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6.5. Prospettive: il Centro di Montegranaro<br />

L’ingresso dei podologi in tutti i centri diabetologici<br />

italiani e l’ingresso della podologia nei LEA, non eliminerà<br />

il problema piede diabetico.<br />

Ma è importante far sentire l’esigenza del podologo<br />

competente nel contesto diagnostico e preventivo.<br />

Così come oggi si ritiene importante la presenza di una<br />

dietista nel team senza pensare che si possano eliminare<br />

gli sbalzi glicemici della popolazione diabetica o gli<br />

eccessi ponderali.<br />

Così come oggi è ritenuto fondamentale lo sport nel<br />

controllo della glicemia e delle complicanze, mentre<br />

fino a qualche anno fa i giovani diabetici erano obbligati<br />

a portare giustifica per non fare le ore di educazione fisica<br />

“proibita” ai giovani con diabete mellito di tipo I.<br />

Allo stesso modo l’ingresso strutturato del podologo<br />

nel team di trattamento del piede diabetico, del piede<br />

vascolare, del piede reumatico, deve essere sentita come<br />

una esigenza inderogabile per il benessere del paziente<br />

e per fare prevenzione e controllare i fattori di rischio.<br />

Non certo con l’idea di eliminare le amputazioni ma<br />

comunque di controllarne l’evoluzione.<br />

Anche se l’esperienza di Montegranaro nelle Marche<br />

sta dando esiti estremamente positivi.<br />

In quella struttura infatti il paziente diabetico è messo al<br />

centro delle attenzioni del podologo, che sviluppa uno<br />

screening delle complicanze e segnala all’unità deputata<br />

sul territorio i soggetti a rischio. Così come fanno medico<br />

di base, centro antidiabetico, ambulatorio medico.<br />

I soggetti a rischio vengono valutati e nel caso trattati da<br />

personale specializzato se vascolari (arteropatia obliterante)<br />

o neuropatici.<br />

Il risultato è stata una netta riduzione delle amputazioni<br />

minori ed un annullamento delle amputazioni<br />

maggiori (2009-2010), con dati all’attenzione non solo<br />

della Regione Marche, ma anche a livello nazionale<br />

(Pagliari).<br />

Tutto è iniziato nel 1987, quando con la legge regionale<br />

115 si attivarono nelle Marche iniziative di educazione<br />

sanitaria, rivolte a soggetti diabetici e finalizzate al raggiungimento<br />

della autogestione della malattia attraverso<br />

i servizi socio-sanitari territoriali.<br />

Si attribuì questo compito ai Centri diabetologici e al<br />

Comitato regionale per il coordinamento delle attività<br />

di assistenza. I risultati furono deludenti nonostante la<br />

vasta e costosa campagna intrapresa, con riferimento<br />

all’educazione alimentare e alla prevenzione ed al trattamento<br />

delle complicanze del piede diabetico.<br />

La campagna in questione fu finanziata con un prelievo<br />

sulle somme appositamente destinate a tale settore,<br />

quali quote del fondo sanitario a gestione regionale.<br />

I fondi devoluti ai Centri diabetologici di riferimento<br />

regionale furono utilizzati per finanziare, in regime di<br />

convenzione, l’attività del podologo e del diabetologo<br />

per la prevenzione e la cura del piede diabetico.<br />

Il progetto fu finanziato ogni anno fino al 2006, anno<br />

in cui subentrò il Piano podologico Regionale della<br />

Regione Marche.<br />

Il Comitato regionale Marche di Diabetologia, nel<br />

2000, fece il punto sulle iniziative attivate in relazione<br />

al Piede diabetico ed evidenziò la necessità di proseguire<br />

la campagna, segnalando l’esigenza di adottare<br />

un’apposita scheda di rilevazione dati, concernente<br />

l’utenza, gli accessi e le prestazioni erogate.<br />

Dall’esame dei dati ricavati dai DRG risultò che, dal<br />

1997 al 2005, le amputazioni senza trauma erano notevolmente<br />

aumentate, invece che diminuite. Anche nei<br />

pazienti affetti da diabete.<br />

Un incremento delle amputazioni molto maggiore<br />

rispetto all’incremento della prevalenza del diabete e<br />

dell’incremento della popolazione degli anziani.<br />

Quella campagna dunque pareva non incidere sul problema<br />

piede diabetico ed inoltre trascurava un altro<br />

capitolo importantissimo: le amputazioni non traumatiche<br />

effettuate su soggetti NON diabetici. C’era bisogno<br />

di qualcosa d’altro: si ideò allora il Piano podologico<br />

affidando il coordinamento ad un podologo, la Dr.ssa<br />

Pagliari, che si occupasse del problema del piede diabetico<br />

ma anche del piede complicato per antonomasia:<br />

quello affetto da Arteriopatia Obliterante Periferica.<br />

Fino al 2004 i costi diretti per le amputazioni (protesi,<br />

ricovero e riabilitazione) hanno inciso sul SSR delle<br />

Marche per una somma totale di circa 3 milioni di euro/<br />

anno. Una stima in difetto visto che il calcolo è riferito<br />

ai soli costi diretti di ricovero, protesi, amputazione,<br />

senza calcolare i costi indiretti come l’interruzione precoce<br />

o la riduzione dell’attività lavorativa propria, per<br />

menomazioni dovute alle complicanze, e dei familiari<br />

più vicini, i costi sostenuti personalmente dai pazienti<br />

e lo scadimento della qualità di vita. Oggi il “trend<br />

amputazioni” nelle Marche è in regressione, mentre le<br />

amputazioni maggiori sono prossime allo zero, in contrasto<br />

con i dati delle altre regioni e i dati nazionali.<br />

Dallo studio delle diagnosi di dimissione, emerse che<br />

i principali motivi di amputazione erano prevalentemente<br />

la gangrena al piede e le complicanze arteriose<br />

periferiche che comportavano arteriopatie periferiche,<br />

lesioni ischemiche, osteomielite. E su queste che si<br />

decise di intervenire.<br />

I pazienti con ischemia critica degli arti inferiori anche<br />

non diabetici, giungevano spesso tardi in ospedale,<br />

dopo iter diagnostici troppo lunghi e spesso inadeguati.<br />

Risultava così che troppi pazienti avevano lesioni ai<br />

piedi talmente avanzate da richiedere un’amputazione<br />

<strong>prima</strong>ria (Pagliari).<br />

Fu chiaro subito che un’attenta prevenzione poteva<br />

condurre ad una notevole riduzione del rischio di amputazione,<br />

mentre la diagnosi tardiva rendeva impossibile<br />

un recupero, in quanto le lesioni ischemiche dei tessuti<br />

più distali sarebbero state irreversibili.<br />

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