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Novembre 2012 Cellule staminali fra scienza e diritto ... - ELSA Trento

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<strong>Novembre</strong> <strong>2012</strong><br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> <strong>fra</strong> <strong>scienza</strong> e <strong>diritto</strong>: la libertà di ricerca scientifica<br />

e la regolamentazione giuridica delle biobanche


Copyright © <strong>2012</strong> <strong>ELSA</strong> <strong>Trento</strong><br />

Questa opera è protetta con licenza Creative Commons<br />

Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate<br />

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/deed.it<br />

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/legalcode<br />

Gli autori detengono tutti i diritti sui loro scritti.<br />

Stampato in Italia<br />

Stampa: Centro Stampa Università degli Studi di <strong>Trento</strong><br />

Impaginazione a cura di Alessandro Castelletti<br />

Copertina a cura di Alessandro Castelletti, Giulia Finco Gambier, Francesca Francine Zani<br />

<strong>ELSA</strong> <strong>Trento</strong><br />

Facoltà di Economia<br />

Via Inama 5, 38122<br />

<strong>Trento</strong><br />

L'iniziativa è stata realizzata con il contributo finanziario dell'Università degli<br />

Studi di <strong>Trento</strong> e dell'Opera Universitaria


a Rodolfo Sacco


Premessa<br />

Il Journal of European and Transnational law/Diritto Europeo e Transnazionale edito<br />

da <strong>ELSA</strong> <strong>Trento</strong> è giunto alla terza edizione.<br />

Il presente numero della rivista giuridica JET/DET è il risultato di un Legal Research<br />

Group che ha impegnato studenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università<br />

degli Studi di <strong>Trento</strong> del percorso Europeo e Trasnazionale durante l’anno <strong>2012</strong>.<br />

Seguendo le direttive di <strong>ELSA</strong> International, che ha scelto come International Focus<br />

Programme per il triennio 2010-2013 l’Health Law, il LRG ha scelto di rivolgere la<br />

propria attenzione alla sfera del bio<strong>diritto</strong>. In particolare, sono stati approfonditi due<br />

argomenti principali: la libertà di ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> e le biobanche.<br />

Vediamo qui pubblicati i risultati della ricerca legale condotta dai partecipanti su<br />

questi argomenti.<br />

Tale pubblicazione, verrà presentata in occasione della conferenza Oltre i confini<br />

del <strong>diritto</strong>: le nuove sfide della ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong>, evento di apertura della<br />

XLVIII Assemblea Nazionale di <strong>ELSA</strong> Italia.<br />

Ci uniamo ai componenti del LRG nel ringraziare i docenti e collaboratori della<br />

Facoltà di Giurisprudenza, che li hanno affiancati nella loro prima esperienza di<br />

ricerca. Un ringraziamento particolare va rivolto alla Professoressa Cinzia Piciocchi,<br />

coordinatrice del progetto; al Dottor Matteo Macilotti che si è occupato della parte<br />

inerente alle biobanche e al Dottor Simone Penasa per la parte relativa alla libertà di<br />

ricerca.<br />

Ringraziamo infine gli studenti dell’Ateneo trentino che hanno aderito con entusiasmo<br />

alla nostra iniziativa rendendo possibile questo progetto.<br />

V<br />

Il Direttivo di <strong>ELSA</strong> <strong>Trento</strong>


Presentazione<br />

INDICE SOMMARIO<br />

Parte Prima<br />

LA LIBERTÀ DI RICERCA<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica e<br />

nuovi orizzonti<br />

di Alessandra Baccarini e Carla Maria Reale<br />

Introduzione<br />

1. <strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong>: cosa sono ed i loro metodi di derivazione<br />

1.1 Cosa sono<br />

1.2 Differenti tipologie<br />

1.3 Derivazione e cenni legislativi<br />

2. Bioetica applicata alle cellule <strong>staminali</strong><br />

2.1 La libertà di ricerca scientifica nel campo delle cellule <strong>staminali</strong><br />

2.2 Il momento in cui l’embrione può definirsi persona<br />

3. Produzione, importazione ed esportazione di linee cellulari<br />

3.1 Importazione ed esportazione di linee cellulari<br />

3.2 Il mercato degli Ovociti<br />

4. Human admixed embryo<br />

4.1 Cosa sono<br />

4.2 Aspetti scientifici<br />

4.3 Aspetti legislativi<br />

4.4 Questioni etiche<br />

Conclusione<br />

VII<br />

1<br />

5<br />

6<br />

6<br />

6<br />

7<br />

9<br />

10<br />

12<br />

15<br />

16<br />

19<br />

20<br />

20<br />

21<br />

22<br />

26<br />

28


VIII<br />

Le cellule <strong>staminali</strong> embrionali: il bilanciamento possibile<br />

Riflessioni e orientamenti giuridici alla luce del caso<br />

Brüstle v Greenpeace<br />

di Chiara Fusari<br />

1. Introduzione.<br />

2. L’embrione comunitario: quale bioetica europea?<br />

2.1 Il caso Brüstle: la causa principale e le questioni pregiudiziali.<br />

2.2 La ratio decidendi e nuovi possibili scenari.<br />

3. L’ordinamento giuridico italiano.<br />

4. Conclusioni<br />

La libertà di ricerca scientifica su cellule <strong>staminali</strong><br />

embrionali in Italia ed il ruolo della legge n° 40/2004<br />

di Giulia Finco Gambier e Francesca Francine Zani<br />

1. Introduzione<br />

2. La ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali<br />

3. Normativa e dibattito in Italia inerenti all’impiego delle cellule embrionali umane<br />

4. La Chiesa Cattolica e la tutela dell’embrione<br />

5. Analisi legge 40/2004:<br />

Parte Seconda<br />

BIOBANCHE<br />

Le biobanche<br />

di Barbara Bonalda, Federico Ceccon, Giada Chiari, Evi Dall’Antonia<br />

Premessa<br />

1.Il fenomeno<br />

2.Fonti normative<br />

2.1 Fonti dell’OCSE<br />

2.2 Le Dichiarazioni UNESCO<br />

2.3 Il Consiglio d’Europa<br />

31<br />

33<br />

33<br />

35<br />

39<br />

43<br />

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50<br />

63<br />

63<br />

68<br />

69<br />

70<br />

73


2.4 Fonti dell’Unione Europea<br />

3.Tipi di Biobanche e problemi correlati<br />

3.1 Premessa<br />

3.2 Le biobanche genetiche: che cosa sono e come funzionano<br />

3.2.1 Le biobanche di popolazione<br />

3.2.1.1 Il progetto canadese CARTaGENE<br />

3.2.2 Biobanche del sangue del cordone ombelicale<br />

3.3 Biobanche di tessuti<br />

4.Le problematiche inerenti alle biobanche<br />

4.1 La proprietà dei materiali biologici<br />

4.2 La privacy<br />

4.3 Il consenso informato prestato dal donatore<br />

4.4 Proprietà intellettuale, brevettabilità dei campioni biologici e tutela delle banche<br />

dati che conservano le informazioni genetiche ottenute dai campioni<br />

5. Fonti Nazionali<br />

5.1 Francia<br />

5.2 Spagna<br />

5.3 Regno Unito<br />

Conclusioni<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> cordonali<br />

di Carlotta Baretton<br />

1. Introduzione.<br />

2. Studio ed evoluzione.<br />

3. Sorgenti alternative alle cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche: le cellule <strong>staminali</strong> cordonali.<br />

4. La nascita delle biobanche: la conservazione delle unità prelevate.<br />

5. Conservazione autologa e allogenica.<br />

6. Regolamentazione europea.<br />

7. Regolamentazione italiana.<br />

8. Conclusioni.<br />

IX<br />

75<br />

80<br />

80<br />

80<br />

81<br />

82<br />

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114<br />

115<br />

115<br />

116<br />

120<br />

122


Presentazione<br />

Quando uno studente sceglie d’iscriversi alla Facoltà di giurisprudenza, oggi,<br />

non so di preciso quali aspettative riponga negli studi che si appresta ad intraprendere.<br />

Probabilmente si è consapevoli sin dall’inizio che si dovranno studiare<br />

norme giuridiche (molte norme giuridiche) – la Costituzione, i codici, le leggi – e<br />

come la giurisprudenza le interpreta. Sicuramente ci si aspetta di studiare regole, che<br />

dettano la disciplina di settori diversi: dalle norme che regolamentano le istituzioni<br />

dello Stato a quelle che disciplinano i contratti, dai confini della libertà di espressione<br />

ai rapporti di lavoro, e via dicendo.<br />

Difficilmente, credo, uno studente di giurisprudenza si aspetterebbe<br />

di affrontare l’argomento delle cellule <strong>staminali</strong>. Non si tratta tuttavia di un<br />

fenomeno così sorprendente, ma di un percorso formativo che caratterizza il giurista<br />

contemporaneo, che sempre più spesso si trova ad occuparsi di <strong>diritto</strong> e tecnologia,<br />

<strong>diritto</strong> e <strong>scienza</strong>, <strong>diritto</strong> e bioetica, in un fenomeno in cui il <strong>diritto</strong> assume talvolta i<br />

tratti delle hyphenated identities (cioè di quelle identità che si definiscono – si passi<br />

la sintesi brutale – per sommatoria) sino a giungere – grazie a quel processo che la<br />

linguistica identifica come “composizione” – al neologismo del bio<strong>diritto</strong>, che dà<br />

conto di una strutturale ed ineliminabile interdisciplinarietà.<br />

Presso la Facoltà di giurisprudenza di <strong>Trento</strong> – dai cui studenti ha origine<br />

questo volume – didattica e ricerca raccolgono ampiamente la sfida, offrendo diverse<br />

occasioni di analisi del rapporto tra <strong>diritto</strong> e <strong>scienza</strong>. Ne derivano differenti suggestioni,<br />

spesso raccolte dagli studenti stessi che, forse anche per un fattore generazionale,<br />

comprendono appieno l’importanza di queste tematiche, fornendo uno sguardo che,<br />

spesso, per chi insegna e svolge ricerche su questi argomenti, getta prospettive inedite<br />

o inaspettate, che risultano preziose e stimolanti.<br />

In questo “humus” (ed in particolare grazie all’apporto del dott. Matteo<br />

Macilotti del gruppo di ricerca LawTech e del dott. Simone Penasa del gruppo di<br />

ricerca BioDiritto, che hanno messo a disposizione la propria competenza) nasce<br />

l’iniziativa promossa dall’associazione <strong>ELSA</strong> ed è con grande piacere, quindi,<br />

che accolgo l’invito a presentare questo lavoro collettaneo, che trae spunto da un<br />

argomento di ricerca iniziale – la regolamentazione giuridica delle cellule <strong>staminali</strong><br />

– esaminato secondo diverse prospettive, che si sono “arricchite” in corso d’opera.<br />

Quando si affrontano queste tematiche, infatti, ci si accorge che partendo dalla<br />

disciplina giuridica di questo tipo di cellule (analizzata in prima analisi da Alessandra<br />

Baccarini e Carla Maria Reale) si finisce per parlare di <strong>diritto</strong> e <strong>scienza</strong>, dalla ricerca<br />

sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali (considerata nei contributi di Chiara Fusari, Giulia<br />

1


2<br />

Finco Gambier e Francesca Francine Zani) si giunge alla disamina del <strong>diritto</strong> alla salute<br />

e dalla regolamentazione delle biobanche (indagata da Barbara Bonalda, Federico<br />

Ceccon, Giada Chiari, Evi Dall’Antonia e, nel caso specifico della conservazione<br />

del sangue da cordone ombelicale, da Carlotta Baretton) si finisce per analizzare la<br />

libertà, nelle sue diverse epifanie: individuale, collettiva e nel rapporto con il concetto<br />

di solidarietà. Si parla, insomma, di come l’innovazione scientifica possa condizionare<br />

i diritti e le libertà fondamentali e di come – a sue volta – il <strong>diritto</strong> possa incidere sulla<br />

<strong>scienza</strong> e condizionarne l’esercizio di libertà che essa presuppone, alla luce dei diversi<br />

interessi coinvolti: dell’individuo, del ricercatore e della società presente e futura.<br />

Di questo trattano i diversi contributi qui raccolti, che presentano<br />

prospettive ed approcci differenti, nel comune interesse per un argomento che, mi<br />

piace evidenziare, appare strutturalmente intergenerazionale. Temi come questi<br />

evidenziano particolarmente e più di altri la necessità di solidarietà tra le generazioni,<br />

o perlomeno le interazioni tra esse, che rappresentano un passaggio sociale e culturale<br />

spesso problematico nel panorama contemporaneo, ma anche un concetto evocato<br />

dalla Corte costituzionale italiana, ad esempio quando si è occupata di risorse<br />

ambientali e delle generazioni future. I confini della libertà di ricerca scientifica così<br />

come sono individuati dagli ordinamenti giuridici oggi, infatti, avranno ripercussioni<br />

sull’individuazione di cure per i malati di domani e ciò che si consente o non si<br />

consente alla <strong>scienza</strong> oggi, svolgerà conseguenze anche sulle scelte dei luoghi in cui i<br />

ricercatori decideranno di operare nel prossimo futuro.<br />

Di tutto questo emerge consapevolezza nei lavori qui riportati, così come<br />

quanto alla necessità d’individuare alcune linee interpretative in tematiche come<br />

queste, che si caratterizzano per rapidità di sviluppo ed avanzamenti ed in cui<br />

tracciare punti fermi diventa esercizio difficile, ma necessario ed anche stimolante,<br />

poiché il giurista che non riesca a vedere lontano anche in relazione a sviluppi<br />

scientifici complessi o imprevedibili, è destinato a rincorrere la <strong>scienza</strong>, in una gara<br />

che difficilmente lo vedrà “vincitore”.<br />

Cinzia Piciocchi


Parte Prima<br />

LA LIBERTA’ DI RICERCA


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica e<br />

nuovi orizzonti<br />

alessandra baccarini e carla maria reale<br />

sommario: Introduzione -1. <strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong>: cosa sono ed i loro metodi di derivazione<br />

- 1.1 Cosa sono -1.2 Differenti tipologie - 1.3 Derivazione e cenni legislativi - 2.<br />

Bioetica applicata alle cellule <strong>staminali</strong> - 2.1 La libertà di ricerca scientifica nel campo<br />

delle cellule <strong>staminali</strong> - 2.2 Il momento in cui l’embrione può definirsi persona - 3. Produzione,<br />

importazione ed esportazione di linee cellulari - 3.1 Importazione ed esportazione<br />

di linee cellulari - 3.2 Il mercato degli Ovociti - 4. Human admixed embryo - 4.1<br />

Cosa sono - 4.2 Aspetti scientifici - 4.3 Aspetti legislativi - 4.4 Questioni etiche - Conclusione<br />

Introduzione<br />

Perché parlare di cellule <strong>staminali</strong> oggi? L’argomento, seppur oggi così<br />

altamente abusato è ancora in realtà un campo in evoluzione e quanto mai aperto a<br />

nuove idee.<br />

Con la nostra analisi vorremmo depurare la tematica da considerazioni di mero<br />

ordine speculativo, strumentalizzazioni ed ideologie ed arrivare, in fine, all’essenza<br />

della questione, che riguarda trasversalmente l’etica e la <strong>scienza</strong>, ma soprattutto<br />

cercheremo di tratteggiare il ruolo che il <strong>diritto</strong> può svolgere in rapporto a queste<br />

due. Per raggiungere questo fine è inevitabile un’impronta di tipo comparatistico che<br />

porti ad avere una visione il più possibile ampia, destrutturata e scevra da pregiudizi,<br />

ma non acritica della materia.<br />

La nostra breve trattazione si articolerà in quattro differenti punti. I primi due si<br />

occupano di spiegare gli estremi fondamentali della questione, trattando della natura<br />

dei soggetti in questione e analizzando le principali posizioni al riguardo nel campo<br />

della bioetica. Le successive due, si soffermano invece su tematiche più specifiche,<br />

quali il commercio di linee cellulari ed ovociti e la questione degli Human Admixed<br />

Embryo forse meno note ed esplorate, ma a nostro avviso non meno interessanti.<br />

5


6 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

1. <strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong>: cosa sono ed i loro metodi di derivazione.<br />

1.1 Cosa sono<br />

«L’aggettivo “staminale” viene da “stame” che significa “ceppo”, “stipite”, origine”. In<br />

prima approssimazione possiamo dire quindi che per cellula staminale s’intende una<br />

cellula capace, nel suo processo continuo di replicazione, di dar luogo ad una progenie<br />

di cellule via via sempre più differenziate e specializzate» 1 .<br />

Nel suo processo evolutivo la cellula ovocita passa dall’essere totipotente<br />

a pluripotente e da pluripotente a multipotente, perdendo progressivamente la sua<br />

potenziale plasticità. Vediamo nel dettaglio come avvengono e cosa implicano dal<br />

punto di vista scientfico questi passaggi, dei quali la conoscenza risulta fondamentale<br />

per capire successivamente le questioni legate ai diversi tipi di cellule.<br />

1.2 Differenti tipologie<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> totipotenti: si dicono tali quelle cellule capaci di<br />

specializzarsi in numerosi tessuti, capaci quindi, in potenza, di dare origine a un<br />

organismo adulto, proprietà presente nello zigote e i blastomeri fino alla terza<br />

divisione cellulare, già evidenziata dagli esperimenti di Driesch 2 . Con la formazione<br />

della morula, si perde tale caratteristica per approdare ad un nuovo stato che è quello<br />

di formazione della blastocisti 3 .<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> pluripotenti: con il processo di blastocisti si viene a<br />

formare il trofoblasto ciò che darà luogo alla placenta, differenziato dall’embrioblasto<br />

cioè il “germe dell’embrione” 4 . Le cellule <strong>staminali</strong> pluripotenti sono localizzate<br />

nell’embrioblasto e sono cellule capaci di generare tutti i tessuti dell’organismo adulto<br />

ma non l’organismo adulto nella sua interezza. Tale fase è limitatissima 5 .<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> multipotenti: a partire dall’ottavo giorno l’embrioblasto va<br />

incontro ad un processo di gastrulazione, il momento più importante della nostra<br />

vita secondo alcuni studiosi 6 . In tale fase l’embrioblasto assume l’aspetto di un disco<br />

1 D. Neri, La Bioetica in laboratorio, Roma-Bari, 2005, p. 28.<br />

2 D. Neri, op.cit. a nota prec. p. 29. Nei suoi esperimenti sullo sviluppo della larva, Driesch dimostrò<br />

la totipotenza delle cellule dell’embrione. Prendendo infatti un blastomero (embrione a 4 cellule) ed<br />

isolando ciascuna di esse egli notò come ciascuna di queste potesse dare origine ad una larva.<br />

3 A. Massarenti, Staminalia, Le <strong>Cellule</strong> «Etiche» e I Nemici Della Ricerca, Parma,2008, p. 200.<br />

4 Il termine blasto, significa “germe”, “origine”.<br />

5 D. Neri, La bioetica in laboratorio, Roma-Bari, 2005, pp. 30-32.<br />

6 Come dichiarato da Lewis Wolpert, eminente biologo dell’University College of<br />

London,nell’intervista Interview with Lewis Porter a cura di Vienna Leigh, 2007, reperibile all’indirizzo


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

ove sono individuabili due differenti strati di cellule, a cui intorno al quattordicesimo<br />

giorno se ne aggiunge un terzo, il mesoderma. Questi tre stati, conosciuti come<br />

foglietti germinativi, svilupperanno ciascuno determinati tessuti e organi del corpo<br />

umano. Queste sono le cellule multipotenti, destinate a formare determinati tipi di<br />

tessuti. Tuttavia, studi dimostrano che la differenza <strong>fra</strong> le cellule multipotenti e le<br />

cellule pluripotenti non è così netta, in quanto una cellula di un determinato foglietto<br />

se collocata altrove è capace di cambiare la propria direzione di specializzazione,<br />

ovvero, in questo stadio, tale cellula è ancora altamente plastica e capace di mutare<br />

funzione a seconda della collocazione.<br />

<strong>Cellule</strong> unipotenti: cellule che mantengono le proprietà di rinnovamento ma sono<br />

capaci di dare vita ad un solo tipo cellulare.<br />

1.3 Derivazione delle cellule <strong>staminali</strong> e cenni legislativi<br />

Avendo analizzato le diverse tipologie, passiamo alle fonti e facciamo un<br />

breve cenno al panorama legislativo europeo e internazionale in materia, tralasciando<br />

le correlate e fondamentali questioni etiche che saranno trattate in un successivo<br />

paragrafo.<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> provenienti da tessuti adulti<br />

Le cellule <strong>staminali</strong> provenienti da tessuti adulti sono cellule multipotenti<br />

e unipotenti, capaci di generare un limitato numero di tessuti già predeterminato.<br />

Tali cellule si trovano in numero ristretto in ogni tessuto e organo terminalmente<br />

differenziato di qualsiasi organismo, esse sono deputate al mantenimento della<br />

struttura e funzionalità del tessuto in cui sono localizzate. Tali tipi di cellule sono<br />

quelle sulle quali l’opinione pubblica riversa spesso le maggiori aspettative, in quanto,<br />

sarebbero capaci di annientare i risvolti di natura etica che implica invece l’uso delle<br />

<strong>staminali</strong> embrionali, non prevedendo tale procedura la distruzione di embrioni,<br />

tuttavia attualmente esse sono impiegate per la cura di pochissime patologie. Quelle<br />

che Armando Massarenti definisce «cellule etiche» 7 hanno infatti, a causa della loro<br />

multipotenza un potenziale ridotto. L’uso di tali cellule e la ricerca intorno ad esse è<br />

consentito in tutti i paesi in quanto la questione viene risolta nell’ambito del consenso<br />

del diretto interessato.<br />

www.scienceinschool.org.<br />

7 A. Massarenti, Staminalia, Le <strong>Cellule</strong> «Etiche» e I Nemici Della Ricerca, Parma, 2008; Massarenti<br />

le definisce tali in quanto esse non sono legate alla problematica della distruzione di un embrione.<br />

7


8 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> cordonali<br />

Le cellule <strong>staminali</strong> cordonali provengono dal sangue del cordone ombelicale.<br />

I genitori, al momento della nascita del proprio figlio possono in alcuni paesi scegliere<br />

liberamente di conservare e/o donare il cordone ombelicale. L’atto della donazione<br />

implica l’esistenza di banche pubbliche che raccolgono tali tessuti e li mettono a<br />

disposizione della comunità, la conservazione invece avviene tramite banche private,<br />

che attraverso pagamento (spesso molto oneroso), garantiscono la conservazione del<br />

cordone ad esclusivo uso personale (si veda in proposito il paper seguente intitolato<br />

“Le Biobanche”). La legislazione in materia non è uniforme, in alcuni paesi infatti è<br />

consentita la sola donazione, in altri il soggetto è messo nella condizione di scegliere<br />

liberamente quali dei due metodi di conservazione adottare.<br />

Le cellule del cordone ombelicale sono cellule adulte unipotenti, emopoietiche e<br />

quindi dalle ristrette capacità curative, tuttavia esse sono semplici da isolare 8 , anche se<br />

spesso la quantità che si riesce a raccogliere è scarsa.<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> fetali<br />

Le cellule <strong>staminali</strong> fetali sono quelle provenienti da feti abortiti. Esse sono<br />

«una via di mezzo <strong>fra</strong> le cellule adulte e le embrionali» 9 in quanto, pur perdendo la<br />

totale plasticità tipica delle embrionali, non sono ancora cellule altamente specializzate.<br />

In tutti i paesi è consentito l’uso di feti abortiti per cause naturali, mentre, solo in quei<br />

paesi che non vietano l’aborto è possibile l’utilizzazione di feti provenienti da aborto<br />

procurato. Alcuni di questi paesi sono India, Cina, Cile, Irlanda, Polonia.<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> embrionali<br />

Le cellule <strong>staminali</strong> embrionali sono quelle che vengono estratte<br />

dall’embrioblasto ed implicano la sua distruzione. Sono cellule pluripotenti, dotate<br />

di altissima plasticità, qualità che le rende particolarmente interessanti per le ricerche<br />

scientifiche.<br />

Le cellule <strong>staminali</strong> embrionali, possono derivare da linee cellulari già<br />

esistenti prodotte da paesi in cui tale pratica è consentita, da trattamenti della fertilità<br />

(embrioni crioconservati) o essere appositamente prodotte mediante trasferimento<br />

nucleare.Il trasferimento nucleare è quella procedura, conosciuta anche come<br />

“clonazione terapeutica”, che consente di sostituire il genoma di una cellula con quello<br />

derivante da un’altra. Il procedimento implica l’estrazione di un nucleo da una cellula<br />

con il successivo inserimento di quest’ultimo in un oocita precedentemente maturato<br />

e poi enucleato, privato cioè del suo nucleo.<br />

Riguardo alle linee cellulari già esistenti il discorso verrà approfondito in un<br />

8 M. Sampaolesi, Le <strong>Cellule</strong> Staminali, Bologna, 2011, p. 58.<br />

9 M. Sampaolesi, op.cit. a nota prec. p. 61.


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

successivamente, per adesso ci limitiamo a dire che tale metodo è l’unico che consente<br />

la ricerca sulle <strong>staminali</strong> embrionali in Germania e in Italia.<br />

L’uso di embrioni crioconservati non oltre il quattordicesimo giorno di<br />

sviluppo è largamente accettato in Spagna, Svezia, Danimarca, Finlandia, Iran 10 . In<br />

Francia, la legge n. 2004-800 del 6 agosto 2004 vieta ogni forma di clonazione a fini<br />

terapeutici ma autorizza l’uso di embrioni sovrannumerari derivanti da fecondazione<br />

assistita. La legge del Belgio, 3 Aprile 2003, limita la ricerca agli embrioni<br />

sovrannumerari, ma consente, nei casi in cui gli obiettivi della ricerca lo richiedano la<br />

clonazione a fini terapeutici (cioè il processo di trasferimento nucleare). Tale pratica<br />

è attualmente ammessa anche in Svezia e Finlandia. In paesi quali Polonia, Lituania,<br />

Norvegia, Austria, Cile troviamo un rigidissimo divieto di utilizzazione di embrioni a<br />

scopo di ricerca. In antitesi, paesi quali Cina, Singapore, Corea del Sud, annoverano le<br />

legislazioni più permissive. Discorso a collocazione intermedia è quello riguardante<br />

i paesi che subordinano l’uso di embrioni per la ricerca e quindi il procedimento<br />

di clonazione terapeutica alla deliberazione di un’apposita Authority; <strong>fra</strong> questi<br />

annoveriamo in primis la Gran Bretagna e l’India, Sud Africa e Israele.<br />

Il procedimento di trasferimento nucleare per l’apposita creazione di<br />

embrioni è regolamentato e consentito in Gran Bretagna, Belgio, Usa, India, Iran,<br />

Argentina, Israele, Cina, Svezia 11 .<br />

2.Bioetica applicata alle cellule <strong>staminali</strong><br />

Lo sviluppo del corpo umano, trova il suo punto d’origine nella cellula<br />

staminale, da questa sono originate infatti i 220 tipi di cellule che lo compongono.<br />

Gli studi effettuati sulle stesse, hanno portato a scoperte sempre più importanti che<br />

possono ora e sempre più in futuro, migliorare la qualità di vita dell’uomo, ad esempio<br />

prospettando nuove terapie per patologie non ancora curabili. Molti i risultati finora<br />

raggiunti, ma la strada è ancora lunga e la ricerca ha bisogno di sempre maggiori spazi<br />

e forme di sostegno ecomomico per perseguire obiettivi che si rivelano sempre più<br />

ambiziosi. Spesso però la ricerca è osteggiata da riserve di ordine etico e morale, le<br />

quali si pongono l’obiettivo di fungere da contrappeso a spinte che potrebbero portare<br />

la ricerca alle soglie dell’umano, come ad esempio nel caso dell’utilizzo delle cellule<br />

<strong>staminali</strong> per ricerche eugenetiche.<br />

Secondo alcuni studiosi, tali ricerche, hanno come inevitabile sottofondo<br />

10 V. Franco, Bioetica e Procreazione assistita, Le Politiche della Vita tra Libertà e Responsabilità,<br />

Roma, 2005, pp. 118-121.<br />

11 Per dati concernenti la comparazione si veda, Luciano Conti, <strong>Cellule</strong> Staminali: normativa sulla<br />

ricerca, UNISTEM Università degli studi di Milano, reperibile all’indirizzo www.<strong>scienza</strong>ttiva.eu.<br />

9


10 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

l’insoddisfazione nei confronti dell’umano, la sensazione che l’uomo non sia<br />

abbastanza; per costoro, tali studi se non adeguatamente frenati, portano al cosiddetto<br />

transumanismo, che non niente pi che un termine per indicare la fantasia di un<br />

potenziale umano senza alcun limite 12 .<br />

In questo panorama, due sono i punti che più animano il dibattito etico in<br />

materia:<br />

A) La libertà della ricerca scientifica<br />

B) Il momento in cui un embrione può definirsi persona<br />

2.1 La libertà di ricerca scientifica nel campo delle cellule <strong>staminali</strong><br />

Secondo l’articolo nove della Costituzione italiana «La Repubblica<br />

promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica», mentre<br />

l’articolo 33 della stessa statuisce che «L’arte e la <strong>scienza</strong> sono libere e libero ne è<br />

l’insegnamento». Questi due diritti, così bene descritti dalla carta Costituzionale,<br />

sono il punto di partenza del dibattito etico che normalmente si crea attorno alla<br />

nascita d’innovazioni scientifiche in ambito biomedico; per le cellule <strong>staminali</strong> non<br />

è fatta eccezione. Nei diversi casi che prospetta l’esperienza comune, vengono ad<br />

essere coinvolti più diritti attribuibili al singolo, i quali necessitano, proprio per la<br />

tendenza ad una dilatazione eccessiva del loro campo d’azione, di un bilanciamento.<br />

Il bilanciamento è la pratica che porta ad una giusta compressione di uno o più diritti<br />

in gioco per far prevalere quello che effettivamente risulta predominante e meritevole<br />

di maggior tutela. Nel caso delle cellule <strong>staminali</strong>, il primo <strong>diritto</strong> ad entrare in gioco<br />

è la libertà di ricerca.<br />

La Corte Costituzionale italiana ha affermato 13 a riguardo, che la libertà<br />

di ricerca scientifica non si riflette soltanto sulla libertà individuale del singolo<br />

ricercatore, ma anche su un elevato grado di autonomia della comunità scientifica nel<br />

suo insieme e le leggi che introducono limiti alla ricerca debbano essere sottoposte<br />

a uno strict scrutiny cioè ad un regime di controllo serrato, per il quale il legislatore,<br />

prima di poter censurare o comunque porre limiti a detta libertà, debba avvalersi<br />

dell’opinione di esperti e di scienziati, ferrati in materia 14 . Nonostante ciò, spesso e<br />

12 F. Tomasini , Imagining Human Enhancement: Whose Future, Which Rationality?, Theoretical<br />

Medicine and Bioethics, 2007.<br />

13 Indicative a questo proposito le sentenze: Corte Costituzionale, sent. 282/2002 e Corte<br />

Costituzionale, sent. 151/2009.<br />

14 R. Bin, Libertà di Ricerca Scientifica in Campo Genetico, Tratto da “Alle Frontiere del Diritto<br />

Costituzionale” scritti in onore di V. Onida, Milano, 2011.


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

volentieri, soprattutto in Italia, si è assistito ad un silenzio tombale delle istituzioni<br />

davanti agli appelli degli scienziati 15 che richiedevano un approccio pi laico e meno<br />

influenzato da posizioni religiose e ideologiche, in un ambito così pieno di possibilità<br />

non ancora esplorate che, se lasciate responsabilmente libere, potrebbero sviluppare<br />

moltissimo le cure per numerose malattie come ad esempio il Parkinson e la sclerosi<br />

multipla. Per costoro alla luce del progresso scientifico è necessario che libertà e limiti<br />

siano continuamente ridefiniti 16 .<br />

Alcuni autori hanno in proposito affermato la necessità di un’interpretazione<br />

restrittiva dell’articolo 13 della legge 40/2004, che essendo una norma limitatrice<br />

della libertà di ricerca scientifica, non deve veder ampliato il suo campo di applicabilità<br />

oltre il significato letterale ; in altre parole secondo questa corrente dottrinale, ci<br />

sarebbe la possibilità di svolgere ricerche sulle cellule embrionali non essendoci un<br />

espresso divieto legislativo 17 .<br />

Sono proprio le cellule <strong>staminali</strong> embrionali, e la ricerca su di esse, che<br />

scatenano le più infervorate obiezioni di origine etico. Obiezioni che si riflettono<br />

anche sulle legislazioni di altri stati, come ad esempio la Germania, la quale lentamente<br />

si sta aprendo a questo tipo di ricerche, abbandonando quello che per anni stato il<br />

brocardo delle sue politiche anti-ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali «Und bloß<br />

kein Dammbruch 18 », che accolgieva i timori relativi ad una ricerca illimitata sugli<br />

embrioni umani, timori che risalgono alle esperienze politiche negative vissute nel<br />

ventesimo secolo 19 . Mentre, ad esempio in California, un referendum popolare ha<br />

votato il via libera alla sperimentazione sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali 20 .<br />

Un esempio di politica tra «laicità e democrazia» come sostiene Carlo<br />

Alberto Redi, invece l’iniziativa portata avanti dall’ex primo ministro inglese Tony<br />

Blair, il quale con un ingente investimento ha voluto divulgare il libro bianco della<br />

genetica in tutta la comunità, per spiegare alla popolazione tutti i risvolti di questo<br />

settore così controverso 21 .<br />

Si è detto in precedenza che l’ambito di studio più problematico è quello<br />

15 Si veda la lettera aperta al presidente del Consiglio Romano Prodi, del gruppo di ricercatori italiani<br />

sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali, “Il Progresso della Scienza”, Roma, 14 luglio 2006.<br />

16 V. Franco, Bioetica e Procreazione assistita, Le Politiche della Vita tra Libertà e Responsabilità,<br />

Roma, 2005, p 98.<br />

17 Si veda in proposito l’opinione di A. Santosuosso riportata in: C. A. Redi, Il Biologo Furioso,<br />

Provocazioni d’Autore tra Scienza e Politica, Milano, 2011, p 116.<br />

18 Il brocardo tedesco è assimilabile a quella che nell’esperienza italiana è definita come ”etica del piano<br />

inclinato”.<br />

19 R. G. Mazzolini , HJ. Rheinberger, Differing Routes to Stem Cell Research: Germany and Italy,<br />

Bologna-Berlino, 2010, p.98.<br />

20 D. Neri, La Bioetica in Laboratorio, <strong>Cellule</strong> Staminali, Clonazione e Salute Umana, Roma-Bari,<br />

2005, 131-132.<br />

21 C. A. Redi, Biologo Furioso, Provocazioni d’Autore tra Scienza e Politica, Milano, 2011, p .121.<br />

11


12 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

riguardante le cellule <strong>staminali</strong> embrionali, ambito che è culla di dissapori e di scontri<br />

etici.<br />

Spesso, si è auspicato, soprattutto da parte delle autorità religiose, di<br />

concentrare gli sforzi della ricerca sulle sole cellule <strong>staminali</strong> adulte come ad esempio<br />

quelle presenti all’interno del midollo osseo, che vengono già utilizzate a fini<br />

terapeutici. In proposito, è interessante la Dichiarazione Sulla Produzione e Sull’uso<br />

Scientifico e Terapeutico Delle <strong>Cellule</strong> Staminali Embrionali Umane emanata dalla<br />

Pontificia accademia per la vita, nella quale si sostiene «la tesi dell’equivalenza» dei<br />

due tipi di cellule (<strong>staminali</strong> embrionali e <strong>staminali</strong> provenienti da tessuti adulti). La<br />

possibilità di utilizzare cellule <strong>staminali</strong> adulte per raggiungere le stesse finalità che si<br />

intenderebbe raggiungere con le cellule <strong>staminali</strong> embrionali-anche se si richiedono<br />

molti ulteriori passi prima di vederne chiari e definitivi risultati - indica questa come<br />

la via più ragionevole e umana da percorrere per un corretto e valido progresso in<br />

questo nuovo campo che si apre alla ricerca e a promettenti applicazioni terapeutiche.<br />

Inoltre, nella stessa dichiarazione, è riportato anche il parere dei professori<br />

D.L.Clarke e J. Frisén che confermano, che: «Questi studi suggeriscono che le cellule<br />

<strong>staminali</strong> nei differenti tessuti adulti possono essere molto più simili di quanto finora<br />

pensato alle cellule embrionali umane, fino ad averne in alcuni casi un repertorio molto<br />

simile». Ciò suscita obiezioni da parte di alcuni scienziati, in quanto non corrisponde<br />

al modo in cui costoro percepiscono quello che Demetrio Neri definisce lo «stato<br />

dell’arte»; cioè chiudere completamente la ricerca alle sole cellule <strong>staminali</strong> adulte<br />

significherebbe mutilare in partenza la ricerca in un campo ancora nuovo e tutto da<br />

esplorare, rallentando l’intero campo. Le domande sottese a tale problematica sono<br />

quelle legate alla precisa definizione di embrione, oppure riguardo alla tutela giuridica<br />

del <strong>diritto</strong> alla vita dello stesso, o più in generale riguardo al momento esatto in cui<br />

inizia la vita. Quest’ultimo è il punto focale che da il via alle obiezione verso l’uso<br />

delle cellule <strong>staminali</strong> embrionali, la determinazione del momento esatto in cui un<br />

embrione diventa persona e le tesi a riguardo sono tantissime e spesso diametralmente<br />

opposte.<br />

2.2 Il momento in cui l’embrione può definirsi persona<br />

Nel 2000, durante il Congresso Internazionale sui Trapianti il premio Nobel per la<br />

medicina Rita Levi Montalcini ha dichiarato: «È difficile dire quando l’embrione<br />

diventi persona, ognuno ha le sue idee. Ma certamente non lo è fino ai quattordici<br />

giorni dal concepimento». Nella stessa conferenza il padre della pecora Dolly, Jan<br />

Wilmut, ha detto: «L’embrione non ancora una persona: un potenziale uomo, una


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

potenzialit di vita ma non ha la differenziazione del sistema nervoso, che caratterizza e<br />

distingue la persona. Ecco perchè credo si possano usare cellule embrionali per curare<br />

molte malattie». Entrambe le opinioni appartengono ad una posizione molto diffusa<br />

all’interno del dibattito in questione che considera l’embrione come persona non<br />

immediatamente dopo la formazione dello zigote, ma solamente dopo il suo impianto<br />

nell’utero (5°- 6° giorno), o ancora quando si forma la «linea primitiva»( 14° giorno ),<br />

o quando si forma l’abbozzo del cervello ( 28° giorno ) oppure in seguito alla nascita. 22<br />

Questa tesi sostenuta non solo da molti scienziati, ma si possono ritrovare opinioni<br />

affini anche indagando il panorama delle diverse religioni mondiali. Un esempio per<br />

certi versi sorprendente a riguardo quello della religione islamica. Il testo sacro di<br />

questa religione il Corano, al suo interno contenuto un passo (Capitolo 23, versi 12-<br />

14), che stato interpretato dagli studiosi come la definizione di embrione:<br />

12.In verità creammo l’uomo da un estratto di argilla.<br />

13.Poi ne facemmo una goccia di sperma [posta] in un sicuro ricettacolo,<br />

14.poi di questa goccia facemmo un’aderenza e dell’aderenza un embrione;<br />

dall’embrione creammo le ossa e rivestimmo le ossa di carne. E quindi ne facemmo<br />

un’altra creatura Sia benedetto Allah, il Migliore dei creatori!<br />

Nel testo viene in evidenza l’espressione «[..] ne facemmo un’altra creatura» questa<br />

stata interpretata in un famoso hadith (parole dei profeti musulmani) inserito nelle<br />

raccolte di Al-Bukhari e di Muslim che recita: «La creazione di ciascuno di voi avviene<br />

per quaranta giorni sotto forma di sperma, per altrettanti sotto forma di aderenza, per<br />

altrettanti sotto forma di embrione, quindi gli viene inviato l’angelo che vi insuffla<br />

lo spirito». L’insufflazione dello spirito ci che distingue la persona dall’animale, e<br />

come appunto risulta dall’hadit avviene dopo centoventi giorni. Quindi, in accordo<br />

con questa interpretazione la cultura islamica non considera l’embrione una vera<br />

e propria persona, fermo restando il fatto che sin dal concepimento l’embrione sia<br />

destinatario comunque di rispetto e di tutela; ma proprio perchè vita in potenza, la<br />

protezione deve essere minore rispetto a quella della persona, ponendo un obbligo (il<br />

cosiddetto “fardh kifayah”), statuito dagli studiosi musulmani, di continuare questa<br />

ricerca per alleviare le sofferenze dell’uomo 23 .<br />

22 D. Neri, La Bioetica in Laboratorio, <strong>Cellule</strong> Staminali, Clonazione e Salute Umana, Roma-Bari,<br />

2005, p.192.<br />

23 M. Siddiqi, An Islamic Perspective on Stem Cells Researc, reperibile all’indirizzo:www.islam101.<br />

com/science/stemCells.htm, 2001; inoltre consultare: M. Weckerly,The Islamic Views on Stem Cell<br />

Research;<br />

13


14 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

Nasce spontanea l’osservazione di un forte contrasto <strong>fra</strong> quanto sopra<br />

affermato e il divieto di aborto dell’Islam. La contraddizione può essere risolta<br />

all’interno di una questione di unanimità di consensi e interpretazioni, consensi<br />

che si formano attorno all’embrione, per fini di ricerca ma non per l’aborto, a fronte<br />

del fatto che di esso non vi esplicita menzione nel testo sacro. Il Corano condanna<br />

tuttavia l’uccisione di altri uomini in ogni sua forma (escluso il caso di difesa personale<br />

o esecuzione capitale). Questa lacuna del <strong>diritto</strong> rivelato stata colmata dalle diverse<br />

dottrine con una libera interpretazione delle scritture e la conseguente desunzione<br />

del concetto di aborto partendo da concetti più generali. Ci si traduce oggi con una<br />

generale prevalenza delle teorie negazioniste 24 .<br />

La religione ebraica invece, reputa essenziale la ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong><br />

embrionali; all’interno di questo credo religioso infatti le opinioni al riguardo,<br />

come traspare dal terzo volume del Rapporto della National Bioethics Advisory<br />

Commission statunitense, sono principalmente due. 25 Entrambe hanno in comune<br />

il fatto di non riconoscere all’embrione uno status morale fino a quaranta giorni dalla<br />

fecondazione. Questo fino a quel momento “come acqua” e non titolare di diritti. la<br />

fonte fondamentale a cui fare riferimento è il versetto biblico Genesi 9,6 intrepretato<br />

come segue:<br />

Chi versa il sangue dell’uomo nell’uomo (haadam baadam), avrà il proprio sangue<br />

versato dall’uomo, perchè Dio fece l’uomo ad immagine propria.<br />

L’uomo nell’uomo è considerato l’embrione che si trova nel ventre<br />

materno, da cui discende infatti la punibilità dell’uccisione del feto, ma anche, cosa<br />

importantissima ai giorni nostri, la non punibilità per l’uccisione dell’embrione non<br />

impiantato in utero materno. 26 A questo punto le opinioni si differenziano perch<br />

per una l’embrione acquista diritti appunto dopo il trascorrere di quaranta giorni,<br />

per l’altra invece, acquista diritti solo dopo il parto. In entrambe le tesi comunque<br />

consentito lo studio sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali ed infatti lo stato di Israele<br />

molto avanzato nel campo 27 .<br />

24 I.B. Syed, Abortion, Islamic Research Foundation International, reperibile all’indirizzo www.irfi.<br />

org/articles/articles_101_150/abortion.htm .<br />

25 C’è da precisare che non si tratta di esponenti ufficiali delle varie religioni,anche perché, come<br />

vedremo, molti di loro hanno ricordato che la religione di appartenenza non contempla un organo<br />

centrale in grado di esprimere una posizione ufficiale.” D. Neri, La Bioetica in Laboratorio, <strong>Cellule</strong><br />

Staminali, Clonazione e Salute Umana, Roma-Bari, 2005, p 195.<br />

26 S.Ferrari (a cura di), Introduzione al Diritto Comparato delle Religioni, Bologna, 2008, p.143.<br />

27 D. Neri, La Bioetica in Laboratorio, <strong>Cellule</strong> Staminali, Clonazione e Salute Umana, Roma-Bari,


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

Riguardo alla religione cattolica, lo stesso Rapporto fornisce l’opinione di tre<br />

teologi uno dei quali sostiene la tesi ormai fatta propria dagli organismi ufficiali della<br />

Chiesa cattolica, quella secondo la quale qualsiasi tipo di intervento sull’embrione,<br />

e in qualsiasi momento, rappresenta un’interruzione della vita umana, che inizia<br />

non appena i nuclei dei due gameti si uniscono. Ma nonostante ciò, teologi come<br />

Margaret Farley e Kevin Wildes sostengono che questa non sia l’unica posizione<br />

adottabile nel panorama cattolico. Quest’ultimo infatti è ricco di opinioni divergenti<br />

e di personalità che sono a favore della ricerca delle cellule <strong>staminali</strong>, poiché, come<br />

sostiene Demetrio Neri non considerano «l’embrione umano nei suoi primi stadi<br />

come un’entità individualizzata e tale da poter sostenere questa tesi». Da tutto ciò<br />

si può notare come, la vera difficoltà, sia quella di stabilire in quale momento e se si<br />

possa chiamare l’embrione persona. Tuttavia, quel che in realtà sarebbe auspicabile<br />

non è il raggiungimento di una definizione concreta e assoluta del momento iniziale<br />

della vita, che porterebbe solamente a quella che Stefano Rodotà 28 definisce come<br />

un «presidio di leggi naturali che la volontà di potenza dell’uomo mai dovrebbe<br />

violare», cioè ad un impasse scientifico, all’interno del quale la <strong>scienza</strong> risulterebbe<br />

congelata e la ricerca soffocata. Un possibile compromesso invece potrebbe ravvisarsi<br />

in ciò che Umberto Galimberti definisce «l’etica del viandante», il quale «affronta<br />

le difficoltà del percorso di volta in volta, a seconda di come esse si presentano e con i<br />

mezzi al momento a disposizione» 29 , cioè fare una valutazione che ci porti a decidere<br />

se sul momento la scelta compiuta sia vantaggiosa o meno per l’uomo, ricordandoci<br />

che nessun tipo di opinione a riguardo (e soprattutto in questo campo) può definirsi<br />

come assolutamente falsa oppure assolutamente vera.<br />

3. Produzione, importazione ed esportazione di linee cellulari<br />

Le cellule <strong>staminali</strong>, oggi, esattamente come un qualsiasi altro prodotto<br />

di mercato, circolano attraverso vettori globali, esse cioè vengono prodotte in<br />

determinati paesi e da lì esportate in tutto il mondo. Tale fenomeno ha dato vita al<br />

così detto “Tissue Market”, le cui dinamiche verranno analizzate in questo paragrafo,<br />

con particolare riguardo al commercio di linee cellulari e ovociti. Emergeranno le<br />

modalità di funzionamento di quest’ultimo che, estremamente complesse, si rivelano<br />

essere una sorta di cartina tornasole di interessi economici, politiche restrittive,<br />

2005, 195-196.<br />

28 V. Franco, Bioetica e Procreazione Assistita, le Politiche della Vita tra Libertà e Responsabilità, Roma,<br />

2005, pp. 108-109.<br />

29 U. Galimberti, Come Trovare un’Etica Moderna, in “La Repubblica”, 12 agosto 2004.<br />

15


16 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

relazioni di potere e dibattiti pubblici. La grande utilità di quello che viene definito il<br />

“Tissue Market” è la creazione di una collaborazione scientifica internazionale volta<br />

allo studio di un medesimo oggetto standardizzato 30 . Alla definizione di oggetto<br />

standardizzato, cioè di oggetto con caratteristiche predeterminate, rispondono le linee<br />

cellulari. Esse sono entità robuste e flessibili, possono essere congelate, distribuite in<br />

tutte il mondo senza alcuna apparente perdita di proprietà, possono essere testate e<br />

standardizzate in numerosi modi per confrontarle con differenti linee 31 .. Sono entità<br />

che si distaccano e si depurano rispetto al loro antenato, l’embrione derivante da<br />

fecondazione in vitro, da questioni quali la riproduzione, le relazioni familiari e le<br />

controversie sociali giungendo attraverso un graduale processo-«donation to clinic<br />

and then to laboratory, disaggregation, immortalization, passage 32 »- ad uno status di<br />

asetticità 33 .<br />

Altro prodotto del Tissue Market sono gli ovociti. Essi sono richiesti infatti per<br />

le procedure di trasferimento nucleare implicate nella clonazione a scopo terapeutico<br />

e anche per i processi di fecondazione assistita, con una sempre crescente domanda<br />

a fronte di una generale scarsità. Tale fenomeno implica una grande pressione sulla<br />

biologia riproduttiva femminile. Come notano Brown e Webster, la riproduzione<br />

femminile si stacca sempre più dal fine naturale predisposto (quello riproduttivo) per<br />

diventare preda di interessi scientifici, economici e medici 34 .<br />

3.1 Importazione ed esportazione di linee cellulari<br />

E’ un percorso intricato quello che porta alla creazione delle linee cellulari, le difficoltà<br />

che si incontrano sono di ordine tecnico. La creazione infatti richiede un numero<br />

elevatissimo di blastocisti, il cui reperimento è altamente complesso a causa delle<br />

controversie sociali in materia.<br />

Le diverse situazioni socio-politiche dei paesi generano da un lato<br />

un’abbondanza di embrioni, tipica di quei paesi con una legislazione in materia di<br />

ricerca e fecondazione assistita di ampio respiro, dall’altro una scarsità di embrioni<br />

30 B. Latour, Science in Action: How to Follow Scientist Evengineers through Society, MA: Harvard<br />

University Press, Cambridge,1987.<br />

31 H. Gottwies, B. Salter, C. Waldby ,The Global Politics Of Human Embryonic Stem Cell Science,<br />

Basingstoke, Hampshire, England, 2009 p 35.<br />

32 B. Latour, Science in Action: How to Follow Scientist Evengineers through Society , MA: Harvard<br />

University Press, Cambridge,1987.<br />

33 C. Waldby, R. Mitchell, “Tissue Economies: Blood, Organs and Cell Lines in Late Capitalism”<br />

,Durham, NC: Duke University Press , 2006.<br />

34 N. Brown, A. Webster, New Medical Technologies and Society: Reordering Life, Hoboken, New<br />

Jersey, USA, 2004.


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

isolati per la produzione di linee cellulari, dovute invece alle restrizioni in materia<br />

di ricerca e fecondazione assistita vigenti; fenomeno che tuttavia si risolve quasi<br />

interamente all’interno dei processi di import-export ormai consolidati.<br />

I principali paesi esportatori sono Gran Bretagna, India, Israele. Per quanto<br />

riguarda la Gran Bretagna un grande ruolo viene giocato dalla UK Stem Cell Bank<br />

(UKSCB) aperta nel 2004, l’unica insieme a quella spagnola (2005) e a quella di<br />

Singapore. Il suo compito è quello di trasportare le linee di cellule <strong>staminali</strong> oltre i<br />

confini nazionali. Tali biobanche ricevono fondi statali e sono rappresentative proprio<br />

di quelle dinamiche, a cui accennavamo, di tensione <strong>fra</strong> un libero mercato dei tessuti e<br />

le politiche sociali in merito.<br />

La UKSCB nasce con lo scopo di favorire la creazione di un mercato ed un<br />

fondo comune a cui sia privati che enti pubblici possano avere accesso di linee cellulari<br />

ben caratterizzate e qualitativamente garantite.<br />

Per depositare linee cellulari bisogna accettare determinate condizioni di distribuzione<br />

35 che includono le seguenti:<br />

• Cell lines must not be sold for financial gain.<br />

• Depositors are to make lines available to academic researchers with minimal<br />

constraints and conditions, and no upfront fees. Fees may be charged for<br />

commercial users.<br />

• Public sector researchers will pay the bank the marginal costs of supplying the<br />

lines, while commercial users will pay full costs.<br />

• Neither users nor depositors may pass sample lines to third parties without the<br />

explicit approval of the Bank steering committee or the HFEA.<br />

• Users of lines must deposit any further cell lines developed with the bank.<br />

Inoltre la UKSCB esplicitamente provvede alla regolamentazione dei fattori<br />

sociali e bioetici nella gestione di linee hESC. A riguardo ha istituito una Steering<br />

Committee che valuta il corretto svolgimento delle procedure di consenso informato<br />

ed altri protocolli di protezione dei pazienti, per la tutela dell’embrione e del<br />

donatore 36 .<br />

Discorso a parte può essere effettuato per l’India, nella quale i fattori sociali e<br />

culturali sono determinanti. L’embrione vanta una differente concezione ontologica<br />

tale per cui le barriere bioetiche e culturali alla donazione di embrioni sono pressoché<br />

inesistenti. Tuttavia, contrariamente a quanto esposto nel caso inglese, i ricercatori ci<br />

suggeriscono di guardare con occhio critico agli aspetti bioetici di tale derivazione di<br />

35 SCUKSCB Annex 11: “Terms and Conditions for Deposition and Access to Human Stem Cell<br />

Lines”, 2004.<br />

36 H. Gottwies, B. Salter, C. Waldby , The Global Politics Of Human Embryonic Stem Cell<br />

Science, Basingstoke, Hampshire, England,2009, p.43.<br />

17


18 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

linee cellulari, in quanto considerando la stigmatizzazione sociale legata all’infertilità<br />

e gli alti costi dei trattamenti rispetto ai guadagni medi, può succedere che una coppia<br />

consenta di donare embrioni pressata dall’offerta di una In Vitro Fertilisation (in<br />

seguito IVF) gratuita 37 .<br />

Anche Israele, definita da Gross come «one of the centres where researches<br />

from less liberal countries go shopping» come l’India, ha un fiorente mercato<br />

dell’IVF e non vi sono controversie in merito alla ricerca sulle linee cellulari<br />

embrionali. In un estensivo lavoro etnografico, Prainsack 38 sostiene che la facilità<br />

dell’approvvigionamento di linee cellulari embrionali sia strettamente connesso alla<br />

concezione giudaica dell’embrione (ut supra). Inoltre la studiosa, con una teoria<br />

altamente a rischio di risultare generica e generalizzante, sostiene che l’alto tasso<br />

di nascite e l’uso massiccio di pratiche di fecondazione assistita siano sintomatiche<br />

di quella concezione di perenne <strong>fra</strong>gilità endemica che gli israeliti associano a sé<br />

medesimi. Ed è questo stesso sentimento che incentiva lo sviluppo di biotecnologie,<br />

nella speranza di migliorare la salute generale e la longevità.<br />

Per quanto concerne gli importatori si annoverano <strong>fra</strong> i maggiori Germania,<br />

Francia e Italia. Questi ultimi hanno attuato una strategia simile per consentire, seppur<br />

limitatamente, la ricerca sulle <strong>staminali</strong> embrionali. Con la UK Stem Cell Initiative<br />

del maggio 2005, iniziativa che mira a creare una piattaforma di coordinamento per<br />

i finanziamenti alla ricerca sia pubblici che privati, sono state garantite ai ricercatori<br />

<strong>fra</strong>ncesi otto licenze.<br />

In Germania, l’embrione vanta un particolare status ontologico profondamente<br />

connesso agli accadimenti storici del nazionalsocialismo 39 . Già nella Costituzione<br />

tedesca “Grundgesetz” l’attenzione alla persona, alla vita e alla dignità umana è<br />

fortemente accentuata e configurata come uno dei primi doveri dello stato, l’art. 1<br />

infatti definisce la dignità come un qualcosa di intangibile e pone su di essa un limite alla<br />

revisione costituzionale, con una legge del 1990 (Gesetz zum Schutz von Embryonen)<br />

appositamente creata, tale attenzione viene esplicitamente estesa all’embrione.<br />

Sono infatti proibiti: la ricerca sugli embrioni, la manipolazione di linee cellulari, la<br />

clonazione a scopo riproduttivo e terapeutico e la creazione di ibridi. Solo nel 2002, a<br />

seguito di un aspro dibattito pubblico e parlamentare, con la Stammzellgesetz, legge<br />

sulle cellule <strong>staminali</strong>, viene introdotta la possibilità di importare linee cellulari sotto<br />

rigidi controlli. La ricerca è infatti ristretta ai soli embrioni creati prima del 1° gennaio<br />

37 A. Bharadwaj, P. Glasner, Spare Embryons and Biotech Futures: Embryonic Stem Cells Research<br />

in India, Paper presentato al 4S/EASST Conference, Ecole de Mines, Paris, 24-29 agosto 2004.<br />

38 B. Prainsack, Negotiating Life: the Biopolitics of Embryonic Stem Cells Research and Human<br />

Cloning in Israel, Social Studies of Science vol. 36 no. 2 , Department of Political Science, University of<br />

Vienna, aprile 2006, pp. 173-205, reperibile all’indirizzo www.m.sss.sagepub.com/content/36/2/173.<br />

short.<br />

39 Si fa riferimento in particolare agli esperimenti medici e di eugenetica effettuati sotto il regime.


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

2002, data della legislazione; la ratio di tale restrizione è volta ad evitare che nessun<br />

embrione muoia a causa delle ricerche effettuate in Germania 40 .<br />

3.2 Il mercato degli Ovociti<br />

Come abbiamo precedentemente accennato, una delle possibile conseguenze<br />

potrebbe essere una corsa all’approvvigionamento di ovociti sempre più sfrenata.<br />

Lo dimostra la crisi politica causata da Hwang Woo-Suk ( Hwang affair) in Sud<br />

Corea, crisi che ha generato un grandissimo scandalo scientifico, portando il mondo<br />

scientifico all’autocritica. Hwang Woo-Suk, scienziato stimato a livello mondale è<br />

stato il simbolo sudcoreano della ricerca su <strong>staminali</strong> embrionali create con la così detta<br />

clonazione, autorità indiscussa nel suo campo, ha fondato la prima banca mondiale di<br />

cellule <strong>staminali</strong>. Tuttavia, nel 2005, da inchieste e interviste condotte dalle testate<br />

Nature e Science emerge che due ricercatrici e successivamente altre donne sono state<br />

pagate in cambio di quella che non era più -ormai- una donazione di ovociti, ma una<br />

mera compravendita. Tralasciando ulteriori aspetti del caso e soffermandoci su ciò<br />

che in questa sede rileva, dobbiamo far presente che le quantità in ballo sono enormi;<br />

in uno degli studi condotti sul caso, emerge che per la creazione di una solo linea<br />

cellulare si necessitano trenta blastocisti, derivati da 242 ovociti provenienti da 18<br />

donatori 41 , dati notevolmente scoraggianti per la <strong>scienza</strong>.<br />

La Seoul University, investigando sul caso, riporta che <strong>fra</strong> il novembre<br />

2002 e il novembre 2005 i laboratori hanno prodotto 2221 ovociti prodotti da 119<br />

donne, con una media di 19 ovociti per donna 42 . Tali dati preoccupano fortemente<br />

per i loro dubbi aspetti bioetici. Infatti l’approvvigionamento di ovociti implica le<br />

difficoltà, il tempo, la sofferenza e il rischio associati con la donazione degli stessi 43 .<br />

Quest’ultima necessita di una complessa IVF procedura. Ormoni sono somministrati<br />

per sospendere il normale ciclo riproduttivo della donna, successivamente diversi<br />

ormoni sono somministrati per stimolare lo sviluppo di follicoli multipli. Il prelievo<br />

di tali ovociti implica interventi di chirurgia invasiva: sono necessarie altre iniezioni di<br />

ormoni, l’intervento si svolge in anestesia totale con lunghi periodi di guarigione. Non<br />

40 S. Sperling, From Crisis to Potentiality; managing potential selves: Stem Cells, Immigrants, and<br />

German Identity, Science and public policy, Harvard University, Cambridge, 2004, paper reperibile<br />

all’indirizzo www.m.spp.oxfordjournals.org/content/31/2/139.abstract.<br />

41 Hwang, Evidence of a Pluripotent Stem Cell Line Derived from a Cloned Blastocyst, Science online,<br />

13 febbraio 2004.<br />

42 R. Steinbrook, Egg donation and Human Embryonic Stem Cell Research, New England journal of<br />

medicine, 2006, 354(4),324-6.<br />

43 H. Gottwies, B. Salter, C. Waldby ,The Global Politics Of Human Embryonic Stem Cell Science,<br />

Basingstoke, Hampshire, England, 2009, p.49.<br />

19


20 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

è lontano il rischio di incorrere nella sindrome da iperstimolazione ovarica, causata<br />

in genere da una ovulazione indotta, che comporta infiammazione addominale,<br />

insufficienza renale, infertilità, trombosi e disturbi cardiaci 44 . Più del 5% delle donne<br />

che subiscono la procedura descritta sviluppano la sindrome da iperstimolazione<br />

ovarica. Nel Sud Corea, una legge del 2005, proprio concomitante con l’emergere del<br />

Hwang’s Affair vieta la retribuzione delle donatrici di ovociti. In Australia, Canada,<br />

Singapore e gran parte dei paesi europei la donazione di ovociti è un atto di generosità<br />

non retribuito, anche se la maggior parte dei paesi prevede il rimborso delle spese.<br />

In Gran Bretagna è consentita la donazione di ovociti per le donne sotto procedura<br />

di IVF che ad essa acconsentono, quindi sostanzialmente esse ricevono sussidi per la<br />

procedura IVF in cambio di donazioni per la ricerca.<br />

Per ovviare a quanto sopra esplicato, la Gran Bretagna e la Cina stanno<br />

spostando i loro studi verso l’uso di ovociti animali, fenomeno che approfondiremo<br />

nel successivo paragrafo.<br />

4. Human admixed embryo<br />

4.1 Cosa sono<br />

Gli “human admixed embryo” sono embrioni ottenuti tramite il procedimento<br />

di trasferimento nucleare, mischiando componente umana a componente animale.<br />

Consideriamo nel nostro studio 4 diversi tipi di “human admixed embryo”:<br />

Ibridi citoplasmatici ovvero “cibridi”: sono il risultato dell’inserimento di un<br />

nucleo somatico umano in un ovocita animale, una cellula anucleata. Il processo è<br />

quello del trasferimento di nuclei, tuttavia il risultato non è un “clone” ma una sorta<br />

di ibrido contenente meno dell’1% di DNA animale, destinato a scomparire durante<br />

il processo evolutivo. Il DNA del nucleo dovrebbe essere umano, mentre altrettanto<br />

non può essere detto del DNA mitocondriale che potrebbe essere un misto dei<br />

due. All’interno di una cellula, la compatibilità del DNA del nucleo e del DNA<br />

mitocondriale è un requisito essenziale per il corretto funzionamento della stessa; in<br />

questo caso, detto che il DNA nucleare è umano ma il mitocondriale no, bisognerebbe<br />

verificare se tale status non comprometta dunque il corretto espletamento di funzioni<br />

da parte della cellula. Prima che l’HFEA Authority inglese si esprimesse in merito,<br />

solamente due gruppi di ricerca, uno in Cina e l’altro negli Stati Uniti avevano creato<br />

44 R. Steinbrook, Egg donation and Human Embryonic Stem Cell Research, New England journal of<br />

medicine, 2006, 354(4),324-6.


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

dei cibridi e pubblicato i loro risultati 45 .<br />

Ibridi: sono una fusione di DNA di due differenti specie, ottenuta fecondando<br />

un ovocita animale con uno spermatozoo umano. Questi embrioni contengono così<br />

un DNA composto in egual misura da patrimonio umano e patrimonio non umano.<br />

Tali embrioni, secondo gli scienziati hanno un’ aspettativa quasi nulla di vita 46 .<br />

Embrioni transgenici: Organismi il cui patrimonio genetico contiene geni<br />

aggiunti al DNA nucleare e mitocondriale originale, intatti o modificati. Gli animali<br />

transgenici, che contengono un gene umano introdotto nella linea germinale animale<br />

che viene trasmesso alle cellule dei discendenti, possono essere usati per la produzione<br />

di sostanze di potenziale interesse terapeutico e come modello per lo studio delle<br />

malattie umane 47 .<br />

Embrioni chimera: sono embrioni umani/animali in cui sono introdotte<br />

cellule animali/umani. Se normalmente in un embrione le cellule contengono tutte<br />

il medesimo DNA, cosa che accade anche negli ibridi il cui DNA risulta dalla fusione<br />

del DNA umano e quello animali, in una chimera vi sono cellule con differenti<br />

informazioni genetiche. La chimera quindi, come una sorta di mosaico, presenta due<br />

differenti tipi di cellule, alcune provenienti dalla specie umana altre dall’animale in<br />

questione 48 .<br />

4.2 Aspetti scientifici<br />

La sperimentazione con gli “human admixed embyo” potrebbe portare<br />

ad avanzamenti scientifici e terapie rivoluzionarie, ad esempio la generazione in<br />

laboratorio di tessuti perfettamente compatibili per la medicina rigenerativa, la cura<br />

di malattie quali il diabete ed il Parkinson. Si ovvierebbe così anche al problema di<br />

reperire un numero sufficiente di cellule uovo umane, con il correlato superamento<br />

del problema di natura etica che rappresenta la distruzione di un embrione umano per<br />

la creazione di una cellula staminale embrionale.<br />

Tuttavia il fronte scientifico non è unanime. Le ragioni del no, sostengono che<br />

le procedure di trasferimento nucleare siano altamente inefficienti, come dimostra un<br />

45 Embryonic stem cells generated by nuclear transfer of human somatic nuclei into rabbit oocytes Chen Y<br />

et al Cell Research, 2003, 13(4) 251-263; Evaluation of the embryonic preimplantation potential of human<br />

adult somatic cells via an embryo interspecies bioassay using bovine oocytes, Illmensee K et al Fertility and<br />

Sterility,2006, (85) Supplement 1 April.<br />

46 H. Homer, M. Davies,The science and ethics of human admixed embryos, New York, 2009<br />

47 Comitato nazionale di bioetica,Chimere ed Ibridi. Con una riflessione particolare sugli ibridi<br />

citoplasmatici, 2009.<br />

48 Ricordiamo in proposito il test per la fertilità, effettuato tramite un ovocita, di un criceto per<br />

valutare la qualità dello sperma umano, già consentita dall’originale HFEA Act ,1990.<br />

21


22 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

recente studio che ha dovuto impiegare trecento cellule uovo di scimmia per produrre<br />

solamente due linee cellulari. Tali scienziati in opposizione agli “human admixed<br />

embryo”, supportano l’utilizzo di tecnologie alternative e meno controverse, come ad<br />

esempio le iPS cells 49 o le cellule <strong>staminali</strong> adulte. Inoltre, asseriscono, considerata la<br />

differenza <strong>fra</strong> specie umana e animali non si può assicurare l’utilità e la certezza delle<br />

informazioni che con tali procedure sono ottenute.<br />

4.3 Aspetti legislativi<br />

Vediamo adesso come è regolamentata la questione in alcuni paesi. In Gran<br />

Bretagna, lo Human Fertilisation and Embryology Act del 1990 vietava di mischiare<br />

gameti umani e gameti animali se non sotto la concessione di esplicite autorizzazioni.<br />

Nel novembre del 2006 l’autorità competente (HFEA) ha ricevuto due diverse<br />

richieste da due team di ricercatori per creare cellule <strong>staminali</strong> da embrioni umani.<br />

Tuttavia, considerando la scarsità di ovociti umani, i ricercatori richiedevano di poter<br />

utilizzare ovociti animali dai quali avrebbero rimosso quasi tutto il DNA animale.<br />

Avevano chiesto dunque l’autorizzazione per creare un “cibrido”. Nel 2007 L’HFEA<br />

Authority, data la delicatezza del tema, decise di indire delle consultazioni pubbliche<br />

con informative e prospettive sulle implicazioni etiche e sociali di tali procedimenti<br />

per favorire un dibattito pubblico. Il responso della consultazione, durata tre mesi,<br />

evidenziò che una grande maggioranza di persone erano generalmente contrarie a<br />

questo tipo di ricerche eccetto che queste fossero strettamente regolamentate e vi<br />

fosse un’alta probabilità di avanzamenti medico-scientifici. Nel settembre del 2007<br />

l’HFEA Authority giunse alle seguenti conclusioni:<br />

• Che la ricerca con i cibridi fosse attinente agli scopi dell’HFEA;<br />

• Che la creazione di cibridi sarebbe stata subordinata all’autorizzazione<br />

dell’Autorità;<br />

• Che non vi fosse alcuna ragione di principio per cui la ricerca sui cibridi dovesse<br />

essere vietata;<br />

• Che le future decisoni dell’Autorià non sarebbero state decisioni di principio, ma<br />

avrebbero comportato una valutazione caso per caso<br />

• Che sarebbe stato sbagliato emettere una decisione senza una adeguata ed<br />

evidente motivazione<br />

• Che l’HFEA Authority avrebbe continuato a monitorare il potenziale di ulteriori<br />

ricerche ed ogni emergente questione attraverso il suo programma di “horizon<br />

49 Le <strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> pluripotenti indotte, iPS sono cellule <strong>staminali</strong> pluripotenti derivate<br />

artificialmente da una cellula adulta.


scanning” .<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

Nello stesso anno è emanata dal Department of Hill una dettagliata proposta di<br />

revisione attraverso lo Human Tissue and Embryos (Draft) Bill 50 . Nel 2008 l’Human<br />

Fertilisation and Embryology Act, giunse finalmente a revisione, trattando nel punto<br />

4 il problema delle chimere e degli ibridi. Tale punto, riguarda la “Prohibitions in<br />

connection with genetic material not of human origin” ed introduce la dizione<br />

“human admixed embryo”, corredata da una serie dettagliata e analitica di ipotesi 51 .<br />

E’ fatto divieto di impianto nel corpo della donna di tutte le citate categorie<br />

di “human admixed embryo”, di ogni altro embrione non-umano, ogni gamete diverso<br />

dai gameti umani. Nessuno può mescolare gameti umani e gameti animali, creare,<br />

conservare e usare “human admixed embryo”, salva la presenza di autorizzazioni.<br />

Tuttavia l’autorizzazione non può essere volta a tenere o usare “human admixed<br />

embryo” dopo il quattordicesimo giorno dall’inizio del processo di creazione, né<br />

all’impianto in un animale.” Al momento in cui questo documento viene scritto,<br />

l’HFEA (Human Fertilisation Embryology Authority) ha concesso tre licenze ad<br />

altrettanti gruppi di ricerca per la creazione di embrioni ibridi citoplasmatici, con<br />

la condizione che non siano trasferiti nell’utero materno; che siano distrutti al 14°<br />

giorno; che la ricerca porti ad un accrescimento della conoscenza 52 .<br />

50 In particolare l’art. 17.2 vieta di impiantare nel corpo della donna o di un animale embrioni interspecie<br />

descrivendo dettagliatamente varie ipotesi: a) embrioni creati usando gameti umani e gameti<br />

animali; b) embrioni creati clonando il nucleo di un ovocita animale o una cellula derivata da un embrione<br />

animale con una cellula umana o il nucleo di una cellula umana; c) un embrione umano che sia stato<br />

alterato con l’introduzione di una sequenza di DNA nucleare o mitocondriale animale. L’autorizzazione<br />

alla ricerca non può consentire di conservare o usare un embrione inter-specie a) oltre l’apparire della<br />

stria primitiva; b) oltre la fine del periodo di 14 giorni a partire dall’inizio del processo di creazione<br />

dell’embrione inter-specie; c) quando è trascorso metà del periodo della gestazione o dell’incubazione il<br />

cui DNA nucleare o mitocondriale sia contenuto nell’embrione.<br />

51 (a) An embryo created by replacing the nucleus of an animal egg or of an animal cell, or two animal<br />

pronuclei, with— (i) two human pronuclei, (ii) one nucleus of a human gamete or of any other human<br />

cell, or<br />

(iii) one human gamete or other human cell, (b) any other embryo created by using — (i) human<br />

gametes and animal gametes, or (ii) one human pronucleus and one animal pronucleus, (c) a human<br />

embryo that has been altered by the introduction of any sequence of nuclear or mitochondrial DNA of<br />

an animal into one or more cells of the embryo,<br />

(d) a human embryo that has been altered by the introduction of one or more animal cells, or (e) any<br />

embryo not falling within paragraphs (a) to (d) which contains both nuclear or mitochondrial DNA of a<br />

human and nuclear or mitochondrial DNA of an animal (“animal DNA”) but in which the animal DNA<br />

is not predominant.<br />

52<br />

HFEA, Hybrids and Chimeras. A consultation on the ethical and social implications of creating<br />

human/animal embryos in research, April 2007. 80 La documentazione sui progetti e le licenze può essere<br />

consultata in http://www.hfea.gov.uk/en/1640.html per quelle concesse alla University of Newcastle<br />

Upon Tyne e al King’s College London, e in http://www.hfea.gov.uk/en/1698.html per quella alla<br />

23


24 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

In Australia la creazione di cibridi è consentita sotto il rilascio di una specifica<br />

autorizzazione della competente autorità, ma il loro sviluppo deve essere bloccato<br />

entro il quattordicesimo giorno.<br />

In Canada vige il “Canadian Assisted Human Reproduction Act” (2004), il<br />

quale vieta esplicitamente la creazione di ibridi e chimere umani/animali e il loro<br />

trasferimento in esseri umani o non umani ed anche la creazione di ibridi a scopo<br />

riproduttivo.<br />

Lo “USA Draft Human Chimera Prohibition Act” (2005) proibisce la<br />

creazione di chimere umane 53 , il trasferimento di embrioni umani in utero non<br />

umano, e quello di embrione non umano in utero umano. Tuttavia per il testo<br />

“Guidelines for Human Embryonic Stem Cells” della National Academy for Sciences<br />

(NAS) del 2005, emendato il 26 Maggio 2010 la creazione di chimere animali a scopo<br />

di ricerca è permessa sotto approvazione della commissione Embryonic Stem Cell<br />

Research Oversight (ESCRO) 54 . Per tali direttive inoltre è permessa la creazione<br />

di ibridi citoplasmatici, tuttavia vi è l’obbligo di non superare il quattordicesimo<br />

giorno di sviluppo ed è proibito l’impianto di tali embrioni in utero umano e non<br />

umano (Paragraph 4.5), è inoltre necessaria l’approvazione dell’ESCRO. Va tenuto<br />

presente anche che, nel quadro della legislazione federale i singoli stati americani<br />

presentano un panorama estremamente differenziato. Anche qui abbiamo stati<br />

con una legislazione più permissiva (ad esempio, California, Connecticut, Illinois,<br />

Maryland, Massachusetts, New Jersey, Missouri, Rhode Island) e altri con norme<br />

molto restrittive (ad esempio Florida, Louisiana, Maine, Michigan, Minnesota,Nord<br />

e Sud Dakota, Pennsylvania).<br />

In India, paese permissivo quanto vigile nei confronti di tale tematiche, nelle<br />

“Ethical guidelines for biomedical research on human partecipants-indian council of<br />

medical research” del 2006 nel capitolo 7 “statement of specific principles for research<br />

in transplantation” al paragrafo 4 intitolato “stem cells” si parla, <strong>fra</strong> le “restricted<br />

areas of research” di ricerche riguardanti l’introduzione di hES/hEG/hSS in animali<br />

allo stato embrionale o fetale per lo sviluppo di studi volti alla differenziazione e<br />

integrazione di cellule umane in tessuti non umani e di ricerche sulle chimere ove<br />

cellule <strong>staminali</strong> provenienti da due o più specie sono mescolate e introdotte in<br />

animali inclusi i primati a qualsiasi stadio del loro sviluppo 55 . E tra le “prohibited<br />

University of Warwick.<br />

53 Alcuni tipi di ibridi uomo/animale rientrano nella definizione di chimera.<br />

54 Paragraphs 1.3(a), 1.3(b)(ii) and 1.3(b)(iii)).<br />

55 3. Research involving introduction of hES/hEG/hSS cells into animals, at embryonic or fetal stage<br />

of development for studies on pattern of differentiation and integration of human cells into non- human<br />

animal tissues.If there is a possibility that human cells could contribute in a major way to the development<br />

of brain or gonads of the recipient animal, the scientific justification for the experiments must be strong.<br />

The animals derived from these experiments shall not be allowed to breed.Such proposals would need


areas of research”:<br />

<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

5. Animals in which any of human stem cells have been introduced at any stage of<br />

development should not be allowed to breed.<br />

In Giappone troviamo “The Law Concerning Regulation Relating to Human<br />

Cloning Techniques and Other Similar Techniques” del 2001 e “Guidelines for the<br />

utilization of human embryonic stem cells”, 2009. La creazione di chimere animali è<br />

permessa sotto approvazione del Ministero dell’educazione, cultura, sport e scienze<br />

(MEXT), mentre il trasferimento di questi embrioni in utero umano o non umano è<br />

proibito 56 . Le ricerche riguardanti il trapianto di cellule iPS umani in embrioni umani<br />

è consentita, ma non lo è l’impiantare tali embrioni in utero umano e non umano<br />

(2009 Guidelines). La creazione di ibridi citoplasmatici è proibita 57 .<br />

La legislazione italiana preclude, oltre agli «interventi di clonazione mediante<br />

trasferimento di nucleo» tutte le forme di produzione di chimere e ibridi, punendo<br />

con una sanzione che potrebbe essere anche superiore ai 6 anni «la fecondazione<br />

di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o<br />

di chimere» (art. 13, comma 3, c-d della L. 2004/40 “In materia di procreazione<br />

medicalmente assistita”). A seguito degli accadimento in Gran Bretagna (ci si riferisce<br />

al via libera della HFEA Authority all’uso di Human Admied Embryo di cui sopra),<br />

nel 2009 il Comitato Nazionale di Bioetica si è riunito ed ha emanato il seguente<br />

parere: “Chimere ed ibridi con una riflessione particolare sugli ibridi citoplasmtici”<br />

ove, a seguito di un dettagliato excursus di ordine etico e scientifico si asserisce che<br />

[…] Gli stessi membri del Comitato Nazionale di Bioetica, per le ragioni discusse in<br />

questo documento, auspicano la sospensione della produzione di ibridi uomo-animale<br />

e, solo se adeguatamente giustificate, l’utilizzazione di tecniche di ricerca alternativa,<br />

come ad esempio l’ibridazione tra specie animali diverse, che pure richiede una attenta e<br />

adeguata valutazione bioetica.<br />

Con l’esistenza tuttavia di opinioni discordanti:<br />

Altri membri del CNB sono giunti invece alle seguenti conclusioni:[…]la condanna della<br />

produzione di cibridi non è condivisibile. 58<br />

approval of the NAC-SCRT through Institutional Animal Ethics Committee (IAEC) and IC-SCRT.<br />

4. Studies on chimeras where stem cells from two or more species are mixed and introduced into animals,<br />

including primates, at any stage of development viz., embryonic, fetal or postnatal, for studies on pattern<br />

of development and differentiation.”<br />

56 Articolo 2(1) delle Guidelines del 2001, e Article 6 della legge del 2001.<br />

57 Articolo 2(1) delle Guidelines del 2001, e Article 2(1)14 della legge del 2001.<br />

58 Comitato Nazionale di Bioetica, Chimere ed Ibridi con una riflessione particolare sugli ibridi<br />

25


26 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

4.4 Questioni etiche<br />

La questione dei cibridi, non è scevra di questioni etiche, anzi, a parer di molti,<br />

come riassunto esemplificativamente in questa affermazione di Angelo Vescovi,<br />

neurobiologo del San Raffaele di Milano «Sono esperimenti che con presunzione<br />

vengono proposti come superamento del problema etico ma che nella realtà ne<br />

pongono di ancora più gravi» 59 .<br />

Tutta le questioni etiche vertono fondamentalmente sulla domanda<br />

gnoseologica “cosa caratterizza l’identità dell’uomo?”, problema che era già in un<br />

certo senso stato affrontato in Italia nel dibattito pubblico sugli xenotrapianti 60 . Ciò<br />

che spaventa è che si possa perdere il confine <strong>fra</strong> ciò che è umano e ciò che è negazione<br />

dell’umano: l’animale, da cui l’uomo ha sempre preteso di differenziarsi per dignità.<br />

Si teme che, la categoria universale di uomo, a cui fino ad oggi si è fatto riferimento<br />

possa risultare ora fallibile, fatto reputato inaccettabile e lesivo della stessa humanitas.<br />

La prima questione etica che si pone è indubbiamente quella intorno alla protezione<br />

ed alla dignità dell’embrione umano. Cioè, la non accertata natura degli “human<br />

admixed embryo”, in particolare degli ibridi citoplasmatici, non può implicare una<br />

esclusione aprioristica del loro carattere umano. Un tale ragionevole dubbio, è fonte<br />

della riapertura della questione sull’embrione umano, i quali punti salienti sono stati<br />

ampiamente trattai nel precedente paragrafo 2.<br />

La seconda ragione attiene quella che viene definita l’etica del piano inclinato 61 .<br />

Si teme infatti che, nonostante la <strong>scienza</strong> opti attualmente per la distruzione<br />

dell’embrione così creato entro il quattordicesimo giorno della sua genesi, finisca, per<br />

una sorta di “volontà di potere” con il voler testare la sopravvivenza di tali esseri e<br />

quindi con l’impiantarli in utero. In merito, il CNB nel già più volte citato parere<br />

del 2009, richiama l’attenzione sul concetto di responsabilità di Jonas, da esercitare<br />

soprattutto nei confronti delle generazioni future. Continua con il dire che bisogna<br />

al riguardo adottare il principio di precauzione, principio che apre la strada ad un<br />

atteggiamento «tuzioristico e di responsabilità», rimandando ad un documento già<br />

precedentemente redatto 62 .<br />

La terza motivazione attiene a quell’istintivo sentimento di ripugnanza<br />

citoplasmatici, 2009.<br />

59 M. de Bac,Corriere della Sera del 08 novembre 2006, articolo reperibile all’indirizzo http://www.iss.<br />

it/binary/sibi2/cont/CorriereSera081106.1163062346.pdf .<br />

60<br />

Quando venne emanata la legge n. 91 del 1° aprile 1999, cioè la legge che disciplina il trapianto di<br />

organi.<br />

61 Ricordiamo in merito un articolo di E. Bellone sulle Scienze il 29 febbraio 2008, in cui le ricerche<br />

sulle chimere venivano definite “piani inclinati verso il dominio della tecnica sull’uomo”.<br />

62 Principio di precauzione: profili bioetici, filosofici e giuridici, 2004.


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

che si può provare di fronte a simili sperimentazione scientifiche 63 . La forza di tale<br />

argomento, secondo i suoi sostenitori, è proprio il suo surclassare la ragione scientifica.<br />

Il presupposto è che tale argomentazione emozionale, sia sinonimo di etica autentica,<br />

di saggezza, di sensatezza. Una sensazione sentinella di un transumano che non può e<br />

non deve avvenire.<br />

Fortemente contraria si è dichiarata la chiesa cattolica. Monsignor Elio<br />

Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, così si esprime a proposito<br />

della decisione dell’Autorità britannica per la fertilizzazione e l’embriologia di<br />

consentire la creazione di embrioni uomo-animale a scopo di ricerca: «con il<br />

superamento di questa ulteriore frontiera della creazione di ibridi per clonazione, la<br />

disumanizzazione tocca le soglie della mostruosità e si attua quel piano inclinato che si<br />

verifica ogni volta che si abdica ad una esigenza fondamentale dell’etica stessa. […] Per<br />

quanto riguarda l’etica che i ricercatori dell’Authority prospettano, essa non potrebbe<br />

essere se non un’etica utilitarista per la quale sono state compiute due offese all’etica<br />

umana e razionale, basata sulla dignità dell’uomo: si è guardato al fine senza tener<br />

conto dei mezzi (creazione di embrioni e loro soppressione) ed è stato consumato un<br />

delitto certo, oggi, in vista di un ipotetico vantaggio di domani.» 64 .<br />

Coloro i quali si oppongono a tali argomentazioni fanno breccia<br />

principalmente su un’avvenuta “mistificazione logica”, profondamente connessa al<br />

rifiuto dell’etica del piano inclinato.<br />

Riguardo al primo punto, riportiamo una dichiarazione di Carlo Alberto<br />

Redi 65<br />

[…] Nessun ibrido tra DNA umano e DNA animale! È del tutto fantasiosa e fuorviante<br />

la presentazione sui media della creazione di individui mezzo uomo e mezzo animale,<br />

come nei miti: dalla sfinge, al minotauro alla chimera. […] È questa una entità ibrida<br />

che non potrà mai dare inizio ad alcun processo di organogenesi per giungere ad un<br />

embrione pronto ad impiantarsi in un utero: questo dato fattuale è incontestabile. La<br />

potenzialità di sviluppo embrionale di questi ibridi citoplasmatici è nulla: Ci si augura<br />

che, se l’esperimento riesce, il nucleo somatico acquisti delle caratteristiche di espressione<br />

genica simile a quella delle cellule embrionali, si riprogrammi. Di più non può accadere.<br />

63 Argomento ampiamente trattato a pp. 29-30 del documento del CBN ed anche della “ripugnanza”<br />

è preso in considerazione anche nel documento del Comitato di bioetica danese, Man or mouse? Ethical<br />

aspects of chimera research, 2008, cfr. in particolare pp. 42-44 e pp. 54-57. In tale documento si ritiene che<br />

tale sentimento possa avere una valenza biologica (in quanto meccanismo ereditato evoluzionisticamente<br />

per proteggere la specie) oppure una valenza antropologico-culturale e simbolica (in quanto tabù sociale,<br />

precisamente il tabù del mescolamento inter-specie). Si tratta di interpretazioni che attribuiscono al<br />

sentimento di ripugnanza la funzione conservativa di protezione della specie, in senso forte (nella misura<br />

in cui si ritiene non modificabile dalla cultura) o debole (se modificabile).<br />

64 L’Osservatore Romano, Domenica 9 Settembre 2007, p. 13.<br />

65 C. A. Redi, Il Biologo Furioso, Provocazioni d’Autore tra Scienza e Politica, Milano, 2011 p.137.<br />

27


28 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

La compresenza di un nucleo somatico umano con il citoplasma (e cioè dei mitocondri)<br />

di un’altra specie non permette di accoppiare le reazioni chimiche che normalmente<br />

avvengono tra il DNA mitocondriale e quello nucleare (che deve essere strettamente speciespecifica),<br />

e dunque non permette di avere l’energia chimica (ATP) necessaria a sostenere<br />

lo sviluppo embrionale; in altre parole è garanzia del fatto che l’ibrido citoplasmatico, il<br />

cibrido, non ha alcuna potenzialità di svilupparsi.<br />

Anche nello stesso CNB, alcuni dei membri 66 hanno espresso simili riserve,<br />

ribadendo il rifiuto dell’etica del piano inclinato, che arrivano addirittura a delineare<br />

“catastrofista” nella sfumatura delineata dagli altri membri, asserendo che, proprio in<br />

ossequio alla responsabilità citata, è bene evitare un uso spropositato del principio di<br />

proporzionalità e fare largo a tali tecnologie usate a scopi conoscitivi purché siano<br />

subordinate ad un controllo rigido e trasparente.<br />

Conclusione<br />

In un simile ambito, concludiamo, così <strong>fra</strong>stagliato, come precedentemente<br />

accennato, un possible compromesso potrebbe essere quella di cui esemplificativamente<br />

parla Galimberti, paragonando l’uomo moderno ad un nuovo Ulisse, bugiardo,<br />

astuto e nomade, l’etica del viandante, termine sapientemente mutato dalla filosofia di<br />

Nietzsche. L’etica del viandante è, secondo il filosofo, l’unica proponibile nell’età della<br />

tecnica, è quella che sfrutta la furbizia di Ulisse, la greca “phronesis”, per trovare di caso<br />

in caso un nuovo equilibrio <strong>fra</strong> forze di direzione opposta. Galimberti preannuncia<br />

la scomparsa di un’etica prestabilita, preconfezionata, la scomparsa di principi<br />

inappellabili a cui aggrapparsi e da il benvenuto ad un’etica che si appella all’esperienza.<br />

Nell’esporre tale pensiero egli saluta la fine dell’uomo giuridico, pensiero che tuttavia<br />

noi non possiamo condividere. Auspichiamo infatti un nuovo ruolo del <strong>diritto</strong> che<br />

appunto si appelli, come suggestione Galimbertiana, all’esperienza, un <strong>diritto</strong> fluido,<br />

non rigidamente caratterizzato, ma pur sempre un <strong>diritto</strong>.<br />

La strada potrebbe forse essere quella di un <strong>diritto</strong> di origine giurisprudenziale,<br />

capace di adattarsi alle situazioni di volta in volta poste, che abbia tuttavia come<br />

binari i principi cardine della costituzione e quelli del <strong>diritto</strong> internazionale e<br />

comunitario. Tuttavia, la fallibilità di tale sistema potrebbe essere in esso stesso<br />

insita. Come ci fa notare Patrizia Borsellino, nel libro “Bioetica <strong>fra</strong> morale e <strong>diritto</strong>”,<br />

l’esperienza al riguardo dimostra come un’ applicazione del principio di analogia ,<br />

di regole apparentemente affini a nuove e nascenti situazione abbia portato quasi<br />

66 Membri dissenzianti: C. Flamigni, S. Garattini, D. Neri, A. Piazza, M. Toraldo di Francia, G. Zuffa.


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> oggi: libertà di ricerca scientifica<br />

inevitabilmente ad una certa distorsione nei risultati. Inoltre, la stessa ci fa ancora<br />

notare come un criterio meramente giurisprudenziale dagli anni novanta ad oggi<br />

abbia portato ad avere differenti e alternanti trend, talvolta propulsivi altre volte a<br />

stampo recessivo, in una situazione che lei definisce di «denegata giustizia».<br />

Altra soluzione potrebbe essere una di tipo procedurale, affine a quella<br />

adottata in Gran Bretagna. Il coinvolgimento e la consultazione, in primis, del popolo<br />

sulle diverse questioni bioetiche, tramite meccanismi democratici e la concomitante<br />

istituzione di una apposita autorità che si occupi di vagliare le proposte concrete della<br />

comunità scientifica potrebbero essere una soluzione valida, partecipata e condivisa,<br />

capace di risolvere l’impasse in cui attualmente l’Italia, divisa <strong>fra</strong> varie anime e schiava<br />

di un potere legislativo inerte, si ritrova.<br />

Benché ancora non si concordi unanimemente al riguardo, il <strong>diritto</strong> non<br />

può che avere un ruolo fondamentale nella questione bioetica. Non un ruolo rigido,<br />

dittatoriale, ruolo che gli scienziati temono e aborrono, ma un <strong>diritto</strong> privo di dogmi,<br />

capace di ascoltare nuovi valori sentiti e socialmente apprezzati guardando con occhio<br />

privo di diffidenza e pregiudizi ai progressi delle scienze.<br />

29


30 Jet Det - <strong>2012</strong>


Le cellule <strong>staminali</strong> embrionali: il bilanciamento possibile<br />

Riflessioni e orientamenti giuridici alla luce del caso<br />

Brüstle v Greenpeace<br />

chiara fusari<br />

sommario: 1. Introduzione. – 2. L’embrione comunitario: quale bioetica europea?<br />

– 2.1 Il caso Brüstle: la causa principale e le questioni pregiudiziali. – 2.2 La ratio decidendi<br />

e nuovi possibili scenari. – 3.L’ordinamento giuridico italiano. – 4. Conclusioni<br />

1. Introduzione<br />

31<br />

“Perdute le regole della natura, la<br />

società si rispecchia nel <strong>diritto</strong> e a<br />

esso chiede rassicurazione, prima<br />

ancora che protezione”. 1<br />

Il bio<strong>diritto</strong> contemporaneo, crocevia di differenti discipline e affresco di<br />

un politeismo di valori sempre più radicato, soffre di un insopportabile paradosso:<br />

«quanto più fortemente si avverte l’urgenza della risoluzione delle problematiche<br />

bioetiche, tanto più emerge e si acutizza il divario tra l’accelerazione incalzante del<br />

progresso tecno-scientifico e la lentezza nella elaborazione di una risposta». 2 In un<br />

tempo in cui l’inizio e la fine della vita non sono più suggellati soltanto da ‘eventi di<br />

natura’, in cui la trasformazione da uomo a donna non è più l’unico limite intangibile<br />

per il legislatore (come proclamava aforisticamente un parlamentare inglese nel ‘700),<br />

ma uno dei possibili interventi sul corpo umano nell’era della sua riproducibilità tecnica,<br />

le incessanti innovazioni biotecnologiche ci pongono di fronte ad un numero<br />

sempre crescente di ipotesi da decidere, alle quali la fisiologica lentezza della riflessione<br />

giuridica, del confronto politico e della produzione legislativa mal si adeguano. 3<br />

A ciò si aggiunga, da un lato, la pluralità di fonti normative (europee,<br />

internazionali, interne) concorrenti <strong>fra</strong> loro e che meritano un attento<br />

contemperamento, dall’altro, un’eterogenea prospettiva compara-<br />

1 Stefano Rodotà, La vita e le regole. Tra <strong>diritto</strong> e non <strong>diritto</strong>, Milano, Giangiacomo Feltrinelli<br />

Editore, 2009, 15<br />

2 Cfr. Laura Palazzani, Introduzione alla biogiuridica, Torino, Giappichelli, 2002, 7<br />

3 Come sottolineato da Carlo Casonato, Bio<strong>diritto</strong> e pluralismo nello stato costituzionale, in C.<br />

Casonato, Cinzia Piciocchi (a cura di) Bio<strong>diritto</strong> in dialogo, Padova, Cedam, 2006, 7


32 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

ta dei modelli giuridici propri dei singoli ordinamenti: in un orizzonte di<br />

principi e valori sanciti in testi europei ed internazionali apparentemente piani, si<br />

staglia un ventaglio di risposte legislative statali che ben dimostrano la difficoltà di<br />

un consenso (transnazionale) sulla materia, ossia di quel substrato culturale, politico,<br />

giuridico, etico e scientifico sufficientemente coeso e condiviso da poter esprimere<br />

e fondare la legittimazione di una comune normativa, quantomeno comunitaria.<br />

La ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali rappresenta un ambito del bio<strong>diritto</strong><br />

sul quale ormai si dibatte da tempo, nel 1988 due gruppi di ricercatori hanno per<br />

la prima volta isolato con successo e coltivato cellule <strong>staminali</strong> embrionali umane, 4 e<br />

che incide profondamente sul contenuto dei diritti fondamentali. È necessario chiarire<br />

sin da ora che contrariamente al settore delle cellule <strong>staminali</strong> somatiche (adulte),<br />

già impiegate con successo in determinate terapie cellulari, le conoscenze relative alle<br />

potenzialità terapeutiche delle cellule <strong>staminali</strong> embrionali sono ancora assai scarse,<br />

tuttavia, la ricerca sul differenziamento cellulare con la speranza di derivare linee cellulari<br />

utili per terapie ricostruttive rappresenta la grande sfida nel campo della medicina<br />

rigenerativa. 5<br />

Ciononostante, la regolazione giuridica mostra i suoi limiti ed una sua latente<br />

impotenza nella determinazione di un punto di equilibrio tra la libertà di ricerca<br />

scientifica e la tutela dell’embrione, ne è un esempio l’Italia, ove la normativa in<br />

materia si esaurisce in un divieto generalizzato della sperimentazione scientifica sugli<br />

embrioni: una posizione di intransigenza che difficilmente cela un cieco proibizionismo<br />

ideologicamente orientato al quale neanche la circolazione degli esempi ormai<br />

diffusi a livello comparato ha giovato.<br />

Ad infuocare nuovamente il dibattito è intervenuta nell’ottobre 2011 una<br />

decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea 6 che ha interpretato in modo<br />

molto ampio il divieto di brevettabilità di invenzioni biotecnologiche che prevedono<br />

4 «La prima linea cellulare di ES è stata isolata nel topo negli anni ’80 da M. J. Evans e da M. H.<br />

Kaufman, nel Regno Unito, mentre le prime linee cellulari di ES umane (3 maschili e 2 femminili)<br />

vengono allestite da J.A. Thompson nel 1998, negli USA, a partire da blastocisti»: Carlo Alberto Redi,<br />

La questione delle cellule <strong>staminali</strong>. Il quadro scientifico, in Trattato di bio<strong>diritto</strong>. Il governo del corpo,<br />

Milano, Giuffrè, 2011, 1090<br />

5 Per le possibili applicazioni terapeutiche delle cellule <strong>staminali</strong> embrionali si veda: Carlo<br />

Alberto Redi, op. cit., 1094, secondo il quale «le cellule <strong>staminali</strong> embrionali possiedono l’unica<br />

caratteristica di permettere lo studio delle fasi iniziali dello sviluppo embriologico, per capire come si<br />

attua il differenziamento cellulare e l’instaurasi di una patologia. (…) Le cellule <strong>staminali</strong> embrionali,<br />

contrariamente alle somatiche, possono essere mantenute in coltura per moltissimi cicli di divisione,<br />

addirittura per più di dieci anni, senza perdere la pluripotenzialità». Inoltre, per gli usi terapeutici della<br />

ricerca sulle cellule embrionali <strong>staminali</strong> umane si consulti: Parlamento europeo, Direzione generale<br />

degli studi, STOA, Le implicazioni etiche della ricerca sugli embrioni umani. Studio finale., Lussemburgo,<br />

2000, 32<br />

6 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sez., 18 ottobre 2011, n. 34, C-34/10, Brüstle v.<br />

Greenpeace eV


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> embrionali: il bilanciamento possibile<br />

l’utilizzo di embrioni umani a fini industriali e commerciali, imbattendosi in una definizione<br />

di embrione umano eccessivamente frustrante nei confronti della libertà di<br />

ricerca scientifica, sollevando così i malumori della comunità scientifica, di gran parte<br />

della dottrina e degli ordinamenti che da tempo hanno sposato scelte legislative più<br />

liberali.<br />

In un quadro così complesso e ancora non troppo rassicurante, non fosse<br />

altro che per la natura, a detta di taluni scoraggiati, «intrinsecamente indecidibile» 7<br />

dei dilemmi etici sollevati, questa breve trattazione si propone di illustrare, in un primo<br />

momento, lo scenario europeo delineato dalla sopracitata sentenza a confronto<br />

con la normativa transnazionale, successivamente, il dibattito dottrinale italiano e<br />

l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, impegnati nell’inesauribile opera di<br />

interrogazione dei principi della Costituzione.<br />

2. L’embrione comunitario: quale bioetica europea?<br />

2.1 Il caso Brüstle: la causa principale e le questioni pregiudiziali<br />

La recente decisione della Corte di giustizia dell’UE relativa al caso Brüstle<br />

c. Greenpeace ha il pregio di gettare le basi per una più precisa configurazione di un<br />

<strong>diritto</strong> europeo in materia di libertà di ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali, confermandoci<br />

che è in primis a questo ordinamento che ormai dobbiamo appellarci per<br />

disegnare le discipline interne.<br />

Per comprendere la posizione della Corte, vale la pena descrivere il caso riprendendo<br />

sinteticamente i fondamentali passaggi argomentativi del ragionamento<br />

dei giudici per poi analizzarne i profili di maggiore criticità. 8<br />

Il signor Brustle, genetista tedesco, nel 1997 diventa titolare di un brevetto<br />

avente ad oggetto il procedimento di produzione «in quantità praticamente<br />

illimitata di cellule progenitrici isolate e depurate, aventi proprietà neurali o<br />

gliali, ricavate da cellule <strong>staminali</strong> embrionali» (§ 18), e il loro utilizzo in campo<br />

biomedico per la terapia di anomalie neurali, in particolare costituirebbe un metodo<br />

promettente per pazienti affetti dal morbo di Parkinson. Il ricorrente, l’associazione<br />

Greenpeace, presenta domanda di annullamento del brevetto presso il<br />

7 A. Cantaro, Europa Sovrana, La Costituzione dell’Unione tra guerra e diritti, Ed. Dedalo, 2003,<br />

111<br />

8 Per una più completa ricostruzione della vicenda si veda V. Altamore, La tutela dell’embrione tra<br />

interpretazione giudiziale e sviluppi della ricerca scientifica, in una recente sentenza della Corte di Giustizia<br />

europea (C-34/10 Olivier Brüstle c. Greenpeace eV.), in Forum di Quaderni costituzionali, 2 dicembre<br />

2011<br />

33


34 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

Bundespatentgericht (Tribunale federale dei brevetti) ai sensi della normativa tedesca,<br />

trasposizione dell’art. 6, comma 2, lett. c) della direttiva n. 98/44/CE sulla<br />

protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, in tenore del quale «sono<br />

escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario<br />

all’ordine pubblico o al buon costume”, in particolare “sono considerati non<br />

brevettabili le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali e commerciali».<br />

Dichiarata la nullità del brevetto, in appello il Bundesgerichthof con<br />

decisione 17 dicembre 2009 stima che la decisione del litigio necessiti l’interpretazione<br />

da parte della Corte di Lussemburgo del sopracitato articolo,<br />

sottoponendole così tre questioni pregiudiziali al fine di stabilire se le cellule<br />

<strong>staminali</strong> embrionali umane che fungono da materiale di partenza per i procedimenti<br />

brevettati costituiscono ‘embrioni umani’ ai sensi del detto articolo<br />

e quindi per conoscere la giusta delimitazione delle esclusioni di brevettabilità.<br />

Con la prima questione il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare<br />

la nozione di ‘embrione umano’ ai sensi della direttiva (ossia al solo fine di stabilire<br />

l’ambito del divieto di brevettabilità ivi previsto). Alla Corte preme ricordare quali<br />

siano gli scopi della direttiva alla luce dei quali legittimare una nozione autonoma di<br />

embrione umano: posto che l’armonizzazione dei diritti nazionali mira a rimuovere<br />

gli ostacoli agli scambi commerciali e quindi al buon funzionamento del mercato<br />

interno, «secondo una giurisprudenza costante, l’applicazione uniforme tanto del<br />

<strong>diritto</strong> dell’Unione quanto del principio di uguaglianza esige che una disposizione<br />

del <strong>diritto</strong> dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al <strong>diritto</strong> degli Stati<br />

membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata<br />

debba normalmente dar luogo, in tutta l’Unione, ad un’interpretazione autonoma<br />

e uniforme» (§ 25). Nel caso di specie, lasciare un ampio margine di discrezionalità<br />

agli stati nell’elaborazione di differenti normative e nozioni di embrione significherebbe<br />

minare la ratio della direttiva che è quella di incoraggiare la ricerca e lo<br />

sviluppo industriale nell’ambito dell’ingegneria genetica attraverso un’efficace protezione<br />

giuridica delle invenzioni in tutto il territorio dell’Unione: «la mancanza<br />

di una definizione uniforme della nozione di embrione umano determinerebbe il rischio<br />

che gli autori di talune invenzioni biotecnologiche siano tentati di chiedere la<br />

brevettabilità di queste ultime negli Stati membri che concepiscono nel modo più<br />

restrittivo la nozione di embrione umano e, quindi, i più permissivi per quanto riguarda<br />

le possibilità di brevettare le invenzioni di cui trattasi, a motivo del fatto che<br />

la brevettabilità delle stesse sarebbe esclusa negli altri Stati membri. Una tale situazione<br />

costituirebbe una lesione al buon funzionamento del mercato interno» (§ 28).<br />

Se è vero, come enunciato nel preambolo della direttiva, che questa punta ad<br />

incoraggiare gli investimenti nel settore della biotecnologia, lo sfruttamento commerciale<br />

del materiale biologico di origine umana deve avvenire nel rispetto dell’ordine<br />

pubblico e del buon costume, in particolare, ai sensi del sedicesimo ‘considerando’


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> embrionali: il bilanciamento possibile<br />

della direttiva «il <strong>diritto</strong> dei brevetti dev’essere esercitato nel rispetto dei diritti fondamentali<br />

che garantiscono la dignità e l’integrità dell’uomo». È sull’enfasi posta<br />

su quest’ultimo riferimento normativo che la Corte fonda la definizione, in senso<br />

ampio, di embrione umano: l’art. 6, comma 2, lett. c) della direttiva deve essere interpretato<br />

nel senso che «costituisce un embrione umano qualunque ovulo umano<br />

fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato<br />

il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato<br />

che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi».<br />

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se la nozione<br />

di ‘utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o commerciali’ ai sensi<br />

dell’art.6, comma 2, lett. c) della direttiva includa anche l’utilizzazione di embrioni<br />

umani a fini di ricerca scientifica. La Corte precisa «anche se la direttiva non è<br />

intesa a disciplinare l’utilizzazione di embrioni umani nell’ambito di ricerche<br />

scientifiche» e «lo scopo di ricerca scientifica deve essere distinto dai fini industriali<br />

e commerciali, l’utilizzazione di embrioni umani a fini di ricerca che sia oggetto<br />

della domanda di brevetto non può essere scorporata dal brevetto medesimo<br />

e dai diritti da esso derivanti» (§ 43). Si deve concludere che l’utilizzazione di<br />

embrioni umani al fine di ricerca scientifica non può sottrarsi all’esclusione della<br />

brevettabilità. L’unica eccezione, nel senso che può essere oggetto di brevetto, riguarda<br />

l’utilizzazione a fini di ricerca scientifica «per finalità terapeutiche o diagnostiche<br />

che si applichi all’embrione umano e sia utile a quest’ultimo» (§ 46).<br />

Nella terza questione la Corte interpreta l’art. 6, n. 2, lett. c) della<br />

direttiva nel senso che è esclusa anche la brevettabilità di un’invenzione<br />

che non abbia di per sé ad oggetto l’utilizzazione di embrioni umani,<br />

ma un prodotto o un procedimento che presuppongono la distruzione di<br />

embrioni umani «in una fase ben precedente all’attuazione dell’invenzione»(§ 49).<br />

2.2 La ratio decidendi e nuovi possibili scenari<br />

A partire da questa sintetica, ma imprescindibile, ricostruzione delle tre interpretazioni<br />

sulle quali la Corte è stata chiamata a pronunciarsi si può trarre qualche<br />

considerazione. Innanzitutto, il bilanciamento <strong>fra</strong> la dignità dell’embrione umano<br />

e la libertà della ricerca scientifica sembra inesorabilmente pendere verso la prima.<br />

La tutela accordata all’embrione, così estensivamente interpretata, non lascia trapelare<br />

in nessuna delle tre risposte alcun favor nei confronti dell’attività di ricerca<br />

scientifica su cellule <strong>staminali</strong> embrionali (e dei relativi brevetti) e della tutela del-<br />

35


36 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

la salute. 9 Nonostante nel preambolo della direttiva si legga che «soprattutto nel<br />

campo dell’ingegneria genetica, la ricerca e lo sviluppo esigono una notevole quantità<br />

di investimenti ad alto rischio che soltanto una protezione giuridica adeguata<br />

può consentire di rendere redditizi» e che «una protezione efficace e armonizzata<br />

in tutti gli Stati membri è essenziale al fine di mantenere e promuovere gli investimenti<br />

nel settore della biotecnologia», la ratio decidendi della sentenza non tiene<br />

in debita considerazione il legame indissolubile tra promozione della ricerca scientifica<br />

e tutela brevettuale, tra progresso scientifico e interesse collettivo alla salute.<br />

Nelle conclusioni dell’avvocato generale Yves Bot, sulle quali la Corte fonda<br />

largamente la decisione, viene precisato che la validità della nozione autonoma di<br />

embrione umano, così ampiamente intesa e senza poter rimandare alle diverse accezioni<br />

nazionali, è riferita strettamente all’applicazione della direttiva in questione e<br />

quindi ai soli fini della determinazione di ciò che è tutelabile mediante di brevetto<br />

nell’ambito delle invenzioni biotecnologiche che presuppongono lo sfruttamento<br />

di materiale biologico di origine umana 10 . Così dicendo, l’avvocato generale fuga i<br />

dubbi circa una possibile trasposizione della definizione in altri settori che riguardano<br />

la vita umana, ad esempio l’aborto: «Non si può infatti confrontare la questione<br />

dell’eventuale utilizzazione di embrioni a fini industriali o commerciali con<br />

le normative nazionali che tentano di dare soluzioni a situazioni individuali dolorose»<br />

(§ 49). In questo caso l’avvocato generale sembra compiere un bilanciamento<br />

in favore dell’autodeterminazione e della salute della donna; a questo punto ci si<br />

potrebbe chiedere se anche per l’utilizzo delle cellule <strong>staminali</strong> embrionali a scopi di<br />

sperimentazione scientifica sia possibile, se non necessario, un diverso contemperamento,<br />

alla luce dei possibili successi clinici che il trapianto di questo tipo di cellule<br />

può realizzare per la cura di alcune malattie, certamente alleviando sofferenze dei<br />

pazienti malati. L’impasse etica, legato alla impraticabilità della distruzione di embrioni<br />

umani per isolare cellule embrionali, è già stato da tempo superato da diversi<br />

ordinamenti che, per non sacrificare il <strong>diritto</strong> alla ricerca scientifica e le aspettative<br />

nel campo medico a esso connesse, hanno adottato risposte legislative che tengono<br />

conto della pluralità delle fonti biologiche da cui derivare cellule embrionali. 11<br />

9 Sul punto cfr. P. I. D’Andrea, La Corte di Giustizia CE e la ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali<br />

(C-34/10 Olivier Brüstle c. Greenpeace eV.), in Forum di Quaderni costituzionali, 10 luglio <strong>2012</strong><br />

10 Conclusioni dell’Avvocato Generale Y. Bot, presentate il 10 marzo 2011, Causa C-34/10 - Olivier<br />

Brüstle c. Greenpeace eV., § 49, si legge: «Mi sembra anche utile precisare che la definizione giuridica<br />

che propongo si inserisce nell’ambito della direttiva tecnica esaminata e che, a mio avviso, non si<br />

potranno ricavarne conseguenze altrettanto giuridiche in altri settori che riguardano la vita umana ma<br />

che sono situati ad un livello diverso, ed, innanzitutto, al di fuori del <strong>diritto</strong> dell’Unione. È per questo<br />

che mi sembra che il riferimento fatto in udienza a sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti<br />

dell’uomo in merito all’aborto esuli per definizione dal nostro oggetto».<br />

11 Nella dimensione comparata, i paesi ‘procedure oriented’, ad esempio la Francia e la Germania,<br />

ammettono la ricerca con cellule <strong>staminali</strong> embrionali ma vietano sia la creazione di embrioni per scopi


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> embrionali: il bilanciamento possibile<br />

Stando alla definizione della Corte, si avrebbe embrione umano ogni volta<br />

che ci troviamo di fronte a cellule totipotenti qualsiasi sia il mezzo con cui esse sono<br />

state ottenute e a prescindere dal destino delle stesse. Il principio di dignità umana viene<br />

riconosciuto dal momento della fecondazione (anche all’ovulo non fecondato in<br />

cui è impiantato il nucleo di una cellula umana matura oppure indotto a dividersi e svilupparsi<br />

tramite partenogenesi), il quale non vi è dubbio che sia tale «da dare avvio al<br />

processo di sviluppo di un essere umano» (§ 35), ma la protezione dell’embrione mostra<br />

un’inammissibile rigidità proprio nella scelta di inglobare sotto un’unica categoria<br />

giuridica (‘embrione’) realtà molto differenti che il pensiero giuridico degli stati membri<br />

da tempo si era convinto a distinguere: l’embrione fecondato in vivo, l’embrione<br />

fecondato in vitro e quello ottenuto artificialmente mediante clonazione terapeutica.<br />

E’ ormai un dato noto che vi sono embrioni sovrannumerari, ottenuti con il<br />

metodo di procreazione medicalmente assistita e che non sono stati impiantati nell’utero<br />

della donna, il cui destino è quello della crioconservazione infinita o della dissoluzione<br />

inesorabile. La donazione volontaria alla <strong>scienza</strong> di tali embrioni, previo consenso<br />

informato, da parte della coppie che hanno fatto ricorso alla fecondazione in vitro,<br />

appare una strada percorribile assicurando, da un lato, un’adeguata protezione all’embrione<br />

senza ricorrere alla creazione ad hoc mediante clonazione terapeutica, dall’altro,<br />

non vanifica le essenziali possibilità offerte dalla ricerca per la medicina rigenerativa.<br />

Soluzione che pare coerente con le basi normative internazionali di riferimento:<br />

in particolare, la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina<br />

12 sembra prendere in considerazione i possibili diversi statuti giuridici degli<br />

embrioni vietando esplicitamente la creazione ad hoc per fini di ricerca scientifica,<br />

ma lasciando la più ampia discrezionalità agli stati membri nel permettere o meno la<br />

sperimentazione su quelli sovrannumerari ottenuti in vitro. Il punto debole di questa<br />

previsione normativa scolpita nell’art.18 13 risiede proprio nella sua manifesta natura<br />

di ricerca che la c.d. clonazione terapeutica. Per un tentativo di classificazione dei modelli giuridici (value<br />

oriented, procedure oriented, liberal) si veda: Simone Penasa, La questione delle cellule <strong>staminali</strong>. Il<br />

quadro giuridico, in S. Canestrari, G. Ferrando, C.M. Mazzoni, S. Rodotà, P. Zatti (a cura<br />

di), Il governo del corpo. Tomo I, Milano: Giuffrè Editore, 2011, 1109. - (Trattato di bio<strong>diritto</strong>).<br />

12 In riferimento al mancato perfezionamento della procedura di ratifica da parte dell’Italia, cfr,<br />

Carlo Casonato, Recensione di Carlo Casonato al libro di Amedeo Santosuosso, Diritto, <strong>scienza</strong>,<br />

nuove tecnologie, Cedam, 2011, in corso di pubblicazione, ove precisa: «Nonostante la legge di ratifica<br />

regolarmente approvata e promulgata già nel marzo del 2001 (n. 145) e più che la mancanza dei decreti<br />

legislativi recanti le disposizioni occorrenti per l’adattamento dell’ordinamento ai suoi principi, ciò che<br />

impedisce che l’Italia sia parte della Convenzione consiste nel mancato deposito presso il Consiglio<br />

d’Europa dello strumento di ratifica (cioè della stessa legge n. 145 del 2001). Ancora una volta, tuttavia,<br />

la giurisprudenza ha in parte colmato la carenza, questa volta dell’Esecutivo, disponendo che quel<br />

documento internazionale debba comunque “essere utilizzato nell’interpretazione di norme interne al<br />

fine di dare a queste una lettura il più possibile ad esso conforme» (Corte di Cassazione, I sez. civile, sent.<br />

n. 21748 del 16 ottobre 2007)».<br />

13 L’art. 18, rubricato “Ricerca sugli embrioni in vitro” al cap. V intitolato “Ricerca scientifica”, della<br />

37


38 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

compromissoria non idonea a fondare dei principi standard comuni per una bioetica<br />

europea nel campo della genetica con il rischio di ingenerare potenziali contrasti con<br />

l’ordinamento dell’Unione europea, 14 ed in questa vicenda sembra potersi realizzare.<br />

Ci si domanda quale sia il destino dell’orientamento fissato della Corte di<br />

giustizia, in particolare in quei paesi che da tempo hanno adottato discipline aperte<br />

alla possibilità di sperimentare sugli embrioni sovrannumerari basando le loro scelte<br />

sull’art.18 della Convenzione o addirittura chi considerando questa troppo restrittiva<br />

e non aderendovi, come l’Inghilterra e il Belgio, ha legalizzato la clonazione terapeutica,<br />

probabilmente andranno incontro ad una neutralizzazione delle normative. 15<br />

In Italia, come si dirà meglio anche più avanti, la Corte costituzionale ha già<br />

avuto modo di considerare l’interpretazione della Corte di giustizia nell’ordinanza n.<br />

196/<strong>2012</strong>, in occasione di un ricorso per verificare la legittimità costituzionale della<br />

norma che autorizza l’interruzione volontaria di gravidanza di una minorenne alla luce<br />

della nuova nozione europea di embrione. La Corte, nel motivare la manifesta inammissibilità<br />

della questione per l’assoluta primizia della libera autodeterminazione della<br />

donna sulla tutela della aspettativa di vita del nascituro, riporta le considerazioni dell’Avvocatura<br />

generale dello Stato, la quale, <strong>fra</strong> l’altro, ha invocato sorprendentemente la<br />

c.d. ‘teoria dei contro limiti’, «in base al[la] quale la “ritrazione” del <strong>diritto</strong> interno nei<br />

confronti del <strong>diritto</strong> comunitario non opera “in riferimento ai principi fondamentali<br />

del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della persona umana» 16<br />

In conclusione, sembra da accogliere la posizione di chi sostiene, in una<br />

prospettiva consapevole e dialettica nei confronti dell’inarrestabile evoluzione della<br />

<strong>scienza</strong>, che lo scenario desiderabile sia quello di un’illegittimità della direttiva per<br />

violazione del principio di proporzionalità nei confronti dell’art. 13 della Carta dei<br />

diritti fondamentali dell’Unione europea che enuncia: «Le arti e la ricerca scientifica<br />

sono libere. La libertà accademica è rispettata». D’altronde nessuna norma europea<br />

vieta esplicitamente l’utilizzo a scopo di ricerca di cellule embrionali derivate da embrioni<br />

creati in vitro, contrariamente a quanto espressamente previsto per la produzione.<br />

Nel rispetto dell’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali che vieta di fare del<br />

corpo umano e delle sue parti una fonte di lucro 17 , il test di proporzionalità prevede<br />

Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina stabilisce al primo comma «Quando la ricerca sugli<br />

embrioni in vitro è ammessa dalla legge, questa assicura una protezione adeguata all’embrione» e al<br />

secondo comma «La costituzione di embrioni umani a fini di ricerca è vietata».<br />

14Al riguardo si veda Cinzia Piciocchi, La Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la<br />

biomedicina: verso una bioetica europea?, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2001, III, 1301<br />

15 Cfr. Stéphanie Hennette-Vauchez, L’embryon de l’Union, in Revue trimestrelle de droit<br />

européen, <strong>2012</strong>, 355<br />

16 Corte costituzionale, ordinanza n. 196/<strong>2012</strong><br />

17 Carta dei diritti fondamentali dell’UE, Art. 3, Diritto all’integrità della persona, comma 1: «Ogni<br />

persona ha <strong>diritto</strong> alla propria integrità fisica e psichica». Comma 2: «Nell’ambito della medicina e della<br />

biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero e informato della persona interessata,


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> embrionali: il bilanciamento possibile<br />

che le norme restrittive, come teorizzato dal professor Bin, debbano essere precedute<br />

dalla risposta alla domanda «quanto una determinata limitazione apposta alla attività<br />

di sperimentazione incide sulla concreta possibilità di svolgere la ricerca scientifica?».<br />

3. L’ordinamento giuridico italiano<br />

La normativa italiana in materia di ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali<br />

(previsione che fu necessaria anche ai fini dell’attuazione della Convenzione<br />

di Oviedo), si è detto, si esaurisce in un divieto generalizzato sancito all’art.<br />

13 di una legge, la n. 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita,<br />

la cui matrice ideologica è passata più volte sotto la scure di tribunali e della Corte<br />

costituzionale. Gli unici divieti che, ad oggi, restano ancora in piedi sono quelli<br />

relativi all’impiego della tecnica di fecondazione eterologa e quello, appunto, della<br />

sperimentazione su embrioni 18 , legittimati dalla assiologica finalità della legge,<br />

scolpita nei principi generali del testo, di assicurare anche i diritti del concepito. 19<br />

Assunto il divieto dell’art. 13 come dato positivo di partenza, si cercherà<br />

di controllarne la fondatezza costituzionale alla luce, da un lato, del<br />

tracciato segnato a più riprese dalla Corte costituzionale volto a limitare la<br />

discrezionalità politica del legislatore a fronte di acquisizioni scientifiche e sperimentali<br />

e, dall’altro, delle tecniche di bilanciamento <strong>fra</strong> gli interessi costituzionalmente<br />

rilevanti coinvolti (e potenzialmente confliggenti). In altre parole, la<br />

secondo le modalità definite dalla legge; b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle<br />

aventi come scopo la selezione delle persone; c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in<br />

quanto tali una fonte di lucro; d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani».<br />

18 Da ultimo dichiarata illegittima dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo nella parte<br />

in cui vieta alle coppie portatrici sane di malattie geneticamente trasmissibili di ricorrere alla diagnosi<br />

preimpianto attraverso la tecnica di procreazione medicalmente assistita. A fronte di tale divieto la Corte<br />

ha rilevato un’incoerenza del sistema giuridico italiano, laddove alle stesse coppie è permesso di ricorrere<br />

all’aborto terapeutico una volta accertate anomalie fetali di origine cromosomica tramite amniocentesi<br />

(Legge 22 maggio 1978, n. 194, ‘Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria<br />

della gravidanza’, art. 6, lettera b).<br />

19 Legge 19 febbraio 2004, n. 40, ‘Norme in materia di procreazione medicalmente assistita’, art. 1<br />

(Finalità), comma 1: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità<br />

o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni<br />

e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti,<br />

compreso il concepito». Dalla lettura della legge appare evidente come, per il legislatore, i termini<br />

‘concepito’ ed ‘embrione’ siano fungibili. Sui problemi di compatibilità di tale disposizione con il<br />

contesto normativo designato dai principi fondamentali del <strong>diritto</strong> civile (in particolare quello secondo<br />

cui ‘la capacità giuridica si acquista dalla nascita’) si veda Carlo Casonato, Introduzione al bio<strong>diritto</strong>. La<br />

bioetica nel <strong>diritto</strong> costituzionale comparato, <strong>Trento</strong>, Litotipografia Alcione, 2006, 36<br />

39


40 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

domanda che percorrerà l’intera analisi è: quali sono i limiti legittimi alla sperimentazione<br />

scientifica, nella fattispecie, sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali? 20<br />

Nel nostro ordinamento il principio della libertà di ricerca scientifica trova<br />

il suo principale e specifico fondamento giuridico nella Costituzione che ne declina<br />

la protezione sotto due diversi profili. Il primo è quello proclamato all’art. 9 («La<br />

Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»),<br />

inserito tra i “valori culturali” della Repubblica, impegna i poteri pubblici a «predisporre<br />

per l’avvenire le condizioni idonee alla sua esplicazione ed al suo sviluppo» 21 ,<br />

l’altro, previsto all’art. 33 («L’arte e la <strong>scienza</strong> sono libere e libero ne è l’insegnamento»),<br />

tutela la libertà di ricerca dalle possibili censure che potrebbero colpire<br />

il contenuto della stessa, garantendo il pluralismo assoluto. Così come per i limiti<br />

opposti alla libertà di espressione 22 , la ricerca scientifica incontra delle restrizioni là<br />

dove da pensiero si trasformi in principio d’azione, in sperimentazione, «la mia assoluta<br />

libertà di fare ricerca non si può tradurre in un’altrettanto assoluta libertà di<br />

sperimentare le mie ipotesi» 23 , perchè verrebbe a collidere con altrettanti interessi<br />

di rango costituzionale quali, ad esempio, la tutela dell’ambiente, la tutela della salute<br />

dei pazienti, le ‘precauzioni’ nei confronti delle conseguenze ancora ignote degli<br />

esperimenti, la dignità delle persone e degli animali, i quali, astrattamente, assumono<br />

sempre più rilievo come controlimiti alle potenzialità illimitate del progresso scientifico.<br />

A quali condizioni, dunque, è possibile circoscrivere la libertà di ricerca che<br />

gode di un ampio ancoraggio costituzionale e, nel caso delle cellule <strong>staminali</strong> embrionali,<br />

è così intimamente connessa al <strong>diritto</strong> fondamentale alla salute? Qual è il margine<br />

di discrezionalità del legislatore e fino a che punto può ingerirsi indisturbato? 24<br />

La Corte costituzionale ha fissato un orientamento precisando quali sono<br />

i limiti della regolazione giuridica derivanti dal rispetto del <strong>diritto</strong> fondamentale<br />

alla salute che il legislatore deve tenere presente quando opera delle scelte attinenti<br />

a consentire o meno determinati trattamenti sanitari, (e quindi, sull’utilità o<br />

meno di un tipo di ricerca), e nella sentenza 282/2002 ha affermato con chiarezza:<br />

20 Per una trattazione approfondita si veda Roberto Bin, La Corte e la <strong>scienza</strong>, in Bio-tecnologie e<br />

valori costituzionali, Giappichelli editore, Torino<br />

21 Corte costituzionale, sent. 20/1978<br />

22 Secondo il professor Bin, i criteri di giudizio con cui valutare le limitazioni opposte alla libertà<br />

della ricerca vanno ricollegati a quelli della libertà di espressione. Nel sistema statunitense non sono<br />

contemplate norme costituzionali specifiche per la libertà di ricerca, questa è protetta dalla freedom of<br />

speech che subisce limitazioni quando si scontra con altri interessi rilevanti, quando da puro pensiero<br />

diventa principio di azione, così, ad esempio, non posso istigare qualcuno a suicidarsi o a compiere reati,<br />

né offendere la dignità altrui. Per una trattazione maggiormente approfondita si consulti Roberto Bin,<br />

Libertà della ricerca scientifica in campo genetico, in Alle frontiere del <strong>diritto</strong>. Scritti in onore di Valerio<br />

Onida, a cura di M. D’Amico e B. Randazzo, Milano 2011, 215 - 230<br />

23 Ibidem<br />

24 Ibidem


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> embrionali: il bilanciamento possibile<br />

«un intervento sul merito delle scelte terapeutiche in relazione alla loro appropriatezza<br />

non potrebbe nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica dello<br />

stesso legislatore, bensì dovrebbe prevedere l’elaborazione di indirizzi fondati<br />

sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali<br />

acquisite, tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali o sovranazionali - a<br />

ciò deputati, dato l’”essenziale rilievo” che, a questi fini, rivestono gli organi tecnicoscientifici…<br />

o comunque dovrebbe costituire il risultato di una siffatta verifica» 25 .<br />

Concetto ribadito nella sent. 151/2009:<br />

«Al riguardo, va segnalato che la giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente<br />

posto l’accento sui limiti che alla discrezionalità legislativa pongono le acquisizioni<br />

scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione e sulle quali si fonda l’arte<br />

medica: sicché, in materia di pratica terapeutica, la regola di fondo deve essere la<br />

autonomia e la responsabilità del medico, che, con il consenso del paziente, opera le<br />

necessarie scelte professionali».<br />

Insomma, non può essere il decisore politico a pronunciarsi nel merito della speranza<br />

che è lecito riporre nella ricerca di nuove terapie. Il legislatore, nell’annosa ricerca del<br />

punto di equilibrio <strong>fra</strong> interessi antagonisti, deve in primis fondare i propri ragionamenti<br />

sui dati forniti dalla <strong>scienza</strong> e poi domandarsi: alla protezione di quali interessi<br />

è ispirata la limitazione da introdurre? Vi è proporzione tra sacrificio richiesto e beneficio<br />

ottenuto? Vi sarebbero soluzioni meno costose?<br />

Il divieto generalizzato dell’art. 13 della legge n.40/2004 mira a tutelare<br />

l’embrione in sé e per sé, conferendogli uno status che, a prescindere da quale sia lo<br />

scopo prefissato dalla ricerca, sacrifica interamente l’interesse alla sperimentazione<br />

scientifica e agli esiti terapeutici che potrebbero conseguirne. Eppur si muove! Sostenere<br />

che l’embrione abbia la medesima dignità di una persona è questione etica,<br />

convinzione personale rispettabile ma non incontrovertibile, tantomeno imponibile<br />

a tutti. Come ha affermato un autorevole costituzionalista tedesco «la questione del<br />

momento in cui iniziare a tutelare la dignità della vita umana è una decisione valutativa<br />

e non è un problema di semplice conoscenza del <strong>diritto</strong>. La giurisprudenza non<br />

è competente a rispondere alla domanda quando inizia la vita umana (…) le scienze<br />

naturali secondo le loro conoscenze non sono in grado di rispondere alla domanda<br />

da che momento la vita umana debba essere messa sotto la tutela costituzionale». 26<br />

Insomma, né la <strong>scienza</strong> né i tribunali possono indicarci con certezza a partire da quale<br />

momento la vita umana viene ad essere ammantata dall’impalpabile e incerta nozione<br />

di dignità. Tuttavia il <strong>diritto</strong>, in ‘simbiosi’ con la <strong>scienza</strong>, non può sottrarsi alla dimensione<br />

problematica e casistica legata all’emergere di nuove aspettative e interessi che<br />

25 Corte costituzionale, sent. 282/2002<br />

26 Si tratta di Jutta Limbach, citato da Carlo Casonato, Introduzione al bio<strong>diritto</strong>. La bioetica nel<br />

<strong>diritto</strong> costituzionale comparato, <strong>Trento</strong>, Litotipografia Alcione, 2006, 32<br />

41


42 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

richiedono di essere posti sul piatto della bilancia. 27<br />

In diverse occasioni il giudice delle leggi ha fatto prevalere altri diritti fondamentali<br />

sulla dignità dell’embrione. Nella sentenza 151/2009 la Corte costituzionale<br />

ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.14 comma 2 della legge 40/2004<br />

nella parte in cui prevedeva nel procedimento di procreazione medicalmente assistita<br />

un unico e contemporaneo impianto di embrioni nell’utero, comunque non superiore<br />

a tre, con la conseguenza, in caso di fallimento, di ulteriori perniciose stimolazioni<br />

ovariche. La Corte, aprendo la strada alla creazione di embrioni sovrannumerari, ha<br />

accolto il bilanciamento indicato dal giudice a quo inteso ad asserire la prevalenza del<br />

<strong>diritto</strong> alla salute dell’essere persona (della donna) rispetto a ciò che “ancora persona<br />

non è”. 28<br />

In un’altra ordinanza, già citata, la n. 196/<strong>2012</strong> riguardante la legittimità<br />

costituzionale della norma che prevede l’interruzione volontaria di gravidanza delle<br />

minori alla luce della recente nozione di embrione della Corte di giustizia dell’UE,<br />

la Corte costituzionale ha precisato che tale definizione non solo è applicabile ai soli<br />

specifici casi della individuazione di che cosa costituisca invenzione biotecnologia ai<br />

sensi della direttiva europea, ma che comunque, considerata la fondamentale importanza<br />

che il nostro ordinamento accorda all’autodeterminazione e alla tutela della<br />

salute della donna, non sarebbe possibile far operare il principio di primazìa del <strong>diritto</strong><br />

europeo. Viene, dunque, confermata la supremazia del <strong>diritto</strong> inalienabile della<br />

donna (anche minorenne) ad interrompere volontariamente la gravidanza sulla tutela<br />

dell’aspettativa di vita del nascituro.<br />

Anche quest’ultima decisione lascia aperta la questione su quali siano i diritti<br />

fondamentali che di volta in volta, nei bilanciamenti, non possono essere erosi<br />

(addirittura neanche dal <strong>diritto</strong> sovranazionale). Il <strong>diritto</strong> alla ricerca, inteso come<br />

27 Sul rapporto <strong>fra</strong> <strong>diritto</strong> e <strong>scienza</strong> in questo senso si legga Diego Quaglioni, Riflessioni in margine,<br />

in Carlo Casonato, Cinzia Piciocchi, Paolo Veronesi (a cura di), Forum BioDiritto 2008.<br />

Percorsi a confronto. Inizio vita, fine vita e altri problemi, Padova, Cedam, 2008, 132. «Il problema del<br />

giurista alle prese col problema della disciplina dell’attività scientifica nel campo della vita, è quello di<br />

far capire che se ne occupa in un modo diverso da quello semplicemente sanzionatorio, o repressivo<br />

(…). Sul giurista pesa infatti il sospetto di essere il tecnico, il facitore di orpelli ad un sistema di regole,<br />

con quale il legislatore tenta di disciplinare autoritariamente, e secondo direzioni ideologiche incerte,<br />

un ‘attività potenzialmente, se non attualmente sovvertitrice di un ordine morale. Il realtà il problema<br />

di cui il giurista si occupa è molto più serio. È il problema della concorrenza del <strong>diritto</strong> e le scienze della<br />

natura nella costruzione del mondo morale del nostro tempo. SI tratta della cooperazione del <strong>diritto</strong><br />

alla costruzione di una nuova dimensione delle scienze, e viceversa: si tratta appunto di dialogo, di<br />

relazione».<br />

28 Corte costituzionale, sent. 151/2009: «Di qui la lesione dell’art. 32, primo comma, Cost., sotto<br />

il profilo del <strong>diritto</strong> della salute della donna, pur nel bilanciamento con quella dell’embrione richiesto<br />

dall’art. 1 della legge n. 40 del 2004, atteso che, al di là della definizione giuridica del concetto di<br />

concepito, deve ritenersi, ad avviso del giudice a quo, la prevalenza del <strong>diritto</strong> alla salute dell’essere<br />

persona rispetto a ciò che ancora persona non è».


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> embrionali: il bilanciamento possibile<br />

aspettativa nei confronti dei risultati della <strong>scienza</strong> e quindi di nuove possibili terapie<br />

per il malato, può essere direttamente azionabile? E da chi? Il professor Bin ha così<br />

inteso risolvere la questione:<br />

«È chiaro che sarebbe assai arduo cercare di fondare in costituzione il riconoscimento<br />

diretto di un <strong>diritto</strong> soggettivo, direttamente azionabile, alla ricerca scientifica e al godimento<br />

dei suoi risultati. Ma non è in questi termini che intendo impostare il tema.<br />

La questione è se il soggetto, affetto da una malattia che può essere curata esclusivamente<br />

attraverso trattamenti basati sulla genetica, possa agire a tutela del suo <strong>diritto</strong><br />

alla salute invocando la rimozione di quelle limitazioni alla ricerca e alla sperimentazione<br />

scientifica che gli tolgono quelle “aspettative comprese nel contenuto minimo<br />

del <strong>diritto</strong> alla salute” a cui fa accenno la Corte nel caso ‘Di Bella’». 29<br />

Sperimentare su embrioni sovrannumerari non più utilizzabili, destinati alla<br />

morte certa o al congelamento per saecula saeculorum, significherebbe concedere una<br />

possibilità alla ricerca (anche nella consapevolezza di eventuali esiti deludenti), non<br />

all’insegna di una chimerica “medicina dei desideri”, ma per soddisfare le legittime<br />

aspettative dei pazienti che sperano negli annunciati progressi della <strong>scienza</strong> per alleviare<br />

i loro mali, e il mercato della speranza, in fatto di salute almeno, è inesauribile.<br />

Che l’embrione sia oppure no “uno di noi”.<br />

4. Conclusioni<br />

43<br />

«La natura umana, principio guida<br />

nella cultura antica e medievale, è<br />

diventata nella nostra una questione<br />

aperta e un progetto. Le scoperte più<br />

importanti aprono nuove direzioni di<br />

ricerca e nuove attività culturali,<br />

filosofiche e scientifiche». 30<br />

Nella breve ricostruzione delle diverse e spesso disarmoniche situazioni legi-<br />

29 Cfr. Roberto Bin, Libertà della ricerca scientifica in campo genetico, op. cit.,13<br />

Nel noto caso “Di Bella” la Corte si è espressa positivamente sulla questione se il <strong>diritto</strong> alla salute<br />

può estendersi sino a legittimare la pretesa del malato a godere dei risultati della ricerca scientifica,<br />

“considerato che dalla disciplina della sperimentazione, così prevista, scaturiscono indubbiamente<br />

aspettative comprese nel contenuto minimo del <strong>diritto</strong> alla salute”.<br />

30 David Roy, Orientamenti e tendenze della bioetica nel ventennio 1970-1990, in C. Viafora (a cura<br />

di), Vent’anni di bioetica, Fondazione Lanza, Libreria Gregoriana Editrice, Padova-Roma, 1990, p. 97


44 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

slative in materia di ricerca su cellule <strong>staminali</strong> embrionali, emergono tutte le problematiche<br />

connesse alla necessità di trovare risposte normative chiare e condivise, non<br />

solo nell’ambito della medicina rigenerativa, ma più in generale, in tutti quei settori<br />

che vedono protagonisti momenti della vita umana incisi e trasformati dalla rivoluzione<br />

biotecnologica.<br />

Il bio<strong>diritto</strong>, come si è detto sin dall’inizio, rivela con veemenza la natura del<br />

<strong>diritto</strong> come fenomeno tutto in divenire, obbligato a mutare le sue categorie tradizionali<br />

in un incessante dialogo con la <strong>scienza</strong> e la bioetica, aperto a inediti margini di<br />

libertà e autodeterminazione individuali. Sempre di più, dunque, l’attività di ‘trovare’<br />

nuovi diritti attraverso delicati bilanciamenti di interessi, si impone in una cornice di<br />

principi che per essere interrogati richiedono un atteggiamento responsabile e critico<br />

nei confronti dell’universo di possibilità che la <strong>scienza</strong> ci spalanca e poi ci lascia soli<br />

nel decidere. La sfida lanciata dallo sviluppo della biologia delle cellule <strong>staminali</strong> ci<br />

costringe a indagare le nozioni di vita, esistenza, persona, embrione, con uno sguardo<br />

il più possibile libero da equivoci e fondamentalismi culturali e politici. Nel settore<br />

della medicina rigenerativa le aspettative da parte della comunità scientifica sono<br />

molto alte: bisogna astenersi dalla tentazione di considerare le potenzialità positive<br />

delle cellule <strong>staminali</strong> come la pietra filosofale della medicina, poiché nel campo delle<br />

<strong>staminali</strong> embrionali la sperimentazione è solo agli albori, tuttavia, rappresentano per<br />

molte patologie la speranza di una cura, e tale aspettativa, se ancora non può essere<br />

rivendicata come un <strong>diritto</strong> (collettivo) alla ricerca, può ben misurarsi con la dignità<br />

di un embrione congelato.<br />

Non vi è dubbio, peraltro, che le scelte bioetiche devono prendere forma<br />

attraverso le vie procedurali che connotano la nostra identità costituzionale, volte<br />

alla garanzia di un pluralismo istituzionale e sociale. Il metodo della comparazione,<br />

l’analisi dei diversi formanti giuridici, il riferimento a tutti i livelli normativi (internazionale,<br />

europeo, interno) sono gli ineludibili strumenti metodologici del giurista<br />

contemporaneo, ma il legislatore al quale, come si è visto, è demandato l’oneroso dovere<br />

del bilanciamento, nel rispetto formale dei procedimenti legislativi deve tener<br />

conto che il bio<strong>diritto</strong> non può che trovare la sua legittimazione nell’apertura e nella<br />

partecipazione, in altre parole, il bilanciamento possibile non è quello risolto dalle<br />

sole convinzioni della maggioranza politica di turno. 31<br />

Di tutto ciò è convinta una delle fonti internazionali di riferimento per il<br />

bio<strong>diritto</strong>, la Convenzione di Oviedo, che all’art. 28, rubricato ‘Dibattito pubblico’,<br />

sancisce quanto segue:<br />

«Le Parti di cui alla presente Convenzione vigilano a che le domande fondamentali poste dallo sviluppo della<br />

biologia e della medicina siano oggetto di un dibattito pubblico appropriato alla luce, in particolare, delle<br />

implicazioni mediche, sociali, economiche, etiche e giuridiche pertinenti, e che le loro possibili applicazioni<br />

siano oggetto di consultazioni appropriate».<br />

31 Cfr. Carlo Casonato, Bio<strong>diritto</strong> e pluralismo nello stato costituzionale, op. cit., p.11


la libertà di ricerca scientifica su cellule <strong>staminali</strong><br />

embrionali in italia ed il ruolo della legge n° 40/2004<br />

giulia finco gambier e <strong>fra</strong>ncesca <strong>fra</strong>ncine zani<br />

sommario: 1. Introduzione - 2. La ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali - 3.<br />

Normativa e dibattito in Italia inerenti all’impiego delle cellule embrionali umane - 4.<br />

La Chiesa Cattolica e la tutela dell’embrione - 5. Analisi legge 40/2004<br />

1.Introduzione<br />

Come è noto la ricerca scientifica sulle cellule <strong>staminali</strong> rappresenta<br />

un’importante opportunità di scoprire soluzioni valide per la cura di patologie molto<br />

gravi e degenerative per le quali, attualmente, non sono ancora stati trovati rimedi<br />

terapeutici efficaci.<br />

Tuttavia l’analisi sulla regolamentazione giuridica dell’utilizzo delle cellule<br />

<strong>staminali</strong> embrionali ai fini della ricerca solleva non poche critiche di natura etica, ed<br />

in ogni Paese scientificamente e tecnologicamente avanzato i dibattiti, concernenti la<br />

liceità dell’utilizzo di embrioni a fini sperimentali, sono ancora accesi.<br />

Anche in Italia da anni si discute sull’argomento. Il dibattito non si è ancora<br />

chiuso ma per il momento la posizione assunta dallo Stato è fortemente restrittiva nei<br />

confronti della libertà di ricerca su questo tipo di cellule. Come vedremo in seguito,<br />

infatti, più volte sono stati negati finanziamenti con fondi pubblici allo studio sulle<br />

<strong>staminali</strong> embrionali. Inoltre, nel 2004, è stata emanata una legge sulla procreazione<br />

medicalmente assistita che vieta la sperimentazione e la crioconservazione degli<br />

embrioni.<br />

Non essendoci quindi una disciplina organica in materia, ci si è posti la<br />

domanda sulla possibilità di fare ricerca sulle linee cellulari di embrioni importate<br />

dall’estero. Il legislatore non ha ancora dato risposta ma nella prassi viene liberamente<br />

fatta sperimentazione su embrioni stranieri: infatti, citando una lettera di Amedeo<br />

Santosuosso, la norma per la quale si più fare ricerca sulle cellule embrionali importate,<br />

è l’assenza di una norma che lo vieti esplicitamente e legittimamente 1 .<br />

1 Lettera ai ricercatori di Amedeo Santosuosso disponibile sul sito web http://www.unipv-lawtech.<br />

eu/lettera-ai-ricercatori.html<br />

45


46 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

2. La ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali<br />

La ricerca sulle cellule <strong>staminali</strong> embrionali compì i suoi primi passi già nel<br />

1981 attraverso l’estrazione di cellule <strong>staminali</strong> da embrioni di topi e successivamente<br />

di altri animali: due scienziati statunitensi, attraverso la loro analisi e sperimentazione,<br />

ottennero importanti risultati pratici, come la creazione di animali transgenici per<br />

lo studio di malattie tumorali purtroppo sempre più diffuse nel mondo e malattie<br />

neurologiche, come il morbo di Parkinson. 2<br />

In campo umano, la ricerca e la sperimentazione impiegava cellule <strong>staminali</strong><br />

fetali, ossia estratte da feti provenienti da interruzioni di gravidanza, su cellule <strong>staminali</strong><br />

adulte, come quelle ematopoietiche estratte dal midollo osseo di una persona adulta,<br />

ed infine su quelle derivanti dal cordone ombelicale.<br />

Solo nel novembre del 1998 un gruppo di ricerca dell’Università del<br />

Wisconsin guidata da James Thompson ebbe successo nell’isolare e coltivare in vitro<br />

cellule <strong>staminali</strong> dall’embrione umano 3 : la notizia è apparsa dapprima sulle pagine<br />

delle riviste specialistiche, come la prestigiosa Science 4 , che sottolineavano in maniera<br />

particolare l’importanza della scoperta scientifica, dei benefici che ne sarebbero<br />

scaturiti e di cui l’umanità intera avrebbe potuto giovarsi con l’approfondimento e<br />

l’affinamento delle tecniche di analisi e di sperimentazione.<br />

La notizia finì inevitabilmente sui periodici che non si occupavano<br />

specificatamente di biotecnologie, di embriologia ed in generale di <strong>scienza</strong>, riviste<br />

quindi alla portata di una più ampia fetta di lettori, per finire sulle pagine dei<br />

quotidiani ed in televisione, da cui seguirono dibattiti soprattutto di natura etica<br />

e sociale, proprio perché la portata rivoluzionaria medico-scientifica della scoperta<br />

coinvolse anche ambiti non riservati solamente alla <strong>scienza</strong>, ma campi in cui pure la<br />

filosofia ed in particolar modo la bioetica, avevano il dovere ed il <strong>diritto</strong> di partecipare<br />

e di dare il loro contributo all’informazione e alla formazione dell’opinione pubblica.<br />

2 D. Neri, La bioetica in laboratorio. <strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong>, clonazione e salute umana, Bari, 2005, pag 40<br />

e ss.<br />

3 D. Neri, La bioetica in laboratorio. <strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong>, clonazione e salute umana, Bari, 2005 paag 41<br />

e ss.<br />

4 Articolo della rivista scientifica pubblicata dall'American Association for the Advancement of<br />

Science, rivista che nel 1999 assegna alla scoperta il titolo di Breakthrough of the year “Embryonic Stem<br />

Cell Lines Derived from Human Blastocysts” http://www.sciencemag.org/content/282/5391/ 1145.<br />

full Breakthrough of the year http://www.sciencemag.org/content/286/5448/2238


il ruolo della legge n° 40/2004<br />

3. Normativa e dibattito in Italia inerenti all’impiego delle cellule embrionali<br />

umane<br />

La nostra Carta Costituzionale promuove la ricerca scientifica e tecnica 5 ,<br />

sancendo oltretutto la libertà della <strong>scienza</strong> e la libertà del suo insegnamento 6 . Le<br />

norme di legge ordinaria che regolano la libertà di ricerca scientifica sulle cellule<br />

<strong>staminali</strong> embrionali umane si ricavano dalla legge n° 40 del 2004 che provvide a<br />

colmare un vuoto normativo disciplinando tecniche di procreazione medicalmente<br />

assistita ormai già da tempo consolidate e praticate da numerosi centri clinici privati<br />

sorti sul territorio italiano.<br />

In realtà, la prima proposta di legge riguardante la disciplina della procreazione<br />

medicalmente assistita fu presentata già negli anni ‘60 7 , ma ciò nonostante in Italia la<br />

questione sull’utilizzo delle cellule <strong>staminali</strong> non ricevette grande interesse da parte<br />

dell’opinione pubblica e dei mass media fino agli anni ‘80, periodo in cui dilagò in<br />

tutto il mondo la notizia della nascita di Louise Brown, la prima persona al mondo<br />

concepita in provetta attraverso la tecnica di fertilizzazione in vitro (FIVET) 8 .<br />

A livello parlamentare i lavori s’incrementarono ed un’ulteriore proposta<br />

venne presentata nel 1985 dalla Commissione nominata dal Governo e presieduta dal<br />

magistrato Fernando Santosuosso: la proposta di legge non ebbe seguito ma a livello<br />

sanitario venne successivamente emanata una Circolare volta a regolare le tecniche<br />

di procreazione assistita nelle strutture sanitarie pubbliche e private ed a prescrivere<br />

cautele igienico-sanitarie.<br />

Come già detto, il momento fondamentale che diede vita ad un dibattito più<br />

intenso fu la scoperta che avvenne nell’anno 1998 ad opera di un gruppo di ricerca<br />

americano: per la prima volta in tutto il mondo gli scienziati dell’Università del<br />

Wisconsin furono in grado di ricavare cellule <strong>staminali</strong> da embrioni umani.<br />

Uno dei primi articoli dedicati alla questione fu quello di Norman Ford,<br />

rettore e docente di bioetica del collegio salesiano di Brusnswick (Australia), che<br />

sul primo numero del 2000 della rivista Bioetica. Rivista Interdisciplinare 9 (rivista<br />

espressamente dedicata alla bioetica in Italia) richiamò l’attenzione sui problemi<br />

etici ed in maniera particolare sulla questione dell’identità dell’embrione, ponendo<br />

5 Comma 1 dell' art. 9 Cost.<br />

6 Comma 1 dell' art. 33 Cost.<br />

7 Sito web dedicato allla procreazione medicalmente assistita http://www.pmaonline.altervista.org/<br />

legislazioneita.html<br />

8 V. Franco, Bioetica e procreazione assistita. Le politiche della vita tra la libertà e la responsabilità,<br />

Roma, 2005, pag 5 e ss.<br />

9 Articolo di Norman Ford Tutte le cellule embrionali isolate sono embrioni? del primo numero del<br />

2000 della rivista Bioetica. Rivista Interdisciplinare. Indice del fascicolo sul sito web della rivista http://<br />

www.consultadibioetica.org/media/docs/downloads/79-2.pdf<br />

47


48 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

l’interrogativo se fosse da considerarsi una persona, ossia se allo stadio embrionale si<br />

potesse ritenere che lo scienziato abbia a che fare con un individuo umano e quindi<br />

soggetto di <strong>diritto</strong>, oppure soltanto con un agglomerato di cellule che nella fase<br />

iniziale di totipotenza (cioè con linea di sviluppo non definita) non può ancora essere<br />

reputato un essere umano.<br />

Nell’aprile del 2000 il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB, comitato<br />

istituito con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1990 che svolge<br />

funzioni consultive) decise di affrontare la questione 10 .<br />

Oltre al CNB nell’agosto del 2000 l’allora ministro della Salute Umberto<br />

Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e presidente<br />

del comitato scientifico della Fondazione Italia USA, istituì un’apposita commissione<br />

composta da 25 membri e presieduta dal premio Nobel Renato Dulbecco, incaricato<br />

di occuparsi anch’egli della questione sul destino degli embrioni soprannumerari, cioè<br />

di quegli embrioni che non vengono impiantati 11 .<br />

Sia nel parere del CNB che nella relazione Dulbecco risultarono<br />

differenti opinioni rispetto al tema dell’identità dell’embrione ma si scorse nella<br />

maggioranza di entrambe la posizione di apertura e di compromesso secondo la<br />

quale la sperimentazione su embrioni soprannumerari è reputata lecita nel caso in cui<br />

l’alternativa sia il deterioramento progressivo degli embrioni stessi.<br />

Posizione che risultò in netto contrasto con quella della Chiesa cattolica. Per<br />

mettere in ombra le opinioni espresse dal CNB e dalla Commissione Dulbecco 12 , il<br />

Parlamento approvò un emendamento alla legge finanziaria del 2001 13 che stanziava<br />

cinque miliardi per la ricerca su cellule <strong>staminali</strong> adulte e da cordone ombelicale,<br />

escludendo quindi quelle di tipo embrionale. Inoltre, anche più tardi, nel 2009, il<br />

Governo seguì la stessa linea emanando, insieme a Province e Regioni, un bando in cui<br />

si escludeva dal finanziamento dei progetti scientifici sulle cellule <strong>staminali</strong> la ricerca su<br />

quelle embrionali di origine umana 14 . Contro questa decisione sono stati proposti due<br />

ricorsi da parte di due ricercatrici per ottenere l’annullamento del provvedimento: il<br />

primo al TAR Lazio, il quale ha respinto l’istanza, il secondo, in appello, al Consiglio<br />

10 Parere del Comitato nazionale per la bioetica sull'impiego terapeutico delle cellule <strong>staminali</strong> del<br />

2000 reperibile sul sito web ufficiale del CNB http://www.governo.it/bioetica/pdf/43.pdf<br />

11 Relazione della Commissione Dulbecco del 2000 reperibile sul sito web dell' Istituto Italiano di<br />

Bioetica http://www.istitutobioetica.org/documenti/biotecnologie/relazione_dulbecco.htm<br />

12 D. Neri, La bioetica in laboratorio. <strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong>, clonazione e salute umana, Bari, 2005, pag 156<br />

e ss., cfr.<br />

13 Legge del 23 dicembre 2000, n. 388 disponibile sul sito web del Parlamento Italiano http://www.<br />

camera.it/parlam/leggi/00388l.htm<br />

14 Programma per la Ricerca Sanitaria 2008: attività di Ricerca sulle <strong>Cellule</strong> Staminali disponibile sul<br />

sito web http://www.salute.gov.it/bandi/dettaglio.jsp?id=57


il ruolo della legge n° 40/2004<br />

di Stato che a suo volta ha rigettato la questione. 15<br />

Attraverso questo percorso si è giunti infine alla promulgazione della legge<br />

n° 40 del 2004 nella quale si rispecchia la posizione di resistenza alla libertà di ricerca<br />

scientifica nell’ambito delle cellule <strong>staminali</strong> embrionali.<br />

4. La Chiesa Cattolica e la tutela dell’embrione<br />

Malgrado ci siano teologi, come il sopracitato Norman Ford 16 , che<br />

condividono la liceità della ricerca su cellule <strong>staminali</strong> derivanti da embrioni umani,<br />

la Chiesa cattolica ribadisce da anni l’intangibilità dell’embrione umano, considerato<br />

come persona e come tale titolare degli stessi diritti di un individuo adulto, diritti<br />

fondamentali tra i quali prevale ovviamente quello alla vita. Seguendo questa teoria,<br />

Papa Giovanni Paolo II, poco prima che venisse approvata la proposta di legge sulla<br />

procreazione medicalmente assistita, in un discorso ai membri del Movimento Italiano<br />

per la Vita, disse che all’interno della futura legge fosse necessaria la più ampia tutela<br />

della vita nascente, ovvero anche degli gli embrioni in soprannumero onde evitare che<br />

vengano sottoposti a sperimentazione distruttiva, e per scongiurare la prospettiva che<br />

questi siano destinati alla morte con decisione premeditata. 17<br />

La contrarietà della Chiesa alla sperimentazione sulle cellule embrionali<br />

evidente anche nella Dichiarazione sulla produzione e sull’uso scientifico e terapeutico<br />

delle cellule <strong>staminali</strong> embrionali umane diffusa dall’Accademia Pontificia Pro Vita<br />

nella cui parte conclusiva di legge che "Il dato, ormai accertato, della possibilità di<br />

utilizzare cellule <strong>staminali</strong> adulte per raggiungere le stesse finalità che si intenderebbe<br />

raggiungere con le cellule <strong>staminali</strong> embrionali - anche se si richiedono molti ulteriori<br />

passi prima di vederne chiari e definitivi risultati - indica questa come la via più<br />

ragionevole e umana da percorrere per un corretto e valido progresso in questo nuovo<br />

campo che si apre alla ricerca e alle promettenti applicazioni terapeutiche. Queste<br />

rappresentano, senza dubbio, una grande speranza per una notevole parte di persone<br />

sofferenti" 18 .<br />

15 Ricorso e sentenze disponobili al sito web http://www.unipv-lawtech.eu/il-non-finanziamentodella-ricerca-che-utilizzi-cellulle-<strong>staminali</strong>-embrionali-di-origine-umana.html<br />

16 N. Ford, Quando comincio io? Il concepimento nella storia, nella filosofia, nella <strong>scienza</strong>., Milano,<br />

1997<br />

17 Discorso di Papa Giovanni Paolo II nel maggio del 2003 ai membri del Movimento Italiano Per la<br />

Vita disponibile sul sito web ufficiale del Vaticano, cit. par. 4 http://www.vatican.va/holy_father/john_<br />

paul_ii/speeches/2003/may/documents/hf_jp-ii_spe_20030522_movimento-vita_it.html<br />

18 Dichiarazione sulla produzione e sull’uso scientifico e terapeutico delle cellule <strong>staminali</strong> embrionali<br />

49


50 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

Padre Angelo Serra, uno dei più importanti genetisti cattolici italiani,<br />

docente presso la facoltà di Medicina dell’università Cattolica di Roma dove ha<br />

fondato e diretto l’istituto di Genetica Umana, era il primo a sostenere che esistesse<br />

uno sviluppo organico unitario, continuato e coordinato dell’essere umano che parte<br />

dal concepimento per giungere all’et matura e alla vecchiaia: l’embrione dunque una<br />

sola tappa di un unico processo di crescita di colui che già persona umana sin dal<br />

momento della fecondazione 19 .<br />

5. Analisi legge 40/2004:<br />

Come già sopraddetto, in Italia manca una disciplina ad hoc sulle cellule<br />

<strong>staminali</strong> embrionali. Esiste però una legge, la L 40/2004 sulla procreazione<br />

medicalmente assistita, che pone una serie di divieti per quanto riguarda l’utilizzo<br />

degli embrioni. Divieti mal argomentati che, come vedremo in seguito, lasciano<br />

irrisolte moltissime questioni. Il legislatore ha infatti voluto essere cauto nel trattare la<br />

materia preferendo tacere ed eludere i problemi, piuttosto che affrontarli.<br />

Il primo divieto, posto dall’articolo 13 della detta legge afferma che “ è vietata<br />

qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano”. Il rispetto di tale norma è<br />

incentivato dalla sanzione prevista dal comma 4 che commina la reclusione da due<br />

a sei anni e la multa da 50.000 a 150.000 euro per chi viola gli obblighi del primo<br />

comma.<br />

Esso mira a tutelare la vita dell’embrione, ma sembra non tener conto dell’attuale<br />

stato dell’ordinamento che consente l’aborto. Infatti la legge 174 del 78 ammette in<br />

maniera pressochè libera di abortire nei primi novanta giorni di gravidanza. La donna<br />

infatti potrà decidere di abortire non solo per motivi di salute, ma anche per le sue<br />

condizioni sociali o familiari o economiche. La vita dell’embrione dunque ottiene<br />

una tutela assai minore rispetto al <strong>diritto</strong> di autodeterminazione della donna. 20<br />

Emerge dunque la contraddittorietà del divieto assoluto di sperimentazione sugli<br />

embrioni umani, dal momento che da un lato si ammette la possibilità per la madre<br />

di interrompere volontariamente la gravidanza e dall’altra si nega la possibilità di<br />

utilizzare embrioni che altrimenti sarebbero destinati alla distruzione per finalità<br />

sociali, quali la sperimentazione. Le cellule <strong>staminali</strong> infatti, essendo pluripotenti<br />

umane della Pontificia Accademia Per la Vita disponibile sul sito web ufficiale del Vaticano, cit. parte<br />

conclusiva<br />

19 A. Serra, L'uomo embrione. Questo misconosciuto, Siena, 2003<br />

20 Pasquale Stanzione e Giovanni Sciancalepore, “Procreazione assistita”, commento alla<br />

legge 19 febbraio 2004, n.40, Milano 2004, cfr.


il ruolo della legge n° 40/2004<br />

(ovvero avendo la possibilità di trasformarsi in tessuti di diverso tipo) potrebbero<br />

essere utilizzate per curare gravi malattie come ad esempio i tumori, il diabete, le<br />

leucemie, le immunodeficienze, ecc.<br />

E' poi lasciata in sospeso la questione degli embrioni orfani, ovvero nel caso<br />

di morte dei genitori prima del trapianto nell’utero della madre oppure nel caso<br />

in cui la donna revochi il consenso al trapianto. Infatti, nonostante la citata legge<br />

preveda la revoca del consenso fino al momento della fecondazione, nulla vieta<br />

alla madre di revocarlo anche in un momento successivo. La gravidanza non potrà<br />

esserle imposta, visto il divieto di trattamenti sanitari obbligatori sancito dal secondo<br />

comma dell’articolo 32 della nostra Costituzione 21 . Le linee guida della L 40/2004<br />

prevedevano che gli embrioni definiti in stato di abbandono fossero crioconservati<br />

in maniera centralizzata con oneri a carico dello stato. Nell’agosto 2004 è stato a<br />

proposito firmato un decreto dall’allora Ministro Sirchia, che istituiva nell'ospedale<br />

Maggiore di Milano una Biobanca Nazionale ove sarebbe stato attivato un centro di<br />

crioconservazione degli embrioni in stato di abbandono. 22 Questa banca però, non è<br />

mai entrata in funzione. Resta dunque dubbio il destino di questi embrioni.<br />

Unica deroga al divieto di questa sperimentazione è data dal comma 2<br />

dello stesso articolo, il quale permette la ricerca sugli embrioni soltanto quando si<br />

perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche dirette alla tutela della<br />

salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie<br />

alternative. 23 Quest’ articolo dunque, non vieta totalmente la sperimentazione, ma la<br />

ingabbia entro limiti ben determinati, punendo con sanzioni il superamento degli<br />

stessi.<br />

Altri divieti sono posti dall’art 14 della legge, oggi parzialmente modificato<br />

dalla sentenza 151/2009.<br />

Esso al primo comma recita “È vietata la crioconservazione e la soppressione<br />

di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.”<br />

Divieto che pone lo stesso problema dell’articolo 13, ovvero il destino degli embrioni<br />

non impiantati: essi non potendo né essere crioconservati, né distrutti né sottoposti a<br />

sperimentazione, verranno probabilmente lasciati morire.<br />

Al secondo comma invece, prima dell’intervento della Corte, si affermava<br />

che non doveva essere creato un numero di embrioni superiore a quello strettamente<br />

necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a<br />

21 Art 32, comma 2, Costituzione della Repubblica Italiana : “ Nessuno può essere obbligato ad un<br />

determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso<br />

violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”<br />

22 cfr Decreto 4 agosto 2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita” del Ministro<br />

Girolamo Sirchia, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 200 del 26 agosto 2004.<br />

23 Pasquale Stanzione E Giovanni Sciancalepore, “Procreazione assistita”, commento alla<br />

legge 19 febbraio 2004, n.40, Milano 2004, cit. p 221.<br />

51


52 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

tre. Questo comma mirava ovviamente ad evitare la produzione di embrioni in<br />

sovrannumero. Nel tutelare per la vita degli embrioni, cozzava contro il <strong>diritto</strong><br />

alla salute della donna sancito dall’articolo 32 della nostra costituzione. Infatti<br />

prima che un embrione attecchisca all’utero sono necessari vari tentativi dunque la<br />

donna avrebbe dovuto essere sottoposta a più cicli di stimolazioni ormonali con le<br />

conseguenza che ne sarebbero derivate sia fisiche che psicologiche. Si è calcolato<br />

infatti che, in media, con tale soluzione normativa si sono triplicati i cicli di<br />

fecondazione medicalmente assistita e con essi anche i rischi ed i disagi consistenti<br />

nella sindrome da iperstimolazione ovarica oppure nei rischi chirurgici 24 . Esso,<br />

inoltre, nel prevedere la creazione di un numero di embrioni non superiore a tre, in<br />

assenza di ogni considerazione delle condizioni soggettive della donna che di volta<br />

in volta si sottopone alla procedura di pma, si poneva in contrasto con l’art 3 della<br />

Costituzione, il principio di eguaglianza, in quanto il legislatore riservava lo stesso<br />

trattamento a situazioni dissimili 25 . Altro problema dato dal divieto di riduzione<br />

embrionaria sancito dal comma 4 del citato articolo. Infatti, "l'unico e contemporaneo<br />

impianto" di tutti e tre gli embrioni, portava a tutta una serie di rischi legati alle<br />

gravidanze plurime. Gravidanze che possono causare seri problemi sia per la madre<br />

sia per i gemelli (nascite premature, complicazioni prima o dopo il parto, nascita di<br />

neonati gravemente sottopeso).<br />

Le questioni irrisolte poste da tale legge portarono alla proposta di un<br />

referendum un anno dopo, nel 2005. Inizialmente esso si componeva di cinque<br />

quesiti, uno per l’abrogazione totale e gli altri per l’abrogazione parziale. La Corte<br />

Costituzionale non ammise l’abrogazione totale, affermando che la richiesta<br />

di sottoporre a referendum l’intera legge 40/2004 coinvolgeva una disciplina<br />

costituzionalmente necessaria 26 . Non si poteva dunque lasciare un vuoto normativo<br />

in materia perchè la non sussistenza di quella disciplina, avrebbe provocato una<br />

lesione di disposizioni costituzionali. Esso dunque, si compose di quattro quesiti<br />

che modificarono solo parzialmente la legge, andandone a toccare i punti più<br />

critici. Il primo proponeva di rimuovere i limiti alla ricerca clinica e sperimentale<br />

sugli embrioni, il secondo invece voleva abrogare i limiti posti dalla legge 40, in base<br />

ai quali possono essere creati al massimo tre embrioni, il terzo mirava a sancire la<br />

differenza tra diritti dell’embrione ed i diritti di una persona vivente ed il quarto a<br />

concedere il ricorso alla donazione di embrioni per coppie sterili. Ricorso che non<br />

concesso dalla legge del 2004. La vittoria fu dell’estensionismo: alle urne si recò solo<br />

il 25,9% degli italiani. Motivi di questa scarsa affluenza al voto furono da un lato la<br />

24 PASQUALE STANZIONE e GIOVANNI SCIANCALEPORE, “Procreazione assistita”,<br />

commento alla legge 19 febbraio 2004, n.40, Milano 2004, cit. p 221.<br />

25 CARLO CASONATO, “Introduzione al bio<strong>diritto</strong>”, Torino, p 230.<br />

26 Cfr sentenza 45/2005 della Corte Costituzionale.


il ruolo della legge n° 40/2004<br />

quasi totale mancanza di informazione e dall’altro la campagna pro-astensionismo<br />

sostenuta dalla Chiesa Cattolica. In particolare dal Cardinal Camillo Ruini, all’epoca<br />

presidente della Cei (conferenza episcopale italiana) il quale affermò che la legge non<br />

aveva bisogno di alcuna modifica poichè pur non corrispondendo all’insegnamento<br />

etico della Chiesa salvaguarda principi e criteri essenziali. Sostenne dunque, a nome<br />

della Chiesa, l’estensione al voto definendola non una scelta di disimpegno ma un<br />

modo di opporsi nella maniera più forte ed efficace ai contenuti dei referendum e<br />

alla stessa applicazione dello strumento referendario in materie di tale complessità. 27<br />

Di parere contrario fu invece la FCEI (federazione delle chiese evangeliche italiane)<br />

che schierandosi a favore del referendum affermò essere eticamente inaccettabile<br />

la completa subordinazione delle aspettative delle persona ad astratti diritti di un<br />

organismo vitale che persona non è. L' opinione pubblica italiana dunque, fortemente<br />

influenzata dalla chiesa cattolica e mal informata, non si pronunciò sulla legge del<br />

2004. Il cardinal Camillo Ruini definì questa vittoria dell’estensionismo come la<br />

maturità del popolo italiano che si è rifiutato di pronunciarsi su quesiti tecnici e<br />

complessi, che ama la vita e diffida di una <strong>scienza</strong> che pretende di manipolare la vita.<br />

La legge dunque rimase immutata, ma i problemi che il legislatore aveva<br />

accuratamente evitato di affrontare restavano in sospeso. Nel 2005 e nel 2007, il<br />

Comitato Nazionale di Bioetica, cercò delle possibili soluzioni al problema più<br />

difficile posto da tale legge: la sorte degli embrioni in sovrannumero. E’ il problema<br />

che ha maggiori risvolti etici e che il legislatore, come dicevamo sopra, ha eluso,<br />

vietando semplicemente la possibilità di creare embrioni in eccesso.<br />

Nel parere del 2005 il comitato si occupa dell’ APN (l’adozione per la<br />

nascita) vista come la soluzione eticamente più accettabile. Infatti se si muove dal<br />

presupposto che l’embrione ha un <strong>diritto</strong> alla vita e che tale <strong>diritto</strong> debba essere tutelato<br />

dall’ordinamento, è chiaro che la miglior soluzione è far nascere quest’embrione<br />

anche nel caso in cui i genitori siano morti o non vogliano più procedere al trapianto.<br />

L’APN dunque permetterebbe di nascere ad embrioni che altrimenti sarebbero<br />

destinati a non nascere.<br />

Molte sono le critiche che potrebbero essere mosse a questa proposta.<br />

Innanzitutto si potrebbe temere che attraverso l’APN si legittimi, anche se<br />

indirettamente, la pma eterologa, considerata illecita dalla legge 40/2004. Tale<br />

preoccupazione però sarebbe infondata poiché esiste una significativa differenza tra<br />

le due pratiche. La PMA eterologa è la fecondazione che si realizza con l’apporto<br />

(genetico) di una persona esterna alla coppia che intende generare, nella apn<br />

l’intervento della persona esterna non incide sulla fecondazione, ma permette ad una<br />

fecondazione già iniziata di procedere nel suo sviluppo.<br />

Altra critica riguarda i rischi di morte degli embrioni che vengono scongelati<br />

27 dalla prolusione di su Em.za Cardinale Camillo Ruini, 7 marzo 2005, www.chiesacattolica.it .<br />

53


54 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

per essere impiantati in un altro utero. Infatti è provato che molti embrioni muoiono<br />

per effetto dello scongelamento o comunque non sono più idonei ad essere impiantati.<br />

Anche in questo caso, però, la critica appare infondata. Infatti lo scongelamento<br />

è concesso dalla stessa legge del 2004, la quale permette il congelamento fino al<br />

momento in cui la donna non decida di voler procedere al trapianto o non cessino le<br />

condizioni di salute critiche. Inoltre l’intenzione che porterebbe allo scongelamento<br />

sarebbe quella di far vivere l’embrione, non di distruggerlo.<br />

L'ultima obiezione che viene mossa a tale pratica è quella che la definisce una<br />

sorta di accanimento terapeutico. Infatti l'embrione,invece che esser lasciato morire<br />

una volta scongelato, viene mantenuto in vita a causa del trasferimento nell'utero di<br />

un'altra donna. Tale trasferimento però, è l'unico modo per far nascere il concepito e<br />

comunque non un mezzo sproporzionato per proseguire una vita. Anzi, nulla è più<br />

proporzionato per un concepito dell'utero. 28<br />

Questa soluzione dunque, potrebbe risolvere le questioni lasciate aperte dal<br />

legislatore del 2004. Eppure, anche permettendo l' APN, il problema degli embrioni<br />

in eccesso continuerebbe parzialmente ad esistere. E’ infatti scientificamente provato<br />

che il 30-35 % degli embrioni, dopo lo scongelamento, in parte muore, in parte appare<br />

biologicamente inidonea all’impianto in utero. Questi embrioni residuali e non<br />

impiantabili, all’attuale stato della legislazione, sarebbero destinati alla morte.<br />

Il CNB, con un parere successivo del 2007, si occupò della delicata questione<br />

degli embrioni residuali, cercando una soluzione che conciliasse <strong>scienza</strong> ed etica.<br />

Parte del comitato sostenne l’ipotesi di destinare tali embrioni abbandonati<br />

alla ricerca, dunque di trasformarne la morte naturale in una donazione all’umanità<br />

intera. L’altra parte per, ritenne che qualsiasi utilizzazione strumentale e con esito<br />

distruttivo degli embrioni non fosse mai eticamente accettabile perchè contraria<br />

alla loro intrinseca dignità ed al loro <strong>diritto</strong> alla vita 29 . I componenti del CNB dopo<br />

lunghe discussioni riuscirono a trovare un possibile compromesso tra le due correnti<br />

di pensiero: individuare un criterio di accertamento della morte dell’embrione,<br />

che renda possibile la donazione delle cellule embrionali alla ricerca, stabilendo<br />

un’analogia con la donazione di organi ex mortuo.<br />

Infatti, così come si stabilito che la morte di un uomo coincida con la sua<br />

morte cerebrale, si potrebbe stabilire un momento in cui l’embrione muore, ovvero non<br />

ha più la capacità di svilupparsi e dunque di vivere. Di esso resterebbero vitali alcune<br />

parti, ma non avrebbe più vitalità l’intero, in modo analogo con quanto accade nel<br />

processo di morte cerebrale, dove restano vitali alcuni organi del corpo del defunto (il<br />

28 cfr parere del Comitato Nazionale di bioetica, 2005, www.governo.it/bioetica/testi/ APN.<br />

pdf<br />

29 parere del Comitato Nazionale di bioetica, 2007 www.governo.it/bioetica/pubblicazioni_<br />

comitato/1_destino_embrioni_it.pdf, p. 6


il ruolo della legge n° 40/2004<br />

cuore, i reni, ecc) pur essendo possibile ritenere definitivamente distrutto (cio morto)<br />

l’individuo 30 . Attraverso questa soluzione dunque, le cellule di embrioni che ormai<br />

non sono più in grado di proseguire il loro sviluppo, potrebbero essere utilizzate a fini<br />

di ricerca. Ad opporsi però, vi è una parte del Comitato, la quale sostiene, a ragione,<br />

che ancora non è possibile stabilire in maniera precisa il momento in cui l’embrione<br />

non è più in grado di vivere. Qualunque previsione sarebbe meramente probabilistica<br />

e dunque eticamente inaccettabile. Nel trattare valori delicati come la vita umana<br />

non si può fare affidamento su possibilità, ma solo su certezze. Il Comitato dunque<br />

incoraggia la Comunità scientifica ad approfondire il tema dell’individuazione dei<br />

criteri di accertamento della morte organismica dell’embrione considerato dagli stadi<br />

precoci dello sviluppo in vitro.<br />

Due anni dopo quest’ultimo parere del comitato, tornò ad occuparsi<br />

della questione la Corte Costituzionale, attraverso una sentenza che ha modificato<br />

parzialmente la legge 40, risolvendo finalmente alcuni problemi fondamentali.<br />

La Corte dichiarò incostituzionale il seconda comma dell’articolo 14,<br />

limitatamente alle parole “ad un unico e contemporaneo impianto” ed il terzo comma<br />

dello stesso articolo nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni,<br />

da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio per la<br />

salute della donna.<br />

Pertanto viene dato più rilievo alla salute della donna che alla tutela della vita<br />

dell’embrione, rendendo più coerente questa legge con il resto dell’ordinamento. Si<br />

pone per, nuovamente, in maniera ancor più esplicita, il problema degli embrioni in<br />

eccesso. Fino a tale sentenza, infatti, ci si poteva rifugiare dietro la scusa del divieto<br />

di creare embrioni in sovrannumero. Ora però, gli embrioni saranno per forza di cose<br />

prodotti in quantità maggiori rispetto a quelli che poi verranno impiantati. Emerge<br />

infatti dall’ultima Relazione del Ministro della Salute sullo stato di attuazione<br />

della PMA che dopo la sentenza 151/2009 il valore medio degli embrioni trasferiti<br />

è diminuito ed è pari al 2,8 embrioni per ogni trasferimento. Sono diminuiti i<br />

trasferimenti con tre embrioni: dal 44,8 % del 2009 al 38,1 % del 2010. Sono invece<br />

aumentati i trasferimenti con due embrioni: dal 33,6 % del 2009 al 38,2 % del 2010 31 .<br />

E’ dunque chiaro che vi sono molti più embrioni in eccesso a seguito della sentenza<br />

della Corte Costituzionale ed il problema riguardante la loro sorte, invece che<br />

estinguersi, si pone con maggior intensità ed urgenza.<br />

A tal proposito sarebbe consigliabile un intervento del legislatore che<br />

potrebbe muoversi in due sensi: da un lato rendendo più completa ed omogenea<br />

30 parere del Comitato Nazionale di bioetica, 2007 www.governo.it/bioetica/pubblicazioni_<br />

comitato/1_destino_embrioni_it.pdf, p.7<br />

Cfr Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 40/2004,<br />

31<br />

Roma, Giugno <strong>2012</strong> disponibile sul sito www.iss.it/binary/rpma/cont/relazione_12luglio<strong>2012</strong>.pdf<br />

55


56 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

la legge 40/2004, dall’altro creando una disciplina ad hoc riguardante la ricerca in<br />

questo campo.<br />

In particolare bisognerebbe affrontare con più concretezza e chiarezza il<br />

problema del destino degli embrioni soprannumerari. Tra le soluzioni suggerite dal<br />

CNB noi pensiamo che quella avanzata nel parere del 2007 sia più adatta a conciliare<br />

la tendenza ad approfondire la ricerca in materia con quella che invece mira ad<br />

arginarla, ritenendo l’embrione già vita. In tale parere si affermava che bisognerebbe<br />

individuare un criterio di morte dell’embrione, in modo tale da poterlo utilizzare ai<br />

fini della sperimentazione piuttosto che lasciarlo morire.<br />

Oggigiorno ancora non è possibile individuare simile criterio con precisione,<br />

ma sarebbe utile incentivare la ricerca in questo senso.


il ruolo della legge n° 40/2004<br />

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Parte Seconda<br />

BIOBANCHE


Premessa<br />

le biobanche<br />

b. bonalda, f. ceccon, g. chiari, e. dall’antonia<br />

sommario: Premessa - 1.Il fenomeno - 2.Fonti normative - 2.1 Fonti dell’OCSE -<br />

2.2 Le Dichiarazioni UNESCO - 2.3 Il Consiglio d’Europa - 2.4 Fonti dell’Unione<br />

Europea - 3.Tipi di Biobanche e problemi correlati - 3.1 Premessa - 3.2 Le biobanche<br />

genetiche: che cosa sono e come funzionano - 3.2.1 Le biobanche di popolazione -<br />

3.2.1.1 Il progetto canadese CARTaGENE - 3.2.2 Biobanche del sangue del cordone<br />

ombelicale - 3.3 Biobanche di tessuti - 4.Le problematiche inerenti alle biobanche - 4.1<br />

La proprietà dei materiali biologici - 4.2 La privacy - 4.3 Il consenso informato prestato<br />

dal donatore - 4.4 Proprietà intellettuale, brevettabilità dei campioni biologici e tutela<br />

delle banche dati che conservano le informazioni genetiche ottenute dai campioni -<br />

5.Fonti Nazionali - 5.1 Francia - 5.2 Spagna - 5.3 Regno Unito - Conclusioni<br />

L’obiettivo di questo lavoro è quello di fornire un quadro esemplificativo<br />

sul fenomeno delle biobanche. In primo luogo, si è analizzato il fenomeno delle<br />

biobanche, al fine di collegarlo con il piano giuridico del tema. In secondo luogo,<br />

difatti, si è proceduto con l’analisi delle fonti internazionali e sovranazionali<br />

dell’Unione Europea attinenti a quanto si sta trattando; successivamente si è deciso<br />

di focalizzare l’attenzione del lettore sui tipi di biobanche mediche attualmente<br />

esistenti, a cui fa seguito un’analisi approfondita della situazione italiana in materia.<br />

Infine, si è deciso di analizzare il fenomeno biobanche in alcuni Paesi, giudicati <strong>fra</strong> i<br />

più rappresentativi, a livello europeo, del fenomeno in questione.<br />

1. Il fenomeno<br />

Lo studio e l’indagine dell’essere umano sotto molteplici punti di vista,<br />

scientifico, filosofico, giuridico, medico e delle altre discipline che riguardano<br />

direttamente o indirettamente l’argomento in questione, hanno da sempre affascinato<br />

63


64 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

ed attirato l’attenzione dell’uomo e della <strong>scienza</strong>.<br />

Nel XX secolo, grazie allo sviluppo scientifico e tecnologico, diviene<br />

possibile studiare ed analizzare singolarmente anche la più piccola componente del<br />

corpo umano: dagli organi più complessi ai geni presenti nel nostro DNA 1 .<br />

Un punto di svolta è avvenuto nel 2003, con la mappatura (completata nel<br />

2006) del genoma umano grazie allo Human Genome Project (HGP), iniziativa<br />

che ha visto la partecipazione di eminenti scienziati, come il premio Nobel James D.<br />

Watson 2 . Da quel momento la medicina genetica e la biotecnologia sono entrate in<br />

possesso di nuove informazioni e sono progredite, arrivando persino a sperimentare<br />

prime forme di “medicina personalizzata”. Sono emerse quindi nuove esigenze, che<br />

hanno portato alla necessità di conservare i materiali biologici reperiti ai fini di ricerca,<br />

di dar loro un ordine e di classificarli. Da qui nasce il fenomeno del “Bio-banking”,<br />

strumento di ricerca altamente specializzato.<br />

Viene creata quindi una nuova struttura, la biobanca. Ancora non vi<br />

è uniformità di pensiero sull’esatta definizione di biobanca, soprattutto se si<br />

considerano i numerosi ambiti che questa complessa struttura va a toccare. Inoltre,<br />

anche in merito alle distinzioni tra i vari tipi di biobanche, e ai confini tra esse, la<br />

classificazione è molto lontana dall’essere condivisa. Questo si riflette poi sull’intero<br />

complesso normativo, sia nazionale sia in prospettiva comparata, causando notevoli<br />

problematiche giuridiche.<br />

In dottrina emergono varie definizioni. Vi è, ad esempio, chi definisce<br />

‹‹La biobanca (…) è una struttura di raccolta e conservazione di materiali biologici,<br />

attrezzata e dotata di tutti i mezzi necessari alla loro analisi a fine di ricerca 3 ››. Tuttavia<br />

questa è solo una delle possibili definizioni.<br />

Muovendo ora dal versante dottrinale al versante del <strong>diritto</strong> positivo, una<br />

prima definizione alla quale far riferimento è contenuta nella Raccomandazione<br />

R(94)1 del Consiglio d’Europa sulle biobanche di tessuti umani, la quale definisce una<br />

biobanca: “Un’organizzazione no-profit che deve essere ufficialmente riconosciuta<br />

dall’autorità sanitaria competente negli stati membri e che deve garantire il<br />

trattamento, la distribuzione e la conservazione del materiale secondo certi standard<br />

di qualità e di professionalità” 4 .<br />

1 I.A. COLUSSI, “Dai vichinghi agli oroscopi genetici: saghe islandese passate e future”, atti del Forum<br />

di bio<strong>diritto</strong>, <strong>Trento</strong>-Ferrara, 2010, consultabile all'indirizzo: http://www.unipv-lawtech.eu/files/<br />

CONTRIBUTO-ECLT-9.pdf.<br />

2 V. per approfondire http://www.ornl.gov/sci/techresources/Human_Genome/home.shtml,<br />

http://www.treccani.it/enciclopedia/progetto-genoma-umano/, http://www.nature.com/nature/<br />

journal/v422/n6934/full/nature01626.html.<br />

3 I.A. COLUSSI, ib.<br />

4 Raccomandazione R(94)1 del Consiglio d'Europa del 14 marzo 1994, Raccomandazione sulle<br />

banche di tessuti umani. Consultabile sul sito del Consiglio d'Europa all'indirizzo: https://wcd.coe.int/<br />

ViewDoc.jsp?id=519281.


Biobanche<br />

Questa Raccomandazione viene richiamata in numerosi documenti ufficiali, spesso<br />

con alcuni ampliamenti e specificazioni. Lo stesso Consiglio d’Europa, nel 2006, nella<br />

Raccomandazione R(2006)4 specifica, per quanto concerne le biobanche genetiche,<br />

la necessaria connessione dei singoli campioni alle informazioni del soggetto da cui<br />

essi provengono (c.d. tracciabilità).<br />

In Italia, il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) fornisce la seguente<br />

definizione (anch’essa relativa alla biobanche genetiche): “Una unità di servizio, senza<br />

scopo di lucro diretto, finalizzate alla raccolta e conservazione di materiale biologico<br />

umano utilizzato per diagnosi genetica, per studi sulla biodiversità, per la ricerca. La<br />

peculiarità delle banche genetiche richiede che i campioni conservati siano collegabili<br />

a dati anagrafici, genealogici e clinici relativi ai soggetti da cui deriva il materiale<br />

depositato” 5 . Come specificato dall’ultimo periodo della definizione del CNB, una<br />

delle caratteristiche delle biobanche, rispetto a istituti simili più risalenti, è proprio<br />

il fatto che, all’interno di esse, non solo viene attuata una meticolosa raccolta dei<br />

campioni, ma sono raccolte e conservate anche le informazioni genetiche, fisiche,<br />

cliniche, anagrafiche e sullo stile di vita del soggetto a cui i campioni in questione<br />

appartengono.<br />

Altra definizione sovente richiamata nei documenti internazionali, è<br />

contenuta nelle Regulations dell’European Biobank dell’Università di Maastricht, le<br />

quali definiscono la biobanca come “una unità operativa che fornisce un servizio di<br />

conservazione e gestione del materiale biologico e dei relativi dati clinici, in accordo<br />

con un codice di buon utilizzo e di corretto comportamento e con ulteriori indirizzi<br />

forniti da Comitati Etici ed Università” 6 .<br />

Accanto alla disomogeneità di definizioni di cui si è detto pocanzi (la quale è,<br />

dal punto di vista giuridico e non solo, problema di fondamentale importanza), sussiste<br />

una sostanziale differenza e discordanza circa le modalità di raccolta e organizzazione<br />

dei campioni nei vari Paesi, che si evidenzia anche nella disomogeneità delle scelte<br />

normative. A titolo esemplificativo: in Italia, a volte, è un singolo ospedale che inizia<br />

a raccogliere campioni, creando una collezione. Quando però questa collezione si<br />

amplia, sorge la necessità di costruire un’adeguata ed efficiente struttura, di garantire<br />

un adeguato livello di organizzazione e la presenza di personale specializzato 7 . A<br />

questo punto, il “caos” e la carenza legislativa, burocratica e, sovente, l’insufficienza di<br />

5 A. DE ROBBIO, A. CORRADI, “Biobanche in bilico tra proprietà privata e beni comuni: brevetti<br />

o open data sharing?”, in JLIS.IT, Dicembre 2010, vol.I, 2, in http://leo.cilea.it/index.php/jlis/<br />

article. Inoltre, si veda anche "PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, COMITATO<br />

NAZIONALE PER LA BIOSICUREZZA E LE BIOTECNOLOGIE, del 19 aprile 2006, Linee<br />

Guida per la certificazione delle Biobanche", v. indirizzo http://www.governo.it/biotecnologie/<br />

documenti/7.biobanche.pdf .<br />

6 V. supra A. DE ROBBIO et alia.<br />

7 L. CELANI, “Comprendere la ricerca, studio pilota sull'attitudine e la consapevolezza nei confronti<br />

della donazione di campioni biologici e delle Biobanche”, Università di Bologna, 2010.<br />

65


66 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

fondi, divengono un ostacolo pressoché invalicabile per qualsiasi iniziativa di questo<br />

tipo 8 . Da questo esempio, si evince come, principalmente, vi sia il concreto rischio<br />

di allungare notevolmente i tempi della ricerca, nonché l’aspetto pratico connesso<br />

all’uso dei campioni stessi. Tali rischi si ridurrebbero notevolmente, se avessimo una<br />

solida base legislativa sulla materia e, ad esempio, se avessimo a disposizione una rete di<br />

scambio di materiale genetico non solo a livello nazionale ma anche internazionale 9 .<br />

Da quanto appena rilevato, emerge che si tratta di un quadro normativo non<br />

solo lacunoso, ma anche <strong>fra</strong>stagliato. Nonostante questo, vi sono aspetti della materia<br />

che hanno una disciplina maggiormente dettagliata, vale a dire quella inerente al<br />

trattamento dei dati personali. La disciplina in questione comprende la conservazione<br />

dei campioni, la loro circolazione, l’accesso ai dati personali da parte dei ricercatori<br />

e, in particolar modo, il consenso dei donatori 10 . Questi temi evidenziati, sono stati<br />

oggetto di tentativi di regolamentazione a livello internazionale e sovranazionale.<br />

Alcuni di questi tentativi, sono frequentemente richiamati nelle legislazioni nazionali:<br />

si pensi alla Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997, ai Regolamenti e alle Direttive<br />

emanate dall’Unione Europea nel corso degli anni.<br />

Per quanto riguarda l’Italia, si deve considerare il Decreto legislativo 30<br />

Giugno 2003 n.196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) 11 , in<br />

particolare si prendano in considerazione gli artt. dal 23 al 27 (inerenti al consenso<br />

del soggetto, al trattamento di dati personali senza di esso, al divieto di comunicazione<br />

e diffusione dei dati in questione e alle garanzie per dati sensibili nonché per quelli<br />

giudiziari), l’intero tit. V della parte II (riguardante il trattamento dei dati personali<br />

in ambito sanitario), con particolare attenzione al capo V, parte II (dati genetici),<br />

tit. VII, ossia “trattamento dei dati per scopi storici, statistici e scientifici”, ponendo<br />

attenzione ai capi I e III (vale a dire ai profili generali e al trattamento per scopi<br />

statistici e scientifici). È bene precisare, che tale decreto legislativo, non è stato<br />

creato appositamente per il fenomeno di cui si tratta, ma è indubbiamente un valido<br />

strumento per regolare la questione delle informazioni e del consenso in questo<br />

campo. Ancora, si può evidenziare anche l’Autorizzazione generale al trattamento<br />

dei dati genetici del 24 giugno 2011 12 (che richiama più volte il d.lgs. di cui sopra e<br />

ne costituisce una sorta di specificazione per quel che concerne l’ambito genetico),<br />

8 V. meglio in<strong>fra</strong>.<br />

9 V., tra molti, J.K. MASCHKE, “Navigatin an ethical patchwork- Human gene banks. Population<br />

genetics research collaborations are reaching increasingly across national bundaries to access human tissue<br />

repositories. Will discrepancies in national policies on informed consent and IP rights hinder progress?”, in<br />

Nature biotechnology, 2005, 539-545.<br />

10 V. in<strong>fra</strong>.<br />

11 Garante per la protezione dei dati personali, D.lgs. 30 Giugno 2003 n.196, Codice per la protezione<br />

dei dati personali, in Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2003, Supplemento Ordinario n. 123.<br />

12 Garante per la protezione dei dati personali Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici,<br />

Provvedimento del 24 giugno 2011 in G. U. n. 159 del 11-7-2011.


Biobanche<br />

essa è forse la più richiamata, in Italia, quando si tratta di biobanche. Con detta<br />

Autorizzazione si consente l’utilizzo dei dati genetici per la ricerca con la condizione,<br />

però, che alla base vi sia un progetto ben definito.<br />

Retrocedendo di qualche decennio è interessante accennare al fatto che, con<br />

il Codice di Norimberga (derivante dal processo contro i medici e scienziati nazisti) 13<br />

si fossero gettate le basi di alcuni principi fondamentali relativi alla persona umana<br />

in materia di sperimentazioni e si individui nel “consenso informato” la garanzia<br />

principale a cui ancora oggi si lega ogni attività medico-scientifica sull’uomo. Tale<br />

concetto, venne ripreso anche da altri documenti ufficiali, quali, la sopra accennata<br />

Convenzione di Oviedo, o anche la Dichiarazione di Helsinki 14 .<br />

Tornando alla regolamentazione italiana in materia, oltre alle fonti<br />

precedentemente citate, emergono alcuni documenti di “soft law”. Uno di<br />

questi menziona specificatamente le biobanche, si tratta delle Linee Guida per la<br />

certificazione delle biobanche 15 , redatto dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza e<br />

le Biotecnologie, del 19 Aprile 2006. Questo documento del CNBB sottolinea che vi è<br />

carenza di strutture, personale specializzato e fondi in Italia. Viene inoltre evidenziato<br />

un ulteriore problema: la non circolazione delle informazioni, o meglio, la difficoltà<br />

di queste a circolare <strong>fra</strong> le varie strutture nazionali ed internazionali. All’interno<br />

dell’ultima parte delle Linee Guida, si evince l’importanza ricoperta dalla tutela<br />

della riservatezza, richiamando la Dir. 95/46/CE sulla tutela delle persone fisiche<br />

con riguardo al trattamento dei dati personali. Vengono poi richiamati “in ausilio” 16<br />

le disposizioni del d.lgs. 196/2003 relative ai dati genetici, procedure per l’accesso e<br />

comunicazione dei dati, misure per la salvaguardia della confidenzialità. Al punto 5.3<br />

viene trattata la proprietà del materiale biologico e il divieto di commercializzazione<br />

ed al punto 5.4 la delicata questione dell’informativa e del consenso descrivendo i<br />

requisiti necessari perché l’informativa sia corretta; per quanto riguarda il consenso<br />

informato, la direttiva richiama l’art.5 della Convenzione di Oviedo, l’art.5 della<br />

Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina ed infine l’art.3 della Carta<br />

europea dei diritti. Le Linee Guida appena esposte, se da un lato rappresentano un<br />

13 Codice di Norimberga, Norimberga, 1946. Consultabile sul sito http://www.portaledibioetica.it/<br />

documenti/000309/000309.htm.<br />

14 A. SANTOSUOSSO, I. A. COLUSSI, in Trattato di bio<strong>diritto</strong>, il governo del corpo, parte II,<br />

capitolo 5,“Diritto e genetica delle popolazioni”, pag.354, 2011. Inoltre si veda la Convenzione di Oviedo<br />

del 1997, consultabile all'indirizzo http://www.portaledibioetica.it/documenti/001306/001306.<br />

htm ; Dichiarazione di Helsinki, principi etici per la ricerca medica che coinvolge soggetti umani, 1964<br />

consultabile all'indirizzo http://www.idi.it/Data/Sites/4/media/documenti/dichiarazione-di-helsinki.<br />

pdf.<br />

15 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, COMITATO NAZIONALE PER LA<br />

BIOSICUREZZA E LE BIOTECNOLOGIE, del 19 aprile 2006, Linee Guida per la certificazione delle<br />

Biobanche, punto 5.1 tutela alla riservatezza.<br />

16 Ibidem.<br />

67


68 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

documento utile per disciplinare le biobanche in Italia, dall’altro sono “solo” una<br />

fonte di soft law e per tanto il loro contenuto non è vincolante 17 . Pertanto questo<br />

testo rappresenta una delle possibili soluzioni in materia di regolamentazione delle<br />

biobanche in Italia.<br />

2. Fonti normative<br />

Le biobanche sono una creazione relativamente recente, frutto di un’epoca<br />

in cui la ricerca scientifica rappresenta uno strumento fondamentale di studio della<br />

vita di ogni essere umano. In un momento talmente delicato nel progresso umano, la<br />

legislazione nazionale e sovranazionale tenta di regolamentare lo status giuridico dei<br />

dati utilizzati dai ricercatori, nonché le loro scoperte. Il binomio legislazione-ricerca<br />

scientifica è stato inimmaginabile per decenni ma ora risulta doveroso trovare un<br />

punto d’accordo tra le due scienze. Il <strong>diritto</strong> sembra talvolta percorrere un binario<br />

ben più lento rispetto a quello della ricerca medica che talvolta risulta frenata dalle<br />

normative non ancora al passo con i tempi, pertanto è opportuno che i legislatori<br />

statali, e non solo, si impegnino per creare spazi di manovra più ampi per i ricercatori,<br />

che troppo spesso risultano bloccati da normative eccessivamente articolate e poco<br />

chiare.<br />

Alcuni Stati si sono adattati ai nuovi tempi molto rapidamente, altri invece<br />

hanno ignorato le problematiche e si sono dilungati in eterni dibattiti sulla miglior<br />

posizione da prendere. Le fonti internazionali di riferimento sono molto varie e<br />

nonostante alcune abbiano portata di “soft law” 18 rappresentano dei modelli per<br />

la legislazione nazionale e comunitaria, poiché forniscono linee guida elaborate a<br />

seguito di un processo di interazione con organismi scientifici. Ovviamente ogni<br />

legislazione nazionale è uguale solo a se stessa, poiché le fonti internazionali e<br />

sovranazionali pongono solamente dei principi guida e le modalità di applicazione<br />

degli stessi variano in base alla capacità recettiva di ogni sistema normativo nazionale.<br />

2.1 Le fonti OCSE<br />

17 ibidem<br />

18 Il termine soft law è difficilmente traducibile in italiano, si riferisce a fenomeni normativi<br />

caratterizzati dalla produzione di norme prive di efficacia vincolante diretta. Pertanto, si contrappongono<br />

ai tradizionali strumenti di normazione emanati, secondo procedure rigide, da parte di soggetti che ne<br />

hanno l’autorità, come Parlamenti e Governi.


Biobanche<br />

Una delle fonti internazionali che tratta specificatamente anche di biobanche,<br />

è costituita dalle “Guidelines on Human Biobanks and Genetic Research Databases”<br />

(HBGRD), redatte dall’OCSE il 22 Ottobre 2009 19 .<br />

Il documento riporta, in maniera molto evidente, le linee guida in merito ai principi<br />

che si devono osservare nella creazione, organizzazione, strutturazione e supervisione<br />

delle biobanche stesse. Dal punto di vista strutturale, le linee guida sono divise in due<br />

parti: nella prima sono delineati i principi, suddivisi articolo per articolo, i quali a loro<br />

volta sono suddivisi in “principi” e “best practices”, vale a dire il modo migliore per<br />

vederli applicati; mentre nella seconda, le c.d. “annotations” precisano il contenuto<br />

della parte I e dell’ HBGRD in generale.<br />

Fra i temi trattati, si annoverano alcuni strettamente collegati alla questione<br />

biobanche, tra i quali la partecipazione ai procedimenti che comportano l’utilizzo<br />

del materiale biologico umano, quindi si riprende la disciplina del consenso; l’accesso<br />

ai materiali biologici umani, coordinato con la loro protezione; infine la proprietà<br />

intellettuale 20 .<br />

Il documento continua riprendendo i principi precedentemente delineati,<br />

approfondendoli nello stesso ordine presentato nella prima parte.<br />

Interessante notare alcune specificazioni che vengono fatte sia<br />

nell’introduzione sia all’inizio della seconda parte come il fatto che, dette linee guida<br />

siano dettate al solo fine della ricerca. Pertanto potrebbero non essere interamente<br />

applicabili ad alcune biobanche (quali quelle terapeutiche, diagnostiche, per il trapianto<br />

o che comunque non perseguano un fine di ricerca). Viene inoltre sottolineato il fatto<br />

che il Documento in questione non è da considerarsi esaustivamente competente<br />

per tutti gli aspetti riguardanti le biobanche e la ricerca genetica 21<br />

19 È la stessa OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) a dare una delle<br />

prime definizioni di biobanche Sono definite come centri che “forniscono servizi di conservazione di<br />

cellule viventi, di genomi di organismi e informazioni relative all’ereditarietà e alle funzioni dei sistemi<br />

biologici”.<br />

20 La disciplina del consenso si trova all’art. 5; dai “principles” dell’articolo si ricava come il consenso<br />

sia strettamente collegato alla questione dell’accesso ai dati personali, alle informative dei donatori e, in<br />

generale all’agire, da parte dei ricercatori, nel pieno rispetto della persona del donatore stesso. In tema di<br />

proprietà intellettuale e trattamento dei dati, si vedano a riguardo gli artt. 6 e 9, in particolare all’art.6<br />

sono indicati i principi inerenti alla protezione dei dati personali biologici, mentre all’art.9 sono indicati<br />

quelli riferibili alla proprietà intellettuale.<br />

21 È necessario richiamare una serie di altre Raccomandazioni dello stesso organo: OECD -<br />

Recommendation on Quality Assurance in Molecular Genetic Testing, adottata dall’ OCSE nel 2007;<br />

OECD - Recommendation on the Licensing of Genetic Inventions, adottata dall’ OCSE nel 2006;<br />

infine vi è l’OECD - Best Practice Guidelines for Biological Resource Centres.<br />

69


70 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

2.2 Le Dichiarazioni UNESCO<br />

Nel 1997, all’UNESCO, fu approvata all’unanimità la “Dichiarazione<br />

universale sul genoma umano e dei diritti dell’uomo” 22 , si tratta del primo documento<br />

di portata universale in ambito di bioetica, con cui si forniscono i principi eticogiuridici<br />

di: libertà di ricerca, dignità umana, solidarietà nonché cooperazione<br />

internazionale. Le motivazioni che portarono alla formulazione di questo documento<br />

di soft law sono varie, prima <strong>fra</strong> tutte l’esigenza di individuare un quadro normativo di<br />

riferimento per il rapido sviluppo tecnologico e scientifico che influenzano sempre di<br />

più la vita umana.<br />

All’ art. 1 si enunciano una serie di principi generali sul genoma umano che<br />

viene considerato patrimonio dell’umanità, poiché “sottende l’unità fondamentale di<br />

tutti i membri della famiglia umana, come pure il riconoscimento della loro intrinseca<br />

dignità e della loro diversità”. Si specifica agli articoli seguenti che, nonostante il valore<br />

del patrimonio genetico umano, esso possa esser suscettibile di ricerche genetiche,<br />

mediche e biologiche (art. 12 lett. a) nel rispetto della dignità e dei diritti propri<br />

di ogni individuo. La libertà di ricerca, presupposto fondamentale per lo sviluppo<br />

medico-scientifico, è derivante dalla libertà di pensiero, è una sua specificazione<br />

e deve essere rivolta ad alleviare le sofferenze umane nonché a migliorare la salute<br />

dell’individuo e di tutta l’umanità.<br />

Questo documento pone delle linee guida generali senza addentrarsi nello<br />

specifico del problema, ovvero analizzando il consenso e la proprietà dei dati genetici<br />

umani, documenti successivi hanno esaminato il problema più nel concreto, tentando<br />

di fornire dei principi generali che i singoli Stati potessero prendere come punto di<br />

riferimento per le proprie legislazioni. Una prima specificazione si è avuta nel 2003<br />

con la “Dichiarazione internazionale sui dati genetici umani” 23 , la quale ha affrontato<br />

più nel dettaglio alcune tematiche basilari come il tema della “raccolta e consenso<br />

di dati genetici e proteomici umani o materiali biologici”. Nello specifico, l’art. 8<br />

lett. a pone la regola generale per cui, al fine di raccogliere dati proteomici 24 umani o<br />

materiali biologici sia fondamentale ottenere il consenso libero, preventivo, informato<br />

22 La Dichiarazione è stata adottata dalla 29° sessione della Conferenza Generale dell’UNESCO<br />

il giorno 11 <strong>Novembre</strong> 1997. È da rilevare il ruolo di leadership dell’Italia nell’elaborazione di tale<br />

Dichiarazione.<br />

23 Si tratta di una Dichiarazione che specifica la precedente del 1997, poiché stabilisce le regole per la<br />

collezione, uso e stoccaggio di dati genetici umani.<br />

24 Il proteoma è l’insieme di tutti i possibili prodotti proteici espressi in una cellula, esso è dinamico<br />

nel tempo poiché varia in risposta a fattori esterni tra cui le interazioni <strong>fra</strong> le proteine stesse che fanno<br />

parte della sua struttura. È oggetto degli studi della proteomica, la quale consiste nell’identificazione<br />

sistematica delle proteine e nella loro caratterizzazione rispetto a strutture, funzione, attività, qualità e<br />

interazioni molecolari.


Biobanche<br />

ed espresso da parte del soggetto fonte. Un’eventuale deroga a tale principio sembra<br />

esser ammissibile solamente per ragioni imperative, individuate da leggi nazionali che<br />

siano in accordo con il <strong>diritto</strong> internazionale sui diritti umani.<br />

I successivi paragrafi b e c rinviano alle normative nazionali sulla tematica<br />

della prestazione del consenso di persona incapace. Ovviamente il consenso è sempre<br />

revocabile ed i dati raccolti non potranno più esser utilizzati a fini di ricerca (art. 9 lett.<br />

a), a meno che i dati siano irrevocabilmente dissociati da una persona identificabile.<br />

Se il materiale genetico non è irrevocabilmente dissociato da persona identificabile,<br />

allora dovrà essere trattato secondo i desideri della persona 25 .<br />

Le informazioni fornite al momento del consenso dovrebbero indicare che<br />

la persona interessata ha il <strong>diritto</strong> di decidere se o meno essere informata dei risultati.<br />

Tale regola non si applica alla ricerca su dati irrimediabilmente dissociati da persone<br />

identificabili o a dati che non portano a risultati univoci riguardo alle persone che<br />

hanno partecipato all’esperimento di ricerca 26 .<br />

In riferimento a quanto appena detto, inerente al <strong>diritto</strong> di essere o non<br />

essere informati dei risultati della ricerca, sicuramente uno degli argomenti più<br />

importanti quanto discussi dell’intera Dichiarazione, concerne il paragrafo c, titolato<br />

“trattamento”, nel quale si delinea la fattispecie del consenso al trattamento dei dati<br />

genetici o proteomici, questione strettamente correlata al <strong>diritto</strong> alla privacy.<br />

La regola generale è delineata all’art. 13, secondo il quale l’accesso ai propri<br />

dati genetici è personale. “Nessuno dovrebbe essere privato dell’accesso ai propri<br />

dati genetici o proteomici”, con due eccezioni: a meno che questi dati non siano<br />

irrimediabilmente dissociati dalla persona come fonte identificabile e a meno che<br />

la legge nazionale limiti tale accesso nell’interesse della sanità pubblica, dell’ordine<br />

pubblico o della sicurezza nazionale.<br />

I dati genetici e proteomici in linea generale non dovrebbero esser associati<br />

a persone identificabili, ed anche quando “questi dati o altri materiali biologici sono<br />

dissociati da una persona identificabile, si devono prendere le precauzioni necessarie<br />

per assicurare la sicurezza dei dati e dei materiali biologici”. La deroga a questo<br />

principio generale delineato all’art. 14 lett. c, è specificata alla lett. d in cui si precisa<br />

che se i fini sono quelli della ricerca scientifica e della sperimentazione medica, allora<br />

25 A riguardo, si veda l’intero testo dell’art.9 lett. a, b, c.<br />

26 Articolo 10 - Il <strong>diritto</strong> di essere informati o non informati dei risultati della ricerca - “Quando dati<br />

genetici e proteomici umani o materiali biologici sono raccolti per finalità mediche o di ricerca scientifica,<br />

le informazioni fornite al momento del consenso dovrebbero indicare che la persona interessata ha il<br />

<strong>diritto</strong> di decidere se essere informata o non essere informata dei risultati. Questa regola non si applica<br />

alla ricerca su dati irrimediabilmente dissociati da persone identificabili o a dati che non portano a<br />

risultati univoci riguardo alle persone che hanno partecipato all’esperimento di ricerca. Ove ciò risulti<br />

appropriato, il <strong>diritto</strong> di non essere informati dovrebbe estendersi a parenti identificabili che possono<br />

risentire delle conseguenze”.<br />

71


72 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

i dati possono rimanere associati a persona identificabile se ciò fosse necessario per far<br />

proseguire la ricerca, a condizione che sia protetta la riservatezza dell’individuo e la<br />

segretezza del materiale raccolto.<br />

Gli articoli finora visti sono rivolti solo indirettamente alle biobanche,<br />

poiché trattano di tematiche inerenti il consenso, la proprietà, la raccolta dei dati<br />

stessi. Un riferimento esplicito alle biobanche si rinviene all’art. 15 27 , che le delinea<br />

come entità responsabili del trattamento dei dati genetici e proteomici umani. Esse<br />

diventano, pertanto, garanti di affidabilità e sicurezza nella raccolta e nel trattamento<br />

del materiale genetico.<br />

Riprendendo il discorso sul consenso bisogna specificare che esso si riferisce<br />

esclusivamente alla finalità per cui era stato originariamente concesso dal donatore. In<br />

accordo con l’art. 16, tale regola è derogabile solamente in conformità con il <strong>diritto</strong><br />

interno, qualora lo scopo delle ricerche scientifiche sia rivolto all’interesse pubblico e<br />

qualora tale finalità sia compatibile con il <strong>diritto</strong> internazionale sui ai diritti umani.<br />

Dunque, le necessità statali ricoprono un ruolo fondamentale nella legislazione di<br />

bioetica, infatti la normativa nazionale può disporre, in accordo con l’art. 17, che<br />

i materiali biologici debbano sottostare alla regola del consenso informato, ma<br />

i dati biologici potranno esser utilizzati anche prescindendo alla regola generale<br />

del consenso, qualora vi sia una particolare finalità scientifica e di ricerca. Tale<br />

regolamentazione è ulteriormente specificata agli art. 18 e 19 28 che trattano nello<br />

specifico della cooperazione internazionale di dati e materiali genetici.<br />

Altro discorso va fatto sulla “Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti<br />

umani” del 2005 29 . Ancora una volta viene affrontato il tema del consenso espresso ed<br />

informato della persona interessata. Anche qui si tratta della possibilità di revocarlo,<br />

salvo che non sia stabilito diversamente a livello nazionale (art. 27).<br />

E’ inoltre prevista la tutela e la riservatezza delle persone interessate (art. 9),<br />

ma si sottolinea anche la necessità della condivisione dei benefici (art. 15) risultati<br />

dalla ricerca scientifica nonché dalle sue applicazioni, sia per la società civile che per<br />

la comunità internazionale. Dunque ancora una volta lo scopo è quello di metter in<br />

contatto differenti strutture di ricerca al fine superiore di incoraggiare le scoperte<br />

27 Articolo 15 - Accuratezza, affidabilità, qualità e sicurezza - “Le persone e le entità responsabili del<br />

trattamento dei dati genetici e proteomici umani e dei materiali biologici dovrebbero prendere le misure<br />

necessarie per assicurare l’accuratezza, l’affidabilità, la qualità e la sicurezza di questi dati e del trattamento<br />

dei materiali biologici. Dovrebbero altresì dimostrare rigore, cautela, onestà e integrità nel trattamento e<br />

nell’interpretazione dei dati genetici e proteomici umani e di altri materiali biologici, in considerazione<br />

delle implicazioni etiche, giuridiche e sociali”.<br />

28 Art. 18 titolato “Circolazione eco operazione internazionale”; Art. 19 titolato “Condivisione di<br />

benefici”.<br />

29 Tale Dichiarazione fu approvata dalla Conferenza Generale UNESCO il 19 ottobre 2005 ed<br />

approfondisce le tematiche di bioetica, <strong>scienza</strong> e tecnologia in rapporto al <strong>diritto</strong> internazionale ed ai<br />

diritti umani.


scientifiche.<br />

2.3 Consiglio d’Europa<br />

Biobanche<br />

Per quanto concerne gli atti del Consiglio d’Europa, la principale fonte,<br />

in tema di biomedicina e biobanche, è la “Convenzione sui <strong>diritto</strong> dell’uomo e la<br />

biomedicina” 30 .<br />

Tale Convenzione nacque con l’obiettivo di porre delle regole di bioetica<br />

comuni negli Stati aderenti al Consiglio, in realtà si tratta di un documento di<br />

portata più ampia, infatti il tema dominante riguarda i diritti, le libertà fondamentali,<br />

l’identità dell’essere umano negli ambiti della medicina e della ricerca.<br />

Un riferimento indiretto alle biobanche sembra essere previsto all’art. 22,<br />

titolato “Utilizzo di una parte del corpo umano prelevato”. E’ previsto che “allorquando<br />

una parte del corpo umano è stata prelevata nel corso di un intervento, questa non può<br />

esser conservata ed utilizzata per scopo diverso da quello per cui è stata prelevata, se<br />

non in conformità alle procedure di informazione di consenso appropriate.” Questo<br />

significa che il tessuto, prelevato dopo un intervento e conservato nella biobanca, non<br />

potrà essere utilizzato a fini differenti da quelli previsti al momento dello stoccaggio<br />

del materiale, come può essere ad esempio la ricerca, almeno che non vi sia consenso<br />

espresso ed informato del donante.<br />

Emerge come, anche in tale Convenzione si disciplina, il consenso informato.<br />

L’art. 5 enuncia la regola generale, per cui il consenso libero ed informato deve esser<br />

preceduto da adeguata informazione sullo scopo e la natura dell’intervento, nonché<br />

i rischi cui esso può portare; tanto che è prerogativa dell’interessato ritirare, in ogni<br />

momento e liberamente, il consenso originario.<br />

Volendo confrontare la Convenzione di Oviedo con le Dichiarazioni<br />

UNESCO 31 , bisogna precisare che solo nel documento del Consiglio d’Europa si<br />

tutelano rigorosamente i diritti della persona, disponendo in modo più dettagliato e<br />

preciso il consenso informato. Occorre però ricordare che la Convenzione di Oviedo<br />

non ha efficacia in Italia, anche se spesso richiamata dalla giurisprudenza 32 .<br />

È evidente come la dichiarazione di Oviedo non sia sufficiente a completare<br />

il quadro normativo sulle biobanche, infatti nel 2006, il Consiglio d’Europa, emanò<br />

30 Si tratta della ‘Convenzione di Oviedo’, adottata il 4 aprile 1997.<br />

31 Per le quali, si veda a riguardo il capitolo precedente.<br />

32 L’Italia non ha ancora depositato il protocollo di ratifica, nonostante abbia approvato la legge n.145<br />

del 28 marzo 2001. Questo problema è stato a lungo fonte di dibattito e recentemente ha coinvolto lo<br />

stesso CNB (Comitato Nazionale di Bioetica) che ha sollecitato il Ministero della Sanità al deposito<br />

stesso.<br />

73


74 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

la Raccomandazione N.4 titolata ”Utilizzo di campioni biologici di origine umana<br />

per scopi di ricerca” 33 . Ancora una volta il tema del consenso risulta centrale, infatti<br />

il paziente (art. 10) deve esser informato riguardo le ricerche che verranno eseguite<br />

sul campione prelevato. Una simile previsione lascia forti perplessità poiché la ricerca<br />

scientifica muta continuamente e pertanto è difficoltoso ed infruttuoso prevedere a<br />

lungo termine l’utilizzo dei campioni prelevati.<br />

È altresì previsto che, nel caso in cui l’utilizzo del materiale biologico ecceda i<br />

limiti espressi nella dichiarazione di consenso, sarà premura del ricercatore contattare<br />

il donatore del materiale affinché ne venga rilasciato uno nuovo 34 . Ciò nonostante,<br />

qualora l’uso del campione biologico identificabile non rientrasse nello scopo per cui<br />

era stato rilasciato il consenso dell’interessato (o mancasse integralmente dello stesso),<br />

i ricercatori dovranno, con un ragionevole sforzo, prendere i contatti con il soggetto<br />

donatore, al fine di ottenere il consenso. Qualora non risultasse possibile contattare,<br />

con ragionevole sforzo, l’interessato, i campioni potranno comunque essere utilizzati<br />

nel progetto in questione sulla base di tre condizioni: nel caso la ricerca fosse volta a<br />

conseguire un importante interesse scientifico; se i materiali biologici in questione non<br />

possono esser sostituiti con altri materiali per cui è già stato dato il consenso; infine se<br />

non c’è prova dell’opposizione definitiva del donatore del materiale biologico 35 .<br />

La Raccomandazione differenzia accuratamente il materiale biologico<br />

identificabile da quello non identificabile soprattutto per quanto riguarda il consenso.<br />

Nel primo caso è sempre possibile ritirare il consenso all’utilizzo del proprio materiale<br />

biologico per scopi di ricerca, in quanto si tratta di materiale riconducibile direttamente<br />

al donatore e disciplinato all’art. 22. Nel secondo caso, poiché i campioni biologici<br />

anonimi, non tracciabili, potranno essere utilizzati in ricerca, si devono tenere in<br />

considerazione le restrizioni poste dal soggetto donatore prima che il campioni fosse<br />

reso anonimo.<br />

Nel capitolo IV della Raccomandazione, dedicato alla collezione dei materiali<br />

biologici, il riferimento alle biobanche è diretto. È infatti prevista la specificazione<br />

degli scopi nonché il metodo di gestione del materiale genetico, in accordo al principio<br />

di trasparenza e del consenso del donatore. Al fine di agevolare la ricerca sono previsti<br />

i trasferimenti transfrontalieri di tessuti e, ovviamente, dei relativi dati personali,<br />

affinché, ancora una volta, sia tutelato il principio del consenso, nonché della privacy.<br />

Si tratta di un settore di grande interesse a livello internazionale, poiché l’esigenza<br />

comune, riguarda la ricerca scientifica e l’utilizzo di quanto ricavato, scoperto<br />

e perfezionato al fine dell’applicazione pratica in ambito medico. Pertanto è di<br />

33 http://www.sibioc.it/upload/bc/32/3/graziani.pdf.<br />

34 Art.10 titolato “Acquisizione di campioni biologici per ricerca”<br />

35 Si veda a riguardo l’art.22 titolato “Campioni biologici identificabili”. Nella seconda parte<br />

dell’articolo, si prevede che l’interessato possa, in ogni momento, rifiutare o ritirare il consenso all’uso dei<br />

propri campioni identificabili”.


Biobanche<br />

fondamentale importanza favorire la cooperazione tra i vari istituti di ricerca<br />

transfrontalieri per garantire un continuum nella ricerca biomedica.<br />

È bene tener presente che, questa Raccomandazione, nonostante si interessi<br />

di argomenti comuni al mondo delle biobanche di ricerca e, in generale di quelle<br />

che praticano la conservazione autologa, si occupa nello specifico di biobanche di<br />

popolazione 36 .<br />

2.4 Fonti dell’UNIONE EUROPEA<br />

Per quanto concerne le fonti europee, è da rilevare come a livello di Trattati,<br />

non vi sia nulla che discorra esplicitamente di biobanche; tuttavia si tratta di disinteresse<br />

apparente: innanzi tutto è bene far riferimento al Carta dei Diritti Fondamentali<br />

Dell’Unione Europea (detta comunemente Carta di Nizza) 37 , precisamente all’art.<br />

3. Qui si prevede la fissazione di alcune norme che mirano a tutelare l’integrità fisica,<br />

vietando, in particolare al comma 2, quelle pratiche eugenetiche volte alla selezione<br />

delle persone, nonché vietando di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali<br />

fonte di lucro. Nella stessa fonte, il legislatore inserisce anche il principio del consenso<br />

libero ed informato, il quale può essere definito uno degli aspetti più interessanti<br />

quanto controversi dell’intero ambito delle biobanche.<br />

Sempre nella Carta di Nizza, è da rilevare ulteriormente l’art. 8, titolante<br />

“protezione dei dati personali”, nel quale emergono alcuni elementi e tematiche 38 che<br />

verranno riprese anche in molte direttive del Parlamento e del Consiglio Europeo.<br />

Proprio da queste direttive, piuttosto che dai trattati, emerge una legislazione europea<br />

adattabile alle biobanche; a questo proposito però sono da effettuare alcune importanti<br />

precisazioni: innanzitutto non emerge una definizione, a livello comunitario, di<br />

36 Il riferimento è al Cap. V titolato “Biobanche di popolazione”, definite, all’art.17.1 come “una<br />

raccolta di campioni biologici che risponde alle seguenti caratteristiche:<br />

i. la raccolta identifica una popolazione,<br />

ii. è stata creata, o è stata riconvertita, per fornire campioni biologici o dati derivanti da futuri, multipli,<br />

progetti di ricerca,<br />

iii. contiene campioni biologici e relativi dati personali che possono includere o essere collegati ad informazioni su<br />

genealogia, stili di vita, informazioni cliniche che possono essere aggiornate regolarmente.<br />

iv. riceve e fornisce materiale in modo strutturato.”<br />

37 È uno dei Trattati fondamentali dell’Unione Europea, ha modificato il Trattato di Maastricht e i<br />

Trattati di Roma, è stato approvato l’11 Dicembre 2000 e firmato il 26 Febbraio 2001, dopo essere stato<br />

ratificato dagli allora 15 Membri UE, è ufficialmente entrato in vigore il 1 Febbraio 2003. Con il Trattato<br />

di Lisbona, ha assunto la stessa valenza giuridica dei Trattati dell’Unione Europea (TUE e TFUE).<br />

38 Un esempio riguarda la possibilità di accedere liberamente ai propri dati e di ottenerne una rettifica<br />

e quello di creare un’autorità indipendente nazionale che si occupi, anche nello specifico, di biobanche.<br />

75


76 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

biobanca 39 e delle varie tipologie. Come ovvio, da questo consegue che non esistano,<br />

allo stato attuale, direttive o altre fonti comunitarie che trattino in modo specifico<br />

delle biobanche. In secondo luogo, si può ricavare come le norme che si è in procinto<br />

di analizzare, non riguardano direttamente la disciplina delle biobanche, bensì tutta<br />

una serie di istituti che però ad esse sono strettamente correlate.<br />

Osservando le Direttive in ordine temporale, la prima di queste, è la<br />

Direttiva 1995/46/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo, relativa alla “tutela<br />

delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera<br />

circolazione dei dati”. Di tale direttiva è bene tener presente l’art. 2, dove si danno<br />

alcune definizioni tra cui quella di dato personale (art. 2 lett. a), inteso come “qualsiasi<br />

informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile” 40 e quella<br />

di “trattamento di dati personali” (art. 2 lett. b), vale a dire “qualsiasi operazione<br />

o insieme di operazioni compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e<br />

applicate a dati personali” elencando infine le suddette operazioni.<br />

Il tema del consenso della persona interessata emerge innanzi tutto all’art. 7,<br />

in apertura della sezione sui “principi relativi alla legittimazione del trattamento dati”,<br />

dove lo si individua come condizione necessaria al fine di consentire la disposizione<br />

del trattamento di dati personali. Questa indicata è la regola generale, a cui segue<br />

il “trattamento riguardante categorie particolari di dati” 41 , per il quale è vietato il<br />

trattamento di tutti quei dati personali che possano rivelarsi discriminatori nei<br />

confronti della persona fonte 42 .<br />

La direttiva affronta ulteriormente le informazioni preliminari che deve<br />

ricevere il soggetto fonte, tra queste le finalità della ricerca, i responsabili della stessa<br />

e se o meno esiste un <strong>diritto</strong> di accesso ai dati che verranno trattati. Soffermandosi<br />

in particolare sul <strong>diritto</strong> di accesso ai dati trattati 43 , si specifica come sia garantita<br />

liberamente e senza costrizioni la comunicazione dei dati oggetto dei trattamenti, le<br />

informazioni inerenti al soggetto e il metodo applicato nell’analisi; inoltre si deve<br />

garantire la possibilità di rettificare e cancellare quei dati, nonché di revocare il proprio<br />

consenso in caso di modifica delle condizioni iniziali di trattamento.<br />

Tutto ciò allo scopo di tutelare il <strong>diritto</strong> alla riservatezza e della protezione dei dati<br />

39 Nei vari documenti internazionali, le biobanche sono definite in base alla differente tipologia di<br />

campioni in esse conservate. Secondo le “Regulations” dell’Università di Maastricht, la biobanca è intesa<br />

come un’unità operativa che conserva e gestisce il materiale biologico, nonché i relativi dati clinici in<br />

base ad un codice di buon utilizzo e di corretto comportamento ed infine sulla base di ulteriori indirizzi<br />

forniti da Comitati Etici ed Università.<br />

40 Dicendo che una persona è identificabile, s’intende che possa essere direttamente o indirettamente<br />

identificata, facendo riferimento ad un numero d’identificazione o ad elementi specifici che la riguardano.<br />

41 Art.8 Dir.95/46/CE<br />

42 Una deroga alla norma prevista all’art.8.1 si ha all’art.8.2 dove sono presentate le fattispecie<br />

derogatorie nell’elenco numerato alfabeticamente.<br />

43 Art.12 Dir.95/46/CE


Biobanche<br />

personali 44 .<br />

Come visto, la direttiva è alquanto generica e non si occupa di biobanche,<br />

ciò nonostante ha incentivato molti legislatori nazionali a prevedere discipline più<br />

specifiche sull’argomento 45 .<br />

La Direttiva 1998/44/CE sulla “protezione giuridica delle invenzioni<br />

biotecnologiche” 46 , insiste prevalentemente sul rapporto tra istituti di ricerca (e tra<br />

questi è bene annoverare le biobanche) ed i ricercatori.<br />

Il corpo umano non si può considerare brevettabile in nessuno stadio della<br />

sua costituzione e sviluppo e non può nemmeno esser considerata tale una sequenza<br />

totale o parziale di un gene (questa specificazione è molto importante, in quanto si<br />

arriva così ad escludere la brevettabilità dell’unità minima fondamentale dell’essere<br />

umano. In assenza di questa precisazione, operando anche su una singola parte di un<br />

gene, contenuto nello zigote ad esempio, si giungerebbe a modificare l’intero essere<br />

vivente 47 ); tuttavia in deroga a quanto appena detto, si stabilisce come un elemento<br />

isolato del corpo umano, riprodotto mediante procedimento tecnico e, quindi,<br />

non naturale, possa costituire un’invenzione brevettabile 48 . Tuttavia è esclusa la<br />

brevettabilità per le invenzioni, il cui sfruttamento commerciale è contrario all’ordine<br />

pubblico o al buon costume 49 .<br />

L’utilità di questa direttiva, in termini di biobanche, è chiara se si considera<br />

la rilevanza commerciale che alcune ricerche (condotte avendo come basi materiale<br />

stoccato nelle stesse), possono avere nel settore, ad esempio, della biomedicina. È<br />

ovvio che la direttiva mira, come citato, ad applicare dei limiti che ineriscono più<br />

che altro a questioni eticamente riprovevoli e contrarie al buon costume e all’ordine<br />

pubblico. Il testo degli articoli 5 e 6, ad ogni modo, tiene conto di come una pesante<br />

limitazione alle ricerche possa comportare il venir meno di quei finanziamenti, che<br />

44 Artt.16 – 17 Dir.95/46/CE<br />

45 Il riferimento è al “Data Protection Act” del 1998 di cui si tratterà nella sezione dedicata al Regno<br />

Unito.<br />

46 La Direttiva del Parlamento e del Consiglio dell’UE è del al 6 Luglio 1998.<br />

47 È da precisare che il gene è l’unità ereditaria fondamentale di tutti gli esseri viventi. Vanno a<br />

localizzarsi all’interno dei filamenti di DNA, i quali sono contenuti nei cromosomi che, a loro volta, sono<br />

contenuti in tutte le cellule di ogni vivente (gene c.d. strutturale). Da questa definizione si può intuire,<br />

come ricordato, l’importanza di escludere la brevettabilità su sequenze anche parziali di un gene, al fine<br />

di non incidere ugualmente sul corpo umano.<br />

48 Art.5 Dir.98/44/CE.<br />

49 Il riferimento è all’art.6 della direttiva, che specifica come lo sfruttamento di un’invenzione non<br />

sia di per se stesso contrario all’ordine pubblico o al buon costume, per il semplice fatto che sia vietato<br />

da disposizione legislativa o regolamentare. Difatti all’art.6.2 si specifica ciò che non è brevettabile:<br />

“i procedimenti di clonazione di esseri umani, i procedimenti di modificazione dell’identità genetica<br />

germinale dell’essere umano, le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali, i<br />

procedimenti di modificazione dell’identità genetica degli animali atti a provocare su di loro sofferenza<br />

senza utilità medica sostanziale per l’uomo o l’animale, nonché gli animali risultanti da tali procedimenti”.<br />

77


78 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

fanno la differenza sulla riuscita o meno di una ricerca, la quale con i suoi effetti, potrà<br />

avere un’utilità nel campo terapeutico per le persone interessate 50 .<br />

La Direttiva 2004/23/CE “Sulla definizione di norme di qualità e di<br />

sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la<br />

conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani”, è la fonte<br />

principale a cui si deve fare riferimento per quanto concerne il rapporto <strong>fra</strong> <strong>diritto</strong><br />

e biologia. È denominata, in particolare nel mondo anglosassone, “direttiva sulle<br />

cellule e i tessuti”, la quale però, esattamente come quelle finora trattate, nulla dice<br />

sulle biobanche; tuttavia dal suo testo normativo, si possono cogliere e identificare<br />

elementi di particolare rilevanza per l’analisi che si sta conducendo 51 .<br />

L’ambito di applicazione della direttiva è delineato all’art. 2.1, sono però gli articoli<br />

6, 9 e 14 ad interessare particolarmente per i temi connessi alle biobanche. L’art. 6<br />

introduce il ruolo di un’autorità nazionale, posta in essere ad hoc, al fine di rilasciare<br />

le autorizzazioni agli istituti di tessuti per lo svolgimento delle loro attività, inoltre<br />

questo riguarda anche i procedimenti di preparazione dei tessuti stessi e delle cellule,<br />

sottoponendo quindi ad un controllo di un entità indipendente sia l’istituto, che le<br />

pratiche dello stesso, al fine di garantire un controllo qualitativo e sulla sicurezza di<br />

queste 52 .<br />

L’art. 9 invece si occupa dell’importazione ed esportazione dei tessuti e<br />

cellule umane. Ciò risulta strettamente connesso con la questione della rintracciabilità,<br />

vale a dire la possibilità di ricostruire iter, provenienza e caratteristiche dei campioni<br />

stessi. L’articolo riporta la regolamentazione nella sfera di competenza dell’autorità 53 ,<br />

creando quindi un meccanismo che consenta un’attenta vigilanza su un fenomeno<br />

molto significativo soprattutto per il mondo della ricerca 54 ; per avere sia scambi<br />

<strong>fra</strong> ricercatori a livello internazionale, sia per implementare le proprie ricerche con<br />

apporti esterni alla propria 55 .<br />

Infine, l’art. 14 si occupa della protezione dei dati sensibili, stabilendo come debbano<br />

50 In merito a questa direttiva, è opportuno ricordare la celebre sentenza Brüstle vs Greenpeace del 18<br />

Ottobre 2011, in merito alla brevettabilità di invenzioni biotecnologiche a partire da cellule <strong>staminali</strong><br />

embrionali, nonché la loro utilizzazione a fini terapeutici. In questa sede fu per la prima volta data una<br />

definizione scientifica di embrione umano, considerato come “ogni ovulo umano fin dalla fase della<br />

fecondazione”. Dunque da questo momento si dà avvio al processo di sviluppo dell’essere umano.<br />

51 Si veda a riguardo CARLO PETRINI. Workshop “Le banche di cordone ombelicale” della<br />

Pontificia Accademia Pro Vita, 25 Febbraio 2011.<br />

52 Si veda a riguardo l’art.5 titolato “vigilanza sull’approvvigionamento dei tessuti e delle cellule umane”<br />

53 Si veda a riguardo l'art. 6 Dir. 2004/23/CE<br />

54 In tema di ricerca, è bene precisare come la direttiva le sia stata applicata per estensione posta in<br />

essere dalla Corte di Giustizia, e non perché contenesse nel dettato una disciplina su questo tema.<br />

55 Inizialmente era previsto che venisse disciplinata nello specifico pure la ricerca, in seguito le<br />

divergenze di vedute <strong>fra</strong> i vari Paesi hanno comportato la circoscrizione dell’oggetto della direttiva a<br />

quello attuale.


Biobanche<br />

essere adottate “tutte le misure necessarie per assicurare che tutti i dati, comprese le<br />

informazioni genetiche, raccolti nell’ambito della presente direttiva e a cui abbiano<br />

accesso terzi, siano resi anonimi in modo tale che né il donatore né il ricevente<br />

siano identificabili”. Alla regola generale qui presentata al primo comma, seguono le<br />

puntualizzazioni del secondo nella quale emerge nel dettaglio l’ambito di applicazione<br />

dei dati personali 56 .<br />

Ulteriori considerazioni da fare, analizzando la direttiva, è che questa, nel<br />

trattare specificatamente di biobanche cordonali, non impedisce la conservazione<br />

autologa ma la disciplina in maniera stringente 57 .<br />

La Dir.2004/23/CE è una direttiva generica alla quale, per attuare<br />

specificatamente quanto previsto nel suo dettato normativo, hanno fatto seguito<br />

la Direttiva 2006/17/CE inerente alle “prescrizioni tecniche per ogni fase delle<br />

procedure di donazione, approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umane”,<br />

al fine di garantire la qualità e la sicurezza dell’intero processo nei casi di conservazione<br />

allogenica e conservazione autologa 58 .<br />

Oltre a questa, vi è la Direttiva 2006/86/CE riguardante “le prescrizioni<br />

in tema di rintracciabilità, notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate<br />

prescrizioni tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e<br />

la distribuzione di tessuti e cellule umane”. Riguarda le biobanche dal punto di vista<br />

dello stoccaggio; per il vero si parla di istituti di tessuti, i quali sono sottoposti alla<br />

stringente disciplina della direttiva, nonché all’autorità nazionale costituita al fine<br />

di controllarne gli operati. Essa si occupa altresì della definizione dei criteri per il<br />

rilascio delle autorizzazioni, licenze alle strutture da parte dell’autorità competente<br />

prevista nella Dir.2004/23/CE. Vengono quindi esplicitati criteri per la codifica,<br />

lavorazione, preservazione e distribuzione di tessuti e cellule, tracciabilità, notifica di<br />

situazioni avverse, concentrando invece negli allegati la gestione di quanto previsto<br />

nella direttiva generale che questa va ad attuare.<br />

56 Art.14.2: “A tal fine essi provvedono affinché:<br />

a) siano adottate misure di protezione dei dati e misure di salvaguardia per prevenire aggiunte,<br />

soppressioni o modifiche dei dati non autorizzate negli archivi riguardanti i donatori o nei registri dei<br />

donatori esclusi, o qualunque trasferimento di informazioni;<br />

b)siano istituite procedure volte a risolvere le divergenze tra i dati;<br />

c) non vi sia alcuna divulgazione non autorizzata di informazioni, garantendo al tempo stesso la<br />

rintracciabilità delle donazioni.”<br />

57 CARLO PETRINI. Workshop “Le banche di cordone ombelicale” Pontificia Accademia Pro Vita,<br />

25 febbraio 2011.<br />

58 Si tratta di conservazione autologa ed allogenica in tema di biobanche per la conservazione di<br />

sangue cordonale. La prima si ha nel caso in cui l’unità di sangue prelevato dal cordone ombelicale venga<br />

conservato a nome del titolare, diventando una sua proprietà, al fine di poterlo utilizzare in caso di<br />

necessità (l’utilizzo è personale). Mentre la seconda si ha quando l’unità di sangue prelevato dal cordone<br />

ombelicale viene conservata con lo scopo di utilizzarla per chiunque la necessiti.<br />

79


80 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

3. Tipi di biobanche e problemi correlati<br />

3.1 Premessa<br />

Nel trattare di biobanche, come si è precedentemente accennato, è necessario<br />

precisare che non ne esiste un solo tipo, anzi: il fenomeno delle biobanche è talmente<br />

complesso e sfaccettato che nel 2004 la Commissione Europea ha raccomandato un<br />

censimento completo del numero e dei tipi di biobanche presenti in Europa 59 . A quasi<br />

10 anni di distanza dalla Raccomandazione il censimento non è ancora stato fatto.<br />

Questa parte del lavoro analizza le biobanche genetiche, partendo da un<br />

inquadramento generale delle stesse per poi proseguire con alcuni tipi di biobanche<br />

genetiche, le biobanche dei tessuti umani e conclude trattando le problematiche che<br />

in Italia derivano da questi due tipi di biobanche.<br />

3.2 Le biobanche genetiche: che cosa sono e come funzionano<br />

Le biobanche genetiche sono strutture che raccolgono e conservano campioni<br />

di tessuti umani, linee cellulari umane, campioni di DNA e materiale transgenico/<br />

ingegnerizzato 60 . I campioni raccolti conservati in queste biobanche provengono da:<br />

« - persone e famiglie con patologie genetiche;<br />

- gruppi di popolazione con alta frequenza di portatori o di affetti da patologie<br />

genetiche;<br />

- popolazioni con caratteristiche idonee per l’individuazione di geni di suscettibilità;<br />

- gruppi di popolazioni idonee per studi di farmacogenetica;<br />

- gruppi di popolazione utilizzati come controllo” 61 .»<br />

Queste biobanche rappresentano un’importante risorsa per la diagnosi, la<br />

ricerca e la sperimentazione di terapie contro le malattie genetiche ed è soprattutto<br />

per questo che i campioni che vi sono contenuti sono collegabili a dati anagrafici,<br />

genealogici e clinici riguardanti i soggetti donanti.<br />

Ci sono degli aspetti pratici che riguardano la biobanca genetica e si tratta<br />

59 COMMISSIONE EUROPEA, 25 Raccomandazioni concernenti le implicazioni etiche, giuridiche<br />

e sociali dei test genetici, 2004, consultabile sul sito http://ec.europa.eu/research/conferences/2004/<br />

genetic/pdf/reccomendations_it.pdf.<br />

60 Definizione ricavata da “Biobanche genetiche, linee guida” a cur. F. DAGNA BRICARELLI, C.<br />

BALDO, M. FILOCAMO, inserto Analysis, 5/6, 2003, scaricabile dal sito http://www.biobanknetwork.<br />

org/documents/Analysis%205-6.03.pdf.<br />

61 Ibidem.


Biobanche<br />

dell’istituzione della stessa, dell’organizzazione e dell’accesso alle informazioni e ai<br />

campioni contenuti nella biobanca. In merito all’istituzione di queste biobanche è<br />

indispensabile l’autorizzazione dell’ente dove è situata, perché è proprio quest’ultimo<br />

a condividere con la biobanca la responsabilità del funzionamento. Secondo le “Linee<br />

guida” elaborate da Telethon e la Società Italiana di Genetica Umana (SIGU) le<br />

biobanche genetiche devono sia essere inserite nella programmazione regionale sia<br />

essere accreditate con specifiche norme.<br />

L’organizzazione è un aspetto centrale perché bisogna assicurare la privacy<br />

del soggetto da cui provengono i campioni 62 , la qualità del campione, la conservazione<br />

del campione per il maggior tempo possibile e il corretto utilizzo e la distribuzione del<br />

campione 63 .<br />

L’accesso al servizio, secondo le Linee guida 64 , deve essere preceduto da<br />

contatti con il responsabile della banca, il quale fornisce le informazioni necessarie<br />

unitamente a un modulo di richiesta, a un modulo per la raccolta del consenso<br />

informato del paziente e ad una scheda per la raccolta dei dati clinici e anagrafici del<br />

paziente. Se la richiesta è approvata la biobanca distribuisce il campione richiesto e<br />

si assume la responsabilità dell’identità dei campioni e della loro qualità ma non è<br />

responsabile della diagnosi collegata al campione, la quale è sì allegata dalla biobanca<br />

al campione ma è redatta dalla struttura che ha depositato il materiale biologico 65 .<br />

Un esempio di biobanca genetica presente in Italia è quello di Telethon, che<br />

nel 2008 ha realizzato una rete di dieci biobanche a fini di ricerca scientifica e, come<br />

menzionato sopra, ha collaborato con SIGU per la stesura delle Linee Guida 66 .<br />

3.2.1 Le biobanche di popolazione<br />

Le biobanche di popolazione rappresentano un tipo di biobanca genetica<br />

peculiare, molto utile per gli studi epidemiologici osservazionali sulle popolazioni.<br />

Secondo il Consiglio d’Europa queste biobanche possono essere inquadrate come «a<br />

collection of biological materials that has the following characteristics:<br />

the collection has a population basis;<br />

it is established, or has been converted, to supply biological materials or data derived<br />

62 Punto meglio analizzato in<strong>fra</strong>.<br />

63 Meglio in<strong>fra</strong>.<br />

64 Ibidem.<br />

65 V. anche l'Autorizzazione al trattamento dei dati genetici del Garante della Privacy del 2011, in G.U.<br />

159 del 2011.<br />

66 Il progetto Telethon è consultabile sul sito http://www.telethon.it/ricerca-progetti/ricercatori/<br />

biobanche.<br />

81


82 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

there from for multiple future research projects;<br />

it contains biological materials and associated personal data, which may include or be<br />

linked to genealogical, medical and lifestyle data and which may be regularly updated;<br />

it receives and supplies materials in an organized manner” 67 .»<br />

I quattro punti sopra citati evidenziano due problematiche: una inerente<br />

all’organizzazione e l’altra ai finanziamenti. In merito alla prima questione<br />

l’organizzazione delle biobanche di popolazione è sovente complessa a causa del lungo<br />

iter procedimentale 68 a cui sono sottoposte le richieste di accesso alla biobanca e vi è<br />

quindi il rischio di scoraggiare la richiesta di accesso ai campioni ivi contenuti 69 . Le<br />

richieste di accesso sono infatti sottoposte ad attenti esami da parte di più organi, così<br />

che i campioni e le informazioni contenute nella biobanca siano correttamente usati.<br />

La seconda difficoltà è ancora più rilevante perché può portare ad ingerenze da parte<br />

di soggetti privati maggiormente propensi a curare i propri interessi piuttosto che<br />

quelli della biobanca. Quest’ultima criticità risulta ancor più pericolosa se si considera<br />

che i soggetti che conferiscono i propri campioni biologici alla biobanca sono definiti<br />

“information altruists” 70 , poiché forniscono il proprio DNA e informazioni personali<br />

(punto tre della Recommendation del Consiglio d’Europa citato poco sopra) senza<br />

alcun beneficio individuale.<br />

Una delle più famose biobanche di questo tipo è la canadese CARTaGENE.<br />

3.2.1.1 Il progetto canadese CARTaGENE<br />

CARTaGENE è la biobanca della popolazione del Quebec gestita<br />

dall’Università di Montreal 71 e fa parte del Canadian Partnership for Tomorrow<br />

Project (CPTP), organizzazione il cui obiettivo è creare nuove conoscenze ed<br />

accelerare il progresso di quelle attuali riguardanti le malattie croniche presenti in<br />

Canada.<br />

CARTaGENE consiste in un database contenente informazioni sulla salute<br />

67 v. CONSIGLIO D'EUROPA, Recommendation Rec(2006)4 of the Committee of Ministers to<br />

Member States on Research on Biological Materials of Human Origin, 2006, adottata dal Consiglio dei<br />

Ministri il 15.03.2006.<br />

68 v. in<strong>fra</strong>.<br />

69 v. sul punto K.J. MASCHKE, “Navigatin an ethical patchwork- Human gene banks. Population<br />

genetics research collaborations are reaching increasingly across national bundaries to access human tissue<br />

repositories. Will discrepancies in national policies on informed consent and IP rights hinder progress?”, in<br />

Nature biotechnology, 2005, III, 5, 539-545.<br />

70 Definizione tratta da B.M. KNOPPERS, M.N. ZAWATI, “Population biobanks and access”, “Trattato<br />

di bio<strong>diritto</strong>. Il governo del corpo”, I, cur. S. RODOTA', P. ZATTI, Giuffré 2010, 1181-1193.<br />

71 v. www.cartagene.qc.ca.


Biobanche<br />

e una biobanca con campioni di sangue e urina provenienti da 20.000 individui tra i<br />

40 e i 69 anni.<br />

L’accesso a tutte queste informazioni è possibile sia ai ricercatori canadesi<br />

che a quelli stranieri sebbene le regole di accesso siano rigide. Esistono apposite<br />

strutture che si occupano di esaminare le richieste di accesso ai dati e ai campioni<br />

biologici: sono necessari tra i cinque e i sette passaggi perché una richiesta di accesso ai<br />

dati del progetto CARTaGENE venga accettata. Questa lunga procedura di accesso<br />

scoraggia i ricercatori a far richiesta ma costituisce anche uno dei punti di forza di<br />

CARTaGENE perché la rigidità e lunghezza delle procedure di accesso vengono<br />

intese dagli “information altruists” come aspetti positivi e invogliano altri soggetti a<br />

partecipare al progetto 72 .<br />

3.2.2 Biobanche del sangue del cordone ombelicale<br />

Le biobanche del sangue del cordone ombelicale sono banche genetiche<br />

particolari perché contengono un unico tipo di “prodotto”, il quale viene raccolto al<br />

momento della nascita. Il sangue del cordone ombelicale è molto importante perché<br />

è utilizzabile in numerose patologie con una manipolazione minima del campione 73 .<br />

Il sangue del cordone ombelicale contiene infatti cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche, utili<br />

per alcune patologie, come la leucemia.<br />

In questo tipo di biobanche è evidente la differenza tra pubbliche, private e<br />

miste.<br />

In Italia le biobanche del sangue del cordone ombelicale sono delle<br />

organizzazioni no profit accreditate che ricevono il materiale biologico dopo aver<br />

ottenuto il consenso informato dei genitori alla donazione. Una volta ottenuto il<br />

campione esso è sottoposto a test e se sussistono i parametri stabiliti richiesti per<br />

l’utilizzo terapeutico il campione viene inserito nei registri internazionali perché<br />

possa essere utilizzato. In questo caso il sangue diviene di proprietà della banca 74 .<br />

Le biobanche private, invece, ottengono i propri campioni da soggetti che<br />

intendono utilizzarli all’interno della propria famiglia. In questo caso il sangue rimane<br />

di proprietà del neonato da cui proviene, sotto la tutela genitoriale e non è rintracciabile<br />

dalle biobanche pubbliche perché non compare nei registri internazionali. Si tratta di<br />

una pratica sempre più comune, anche in Italia, dove ci sono famiglie che portano<br />

72 B.M. KNOPPERS, M.N. ZAWATI, “Population biobanks and access”.<br />

73 C. PETRINI, “A comparative analysis of the options from European national and international ethics<br />

committees regarding the collection, storage and use of umbilical cord blood”, Blood transfusion, <strong>2012</strong>, 279-<br />

289.<br />

74 Ibidem.<br />

83


84 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

all’estero, presso queste biobanche private, il sangue del cordone ombelicale 75 . Nel<br />

nostro paese non è possibile conservare il cordone ombelicale per usi privati perché<br />

non è ancora dimostrato che sia più utile conservare il cordone ombelicale per uso<br />

autologo anziché affidarlo a strutture pubbliche. In Italia, però, chiunque voglia<br />

conservare il proprio cordone ombelicale per uso autologo in una biobanca privata<br />

sita all’estero è libero di farlo.<br />

Esistono poi altri modelli, come la Virgin Health Bank nel Regno Unito.<br />

Si tratta di una banca che non è totalmente privata. La Virgin Health Bank conserva<br />

il 20% del sangue del cordone ombelicale per l’uso privato da parte del bambino da<br />

cui proviene o da parte dei suoi familiari mentre il restante 80% è donato alla parte<br />

pubblica della banca, accessibile a tutti gratuitamente 76 .<br />

In Italia esiste una rete di diciotto biobanche cordonali pubbliche istituita<br />

con il decreto ministeriale del 18 novembre 2009 77 che lavora come sportello unico<br />

per i centri di trapianto: è così possibile una ricerca simultanea sia a livello nazionale<br />

che internazionale.<br />

3.3 Biobanche di tessuti<br />

Le biobanche di tessuti raccolgono e conservano materiale derivato da<br />

interventi diagnostici o terapeutici, materiale donato appositamente per un progetto<br />

di ricerca e conservato per usarlo successivamente, materiale donato per trapianto e<br />

non utilizzato o ritenuto inadatto e, infine, materiale proveniente da persone decedute<br />

e sottoposte ad autopsia 78 .<br />

Le Linee guida per la certificazione delle biobanche elaborate nel 2006 dal<br />

Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie 79 hanno fornito un quadro<br />

generale sulla conservazione dei tessuti in Italia: attualmente negli archivi di anatomia<br />

patologica sono presenti raccolte di tessuto normale e patologico crioconservato<br />

secondo le procedure previste dalle Linee guida 80 . I laboratori di anatomia patologica<br />

possiedono inoltre degli archivi di tessuti fissati in formalina e inclusi in paraffina<br />

75 A. DE ROBBIO, “Biobanche e proprietà intellettuale: commons o caveau?”, Bibliotime, XIII, 3, 2010<br />

76 www.virginhealthbank.com.<br />

77 http://www.salute.gov.it/cnt/cntDettaglioMenu.jsp?id=68&area=cnt-cellule&menu=menuPrinc<br />

ipale&sotmenu=istituzioni&label=istit<br />

78 Così COMITATO NAZIONALE PER LA BIOSICUREZZA E LE BIOTECNOLOGIE,<br />

Linee guida per la certificazione delle biobanche, 2006 consultabile sul sito http://www.governo.it/<br />

biotecnologie/documenti/7.biobanche.pdf.<br />

79 scaricabili dal sito http://www.governo.it/biotecnologie/documenti/7_biobanche_1.pdf.<br />

80 Ibidem.


Biobanche<br />

per un eventuale uso futuro e per collezione. Attualmente questi materiali non sono<br />

ancora utilizzabili a fini di ricerca nell’ambito di studi collaborativi.<br />

Nel nostro Stato queste banche conservano i propri campioni prevalentemente<br />

per ricerche nell’ambito delle patologie tumorali. I risultati sono condizionati<br />

dalla qualità e accessibilità dei campioni, dalla loro affidabilità e dalla portata delle<br />

informazioni conservate assieme ai tessuti. Lo specialista anatomo-patologo svolge<br />

quindi un ruolo fondamentale perché certifica la conformità del campione ai requisiti<br />

della biobanca.<br />

In Italia un esempio di queste biobanche è dato dalla Trentino Biobank,<br />

istituita presso il reparto di Anatomia Patologica dell’Ospedale Santa Chiara di<br />

<strong>Trento</strong>. Questa biobanca si occupa di raccogliere e conservare materiale biologico<br />

umano a scopo di ricerca scientifica. I materiali conservati comprendono <strong>fra</strong>mmenti<br />

di tessuti asportati chirurgicamente, campioni di sangue e altri liquidi biologici<br />

(saliva, etc..) 81 .<br />

4.Le problematiche inerenti alle biobanche<br />

Un tema come quello delle biobanche è complesso e sono numerose le<br />

difficoltà che ne possono compromettere sia un corretto uso che una corretta disciplina<br />

giuridica. Analizziamo dapprima quei problemi che, pur non essendo prettamente<br />

giuridici, coinvolgono anche il <strong>diritto</strong>.<br />

Il primo ostacolo che si incontra nel trattare il tema delle biobanche è di natura<br />

linguistica: sono infatti numerose le incertezze definitorie 82 . Basti pensare che<br />

nemmeno il termine biobanca è univoco: per anni sono stati usati, nella letteratura<br />

specialistica, indistintamente i termini “biobank” e “gene-bank” e altri ancora.<br />

Un secondo ostacolo è costituito dalle tecniche di stoccaggio e conservazione<br />

utilizzate dalle biobanche: non sono seguite procedure univoche, a discapito della<br />

realizzazione di reti nazionali e internazionali 83 .<br />

Il terzo problema riguarda le procedure farraginose e non standardizzate<br />

per tutte le biobanche che vengono utilizzate dalle stesse per consentire l’accesso<br />

alle informazioni da parte dei richiedenti. Le disposizioni internazionali in merito<br />

sono numerose e concordi tra loro sulla necessità di non ricorrere a procedure troppo<br />

81 Per ulteriori informazioni www.tissuebank.it.<br />

82 V. A. DE ROBBIO, op.cit supra, nota 79 .<br />

83 Tra molti v. K.J. MASCHKE, “Navigatin an ethical patchwork- Human gene banks. Population<br />

genetics research collaborations are reaching increasingly across national bundaries to access human tissue<br />

repositories. Will discrepancies in national policies on informed consent and IP rights hinder progress?”, in<br />

Nature biotechnology, 2005, III, 5, 539-545.<br />

85


86 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

lunghe ma questo non ha rimosso né l’ostacolo né il consenso che circonda queste<br />

procedure 84 . Le disposizioni internazionali inoltre, dato il loro carattere generale, non<br />

portano alla formulazione di linee guida univoche. 85<br />

Dal punto di vista normativo la premessa indispensabile per affrontare il<br />

problema è che non esiste un quadro normativo coerente per regolare la materia:<br />

non possono sottostare a norme univoche biobanche con finalità di ricerca, volte a<br />

studiare specifiche malattie di specifiche popolazioni e biobanche di cellule <strong>staminali</strong><br />

cordonali. Le difficoltà qui menzionate non devono però essere una scusa per non<br />

regolamentare la materia perché l’armonizzazione normativa è indispensabile in<br />

questo campo. Norme univoche permettono infatti di evitare quelle incertezze<br />

giuridiche che potrebbero portare a violazioni dei diritti della persona e inoltre<br />

favoriscono le creazione di reti nazionali e internazionali.<br />

Sono quattro le problematiche giuridiche principali in materia di biobanche:<br />

- la proprietà dei materiali biologici;<br />

- la privacy;<br />

- il consenso informato prestato dal donatore;<br />

- le questioni relative alla proprietà intellettuale, alla brevettabilità dei campioni<br />

biologici e alla tutela delle banche dati che conservano le informazioni genetiche<br />

ottenute dai campioni.<br />

Si tratta di spunti problematici talmente importanti sia sul piano giuridico<br />

che pratico per il funzionamento ottimale delle biobanche che meritano quindi di<br />

essere analizzati nel dettaglio.<br />

4.1 La proprietà dei materiali biologici<br />

In Italia, e non solo, non vi è univocità di pensiero nell’attribuzione della<br />

proprietà dei materiali biologici. Nel nostro Paese tanto il quadro normativo quanto<br />

quello dottrinale sono discordanti perché ogni posizione presa rappresenta il prodotto<br />

di diverse sensibilità etiche, giuridiche e anche economiche il che è inevitabile, data la<br />

particolarità della tematica che si sta analizzando.<br />

Prima di incominciare ad approfondire il tema della proprietà dei materiali<br />

84 Ibidem.<br />

85 V. tra le molte le disposizioni dell'OECD, Guidelines on Human Biobanks and Genetic<br />

Research Databases (HBGRD), 2009, consultabile e scaricabile su http://www.oecd.org/sti/<br />

biotechnologypolicies/guidelinesforhumanbiobanksandgeneticresearchdatabaseshbgrds.htm. Nel<br />

2007 l'OECD aveva già divulgato un altro documento, Principles and Guidelines for Access to Research<br />

Data from Public Funding, che metteva in evidenza i principi che dovrebbero essere presi in considerazione<br />

per accedere alle informazioni, come: apertura, trasparenza, conformità alle leggi ed interoperabilità.


Biobanche<br />

biologici bisogna premettere che le difficoltà a stabilire il regime proprietario dei<br />

suddetti, come rilevato da alcuni autori 86 , sono causate dal fatto che i campioni umani<br />

sono sia aggregati di molecole che fonte di dati genetici. Risulta quindi difficoltoso<br />

parlare di “proprietà” perché, in primis, il fascio di diritti esercitabili dalla persona<br />

da cui provengono i materiali biologici umani asportati è limitato dalla natura dei<br />

tessuti asportati. I tessuti umani sono considerati beni non commerciabili: parlare di<br />

proprietà risulta quindi errato per alcuni perché viene svuotato il significato stesso di<br />

proprietà 87 . A livello di legislazione nazionale questo principio è ricavabile sia dalla<br />

Costituzione, con gli articoli 2, 3, 13 e 32 che dal codice civile, all’articolo 5.<br />

In secondo luogo ci sono dubbi su chi sia il proprietario del materiale asportato<br />

e in che modo si sia acquisita la proprietà su di esso. Bisogna considerare che il materiale<br />

contenuto nelle biobanche non è funzionalmente autonomo: è parte distaccata di un<br />

corpo e non è più utilizzabile dal soggetto al cui organismo apparteneva. Però il bene<br />

distaccato è legato alla persona da cui proviene perché contiene svariate informazioni<br />

personali su di essa. Ci si chiede quindi a chi appartenga questo materiale e in che<br />

modo abbia acquisito la proprietà su di esso. Ci sono più teorie in merito 88 :<br />

1. Teoria della c.d. separazione.<br />

I sostenitori di questa teoria ritengono che, al momento del distacco del tessuto dal<br />

soggetto, quest’ultimo ne diventa immediatamente proprietario.<br />

2. Teoria dell’occupazione.<br />

Secondo questa teoria le parti staccate del corpo umano una volta separate godono<br />

dello stesso status giuridico delle res nullius.<br />

3. Teoria del parallelismo tra il <strong>diritto</strong> sulle parti staccate del corpo e il <strong>diritto</strong> sulle<br />

opere dell’ingegno.<br />

Traendo spunto da un’interpretazione estensiva dall’articolo 2756 89 c.c., si ritiene che<br />

la parte prelevata sia una res originata per creazione - anche se con aiuto chirurgico –<br />

da parte del soggetto, il quale ne deve quindi essere titolare.<br />

4. Teoria dell’equivalenza tra parti staccate dal corpo e frutti naturali.<br />

Le parti staccate del corpo provengono dal corpo dell’uomo a cui sono stati<br />

prelevati con l’aiuto di un chirurgo.<br />

In terzo luogo il materiale biologico rappresenta l’espressione materiale dei<br />

dati e quindi materiali biologici e dati non sono separabili.<br />

86 M. MACILOTTI, U. IZZO, G. PASCUZZI, M. BARBARESCHI, “La disciplina giuridica delle<br />

biobanche”, in Pathologica, 2008, 86-101.<br />

87 Questa è la posizione sostenuta dei giuseconomisti, ibidem.<br />

88 V. Ibidem per una trattazione più dettagliata sul punto.<br />

89 L'articolo così recita: “I crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento<br />

di beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni<br />

o le spese.<br />

Il provilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le<br />

prestazioni o le spese sia stato in buona fede[..]”.<br />

87


88 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

Infine ragioni giuseconomiche sconsigliano di allocare la proprietà dei<br />

materiali biologici sia a coloro che hanno subito l’asportazione dei tessuti quanto ai<br />

ricercatori. Come detto sopra i soggetti a cui è stato rimosso il campione biologico<br />

non sono più in grado di utilizzarlo 90 , concentriamoci quindi sul perché non sia<br />

conveniente attribuire la proprietà dei materiali biologici ai ricercatori. I motivi sono<br />

3. Il primo è che i materiali in questione contengono dati sensibili riconducibili al<br />

soggetto donatore-ex proprietario. Il secondo motivo invece consiste nella possibilità<br />

che si crei un conflitto di interessi nel caso in cui i ricercatori fossero incaricati di<br />

anonimizzare le informazioni riguardanti i materiali che poi dovranno analizzare<br />

per le loro ricerche: i ricercatori sarebbero infatti in possesso sia delle informazioni<br />

personali del donatore che in possesso dei dati o del materiale utilizzato per la ricerca.<br />

In questo modo i ricercatori riuscirebbero a collegare i dati del campione o il campione<br />

stesso in capo al soggetto da cui provengono e si verificherebbe una violazione della<br />

privacy. L’ultimo motivo riguarda l’ente di ricerca perché questo potrebbe impedire<br />

l’utilizzo del materiale biologico ai ricercatori esterni.<br />

Alcuni autori 91 suggeriscono che per risolvere il problema sia percorribile<br />

una via alternativa, quella dei commons: il campione sarebbe quindi di proprietà della<br />

collettività. Questi autori sostengono che, sebbene alcune linee guida suggeriscano<br />

di ricorrere all’anonimizzazione del campione per risolvere la questione, portando<br />

quindi all’applicazione delle disposizioni sulla circolazione dei dati genetici e al<br />

trattamento dei dati anonimi come oggetti, questa non sarebbe la via migliore.<br />

I sostenitori dei commons ritengono infatti che sarebbe meglio ricomprendere i<br />

tessuti ceduti a scopo di ricerca nella categoria dei commons e quindi, al momento<br />

della cessione a titolo gratuito da parte dei pazienti, i materiali biologici divengono<br />

patrimonio dell’intera comunità, come detto poco sopra 92 . Al fine di attuare questo<br />

sistema diviene necessaria la creazione di una struttura giuridica apposita, come le<br />

biobanche pubbliche.<br />

4.2 La privacy<br />

La tutela della privacy per essere efficace deve essere il risultato del<br />

bilanciamento di interessi tra il <strong>diritto</strong> alla riservatezza dell’individuo da cui<br />

provengono le informazioni genetiche e i campioni biologici e la collettività, la quale<br />

potrebbe ottenere dei benefici da informazioni complete sul campione analizzato per<br />

90 Costituisce un'eccezione il caso di donazione del cordone ombelicale alle biobanche private per uso<br />

autologo.<br />

91 v. MACILOTTI et alia e DE ROBBIO.<br />

92 v. nota supra.


Biobanche<br />

le ricerche.<br />

Sono numerosi i testi normativi internazionali che trattano il tema della<br />

privacy e il loro contenuto non è univoco. Facciamo alcuni esempi.<br />

L’articolo 8 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea 93<br />

del 2000 statuisce che rientra nel novero dei diritti fondamentali la protezione<br />

dei dati personali. L’art. 1 della Dichiarazione Universale sul Genoma Umano e i<br />

Diritti Umani UNESCO (1997) dichiara invece che il genoma umano è patrimonio<br />

dell’umanità 94 . Sostengono quest’ultima posizione sia l’Organizzazione Mondiale<br />

della Sanità (OMS) che l’Organizzazione sul Genoma Umano, le quali affermano che<br />

l’informazione genetica è “familiare” perché il genoma è patrimonio della famiglia<br />

e ne collega le generazioni proprio per questo deve essere possibile identificare<br />

ogni campione. Queste poche norme mostrano che la materia deve bilanciare due<br />

opposte esigenze. Da un lato vi sono le esigenze della collettività, interessata ad avere<br />

informazioni di dominio pubblico utili alla <strong>scienza</strong> e alla salute in generale, e dall’altro<br />

lato vi è il singolo soggetto, il quale vuole tutelata la propria sfera privata.<br />

A livello interno le Linee Guida elaborate da Telethon e SIGU 95 ritengono<br />

sia dovere dei responsabili delle biobanche garantire la privacy, senza essere però<br />

obbligati ad anonimizzare i campioni. L’intenzione è quella di poter rendere in<br />

futuro disponibili ai familiari biologici i campioni per eventuali diagnosi e per<br />

ricerche; in quest’ultimo caso il Comitato di Bioetica interno alla struttura dove si<br />

trova la biobanca deve autorizzare l’uso del materiale biologico. E’ quindi essenziale la<br />

codificazione dei campioni: essa deve essere effettuata nel rispetto sia della normativa<br />

vigente che delle decisioni espresse dall’interessato tramite le procedure da espletare<br />

per il consenso informato. La successiva identificazione dei campioni si articola su vari<br />

livelli, convenzionalmente utilizzati per classificare i campioni:<br />

«- Anonimi: sono campioni raccolti e subito identificati solo con un codice. I dati del<br />

paziente non vengono registrati.<br />

-Anonimizzati: i dati anagrafici del paziente vengono rimossi dopo l’attribuzione del<br />

codice e successivamente non è più possibile alcun collegamento.<br />

-Identificabile: sono campioni identificabili tramite un codice, noto solo al responsabile<br />

della biobanca e ai suoi diretti collaboratori. […]-Identificazione completa: il<br />

campione è identificabile da nome e indirizzo. Questa opzione è possibile solo su<br />

esplicita richiesta dell’interessato ed in ogni caso ad esclusivo interesse personale e<br />

familiare”» 96 97 .<br />

93 UNIONE EUROPEA, Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, Nizza, 2000. Scaricabile<br />

dal sito http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf.<br />

94 Per una visione globale delle atti UNESCO sul tema v. http://web.ceu.hu/celab/unesco_ita.pdf.<br />

95 Ibidem.<br />

96 Ibidem.<br />

97 Questa classificazione è rintracciabile anche nel lavoro di K.J. MASCHKE, Ibidem.<br />

89


90 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

Quest’aspetto è trattato anche dalla Recommendation R(2006) 4 del<br />

Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, riportando la stessa distinzione.<br />

Sul punto è intervenuto anche il Garante della Privacy con l’Autorizzazione<br />

al Trattamento dei dati genetici 98 . L’Autorizzazione prevede che quando le finalità di<br />

trattamento e dei dati genetici non possono essere realizzate senza identificare, anche<br />

temporaneamente, gli interessati il titolare deve adottare specifiche misure volte a<br />

mantenere separati i dati identificativi già al momento della raccolta, a meno che ciò<br />

non risulti impossibile a causa del tipo di trattamento o perché richiede un impiego di<br />

mezzi sproporzionato.<br />

4.3 Il consenso informato prestato dal donatore<br />

Il consenso libero e informato da parte di coloro che partecipano alle<br />

ricerche costituisce un principio etico fondamentale della ricerca sull’essere umano 99<br />

e va bilanciato con la necessità di facilitare la ricerca utilizzando campioni biologici<br />

senza ostacoli organizzativi. Da quanto appena scritto è evidente sia che si tratta di<br />

un concetto in continua evoluzione sia che, sebbene ci sia unanimità nel riconoscere<br />

l’importanza di questo principio, le tecniche per applicarlo differiscono.<br />

Nel nostro Paese i fondamenti etici del consenso informato sono enunciati<br />

nell’articolo 32 comma 2 della Costituzione, nell’articolo 5 della Convenzione di<br />

Oviedo (Convenzione che non è stata ancora ratificata dall’Italia), dall’articolo 38<br />

del Codice di Deontologia Medica della Federazione Italiana Medici, dall’articolo 3<br />

della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea 100 . C’è inoltre una sentenza<br />

della Corte costituzionale che è fondamentale in materia di consenso informato:<br />

la sentenza 438 del 2008 101 . In questa sentenza vengono poste le basi del principio<br />

del consenso informato in Italia ed è qui importante riportare il punto 4 delle<br />

considerazioni in <strong>diritto</strong>:


Biobanche<br />

In Italia il consenso del donatore è soggetto ad una dettagliata normativa.<br />

L’informativa da sottoporre al paziente deve infatti indicare 103 :<br />

1. L’esplicitazione analitica di tutte le finalità perseguite;<br />

2. I risultati che è possibile conseguire, anche in relazione alle notizie inattese che<br />

possono essere conosciute trattando i dati genetici;<br />

3. Il <strong>diritto</strong> dell’interessato di opporsi al trattamento dei dati genetici per motivi<br />

legittimi;<br />

4. La facoltà in capo all’interessato di limitare l’ambito di comunicazione dei dati<br />

genetici;<br />

5. La libera manifestazione del consenso e l’informazione che esso è revocabile in ogni<br />

momento senza che questo pregiudichi o svantaggi l’interessato, a meno che i dati e i<br />

campioni biologici non consentano più di identificare l’interessato;<br />

6. Gli accorgimenti adottati per consentire l’identificabilità degli interessati soltanto<br />

per il tempo necessario agli scopi della raccolta o del successivo trattamento;<br />

7. L’eventualità che i dati e/o campioni biologici siano conservati e utilizzati per altri<br />

scopi di ricerca scientifica e statistica, per quanto possibile adeguatamente specificati<br />

anche con riguardo alle categorie di soggetti ai quali possono essere eventualmente<br />

comunicati i dati oppure trasferiti i campioni;<br />

8. Le modalità con cui gli interessati che ne facciano richiesta possono accedere alle<br />

informazioni contenute nel progetto di ricerca;<br />

9. Informazioni sui potenziali utilizzi futuri del materiale biologico, inclusi gli usi<br />

commerciali dei risultati della ricerca, dei dati e dei campioni;<br />

10. L’impossibilità per i soggetti di partecipare, su base individuale, agli eventuali<br />

profitti derivanti dallo studio dei loro campioni 104 .<br />

In caso di campioni prelevati a minorenni o infermi di mente, secondo la<br />

Convenzione di Oviedo, che in Italia non è ancora stata ratificata, e il Codice di<br />

Deontologia medica italiano, il consenso alla conservazione deve essere accordato dal<br />

rappresentante legale. L’articolo 2 del d.lgs. 135 del 1999 statuisce che il consenso<br />

può essere accordato da chi esercita legalmente la potestà 105 .<br />

È necessario che a tutto questo si accompagni un adeguato consulto e,<br />

secondo le Linee Guida elaborate da Telethon e SIGU, il soggetto che presta il<br />

consenso ha anche il <strong>diritto</strong> di rivolgersi a altri per chiarire dubbi e acquisire altri dati.<br />

Ci si chiede se il soggetto debba essere ricontattato ogni volta che il suo materiale<br />

biologico debba essere utilizzato per un nuovo progetto di ricerca per il quale non ha<br />

prestato il consenso o se sia sufficiente un consenso ad effettuare ricerche sul tessuto,<br />

senza specificare che tipo di ricerche verranno condotte (c.d. consenso in bianco).<br />

103 Ibidem.<br />

104 V. MACILOTTI et alia, ibidem.<br />

105 Così le Linee Guida elaborate da Telethon e SIGU.<br />

91


92 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

L’autorizzazione al trattamento dei dati genetici del Garante per la<br />

protezione dei dati personali il punto 6 dispone che


Biobanche<br />

Parte della dottrina ritiene che ricontattare i pazienti per riottenere il<br />

consenso ai fini di una nuova ricerca sia eccessivamente oneroso e parzialmente<br />

inutile e quindi suggeriscono di ricorrere a forme di consenso più ampio, seguendo<br />

la soluzione prospettata dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa R(2006)<br />

4 107 . La Raccomandazione suggerisce di ricorrere al c.d. general o broad<br />

consent. Ricorrendo a questo strumento la richiesta del consenso all’utilizzo<br />

di materiale biologico per future ricerche deve essere formulata nel modo più<br />

specifico possibile. Sono però necessari dei meccanismi di compensazione e<br />

controllo esterni che possano tutelare il soggetto che ha espresso il proprio<br />

consenso. La Raccomandazione stabilisce quindi che il progetto di ricerca<br />

sia preventivamente approvato da un’autorità indipendente, compito che<br />

nel nostro sistema spetta alla Commissione etica dell’ente presso il quale la<br />

ricerca viene predisposta e successivamente alla biobanca. Il difetto di questo<br />

sistema proposto dalla Raccomandazione è però quello di non prevedere alcun<br />

meccanismo di coinvolgimento dei donatori nel governo della biobanca.<br />

4.4 Proprietà intellettuale, brevettabilità dei campioni biologici e tutela delle banche<br />

dati che conservano le informazioni genetiche ottenute dai campioni<br />

Si tratta di un punto cruciale. Come evidenziato da Antonella De Robbio<br />

“le informazioni intrinseche al campione possono essere la tipologia del campione, la<br />

notazione sulla durata della conservazione del campione stesso, la valutazione della<br />

sua qualità e quantità, in modo che possa essere usato al meglio, o ancora i riferimenti<br />

alla rispondenza della gestione dei campioni biologici a un codice di comportamento<br />

stabilito da organi aventi un ruolo consultivo o di supervisione […]. Sono tutte<br />

informazioni o “dati” che, per la loro “genericità”, non sono coperti da diritti di<br />

proprietà intellettuale […]. Siamo quindi entro un <strong>diritto</strong> sui generis proprio delle<br />

banche dati, regolato dalle norme sulla proprietà intellettuale non di tipo brevettuale<br />

ma entro il contesto definito di <strong>diritto</strong> d’autore” 108 .<br />

La regola generale, tanto a livello nazionale quanto internazionale, è che gli<br />

istituti che conservano i materiali biologici e hanno i database genetici esercitano il<br />

controllo sugli stessi e sui diritti di proprietà intellettuale che ne derivano. Manca<br />

in Italia una normativa specifica disciplinante la questione e le Linee Guida redatte<br />

2011, reperibile in G.U. 159 dell'11 luglio 2011. Consultabile sul sito http://www.garanteprivacy.it/<br />

web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1822650.<br />

107 V. MACILOTTI ET ALIA, ibidem.<br />

108 A. DE ROBBIO, ibidem.<br />

93


94 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

da Telethon e SIGU ritengono in merito che sia indispensabile chiarire al donatore<br />

che il materiale da lui donato non verrà mai sfruttato a fini di lucro diretto ma potrà<br />

indirettamente dare origine a dei profitti economici. Se quest’evenienza si verificasse<br />

né il donatore né il ricercatore godranno di alcun beneficio economico in merito<br />

e il responsabile della biobanca genetica tutelerà l’interesse della comunità affinché<br />

eventuali profitti economici siano investiti in future ricerche e in opere e servizi utili<br />

per la collettività.<br />

Alcuni scienziati propendono per una tutela di tipo brevettuale delle loro<br />

ricerche ma questo, a livello di Unione Europea, non è più possibile per gli embrioni<br />

umani a seguito della sentenza Brüstle del 18 ottobre 2011 109 .<br />

Questa sentenza è interessante ai fini del nostro lavoro perché sancisce che<br />

l’esclusione della brevettabilità relativa all’utilizzazione dei embrioni umani a fini<br />

industriali e commerciali riguarda anche l’utilizzazione ai fini di ricerca scientifica e<br />

solo l’utilizzazione per finalità terapeutiche o diagnostiche che si applica all’embrione<br />

umano e sia utile per quest’ultimo può essere brevettabile 110111 . Inoltre (punto 3 dei<br />

motivi della sentenza) un’invenzione non è brevettabile se l’insegnamento<br />

tecnico oggetto della domanda di brevetto richiede la previa distruzione<br />

di embrioni umani o la loro utilizzazione come materiale di partenza,<br />

indipendentemente dallo stadio in cui esse hanno luogo.<br />

Dopo questa sentenza si teme che il principio ivi sancito possa essere esteso<br />

anche agli altri campioni umani e questo, secondo i ricercatori, potrebbe scoraggiare<br />

la ricerca scientifica perché sarebbe difficile reperire i fondi, dato il rischio di non<br />

ottenere alcun riscontro economico dalle proprie ricerche 112 .<br />

5. Fonti nazionali [Francia, Spagna e Regno Unito]<br />

E’ stato deciso di trattare tre differenti Stati europei per porre l’accento sulle differenti<br />

modalità con cui i legislatori nazionali fanno fronte alle questioni di ricerca biomedica,<br />

109 Corte di giustizia C-34/10.<br />

110 Punto 2 dei motivi della sentenza.<br />

111 V. sul punto, in questo volume, il lavoro di C. FUSARI.<br />

112 Interessante in merito il lavoro di S. PATHMASIRI, M. DESCHENES, Y. JOLY, T. MREJEN,<br />

F. HEMMINGS, B.M. KNOPPERS,” Intellectual property rights in publicly funded<br />

biobanks: much ado about nothing? Should biobanks be involved in downstream intellectual property rights<br />

developed from accessing materials contained in them, and to what extent?”, in Nature America, 2011, 319-323.


Biobanche<br />

nonostante le direttive di riferimento europee e le fonti di soft law siano le stesse. Le<br />

tre esperienze considerate sono rilevanti per i diversi approcci legislativi.<br />

Si delineeranno i quadri normativi di Francia, Spagna e Regno Unito.<br />

5.1 Francia<br />

Riguardo la situazione <strong>fra</strong>ncese esistono attualmente biobanche di medie e<br />

piccole dimensioni, esse furono create a partire dagli anni ’90, con la creazione di una<br />

delle maggiori strutture del Paese di questo genere, ovvero la Généthon DNA and Cell<br />

Bank 113 , istituita nel 1990. Il suo principale obiettivo consiste nella promozione della<br />

ricerca genetica, tutelando l’interesse dei pazienti e rendendo i risultati disponibili<br />

alla comunità scientifica. In particolar modo essa si occupa della ricerca di rare<br />

malattie genetiche. È importante sottolineare come le relazioni tra la biobanca e gli<br />

utenti sia regolata da principi etici 114 , infatti è previsto un Comitato (struttura interna<br />

alla biobanca in questione) con il compito di verificare tutti i progetti che prevedono<br />

l’utilizzo del DNA e delle cellule in essa stoccate, nonché di preparare dei contratti,<br />

specificando i diritti e gli obblighi in capo alle parti coinvolte (la biobanca e l’utente<br />

privato richiedente).<br />

Sempre nello stesso anno (1990) fu istituita la Biobanque de Picardie 115 , che<br />

si occupa della conservazione dei campioni biologici, in particolare: tessuti cellulari,<br />

DNA, RNA e plasma.<br />

Entrambe le biobanche qui presentate seguono i dettami previsti dalle linee<br />

guida dell’OCSE .<br />

Poiché la normativa di riferimento diretta alle biobanche, come già detto, non<br />

è molto ampia, è opportuno approfondire la legislazione applicabile alle collezioni di<br />

materiale biologico umano, dalla loro rimozione al loro stoccaggio, inclusa la loro<br />

trasformazione nonché distribuzione. A tal proposito il Décret n°1220 del 2007<br />

risulta di fondamentale importanza, poiché ha introdotto nuovi articoli al Code<br />

de la Santé Publique (CSP), che presenta una normativa alquanto particolareggiata<br />

sul tema della raccolta nonché della ricerca su tessuti e cellule del corpo umano. Gli<br />

articoli di riferimento sono quelli dal 1243 al 1245.<br />

Detto ciò bisogna comunque ricordare che la legislazione sulla bioetica<br />

113 http://www.genethon.fr<br />

114 I principi etici sono ispiratori dell’ordinamento giuridico e rappresentano le linee guida dello<br />

stesso, non vanno però confusi con le fonti normative qui trattate. Vedi in<strong>fra</strong> sulla legislazione di bioetica<br />

in Francia, ed in particolar modo sulla loi de bioéthique del 2004<br />

115 http://www.biobanque-picardie.com/<br />

95


96 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

comprende una fitta serie di leggi emanate dal 1994 ad oggi, in particolare su impulso<br />

europeo 116 .<br />

Le normative di riferimento, sono principalmente le tre leggi del 1994 117 e la<br />

ben nota, quanto discussa L.2004-800 sulla bioetica (quest’ultima è stata recentemente<br />

modificata). Le leggi del 1994 vietano in modo categorico la sperimentazione su<br />

embrioni umani, anche se con alcune deroghe, ovvero se la ricerca comporta vantaggi<br />

per l’embrione stesso ed i genitori hanno espresso il proprio consenso. Il dibattito<br />

per la modifica della normativa vigente (L.2004/800) è iniziato l’8 febbraio 2011 e<br />

si è concluso il 23 giugno 2011 con la votazione definitiva da parte del Senato. La<br />

nuova legge autorizza l’importazione, la conservazione e alcune ricerche sulle cellule<br />

<strong>staminali</strong> embrionali, anche se con moltissime deroghe, contrariamente al disegno<br />

di legge iniziale che mirava ad una legislazione più permissiva ed in linea con le<br />

normative di Stati europei più all’avanguardia nel settore della ricerca biomedica 118 . I<br />

test genetici sono autorizzati ma solo in circostanze eccezionali, come nel caso di gravi<br />

malattie trasmissibili.<br />

Uno degli argomenti che ha suscitato maggiore interesse, ma anche difficoltà<br />

nell’adozione del testo in Aula riguarda l’interdizione, anche se con deroghe, alla<br />

ricerca con embrioni umani e con cellule <strong>staminali</strong> prelevate da embrioni umani.<br />

Ovviamente l’intento del legislatore era quello di incentivare la ricerca biomedica ed il<br />

progredire delle tecniche terapeutiche, ciò nonostante le critiche alla nuova legge sono<br />

state molte, sia da parte delle comunità scientifiche che da parte dei conservatori 119 . I<br />

ricercatori non hanno apprezzato l’innovazione poiché è solo parziale e gli ambiti di<br />

ricerca sembrano essere residuali, poiché la regola generale è ancora piuttosto rigida,<br />

mentre i conservatori accusarono un’eccessiva liberalità della legislazione.<br />

In aggiunta alla legislazione nazionale, un ruolo fondamentale di costante<br />

monitoraggio della situazione bioetica è stato affidato agli Etats Généraux de la<br />

bioéthique ed alla Mission Parlementaire d’information sur la révision des lois<br />

de bioéthique 120 . Lo scopo era evidentemente quello di monitorare il continuo e<br />

rapidissimo evolversi della situazione scientifica per poter emendare la legislazione di<br />

bioetica, infatti il compito di tali organismi era anche quello di revisionare l’ampio<br />

panorama legislativo sul settore. Oltre a ciò, è inoltre importante delineare il ruolo<br />

116 Si veda la Dir.2004/23/CE per la “donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione,<br />

la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani”.<br />

117 L.94-548, L.94-653 e L.94-654.<br />

118 Si prenda come riferimento il caso inglese e spagnolo, trattati in seguito.<br />

119 I vescovi <strong>fra</strong>ncesi, così come lo stesso Vaticano, criticarono il progetto fin dalla fase iniziale<br />

(febbraio 2011), sostenendo ci fosse una violazione della dignità umana.<br />

120 Gli Etats Généraux de la bioéthique fu istituita su impulso del Presidente della Repubblica e del<br />

Ministro della Sanità, mentre Mission Parlementaire d'information sur la révision des lois de bioéthique<br />

grazie al lavoro dei presidenti dell’Assemblea Nazionale e del Senato.


Biobanche<br />

di ulteriori autorità dedite alla protezione dei dati personali nella ricerca medica. Tra<br />

queste va certamente citato il CNIL (Commission nationale de l’informatique et des<br />

libertés) 121 , responsabile per la supervisione dell’uso dei dati personali, inclusi i dati<br />

biomedici utilizzati, o utilizzabili, per la ricerca. Esso si i occupa anche delle richieste<br />

di utilizzo delle collezioni, decidendo se autorizzare o meno, i ricercatori ad accedere<br />

ai dati personali sanitari della collezione stessa 122 .<br />

Merita un approfondimento la questione riguardante la conservazione e<br />

l’utilizzo del materiale biologico umano in rapporto alle diversità etniche; la legislazione<br />

a riguardo è molto rigorosa ed ha lo scopo di prevenire la discriminazione razziale.<br />

Le autorità sanitarie <strong>fra</strong>ncesi incontrano grandi difficoltà nel reperire le informazioni<br />

demografiche utili per valutare i campioni biologici raccolti. Di conseguenza proprio<br />

le minoranze ne risultano discriminate, in quanto si rende difficile il reperimento di<br />

campioni compatibili in biobanche <strong>fra</strong>ncesi; si ottiene così l’effetto contrario a ciò cui<br />

mirava la legislazione antirazziale 123 .<br />

Diverso è il discorso per quanto riguarda la conservazione, nonché l’utilizzo<br />

di cellule derivanti dal cordone ombelicale. In Francia sono previste esclusivamente<br />

biobanche pubbliche per la conservazione allogenica ed infatti un ruolo<br />

fondamentale è esercitato da una struttura nazionale, con il compito di coordinare<br />

le attività di donazione e trapianti di organi, tessuti e cellule, si tratta della Agence de<br />

la Biomédecine (ADB) 124 . L’ADB esercita un ruolo fondamentale per la creazione<br />

di nuove biobanche. Altro discorso va fatto per le biobanche private, le proposte<br />

legislative per la loro regolamentazione sono sempre molte ma incontrano una<br />

costante opposizione.<br />

Dal 2008 ad oggi si sono intensificate le proposte su tal settore. Il 29<br />

settembre 2009 il deputato <strong>fra</strong>ncese Damien Meslot ha depositato presso l’Assemblea<br />

Nazionale una proposta per l’istituzione di banche commerciali per la conservazione<br />

autologa, ma ancor una volta il progetto si arenò 125 . Il quadro normativo sulla raccolta<br />

121 http://www.cnil.fr/<br />

122 Altre strutture di riferimento sono: il Comitato per la protezione delle persone (CPPs), l’Agence<br />

Française de Sécurité Sanitaires des Produitis de Santé (AFSSAPS), Comité Consultatif sur le Traitement<br />

de l'Information en Matière de Recherche dans le Domaine de la Santé (CCTIRS), Conseil de l'Ordre<br />

des Médecins, Comité Consultatif National d’Ethique (CCNE).<br />

Per capire come intervengono le varie autorità, si veda a riguardo: http://ipts.jrc.ec.europa.eu/<br />

publications/pub.cfm?id=3259.<br />

123 Mesure de la diversité statistiques ethniques, égalité, des chances: les 10 reccomandations de<br />

la CNIL pour mieux lutter contre les discriminations (16 maggio 2007). Il CNIL è la ‘Commission<br />

Nationale de l’Informatique et des libertés’.<br />

124 In precedenza il suo ruolo era ricoperto dall’Établissement Français des Greffes, fino al 10<br />

maggio 2005.<br />

125 Proposition de loi relative au prélèvement et à la conservation del cellules souches issues du sang<br />

de cordon ombilical. Proposta n.1938, presentata all’Assemblea Nazionale del 29 settembre 2009<br />

97


98 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

e la ricerca a partire da cellule e tessuti umani è tanto fitto quanto disorganizzato;<br />

fortunatamente la legislazione <strong>fra</strong>ncese prevede una serie di strumenti per disporre<br />

revisioni periodiche, al passo con le innovazioni scientifiche.<br />

5.2 Spagna<br />

La LIB (Ley de Investigaciòn Biomédica), L.14 del 2007, promuove la<br />

ricerca scientifica nel settore della biomedicina, in particolare essa promuove la ricerca<br />

relativa alla salute umana, che può comportare procedimenti invasivi per il soggetto<br />

coinvolto nelle sperimentazioni 126 .<br />

Questa legge ha inoltre regolato la raccolta e la conservazione nonché il<br />

trasferimento dei materiali biologici ed infine ha dettato la struttura, l’organizzazione<br />

ed altri elementi residuali inerenti le biobanche.<br />

La biobanca è stata definita come “la struttura pubblica o privata, senza scopo<br />

di lucro, che raccoglie una collezione di campioni biologici con finalità diagnostiche<br />

o di ricerca biomedica, ed è organizzata come un’entità tecnica dotata di criteri di<br />

qualità, ordine e destinazione” 127 . La LIB traccia una tripartizione riguardante<br />

possibili classi di collezioni, ognuna con un proprio status giuridico autonomo:<br />

collezione di campioni per usi personali, collezione ordinata di campioni e biobanche<br />

in senso stretto. Queste ultime sono quelle che costituiscono la categoria di maggior<br />

interesse e possono essere istituite per due finalità: la prima, per scopi diagnostici e<br />

terapeutici, la seconda per ricerca biomedica. È inoltre previsto, per la creazione di<br />

una biobanca in senso stretto, che organizzazione, obiettivi e mezzi disponibili siano<br />

rivolti ad un interesse biomedico 128 . Dopo l’istituzione della biobanca, è prevista la<br />

sua registrazione presso l’Agenzia spagnola di protezione dei dati (Comité de Ética<br />

de la Investigación) 129 ed in particolar modo nel Registro nazionale di biobanche di<br />

ricerca biomedica, il Ministero di Sanità dovrà certificare la natura e la portata della<br />

collezione 130 , e saranno previste ispezioni periodiche presso le biobanche per garantire<br />

126 Oltre alle sperimentazioni, nello specifico si fa riferimento anche alle donazioni e all’utilizzazione<br />

di ovuli, spermatozoi, preembioni, embrioni, feti o tessuti fetali, a scopi di ricerca biomedica nonché di<br />

applicazione clinica.<br />

127 Art.3.1 lett. d – di conseguenza tale definizione include sia le biobanche già fondate, o che<br />

possono orientarsi a fini di ricerca, ma anche archivi delle Unità Operative di Anatomia Patologica<br />

(Morente M., Esteller M. “Investigación traslacional y biobancos”.<br />

128 Art.63 titolante “Interesse scientifico”.<br />

129 Questo Comitato, sostituisce i precedenti comitati di etica e ricerca clinica (CEIC).<br />

130 Art.67.3 titolante “Registro Nazionale delle Biobanche”


Biobanche<br />

il rispetto delle condizioni previste dalla legge 131 .<br />

Delineate queste caratteristiche tecniche, occorre scendere nel dettaglio<br />

dell’analisi della legge, poiché essa non regola solamente le biobanche dal punto di<br />

vista organizzativo e strutturale, ma ha anche il pregio di garantire, assicurare nonché<br />

incentivare la circolazione dei campioni. Infatti è possibile la cessione degli stessi<br />

solamente a titolo gratuito e per scopi di ricerca biomedica 132 . Ogni progetto di<br />

ricerca dovrà essere approvato dal punto di vista scientifico e la richiesta dei suddetti<br />

campioni, dovrà essere accompagnata da tutte le informazioni tecniche sul progetto e<br />

sull’impiego stesso dei materiali.<br />

La LIB prevede che il paziente fonte del campione oggetto della ricerca<br />

scientifica, sia preventivamente informato. Egli dovrà esprimere il proprio consenso<br />

in forma scritta, poiché risulta di importanza fondamentale per consentire la<br />

continuazione in modo uniforme della ricerca in questione 133 . È inoltre imprescindibile<br />

il consenso, qualora il campione raccolto per un determinato fine, sia poi utilizzato<br />

per un altro fine di ricerca, eccezionalmente infatti potranno essere utilizzati<br />

campioni codificati o identificati a fini di ricerca biomedica, senza il consenso del<br />

soggetto donatore, quando l’ottenimento del consenso sia impossibile o rappresenti<br />

uno sforzo non ragionevole 134 . Detto ciò, però, il consenso previsto dalla LIB, che va<br />

sempre assunto all’inizio della ricerca biomedica, è particolarmente ampio, lo scopo<br />

evidentemente è quello di agevolare il progetto biomedico stesso.<br />

Classificazione delle biobanche. L’attuale quadro normativo prevede<br />

quattro differenti modelli organizzativi di biobanche: banche nazionali, biobanche<br />

ospedaliere, reti di biobanche e biobanche in rete:<br />

1.Banche Nazionali - In questa prima categoria rientrano il Banco Nacional de ADN<br />

(BNADN) e il Banco Nacional de Lìneas Celulares. BNADN fu creata nel 2004 e<br />

gestisce una piattaforma tecnologica di supporto alla ricerca genomica in Spagna. Si<br />

occupa principalmente della raccolta di DNA, plasma e cellule di volontari, questi<br />

campioni sono messi a disposizione della comunità scientifica spagnola ma anche<br />

internazionale; lo scopo è ovviamente quello di favorire la ricerca sulla evoluzione<br />

umana e sulle diversità genetiche nonché sul relativo impatto sulla salute e sulla<br />

medicina. Tale biobanca rappresenta il modello di riferimento nazionale per la<br />

raccolta, conservazione e stoccaggio di vari materiali biologici, in modo particolare di<br />

DNA, poiché ha creato una struttura organizzata di campioni, rappresentativa della<br />

popolazione sana residente in Spagna ed associata ad informazioni sulla salute, stile<br />

131 Art.68 titolante “Ispezioni e misure di controllo”<br />

132 Art.69.2 titolante “Ottenimento e cessione dei campioni”<br />

133 Art.58 titolante “Ottenimento dei campioni”, prevede che il soggetto debba essere informato<br />

sull’utilizzo che verrà fatto del campione da esso prelevato, nonché delle conseguenze e dei rischi per la<br />

sua salute.<br />

134 Art.3 titolante “Definizioni”.<br />

99


100 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

di vita ed abitudini.<br />

La seconda delle banche nazionali di riferimento, ovvero il Banco Nacional de Lìneas<br />

Celulares 135 , è una struttura organizzata in rete che garantisce su tutto il territorio<br />

spagnolo la disponibilità di linee cellulari provenienti da <strong>staminali</strong> embrionali e<br />

adulte, per fini di ricerca biomedica.<br />

2.Biobanche ospedaliere - Sono le biobanche più diffuse in tutta la Spagna, e l’esempio<br />

tipico è quello della Biobanca dell’Ospedale clinico dell’Institut d’Investigacion<br />

Biomèdiques August Pi i Sunyer di Barcellona (IDIBAPS) 136 , questa biobanca<br />

colleziona principalmente DNA, siero e plasma. Il DNA è utilizzato per studi genetici<br />

su larga scala, mentre il siero ed il plasma vengono utilizzati per la determinazione<br />

dei profili proteici e metabolici. Questa biobanca offre assistenza tecnica a tutti i<br />

ricercatori che necessitano di tali materiali, garantendo così la continuità della ricerca<br />

biomedica anche oltre i confini nazionali.<br />

3.Reti di Biobanche - La prima struttura di tal genere, fu creata appena undici anni<br />

fa, infatti nel 2001, nacque l’Instituto Nacional del Càncer, allo scopo di promuovere<br />

delle ricerche a livello nazionale che coinvolgessero il maggior numero possibile di<br />

ricercatori, nonché di istituti sanitari.<br />

Nel 2003, invece, vi è la nascita della Red Temàtica de Investigaciòn Cooperativa<br />

en Càncer (RTICC), tale collaborazione si rese forte ed autorevole grazie ad una<br />

partecipazione massiccia di istituti di ricerca, ognuno facente riferimento a diverse<br />

strutture ospedaliere 137 .<br />

La cooperazione rappresenta la chiave di svolta dell’intera rete, poiché si mira a<br />

promuovere, nello specifico, le banche tumorali, facendo defluire i singoli risultati<br />

delle ricerche in un network comune. Lo scopo della rete è quello di formulare delle<br />

procedure tecniche omogenee e di basarsi su requisiti tecnici condivisi, sulla base di<br />

un coordinamento centralizzato. È bene precisare che sia le biobanche che i tessuti<br />

restano di pertinenza dei singoli ospedali.<br />

4.Biobanche in Rete - La Biobanca Basca (Fundación Vasca de Innovación e<br />

Investigación Sanitarias / B+I+O eusko fundazioa – BIOEF) di ricerca è una<br />

struttura promossa dal Dipartimento di Sanità della Comunità Autonoma del<br />

Paese Basco. Si tratta del modello spagnolo più rilevante di biobanca in rete, creata<br />

con l’ausilio di strutture sanitarie e di ricerca. Infatti, permettendo la raccolta e la<br />

conservazione dei campioni presso gli istituti ospedalieri aderenti, e non all’interno di<br />

una struttura unicamente definibile come biobanca, ogni ospedale può dirsi parte di<br />

135 Creata con il Decreto Reale n.2132 del 2004 – essa aderisce a Convenzioni e Trattati<br />

internazionali sottoascritti dalla Spagna in ambito biomedico.<br />

136 L’IDIBAPS è uno dei centri di riferimento per una vasta area europea, infatti la Regione della<br />

Catalogna, così come la Spagna e l’intera Europa Meridionale, fanno riferimento ad essa.<br />

137 Le istituzioni coinvolte all’inizio del progetto furono 23, le quali facevano riferimento a 40<br />

strutture ospedaliere.


Biobanche<br />

questa. Ogni struttura è indipendente ma lavora in modo coordinato e le stesse risorse<br />

sono condivise tramite una piattaforma informatica.<br />

A tale meccanismo di condivisione partecipano enti e società specializzati<br />

in diversi settori d’intervento. Tutto ciò favorisce la condivisione e la collaborazione<br />

medica nonché universitaria, dunque la sua rilevanza è notevole poiché mette<br />

a confronto strutture di ricerca con pazienti e personale sanitario. Le raccolte<br />

riguardano intere collezioni di materiali biologici di vario tipo, da ciò è facilmente<br />

comprensibile come il legame territoriale sia molto forte. Al fine di incentivare la<br />

collaborazione tramite la rete, il medesimo ente finanzia e supporta le ricerche dei<br />

medici degli istituti sanitari aderenti al network, fornendo i campioni raccolti e i dati<br />

aggiornati.<br />

Altro discorso va fatto per le biobanche cordonali. Il tema ha sempre suscitato<br />

grande interesse e acceso dibattito, ma la vera e propria polemica nazionale che fece<br />

emergere il problema, risale al 2006 quando il principe ereditario Felipe e la sua consorte<br />

Letizia, depositarono il sangue della primogenita Leonor negli Stati Uniti 138 . Da ciò si<br />

arrivò alla promulgazione del Regio Decreto 1301 del 10 <strong>Novembre</strong> del 2006, il quale<br />

consentì la conservazione autologa. Tale atto prevede che tutto il sangue cordonale<br />

conservato in Spagna, venga elencato nel Registro Spagnolo dei Donatori di Midollo<br />

Osseo 139 . A fianco del Registro, va inoltre ricordata l’Organizzazione Nazionale dei<br />

Trapianti, la quale coordina le banche di sangue, la raccolta e la conservazione di<br />

midollo e di sangue cordonale. È possibile utilizzare il sangue cordonale depositato<br />

da parte di ogni paziente, anche se il campione non gli appartiene. È comunque<br />

previsto il rimborso alla famiglia dalla quale proviene il campione utilizzato, per le<br />

spese affrontate per la conservazione dello stesso 140 .<br />

La prima banca di sangue cordonale spagnola indipendente (costituita dopo<br />

l’entrata in vigore del Regio Decreto del 2006), è la VidaCord, la quale consente la<br />

conservazione in 3 possibili collocazioni: Alcalà de Henares (nei pressi di Madrid),<br />

Nottigham (tramite la Future Health Technology) oppure a Cracovia (presso la<br />

Polish Stem Cell Bank) 141 .<br />

138 Presso la società CordBlood Registry.<br />

139 CARLO PETRINI. Workshop “Le banche di cordone ombelicale” Pontificia Accademia Pro<br />

Vita, 25 febbraio 2011.<br />

140 Il testo del Regio Decreto è alquanto innovativo, ciò nonostante molte famiglie spagnole,<br />

propense per la conservazione autologa, esportarono ugualmente all’estero il cordone ombelicale. Il<br />

timore generale era ovviamente quello per cui il campione depositato potesse essere utilizzato da ogni<br />

paziente ne avesse bisogno, vanificando così lo scopo stesso della conservazione autologa (che diventa<br />

in questo modo allogenica). Lo stesso Principe Felipe nel 2007, trasportò il sangue cordonale del<br />

secondogenito in Germania.<br />

141 Si tratta di una società privata fondata da Ángel Álvarez, biologo imprenditore che per molti<br />

anni inseguì il sogno di creare una banca privata spagnola per la conservazione del sangue cordonale<br />

ombelicale per scopi autologi.<br />

101


102 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

5.3 Regno Unito<br />

Il panorama delle biobanche nel Regno Unito è decisamente molto<br />

complesso e <strong>fra</strong>stagliato. Considerando unicamente quelle coinvolte più strettamente<br />

nel mondo della biomedicina 142 , sono presenti sia biobanche pubbliche e biobanche<br />

private 143 ; vi sono biobanche c.d. no-profit (che per l’esattezza sono tre: la British<br />

Bone Marrow Registry, la Bone Marrow Donors Worldwide Registry per le ricerche<br />

internazionali e The Anthony Nolan Trust, biobanca cordonale organizzata da un<br />

privato (Shirley Nolan) per trovare un donatore compatibile con suo figlio, esiste poi<br />

anche una quarta biobanca no-profit operante nel Regno Unito che è la biobanca<br />

scozzese, la quale però non è ancora operativa) 144 , a cui si affiancano le biobanche<br />

che mirano a conseguire un profitto con i servizi erogati verso i clienti 145 ; ancora, nel<br />

Regno Unito emergono anche le biobanche di ricerca, tra cui emerge per importanza<br />

e mole di campioni detenuti la UK Biobanking.<br />

Concentrandosi sulla disciplina inglese inerente alle biobanche, questa vede<br />

affiancarsi molteplici fonti tra cui spiccano per importanza lo Human Tissue Act del<br />

2004 146 e il Data Protection Act del 1998 147 . A queste si affiancano le fonti di soft<br />

142 Volendo essere precisi, il termine biobanche può far riferimento anche ad altri tipi slegati, più<br />

o meno, dalla biomedicina. Un esempio sono le c.d. biobanche criminali, delle quali è bene ricordare<br />

l’NDNAD, biobanca inglese famosa per la mole di campioni di tessuti e DNA di tutti coloro che hanno<br />

compiuto reati nel Regno Unito, e che sono ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica.<br />

143 Tale suddivisione è utile più per capire la natura delle biobanche inglesi che per evidenziare<br />

una vera e propria differenza. Entrambe sono vincolate a quanto stabilito dalle norme inglesi in tema di<br />

biobanche, proprietà intellettuale, trattamento dei dati personali e, infine, entrambe possono o meno<br />

ricavare profitto dai servizi erogati.<br />

144 È bene anticipare che la Scozia segue una disciplina differente rispetto a Inghilterra, Galles ed<br />

Irlanda del Nord. In tema di donazioni, trapianti nonché di biobanche, la Scozia Applica lo Human<br />

Tissue Scotland Act del 2006 invece che lo Human Tissue Act del 2004.<br />

145 Sulle biobanche private che perseguono fini lucrativi, è bene precisare come lucrare sul corpo<br />

umano sia vietato non solo dai Trattati Europei, ma anche dalle leggi inglesi. Il profitto infatti è generato<br />

dal servizio erogato tra cui, ad esempio, la conservazione e lo stoccaggio all’interno dell’istituto stesso.<br />

146 Lo Human Tissue Act del 2004 si occupa dell’intera disciplina inerente alla donazione, gestione,<br />

organizzazione, utilizzo di materiale umano. Ha sostituito lo Human Tissue Act del 1961, l’Anatomy Act<br />

del 1984 e lo Human Organ Transplants Act del 1989, nonché costituito la Human Tissue Authority.<br />

147 Nasce nel 1998 andando a soppiantare il Data Protection Act del 1984, ritenuto inadeguato<br />

e lacunoso tanto da essere stato oggetto di innumerevoli modifiche fino all’arrivo dell’odierna legge<br />

sulla protezione dei dati personali. L’atto, ad ogni modo, si rese necessario col venire in essere della Dir.<br />

1995/46/CE di cui già si è trattato nella parte europea, che obbligava gli Stati a conformarsi entro 3 anni<br />

ai principi comuni come <strong>diritto</strong> del singolo di opporsi al trattamento dei dati che lo riguardano, lealtà e<br />

liceità del trattamento medesimo, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, istituzione<br />

di appositi organismi indipendenti per la vigilanza sulla correttezza e rispetto della direttiva, ha reso<br />

necessario, per l'ordinamento giuridico inglese, la stesura di una legge che facesse propri i principi della<br />

direttiva.


Biobanche<br />

law, vale a dire pareri e raccomandazioni richieste dal Governo a determinati enti,<br />

tra i quali è bene citare lo Human Genetic Council e il British Medical Association;<br />

è bene precisare come queste fonti rivestano un ruolo primario nella disciplina delle<br />

biobanche, questo perché sia lo Human Tissue Act, sia il Data Protection Act non<br />

hanno nelle biobanche l’oggetto principale del loro testo normativo, inoltre tali<br />

pareri sono stati molto seguiti per la loro autorevolezza. Il panorama non può dirsi<br />

completo se, oltre alle fonti citate, non si evidenziassero i 9 Codes of Practice 148<br />

derivanti dallo Human Tissue Act e posti in essere dalla Human Tissue Authority,<br />

autorità indipendente nata ufficialmente il 1 Aprile del 2005 che regola la rimozione,<br />

stoccaggio, uso e utilizzo dei corpi umani, tessuti, organi, cellule per scopi di ricerca,<br />

trapianto, educazione e pratica. Inoltre, si occupa di concedere le licenze alle<br />

biobanche al fine di operare il Regno Unito (con l’eccezione della Scozia che segue la<br />

sua particolare disciplina) 149 .<br />

Le fonti di cui sopra, vanno considerate singolarmente, cercando di porre in<br />

evidenza la disciplina che più inerisce il tema trattato.<br />

La prima fonte ad essere esaminata è il Data Protection Act del 1998.<br />

Quest’atto, è importante per la definizione che si viene a dare di dati sensibili 150 ,<br />

stabilendo che essi riguardano l’origine razziale o etnica del soggetto interessato, i<br />

suoi pareri politici, la sua credenza religiosa o l’altra credenza di natura simile, se è<br />

un membro di un sindacato, la sua salute o stato fisico o mentale, la sua vita sessuale,<br />

la commissione o commissione presunta di qualsiasi reato, qualsiasi dato relativo ad<br />

illeciti commessi o dichiarati.<br />

All’art. 4 del Data Protection Act del 1998, si fa un riferimento a quanto<br />

previsto nella Schedule 1 Part I, nella quale vengono stabiliti i principi cardine finalizzati<br />

al trattamento dei dati personali 151 . È previsto come tutti gli utilizzatori di dati<br />

devono aderirvi incondizionatamente; inoltre tali principi vengono dettagliatamente<br />

148 In tutto esistono 9 Codes of Practice. Alcuni di questi sono stati rivisitati rispetto ai precedenti<br />

e sono entrati in vigore il 15 Settembre 2009 (per l’esattezza quelli rivisti sono 7 su 9).<br />

149 È un organo indipendente che sostituisce direttamente la Unrelated Transplant Regulatory<br />

Authority (ULTRA) e l’HM Inspector of Anatomy, assorbendone le funzioni. Opera sotto l’egida, e nel<br />

rispetto, delle direttive UE per i tessuti e le cellule (Dir.2004/23/CE).<br />

150 Art.2 Data Protection Act del 1998.<br />

151 I principi previsti sono in tutto 8: 1.I dati personali saranno trattati in modo corretto e lecito;<br />

2.I dati personali vanno ottenuti per scopi determinati e legittimi e non devono essere utilizzati se non<br />

per questi; 3.I dati personali devono essere adeguati in relazione all’obiettivo da conseguire; 4.Devono<br />

essere accurati; 5.I dati personali non sono conservati oltre i tempi necessari per conseguire le finalità<br />

per cui sono stati forniti; 6.Vanno utilizzati in accordo con quanto previsto dal <strong>diritto</strong> e da questo Atto;<br />

7.Si devono porre in essere misure tecniche appropriate per evitare pregiudizi all’individuo fonte come<br />

lo smarrimento dei suoi dati personali; 8.Il trasferimento di questi dati al di fuori della CEE (siamo nel<br />

1998) è vietato salvo che i Paesi in questione non abbiano una legge adeguata in tema di rispetto e tutela<br />

dei dati personali.<br />

103


104 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

specificati, interpretati e adeguati nel corso del tempo dal “Garante” 152 , inoltre sono<br />

previste sanzioni penali per omissione degli stessi. Tuttavia, è bene precisare come tali<br />

principi non si applicano nei casi relativi alla sicurezza nazionale, la prevenzione o la<br />

repressione del crimine, la valutazione o determinazione della tassazione nazionale e<br />

per gli scopi specifici dell’amministrazione statale.<br />

Considerandoli nello specifico, <strong>fra</strong> questi emerge chiaramente il primo<br />

principio, base per la protezione di dati personali della legge sulla privacy inglese, il<br />

quale consiste nel trattare tali dati in modo corretto e lecito. È nella Part II della<br />

Schedule 1, che si chiarisce e spiega il significato di questo principio 153 : la raccolta<br />

ed elaborazione dei dati potrà dirsi lecita solo quando la persona dalla quale i dati si<br />

riferiscono non sia stata fuorviata circa gli scopi del trattamento. Dall’altra parte, si<br />

vedrà rispettato il dovere di correttezza quando i dati vengono trattati per gli scopi<br />

per i quali sono stati raccolti, in modo che un eventuale mutamento del tipo di<br />

trattamento venga autorizzato con il consenso esplicito dall’interessato 154 . Il settimo<br />

principio prevede come si debba garantire la sicurezza dei dati personali, concernente<br />

con l’adottare misure adatte per assicurare una corretta elaborazione dei seguenti.<br />

L’obiettivo è quindi che non si verifichino eventuali trattamenti non autorizzati o che<br />

il materiale venga smarrito o rubato 155 .<br />

L’ottavo principio inerisce al divieto di trasmissione dei dati personali al di<br />

fuori della Comunità Economica Europea. Come già specificato, si fa riferimento al<br />

1998. Tuttavia a questa regola generale, è prevista una deroga all’interno del medesimo<br />

principio; essa si riferisce a quei paesi che hanno legislazione sufficientemente garantista<br />

per la protezione di dati personali secondo gli standard della Data Protection Act<br />

(come per esempio la Svizzera) e quando ci sia il consenso all’esportazione effettuato<br />

dall’interessato. Il motivo dell’ottavo principio è intuibile e, si fa riferimento ai<br />

Paesi extraeuropei, in virtù della presenza della Dir.95/46/CE che già disponeva sul<br />

trattamento dei dati personali.<br />

Come si può intuire, a questi principi sono correlati dei diritti attribuiti al<br />

soggetto fonte dei dati personali: oltre al già citato consenso (riferito al primo ed al<br />

152 Nel Data Protection Act, Schedule 5, viene prevista un’autorità chiamata Data Protection<br />

Commissioner.<br />

153 E non solo del primo, anche gli altri sono precisati e spiegati nella medesima parte del Data<br />

Protection Act.<br />

154 Il discorso relativo al consenso, riprende in particolar modo il secondo principio, dove si precisa<br />

come il trattamento dei dati personali debba essere destinato solo ed esclusivamente per gli scopi e le<br />

finalità previste al momento in cui si è stati autorizzati dal soggetto fonte all’uso di questi. La questione<br />

del consenso è decisamente molto rilevante nel Regno Unito, non è un caso che, dal punto di vista dei<br />

dati genetici, venga ripreso nel Code of Practice 1 e nell’Encore Project, al fine di precisarne e migliorarne<br />

il contenuto.<br />

155 A tal fine, spetterà al Data Protection Commissioner il compito di predisporre opportuni<br />

provvedimenti di specificazione dei principi posti nel Data Protection Act.


Biobanche<br />

secondo principio in particolar modo), ci si riferisce anche al dovere di informazione<br />

a proposito delle ricerche condotte e sui responsabili di queste, in virtù dell’utilizzo<br />

dei dati personali propri; il richiedere una copia dei dati medesimi; l’ impedire il<br />

trattamento e/o la conservazione dei propri dati personali quando sussiste il pericolo<br />

di pregiudizi a questa persona; l’esercitare opposizione al trattamento di dati condotto<br />

per scopi non conformi a quanto stabilito nella dichiarazione di consenso e, infine,<br />

chiedere la rimozione o la correzione di dati inesatti o utilizzati illegalmente.<br />

Al tempo stesso il Data Protection Act stabilisce gli obblighi che l’utilizzatore dei dati<br />

deve necessariamente osservare per un corretto trattamento dei dati personali e per<br />

non incorrere nelle sanzioni penali che la legge stabilisce a protezione della disciplina<br />

della privacy 156 .<br />

A fianco del Data Protection Act, è da porre in evidenza, come già detto, lo<br />

Human Tissue Act del 2004. L’importanza di questo Atto, per quanto riguarda le<br />

biobanche emerge per il fatto che: queste rientrano all’interno delle sue previsioni, la<br />

Human Tissue Authority si occupa anche della vigilanza e del controllo sulle biobanche<br />

e, infine, per quanto riguarda nello specifico il trattamento dei dati personali, l’accesso<br />

ai medesimi, il consenso e la sua revocazione e il <strong>diritto</strong> all’informazione, si prende<br />

come riferimento quanto previsto nei Codes of Practice.<br />

A queste fonti appena viste, si affiancano quelle di “soft law”, le quali, come<br />

precedentemente scritto, sono spesso commissionate dal Governo al fine di formare un<br />

orientamento più specifico e chiaro sul tema biobanche. Si prenda in considerazione<br />

quanto rilevato dalla Human Genetic Commission (HGC) nella ricerca denominata<br />

“Balancing interests in the use of personal genetic data” del Maggio 2002 157 , la quale<br />

ha come obiettivo il porre in essere un’analisi atta a portare avanti e favorire la ricerca<br />

e lo sviluppo sui dati genetici, con un occhio di riguardo però alla sicurezza dei dati<br />

stessi.<br />

Punto focale è proprio il trattamento dei dati, A questo riguardo l’HGC<br />

individua 4 principi che devono sorreggere la materia:<br />

1.Principio della privacy: ognuno ha <strong>diritto</strong> alla sua privacy e in assenza di<br />

giustificazioni morali valide, nessuno dovrebbe essere obbligato a rivelare le proprie<br />

informazioni genetiche.<br />

2.Principio del consenso: le informazioni private genetiche di una persona non<br />

dovrebbero essere ottenute, comunicate, trattenute senza il consenso informato della<br />

stessa.<br />

156 L’utilizzatore dovrà quindi fornire i dati che lo riguardano, una descrizione generale delle misure<br />

di sicurezza adottate, comunicare le eventuali modifiche che dovessero intervenire successivamente e,<br />

infine, aderire ad un codice di comportamento sull'elaborazione dei dati. Per ulteriori specificazioni si<br />

veda a riguardo quanto previsto dal Data Protection Commissioner.<br />

157 Tale report, individua come il problema sulla ricerca e sui dati genetici stia sia in questioni etiche,<br />

sia in questioni di protezione dei dati personali che verranno utilizzati a tali scopi.<br />

105


106 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

3.Principio della confidenzialità: le informazioni private genetiche di una persona<br />

dovrebbero essere trattate in maniera confidenziale senza rivelarle a terzi senza<br />

consenso salvo gravi motivi.<br />

4.Principio di non discriminazione: nessuno dovrebbe venir discriminato in base alle<br />

proprie caratteristiche generiche.<br />

Al fine di rispettare questi principi, certamente la situazione preferibile è<br />

l’anonimato dei campioni (è bene precisare che, tuttavia, la natura stessa del DNA,<br />

non consente di ottenere una perfetta anonimità 158 ).<br />

L’HGC indica come sarà necessario l’ottenimento del consenso dei<br />

partecipanti 159 . La regola generale che emerge prevede quindi che: se i dati utilizzati<br />

per la ricerca sono anonimizzati, si avrà un consenso generale, d’altro canto, se i dati<br />

non sono anonimi si avrà un consenso specifico 160 . Infine, per qualunque diversità<br />

da quanto predisposto nella ricerca iniziale, la regola generale rimane comunque la<br />

richiesta del consenso, specifico e certo al soggetto fonte dei dati genetici.<br />

Altro questione verte sull’esporre, ai partecipanti alla ricerca l’esistenza di<br />

interessi di carattere commerciale per quanto concerne la stessa, al fine di evitare<br />

strumentalizzazioni o prese di posizione lesive in contrasto col progetto 161 .<br />

Da quanto rileva l’HGC, si è convinti che una ricerca etica nonché realmente<br />

utile alle persone, sia più facilmente condotta da quelli istituti, quelle biobanche<br />

di popolazione, che operano su larga scala e che, supportate da fondi pubblici,<br />

costituiscono un asset strategico per implementare ulteriori ricerche e come base per<br />

tutti quei ricercatori che necessitassero di una base buona al fine di condurre al meglio<br />

i propri progetti.<br />

158 Dal punto di vista biologico, analizzando il DNA, e focalizzandosi sui dati genetici ivi contenuti,<br />

si possono ricavare sempre moltissime informazioni sulla persona donatrice. Ad esempio, ponendo il<br />

caso che il DNA del donatore sia stato inserito in una biobanca criminale, certamente l’uso del campione<br />

in questione porterà il ricercatore o l’utilizzatore a conoscere alcuni dati personali del donatore<br />

indipendentemente dal consenso di costui.<br />

159 Sicuramente questo discorso è valevole per il consenso iniziale, tuttavia l’HGC rileva come un<br />

consenso continuato sia lesivo della ricerca e decisamente intrusivo, per quanto rispettoso dei principi<br />

elencati, si rileva in particolare la difficoltà di riceverlo da quei soggetti che, per questioni personali<br />

(luogo di residenza, lavoro, altro), non sono facilmente rintracciabili dai ricercatori.<br />

160 Il problema del consenso è decisamente molto sentito. L’Health and Social Care Act del 2001<br />

dà <strong>diritto</strong> alla Segreteria di Stato di autorizzare l’uso di informazioni sui pazienti, a scopo di ricerca,<br />

senza la richiesta specifica del consenso (ulteriore, s’intende, a quello generale prestato ad inizio ricerca).<br />

Ad ogni modo questa è solo un’eccezione, per quanto significativa, al principio del consenso e della<br />

confidenzialità.<br />

161 L’HGC non si esprime sul dovere del Governo inglese di introdurre norme di carattere etico per<br />

regolare queste ricerche e mettere, senza lederle, un freno agli utilizzi per scopi commerciali delle ricerche<br />

stesse. La Commissione raccomanda, in ogni caso, che si pervenga all’incoraggiamento di rilevanti<br />

ricerche da condurre da parte di istituzioni, enti specifici di ricerca connessi allo Stato, al fine di garantire<br />

più facilmente principi di eticità sui progetti stessi.


Biobanche<br />

L’HGC ritiene che tali progetti (come la UK Biobank) dovrebbero essere<br />

implementati e maggiormente sostenuti, in quanto eccellenze e risorse notevoli per il<br />

Paese e i suoi cittadini.<br />

Opportuno, a questo punto, è trattare della UK Biobank, sempre ricompreso<br />

nelle fonti di soft law, è importante analizzare un documento dell’Ethic Governance<br />

Council (EGC) in proposito alla UK Biobank 162 , titolato “Access to the UK Biobank<br />

resource: Advising on the public interest and the public good” e datato 17 Febbraio<br />

2009 163 .<br />

Dai due report, si evidenzia il ruolo dell’EGC come strumento di protezione<br />

dei valori e dei principi base che sorreggono la comunità, anche dal punto di vista<br />

scientifico, come ad esempio la protezione dei dati genetici ed il loro utilizzo a scopi<br />

utili, questo è visto come un bene pubblico oltre che rientrare nel pubblico interesse 164 .<br />

Il consenso e la fiducia sono visti come beni pubblici e, l’EGC enfatizza ambo i punti<br />

come elementi di pubblico interesse necessari al fine di implementare e completare le<br />

ricerche.<br />

Sostanzialmente, sia il consenso che la fiducia devono essere utilizzati per<br />

dipanare eventuali dubbi sugli scopi che le ricerche, condotte da coloro che utilizzano<br />

la UK Biobank, non coinvolgono unicamente un interesse di carattere economico. Si<br />

deve invece porre l’accento sugli eventuali risvolti nel sociale, senza però precluder la<br />

collaborazione con le imprese 165 .<br />

Per quanto riguarda la pubblica sicurezza dell’informazione, questa si basa<br />

sugli strumenti dell’anonimato e del consenso. La gestione dei dati genetici viene<br />

controllata dall’EGC con un report, inviato dalla UK Biobank, inerente alla sua<br />

organizzazione e al suo modus operandi 166 .<br />

Sulla proprietà intellettuale, il documento rileva l’importanza che l’UK<br />

Biobank sviluppi una chiara, trasparente, robusta e ragionevole via d’accesso alle<br />

162 Concilio di Etica e governance si occupa di monitorare e controllare l’operato del management<br />

della UK Biobank, delle ricerche, si occupa della protezione degli interessati e della promozione del<br />

pubblico interesse.<br />

163 Nel documento, l’EGC ha chiesto di porre in essere 2 paper sul suo duplice ruolo di bene<br />

pubblico e di tenere in considerazione il pubblico interesse correlato alla UK Biobank.<br />

164 Sull’operato dell’EGC cosa deve risultare:<br />

1. Trasparenza<br />

2. Articolare le ragioni ed i motivi che orientano una scelta prima di una decisione<br />

3. Articolare il valore dell’informazione<br />

4. Articolare come casi scientifici ed esigenze di tal genere possano orientare le scelte dell’UK Biobank<br />

5. Porre in essere meccanismi di responsabilità<br />

165 Ricordiamo poi, a proposito di questo, che la UK Biobank dà rilevanza notevole allo Human<br />

Right Act del 1998, nel quale è previsto comunicazione e dialogo <strong>fra</strong> istituto e paziente/cliente.<br />

166 Così facendo, l’EGC conferma come la sicurezza delle informazioni e dei campioni dell’UK<br />

Biobank, sia compito suo.<br />

107


108 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

informazioni genetiche, nonché una politica di proprietà intellettuale, tale che<br />

sia costruita al fine di proteggere gli interessi dei partecipanti, dei beneficiari e<br />

sia sufficientemente dettagliata e chiara al fine di non eliminare una delle regole<br />

fondamentali della legislazione inglese, ovvero che la proprietà di questi beni, in<br />

quanto promana dall’individuo che li dona, rimane all’individuo stesso e non viene<br />

trasferita né alla biobanca né ai ricercatori stessi.<br />

Infine, trattando dell’accesso ai dati, è bene chiarire cosa e come ci si debba<br />

comportare per l’accesso di dati da parte di ricercatori esteri. È importante che<br />

l’UK Biobank preveda un meccanismo di informazione allo scopo di concedere o<br />

negare l’accesso ai database 167 . Questo ovviamente non deve ledere la collaborazione<br />

internazionale, vista come una priorità per l’UK Biobank; questa è utile per<br />

massimizzare i progetti scientifici delle ricerche condotte tramite l’UK Biobank.<br />

A questo proposito si ritiene necessario un supporto da parte del Governo a tali<br />

procedure e collaborazioni, in quanto si incentiverebbe decisamente la cooperazione<br />

internazionale 168 .<br />

Conclusioni<br />

Dall’analisi effettuata, si evince che è indispensabile, al fine di conseguire gli<br />

obiettivi delle biobanche, vale a dire agevole accesso dei dati e, soprattutto, progresso<br />

scientifico, armonizzare la disciplina vigente nell’Unione Europea, in modo da<br />

garantire una disciplina omogenea <strong>fra</strong> tutti gli Stati che ne sono membri. Solo in questo<br />

modo si potranno sfruttare pienamente le potenzialità delle biobanche, potenzialità<br />

che attualmente riguardano in particolar modo la medicina personalizzata e il<br />

progresso della ricerca in ambito biomedico e non solo.<br />

Allargando il campo, si nota che anche in ambito internazionale, vi è una<br />

mancanza di chiarezza e coerenza tra le fonti inerenti il fenomeno delle biobanche.<br />

La conseguenza di questo modus operandi è che non vi è uniformità di disposizioni e<br />

ogni Stato, in virtù del proprio percorso storico e giuridico, regola la disciplina delle<br />

biobanche in modo diverso creando parecchi problemi, come abbiamo dimostrato<br />

con questo lavoro.<br />

I prossimi anni saranno cruciali per le tematiche affrontate in questo lavoro,<br />

e quindi non solo sulle biobanche strictu sensu, bensì anche sulle questioni che<br />

167 Dai report infatti emerge come l’accesso consentito a qualunque ricercatore in ambito<br />

internazione potrebbe causare disagi ai partecipanti stessi, è bene quindi provi rimedio introducendo,<br />

cosa di cui l’EGC dovrà occuparsi, regole serie su questo versante.<br />

168 Si pensi al Pubblico Progetto di Popolazione sulla Genomica di cui la UK Biobank fa parte.


Biobanche<br />

completano la panoramica del fenomeno. Il problema è più urgente di quanto si possa<br />

pensare: stanno infatti proliferando in tutto il mondo biobanche private le quali, in<br />

assenza di una regolamentazione di riferimento, si trovano nella posizione di poter<br />

alterare i principi nonché le linee guida dettate da organismi riconosciuti o soggetti al<br />

controllo pubblico che devono essere rispettate dalle biobanche pubbliche per poter<br />

funzionare e permettere la ricerca.<br />

Un altro problema sempre più impellente riguarda la disuguaglianza che si<br />

già sta instaurando a livello globale <strong>fra</strong> Stati sviluppati e Paesi sottosviluppati o in via<br />

di sviluppo. L’assenza di una regolamentazione univoca e internazionale può favorire<br />

la migrazione dei campioni biologici , come anche il loro prelievo e conservazione in<br />

Paesi emergenti, dove le normative sono meno severe e può risultare più facile trovare<br />

soggetti che, per poco denaro, si rendono disponibili a fornire parti del proprio corpo.<br />

Un’ipotesi come questa non è improbabile, basti pensare a quanto accade in India con<br />

le madri surrogate. Nel subcontinente indiano è infatti frequente che giovani donne,<br />

a fronte di un pagamento sovente insignificante in relazione a ciò per cui “si prestano”,<br />

portano in grembo figli altrui senza aver alcun <strong>diritto</strong> sul bambino e senza alcun tipo<br />

d’informativa in merito, in quanto analfabete e firmatarie di un contratto che non<br />

sono in grado di leggere o addirittura sottoscrivere, tant’è che si ricorre infatti alla<br />

firma tramite l’impronta digitale; inoltre queste donne, pur di guadagnare qualcosa,<br />

spesso “affittano il loro utero” più volte non essendovi alcun limite in India per questo<br />

tipo di procedimenti 169170 .<br />

Questa discriminazione, quindi, favorirebbe commerci eticamente scorretti,<br />

nonché forme di ricerca vietate.<br />

La causa di tutto questo è rintracciabile nella mancanza di accesso alle<br />

informazioni da parte di queste popolazioni e dalle lacune legislative presenti in<br />

questi Paesi.<br />

Ancora una volta occorre sottolineare che le esigenze scientifiche, la<br />

tutela dell’essere umano e dei dati ad esso connessi sono in forte contrasto; l’ovvia<br />

conseguenza riguarda le difficoltà inerenti la protezione dei dati personali, l’accesso<br />

agli stessi, il consenso, l’informazione e la circolazione di campioni e materiali<br />

biologici. Concludendo, appare necessario porre in essere, innanzi tutto una<br />

definizione condivisa di biobanca e, oltre a questo, anche una normativa internazionale<br />

sull’argomento, che venga recepita dal maggior numero di Stati possibile. Parimenti,<br />

si ritiene auspicabile anche una normativa specifica a livello europeo, al fine di<br />

raccogliere quanto si è detto e fatto finora in tema di biobanche e concretizzarlo in<br />

169 v. il sito www.salutefemminile.it/Template/detailArticoli.asp.<br />

170 Su questo punto vedi, tra i molti, LEORA I. GABRY “Procreating Without Pregnancy: Surrogacy<br />

and the Need for a Comprehensive Regulatory Scheme”, in Columbia Journal of Law and Social Problems,<br />

<strong>2012</strong>, 45, 415.<br />

109


110 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

testi normativi che vi facciamo esplicitamente riferimento.


<strong>Cellule</strong> Stamianli Cordonalic<br />

carlotta baretton<br />

sommario:1. Introduzione. -2. Studio ed evoluzione. - 3. Sorgenti alternative alle cellule<br />

<strong>staminali</strong> emopoietiche: le cellule <strong>staminali</strong> cordonali. - 4. La nascita delle biobanche:<br />

la conservazione delle unità prelevate. - 5. Conservazione autologa e allogenica. - 6.<br />

Regolamentazione europea. -7. Regolamentazione italiana. - 8. Conclusioni.<br />

1.Introduzione<br />

Quando Prometeo trasgredì le leggi degli dei e donò agli uomini il fuoco<br />

sottratto a Zeus, per punizione fu incatenato al Monte Caucaso dove un rapace ogni<br />

giorno gli divorava con ferocia il fegato, che rapidamente si rigenerava. Questo antico<br />

mito coglie, in modo icastico, la straordinaria capacità del nostro corpo di rigenerare<br />

se stesso. Questa “miracolosa” realtà è frutto di minuscole cellule presenti nel nostro<br />

organismo chiamate cellule <strong>staminali</strong>. Le cellule <strong>staminali</strong> sono progenitrici cellulari<br />

ad alto potenziale proliferativo. A seconda da dove vengono estratte, tali cellule si<br />

suddividono in cellule <strong>staminali</strong> totipotenti, cellule capaci di generare un organismo<br />

nella sua totalità, quindi capaci di creare qualsiasi tipo di tessuto, e cellule <strong>staminali</strong><br />

multipotenti , cellule <strong>staminali</strong> che presentano un potenziale differenziativo più limitato<br />

rispetto a quello delle cellule totipotenti. Nel primo caso ci troviamo di fronte a<br />

cellule <strong>staminali</strong> non ancora specializzate poiché estratte da cellule embrionali, invece,<br />

nel secondo caso le cellule provengono da cellule adulte, già specializzate, presenti<br />

in vari organi e tessuti come nel pancreas, nel midollo osseo o nel cordone ombelicale.<br />

Quest’ultime vengono anche denominate cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche poiché appartengono<br />

alla categoria di cellule che vi sono nel sistema del corpo umano deputato<br />

a generare e rigenerare le cellule del sangue.<br />

2.Studio ed evoluzione<br />

Lo studio delle cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche midollari e del sangue periferico<br />

è da far risalire agli anni 20, precisamente nel 1922, quando il ricercatore Danese<br />

Fabricious-Moeller notò, 1 nei suoi studi su modelli animali, che in alcune cavie, espo-<br />

1 E. ANGELUCCI, “Le basi scientifiche del trapianto di cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche” 2009 pdf<br />

111


112 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

ste all’irradiazione corporea totale ( TBI), poteva prevenire la piastrinopenia e la diatesi<br />

emorragica 2 post irradiazione. 3 Questa osservazione 4 rimase isolata fino a quando<br />

nel 1949 il ricercatore Jacobson e i suoi colleghi la ripresero in considerazione e notarono<br />

che, esponendo le cavie a radiazioni tali da causare un’insufficienza midollare (<br />

aplasia midollare) , ma schermando la milza, loro organo emopoietico, non andavano<br />

contro la morte. Essi inoltre dimostrarono che la prevenzione degli effetti letali della<br />

TBI potesse essere effettuata tramite l’infusione nell’organismo di cellule spleniche,<br />

ossia cellule della milza. Poco dopo un altro studioso, Lorenz e i suoi collaboratori,<br />

videro che l’infusione di midollo osseo singenico nelle cavie li proteggeva dall’effetto<br />

letale della TBI. Ciò faceva supporre che la protezione dalle radiazioni era data da un<br />

fattore umorale 5 , ma successivamente si scoprì che l’effetto era dovuto alla colonizzazione<br />

del ricevente da parte di cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche. Nel 1957 si cominciò a<br />

vedere che v’era una diversa sopravvivenza tra animali sottoposti a trapianto di cellule<br />

<strong>staminali</strong> singeniche 6 o allogeniche 7 .<br />

Nella metà degli anni 60 attraverso modelli umani e animali, il ricercatore<br />

Billingham riuscì a definire le caratteristiche della malattia del “trapianto verso l’ospite”,<br />

cioè la GvHD Graft versus Host Disease che è una comune forma di complicanza<br />

medica, una sindrome che si origina quando, durante un trapianto di tessuto od organo,<br />

le cellule immunologiche forniscono una risposta esagerata aggredendo il sistema<br />

immunitario della persona, riconoscendolo come corpo estraneo. 8 Quindi Billingham<br />

capì che le cellule del donatore devono essere immunologicamente competen-<br />

2 Enciclopedia medica italiana, USES edizioni scientifiche Firenze :<br />

“TBI: radiazione corporea totale ( Total body irradiation (TBI)) è una tecnica della radioterapia usata<br />

principalmente come parte del regime di condizionamento precedente il trapianto di cellule <strong>staminali</strong><br />

ematopoietiche. È la pan-irradiazione corporea, cioè l’irradiazione totale e simultanea del corpo (in una<br />

o più <strong>fra</strong>zioni).”<br />

“piastrinopenia: quantità di piastrine (o trombociti) circolanti inferiore a 150.000/mm3 (valori di<br />

riferimento 150.000 - 400.000/mm3)”.<br />

“diatesi emorragica: predisposizione costituzionale alle emorragie spesso conseguenti a trombocitopenie<br />

o a carenza di piastrine”.<br />

3 E.ANGELUCCI, A.A.DI TUCCI, D.BARONCIANI, C.DEPAU, M.PETTINAU,<br />

F.ZANCCHEDDU, C.COGONI, “Hematology Meetig Reports” 2008; pp.1-6.<br />

4 E LORENT, D UPHOFF, TR REID, F SHELTON, “Modification of irridation injury in mice and<br />

guinea pigs by bone marrow injections”, J Natl Cancer inst ,1951, pp.197ss<br />

5 Enciclopedia medica italiana, USES edizioni scientifiche Firenze, II edizione “Fattore umorale:<br />

fa parte dei fattori dell’immunità aspecifica. I fattori dell’immunità aspecifica sono di tipo cellulare<br />

(leucociti, cellule natural killer), e tumorale (proteine plasmatiche, citochine). La difesa immunitaria<br />

aspecifica è innata e non si rinforza mai come conseguenza dell’incontro con la cellula invasore.<br />

Si tratta di sostanze, di natura e origine non sempre ben definite, presenti nella compagine dei tessuti o<br />

sulla superfice della cute e delle mucose, le quali hanno azione battericida”.p.1359.<br />

6 cellule <strong>staminali</strong> singeniche: donatore è un gemello identico.<br />

7 <strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> allogeniche: midollo osseo dei paziente è ricostituito mediante la re infusione di<br />

cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche di un donatore sano compatibile.<br />

8 Se si è interessati sulla Gvhd guarda


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> cordonali<br />

ti, che l’ospite deve contenere importanti antigeni non presenti nel donatore che lo<br />

fanno apparire come estraneo e che l’ospite è incapace di organizzare una reazione<br />

immunologica contro il trapianto. Tutto ciò divenne più chiaro quando lo studioso<br />

e medico Mathè ottenne un attecchimento di midollo osseo 9 , e si capì che la malattia<br />

del trapianto verso l’ospite era dovuto all’incompatibilità antigenica del complesso<br />

maggiore di istocompatibilità ( HLA = Human Leucocyte Antigen) 10 e il danno tessutale<br />

causato dall’irradiazione o da infezioni virali. 11 Dalla scoperta dell’HLA e dei<br />

suoi diversi loci 12 ,cioè la compatibilità dell’HLA tra soggetto donatore e ricevente,<br />

si cominciò a identificare il donatore in base a questo. Nel 1968 due bimbi furono<br />

sottoposti con successo a trapianto di cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche da donatore famigliare<br />

identico: videro che lo sviluppo di infezioni o di rigetto era altamente diminuito<br />

proprio per l’HLA identico ed inoltre compresero che un corretto e completo<br />

attecchimento midollare correggeva la malattia di base. Purtroppo solo il 30% dei<br />

pazienti candidati a trapianto di cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche allogeniche possedeva<br />

un donatore famigliare HLA identico. Vi era difficoltà a reperire per alcuni pa-<br />

9 G MATHE, JL AMEIL, L SCHWARZENBERG, A CATTAN, M SCHNEIDER,<br />

“Heametopoietic Chimera in Man after Allogenic (Homologus) bone marrow transplantation”.Br Med J<br />

1963; pp.1633-1635.<br />

10 Dizionario Medico DeAgostini “ HLA: Human leukocyte antigen, antigene umano leucocitario:<br />

detto anche sistema di istocompatibilità, composto da molecole che si trovano sulla superficie cellulare<br />

e che si comportano come antigeni: venute a contatto con il sistema immunitario di un individuo<br />

diverso, sono riconosciute come estranee e suscitano una risposta immune. I geni che contengono le<br />

informazioni necessarie alla sintesi dei prodotti HLA sono localizzati, in ogni individuo, sul braccio<br />

corto del cromosoma 6 e sono stati suddivisi in due classi principali: la I che contiene 3 loci (A, B, C) e la<br />

II o HLA-D (che comprende i geni DP, DQ, DR). La distribuzione ubiquitaria degli antigeni di classe<br />

I ne fa presumere l’importanza quali marker di riconoscimento tra ciò che l’organismo riconosce come<br />

appartenente a esso (self) e ciò che è estraneo (non-self) e come mezzo per individuare modificazioni<br />

cellulari indotte da infezioni virali, attivando all’occorrenza il linfociti T citotossici. Le proteine di classe<br />

II hanno distribuzione più limitata: in particolare, esse si ritrovano sui macrofagi, sui linfociti B e T<br />

helper, sui monociti e sulle cellule epiteliali e partecipano al riconoscimento del non-self attivando i<br />

linfociti T helper e il processo di cooperazione tra linfociti B e T. Come appare evidente, il sistema<br />

HLA è alla base del rigetto dei trapianti: se il tessuto trapiantato in un soggetto non è HLA-compatibile<br />

(ossia le cellule che lo compongono non hanno gli stessi antigeni HLA del ricevente), il trapianto viene<br />

riconosciuto come estraneo e rigettato. Per questo motivo, prima di eseguire un trapianto, è necessario<br />

accertare che donatore e ricevente siano HLA-compatibili, mediante un procedimento detto tipizzazione<br />

tissutale. Oltre che nel campo del trapianto di organi e tessuti, le molecole del sistema HLA rivestono<br />

un’importanza fondamentale nei meccanismi di riconoscimento immunologico di tutte le sostanze<br />

estranee che vengono in contatto con l’organismo”.<br />

11 JR FENYK, CM SMITH, PL WARKENTIN, et al. “Sclerodermatous graft-versus-host disease<br />

limited to an area of measles exanthema” Lancet 1978; pp.472-473.<br />

12 Dizionario Medico DeAgostini “Diversi loci dell’HLA: Nel 1968 si capì che l’insorgere di<br />

complicazioni che portavano alla morte dei soggetti sottoposti a questi trattamenti, era dovuto alla non<br />

compatibilità dell’HLA tra soggetto donatore e ricevente. Furono così identificati i loci dell’HLA-A,<br />

HLA-B, nel 1971 il locus C e nel 1980 il locus D. Questo sistema di antigeni geneticamente legati,<br />

definisce il complesso maggiore di istocompatibilità ( MHC).<br />

113


114 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

zienti un donatore, soprattutto quando v’era la necessità di un intervento terapeutico<br />

rapido. Per lungo tempo erano conosciute alternative sorgenti di cellule <strong>staminali</strong> ma<br />

non erano mai state utilizzate.<br />

3. Sorgenti alternative di cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche: le cellule cordonali<br />

Alla fine del 1980 fu proposta come sorgente di cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche<br />

il SANGUE CORDONALE. 13 Si vide, infatti, che queste cellule avevano un<br />

tempo inferiore di attecchimento e ricostruzione midollare, in confronto alle cellule<br />

<strong>staminali</strong> emopoietiche midollari. Il primo successo con questa tecnica avvenne a Parigi<br />

nel 1988 in un paziente affetto da anemia di Fanconi. 14 Egli fu curato grazie al<br />

trapianto di cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche raccolte dal cordone della sorellina HLA<br />

identica, ottenuta per selezione genetica . Dopo questo primo caso vi furono successive<br />

esperienze che confermarono la possibilità di utilizzare il sangue cordonale raccolto<br />

immediatamente dopo il parto, come fonte alternativa di progenitori emopoietici<br />

a scopo trapiantologico. Si scoprì, inoltre, che, grazie alle caratteristiche biologiche<br />

delle cellule cordonali, vi è la possibilità di superare le problematiche di compatibilità,<br />

effettuando il trapianto anche tra soggetti non perfettamente compatibili. L’impiego<br />

delle cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche cordonali ha permesso di rispondere in modo efficiente<br />

alla crescente domanda trapiantologica ed ha portato ad effettuare oltre 8000<br />

trapianti in pazienti affetti da varie patologie neoplastiche, genetiche, immunologiche<br />

e metaboliche. 15 Nonostante tutti questi vantaggi, ossia facile reperibilità, maggiore<br />

rapidità nell’identificazione di un donatore, minor rischio di trasmissione di malattie<br />

infettive, vi sono anche degli svantaggi, come ad esempio vi si trova il problema dello<br />

scarso numero di cellule utilizzabili in ogni singola unità. Ciò ha comportato l’utilizzo<br />

di queste cellule come fonte alternativa a quella midollare soprattutto in pazienti<br />

pediatrici. Infatti solo 1/3 dei trapianti è stato eseguito in pazienti adulti. 16 In entrambi<br />

i casi trattati i risultati ottenuti con l’utilizzo di cellule <strong>staminali</strong> “cordonali”<br />

sono promettenti e incoraggianti.<br />

13 HE BROXMEYER, GW DUGLAS, G HANGOC, et al. “Human umbilical cord blood as<br />

a potential source of transplantable hematopoietic stem/progenitor cells.” Proc Natl Acad Sci USA<br />

1989;pp.3828-3832.<br />

14 E GLUCKMAN, HA BROXMEYER, AD AVERBACH, et. Al. “Hematopoietic reconstitution in<br />

a patient with Fanconi’s anemia by means of umbilical-cord blood an HLA- identical sibling.” 1989; p.1174.<br />

ga<br />

16 L.LOMBARDINI “Ventesimo anniversario del primo trapianto di <strong>staminali</strong> da sangue cordonale”,<br />

2008;p.1.


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> cordonali<br />

4.La nascita delle biobanche : la conservazione delle unita’ di sangue prelevate<br />

I risultati positivi dell’utilizzo di cellule <strong>staminali</strong> da cordone ombelicale<br />

hanno indotto la costituzione di vere e proprie banche dove vengono conservate le<br />

unità di sangue cordonale raccolte. La Raccomandazione del Consiglio d’Europa R<br />

(94) 1 del 14/03/1994 definisce la banca dei tessuti umani come una organizzazione<br />

no-profit che deve essere ufficialmente riconosciuta dalle autorità sanitarie competenti<br />

degli stati membri, e deve garantire il trattamento, la conservazione e la distribuzione<br />

del materiale. 17 Pertanto possiamo definire le biobanche come unità di servizio,<br />

senza scopo di lucro diretto, finalizzate alla raccolta e alla conservazione di materiale<br />

biologico umano utilizzato per diagnosi genetica, per studi sulla biodiversità e per<br />

ricerca. 18 La rete nazionale italiana è attualmente composta da 18 banche diffuse su<br />

tutto il territorio nazionale. Esse svolgono la loro attività sotto il coordinamento del<br />

Centro Nazionale Sangue in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti. 19<br />

5.Conservazione autologa e allogenica<br />

Donazione e conservazione del sangue prelevato dal cordone ombelicale<br />

sono argomenti assai dibattuti in questi ultimi anni. Come abbiamo visto, il sangue<br />

contenuto nel cordone ombelicale è molto ricco di cellule <strong>staminali</strong>, utilizzabili per il<br />

trattamento di diverse patologie. Le cellule prelevate dal cordone, subito dopo il parto,<br />

vengono analizzate e, se queste lo dichiarano idoneo, il campione potrà avere due<br />

diverse destinazioni di conservazione. In Italia è possibile conservare le unità di sangue<br />

cordonale prelevato nelle banche pubbliche a uso allogenico, ossia non autologo.<br />

La differenza tra i due tipi di conservazione sta nel fatto che, nel primo, allogenico,<br />

il trapianto consiste nel prelievo da un donatore sano compatibile di un numero di<br />

cellule emopoietiche e nella loro successiva introduzione nel paziente ricevente. Il<br />

secondo, autologo, la conservazione è fatta solo ed esclusivamente per uso personale,<br />

quindi la persona da cui viene fatto il prelievo e il paziente ricevente coincidono. La<br />

conservazione autologa non poggia, al momento, su solide basi scientifiche e la si può<br />

fare solo in banche private situate all’estero. Da non confondere con la conservazione<br />

autologa è la conservazionededicata. In Italia è permessa la conservazione di donazioni<br />

“dedicate”. Questa avviene per il neonato o per un familiare che presenti una<br />

patologia per la quale risulti scientificamente fondato l’appropriato utilizzo di cellule<br />

17 Raccomandazione del Consiglio d’Europa R (94) 1 del 14/03/1994<br />

18 FRANCA DAGNA BRICARELLI, CHIARA BALDO, MIRELLA FILOCAMO, LUCIA<br />

MONACO, “Biobanche genetiche, linee guida” <br />

19 R. CHICCHI, R. SANTARELLI, “La donazione di cellule <strong>staminali</strong> cordonali” 2009<br />

115


116 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

<strong>staminali</strong> da sangue cordonale, e quindi, in questi casi, come per malattie genetiche o<br />

specifiche patologie, è possibile conservare l’unità prelevata per attuare un trapianto<br />

intra-familiare. 20<br />

6. La regolamentazione europea<br />

In Europa vi sono state tre disposizioni comunitarie che hanno contribuito<br />

maggiormente alla regolamentazione delle cellule <strong>staminali</strong> cordonali e del loro<br />

utilizzo. Le tre direttive hanno stabilito requisiti di qualità e di sicurezza minimi comuni<br />

per la donazione, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio<br />

e la distribuzione di tessuti e cellule umani. Nella direttiva 2004/23 si impone agli<br />

stati membri di designare una o più “ autorità competenti” il cui compito è quello di<br />

attuare le prescrizioni della direttiva stessa, in particolare per quanto riguarda autorizzazioni,<br />

accreditamenti e licenze, nonché per quanto riguarda l’organizzazione e<br />

il controllo delle unità prelevate. Inoltre la direttiva stabilisce requisiti inderogabili<br />

per la tracciabilità, il controllo dell’importazione e dell’esportazione, la registrazione<br />

delle attività, la notifica di reazioni e eventi avversi. 21 Nella direttiva 2006/17 si<br />

stabiliscono prescrizioni tecniche specifiche per ciascuna delle fasi delle procedure<br />

con tessuti e cellule umani, disponendo un sistema di qualità e sicurezza, sia nei casi<br />

di conservazione allogenica, sia nei casi di conservazione autologa. Con tale direttiva<br />

si stabiliscono quindi i requisiti per l’approvvigionamento di tessuti e cellule umani,<br />

i criteri di selezione dei donatori di tessuti e cellule, tests di laboratorio richiesti per<br />

i donatori. 22 Nella direttiva 2006/86 sono poi definiti i criteri per il rilascio dell’autorizzazione<br />

o dell’accreditamento o della licenza alle strutture da parte dell’autorità<br />

competente. Con la direttiva si stabilisce che per la manipolazione del sangue siano<br />

rispettati alcuni requisiti fondamentali previsti dalle Good Manufacturing Practices<br />

(GMP) adottate dall’Unione Europea. Pertanto, nella direttiva sono esplicati criteri<br />

per la codifica, lavorazione, preservazione, conservazione e la distribuzione de tessuti<br />

e cellule e la tracciabilità di essi. 23 Oltre le direttive vi sono dei Networks, ossia del-<br />

20 Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, “Uso appropiato delle cellule <strong>staminali</strong> del<br />

sangue del cordone ombelicale” pp.5-6. Per definizione autologo, allogenico e dedicato vedi glossario.<br />

21 European Parliament, Council of European Union. Directive 2004/23/EC of the European<br />

Parliament and of the Council of 31 March 2004 on setting standards of quality and safety for the<br />

donation, procurement, testing, processing, preservation, storage and distribution of human tissues and<br />

cells. Official journal of the European Union 7 April 2004.<br />

22 European Commission. Commission Directive 2006/17/EC of 8 February 2006 implementing<br />

Directive 2004/23/EC of the European Parliament and of the Council as regards certain technical<br />

requirements for the donation, procurement and testing of human tissues and cells text with EEA<br />

relevance. Official journal of the European union 9 February 2006.<br />

23 Europen Commission. Commission Directive 2006/86/EC iplementing Directive 2004/23/EC


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> cordonali<br />

le organizzazioni no-profit che non solo promuovono l’utilizzo di cellule derivanti<br />

dal sangue cordonale ma contribuiscono anche alla ricerca scientifica. Per esempio<br />

vi è NetCord 24 che è un organizzazione no-profit fondata nel 1998 con lo scopo di<br />

promuovere l’uso di sangue cordonale per il trapianto allogenico di cellule <strong>staminali</strong>.<br />

Inoltre , NetCord ha istituito il cosiddetto “Virtual Office”, che consente ai centri<br />

che effettuano i trapianti di cercare in un unico database le unità più idonee. Questa<br />

organizzazione ha stabilito, insieme alla Foundation for the Accreditation of Cellular<br />

Therapy (FACT), standards di qualità per la raccolta, la lavorazione, la caratterizzazione,<br />

la conservazione, il rilascio delle unità di sangue cordonale. 25 Tutte le banche<br />

accreditate devono rispettare tali standards. Attualmente 20 banche di 14 nazioni<br />

sono membri effettivi o associati di NetCord, ma il numero è in continuo aumento<br />

essendo molte le domande di partecipazione già inoltrate. Le unità di sangue raccolte<br />

nell’ambito di NetCord rappresentano oltre la metà delle oltre 400.00 unità di sangue<br />

cordonale attualmente conservate in biobanche del mondo. Nel 1996 l’European<br />

Group for Blood Marrow Transplantation (EBMT) 26 ha contribuito ad avviare il<br />

progetto EuroCord 27 . Eurocord è un’associazione no-profit che promuove la ricerca<br />

scientifica accademica e industriale, favorendo la condivisione di esperienze tra medici<br />

e ricercatori impegnati nel settore e promuovendo lo sviluppo di progetti comuni.<br />

Eurocord promuove anche vasti programmi di formazione, informazione e diffusione<br />

delle conoscenze. Promuove tutti gli aspetti associati al trapianto di cellule ematopoietiche<br />

di ogni provenienza: ricerca di base e clinica, formazione, standardizzazione,<br />

controlli di qualità, accreditamento, procedure.<br />

Queste tre direttive sono state applicate negli stati appartenenti all’Unione<br />

Europea in vari modi. In Austria la direttiva 2004/23 è attuata nel Gewebesicherheitsgesetz<br />

(GSG) 28 ( Tissue Safety Act), entrato in vigore il 30 marzo 2008. Esso<br />

si applica anche al sangue cordonale. Nell’art. 22 si stabilisce che le banche di sangue<br />

cordonale possano operare soltanto se autorizzate. Tutte le biobanche devono fare<br />

riferimento all’Austrian Agency for Health and Food Safety (AGES). All’interno di<br />

questo atto vi è un paragrafo, precisamente il terzo dell’art.4 riguardante i requisiti<br />

per iI consenso informato, mentre nel paragrafo sei del medesimo articolo si stabli-<br />

of the European Parliament and Council as regards traceability requirements, notification of serious<br />

adverse reactions and events and certain technical requirements for the coding, processing, preservation,<br />

storage and distribution of human tissues and cells. Official journal of the European Union 25 October<br />

2006.<br />

24 “About netcord” <br />

25 NetCord, Foundation for the Accreditation of Cell Therapy- FACT. Cord blood accreditation<br />

manual. Fourth edition. 2010.<br />

<br />

26 “About ebmt” <br />

27 “About us”<br />

28 Gewebesicherheitsgesets. Federal Law Gazette I 2008/49.<br />

117


118 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

sce il divieto di ricompense economiche per coloro che donano cellule o tessuti 29 .<br />

In Austria al momento vi è una biobanca pubblica presso l’ospedale di Linz<br />

per la conservazione di sangue cordonale destinato a trapianti allogenici, ma vi<br />

sono operative varie banche private per la conservazione autologa a pagamento.<br />

La situazione Austriaca è molto simile a quella tedesca: le “ Richtlinien zur<br />

Transplantation von Stammzellen Teil III” 30 ( “ Guidelines for the transplantation<br />

of stem cells. Part III: cord blood stem cells- collection, storage, manipolation and<br />

use”) austriache sono molto simili alle line guida tedesche. Infatti, in Germania l’Associazione<br />

Medica Federale Tedesca ha adottato le “Linee guida per il trapianto de<br />

cellule <strong>staminali</strong> di sangue cordonale” 31 . In Germania vi sono sei banche no-profit per<br />

la conservazione allogenica, che offrono anche la possibilità di conservazione dedicata<br />

in caso di indicazione famigliare previa richiesta del medico. I centri che operano<br />

trapianti effettuano la ricerca tramite il Registro Nazionale Tedesco di Donatori di<br />

<strong>Cellule</strong> Staminali del Sangue, ZKRD. 32 Sono consentite anche banche private, ma le<br />

linee guida si applicano sia alle banche pubbliche per la conservazione allogenica che<br />

alle banche private.<br />

In Francia il Réseau Français de Sang Placentaire (RFSP) 33 è stato fondato<br />

nel 1999 dall’établissement Française du sang 34 e dall’Agence del la Biomédicine 35 .<br />

Quest’ultima è la struttura pubblica nazionale creata per coordinare le donazioni e<br />

il trapianto di organi, tessuti e cellule. In Francia vi sono solo banche pubbliche per<br />

la conservazione allogenica e solo in alcuni casi è possibile la conservazione dedicata<br />

per trapianto autologo o intra-familiare, sulla base di indicazioni cliniche redatte<br />

dall’Agence de la Biomédicine. La raccolta del sangue cordonale è regolata dagli articoli<br />

del Code de la Santé Publique ( 1242-1245 del CSP). In base a questo codice<br />

le strutture che conservano, preparano e distribuiscono il sangue devono esercitare<br />

secondo le Good Manufacturing Practices (GMP) 36 recepite dall’Agence Française<br />

de Sécurité Sanitaire et des Produits de Santé ( AFSSAPS) 37 . Il decreto 14 Settembre<br />

29 Austrian Bioethics Commissiona at the Federal Chancellery "Cord blood banking" 19 May 2008.<br />

<br />

30 “Richteline zur transplantation von stammzellen teil III: nabelschnurstammzellen (cord blood,cb)-<br />

gewinnung, lagerung, manipulation und anwendung” <br />

31 Federal Medical Association “ Guidelines for the transplantation of cord blood”<br />

<br />

32 “The German National Registry of Blood Stem Cell Donors”< www.zkrd.de.><br />

33 Se si è interessati alla RFSP <br />

34 Prima era Agence Française du sang, poi diventata établissement Française du Sang nel 2000<br />

<br />

35 Agence de la Biomédicine è solo dal 2005; prima era l’établissement Française des Greffes.<br />

<br />

36 Arreté du 16 décembre 1998, article II relatif au prélèvement de cellules souches Hématopoiétiques<br />

issues de sang placentaire . Journal Officiel de la République Française 30/12/1998.<br />

37 ₺Agence nationale de sécurité et du médicament et des produits de santé₺


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> cordonali<br />

2009 stabilisce, inoltre, che i reparti di maternità che effettuano la raccolta di sangue<br />

cordonale devono essere autorizzati dalle autorità sanitarie competenti. 38 Nel 1994,<br />

poi modificata nel 2011, la Francia ha emanato una legge molto importante relativa<br />

alla bioetica. 39 Attraverso questa legge lo stato Francese ha compiuto una scelta precisa:<br />

il prelievo delle cellule emopoietiche del sangue cordonale o placentario è consentita<br />

solo per fini terapeutici o scientifici, in vista di una donazione autonoma e<br />

gratuita, previo consenso scritto della madre. Da questa legge emerge chiaramente<br />

la volontà del legislatore di vietare la formazione, all’interno del territorio nazionale,<br />

delle biobanche private che praticano la conservazione delle unità prelevate solo per<br />

uso autologo. Proprio da questa deliberazione ne è derivato un giudizio davanti al<br />

Conseil d’état 40 ; una biobanca privata 41 ha sollevato la questione di legittimità della<br />

legge del 2011 per la violazione della libertà personale, del <strong>diritto</strong> alla salute e del<br />

principio di uguaglianza. Essa mirava ad ottenere l’autorizzazione per l’esercizio delle<br />

sue attività all’interno dello Stato <strong>fra</strong>ncese. Il caso è stato mandato davanti alla Conseil<br />

Constitutionnel che ha giudicato conforme “à la constitution” la disciplina sul<br />

prelievo di cellule dal cordone ombelicale o placentare della legge n.2011-814 ai sensi<br />

dell’art.L.1241-1,c.4,del Code de la sanité publique. 42<br />

Nel Regno Unito la raccolta di sangue cordonale è sotto la responsabilità<br />

della Human Tissue Authority (HTA). Le norme per il sangue cordonale stabilite<br />

nello Human Tissue Act 43 del 2004, si applicano in Inghilterra, Galles e Irlanda del<br />

nord. La normativa prevista in Scozia con lo Human Tissue Scotland Act del 2006<br />

è molto simile a quella Inglese. L’attuale normativa sul sangue cordonale è quella in<br />

vigore dal 5 luglio 2008 44 . Essa prevede che i reparti di maternità, dove si raccoglie il<br />

sangue cordonale per la conservazione pubblica e privata, debbano attuare procedure<br />

che garantiscano sia che il personale sia formato per la raccolta sia che i campioni<br />

siano rintracciabili. Attualmente vi sono tre banche no-profit che raccolgono sangue<br />

cordonale. La prima è la National Health Service Cord Blood Bank, la seconda è la<br />

Newcastle University Hospital Bank e l’ultima ma non d’importanza è la Northen<br />

Ireland cord-blood bank. Le unità di sangue cordonale raccolte sono registrate nel<br />

British Bone Marrow Registry 45 per le ricerche interne allo Stato e nel Bone Marrow<br />

38 Arreté du 14 septembre 2009 fixant le contenu du dossier accompagnant la demande d’autorisation<br />

des prélèvements de cellules à des fins rhérapeutiques. Journal officiel de la république Française 11<br />

octobre 2009 Annexe II.<br />

39 Loi N. 2011-814 du 7 Juillet 2011. Loi relative à la bioétique. <br />

40 Décision n.348764 e n.348765 du 19 mars <strong>2012</strong>.<br />

41 La biobanca che ha sollevato la questione di legittimità è la società Cryo-save France<br />

42 Décision n.<strong>2012</strong>-249 QPC, Journal officiel de la république Française du 17mai <strong>2012</strong> ;p.9155.<br />

43 Norme per il sangue cordonale stabilite nello Human Tissue Act <br />

44 “New rules for cord blood collection”<br />

<br />

45 “British Bone Marrow Registry”<br />

119


120 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

Donors Worlwide Registry 46 per le ricerche internazionali. Inoltre nel Regno Unito<br />

è presente l’esperienza di conservazione mista pubblica e privata realizzata da Richard<br />

Branson 47 , la Virgin Health Bank 48 . In esse si prevede la conservazione autologa per<br />

scopi di medicina rigenerativa del 20% del campione prelevato, mentre il restante<br />

80% viene destinato al sistema pubblico. Inoltre, un’altra peculiarità della Virgin<br />

Bank è il fatto che una parte del profitto viene devoluto alla ricerca come una vera<br />

e propria donazione. All’interno del regno unito vi sono anche numerose banche<br />

private commerciali per la conservazione autologa, come ad esempio la Future Health<br />

Technologies. In ogni caso anche le banche private devono sottostare ai requisiti stabiliti<br />

nell’Human Tissue Act.<br />

7. Regolamentazione italiana<br />

In Italia le attività trasfusionali e la produzione di emoderivanti sono disciplinati<br />

dalla legge n.219 del 25 ottobre 2005. Ulteriormente, tra il 2002 e il 2009 sono<br />

state promulgate otto successive ordinanze ministeriali riguardanti il sangue cordonale.<br />

Le ordinanze hanno consentito la conservazione ad uno allogenico e dedicato,<br />

e l’esportazione all’estero di sangue cordonale ad uso autologo previo iter autorizzativo.<br />

49 Inoltre la stessa normativa che regolamenta le donazioni in Italia stabilisce<br />

che le banche del sangue cordonale debbano rispondere a requisiti tali da garantire<br />

<br />

46 Registro internazionale per la ricerca di unità cordonali HLA compatibili <br />

47 Guarda “Richard Branson’s message”<br />

48 Guarda “Reasons to choose Virgin Health Bank”<br />

49 Ministero della salute. Ordinanza 11 gennaio 2002. “Misure urgenti in materia di cellule <strong>staminali</strong><br />

da cordone ombelicale”. Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana –serie generale n. 31 del 2 giugno<br />

2002.<br />

Ministero della salute. Ordinanza 30 dicembre 2002. “Proroga dell’ordinanza 11 gennaio 2002”. Gazzetta<br />

ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.27 del 2 marzo 2003.<br />

Ministero della Salute. Ordinanza 25 febbraio 2004. “Misure urgenti in materia di cellule <strong>staminali</strong> da<br />

cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.65. del 18 marzo 2004.<br />

Ministero della salute. Ordinanza 7 aprile 2005 . “Misure urgenti in materia di cellule <strong>staminali</strong> da cordone<br />

ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.107 del 10 maggio 2005.<br />

Ministero della Salute. Ordinanza 13 aprile 2006. “Misure urgenti in materia di cellule <strong>staminali</strong> da<br />

cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.106 del 5 maggio 2006.<br />

Ministero della Salute. Ordinanza 4 maggio 2007. “Misure urgenti in materia di cellule <strong>staminali</strong> da<br />

cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.110. del 15 maggio<br />

2007<br />

Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Ordinanza 19 giugno 2008. “Ulteriore proroga<br />

dell’ordinanza del Ministero della Salute del maggio 2007, in materia di cellule <strong>staminali</strong> emopoietiche da<br />

cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana- serie generale n.151 del 30 giugno 2008.


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> cordonali<br />

che le fasi della lavorazione, conservazione e distribuzione delle cellule <strong>staminali</strong> da<br />

essi ricavati, siano idonee e sicure e che le singole unità siano rintracciabili secondo<br />

standard internazionali. (art.5, capo II, ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA<br />

TRASFUSIONALE , (Livelli essenziali di assistenza sanitaria in materia di attività<br />

trasfusionale)). 50 Due decreti del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche<br />

Sociali datate 18 novembre 2009 riguardano le biobanche cordonali. Il primo<br />

contiene “Disposizioni in materia di conservazione di cellule <strong>staminali</strong> da sangue del<br />

cordone ombelicale per uso autologo dedicato” 51 ,il secondo, invece, si dedica nello<br />

stabilire “ l’Istituzione di una rete nazionale di banche per la conservazione di sangue<br />

da cordone ombelicale” 52 . Attualmente vi sono 19 banche pubbliche collocate nello<br />

stato italiano. Le banche private sono vietate perché la normativa italiana non permette<br />

la conservazione a uso personale del sangue cordonale, a eccezione della donazione<br />

dedicata, per la quale è scientificamente provata l’effettiva utilità nella cura di varie<br />

patologie. 53 Tuttavia è consentito ai genitori di esportare all’estero il sangue prelevato<br />

dal cordone al momento della nascita del proprio figlio e di conservarlo per uso personale<br />

in banche private. Infatti, a questo scopo, sono presenti nel nostro territorio agenzie<br />

di varie società estere 54 che aiutano nell’esportazione. Inoltre, dal 1995 vi è l’associazione<br />

ADISCO 55 ( Associazione Donatrici Italiane Sangue Cordone ombelicale) che<br />

aiuta nell’informazione, fa donazioni di strumentazioni alle banche cordonali, realizza<br />

corsi di aggiornamenti e promuove la donazione di sangue cordonale mediante<br />

manifestazioni. Oltre a ciò, nello stato Italiano è presente la rete nazionale Italia Cord<br />

Blood Network (ITCBN) 56 , istituito con decreto del ministro della salute del 26 aprile<br />

2007, svolge funzioni di coordinamento e controllo tecnico-scientifico del sistema<br />

trasfusionale nazionale, e che opera secondo gli standard definiti dalle normative italiane<br />

e internazionali.<br />

50 L.21 ottobre 2005,n.219. “Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale<br />

degli emoderivanti”. Gazzetta Ufficiale della repubblica italiana n.251 del 27 ottobre 2005.<br />

51 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali. Decreto 18 novembre 2009.”Disposizioni<br />

in materia di conservazione di cellule <strong>staminali</strong> da sangue del cordone ombelicale per uso autologo dedicato”.<br />

Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana-Serie generale n.303.31dicembre 2009.<br />

52 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Decreto 18 novembre 2009.”Istituzione<br />

di una rete nazionale di banche per la conservazione di sangue da cordone ombelicale”. Gazzetta Ufficiale<br />

della Repubblica Italiana-Serie Generale n. 303.31 dicembre 2009.<br />

53 Donazione dedicata :donazione per il neonato o per un familiare che presenti una patologia per la<br />

quale risulti scientificamente appropriato l’utilizzo di cellule <strong>staminali</strong> da sangue cordonale<br />

54 Ad esempio Bioscience Institute, Cryo-save, FamiCord, Future Health, ProCrea Stem Cells, Smart<br />

Bank ecc.<br />

Si rammenta che comunque la conservazione privata non trova validi riconoscimenti nel mondo<br />

scientifico-internazionale circa gli effettivi resultati. Infatti, non sempre l’unità raccolta è utilizzabile o<br />

comunque l’unità è troppo “piccola” per poter essere effettivamente utilizzata dal proprietario. Potrebbe<br />

essere invece utile per qualcun altro.<br />

55 “Associazione Donatrici Italiane di Sangue Cordonale” <br />

56 “ Cord Blood Network” <br />

121


122 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

Nel 2010 è stato istituito il “Comitato Italo Francese per il buon uso del sangue del<br />

cordone ombelicale”, costituito da professionalità italiane e <strong>fra</strong>ncesi, rappresentanti<br />

di società scientifiche e da esponenti del volontariato, che, a fronte dei risultati reali<br />

sull’utilizzo delle donazioni solidali e delle raccolte conservate nelle banche private,<br />

considerata la mancanza di dati sulla validità, l’efficacia e i rischi dell’uso autologo<br />

del sangue bancato a fini preventivi, nonché li carattere lucrativo di tale tipologia, ha<br />

chiesto al Parlamento Europeo di far applicare le stesse Direttive da lui emanate in<br />

materia in tutti i paesi dell’Ue. Infatti solo in Italia e Francia tali direttive sono applicate<br />

con una interpretazione rigorosa e infatti, nel loro territorio, non sono presenti<br />

biobanche private. 57<br />

8. Conclusioni<br />

Fingiamo che il nostro organismo sia una immensa e complicatissima macchina<br />

e che un giorno, senza preavviso, decida di non funzionare correttamente; come<br />

fare per “salvarla” prima che essa si fermi? La si porta dal meccanico in modo tale da<br />

aggiustarla e “ravviarla” correttamente. Così succede al nostro organismo con le cellule<br />

<strong>staminali</strong>. Esse “ravviano” il nostro corpo umano che presenta determinate problematiche.<br />

Perché allora suscitano dibattiti infuocati per quanto riguarda il loro prelievo<br />

e utilizzo? Per le cellule <strong>staminali</strong> cordonali, a differenza di quelle embrionali, non<br />

si presentano particolari problemi etici riguardo il loro prelievo. Infatti, mentre per<br />

le cellule <strong>staminali</strong> embrionali il problema etico principale riguarda proprio che nel<br />

prelievo viene distrutto l’embrione, per le cellule <strong>staminali</strong> cordonali ciò non sussiste,<br />

l’unità di sangue viene presa dal cordone ombelicale del bimbo appena nato senza<br />

alcun pericolo né per il neonato né per la madre. Le complicazioni del rapporto tra<br />

<strong>diritto</strong> e <strong>scienza</strong> sorgono successivamente alla raccolta, nella conservazione e utilizzo<br />

delle unità prelevate; principalmente si verificano se si prende in considerazione che<br />

la donazione debba essere solidaristica, e quindi senza fini di lucro, o conservazione<br />

autologa. Nel nostro paese, come precedentemente visto, la prima è legittimata e regolamentata<br />

dall’ordinamento grazie ai resultati avuti su base scientifica, le seconde<br />

sono vietate anche se vi è la possibilità di conservarle all’estero in banche private, fuori<br />

dal servizio sanitario nazionale, e questa seconda “opportunità” , per rispetto della<br />

libertà personale, lo Stato italiano la consente, previa autorizzazione. 58 In ogni modo<br />

si ricorda che è ampiamente riconosciuto, da società scientifiche, associazioni professionali,<br />

comitati competenti in materia, che la donazione solidaristica ha un grande<br />

57 “Federazione Italiana ADoCeS (Associazione Donatori <strong>Cellule</strong> Staminali)-L’azione Europea”<br />

<br />

58 CARLO CASONATO, CINZIA PICIOCCHI, PAOLO VERONESI, “La disciplina delle<br />

biobanche a fini terapeutici e di ricerca” , UniTn, forum di bio<strong>diritto</strong> 2010; pp.273-293


<strong>Cellule</strong> <strong>staminali</strong> cordonali<br />

valore terapeutico; infatti, privando la comunità di unità cordonali, vi è la privazione<br />

di possibilità di cura di molti pazienti. In questo senso sono molto utili le opinioni<br />

espresse, sulla raccolta, conservazione e utilizzo delle cellule <strong>staminali</strong> cordonali, dai<br />

Comitati Nazionali per la Bioetica di vari paesi come Francia 59 , Austria 60 , Belgio 61 ,<br />

Irlanda 62 , Italia 63 . Nei vari testi si raccomanda alle autorità di incentivare la donazione<br />

nel sistema pubblico e non la conservazione autologa in banche private, poiché da esse<br />

dipenderebbero le vite di moltissime persone che altrimenti non avrebbero la possibilità<br />

di ricevere le cure adeguate per mancanza di unità cordonali utilizzabili. Spesso<br />

le informazioni erronee e forviate dalle forti pressioni commerciali rischiano di non<br />

rendere note le indicazioni provenienti dai dati scientifici, “manipolando” le scelte dei<br />

singoli cittadini senza dar loro garanzie e informazioni adeguate.<br />

Oltre a ciò, per quanto riguarda il sangue cordonale prelevato alla nascita,<br />

esso può avere due destinazioni diverse. Se questo risulta, dalle analisi a cui vengono<br />

sottoposte tutte le unità di sangue prelevate, non idoneo alla conservazione a fini<br />

terapeutici, può essere destinato a fini di ricerca; se invece è idoneo verrà destinato<br />

alla conservazione. In entrambi i casi, riguardando materiale biologico pediatrico ci<br />

vorrà il autorizzazione della madre attraverso il consenso informato. Il consenso informato<br />

è quella procedura consensuale attraverso la quale le persone ricevono le varie<br />

informazione riguardanti i vari trattamenti e/o sperimentazioni che, in questo caso,<br />

saranno destinate le varie unità prelevate. Il consenso per essere valido deve essere libero,<br />

ossia frutto della volontà del paziente, e informato, cioè prestato con consapevole<br />

cognizione della natura e degli effetti destinati. Nel caso preso in considerazione il<br />

consenso informato deve tenere presente di alcune caratteristiche. Innanzitutto, visto<br />

che il neonato non può in prima persona dare il proprio consenso, esso verrà svolto dai<br />

genitori o da chi ne ha la patria potestà. Quando il minore, con l’aumentare dell’età,<br />

acquisisce consapevolezza, molti sono concordi per il fatto che sia giusto dare a loro<br />

la possibilità di esprimere il proprio parere e volontà e di tenerne conto. Proprio per<br />

questo alcuni autori propongono di chiedere un secondo consenso ai diretti interessati<br />

quando hanno le capacità di comprendere a pieno le informazioni. 64 Questa ultima<br />

ipotesi non viene ancora attuata e comunque, in Italia, come si è espresso il Ministero<br />

della Salute, nel 2005, ha stabilito che la donazione per scopi terapeutici è irrevocabile<br />

59 Comité Consultatif National d’éthique pour les sciences de la vie et de la santé ( CCNE) Avis74 "le<br />

banques de sang de cordon ombilical en vue d’une utilisation autologue ou en recherche", 12 Decenber<br />

2002<br />

60 Austrian Bioethic Commission at the Federal Chancellery, cord blood banking, 19 may 2008<br />

61 Comité Consultatif de Bioéthique de Belgique, Avis n.42 du 16 Avril 2007 relatif aux banques de<br />

sang de cordon ombilical<br />

62 Irish Council for Bioethics, Stem cell research hope or hype? Exploration of ethical questions 2008<br />

63 Comitato Nazionale per la Bioetica, “mozione del Comitato Nazionale per la Bioetica sulla raccolta e<br />

conservazione di cellule <strong>staminali</strong> derivate da cordone ombelicale”. 13 luglio 2007.<br />

64 K.HENS, K.DIERICKY, Addressing the ethical objections to pediatric biobanks, a cura di J.Kaje,<br />

M. Stranger "Principles and practice in biobank governance", Farnham,2009; pp.105-110<br />

123


124 Jet Det - <strong>2012</strong><br />

65 ; quindi anche se il minore è di opinione divergente da quella espressa in precedenza<br />

dai tutori legali, in teoria non potrebbe revocarla. Ciò non significa che il soggetto che<br />

ha donato alla banca pubblica la sua unità non possa più recuperarla. Ricordiamo che<br />

le cellule <strong>staminali</strong> cordonali prelevate e che vengono inserite all’interno del circuito<br />

delle biobanche pubbliche vengono registrate e sono quindi rintracciabili.<br />

L’arte medica è sempre stata diretta alla tutela della salute. L’art.32 della<br />

Costituzione sancisce il <strong>diritto</strong> della salute come fondamentale <strong>diritto</strong> dell’individuo,<br />

ma anche può essere intesa come salute nell’interesse della collettività. La salute,<br />

infatti, interessa il singolo perché egli possa vivere la propria vita e svolgere le<br />

proprie attività, inoltre, riguarda la collettività perché il benessere del singolo inevitabilmente<br />

si riflette nella società. Così anche il tema delle cellule <strong>staminali</strong> cordonali<br />

e delle biobanche; essi coinvolgono alcuni diritti fondamentali della persona.<br />

Pertanto vi è la necessità di bilanciare gli interessi del singolo, quali la volontaria<br />

partecipazione del prelievo di materiale biologico, la riservatezza e il controllo delle<br />

informazioni e l’interesse collettivo. È per questo bilanciamento che, a mio parere,<br />

le biobanche debbano essere enti senza scopo di lucro, cioè non deve esserci la<br />

possibilità di porre un prezzo alle unità prelevate e conservate al loro interno, per<br />

questo deve essere una conservazione eseguita da enti pubblici, accessibili a tutti.<br />

Il cittadino, quindi, dovrebbe essere educato e sensibilizzato a tale tematica, andrebbe<br />

incoraggiata una informazione priva di qualsiasi secondi fini lucrativi, finalizzata unicamente<br />

al bene e all’interesse del singolo e della collettività.<br />

65 Ministero della salute decreto 3 marzo 2005 "protocolli per l’accertamento dell’idoneità del donatore<br />

di sangue ed emocomponenti" Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 13 Aprile 2005, n. 85.


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