplici ed<br />
elaborati. Ed è questo il ruolo che<br />
viene con forza riconosciuto oggi<br />
all’extravergine, in particolare quello<br />
L’olio<br />
extravergine<br />
d’oliva, ricchezza<br />
di Toscana<br />
toscano. Olio, quindi, come prìncipe<br />
dei condimenti.<br />
Le cultivar toscane, le<br />
caratteristiche organolettiche<br />
In Toscana si ottengono varie<br />
tipologie di olio. Ogni area della<br />
regione ha il suo extravergine ed ogni<br />
area ha doti di eccellenza specifica. Le<br />
varietà (o cultivar) principali sono<br />
date da Frantoio, Leccino e Moraiolo. I<br />
tratti organolettici comuni si rivelano<br />
il forte colore verde-oro, gli intensi<br />
profumi erbacei, il gusto amarognolo e<br />
la tipica nota piccante che si attenua<br />
con il tempo. Molto interessanti, negli<br />
ultimi anni, sono i tentativi di<br />
ottenere degli extravergini<br />
monovarietali, raccogliendo in modo<br />
separato le cultivar. I risultati sono<br />
non di rado realmente convincenti. Si<br />
tratta tuttavia ancora di un tratto<br />
sperimentale di un percorso che vede<br />
l’olio toscano come frutto di un blend<br />
di più varietà. Oltre alle varietà<br />
sopracitate possiamo avere il<br />
Punteruolo, il Razzo, l’Olivastra e la<br />
Caninese.
I fattori essenziali<br />
per un olio di qualità<br />
Molto spesso ci troviamo di fronte a<br />
oli di diversa qualità, anche se tutti<br />
del tipo extravergine. Non sempre è<br />
facile riuscire a orientarsi, anche<br />
perché molti sono i fattori che<br />
concorrono a determinare la bontà o<br />
meno di un olio.<br />
Diciamo subito che un olio lo si può<br />
solo sciupare. Il lavoro del contadino<br />
e del frantoiano, se hanno a che fare<br />
con una materia prima scadente, non<br />
può in alcun modo incidere per<br />
rendere migliore in maniera artefatta<br />
l’olio che sta producendo. Perciò è<br />
assolutamente fondamentale la cura<br />
di tutta la filiera che va dalla raccolta<br />
all’estrazione, passando per il<br />
trasporto e lo stoccaggio delle olive.<br />
Solo così sarà possibile avere una<br />
buona inoliazione, ossia un ottimale<br />
deposito di olio nelle cellule della<br />
polpa dell’oliva, che si arricchirà di<br />
sostanze aromatiche e sapide, nonché<br />
di trigliceridi. Quantità e qualità sono<br />
dunque date in funzione di fattori<br />
colturali, climatici e podologici.<br />
Il metodo di produzione<br />
La prima fase è quella della raccolta,<br />
essenziale per tempi e metodiche al<br />
fine di mantenere una corretta sanità<br />
del frutto. Interessa raccogliere solo<br />
le olive attaccate alla pianta tramite<br />
brucatura, pettinatura, bacchiatura<br />
oppure scuotitura.<br />
Dal momento della raccolta a quello<br />
della frangitura deve passare<br />
pochissimo tempo, per evitare che la<br />
massa delle olive subisca fenomeni di<br />
riscaldamento, fermentazioni<br />
indesiderate e muffe. Perciò occorre<br />
molta cura nel trasporto e nella<br />
conservazione,che deve avvenire in<br />
locali arieggiati, freschi e asciutti.<br />
Dopo un’opera di defogliazione,<br />
lavaggio e asciugamento, parte la<br />
vera e propria frangitura. Le olive<br />
(buccia, polpa e nocciolo) vengono<br />
ridotte in una pasta granulosa più o<br />
meno fine. Segue l’operazione di<br />
gramolatura, data da un prolungato<br />
rimescolamento della pasta e un<br />
leggero riscaldamento della stessa.<br />
Ciò consente di rompere l’emulsione e<br />
separare l’olio dagli altri costituenti.<br />
Il prodotto gramolato è tuttavia<br />
estremamente labile e deperibile e va<br />
lavorato subito per evitare<br />
ossidazioni dannose. Si ha perciò<br />
l’estrazione che porta a una parte<br />
liquida data da olio e acqua di<br />
vegetazione e residuo solido, dato<br />
dalla sansa. Infine si procede<br />
rapidamente alla separazione finale<br />
fra olio e acqua di vegetazione.<br />
L’olio a tavola<br />
“Olio nuovo e vino vecchio” recita un<br />
antico adagio popolare. L’olio infatti,<br />
a differenza del vino, ha una vita<br />
relativamente molto breve e perde col<br />
tempo colore e fragranza a causa dei<br />
processi di ossidazione. L’olio<br />
extravergine di oliva è innanzitutto<br />
uno straordinario condimento, per le<br />
sue capacità di convogliare gli aromi,<br />
45
46<br />
insaporire ed esaltare il gusto di molte<br />
pietanze. In cucina l’olio d’oliva viene<br />
usato anche come grasso di cottura e<br />
per la frittura, grazie alle sue innate<br />
proprietà di stabilità e di alto punto di<br />
fumo, nonché alle sue capacità di<br />
trasferire profumi e aromi alla pietanza<br />
che si sta friggendo. Molti i piatti che<br />
Carpineto<br />
Gli Appodiati dell’azienda<br />
Carpineto sono Extravergini<br />
che mettono in risalto le<br />
peculiarità di vari terroir della<br />
Toscana. Fra questi spicca<br />
l’Appodiato di Gaville – Oliveto<br />
Sillano, prodotto a freddo<br />
da olive raccolte a mano<br />
in antichi oliveti nell’alto Valdarno,<br />
al confine col Chianti<br />
Classico. Le varietà sono<br />
Frantoio, Moraiolo, Leccino e Pendolino. Il colore è<br />
verde intenso, con un bouquet speziato e aromatico,<br />
con finale lungo e persistente. Si abbina alla perfezione<br />
con bruschette, carpacci, insalate e pinzimoni. Da<br />
citare anche l’Appodiato di Gavorrano – Oliveto Il<br />
Piccioli (Grosseto) e l’Appodiato di Chianciano e<br />
Montepulciano – Oliveto delle Simbarde (Siena).<br />
Loc. Dudda, Lucolena (Fi)<br />
tel. 055 8549062, fax 055 8549001<br />
www.carpineto.com, info@carpineto.com<br />
si possono gustare, dalle semplici<br />
bruschette, alle zuppe, per finire a<br />
pesci, carni e verdure. Con<br />
l’extravergine sapore e salute vanno a<br />
costituire un binomio perfetto. Un<br />
binomio che trova un valore aggiunto<br />
ulteriore se si tratta di extravergine<br />
toscano.<br />
Fattoria Casa Sola<br />
Casa Sola si trova nel cuore del<br />
Chianti Classico, ubicata nel comune<br />
di Barberino Val d’Elsa. Antica<br />
la vocazione alla viticoltura e<br />
all’olivicoltura di qualità, grazie alla<br />
favorevole esposizione e l’ideale<br />
microclima. Dal 1960 la Fattoria è<br />
di proprietà dei Conti Gambaro.<br />
L’extravergine Dop Chianti Classico<br />
è ottenuto da cultivar Frantoio,<br />
Moraiolo, Leccino e Pendolino:<br />
si presenta di colore verde<br />
con sfumature dorate, intensi<br />
sentori di erbe, cardo e carciofo,<br />
gusto equilibrato adatto a formaggi,<br />
carpacci, arrosti, minestre, zuppe<br />
e cruditès.<br />
Strada di Cortine, Barberino Val d’Elsa (Fi)<br />
tel. 055 8075028, fax 055 8059194<br />
www.fattoriacasasola.com<br />
casasola@chianticlassico.com<br />
Fattoria di Grignano<br />
La Villa di Grignano risale al secolo XV e si trova al centro di una vasta area<br />
che, alla destra del fiume Sieve, risale la collina a monte del borgo di<br />
Pontassieve. L’oliveta della Fattoria si estende per circa 200 ettari. Da qui,<br />
seguendo scrupolosamente ogni fase che va dalla raccolta alla frangitura, si<br />
ottengono prodotti di altissima qualità. Le cultivar dell’Extravergine sono<br />
Frantoio, Leccino, Moraiolo, Cipressino e Pendolino. Presenta un colore<br />
verde brillante, sentori intensamente frutatti, sapore rotondo e leggermente<br />
piccante. Imperdibile anche il Laudemio (termine che nella tradizione<br />
medievale significava “la parte del raccolto destinata al signore”. Il colore<br />
è verde, con profumo e gusto tipici della migliore tradizione toscana.<br />
Via di Grignano 22, Pontassieve (Fi)<br />
tel. 055 8398490, fax 055 8395940<br />
www.fattoriadigrignano.com, info@fattoriadigrignano.com
Tenuta Il Poggione<br />
L’eccellenza dei prodotti di questa prestigiosa<br />
azienda di Montalcino si vede (e si gusta!) anche<br />
dall’ottimo Extravergine, prodotto con le<br />
migliori varietà di olive Correggiolo e Moraiolo.<br />
La brucatura avviene a mano negli oliveti di<br />
proprietà, con frangitura nel frantoio della Tenuta<br />
entro le 24 ore. L’estrazione avviene a<br />
freddo per non alterare le caratteristiche or-<br />
Le Torri<br />
La Fattoria Le Torri, ubicata nelle splendide<br />
colline del Chianti Colli Fiorentini,<br />
produce un olio extravergine di categoria<br />
superiore ottenuto unicamente<br />
con procedimenti meccanici. La raccolta,<br />
iniziata e portata a termine nel<br />
mese di novembre, è avvenuta in maniera<br />
manuale e la frangitura è stata<br />
effettuata entro le 24 ore successive<br />
con macine di pietra e spremitura a<br />
freddo. Le cultivar sono Frantoio, Moraiolo<br />
e Leccino. L’olio si presenta di<br />
una veste verde intensa, con sentori<br />
gusto olfattivi fruttati e armonici. Il consiglio<br />
è di gustarlo crudo come condimento<br />
di pietanze toscane.<br />
Propr. Campiglioni S.p.A., Via San Lorenzo<br />
a Vigliano 31, Marcialla (Fi)<br />
tel. 055 8076161, fax 055 8061257<br />
www.letorri.net, campiglioni@tin.it<br />
Marchesi<br />
de’ Frescobaldi<br />
Fra i pregiati prodotti dei Marchesi de’<br />
Frescobaldi merita un posto d’onore<br />
il pluripremiato Laudemio, Extravergine<br />
d’oliva ottenuto da cultivar Frantoio<br />
(80%), Moraiolo (10%) e Leccino<br />
(10%). La raccolta delle olive è<br />
avvenuta fra fine ottobre e la seconda<br />
metà di novembre e la spremitura<br />
è stata effettuata nel frantoio di proprietà<br />
con sistema continuo. Si fa apprezzare<br />
come pregiato condimento di verdure, zuppe<br />
e pietanze di pesce per il colore limpido e verde<br />
intenso, il profumo fruttato, il gusto che rimanda al<br />
carciofo e alla tipica nota piccante dell’olio toscano.<br />
Via S.Spirito 11, Firenze<br />
tel. 055 2714, fax 055 211527<br />
www.frescobaldi.it, info@frescobaldi.it<br />
ganolettiche. L’olio si presenta così con una<br />
bella tonalità verde oro, profumi caratteristici e<br />
intensi, gusto fruttato e fragrante. Da gustare a<br />
crudo, su insalate e verdure, e per cucinare.<br />
S. Angelo in Colle – Montalcino (Si)<br />
tel. 0577 844029, fax 0577 844165<br />
www.tenutailpoggione.it, info@ilpoggione.it<br />
Travignoli<br />
L’azienda agricola Travignoli<br />
produce ogni anno tra i 60 e i<br />
70 quintali di olio extravergine<br />
di oliva; la parte migliore<br />
viene imbottigliata – circa<br />
10mila bottiglie e venduta<br />
come Laudemio, olio extravergine<br />
di oliva. Laudemio è<br />
un prodotto di alta tipicità e<br />
selezione, un extravergine “diverso”<br />
che nasce da olive raccolte<br />
precocemente a mano<br />
e frante secondo le norme di un disciplinare rigidissimo<br />
che regola dalla conduzione degli uliveti, alla raccolta,<br />
la frangitura, la conservazione fino all’imbottigliamento,<br />
tutto per proteggerne la qualità e l’eccellenza<br />
organolettica.<br />
Via Travignoli 78, 50060 Pelago (Fi)<br />
tel./fax 055 8361098<br />
www.travignoli.com, info@travignoli.com<br />
Villa del Cigliano<br />
Grande attenzione a ogni prodotto<br />
viene riservata da Villa del Cigliano,<br />
storica Fattoria di San Casciano<br />
Val di Pesa. L’Extravergine di oliva è<br />
ottenuto dalla raccolta di cultivar<br />
Frantoio (75%), Moraiolo (15%) e<br />
Leccino (10%). Il risultato è un olio<br />
di media fluidità dall’intenso colore<br />
verde oro, un persistente odore di<br />
oliva e gradevoli sentori erbacei. Al<br />
gusto rivela un fruttato leggermente<br />
piccante con retrogusto di carciofo.<br />
Da abbinare a crudo su zuppe,<br />
legumi, fettunta e pinzimoni. Adattissimo anche<br />
in cottura per ragù, brasati, arrosti.<br />
Via Cigliano 17, San Casciano Val di Pesa (Fi)<br />
tel. 055 820033, fax 055 8290719<br />
www.villadelcigliano.it, www.villadelcigliano.com,<br />
fattoriacigliano@libero.it<br />
47
48<br />
Il Consorzio dei<br />
Produttori Agricoli<br />
di Impruneta<br />
La coltivazione dell’olivo<br />
a Impruneta<br />
Impruneta, un piccolo paradiso alle<br />
porte di Firenze. Le dolci colline<br />
imprunetane abbracciano la città del<br />
giglio e da secoli accolgono la<br />
coltivazione della vite e dell’olivo.<br />
Testimonianze letterarie ed antichi<br />
testi notarili raccontano che fin dal<br />
Medioevo sul territorio imprunetino si<br />
svolgeva l’intero ciclo produttivo<br />
dell’olio di oliva: coltivazione,<br />
raccolta e trasformazione. È della<br />
prima metà del Trecento infatti il<br />
documento che segnala la presenza a<br />
Fabbiolle e a Monte di un<br />
“macinatorium ad macinandas olivas”,<br />
indicato anche come “hedificium ad<br />
faciendum oleum”: quello che noi,<br />
oggi, chiamiamo frantoio.<br />
È dunque l’olivo la principale<br />
coltivazione del territorio: circa 1.200<br />
ettari, ovvero 200.000 piante, con<br />
una densità stimabile attorno alle 150<br />
piante per ettaro.<br />
Sotto il profilo agronomico la forma<br />
Un extravergine di grande<br />
qualità alle porte di Firenze<br />
di allevamento più diffusa è il<br />
cespuglio, ma nelle più moderne<br />
piantagioni non mancano le forme a<br />
monocono. Gli interventi di<br />
fertilizzazione sono molto ridotti e i<br />
trattamenti antiparassitari sono<br />
decisamente contenuti (in alcuni anni<br />
addirittura assenti).<br />
La caratteristica principale<br />
dell’olivicoltura locale è la raccolta<br />
precoce dei frutti direttamente dalla<br />
pianta: l’unica garanzia totale per<br />
evitare le gelate che possono<br />
verificarsi dopo il mese di dicembre.<br />
A Impruneta, nelle annate migliori, la<br />
produzione totale si aggira quindi<br />
intorno alle 2800/3000 tonnellate di<br />
olive, pari a 450/500 tonnellate di<br />
olio. Il quadro varietale che si ricava<br />
da una indagine effettuata dal<br />
Consorzio sul territorio è il seguente:<br />
Frantoio, Moraiolo, Leccino sono<br />
presenti per circa il 90%, il resto è<br />
formato da svariate cultivar fra le<br />
quali Pendolino, Morchiaio, Madonna<br />
dell’Impruneta, Rossellino.
Fra storia e leggenda<br />
Narra la leggenda che nel 1499<br />
durante una traslazione della Sacra<br />
Immagine della Vergine di Impruneta<br />
a Firenze, mentre la Signoria era in<br />
guerra con Pisa, un rametto di olivo si<br />
impigliasse nell’Immagine Sacra<br />
cadendo non appena furono varcate<br />
le mura di Firenze.<br />
I fiorentini, che avevano invocato<br />
l’intercessione della Vergine per avere<br />
la meglio sui nemici pisani,<br />
interpretarono l’evento come un<br />
segno di buon auspicio. A<br />
testimonianza dell’evento è stato<br />
eretto un Tabernacolo e posta una<br />
lapide che ricorda l’accaduto.<br />
Ancora oggi esiste l’olivo da cui si<br />
staccò il rametto e resiste anche la<br />
leggenda: quel tipo di pianta è infatti<br />
l’unico ad aver resistito ad ogni<br />
stagione avversa, compresa la celebre<br />
gelata dell’85. Proprio dall’85,<br />
quell’olivo è stato denominato “l’olivo<br />
della Madonna”. Una pianta molto<br />
resistente alle avversità atmosferiche<br />
e da cui è stata selezionata la cultivar<br />
“Madonna di Impruneta”.<br />
Le aziende del territorio<br />
La realtà agricola del comune di<br />
Impruneta conta circa 300 aziende,<br />
quasi tutte produttrici di olio<br />
extravergine di oliva, ed in parte<br />
anche di vino. Si tratta per la maggior<br />
parte di realtà di piccole dimensioni:<br />
il 66 % delle aziende ha superfici<br />
comprese tra 1 e 6 ettari; il 25 % ha<br />
terreno di estensione compresa tra 6<br />
e 20 ettari; solo il 9 % supera i 20<br />
ettari.<br />
Fin dal 1983 gli olivicoltori<br />
imprunetini si sono riuniti<br />
nell’Associazione per la valorizzazione<br />
dell’Olio di Oliva dell’Impruneta, teso<br />
a valorizzare l’oro verde prodotto<br />
nella zona delle Colline di Impruneta.<br />
È stata così sollecitata la realizzazione<br />
di infrastrutture tecniche e<br />
pubblicitarie, mentre i produttori<br />
locali sono stati spinti a consorziarsi e<br />
a gestire impianti comuni di<br />
frangitura, imbottigliamento e<br />
commercializzazione. Uno dei primi<br />
risultati, ai tempi, è stata la nascita di<br />
uno dei più grossi impianti di<br />
trasformazione del territorio,<br />
l’oleificio del Greve Pesa: la maggior<br />
parte dei fondatori è costituita da<br />
olivicoltori dell’Impruneta.<br />
Nel 1989, gli agricoltori della zona si<br />
sono riuniti nel Consorzio dei<br />
Produttori Agricoli di Impruneta, del<br />
quale fa parte anche il Comune in<br />
qualità di garante. Scopo prioritario<br />
del Consorzio è valorizzare il vino e<br />
l’olio extravergine di oliva di<br />
produzione locale e tutelare il<br />
consumatore attraverso un<br />
disciplinare di produzione che,<br />
rifacendosi alle tradizioni storiche di<br />
coltivazione e di trasformazione ed<br />
integrando le più recenti conoscenze<br />
49
50<br />
scientifiche del settore, garantisca la<br />
qualità e l’origine del prodotto.<br />
Dal 1990 il Consorzio dei Produttori<br />
Agricoli di Impruneta, sensibile ai<br />
problemi legati alla difesa<br />
dell’ambiente e al ridotto utilizzo di<br />
Presidi Sanitari nella coltura della vite<br />
e dell’olivo, ha partecipato ai<br />
programmi di Lotta Guidata ed<br />
Integrata della Provincia di Firenze e<br />
della Regione Toscana. Negli anni il<br />
Consorzio ha partecipato a molte<br />
manifestazioni di settore sia olivicolo<br />
che vitivinicolo in Italia (Vinitaly, Sol,<br />
Oleum) e all’estero con la<br />
collaborazione dell’Ice (Londra,<br />
Düsseldorf, Parigi) facendo conoscere<br />
i prodotti del territorio nei mercati<br />
più importanti.<br />
Negli anni il Consorzio ha lavorato<br />
per un miglioramento continuo della<br />
qualità e dell’immagine dell’olio extra<br />
vergine d’oliva e del vino di<br />
Impruneta. Per l’elevata qualità<br />
Fattoria di Mezzomonte<br />
Di proprietà della Famiglia Corsini a partire dall’anno<br />
1647, la Fattoria Mezzomonte gode di un clima particolarmente<br />
favorevole per la coltura<br />
dell’oliveto. Metodi tradizionali<br />
e tecniche moderne si armonizzano<br />
in una produzione di assoluta<br />
qualità per ciò che concerne vino,<br />
olio e miele. La produzione del 2006<br />
propone ai consumatori prodotti<br />
spremuti a freddo e ottenuti esclusivamente<br />
per procedimenti meccanici,<br />
un ventaglio che va dall’olio<br />
filtrato fino ai monocultivar leccino,<br />
frantoio e moraioli.<br />
Via San Lorenzo a Colline 3,<br />
Loc. Mezzomonte, Impruneta (Fi)<br />
Tel. 055 208528, fax 055208293<br />
www.corsinimezzomonte.it,<br />
corsini@interfree.it<br />
raggiunta diversi soci del Consorzio<br />
hanno vinto premi nazionali come il<br />
Concorso Internazionale Vinitaly, il<br />
Douja d’or, il Pramaggiore per il vino,<br />
l’Ercole Oliario, il Montiferru, il<br />
Fest’Ambiente per l’olio, ed<br />
internazionali come l’International<br />
Wine Challenge, il Concorso Mondiale<br />
di Bruxelles per il vino.<br />
Nel 1393 il mezzadro del Podere della<br />
Valle a Colline, di proprietà della<br />
famiglia Pinciardi, annotava sul libro<br />
fondiario che un orcio e mezzo di olio<br />
aveva fruttato ben 2 fiorini d’oro,<br />
permettendogli di saldare il debito<br />
contratto con il padrone. Lo<br />
scrupoloso mezzadro segnalava nel<br />
libro contabile anche le caratteristiche<br />
dell’olio venduto: gusto e proprietà<br />
organolettiche specifiche e intense, le<br />
stesse che ancora oggi<br />
contraddistinguono l’olio di Impruneta<br />
come prodotto di elevata qualità. La<br />
storia e la leggenda continuano!<br />
Fattoria di Bagnolo<br />
L’Extravergine della Fattoria di Bagnolo, di proprietà<br />
dei Marchesi Bartolini Baldelli, è ottenuto dalla<br />
raccolta manuale delle olive fra la terza decade di<br />
ottobre e la terza decade di novembre, con una<br />
frangitura che avviene dopo 24-<br />
48 ore. Le cultivar sono Frantoio,<br />
Leccino, Moraiolo, Pendolino,<br />
Madonna dell’Impruneta. Si<br />
ha un prodotto verde vivo, con<br />
note di carciofo e erba fresca,<br />
con gusto equilibrato e nota<br />
piccante.<br />
Via Imprunetana<br />
per Tavarnuzze 48,<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel./fax 055 2313403<br />
www.bartolinibaldelli.it,<br />
marco@bartolinibaldelli.it
La Colombaia<br />
Un’antica fattoria immersa nel verde delle<br />
colline della campagna fiorentina. Il terreno<br />
conta circa 5000 piante con cultivar variegate:<br />
Frantoio, Moraiolo, Leccino, Pendolino,<br />
Madonna dell’Impruneta. L’olio si presenta di<br />
colore verde intenso, con profumi intensamente<br />
fruttati e freschi. Al gusto emerge la<br />
nota piccante e un perfetto equilibrio d’insieme.<br />
Con la varietà Frantoio si produce anche<br />
un monocultivar morbido ed elegante.<br />
Via Imprunetana per Tavarnuzze 50,<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel./fax 055 2011669<br />
info@villadibagnolo.it<br />
Lanciola<br />
Di proprietà della Famiglia Guarnieri, Lanciola si trova<br />
nelle belle colline situate nei pressi di Pozzolatico. La<br />
tradizione è davvero illustre: al tempo dei Medici la<br />
Fattoria appartenne alla nobile Famiglia<br />
dei Ricci. Le varietà prevalenti<br />
da cui si ottiene il prestigioso extravergine<br />
sono date da Frantoio, Moraiolo,<br />
Leccino e Pendolino. L’olio<br />
presenta eccellenti tratti organolettici:<br />
un colore verde intenso, un profumo<br />
intensamente fruttato, un gusto<br />
tipico e persistente.<br />
Via Imprunetana<br />
per Pozzolatico 218,<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel. 055 208324, fax 055208063<br />
www.lanciola.net, info@lanciola.net<br />
La Querce<br />
L’olio della Fattoria La Querce, di<br />
proprietà della Famiglia Marchi, è ottenuto<br />
dalle olive raccolte a mano<br />
e frante entro le quarantotto ore<br />
successive. L’estrazione dell’olio – le<br />
cui cultivar sono Frantoio, Moraiolo,<br />
Leccino, Madonna dell’Impruneta e<br />
Pendolino – avviene a freddo, in<br />
modo da mantenere intatte le migliori<br />
caratteristiche organolettiche.<br />
Al colore si presenta intensamente<br />
verde, con bei profumi fruttati e un gradevole sapore<br />
piccante-amaro, con sentori di carciofo.<br />
Via Imprunetana per Tavarnuzze 41,<br />
Impruneta (Fi), tel./fax 055 2011380<br />
www.laquerce.com, info@laquerce.com<br />
L’Erta di Quintole<br />
Circondata da vigneti e oliveti, la Fattoria si estende<br />
su una superficie di 15 ettari. L’Erta di Quintole offre<br />
ospitalità in cinque appartamenti, con una grande<br />
piscina aperta nel periodo estivo. Oltre al vino rosso,<br />
si produce un extravergine biologico.<br />
Dalla spremitura delle olive si ottiene un<br />
olio gradevole, fruttato e giustamente piccante.<br />
Per ben tre volte (1996, 2001, 2005)<br />
la Fattoria ha vinto il concorso Ercole Olivario<br />
nella categoria fruttato medio.<br />
Via Quintole per Le Rose 43,<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel. 055 2011423, fax 0552312645<br />
www.ertadiquintole.it<br />
info@ertadiquintole.it<br />
Castello di Cafaggio<br />
Il Castello di Cafaggio risale al XIV secolo, ed è ancora<br />
oggi circondato da vigne, oliveti e boschi. Attualmente<br />
la struttura prevede un agriturismo<br />
composto di 14 appartamenti e una grande<br />
piscina. L’azienda è a conduzione biologica e<br />
prevede la produzione di vino, aceto, miele<br />
e olio. Frantoio, Moraiolo e Leccino sono le<br />
cultivar di un extravergine ottimo che negli<br />
ultimi anni ha ottenuto significativi riconoscimenti<br />
a livello nazionale.<br />
Via del Ferrone 58,<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel. 055 2012085<br />
www.cafaggio.com<br />
info@cafaggio.com<br />
Le Massete<br />
La Fattoria riposa su terreni collinari di natura argillosa.<br />
La raccolta delle olive avviene rigorosamente a<br />
mano, dopodiché le drupe vengono portate subito<br />
al frantoio per la spremitura. Si ottiene così un extravergine<br />
dalla gradevole nota<br />
dolce-amara e dal tipico profumo<br />
di olive verdi. Un olio<br />
adatto per essere utilizzato<br />
come condimento a crudo per<br />
insalate, legumi e minestroni.<br />
Via Imprunetana<br />
per Tavarnuzze 31<br />
Impruneta (Fi)<br />
Tel./fax 055 2011154<br />
www.agricoladellemassete.it<br />
zucconi.dellemassete@virgilio.it<br />
51
52<br />
A due passi da Bologna<br />
paesaggi, borghi, vigneti<br />
e buona tavola<br />
da gustare prima<br />
con gli occhi e il cuore<br />
e poi con il palato<br />
Il fascino<br />
dei colli<br />
di Giovannina Pelagatti
L’ unico vero problema,<br />
per chi voglia visitare<br />
i Colli bolognesi, è<br />
forse l’imbarazzo della scelta tra arte, storia,<br />
natura e gusto. Ma perché scegliere e<br />
sacrificare qualcosa? La densità e la varietà<br />
di luoghi interessanti consente di<br />
costruire percorsi sia brevi che lunghi,<br />
adatti a ogni stagione e alla disponibilità<br />
di tempo di chiunque; le dimensioni dell’area<br />
e la sua vicinanza alle principali strade<br />
di comunicazione permettono di programmare<br />
facilmente sia ripetute visite<br />
veloci che soggiorni più prolungati.<br />
L’occasione della visita può essere costituita<br />
dalla curiosità per la produzione vinicola<br />
del territorio; e seguendo il filo rosso<br />
(ma non dimentichiamo il bianco!) del vino,<br />
il territorio si apre accogliente alla lettura<br />
anche in chiavi diverse.<br />
Dal punto di vista del paesaggio, i Colli<br />
bolognesi offrono vedute suggestive per<br />
l’accostamento di boschi secolari ai curati<br />
vigneti della zona; la posizione consente<br />
inoltre di spaziare con lo sguardo in<br />
modo spettacolare dagli Appennini alle Alpi.<br />
Le gradevoli e tortuose strade di campagna<br />
che percorrono il profilo delle colline<br />
conducono il visitatore nel cuore del terri-<br />
gli gli gli itinerari di di di gola<br />
torio. Segnato da numerose tracce romane,<br />
i Colli bolognesi sono ricchi di testimonianze<br />
medievali: in pratica ogni altura<br />
porta il ricordo dell’epoca della grande<br />
contessa Matilde di Canossa, e numerosi<br />
sono i resti di castelli, abbazie e luoghi di<br />
culto. A seguito della ventata innovativa<br />
rinascimentale, e fino a tutto l’ottocento,<br />
sorsero sui Colli molte splendide dimore<br />
nobiliari, volute da alcune delle principali<br />
famiglie bolognesi, tra cui il palazzo senatorio<br />
Isolani di Montevecchio, la villa Bentivoglio-Pepoli<br />
e il palazzo Albergati. Da ricordare<br />
anche la cura per l’arte contemporanea:<br />
il Museo di Ca’ La Ghironda, a<br />
Zola Predosa, ne ospita un’interessante<br />
collezione. E ai piaceri offerti da natura e<br />
arte è d’obbligo abbinare quelli della tavola,<br />
con l’accompagnamento dei vini dei<br />
Colli: il territorio offre innumerevoli occasioni<br />
per gustare la cucina locale, dai chioschi<br />
che servono cibo di strada, alle osterie<br />
tradizionali, ai ristoranti “stellati”.<br />
BOLOGNA<br />
53
LI<br />
a cucina<br />
Colli bolognesi sono una miniera inesauribile<br />
di sapori che si sposano perfettamente<br />
ai vini del territorio. La sontuosa<br />
tradizione gastronomica della “grassa”<br />
Bologna e le più rustiche usanze della campagna<br />
confluiscono per imbandire tavole<br />
ricche di prodotti di alto livello, nelle materie<br />
prime come nella loro sapiente manipolazione:<br />
sia i prodotti che si fregiano di<br />
riconoscimenti e tutele ufficiali, come la<br />
denominazione di origine e l’indicazione<br />
geografica protette (il parmigiano reggiano<br />
Dop, la mortadella di Bologna Igp e il<br />
prosciutto di Modena Dop) che gli altri,<br />
curati con pari amore nel rispetto della tradizione:<br />
l’asparago verde di Altedo, le ciliegie<br />
e molte altre varietà di frutta coltivate<br />
nei frutteti della zona, la dorata uva da<br />
tavola saslà (dal francese Chasselas), il<br />
tartufo bianco dei Colli bolognesi, i marroni,<br />
i formaggi freschi ed erborinati, di vacca<br />
e di capra, i friabili ciccioli di maiale, la<br />
coppa di testa (a base di cartilagini e tagli<br />
secondari di maiale). E poi i tradizionali<br />
sostituti del pane tipici dell’Emilia: le golose<br />
crescentine di pasta fritta, da servire<br />
caldissime con salumi e formaggi freschi;<br />
le tigelle cotte nei testi, perfette spalma-<br />
54<br />
te di lardo pestato con aglio e rosmarino<br />
e una spolverata di parmigiano; i borlenghi,<br />
specie di crespelle sottilissime di farina,<br />
uova e latte, cotte in larghe padelle<br />
di rame stagnato e servite in genere con<br />
un ragù di salsiccia e parmigiano. Inoltre<br />
tutti i piatti a base di sfoglia all’uovo, vanto<br />
di ogni tavola emiliana, tra cui i mitici<br />
tortellini di Bologna cotti nel brodo, da provare<br />
nell’abbinamento tradizionale con il<br />
vino Pignoletto, e le tagliatelle, condite con<br />
l’inimitabile ragù. Terminiamo limitandoci<br />
a un velocissimo riferimento ai secondi,<br />
per lo più a base di carni da cortile o di<br />
maiale arrosto o in umido, ai piatti di verdura,<br />
ai dolci semplici e gustosi, come le<br />
crostate, le ciambelle o i tortelli di marmellata.
La ricetta<br />
Crescentine fritte<br />
Ingredienti: 1 kg di farina 00, 1 cubetto<br />
di lievito di birra fresco, 2-3 cucchiai di<br />
olio extravergine, 2 cucchiai di sale<br />
fino, acqua tiepida, latte intero.<br />
Setacciare la farina con il sale e<br />
disporla a fontana. Al centro mettere il<br />
lievito stemperato nell’acqua tiepida e<br />
l’olio. Impastare e lavorare<br />
energicamente aggiungendo il latte<br />
tiepido fino a ottenere una pasta<br />
morbida e omogenea. Mettere l’impasto<br />
così ottenuto in una ciotola coperta con<br />
uno strofinaccio umido. Lasciar lievitare<br />
per almeno 2 ore in luogo caldo,<br />
lontano da correnti d’aria. Tirare la<br />
pasta in una sfoglia alta 3-4 mm,<br />
tagliarla a piccoli rombi e friggere le<br />
crescentine poche per volta nello strutto<br />
o in olio di semi di arachide. Servirle<br />
ben calde. Per ottenere un fritto più<br />
asciutto, aggiungere all’impasto un<br />
cucchiaino d’aceto.<br />
gli gli itinerari di di gola<br />
gola<br />
BOLOGNA<br />
Passatelli<br />
Per ogni persona: 1 uovo intero, 50 g di<br />
pangrattato, 50 g di parmigiano, 1<br />
cucchiaino raso di farina.<br />
Impastare tutti gli ingredienti<br />
aggiungendo buccia di limone<br />
grattugiata, abbondante noce moscata e<br />
un pizzico di sale. Lasciare riposare<br />
l’impasto per circa un’ora, poi passarlo<br />
nello schiacciapatate a fori larghi o<br />
nell’apposito attrezzo, tagliando man<br />
mano i passatelli ad una lunghezza tra i<br />
sei e i dieci centimetri. Lasciarli cadere<br />
nel brodo bollente e farli cuocere per<br />
circa 4/5 minuti. Evitare di mescolare, o<br />
farlo poche volte e con estrema<br />
attenzione per non romperli. Servire ben<br />
caldi cospargendo con Parmigiano<br />
Reggiano grattugiato.<br />
55
ITra le terre del Lambrusco e<br />
la Romagna si incuneano Bologna<br />
e il suo territorio, forti di<br />
una tradizione vinicola che comincia<br />
a trovare le sue origini<br />
certe intorno al 1000, epoca<br />
in cui nei documenti che sancivano cessioni<br />
e pagamento di affitti delle terre si faceva<br />
preciso riferimento al vino della zona.<br />
Anche nei secoli successivi, non rari sono i<br />
riferimenti ufficiali al vino di Bologna, ricavato<br />
da vigne poste sub Appenini radicibus,<br />
alle pendici dell’Appennino, e che poco più<br />
di duecento anni fa pare fosse arrivato per<br />
mare a Roma, a Londra e a Amburgo, ricevendo<br />
apprezzamenti e ordinazioni.<br />
Questa è la storia; racconta dunque di una<br />
fascia collinare che sale verso l’Appennino,<br />
dove la campagna di antica bellezza –<br />
disegnata in vallette, contrade e vigne, ricca<br />
di testimonianze legate alle battaglie per<br />
la conquista dei numerosi castelli e delle<br />
rocche che dominavano il capoluogo – è<br />
decisamente vocata alla viticoltura. Il presente<br />
– e quindi la globalizzazione, il confronto<br />
con gli altri territori, vicini e lontani,<br />
che producono vino – impone salti di qualità,<br />
per trovare nuovi spazi di mercato che<br />
superino il pur importante ambito del consumo<br />
locale e lancino i vini delle colline<br />
bolognesi verso affermazioni migliori. In<br />
altre parole, se una parte consistente della<br />
produzione vinicola viene smaltita con la<br />
vendita diretta nelle aziende in damigiana<br />
o in bottiglia, paradossalmente nella ristorazione<br />
bolognese i vini dei Colli Bolognesi<br />
non trovano il giusto risalto, a dispetto della<br />
passione e della serietà con cui lavorano<br />
i produttori, con un occhio sempre rivolto<br />
alle innovazioni delle tecniche enologi-<br />
56<br />
l vino<br />
Pignoletto<br />
che, alla conservazione dei<br />
vitigni tradizionalmente legati<br />
al territorio e alla sperimentazione<br />
di vitigni internazionali.<br />
Ancor più difficile<br />
il discorso se spostato<br />
in ambiti extraregionali e al<br />
di fuori del Bel Paese. Forse<br />
legando ancor di più il<br />
vino al suo territorio di produzione<br />
potranno essere raggiunti risultati<br />
migliori in termini di diffusione e commerciabilità.<br />
In questa direzione sta operando<br />
il Consorzio Vini Colli Bolognesi, con sede<br />
a San Teodoro, ai piedi del colle su cui sorgono<br />
l’abbazia e il borgo di Monteveglio.<br />
Riunisce circa 150 produttori di uve (di cui<br />
circa un terzo anche imbottigliatori con proprie<br />
etichette) di 16 Comuni, nell’ambito<br />
del comprensorio indicato nel disciplinare<br />
dei vini Doc Colli Bolognesi. Tra i soci del<br />
Consorzio prevale la produzione di uve a<br />
bacca bianca: Chardonnay, Pinot Bianco, Riesling<br />
italico e Sauvignon; ma la nota di originalità<br />
si deve a un vitigno autoctono di<br />
antica storia: il Pignoletto. Fiore all’occhiello<br />
dei viticoltori e vinificatori dei Colli, di<br />
colore chiaro, di profumo intenso, delicato,<br />
quasi aromatico, di gusto asciutto, costituisce<br />
nei suoi vari tipi – fermo (anche classico<br />
e superiore), frizzante, spumante, passito<br />
– la maggior parte della produzione<br />
della zona.<br />
Tra i rossi, spicca una piccola ma qualificata<br />
quantità di barbera, ferma, anche in versione<br />
riserva, o mossa, che ha una bella<br />
tradizione autoctona, soprattutto a Montebudello;<br />
ormai consolidata da tempo la presenza<br />
di Merlot e Cabernet Sauvignon. Risale<br />
al 1995 la definizione nel comprensorio<br />
della Doc Colli Bolognesi di sette microzone<br />
di qualità all’interno della quali la pro
duzione viene assoggettata a particolari<br />
restrizioni di resa d’uva e di vino per ettaro.<br />
La strada della competizione con vini più<br />
blasonati insomma sembra che da queste<br />
parti sia stata già intrapresa; il valore aggiunto<br />
è l’estrema vicinanza con una città<br />
ricca di fascino e di forte golosità quale è<br />
Bologna. Uscendo dal suo centro da Porta<br />
Saragozza, il primo approccio con i vini e le<br />
Le aziende visitate<br />
Azienda Agricola Cavazza Isolani<br />
Via San Martino, 5<br />
40050 Monte San Pietro (Bo)<br />
Tel./fax 051 6766820<br />
www.montevecchioisolani.it<br />
vini@montevecchioisolani.it<br />
La sede dell’azienda è in una delle dimore<br />
nobiliari più antiche e suggestive dei Colli<br />
bolognesi, nata attorno a un’antica torre<br />
matildica.<br />
Azienda Agricola Gaggioli<br />
Via Raibolini Il Francia, 55<br />
40069 Zola Predosa (Bo)<br />
Tel./fax 051 753489<br />
www.gaggiolivini.it; gaggiolivini@virgilio.it<br />
Carlo e Maria Letizia Gaggioli, padre e figlia,<br />
guidano un’azienda moderna attenta alla<br />
qualità.<br />
Azienda Agricola La Mancina<br />
Via Motta, 8 – Montebudello<br />
40050 Monteveglio (Bo)<br />
Tel. 051 832691 fax 051 835441<br />
www.lamancina.it; info@lamancina.it<br />
L’azienda di Franco Zanetti è gestita dalla<br />
nipote Francesca con piglio sicuro e<br />
innovativo.<br />
gli gli itinerari di di gola<br />
gola<br />
vigne dei Colli Bolognesi è, a pochissimi<br />
chilometri, Tizzano, una tenuta storica di<br />
oltre 200 ettari; ma tutte le aziende – quasi<br />
sempre di piccole dimensioni, con produzioni<br />
che non superano, tranne che in un<br />
caso, le 150/180.000 bottiglie annue –<br />
sono a portata di mano, con cordialità e<br />
competenza dei produttori a disposizione<br />
dei visitatori.<br />
Azienda Vitivinicola Bonfiglio<br />
Via Cassola, 21<br />
40050 Monteveglio (Bo)<br />
Tel./fax 051 830758<br />
vinibonfiglio@libero.it<br />
Pio Vannozzi e il figlio Arturo producono i loro<br />
vini unendo con sapienza tradizione e<br />
innovazione.<br />
Azienda Agricola Tizzano<br />
Via Marescalchi, 13<br />
40033 Casalecchio di Reno (Bo)<br />
Tel./fax 051 571208 – 051 577665<br />
visconti@tizzano.191.it<br />
Una sede storica e un parco secolare per<br />
questa azienda sulle colline a ovest di<br />
Casalecchio, dove le vigne sono attestate da<br />
secoli.<br />
Consorzio Vini<br />
Colli Bolognesi<br />
Via dell’Abbazia 30c<br />
40050 Monteveglio (Bo)<br />
Tel. 051 6707752<br />
www.collibolognesi.it<br />
BOLOGNA<br />
57
58<br />
l suggerimento<br />
IUn itinerario sui Colli bolognesi è un tuffo<br />
in una terra morbida, ondulata, ricca di<br />
memorie storiche, e allo stesso tempo<br />
viva e attiva nel presente. Quasi ogni rilievo<br />
accoglie i resti di un antico castello o di<br />
una chiesa, e numerose ville nobiliari e<br />
palazzi senatori delle grandi famiglie bolognesi<br />
fanno mostra di sé. Accanto alle testimonianze<br />
del passato sono ben evidenti,<br />
ma ordinati e non eccessivi, i segni della<br />
moderna attività produttiva, nel fondovalle<br />
come, in modo più suggestivo, sulle colline:<br />
le vigne regolari e curate, le belle coloniche<br />
ristrutturate, le osterie accoglienti<br />
invitano al viaggio e alla sosta piacevole.<br />
Visitare i Colli significa seguire le strade<br />
tortuose che si srotolano lungo i fianchi<br />
delle colline e percorrono le dorsali, addentrarsi<br />
nel territorio e godere di panorami<br />
che spaziano dagli Appennini a sud<br />
ovest fino alle Alpi a nord. Qualche consiglio<br />
minimo: lasciata l’autostrada a Casalecchio,<br />
si può salire all’eremo secen-<br />
Villa Albergati a Zola Pedrosa<br />
Castello di Serravalle<br />
tesco di Tizzano attraversando i primi suggestivi<br />
vigneti dei Colli. Da qui, riscesi sulla<br />
strada di fondovalle, la ss 569 Bazzanese,<br />
e superato l’abitato di Zola Predosa,<br />
con il secentesco e imponente palazzo Albergati,<br />
si può poi raggiungere il piccolo e<br />
suggestivo borgo medievale di Monteveglio<br />
alta, con l’abbazia omonima: noto già<br />
in epoca bizantina, fu per secoli un castello<br />
strategicamente assai importante, conteso<br />
fra Bologna e Modena e scena di<br />
numerose battaglie, posto tappa dei grandi<br />
capitani di ventura d’epoca rinascimentale<br />
e delle loro armate mercenarie. Intorno<br />
a Monteveglio si trova l’omonimo Parco<br />
regionale, di grande interesse ambientale<br />
e paesaggistico. Da Monteveglio si può poi<br />
proseguire per il Castello di Serravalle e per<br />
il paese di Savigno, entrambi di origine<br />
medievale e ricchi di antiche fortificazioni,<br />
poi seguire il corso del fiume Samoggia fino<br />
al centro vinicolo di Monte San Pietro, per<br />
rientrare da qui a Zola Predosa.
Dove mangiare<br />
Trattoria del Borgo<br />
via San Rocco 12<br />
Monteveglio<br />
tel. 051 6707982<br />
Da Amerigo<br />
via Marconi 16<br />
Savigno<br />
tel. 051 6708326<br />
Nuova Roma<br />
via Olivetta 87<br />
Sasso Marconi<br />
tel. 051 6760140<br />
Osteria dal Minestraio<br />
via Costa 7<br />
Rastignano di Pianoro<br />
tel. 051 742017<br />
Marconi<br />
via Porrettana 291<br />
Sasso Marconi<br />
tel. 051 846216<br />
Cantacucco<br />
via Montalbano 5500b<br />
Missano di Zocca<br />
tel. 059 987012<br />
Osteria Vecchia<br />
via Michelangelo 690<br />
Guiglia<br />
tel. 059 792433<br />
Novecento<br />
piazza Matteotti 28<br />
Marano sul Panaro<br />
tel. 059 705217<br />
gli gli itinerari di di gola gola<br />
Dove comprare<br />
Dolci e salati<br />
Dino<br />
via Marconi 101<br />
Casalecchio di Reno<br />
tel. 051 6130381<br />
Dolcelucia<br />
via Marconi 80<br />
Casalecchio di Reno<br />
tel. 051 591002<br />
Conserve, formaggi,<br />
salumi, vino<br />
La Dispensa di Amerigo<br />
via Marconi 14<br />
Savigno<br />
tel. 051 6708528<br />
Salumi<br />
Mazzini<br />
via Libertà 4<br />
Savigno<br />
tel. 051 6708065<br />
Salumi<br />
e formaggi<br />
Le Conchiglie<br />
via Lagune 76/1<br />
Sasso Marconi<br />
tel. 051 6750755<br />
Barbera<br />
Dove dormire<br />
Abbazia<br />
via San Rocco 7<br />
Monteveglio<br />
tel. 051 6701024 – 340<br />
7236508<br />
www.monteveglioatavola.it/<br />
bb_abbazia.htm<br />
Tenuta Bonzara<br />
via San Chierlo 37a<br />
Monte San Pietro<br />
tel. 051 6768324<br />
www.bonzara.it<br />
Montevecchio Isolani<br />
via Dondarini 1<br />
Monte San Pietro<br />
tel. 051 6766882<br />
www.montevecchioisolani.it<br />
Da Amerigo<br />
via Marconi 16<br />
Savigno<br />
tel. 051 6708326<br />
www.amerigo1934.it<br />
Casale della Mora<br />
via Tavoni 20<br />
Vignola<br />
tel. 059 7702930<br />
www.castelliciliegi.it/<br />
ricettivita/ostelli/<br />
ostello_di_vignola.htm<br />
Borgo delle Vigne<br />
Via Raibolini Il Francia 55<br />
Zola Pedrosa<br />
Tel. 051 753489<br />
www.gaggiolivini.it<br />
BOLOGNA<br />
59
Paese che vai,<br />
festa che trovi<br />
Festa non è solo il piacere di<br />
ritrovarsi insieme, ma anche<br />
l’occasione di celebrare i<br />
valori e i simboli della propria<br />
identità culturale e delle<br />
proprie tradizioni.<br />
In questo ricettario l’autrice<br />
presenta oltre 300 ricette<br />
etniche preparate in occasione<br />
delle feste delle diverse<br />
culture e religioni (buddhiste,<br />
cinesi, indiane, cristiane,<br />
ebraiche, indù, musulmane),<br />
così come per le feste dei vari<br />
popoli e comunità del mondo<br />
(parsi, nativi americani, curdi,<br />
rastafariani…). Varietà è il<br />
filo conduttore di questo<br />
volume: varietà di culture e di<br />
lingue, così come di profumi,<br />
60<br />
Cibo tra le righe<br />
Silvia Vigiani<br />
sapori e significati simbolici<br />
del cibo. Ad arricchire il libro,<br />
un inserto a colori con gli<br />
auguri di buon anno nelle<br />
principali lingue, un<br />
calendario delle feste<br />
religiose e civili del mondo e<br />
una sezione speciale dedicata<br />
al Capodanno: pur cadendo in<br />
date diverse, questo<br />
appuntamento viene celebrato<br />
da quasi tutte le culture.<br />
La cucina delle feste<br />
Joan Rundo<br />
Sonda – 16 €<br />
Dolci costruzioni<br />
Quale bambino (anche un po’<br />
cresciuto) non ha sognato di<br />
trovarsi al posto del piccolo<br />
Charlie, fortunato vincitore<br />
della dolcissima “lotteria”<br />
della fabbrica di cioccolato di<br />
Willy Wonka? Dopo l’incredibile<br />
successo del film La fabbrica<br />
di cioccolato, tratto<br />
dall’omonimo capolavoro di<br />
Roald Dahl e pubblicato in<br />
Italia da Salani, esce ora in<br />
libreria Costruisci la tua<br />
fabbrica di cioccolato di Willy<br />
Wonka (Magazzini Salani), un<br />
albo con pezzi staccabili che<br />
permettono di relizzare il<br />
modello 3D in carta della<br />
strepitosa fabbrica. Staccando<br />
i pezzi pretagliati e seguendo<br />
le istruzioni passo a passo,<br />
ogni bambino sarà in grado di<br />
costruire la fabbrica più<br />
stravaganleccorniosa del<br />
mondo in un baleno. Una volta<br />
completato il lavoro non<br />
resterà che animare la propria<br />
costruzione con le figurine dei<br />
personaggi beniamini di<br />
ragazzi e adulti: gli Umpa-<br />
Lumpa, l’ingordo Augustus<br />
Gloop, il piccolo Charlie e<br />
naturalmente lo straordinario<br />
Willy Wonka.<br />
Costruisci la tua fabbrica<br />
di cioccolato<br />
Magazzini Salani – 9,80 €<br />
Le schede<br />
del gusto<br />
Ricettari innovativi, con<br />
fotografie d’autore, che
strizzano l’occhio anche alla<br />
praticità: Magazzini Salani<br />
festeggia l’esordio in cucina<br />
con due cofanetti che<br />
contengono cinquanta schede<br />
– plastificate, lavabili e<br />
antimacchia – per<br />
altrettante<br />
ricette tutte<br />
facili e<br />
d’effetto. Il<br />
cofanetto<br />
dedicato al<br />
cioccolato fornisce cinquanta<br />
lussuose e peccaminose<br />
ricette – dalle tortine fuse,<br />
alla mousse al cioccolato<br />
‘velluto nero’, al diabolico<br />
aperitivo al cioccolato o a un<br />
irresistibile gelato al<br />
cioccolato<br />
amaro – e una<br />
storia del gusto<br />
più amato del<br />
mondo insieme ad<br />
alcune indicazioni<br />
fondamentali per lavorare con<br />
i diversi tipi di cioccolato.<br />
Per gli amanti dei primi piatti,<br />
il set della pasta è un viaggio<br />
fra i sapori nostrani che<br />
raccoglie le più celebrate<br />
ricette di pasta di ogni<br />
regione italiana.<br />
Il set del cioccolato<br />
Il set della pasta<br />
Magazzini Salani<br />
12,50 € l’uno<br />
Da mangiare<br />
con gli occhi<br />
Ha l’aspetto di una gigantesca<br />
tavola di fondente che suscita<br />
goduriosi, inconfessabili<br />
pensieri Il libro d’oro del<br />
cioccolato: dorata è la<br />
fascetta, dorati sono i tagli di<br />
questo elegante volume che<br />
comprende 700 pagine di<br />
ricette, tutte corredate da<br />
foto d’autore, tutte con<br />
protagonista lui, il cioccolato.<br />
Dolce, amaro, piccante,<br />
liquido, morbido o compatto:<br />
le oltre 300 ricette qui<br />
raccolte, tradizionali e non, lo<br />
propongono in una infinità di<br />
varianti, dai biscotti alle<br />
torte, dai dolcetti alle creme,<br />
dai tartufi alle cialde alle<br />
bevande.<br />
Il libro d’oro<br />
del cioccolato<br />
Mondadori – 22 €<br />
Natale<br />
all’italiana<br />
Torna la fortunata collana de<br />
“I quaderni del mangiar<br />
sano”, edita da Vallecchi, con<br />
la carrellata di ricette<br />
regionali Natale con i tuoi. 50<br />
ricette per la festa più bella<br />
dell’anno. Pietanze<br />
strettamente legate al<br />
territorio, dalla valdostana<br />
“zuppa valpellinense” al<br />
“capitone fritto alla<br />
napoletana”, per concludere<br />
con uno “zelten” trentino, a<br />
base di frutta secca: il Natale<br />
si riconferma così come<br />
l’occasione più ghiotta per<br />
(ri)scoprire la variegata e<br />
sontuosa gastronomia della<br />
nostra penisola.<br />
Gian Marco Mazzanti<br />
Natale con i tuoi. 50 ricette<br />
per la festa più bella<br />
dell’anno<br />
Vallecchi – 5,50 €<br />
61
Cala la notte<br />
e fra i bagliori<br />
delle fornaci<br />
di cotto<br />
imprunetino<br />
si mangia<br />
e si declama<br />
Dante<br />
Diabolico peposo<br />
Luigi Pittalis<br />
Bisogna essere preparati.<br />
Quando la chiamata arriva, non<br />
è concesso avere esitazioni né<br />
sono ammesse domande del<br />
tipo “chi viene?” o “cosa si<br />
mangia?”.<br />
Quando arriva l’invito a cena di<br />
uno dei più anziani produttori<br />
di cotto imprunetino, per quel<br />
rito dell’accensione del forno<br />
che si pratica solo rare volte in<br />
un anno e che ancora oggi,<br />
seguendo la tecnica che<br />
prevede l’utilizzo di fascine di<br />
legna bene asciutte (le sole<br />
che permettano al forno di<br />
raggiungere le temperature<br />
necessarie alla cottura) porta il<br />
fochista a stare sveglio tutta la<br />
notte per seguire le fiamme,<br />
non esitate: accettate.<br />
A noi è capitato grazie alla<br />
favorevole intercessione di un<br />
amico della zona che,<br />
eccezionalmente solo per<br />
questa sera, rende possibile la<br />
formazione di una comitiva di<br />
ben quattro persone.<br />
Armati di quattro bottiglie di<br />
quelle buone (gradite ma non<br />
richieste), alle otto in punto ci<br />
presentiamo al luogo<br />
convenuto e siamo accolti,<br />
oltre che da un magnifica<br />
griglia già preparata al suo<br />
degno destino, dalla bocca del<br />
forno spalancata a mostrare le<br />
viscere incandescenti che<br />
alimentano la parte<br />
sovrastante il piano terra, dove<br />
la camera di cottura accoglie<br />
già i manufatti che tra qualche<br />
63
mese, probabilmente,<br />
arrederanno ville e giardini non<br />
solo toscani.<br />
Pare che i vicini non siano<br />
molto contenti del ripetersi di<br />
questo rituale di accensione: il<br />
fumo che si alza dal camino è<br />
davvero intenso e qualcuno ha<br />
sparso la voce che per aiutare<br />
la combustione il nostro ospite<br />
utilizzi anche qualcosa di meno<br />
naturale della legna.<br />
Per quel che vediamo noi non<br />
c’è altro. Anche se la vista è<br />
davvero ipnotica, il richiamo<br />
della tavola ci assorbe presto<br />
ed è così che affrontiamo una<br />
prova davvero importante. Oltre<br />
alle bistecche di cui sopra, ci<br />
aspettano infatti epiche<br />
porzioni di peposo che, mai<br />
come in questa occasione,<br />
possiamo chiamare<br />
all’imprunetina. Per seguire<br />
l’origine di questa<br />
denominazione, ci mettiamo<br />
sulle tracce del nostro discreto<br />
ospite che ha silenziosamente<br />
abbandonato la cinquantina di<br />
persone riunite per l’occasione.<br />
Salite le scale che portano alla<br />
cupola di cottura, assistiamo<br />
incantati allo spettacolo della<br />
delicata operazione di chiusura<br />
delle feritoie che permetterà di<br />
far scendere progressivamente<br />
la temperatura del vano in cui<br />
sono racchiusi orci, vasi e fregi.<br />
Una discesa termica che deve<br />
essere sorvegliata<br />
continuamente da persone ben<br />
64<br />
attente che anche per questo,<br />
si dice, approfittassero del<br />
tempo da passare per mettere<br />
a cuocere in una pentola di<br />
coccio pezzi di carne non del<br />
miglior taglio (ma per l’appunto<br />
in questa ricetta i calli del<br />
muscolo sono funzionali al<br />
massimo) che assieme a vino<br />
rosso, abbondantissimo pepe<br />
nero (macinato ma anche no!)<br />
aglio e un po’ di sale, cuoce<br />
assieme ai cotti per lunghissime<br />
ore di attesa.<br />
Ma torniamo al nostro<br />
Mangiafuoco. Con le mani<br />
protette solo da uno straccio<br />
bagnato, lo vediamo quasi<br />
abbracciare il muro dell’inferno<br />
in un’operazione cui noi<br />
riusciamo ad assistere ad una<br />
distanza di non meno di quattro<br />
metri. Dopo aver “tappato” con<br />
dei mattoni le feritoie lasciate<br />
aperte, il Maestro schiaffeggia<br />
con creta fresca le fessure<br />
ancora aperte, ad impedire<br />
anche la più piccola<br />
alimentazione del mostro che<br />
sta di là dal muro. Siamo senza<br />
Il pentolone del peposo<br />
parole. Non come chi, al piano<br />
di sotto, continua a declamare<br />
felice interi canti della Divina<br />
Commedia, incrociandosi in<br />
questa occasione con la nostra<br />
amica Daniela che gli svela doti<br />
a noi ben note di memoria e<br />
passione per l’opera dantesca.<br />
Ma la notte è fonda e siamo<br />
rimasti anche questa volta tra<br />
gli ultimi ad incrociare i<br />
bicchieri. Riprendiamo la via di<br />
casa certi di avere vissuto una<br />
serata di privilegio. Solo il<br />
giorno dopo scopriamo che per<br />
qualcuno il diavolo ci ha messo<br />
la coda… ma questa è un’altra<br />
storia!<br />
Buon Natale a tutti.
Gustati per voi<br />
A Panzano<br />
in Chianti<br />
in un antico<br />
casolare<br />
tutti i “classici”<br />
della cucina<br />
toscana<br />
Oltre il giardino<br />
Piazza Bucciarelli 42,<br />
Panzano in Chianti (Fi)<br />
Tel. 055 852828<br />
Chiuso: lunedì<br />
Coperti: 80<br />
Prezzi: 25-30 euro (vini esclusi)<br />
www.ristoranteoltreilgiardino.it<br />
Un giardino<br />
di sapori<br />
Marco Ghelfi<br />
Una piccola oasi gastronomica<br />
dove abbandonarsi ad una<br />
cucina di marcata impronta<br />
toscana. Siamo a Panzano, in<br />
quell’angolo di Chianti meglio<br />
noto con il nome di “Conca<br />
d’Oro” per via di una tradizione<br />
vinicola secolare, capace nel<br />
tempo di fornire alcune delle<br />
etichette più rappresentative<br />
dell’enologia regionale. “Oltre il<br />
Giardino” è il nome di questo<br />
caratteristico locale, poco<br />
distante dalla piazza centrale<br />
del paese, guidato dal 2000 da<br />
Paolo Baldini e Marta<br />
Sammicheli. Ricavato negli<br />
ambienti di un antico casolare<br />
contadino, gli arredi semplici ed<br />
i colori caldi creano fin dal<br />
primo impatto un’atmosfera<br />
decisamente tranquilla e<br />
familiare. Davvero graziose le<br />
salette al piano superiore, così<br />
come l’ambita terrazza estiva,<br />
con vista panoramica sulle<br />
distese vitate circostanti. I<br />
piatti pescano nel paniere delle<br />
specialità territoriali, locali e<br />
non solo. Se il Tonno del Chianti<br />
di Dario Cecchini, ormai a pieno<br />
titolo fra i cittadini panzanesi<br />
più conosciuti, rimane uno degli<br />
antipasti da provare, la scelta<br />
può in alternativa ricadere sulla<br />
polenta fritta, servita con<br />
funghi e ragù, o ancora sul più<br />
classico vassoio toscano, con<br />
formaggi, crostini ed affettati<br />
misti. La pasta fatta in casa<br />
(fra cui si segnalano i tortelli<br />
alla mugellana, con ripieno di<br />
patate, le pappardelle, i<br />
maltagliati sull’anatra e le<br />
tagliatelle al sugo di piccione)<br />
fa da apripista alle tante<br />
proposte che vedono<br />
protagonista la carne.<br />
Rosticciana anzitutto, e poi<br />
galletto alla griglia, costolette<br />
di agnello allo scottadito, pollo<br />
fritto, peposo al Chianti e<br />
bistecca alla fiorentina, da<br />
annaffiare con una delle<br />
bottiglie proposte<br />
dall’interessante carta dei vini,<br />
sia bianchi che rossi. Dolce il<br />
finale, ancora all’insegna delle<br />
preparazioni casalinghe, con<br />
panna cotta, tiramisù,<br />
croccantino semifreddo o gli<br />
immancabili cantucci con Vin<br />
Santo.<br />
65
Colazione<br />
Casetta Vaccai<br />
Via Mazzolari 22, Pesaro, tel. 0721 69201<br />
Chiuso la domenica<br />
Pranzo<br />
The Modern<br />
9 West 53rd Street (tra 5a e 6a Avenue)<br />
New York, NY 10019; Tel. 001 212 333 1220<br />
www.themodernnyc.com<br />
La cucina francese e alsaziana dello chef Gabriel Kreutzer<br />
è solo uno dei motivi per frequentare questo ristorante o<br />
il banco del suo bar che, nella migliore tradizione<br />
newyorkese, offre una selezione dei piatti serviti in sala<br />
a prezzi ridotti e senza bisogno di prenotare: il nuovo<br />
MOMA a portata di mano; la sala affacciata su un giardino<br />
di sculture; la clientela, glamourous quanto basta per<br />
sentirsi cosmopoliti almeno un’ora; i prezzi corretti. Eccessivo<br />
il ricarico sui vini al bicchiere.<br />
Sant’Agostino 23<br />
Via Sant’Agostino 23, Firenze, tel. 055 210208<br />
Sempre aperto<br />
A due passi da piazza Santo Spirito in un ambiente<br />
piacevolmente curato, la cucina offre piatti fiorentini<br />
e di tradizione italiana accanto a qualche<br />
proposta inconsueta. Perfetto per un pranzo<br />
veloce il “menu del pellegrino” a 10 euro,<br />
più strutturata la carta serale.<br />
66<br />
Locali per un giorno<br />
Ambienti affascinanti per un locale al top per la qualità<br />
del caffè e del cappuccino, e anche per la grande<br />
varietà di infusi, tisane e the; ottimi prodotti di pasticceria,<br />
spuntini sfiziosissimi, possibilità di scegliere e<br />
acquistare specialità tipiche, oltre che vini, spumanti e<br />
champagne. Unico nel suo genere.<br />
Ruggeri<br />
Viale Matteotti 2r, Firenze, tel. 055 5532942<br />
Chiuso la domenica<br />
Torna a nuova vita un locale storico passato nel corso<br />
degli ultimi anni attraverso diverse gestioni. Arredamento<br />
sobrio, ma non triste, ottima la caffetteria che<br />
può accompagnare brioche, treccine, budini di riso o salati<br />
di varia forma e consistenza; i tavoli (dentro o fuori)<br />
accolgono senza pagare balzelli.<br />
Spuntino<br />
L’alchimista<br />
Piazza del Comune, Montefalco (Pg), tel. 0742 378558<br />
Chiuso il martedì<br />
Due donne, madre e figlia, alla guida di un’enoteca in cui<br />
salumi, formaggi, zuppe e insalate di legumi, dolci casalinghi<br />
fanno la felicità di avventori di tutte le età; gentilezza<br />
e competenza delle signore sono di essenziale<br />
corredo alla qualità e alla varietà dei prodotti.<br />
‘Ino<br />
via de’ Georgofili 3r, Firenze, tel. 055 219208<br />
Chiuso lunedì (a dicembre sempre aperto)<br />
Un locale nuovo, nel cuore di Firenze, aperto da pochi<br />
giorni da Alessandro Frassica, un “vecchio” amante del<br />
cibo e del vino di qualità. Scelta praticamente illimitata<br />
di panini, da imbottire con gli straordinari prodotti presenti<br />
nel bancone; tante amenità e piacevolezze per un<br />
pasto veloce che sia anche un piccolo viaggio nel buongusto.
Aperitivo<br />
Caffè Gioberti<br />
Via Gioberti 76r, Firenze, tel. 055 666803<br />
Chiuso la domenica<br />
Tranquillità non soporifera per questo locale animato fin<br />
dall’ora della colazione per un buon caffè o un ottimo<br />
cappuccino accompagnati da freschi lieviti e piccoli appetitosi<br />
panini; l’offerta prosegue nel corso della giornata<br />
per un pranzo non impegnativo, all’ora dell’aperitivo<br />
con una scelta diversificata di cocktail, a cena con<br />
serate a tema. Tavoli a disposizione senza sovrapprezzo<br />
e un dehors per accaniti fumatori e temerari del freddo.<br />
Caffè dell’Orologio<br />
Piazzetta delle Ova 4, Modena, tel. 338 9256608<br />
Chiuso il martedì<br />
Appuntamenti culturali, gastronomici e mondani trovano<br />
degna cornice in questo locale che è un’istituzione,<br />
dove il caffè e soprattutto i cocktail sono i motivi di<br />
attrazione quotidiani. Prima di cena, grande scelta di<br />
vini al bicchiere, offerta eccellente di stuzzichini.<br />
Cena<br />
Rules<br />
35 Maiden Lane – Covent Garden<br />
London WC2E 7LB; Tel. 0044 207 836 5314; www.rules.co.uk<br />
Il ristorante più antico di Londra, con salette private<br />
intitolate a frequentatori abituali d’altri tempi (Charles<br />
Dickens e Graham Greene fra gli altri), Rules è famoso<br />
per la selvaggina della tenuta privata del locale sui<br />
monti Pennini (vegetariani astenersi), per l’ambiente<br />
lussuoso, per l’aplomb dei camerieri, per i piatti very<br />
British. Il posto giusto per sfatare il mito che la ristorazione<br />
tradizionale inglese sia pessima. Un po’ turistico<br />
forse, ma di gran classe.<br />
Baldo Vino<br />
Piazza San Lorenzo 5, Pistoia, tel. 0573 21591<br />
Chiuso la domenica<br />
In una piazza austeramente bella, il posto giusto<br />
per scovare buoni vini tra le oltre 1000 etichette<br />
(alcune anche al bicchiere e altre a volte proposte a<br />
prezzo scontato). Ambiente accogliente, particolari<br />
che rivelano attenzione (le posate), cucina tra tipicità<br />
toscane e qualche piacevole divagazione (stracciatella<br />
di porri con tegole di parmigiano, triglie fritte, cappelle<br />
di patate con robiola al cavolo nero, tortelli con ripieno<br />
di polenta su fonduta).<br />
Notte Notte<br />
Accademia<br />
Via Accademia 9, Mantova, tel. 0376 360640<br />
Chiuso domenica<br />
Ecco un caffè per chi ama le ore piccole e i piaceri sinceri<br />
del palato; e quindi vini, cocktail, dolci, schiacciate e<br />
schiacciatine e, fin dal mattino presto, pasticcini e brioche<br />
che accompagnano le bevande calde. Insomma c’è<br />
solo l’imbarazzo della scelta, che quasi sempre è felice.<br />
Un locale rinfrancante.<br />
Plasma<br />
Piazza Ferrucci 1r, Firenze, tel. 055 0516926<br />
Uno spazio modernissimo e ipertecnologico che ospita<br />
eventi, serate musicali, installazioni audiovideo. Cocktail<br />
e stuzzichini spesso insoliti aiutano benissimo a<br />
trascorrere la notte tra un piano e l’altro; senz’altro una<br />
sorpresa nel nightclubbing del capoluogo toscano.<br />
67
Fra bollicine<br />
e festa<br />
di fine anno<br />
si conclude<br />
il 2006 per la<br />
chiocciola<br />
“gigliata”<br />
Cristiano Maestrini<br />
Fiduciario Slow Food Firenze<br />
Dicembre tempo di bilanci?<br />
Anche, ma per la nostra<br />
condotta gli impegni non<br />
finiscono mai.<br />
Il 2006 si concluderà con due<br />
importantissimi eventi che<br />
desideriamo segnalare ai<br />
lettori.<br />
Martedì 19 dicembre alle ore<br />
21 presso l’Istituto Francese<br />
di Firenze (P.zza Ognissanti) ci<br />
sarà una grande serata<br />
dedicata allo champagne, in<br />
accompagnamento con<br />
formaggi francesi.<br />
Per ricevere informazioni sull’attività di Slow<br />
Food Firenze: segreteria@slowfoodfirenze.it,<br />
www.slowfoodfirenze.it.<br />
Un anno vissuto<br />
con gusto<br />
A guidare la serata sarà il<br />
Dott. Domenico Avolio del<br />
Centro Informazioni<br />
Champagne di Milano il quale,<br />
supportato da immagini e<br />
filmati, illustrerà storia e<br />
metodo di produzione del vino<br />
più famoso del mondo. Le<br />
bottiglie degustate saranno<br />
rappresentative delle realtà<br />
produttive, dalle grandi<br />
maison, alle cooperative, ai<br />
negotiant, ai piccoli vigneron.<br />
A fare da scenario alla serata<br />
sarà la splendida e antica<br />
biblioteca dell’Iff, sede dove<br />
opera il Console Bernard<br />
Micaud.<br />
Altra magica serata sarà<br />
quella dell’ultimo dell’anno.<br />
Nelle belle sale del Ristorante<br />
Il Perseo l’arrivo del 2007 sarà<br />
festeggiato in maniera<br />
assolutamente slow e con un<br />
menù all’altezza della<br />
situazione.<br />
Insomma, per la condotta<br />
fiorentina si chiude un anno<br />
davvero gustoso, giocato tutto<br />
fra eventi conviviali di alta<br />
qualità, lo sviluppo dell’orto<br />
scolastico presso la scuola<br />
elementare di Grassina, i corsi<br />
Master of Food, il gemellaggio<br />
con Slow Food Berlino, la<br />
realizzazione di due comunità<br />
del cibo – quella dei trippai e<br />
quella delle antiche<br />
schiacciate da forno – un<br />
nuovo corso di collaborazione<br />
69
con il Comune di Firenze, il<br />
fondamentale progetto del<br />
Campionato di Vino presso il<br />
Teatro Romano di Fiesole.<br />
In tutto questo percorso si<br />
sono avute tappe<br />
importantissime dal punto di<br />
vista associativo: l’assemblea<br />
cittadina, la conferma<br />
dell’attuale fiduciario e del<br />
comitato di condotta,<br />
l’elezione del nuovo<br />
Presidente Regionale Giovanna<br />
Licheri, il Congresso nazionale<br />
di San Remo con la nomina di<br />
Roberto Burdese a Presidente<br />
70<br />
▲<br />
Il Campionato<br />
di… vino a Fiesole<br />
(foto © Cristiana Niccoli)<br />
▲<br />
Terra Madre 2006<br />
(Archivio Slow Food)<br />
di Slow Food Italia, quindi<br />
Terra Madre e il Salone del<br />
Gusto, eventi che sono stati<br />
recepiti con grande attenzione<br />
dei mass-media e grandissima<br />
partecipazione da parte dei<br />
visitatori.<br />
L’importanza di Terra Madre ha<br />
avuto eco anche in Toscana<br />
con la manifestazione il Giusto<br />
Gusto. Molte comunità del cibo<br />
straniere sono state ospitate<br />
nella nostra regione grazie al<br />
coordinamento di Slow Food<br />
Toscana e a un’intesa con<br />
Ucodep. Firenze ha accolto<br />
una delegazione della<br />
Repubblica Dominicana<br />
organizzando una serie di<br />
incontri di alto profilo fra i<br />
quali spicca quello con<br />
l’Assessore alla Partecipazione<br />
Democratica Cristina<br />
Bevilacqua.<br />
Un 2006 ricco di belle<br />
soddisfazioni, dunque.<br />
Aspettando le sfide che porrà<br />
il nuovo anno, ormai alle<br />
porte. Per Slow Food grande<br />
rilevanza avrà il Congresso<br />
Internazionale di Puebla<br />
(Messico), previsto per<br />
novembre 2007. A livello<br />
cittadino la Condotta di Slow<br />
Food Firenze cercherà di<br />
confermare quanto di buono in<br />
tutti questi anni è riuscita a<br />
fare, mettendo in moto nuove<br />
idee e nuove energie per dare<br />
il nostro contributo a un<br />
mondo buono, pulito e giusto.
Cioccolato in fiera!<br />
Il cioccolato è tutto uguale?<br />
Giammai! Lo dice a voce alta la<br />
terza Fiera del Cioccolato<br />
Artigianale che al teatro<br />
Saschall di Firenze, dal 19 al<br />
28 gennaio 2007, riunisce più<br />
di 30 mastri cioccolatieri<br />
provenienti da Italia, Austria,<br />
Belgio, Francia, Stati Uniti e<br />
Colombia. La manifestazione si<br />
propone, attraverso mostre,<br />
degustazioni ed eventi<br />
interdisciplinari, di far<br />
conoscere a grandi e piccini,<br />
addetti ai lavori ed<br />
appassionati il vero gusto e le<br />
vere proprietà organolettiche<br />
del puro cioccolato artigianale,<br />
che potrà anche essere<br />
acquistato in loco.<br />
Per tutti gli appassionati di<br />
obiettivo e diaframma, anche<br />
Appuntamenti<br />
con il gusto<br />
Silvia Vigiani<br />
quest’anno la Fiera del<br />
Cioccolato Artigianale in<br />
collaborazione con SM Photo<br />
Art organizza, per tutta la<br />
durata della manifestazione,<br />
degli happening fotografici dal<br />
dolce sapore di cacao:<br />
proiezioni di immagini,<br />
cortometraggi e documentari<br />
dedicati al cacao, workshop<br />
fotografici per chi desidera<br />
sperimentare le proprie<br />
capacità artistiche e, infine, il<br />
concorso fotografico<br />
“Fotogenia al cioccolato”,<br />
dedicato a fotografi dilettanti.<br />
Per informazioni:<br />
www.fieradelcioccolato.it.<br />
Archetipi del gusto<br />
Promozione e valorizzazione<br />
del prodotto tipico come<br />
elemento territoriale a forte<br />
...<br />
impronta culturale: questo<br />
l’obiettivo della prima edizione<br />
di “Terre e sapori”, salone<br />
internazionale dedicato alla<br />
produzione enogastronomica<br />
italiana ed estera di qualità, in<br />
programma dall’8 all’11<br />
febbraio 2007 a Catanzaro.<br />
Numerose aziende provenienti<br />
dalle regioni italiane ed estere<br />
presenteranno i loro prodotti<br />
accuratamente selezionati sulla<br />
base dell’origine, della qualità<br />
e della trasparenza del<br />
processo di filiera. I visitatori<br />
potranno conoscere, degustare<br />
ed acquistare direttamente<br />
numerosi prodotti ad alta<br />
tipicità italiani ed esteri.<br />
All’interno della kermesse,<br />
“Archetipicità” è la mostra<br />
mercato esclusivamente rivolta<br />
ai prodotti agroalimentari,<br />
nazionali ed esteri, dei quali è<br />
esaltata e valorizzata<br />
l’originalità. Si tratta di<br />
prodotti letteralmente<br />
“archetipici”, cioè prodotti che<br />
ne hanno generato altri di<br />
successo o che possono<br />
vantare una antichità di<br />
tecniche e d’uso ineguagliabile.<br />
71
L’obiettivo di “Terre e Sapori”<br />
consiste proprio nella<br />
promozione dell’Archetipicità e<br />
nella diffusione della<br />
conoscenza e valorizzazione di<br />
queste produzioni,<br />
praticamente introvabili, e del<br />
territorio che le rende uniche.<br />
Per informazioni:<br />
www.terresapori.it.<br />
Il maiale in tavola<br />
in Friuli<br />
Prosegue fino al 28 febbraio<br />
2007 la rassegna gastronomica<br />
“Le tavole del maiale”, che<br />
vede quattordici tra i più<br />
rinomati ristoranti della<br />
provincia di Udine proporre<br />
piatti e menu a tema, con<br />
abbinamenti tra portate e vini<br />
autoctoni friulani, racconti e<br />
conversazioni con ospiti a<br />
sorpresa. La rassegna, giunta<br />
quest’anno alla quarta<br />
edizione, si propone di<br />
valorizzare e promuovere la<br />
ricca tradizione agroalimentare<br />
del Friuli Venezia Giulia, anche<br />
al di fuori dei confini regionali.<br />
Protagonista delle serate, il<br />
maiale che oggi, da alimento<br />
tradizionale delle mense<br />
friulane (dalle più modeste alle<br />
più aristocratiche) nelle sue<br />
infinite variazioni è diventato<br />
una prelibatezza da gourmet,<br />
che caratterizza la ristorazione<br />
di queste terre, soprattutto nei<br />
freddi mesi autunnali ed<br />
invernali. In tavola non<br />
mancheranno dunque i<br />
prelibati prodotti della<br />
norcineria regionale, dal dolce<br />
prosciutto<br />
di San Daniele ai saporiti<br />
salami della Carnia.<br />
Per informazioni:<br />
www.ascom.ud.it.<br />
Arezzo promuove<br />
il miele del territorio<br />
Nei giorni di sabato 16 e<br />
domenica 17 dicembre 2006 (in<br />
orario 10.00-19.00), la<br />
dolcezza sarà protagonista per<br />
le vie di Arezzo, con la<br />
ventesima edizione della Fiera<br />
del Miele, in P.zza<br />
Risorgimento, presso i locali<br />
ormai storici della Borsa Merci.<br />
Nel corso della manifestazione<br />
– organizzata dall’Associazione<br />
Apicoltori delle province<br />
toscane, con il patrocinio della<br />
CCIAA, Provincia e Comune di<br />
Arezzo e in collaborazione con<br />
la Confagricoltura locale –<br />
verranno svolte sessioni<br />
gratuite di assaggio dei mieli,<br />
con l’intento di promuovere e<br />
73
far conoscere ai visitatori le<br />
differenti varietà esistenti.<br />
Saranno svelati i segreti della<br />
“smielatura”, processo<br />
utilizzato per l’estrazione del<br />
miele, e i visitatori (ricordiamo<br />
che l’ingresso è interamente<br />
gratuito) potranno anche<br />
acquistare direttamente dalle<br />
aziende partecipanti i prodotti<br />
dell’alveare.<br />
Per informazioni: tel. 0575<br />
905355.<br />
Centolio: nelle<br />
bottiglie piccole…<br />
Ecco “Centolio”, la confezione<br />
monouso da 100 ml di olio<br />
Dop Chianti Classico, ed ecco<br />
10 fra i migliori ristoranti di<br />
Firenze, Siena e Chianti con<br />
un’iniziativa che, dall’11 al 17<br />
dicembre, si prefigge lo scopo<br />
di far conoscere l’ottimo olio<br />
chiantigiano, offrendolo con<br />
piatti che ne esaltino le<br />
caratteristiche, in un formato<br />
che ne preservi integro il<br />
gusto e la qualità. L’iniziativa<br />
nasce dal desiderio di<br />
valorizzare un prodotto – l’olio<br />
extravergine appunto – che<br />
troppo spesso non riceve la<br />
considerazione che merita<br />
sulle tavole di pur prestigiosi<br />
locali. Dagli gnocchi di pane e<br />
olio al passato di ceci con<br />
ravioli, fino al biscotto all’olio<br />
74<br />
Dop con gelato al mandarino e<br />
zucca gialla,<br />
i piatti della più genuina<br />
tradizione toscana saranno<br />
impreziositi dal gusto delle<br />
deliziose boccettine di<br />
Centolio. Questi i ristoranti<br />
che aderiscono all’iniziativa:<br />
Alle Murate, Osteria del Caffè<br />
Italiano, Ristorante Oliviero,<br />
Pane e Vino, Ora d’aria<br />
(Firenze); Enoteca Gallopapa,<br />
Osteria di Passignano, La<br />
Galleria (Chianti); Osteria Le<br />
Logge, Ai tre Cristi (Siena).<br />
A Roma arriva<br />
il bere giovane<br />
Con Agivi, Associazione<br />
Giovani Imprenditori Vinicoli<br />
Italiani, il 10 febbraio Roma<br />
diventa la capitale del“bere<br />
bene”. Presso il Grand Hotel<br />
Parco dei Principi, dalle 16.30<br />
alle 21.30 si terrà il Wine Bar<br />
del Bere Giovane, iniziativa<br />
dedicata ai giovani e non solo<br />
che amano il mondo del vino.<br />
L’evento è ideato e curato dai<br />
soci Agivi, 130 giovani fra i 18<br />
ed i 40 anni alla guida di<br />
alcune fra le più importanti<br />
aziende vinicole italiane.<br />
Durante il Wine Bar del Bere<br />
Giovane, aperto al pubblico<br />
con l’acquisto di un calice<br />
personalizzato con il logo<br />
dell’evento, ogni produttore<br />
presenterà due vini.<br />
“L’etichetta simbolo”, ovvero<br />
quella più famosa e<br />
blasonata, adatta alle grandi<br />
occasioni, e quella con il<br />
miglior rapporto qualitàprezzo,<br />
ideale anche per un<br />
consumo quotidiano.<br />
Per informazioni:<br />
info@gheusis.com.<br />
Un arrivederci di gusto da Volterra<br />
Volterra si conferma meta ambita per tutti gli<br />
amanti della buona tavola. La seconda edizione<br />
di “Volterragusto” è stata un successo con<br />
un’affluenza di pubblico costante durante tutti<br />
i sette week-end della rassegna, che ha messo<br />
in vetrina le ricchezze gastronomiche e culturali<br />
del territorio: dal vino all’olio, passando<br />
per cioccolato, formaggio, alabastro, artigianato locale e tanto altro.<br />
Fra gli eventi più importanti la IX Mostra del tartufo bianco locale<br />
dedicata al figlio più pregiato di queste terre, ormai pieno titolo fra<br />
gli appuntamenti tematici di rilievo nazionale. A Volterragusto, però,<br />
le emozioni non sono state soltanto enogastronomiche. Esilarante la<br />
consegna del Premio Letterario Jarro all’attore Antonio Albanese,<br />
scelto come il riconoscimento vuole per la capacità, attraverso il suo<br />
lavoro, di diffondere la cultura della buona tavola. Un arrivederci<br />
insomma al prossimo anno, per un autunno davvero pieno di sapori!
Ananda di Toscana<br />
2003<br />
Ananda di Toscana 2003 è un<br />
vino fatto da Judy Beardsall,<br />
importante Wine Broker<br />
americana che ha deciso di<br />
produrre un vino con uvaggio<br />
di Sangiovese 50% e Merlot<br />
50%, con uve provenienti dalla<br />
maremma toscana con la<br />
consulenza dell’enologo Alberto<br />
Antonini. La prima annata<br />
prodotta è il 2001, mentre sta<br />
per uscire il 2003. Il vino ha<br />
incontrato un grande successo<br />
sia in America che in Italia.<br />
Il 2003 veste bel rosso rubino<br />
intenso con trama e bordo<br />
porpora. Ha un naso intenso,<br />
fitto ed intrigante quasi<br />
esaltante nelle note di ciliegia<br />
marasca, di polvere di cacao,<br />
Winelovers<br />
di menta, di eucalipto e con<br />
sentori speziati di pepe nero,<br />
di cannella e di chiodi di<br />
garofano. Prezzo enoteca circa<br />
€ 23,00.<br />
Frasca 2004: Fattoria<br />
Varramista propone<br />
un nuovo rosso di<br />
carattere<br />
Fattoria Varramista propone<br />
quest’anno un rosso di<br />
carattere. Il Frasca 2004, un<br />
vino che regala da subito<br />
emozioni intense e che si<br />
presta anche a un ulteriore<br />
invecchiamento in bottiglia,<br />
per rivelare tutta la sua<br />
complessa personalità.<br />
La storia di questo vino si lega<br />
a quella della famiglia<br />
proprietaria della tenuta,<br />
Visconti di Modrone, e nasce<br />
come “vino di famiglia”<br />
destinato ad essere un vino<br />
d’eccellenza offerto soltanto a<br />
pochi intimi. Successivamente,<br />
gli ottimi risultati e riscontri<br />
che questo vino ha ottenuto,<br />
hanno spinto la famiglia ad<br />
ampliare le aree di terreno<br />
adibite a vigneto e a<br />
continuare la strada della<br />
sperimentazione. Frasca 2004,<br />
seconda produzione avviata<br />
dalla fattoria, si inserisce in<br />
questo percorso che esprime i<br />
valori del casato dei Visconti di<br />
Modrone: qualità, stile e<br />
ricerca di eccellenza. Il Frasca<br />
Cinzia Collini<br />
2004 nasce da un blend di<br />
Sangiovese (60%), Merlot<br />
(20%) e Syrah (20%); dopo un<br />
affinamento di 15 mesi in<br />
barrique e il successivo<br />
imbottigliamento, il Frasca<br />
2004 si presenta corposo, di<br />
un colore rosso rubino intenso<br />
che presenta al palato un<br />
aroma fruttato, eleganti<br />
tannini e un retrogusto<br />
persistente. Si abbina molto<br />
bene a secondi di carne, in<br />
special modo gli arrosti, ma è<br />
ottimo anche associato a<br />
formaggi a pasta dura di<br />
media stagionatura e con<br />
taglieri di salumi saporiti,<br />
specie quelli tipici del territorio<br />
toscano quali la finocchiona, il<br />
prosciutto di spalla di cinta<br />
senese, i salumi di cinghiale.<br />
Per la terza volta consecutiva,<br />
l’azienda è stata selezionata<br />
dalla giuria di Merano<br />
75
International Wine Festival &<br />
Culinaria per partecipare alla<br />
manifestazione. Per<br />
l’occasione, ha presentato<br />
nella categoria “Top Selected”,<br />
due rossi di terroir: Varramista<br />
2003 e Frasca 2004 ottenendo<br />
riscontri decisamente positivi.<br />
Invecchiamento<br />
rapido<br />
In Italia è arrivato un oggetto<br />
davvero straordinario: la Clef<br />
du Vin (“la chiave del vino”). A<br />
lanciarlo e a commercializzare<br />
in esclusiva questo brevetto<br />
internazionale è la Screwpull,<br />
marchio leader nei cavatappi di<br />
lusso e in altri accessori per il<br />
vino.<br />
La Clef du Vin, nasce da un<br />
idea dell’enologo Lorenzo<br />
Zanon, successivamente<br />
affinata da un team di enologi,<br />
scienziati e sommelier. Oggi, si<br />
presenta come una sorta di<br />
‘cucchiaio’ fatto di una lega di<br />
metalli frutto di quattro<br />
brevetti internazionali, ed è in<br />
grado di ‘aprire’ in pochi<br />
secondi un vino,<br />
semplicemente immergendola<br />
un attimo nel calice.<br />
Il funzionamento di questo<br />
strumento non è per nulla<br />
complicato: la Clef du Vin<br />
modifica gradualmente, in<br />
modo controllato, le qualità<br />
organolettiche del vino: basta<br />
immergere la Clef per 1<br />
secondo in un calice<br />
contenente 10 cl (o in una<br />
bottiglia di 75 cl se si usa il<br />
modello specifico) per ‘fare<br />
evolvere’ il vino stesso di un<br />
anno; due secondi, due anni;<br />
tre secondi, tre anni… In altre<br />
parole la Clef du Vin consente<br />
di capire se il vino invecchierà<br />
correttamente o se è meglio<br />
berlo subito, o comunque entro<br />
l’anno (da ricordare: ogni<br />
secondo di contatto<br />
corrisponde ad 1 anno di<br />
invecchiamento). I vantaggi<br />
sono notevoli quindi, sia per i<br />
professionisti del settore sia<br />
per gli appassionati.<br />
Successo per I pisani<br />
più schietti<br />
Il 25 e il 26 novembre la<br />
Stazione Leopolda di Pisa ha<br />
ospitato I pisani più schietti, la<br />
manifestazione promossa dalla<br />
Provincia di Pisa in<br />
collaborazione con il Comune<br />
di Pisa, Università, Camera di<br />
Commercio, aziende<br />
vitivinicole, associazioni del<br />
commercio e della ristorazione,<br />
rivolta ad appassionati del<br />
mondo enologico, agli amanti<br />
della tradizione e della cultura<br />
per il gusto.<br />
Grande successo per questa<br />
iniziativa che fonde Pisa Vini,<br />
alla decima edizione, e Pisa<br />
Olio, alla sesta edizione. Nei<br />
due giorni di apertura al<br />
pubblico oltre 3000 i visitatori<br />
che hanno mostrato interesse<br />
per i prodotti tipici della<br />
provincia pisana, ad esempio<br />
per il latte fresco non<br />
pastorizzato, formaggi, salumi,<br />
e naturalmente per l’olio e il<br />
vino, i due protagonisti<br />
indiscussi. Notevole la<br />
partecipazione anche tra gli<br />
addetti ai lavori, che hanno<br />
preso parte numerosi alle<br />
degustazioni e ai convegni.<br />
Tra le iniziative del programma<br />
che andranno a fare da<br />
corollario alla manifestazione<br />
fino al 10 dicembre si<br />
segnalano, oltre a “Vinolio”,<br />
serate enogastronomiche<br />
presso alcuni ristoranti<br />
connessi all’iniziativa. Per<br />
informazioni: www.pisavini.it.<br />
77
vini d’autore<br />
Agricoltori<br />
del Chianti<br />
Geografico<br />
Un DNA<br />
tutto senese<br />
Gli Agricoltori del Chianti<br />
Geografico rappresentano,<br />
forse più di qualsiasi altra<br />
realtà enologica toscana, il<br />
meglio della tradizione vinicola<br />
toscana, in particolare senese.<br />
La filosofia produttiva si basa<br />
sul rispetto di una storia e di<br />
una tradizione che hanno<br />
consolidato la fama della<br />
nostra regione a livello<br />
nazionale e internazionale. I<br />
vini dell’azienda infatti sono<br />
espressione delle migliori<br />
denominazioni di origine: dal<br />
Chianti al Brunello, passando<br />
dal Nobile e dalla Vernaccia.<br />
Ma rispettare la tradizione non<br />
significa far restare tutto<br />
immutato. Cambiano i gusti,<br />
cambia la sensibilità del gusto,<br />
cambiano le tecnologie e i<br />
metodi produttivi. Il Geografico<br />
non poteva non cogliere tale<br />
dinamicità, per cui da sempre<br />
si cerca di mantenere intatto il<br />
dna dei vini e del territorio da<br />
cui provengono, ma con grande<br />
78<br />
attenzione ai segnali del<br />
mercato e alle aspettative dei<br />
consumatori.<br />
Perciò tutto il lavoro in vigna e in<br />
cantina viene seguito con molta<br />
cura. Gli oltre 200 soci conferiscono<br />
le uve presso la cantina di<br />
Gaiole, dotata di moderni<br />
recipienti in acciao inox<br />
termoregolati, botti di rovere e<br />
barriques, nonché di un’efficace<br />
linea di imbottigliamento.<br />
La struttura centrale di Gaiole<br />
non è tuttavia l’unica. A San<br />
Gimignano è stata acquistata<br />
un’ulteriore cantina per<br />
l’ottenimento del Chianti Colli<br />
Senesi e della Vernaccia di San<br />
Gimignano. E ancora di proprietà<br />
aziendale è un frantoio con<br />
sistema continuo ed estrazione a<br />
freddo, sempre in zona San<br />
Gimignano. Mentre per<br />
l’extravergine Chianti Classico<br />
Dop viene utilizzato il frantoio di<br />
Vertine, di cui gli Agricoltori sono<br />
comproprietari, con la lavorazione<br />
delle cultivar frantoio, leccino,<br />
moraiolo e pendolino. La storia<br />
di questa importante realtà<br />
vinicola inizia nel 1961: in<br />
un’area compresa fra Castellina,<br />
Gaiole e Radda in Chianti<br />
diciassette agricoltori formarono<br />
un club per migliorare produzione,<br />
immagine e<br />
commercializzazione. Ciò ha<br />
comportato l’ottimizzazione della<br />
gestione dei vigneti, una<br />
modernizzazione efficace delle
cantine, una capillare distribuzione<br />
dei vini.<br />
In linea con la propria linea di<br />
pensiero, gli Agricoltori hanno<br />
puntato da sempre sul vitigno<br />
più prestigioso e significativo: il<br />
sangiovese. Un vitigno che,<br />
grazie alla selezione clonale, è<br />
capace di esaltare le ricchezze<br />
podologiche e ambientali delle<br />
varie aree della Toscana.<br />
Accanto al sangiovese, assoluta-<br />
Agricoltori<br />
del Chianti<br />
Geografico<br />
Via Mulinaccio 10, 53013<br />
Gaiole in Chianti (Si)<br />
Tel. 0577 749489<br />
fax 0577 749-223<br />
www.chiantigeografico.it<br />
info@chiantigeografico.it<br />
mente preponderante, trovano<br />
posto altre varietà autoctone<br />
quali il canaiolo, il mammolo, la<br />
malvasia nera. Inoltre sono<br />
presenti prestigiose varietà<br />
internazionali quali cabernet<br />
sauvignon e merlot, usate solo<br />
nella vinificazione degli Igt, in<br />
primis il Pulleraia. Fra le uve<br />
bianche si coltivano vernaccia,<br />
trebbiano, malvasia del Chianti<br />
e chardonnay.<br />
Come accennato i vigneti sono<br />
tutti dislocati nella provincia di<br />
Siena: soprattutto nella zona del<br />
Chianti Classico, ma anche in<br />
quella del Chianti Colli Senesi,<br />
del Brunello di Montalcino, del<br />
Nobile di Montepulciano, della<br />
Vernaccia di San Gimignano.<br />
Dopo quasi cinquanta anni di<br />
onorata attività gli Agricoltori<br />
del Chianti Geografico mantengono<br />
dunque salde le radici di<br />
un successo dovuto a capacità<br />
imprenditoriali, lungimiranza e<br />
programmazione, coscienza<br />
della realtà circostante, fatta di<br />
mercati diversificati e in<br />
continua evoluzione. In quel dna<br />
tutto senese vi è pertanto una<br />
saggia continuità con il passato,<br />
ma anche la capacità di aprirsi<br />
al futuro con personalità,<br />
determinazione e – soprattutto –<br />
vini di grande qualità.<br />
79
vini d’autore<br />
Il futuro ha solide radici<br />
Basta passare sulla statale che porta da<br />
Monteriggioni a Castellina in Chianti per capire che<br />
c’è un’azienda nel Chianti Classico che sta davvero<br />
cambiando, questa è la Cecchi.<br />
Azienda storica produttrice di Chianti Classico, Cecchi<br />
si afferma negli anni anche per la produzione di<br />
Vernaccia di San Gimignano, di Morellino di Scansano<br />
e di Sagrantino di Montefalco. A tale proposito<br />
Andrea Cecchi afferma: «Non è stato facile andare<br />
ad investire in zone che non ci appartengono storicamente;<br />
ma con pazienza e cercando di andare<br />
incontro alla cultura e alla tradizione dei luoghi siamo<br />
riusciti a creare un buon legame con l’ambiente<br />
e la cultura vitivinicola esistente. Obiettivo di tutti i<br />
80<br />
Cecchi: idee<br />
all’avanguardia<br />
nel rispetto<br />
della tradizione<br />
nostri investimenti è la valorizzazione del vitigno<br />
autoctono attraverso rinnovamenti tecnologici e ricerca.<br />
Il rapporto con la terra è sempre bilaterale, la<br />
terra dà molto a chi la sa valorizzare».<br />
Le scelte che ha fatto la Cecchi negli ultimi anni sono<br />
scelte che hanno colpito nel segno, come dimostrano<br />
i risultati fin qui conseguiti; scelte che, come non<br />
mancano mai di affermare entrambi i fratelli, «sono<br />
state prese da noi, ma portate avanti da un team<br />
capace e specializzato che crede nell’azienda e nel<br />
marchio».<br />
Cecchi è una realtà dinamica moderna, che fonda<br />
le proprie radici sulla storicità e su una conoscenza<br />
antica che però si è evoluta e arricchita nel tem-
Cesare e Andrea Cecchi<br />
po. Cesare e Andrea Cecchi, al timone dell’azienda<br />
da diversi anni ormai, hanno il desiderio di continuare<br />
la tradizione di famiglia senza perdere di<br />
vista le necessità del mercato e le evoluzioni storiche.<br />
Ciò ha portato all’adozione delle tecnologie<br />
più avanguardiste e all’investimento in risorse<br />
umane qualificate e giovani.<br />
A tale proposito Cesare Cecchi afferma: «Credo nella<br />
vivacità intellettuale dei giovani ragazzi, molti di<br />
loro dopo la laurea hanno tanta voglia di apprendere<br />
e di crescere e con la loro vivacità possono portare,<br />
oltre che un’atmosfera più fresca all’interno dell’azienda,<br />
anche nuove idee e modernità».<br />
Il nuovo centro direzionale che verrà inaugurato<br />
per la prossima primavera è un’ulteriore dimostrazione<br />
della crescita a cui mira questa azienda: bellissime<br />
sale degustazioni, centro congressi e una<br />
magnifica cantina. Un equilibrio perfetto tra modernità<br />
e classicità, proprio come i vini che produce.<br />
Cecchi esporta in ben 56 paesi nel mondo, produce<br />
circa 7 milioni di bottiglie ogni anno ed è tra le<br />
aziende di Chianti Classico più conosciute al mondo.<br />
L’azienda di Castellina dimostra in tutto e per<br />
tutto di avere una marcia in più che la colloca oltre<br />
l’ambito della normalità, un qualcosa che caratterizza<br />
quella categoria di imprenditori e agricoltori<br />
abituati a guardare lontano, con investimenti che<br />
guardano a finanziamenti di piani di ricerca e sviluppo<br />
di nuove aree geografiche, di nuovi prodotti<br />
e di tutela ambientale.<br />
Scelte produttive, politiche commerciali appropriate<br />
per prodotti di rango e di ottima qualità a prezzi più<br />
contenuti, apertura alla comunicazione. Sono gli<br />
elementi sui quali l’azienda pianifica il proprio futuro,<br />
cosciente che la ricerca in viticoltura costituisce<br />
l’investimento più appropriato per attingere certezze<br />
produttive. Alla stessa stregua, l’innovazione<br />
di prodotto è la prova definitiva per gestire la<br />
rigenerazione del marchio, laddove la comunicazione<br />
e il marketing costituiscono fattori essenziali<br />
per dare fluidità alla penetrazione dei vini Cecchi<br />
sui mercati nazionali ed esteri.<br />
Insomma, il vino è un prodotto difficile che cambia<br />
a seconda dei luoghi, mai lo stesso, come i suoi<br />
consumatori che oggi preferiscono una cosa e domani<br />
un’altra. L’abilità del produttore è quella di<br />
sapersi rinnovare mantenendo un proprio stile e<br />
proponendo una gamma più ampia possibile.<br />
Cecchi<br />
Loc. Casina dei Ponti 56<br />
53011 Castellina in Chianti (Si)<br />
Tel. 0577 54311 - Fax 0577 543150<br />
www.cecchi.net - cecchi@cecchi.net<br />
81
vini d’autore<br />
Petreto, una realtà molto<br />
particolare nel panorama<br />
vinicolo toscano. Il successo e la<br />
notorietà sono arrivati infatti grazie<br />
a un vino che sa di... Francia,<br />
la Pourriture Noble.<br />
Abbiamo chiesto ad Alessandro<br />
Fonseca, titolare dell’Azienda<br />
Agricola Petreto insieme al fratello<br />
Giovanni, di raccontarci la<br />
decisione di puntare su un vino<br />
così insolito: «Un vino insolito rispetto<br />
al panorama toscano che<br />
non è altro che il frutto di una<br />
combinazione di fattori fisico-climatici,<br />
suolo, esposizione, vicinanza<br />
al fiume Arno, presenza<br />
delle alte colline che proteggono<br />
da sud, che esaltano le caratteristiche<br />
dei vitigni presenti a<br />
Petreto attraverso lo sviluppo<br />
della botrytis, come avviene nelle<br />
più conosciute aree vinicole<br />
che producono vini botritizzati in<br />
Europa, come il Sauternes e<br />
Barsac in Francia o il Tokaij in<br />
Ungheria. Dunque il successo,<br />
82<br />
IL CORAGGIO<br />
DI OSARE<br />
Un vino insolito,<br />
una scommessa vinta:<br />
la Pourriture Noble di Petreto<br />
tutto ancora da dimostrare, è che<br />
in totale solitudine non abbiamo<br />
concorrenti e non ci confrontiamo<br />
con nessuno, ma cerchiamo<br />
di coniugare al meglio tutto quello<br />
che la natura mette a disposizione<br />
a Petreto.<br />
La storia di Petreto si concentra<br />
sulla Pourriture Noble da sedici<br />
vendemmie e rappresenta una<br />
scelta che facemmo con i miei<br />
fratelli, complice attore determinante<br />
Nicolò d’Afflitto, in un pomeriggio<br />
autunnale del 1989. Di<br />
fronte alla scelta di abbandonare<br />
la viticoltura ed estirpare i vigneti<br />
o diversamente provare una<br />
strada temeraria, incerta e della<br />
quale, da agronomo, individuavo<br />
i contorni, ma non il lungo cammino,<br />
quel pomeriggio prendemmo<br />
una decisione “incosciente”<br />
che però oggi sta dando i suoi<br />
frutti».<br />
Come agronomo lavori non<br />
solo per la tua azienda, ma an-<br />
Azienda Agricola<br />
Petreto<br />
Via di Rosano 196/a<br />
50065 Pontassieve (Fi)<br />
Tel. 055 6519021<br />
Fax 055 698022<br />
che per altre fattorie. Qual è il<br />
segreto per essere un buon<br />
professionista nel tuo ambito?<br />
Ricordo che, dopo laureato, era<br />
il 1981, quando mi confrontavo<br />
con i miei primi clienti, pur sapendo<br />
che ero agronomo, mi
guardavano stupiti e si chiedevano<br />
quali erano le competenze<br />
dell’agronomo, ma erano 25 anni<br />
or sono e non 100, e questo perché<br />
questa figura professionale<br />
non aveva ancora una identità.<br />
Certo allora era difficile e, anche<br />
se io mi sono sempre considerato<br />
un privilegiato, spesso<br />
pensavo di avere sbagliato tutto,<br />
ma la grande passione, il piacere<br />
di lavorare fanno superare<br />
molti ostacoli. Oggi molto è cambiato,<br />
ma quello che aiuta l’agronomo<br />
è che se riesci a fare squadra<br />
con i colleghi in ogni azienda<br />
e ci sono la motivazione e il<br />
continuo scambio di conoscenze,<br />
senti di crescere e migliorare<br />
dando sempre un buon servizio<br />
ai tuoi clienti.<br />
Da qualche tempo siete membri<br />
del Consorzio Chianti Colli<br />
Fiorentini. Quali sono, in questo<br />
senso, i vantaggi per una<br />
realtà come la vostra?<br />
Non so se è possibile chiamarli<br />
vantaggi ma la mia Azienda,<br />
Petreto, ricade nel territorio di<br />
questa denominazione e credo<br />
nella valorizzazione dei prodotti<br />
attraverso la denominazione,<br />
quindi con la partecipazione ciascuno<br />
di noi aiuta a far conoscere<br />
il territorio.<br />
Qual è il tuo parere sul futuro<br />
del vino toscano? Su quali elementi<br />
occorre puntare?<br />
Domanda bellissima e risposta<br />
molto impegnativa, credo che in<br />
primo luogo i vitivinicoltori toscani<br />
dovrebbero fare uno sforzo per<br />
essere più uniti, le battaglie tra<br />
denominazioni non sono produttive;<br />
il mercato è grande e le multinazionali<br />
del settore rappresentano<br />
fette di mercato anche più<br />
importanti, in termini di volume<br />
d’affari, dell’intera produzione<br />
regionale e saranno sempre più<br />
invadenti a danno delle medie e<br />
piccole realtà produttive. In secondo<br />
luogo la tipologia del prodotto<br />
deve essere recuperata in<br />
termini di autenticità dell’origine<br />
del prodotto e questo si raggiunge<br />
se si osserverà con sempre<br />
maggiore attenzione il territorio<br />
e le sue caratteristiche peculiari.<br />
Il settore vitivinicolo deve diventare<br />
più sistema e deve acquisire<br />
la capacità di aggregare i soggetti<br />
che partecipano alla filiera,<br />
partendo dalle istituzioni, dai<br />
Consorzi di tutela, sino ai pro-<br />
duttori e poi avere sempre idee<br />
nuove, sperimentare e migliorare<br />
costantemente la coltura con<br />
un riguardo speciale agli aspetti<br />
ecologici che hanno sempre più<br />
importanza.<br />
Infine: a Petreto oltre al vino<br />
si possono trovare anche frutta<br />
molto buona, miele e altri<br />
prodotti naturali. Quanto è<br />
importante per voi restare una<br />
Fattoria alla vecchia maniera?<br />
La tradizione è spesso abusata<br />
come parola ma non credo che<br />
innovazione voglia dire obbligatoriamente<br />
cancellare ogni traccia<br />
del passato.<br />
Inoltre gli indirizzi monoculturali<br />
di fatto contrastano con la scienza<br />
agronomica e nel caso specifico<br />
di Petreto il legame con la produzione<br />
delle pesche è viscerale;<br />
insieme ai fratelli, da ragazzi, per<br />
tutta l’estate raccoglievamo le<br />
pesche e le confezionavamo per<br />
il mercato di Firenze: ancora oggi<br />
prepariamo, su richiesta, la cassetta<br />
alla vecchia maniera, nel<br />
gergo del mercato la chiamano<br />
“padella”, che significa accomodare<br />
i frutti ad uno ad uno su un<br />
letto di foglie di vite così da proteggerli<br />
dagli urti nel trasporto.<br />
Inoltre, a conferma di ciò, in azienda<br />
ho una collezione di antichi attrezzi<br />
agricoli e carri per trasporto<br />
in legno che un amico falegname<br />
di antica tradizione mantiene<br />
e ripara costantemente.<br />
83
APICIUS<br />
84<br />
Dalla cucina<br />
alla libreria<br />
All’istituto internazionale alberghiero Apicius<br />
gli aspiranti cuochi si cimentano anche nell’editoria<br />
Il settore “gastrogiornalismo<br />
e comunicazione”<br />
ha assistito ad una crescita<br />
esponenziale negli ultimi anni<br />
con l’approdo di diversi nomi<br />
ormai ben diffusi nel mondo<br />
culinario. Sono personaggi di<br />
appetiti voraci e soprattutto<br />
dotati di una buona penna,<br />
pronti a dedicarsi a mangiate e<br />
sperimentare ricette con lo<br />
scopo di svelare al pubblico<br />
l’alchimia del cibo attraverso le<br />
varie forme multimediali<br />
disponibili in edicola o in<br />
internet. Chi è curioso di<br />
entrare in un settore fertilissimo<br />
in cui due argomenti (cibo e<br />
multimedia) si fondono un po’<br />
come panna e cioccolato, può<br />
rivolgersi all’istituto internazionale<br />
albeghiero Apicius, che<br />
offre il corso bisemestrale Food<br />
Communications.<br />
Questo corso prepara gli<br />
studenti a svolgere ricerche<br />
sulla ristorazione e<br />
sull’enogastronomia, mettendoli<br />
alla prova con lo sviluppo di<br />
progetti destinati alla pubblica-<br />
zione. Infatti la seconda parte<br />
del corso offre la possibilità di<br />
pubblicare un’opera con tema<br />
gastronomico.<br />
Per esempio, gli studenti<br />
progettano un libro di ricette, si<br />
occupano di ogni fase (scrittura,<br />
food styling, fotografia,<br />
grafica, redazione, ecc.)<br />
inerente alla stesura dello<br />
stesso, trasformando così<br />
un’idea inedita in un fatto reale<br />
e compiuto. La proposta di<br />
pubblicazione rende unico<br />
questo corso altamente
specializzato, permettendo ai<br />
futuri giornalisti di poter vivere<br />
un’esperienza unica nel suo<br />
genere.<br />
Il bello viene nella scelta ampia<br />
di argomenti da studiare e i<br />
due ultimi libri pubblicati dalla<br />
scuola ne sono un esempio.<br />
Innovations: New Appetites in<br />
the Tuscan Kitchen è la<br />
rivisitazione in chiave moderna<br />
delle ricette toscane più<br />
tradizionali che Simone Riani e<br />
Duccio Bagnoli, executive chef<br />
di Apicius, hanno realizzato con<br />
la collaborazione degli studenti<br />
di Culinary Arts. L’altro libro,<br />
Aperitiviamo, è stato interamente<br />
dedicato ad un momento<br />
magico, l’aperitivo. Mandy,<br />
Grace, Hyun Seung, Bailey,<br />
studentesse del corso e autrici<br />
del libro, si sono divertite ad<br />
andare in giro per i locali<br />
fiorentini, alla ricerca dei<br />
migliori cocktails. Andrea<br />
Trapani, altro executive chef di<br />
Apicius, si è occupato di<br />
abbinare ad ogni aperitivo il<br />
giusto finger food.<br />
Apicius<br />
Cooking<br />
School<br />
via Guelfa 85<br />
50129 Firenze<br />
Tel. 055 2658135<br />
Fax 055 2656689<br />
www.apicius.it<br />
info@apicius.it<br />
Le tre sedi di Apicius, compresi<br />
le cucine, il personale, e la<br />
collaborazione con studenti<br />
degli altri corsi sono così a<br />
disposizione per creare un<br />
campo ricco di risorse su cui gli<br />
iscritti sperimentano.<br />
Gli studenti si trasformano in<br />
veri e propri professionisti<br />
durante il percorso del programma<br />
e apprendono delle<br />
basi di multimedia applicabili<br />
all’editoria, al marketing e alla<br />
comunicazione<br />
dell’enogastronomia.<br />
85
istoranti di gola<br />
La carta d’identità<br />
del gusto<br />
Alla scoperta di ristoratori<br />
e ristoranti amici di <strong>Gola</strong> Gioconda<br />
Cavolo Nero<br />
Dove si trova:<br />
Via dell’Ardiglione 22,<br />
Firenze.<br />
Ambiente: raffinato e<br />
accogliente.<br />
I piatti da non perdere:<br />
caprino caldo con salsa<br />
di olive e miele, paccheri<br />
di Gragnano con ragù<br />
bianco di coniglio, filetto di maiale in crosta con<br />
salsa alla senape di Dijon.<br />
Carta dei vini: ampia e molto curata.<br />
Tel. 055 294744 - www.cavolonero.it<br />
Lo<br />
Strettoio<br />
Dove si trova:<br />
Via di Serpiolle 7,<br />
Firenze.<br />
Ambiente: ristorante di classe con vista<br />
superba sulla città.<br />
I piatti da non perdere: pasta fatta in casa<br />
al ragù di cinghiale, controfiletto gratinato<br />
al timo, sfogliatine calde alle pere e zibibbo.<br />
Carta dei vini: selezione ampia e ben curata.<br />
Tel. 055 4250044<br />
www.lostrettoio.com<br />
86<br />
Enotria<br />
Dove si trova: Via delle Porte Nuove 50,<br />
Firenze.<br />
Ambiente: caldo e<br />
informale.<br />
I piatti da non<br />
perdere: fra gli<br />
altri, la selezione di<br />
formaggi accompagnata<br />
da vini a<br />
bicchiere.<br />
Carta dei vini: selezionata e consigliata<br />
magistralmente da Maurizio Tafani.<br />
Tel. 055 354350 - www.enotriawine.it<br />
Vinolio<br />
Dove si trova: Via San Zanobi 126/r,<br />
Firenze.<br />
Ambiente: trattoria tipica e accogliente.<br />
I piatti da non perdere: paccheri con ragù<br />
di maialino, filetto di manzo con porcini,<br />
flan al cioccolato.<br />
Carta dei vini:<br />
molto ampia, ben<br />
selezionata, con<br />
etichette toscane,<br />
italiane, straniere.<br />
Tel. 055 489957<br />
www.vinolio.com
Taverna Pane e Vino<br />
Dove si trova: Piazza Signorelli 27,<br />
Cortona (Ar).<br />
Ambiente: wine bar curato in ogni<br />
dettaglio.<br />
I piatti da non perdere: tirabaci con<br />
broccoli e prosciutto croccante, carpaccio<br />
marinato di Chianina, torta al forno.<br />
Carta dei vini: ampia e capace di valorizzare<br />
il territorio.<br />
Tel. 0575 631010 - www.pane-vino.it<br />
Vinandro<br />
Dove si trova: Piazza Mino 33, Fiesole (Fi).<br />
Ambiente: piccola osteria, molto tipica.<br />
I piatti da non perdere: pasta al ragù, peposo, dolci casalinghi.<br />
Carta dei vini: oltre al vino “a calo”, una buona selezione<br />
di etichette toscane e non.<br />
Tel. 055 59121<br />
www.vinandro.com<br />
Enoteca Gustavino<br />
Dove si trova: Via della Condotta 37,<br />
Firenze.<br />
Ambiente: moderno ed elegante.<br />
I piatti da non perdere: mousse di<br />
melanzane affumicate, pici al ragù<br />
d’anatra, stracotto di guancia con patate<br />
al forno.<br />
Carta dei vini: decisamente superlativa.<br />
Tel. 055 2399806<br />
www.gustavino.it<br />
Ristorante Leonardo<br />
Dove si trova: Via Montalbano Nord 16, Vinci (Fi).<br />
Ambiente: ristorante pizzeria molto tipico.<br />
I piatti da non perdere: crostini con<br />
tartufo e lardo di conca, ravioli al ragù,<br />
filetto al pepe verde.<br />
Carta dei vini: circa 60 etichette, con intelligente valorizzazione<br />
del territorio.<br />
Tel. 0571 567916 - www.ristoranteleonardo.com<br />
87
Un Sambussi, antipasto tipico<br />
somalo, per iniziare e un ottimo<br />
Chivo con mangù (capretto in<br />
umido, piccante, con purè di<br />
platano), in stile dominicano a<br />
seguire. Chi preferisce può<br />
optare invece per il cous cous<br />
con verdure, piatto tipico<br />
senegalese, a base di semola di<br />
grano tenero con sette tipi di<br />
verdure in umido. È solo un<br />
assaggio del menù offerto dal<br />
ristorante Paladar di via<br />
Pistoiese a Firenze. Definirlo<br />
etnico è riduttivo e anche un<br />
po’ glamour, per un locale che,<br />
invece, ha radici diverse, solide<br />
e obiettivi ben definiti: far<br />
conoscere e diffondere in Italia<br />
la cucina di mille e una parti<br />
del mondo. Un ristorante quindi<br />
multietnico con tante<br />
particolarità tutte da scoprire e<br />
che fa delle diversità una<br />
ricchezza. Intanto la storia,<br />
lunga sette anni, dalla nascita<br />
(nel 1979) della società Delicias<br />
specializzata in catering. Un<br />
servizio diverso da quello<br />
tradizionalmente offerto dai<br />
buffet di enti pubblici o feste<br />
private. Addio alle vecchie<br />
tartine, i crostini raffinati e gli<br />
affettati; al loro posto ecco<br />
spuntare felafel, Yuca e Bajie.<br />
Dal catering al ristorante il<br />
passo è stato breve ed ecco<br />
aprirsi le porte del Paladar.<br />
Varcata la soglia si possono<br />
respirare i profumi di spezie e<br />
88<br />
Paladar, il mondo<br />
in un piatto<br />
Lorenzo Sbolgi<br />
ingredienti che fanno volare i<br />
clienti dall’Africa al Sud America<br />
in un vero trionfo d’aromi e di<br />
sapori. Dietro il Paladar, e<br />
ancor prima la società Delicias,<br />
ci sono cinque donne tutte<br />
unite dalla stessa voglia di<br />
conoscenza e come precisa<br />
caratteristica quella di puntare<br />
ad una rigorosa multietnicità<br />
Paladar<br />
via Pistoiese 315, Firenze<br />
Tel. 055 317228<br />
paladar@delicias.it<br />
Aperto dal giovedì alla<br />
domenica dalle 19.30 alle 23.<br />
dei cibi e delle bevande<br />
proposte, tenendo inoltre ben<br />
presente che la storia di un<br />
paese passa attraverso la<br />
memoria, la letteratura e le<br />
tradizioni, ma anche attraverso<br />
il cibo. Tutte le donne di<br />
Paladar vantano una notevole<br />
esperienza nel campo della<br />
ristorazione facilmente<br />
apprezzabile in tutti i piatti che<br />
escono dalla cucina. Menù alla<br />
mano si scoprono molte<br />
proposte di diversi paesi, con<br />
una vasta gamma di piatti<br />
tradizionali preparati da cuoche<br />
originarie delle varie nazioni,<br />
ambasciatrici dell’arte culinaria<br />
dei paesi di origine quali:<br />
Brasile, Repubblica Dominicana,<br />
Marocco, Iran, Birmania,<br />
Senegal, Somalia, Corea,<br />
Polonia, Grecia, Italia, fra gli<br />
altri. Non solo, il menu varia<br />
praticamente ogni settimana,<br />
dando quindi la possibilità di<br />
conoscere un vasta gamma di<br />
proposte culinarie.<br />
Particolarmente interessante ed<br />
innovativo è “il mondo in un<br />
piatto”, una proposta che vede<br />
svariati assaggi di vari paesi<br />
presentati assieme in un piatto<br />
davvero unico.
Simbologia dei punteggi<br />
95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />
I 40 anni del dipartimento<br />
vini della Christie’s<br />
effettuata l’8.11.2006<br />
di Paolo Baracchino<br />
L’8 novembre 2006 si è tenuta a Londra, presso<br />
la sede di Christie’s, una degustazione di<br />
cinque vini, stesse annate, di Tignanello e<br />
di Solaia. Questa degustazione è stata effettuata<br />
nell’ambito dei festeggiamenti, durati<br />
circa un mese, per i 40 anni di vita del dipartimento<br />
vini della Christie’s: è stata l’unica<br />
ad avere ad oggetto vini italiani. La richiesta<br />
di tale evento mi era stata fatta da David<br />
Elswood, capo del dipartimento internazionale<br />
vini della Christie’s rimettendomi la facoltà<br />
di scelta dell’azienda, a condizione che<br />
fosse molto conosciuta ed apprezzata nel<br />
mondo. Il mio pensiero cadde subito sulle<br />
Aziende Antinori ed Ornellaia e fu scelta<br />
l’Azienda Antinori poiché per Ornellaia era<br />
già stata prevista una degustazione a Londra<br />
per la primavera prossima. Vivo e grande<br />
è stato il mio piacere nel sapere che sarei<br />
stato affiancato da Michael Broadbent, master<br />
of wine, il più grande esperto al mondo<br />
di vini francesi, vini che in genere io amo<br />
molto, insieme ad Albiera Antinori, la figlia<br />
maggiore di Piero Antinori. Le note di degustazione,<br />
preparate in precedenza, sono state<br />
perfettamente tradotte dalla Signora Judy<br />
Beardsall importante wine broker americana<br />
e produttrice di vino.<br />
Tignanello<br />
annata 1985<br />
Veste rosso aranciato. Al<br />
naso esplode una netta<br />
sensazione di prugna secca,<br />
di fieno secco e di clorofil-<br />
la, unita a sentori balsamici<br />
di menta, di eucalipto e<br />
di canfora. Il ventaglio<br />
olfattivo continua elargendo<br />
note di liquirizia, di<br />
caramella di rabarbaro, di<br />
Il giorno della degustazione ero emozionato,<br />
vuoi perché la conoscenza del mio inglese è<br />
piuttosto scolastica, vuoi perché ero insieme<br />
a Michael Broadbent di cui avevo sempre sentito<br />
parlare e che mai avevo conosciuto prima<br />
e vuoi perché la platea dei degustatori<br />
era composta da persone “super competenti”.<br />
Sono riuscito a vincere la paura e quindi a<br />
parlare con l’irruenza di un fiume in piena, in<br />
inglese, esternando anche alcune mie tesi sulla<br />
tecnica di degustazione.<br />
Tralasciando queste mie emozioni passiamo<br />
all’esame delle note di degustazione del Tignanello,<br />
in genere composto da 80% Sangiovese,<br />
15% Cabernet Sauvignon e 5% Cabernet<br />
Franc e del Solaia, in genere composto<br />
da 75% Cabernet Sauvignon, 20% Sangiovese<br />
e 5% Cabernet Franc.<br />
Per entrambi i vini l’annata che mi è piaciuta<br />
di più è stata il 2001.<br />
carruba, di polvere di<br />
cacao, di sella di cuoio, di<br />
caramella mou al latte, di<br />
foglie morte e di terra<br />
bagnata, per terminare con<br />
note animali di gibier. In<br />
Le degustazioni 89
occa l’impatto è morbido,<br />
calibrato e condito da<br />
levigate sensazioni tanniche<br />
oltre che da una vena<br />
fresca di piacevole nerbo.<br />
Il tannino è dolce e vellutato.<br />
Sorprendenti sono la<br />
sapidità e la mineralità.<br />
Corpo sempre di buona<br />
struttura. Finale di discreta<br />
lunghezza con retrogusto<br />
di gibier.<br />
Giudizio. Vino piacevole<br />
dove spiccano la freschezza<br />
ed i tannini, dove l’alcol<br />
per fortuna è in sottotono<br />
rispetto al tannino ed alla<br />
freschezza,<br />
consentendo un<br />
buon equilibrio.<br />
Solaia<br />
annata 1985<br />
Bel colore rosso granato.<br />
Profumi ampi e penetranti<br />
di note di foglie di tabacco<br />
fresco, di pelle, di mallo di<br />
noce, di carruba, di prugna<br />
secca, di vernice a olio, di<br />
amido di riso, di pepe nero<br />
e di chiodi di garofano. I<br />
profumi proseguono con<br />
note balsamiche di menta e<br />
di eucalipto (intense) e<br />
minerali di grafite (intense)<br />
accompagnate da<br />
tartufo nero e liquirizia.<br />
In bocca la componente<br />
acida è ben presente, come<br />
pure la componente alcolica,<br />
anche se in sottotono<br />
rispetto alla prima, ed<br />
insieme al tannino che è<br />
dolce, vellutato ed abbastanza<br />
largo, creano un<br />
buon equilibrio.<br />
90 Le degustazioni<br />
Vino sapido e minerale con<br />
buona morbidezza. All’ingresso<br />
in bocca si ha una<br />
piacevole esplosione di<br />
tartufo nero e di confettura<br />
di cassis. Lunga è la<br />
persistenza aromatica<br />
intensa.<br />
Giudizio. Inizialmente<br />
all’olfatto il vino si presenta<br />
chiuso, con sentori di<br />
maderizzazione, ma la sosta<br />
nel bicchiere permette al<br />
vino di ossigenarsi<br />
ed elargire<br />
tanti bei profumi.<br />
Tignanello<br />
annata 1995<br />
Splendido rosso granato,<br />
luminoso e vivo con unghia<br />
color cipolla rosa. Vino<br />
austero e giovane. Colpisce<br />
l’impatto olfattivo intenso<br />
ed elegante dove spiccano<br />
le note erbacee accompagnate<br />
da note di inchiostro<br />
di china, di pelle, di iodio,<br />
di peperone, di pepe nero,<br />
di lieve gibier e di cioccolata.<br />
Completano l’esame<br />
olfattivo note fruttate di<br />
cassis e di confettura di<br />
mora.<br />
Al palato la morbidezza<br />
spicca su una spalla fresca<br />
in lieve sottotono, mentre<br />
il tannino manifesta la sua<br />
dolcezza, la sua setosità<br />
ed ampiezza. Lunga è la<br />
sua persistenza che<br />
evidenzia un retrogusto di<br />
confettura di cassis, di<br />
confettura di ciliegia e di<br />
viola mammola.<br />
Giudizio. Questa è un’an-<br />
nata in cui si sentono le<br />
note erbacee tipiche del<br />
Cabernet Franc. Le stesse<br />
note si sentono anche nel<br />
Solaia 1995, evidentemente<br />
questa annata ha dato<br />
all’azienda un Cabernet<br />
Franc maturo e piacevole.<br />
Quest’annata però, è un po’<br />
penalizzata dall’alcol che è<br />
un poco più presente della<br />
freschezza, ma ciononostante<br />
siamo di fronte ad<br />
un vino più che interessante<br />
che ricorda certi grandi<br />
vini del Bordeaux ed in<br />
particolare del Saint<br />
Emilion. Vino ancora<br />
giovane, meno<br />
evoluto del 1997.<br />
Solaia<br />
annata 1995<br />
Rosso rubino intenso con<br />
bordo granato. Al naso si<br />
evidenziano piacevoli note<br />
erbacee intense, di peperone<br />
giallo, a cui seguono<br />
note di cuoio, di inchiostro<br />
di china, di tartufo nero, di<br />
confettura di cassis, di<br />
amido di riso, di pepe<br />
bianco, per chiudere con<br />
degli sbuffi di cioccolata<br />
amara.<br />
All’ingresso in bocca si<br />
rimane ammaliati dalle<br />
delicate, ma efficaci,<br />
sensazioni di tartufo nero e<br />
di cassis. È equilibrato con<br />
l’alcol ben dosato, accompagnato<br />
da una vena acida<br />
che lo contrasta efficacemente<br />
grazie anche ad un<br />
tannino dolce, vellutato e<br />
quasi totalmente largo.
Buona morbidezza in un<br />
corpo degno di rilievo.<br />
Retrogusto erbaceo e<br />
fruttato. Lunga è la sua<br />
persistenza aromatica<br />
intensa.<br />
Giudizio. Vino interessante<br />
con note erbacee in risalto,<br />
che per questo<br />
ricorda il Tignanello<br />
1995<br />
Tignanello<br />
annata 1997<br />
L’esame visivo ci riporta a<br />
note rosso rubino intenso<br />
con lieve bordo granato.<br />
Colpisce l’impatto olfattivo,<br />
intenso ed elegante che<br />
sfoggia un ventaglio di<br />
profumi vario ed accattivante<br />
che va dalla prugna<br />
secca, al fieno secco ed<br />
alla clorofilla a note di<br />
idrocarburo quali il gasolio.<br />
Il percorso olfattivo<br />
elargisce anche piacevoli<br />
sentori di caramella mou al<br />
latte, note intense di viola<br />
mammola e di cioccolata<br />
amara, a cui fanno eco<br />
sentori di anice stellato,<br />
di radice di liquirizia, di<br />
menta, di confettura di<br />
ciliegia e di mora, di<br />
amido di riso, per terminare<br />
con degli sbuffetti<br />
erbacei, fumée e di carruba.<br />
Al palato denuncia una<br />
pronunciata piacevole<br />
sapidità, mineralità e<br />
salivazione, quest’ultima<br />
dovuta alla freschezza, che<br />
abbraccia il dosato caldo<br />
dell’alcol e si arricchisce,<br />
poi, con la presenza di un<br />
tannino dolce, setoso,<br />
elegante e largo che crea<br />
un’armonia ed un equilibrio<br />
di marcata piacevolezza.<br />
Lunga e piacevole è la<br />
persistenza aromatica<br />
intensa. Retrogusto di<br />
viola mammola.<br />
Giudizio. Vino piacevole e<br />
completo, con un<br />
bagaglio olfattivo<br />
molto importante.<br />
Solaia<br />
annata 1997<br />
Bel rosso rubino integro e<br />
luminoso. Vino aristocratico,<br />
si presenta con buona<br />
morbidezza ed eleganza e<br />
si caratterizza per la<br />
piacevole nota di cuoio. I<br />
profumi palpitano di<br />
sensazioni di grafite, di<br />
cassis, di mora, di caramella<br />
mou al latte, di inchiostro<br />
di china, che pian<br />
piano fanno largo a note<br />
balsamiche di menta e di<br />
eucalipto, accompagnate<br />
da note di viola mammola e<br />
di pepe nero, per deflagrare<br />
poi in note di anice stellato.<br />
In bocca rivela immediatamente<br />
grande eleganza,<br />
che propone una<br />
morbida e vellutata struttura,<br />
vino abbastanza equilibrato,<br />
con un tannino<br />
dolce, setoso e quasi<br />
completamente largo.<br />
Esplosivo retrogusto di<br />
viola mammola. Lunga è la<br />
persistenza aromatica<br />
intensa.<br />
Giudizio. Vino di grande<br />
piacevolezza e gioventù<br />
che esprime il suo territorio<br />
sia olfattivamente<br />
che gustativamente.<br />
Tignanello<br />
annata 1999<br />
Smagliante rosso rubino,<br />
molto vivace, di grande<br />
consistenza, con bagliori<br />
porpora. Profumi ampi ed<br />
eleganti che aprono su<br />
note balsamiche di menta,<br />
Le degustazioni 91
animali di pelle, floreali di<br />
viola mammola e fruttate<br />
di prugna fresca e di<br />
cassis. Suadenti ulteriori<br />
riconoscimenti olfattivi di<br />
amido di riso, di caffè, di<br />
pepe nero, di chiodi di<br />
garofano, di liquirizia che<br />
terminano con sbuffi<br />
erbacei e boisée.<br />
Al palato si percepisce una<br />
calibrata salivazione che<br />
abbraccia il caldo dell’alcol<br />
e si arricchisce poi della<br />
presenza di un tannino<br />
vellutato e piacevole e di<br />
sensazioni sapido-minerali.<br />
Assolutamente equilibrato<br />
e morbido, giovane ma con<br />
un velluto esuberante e<br />
con un corpo interessante.<br />
Persistenza lunghissima<br />
con retrogusto di cioccolata<br />
amara e di viola mammola.<br />
Giudizio. Piacevole per il<br />
suo equilibrio e la sua<br />
persistenza, nonché per i<br />
tannini, morbidi<br />
e vellutati.<br />
Vino giovane!<br />
92 Le degustazioni<br />
Solaia<br />
annata 1999<br />
Ci accoglie alla vista con<br />
un rosso rubino intenso<br />
con bagliori porpora e con<br />
bordo color buccia di<br />
melanzana. Il bouquet è<br />
ampio, con profumi ben<br />
distinti che si librano in<br />
sensazioni esuberanti di<br />
pelle, di grafite, di tartufo<br />
nero, di viola mammola, di<br />
cassis e di mora. Emergono<br />
in chiusura il pepe nero, la<br />
noce moscata ed un soffio<br />
animale. In bocca è di<br />
piacevole e piena struttura,<br />
particolarmente smussata,<br />
ben bilanciata tra freschezza<br />
e alcol. Assolutamente<br />
di qualità il tannino che si<br />
presenta dolce, vellutato e<br />
largo. Al primo impatto<br />
gustativo la bocca viene<br />
abbracciata nella sua<br />
interezza da un bellissimo<br />
tartufo nero. Il retrogusto è<br />
di pelle, di viola mammola<br />
e di cioccolata amara.<br />
Lunga è la persistenza<br />
aromatica intensa.<br />
Giudizio. Bell’annata per<br />
questo vino<br />
che lascia<br />
prevedere una<br />
lunga vita.<br />
Tignanello<br />
annata 2001<br />
Vino dal grande impatto<br />
visivo, di colore rosso<br />
rubino intenso, vivace e<br />
luminoso, con largo bordo<br />
porpora. All’esame olfattivo<br />
spiccano profumi<br />
intensi floreali di viola<br />
mammola, fruttati di
ciliegia e di cassis, balsamici<br />
di menta e speziati di<br />
vaniglia, di cannella e di<br />
lieve pepe nero.<br />
Al gusto esplode la fruttata<br />
morbidezza, decisa,<br />
imponente e gustosissima.<br />
I tannini sono piacevolmente<br />
dolci e setosi ed<br />
avvolgono il palato in<br />
tutta la sua larghezza e<br />
vanno a creare un perfetto<br />
equilibrio con la freschezza<br />
e l’alcol. Finale vigorosamente<br />
lunghissimo ed<br />
elegante, disposto su toni<br />
floreali di viola mammola,<br />
fruttati e leggermente<br />
vanigliati.<br />
Giudizio. Corpo stupendo,<br />
tannini setosi e dolci. Vino<br />
da lungo invecchiamento<br />
che entusiasma per l’equilibrio<br />
gustativo e per la<br />
qualità dei tannini che<br />
sono addirittura più<br />
delicati, seppur ugualmente<br />
ben presenti, dell’annata<br />
1999. Vino ancor<br />
giovane sotto il profilo<br />
olfattivo, sicuramente nel<br />
futuro si aprirà ancora di<br />
più ed elargirà<br />
tanti altri<br />
profumi.<br />
Solaia<br />
annata 2001<br />
Rosso rubino intenso con<br />
accenti porpora che si<br />
proietta verso una gamma<br />
di profumi, ampia ed<br />
elegante. Il bouquet libra<br />
sensazioni animali di pelle<br />
intensa, fruttate di cassis,<br />
di mirtillo, di mora e di<br />
prugna, floreali di viola<br />
mammola, speziate di pepe<br />
verde, di noce moscata, di<br />
chiodi di garofano, di<br />
boisée, per terminare con<br />
un tocco mentolato e di<br />
grafite. Svela profondità e<br />
polpa ricca, con lunga<br />
progressione gustativa che<br />
si arricchisce di adeguate<br />
freschezza e tanninicità,<br />
già ben amalgamate e<br />
testimoni di un affascinante<br />
equilibrio.<br />
Il tannino è dolce, setoso,<br />
elegante e completamente<br />
largo. Retrogusto di viola<br />
mammola e nocciola<br />
tostata. Lunga e piacevole<br />
è la sua persistenza<br />
aromatica intensa.<br />
Giudizio. Vino intrigante,<br />
annata importante per il<br />
Solaia, per il Tignanello, e<br />
per il Guado al Tasso e un<br />
po’ per tutti i vini dell’Azienda.<br />
Vino di struttura<br />
e di grande eleganza,<br />
dovrà perdere<br />
con il tempo<br />
un po’ di note<br />
boisée.<br />
Le degustazioni 93
Simbologia dei punteggi<br />
95-100 90-94 85-89 80-84 75-79 70-74<br />
Degustazione dei vini<br />
della valle del Rodano<br />
di Aldo Fiordelli<br />
Valle del Rodano, Francia. L’11 settembre e<br />
Mondovino sono passati sulle vigne dei nostri<br />
cugini come tsunami. Del mercato ma<br />
anche delle scelte enologiche. Fra tradizionalisti<br />
da una parte e modernisti dall’altra.<br />
O se preferite: terroir-isti e parker-isti. Anche<br />
in questa lunga valle. Risalendo il Rodano<br />
da Avignone ad Ampuis però, passando<br />
per Tain l’Hermitage dove il fiume vira<br />
verso est lasciando ai vignerons una collina<br />
di vigne meravigliosamente scoscese, ricche<br />
di granito e minerali ed esposte a sud,<br />
all’ombra de La Chapelle, si incontrano vini<br />
che per loro natura costituiscono un equilibrio<br />
tra l’eleganza dei Borgogna e certa<br />
morbida ruffianeria dei Bordeaux con una<br />
vena acida di grande freschezza, pulizia e<br />
longevità. Si comincia con la grenache e il<br />
mourvedre dello Chateauneuf du Pape, scaldato<br />
dai suoi ciottoli rotondi e si entra nel<br />
94 Le degustazioni<br />
cuore del piccolo Hermitage, patria del syrah<br />
più elegante e minerale, a picco sul Rodano<br />
e si prosegue con il più abbordabile e semplice<br />
Crozes Hermitage, avvicinandosi alla<br />
Cote Rotie divisa tra Blonde e Brune secondo<br />
terreni più gentili o strutturati (argilla)<br />
e dove il syrah appunto esprime davvero le<br />
sfumature di un territorio enologico di rara<br />
bellezza. E dove, in questo piovoso 2006, i<br />
vignerons non hanno lesinato vendemmie<br />
verdi e rese anche più basse del solito. Il<br />
panorama dei grappoli lasciati a terra lungo<br />
le vigne era razionalmente crudele, malinconico<br />
e necessario. Fino a Lione, alla sua<br />
rue Mercière dove le mère cucinavano per<br />
gli operai e le più brave hanno dato vita ai<br />
bistrot come li conosciamo oggi, agli assiettes<br />
traboulier (trippa, musetto e piedini) al<br />
vino nella “pot lyonnaise” o nelle grandi<br />
bottiglie.<br />
Chateauneuf du<br />
Pape Lucien Barrot<br />
et Fils, 2001<br />
Rubino granato, con un naso<br />
elegante di frutti neri e viola,<br />
con una nota affumicata<br />
che dà al vino una particolare<br />
austerità completata anche<br />
da un leggero sentore di<br />
ranciò. In bocca il vino è di<br />
buon corpo, con un tannino<br />
gentile e una vena acida vivida<br />
e piacevole. Lungo.<br />
Giudizio. È il più tradizionale<br />
della denominazione e
uno dei più antichi. A prevalenza<br />
di grenache, è ancora<br />
piuttosto rustico e scorbutico<br />
ma l’annata è ottima e con<br />
questa acidità<br />
ha bisogno di<br />
tempo.<br />
Chateauneuf du<br />
Pape Chateau La<br />
Nerthe cuveé des<br />
cadettes, 2003<br />
Rubino molto concentrato<br />
con note fruttate mature,<br />
tostate, di grafite, di tabacco<br />
e di gomma americana.<br />
Caldo in bocca e pieno, ha<br />
un tannino ben presente ma<br />
fine e una struttura complessiva<br />
davvero imponente. Il<br />
finale è ancora lungo e tostato.<br />
Giudizio. È il più moderno<br />
della denominazione, il<br />
“Pauillac di Chateauneuf” per<br />
la struttura. Ma certo nel<br />
caldo 2003 il legno ha marcato<br />
molto rispetto<br />
alle altre<br />
annate.<br />
Chateauneuf du<br />
Pape Chateau du<br />
Beaucastel, 2001<br />
Colore rubino di media concentrazione,<br />
al naso questo<br />
Chateauneuf è intenso, fresco,<br />
elegante, con note di<br />
prugna, menta, liquirizia, di<br />
cuoio e anche selvaggina di<br />
piuma. In bocca è pieno, il<br />
tannino quasi non si sente<br />
ma è sostenuto da una grande<br />
acidità. Il finale potrebbe<br />
essere più lungo ma resta<br />
comunque tostato e dolce.<br />
Giudizio. Qui l’equilibrio tra<br />
le varie espressioni dell’Aoc<br />
è raggiunto appieno, con uno<br />
spettro aromatico già ora di<br />
grande soddisfazione<br />
e ottimo tra<br />
5 o 10 anni.<br />
Chateuneuf du Pape<br />
Chapoutier La<br />
Bernardine, 2004<br />
Rubino con riflesso violaceo<br />
data la giovane età, è un vino<br />
dalle eleganti note di prugna<br />
e frutti neri, mirtillo, con una<br />
piacevole sfumatura affumicata.<br />
In bocca è caldo con<br />
un tannino ben presente ma<br />
fine e soprattutto un ottimo<br />
equilibrio.<br />
Giudizio. È l’ultima annata,<br />
buona ma non come il 2001<br />
e più fresca del 2003. Il vino<br />
è equilibrato ma ancora giovane<br />
e inespresso. L’azienda<br />
infatti, una delle prime a sviluppare<br />
la biodinamica, produce<br />
vini sempre di<br />
grande longevità.<br />
Hermitage<br />
Chapoutier La<br />
Sizeranne, 2003<br />
Rubino di media concentrazione,<br />
si sentono note di prugna<br />
matura e di viola, di<br />
pepe e anche un leggero sentore<br />
di tabacco nel finale. In<br />
bocca è anche troppo caldo,<br />
il tannino tende ad essere<br />
asciugante e l’acidità meno<br />
brillante del solito. Il finale<br />
è dolce e tostato.<br />
Giudizio. La maturità complessiva<br />
dell’annata rende<br />
questo vino meno elegante<br />
degli altri cru. E poco appetibile<br />
anche per il futuro.<br />
Hermitage<br />
Chapoutier Le<br />
Pavillon, 2000<br />
Un colore rubino scarico ancora<br />
vivo e brillante. Il naso<br />
è ben composto, difficile,<br />
elegante: con note fresche di<br />
menta, speziate di chiodi di<br />
garofano in un sottofondo di<br />
frutti di bosco. In bocca il<br />
vino è equilibrato, caldo ma<br />
con una bella acidità e la<br />
giusta struttura.<br />
Giudizio. È uno dei cru importanti<br />
dell’azienda, anche<br />
se non il migliore e<br />
il 2000 è un’annata<br />
calda e positiva.<br />
Crozes Hermitage<br />
Jaboulet, Raymond<br />
Roure, 2001<br />
Un rosso rubino con un’unghia<br />
un po’ cerulea e un naso<br />
già maturo, con note di mirtillo,<br />
prugne secche, cuoio e<br />
caucciù, ma anche selvaggina<br />
di piuma. Bocca rilassante,<br />
di medio corpo ma perfetto<br />
equilibrio tra acidità e<br />
polialcoli. Lungo.<br />
Giudizio. È la denominazione<br />
“minore” della zona, ma<br />
esistono cru di grande piacevolezza<br />
come<br />
questo.<br />
Saint Joseph<br />
Chapoutier Les<br />
Granites, 1997<br />
Rubino scarico e austero, è<br />
un vino che comincia a espri-<br />
Le degustazioni 95
mere le vere potenzialità aromatiche<br />
del syrah rodaniennes:<br />
confettura di prugne,<br />
menta, rabarbaro, tartufo e<br />
anche una sfumatura di cioccolato<br />
nel finale. In bocca<br />
entra morbido, è liscio e ha<br />
ancora un’acidità elevata con<br />
un finale che resta dolce e<br />
lungo.<br />
Giudizio. Vino maturo, ma<br />
ancora ben retto dall’acidità<br />
importante ma che non disturba.<br />
La denominazione è<br />
forse spesso sottovalutata.<br />
96 Le degustazioni<br />
Cote Rotie Gilles<br />
Boyer cuveé<br />
tradition, 2004 (mg)<br />
Rubino granato, esprime<br />
note di frutti rossi, minerali,<br />
di pepe, di asfalto. In bocca<br />
il vino è imponente, il<br />
tannino piuttosto granuloso<br />
forse accentuato dall’elevata<br />
acidità ma nel complesso<br />
equilibrato ed elegante. Il<br />
finale è dolce e persistente.<br />
Giudizio. È un vino austero,<br />
ancora di non immediata<br />
bevibilità ma elegante<br />
e lungo.<br />
Cote Rotie Guigal<br />
La Turque (cote<br />
brune), 2001<br />
Colore concentrato, cardinalizio,<br />
molto più degli altri.<br />
Naso difficilmente più intenso<br />
e speziato. Si va da note<br />
di frutti neri a note di cipria<br />
e cioccolato, balsamiche e<br />
soprattutto una sfumatura<br />
esotica di incenso che lo<br />
contraddistingue. In bocca è<br />
morbido, pieno e cremoso,<br />
con una struttura imponente<br />
che fila via liscia sul palato<br />
lasciandolo pulito dall’ottima<br />
freschezza. Il finale è<br />
ancora dolce e speziato.<br />
Giudizio. Ottima rispondenza<br />
naso/bocca e varietà di<br />
espressione. Non si finisce<br />
mai di apprezzarne i profumi<br />
e l’esotica piacevolezza.<br />
È un<br />
vino di grande<br />
personalità.