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86<br />
Per dare alcuni numeri si deve ricordare che ciò vale<br />
molto in generale, e non solo per il piede del diabetico.<br />
Infatti secondo Gottrup solo la metà dei pazienti<br />
con lesioni difficili è sottoposto ad un adeguato esame<br />
diagnostico, solo la metà delle lesioni da pressioni è<br />
trattato col progetto di un programma di scarico della<br />
pressione, solo il 40% delle lesioni venose è trattato<br />
con terapia compressiva e che ben il 40% dei portaori<br />
di ulcera al piede non ha mai fatto test per escludere la<br />
compresenza di diabete (Gottrup).<br />
Da una revisione sistematica sulle ulcere del piede nei<br />
pazienti con diabete mellito tipo 2, Mason afferma che<br />
gli studi disponibili sono generalmente poco soddisfacenti<br />
nella loro capacità di rispondere a domande<br />
importanti in materia di prevenzione. Tuttavia, se le<br />
persone con diabete ricevono cure ben organizzate,<br />
regolari e cadenzate con riferimento rapido a professionisti<br />
specializzati e competenti in caso di problemi<br />
(o dei loro precursori), la morbilità delle ulcera può<br />
essere sostanzialmente ridotta (Mason). Con riduzione<br />
dunque delle amputazioni minori e di conseguenza<br />
delle maggiori.<br />
Questa esigenza viene rilevata dalle Linee Guida<br />
internazionali (National Collaborating Centre for<br />
Chronic Conditions, Frykberg, NICE) ma pare<br />
NON ben espressa (frenata) dalle linee guida italiane<br />
(Standard Italiani).<br />
Se infatti ci riferiamo alla gestione della cura del piede<br />
sulle linee guida anglosassoni troviamo raccomandazioni<br />
specifiche con alto livello e forza:<br />
“Per i pazienti che manifestano un aumento del fattore<br />
di rischio o sono ad alto rischio di complicanze del<br />
piede:<br />
-Disporre specifica valutazione di altri fattori di rischio<br />
concomitanti tra cui la deformità del piede, il fumo e il<br />
livello di controllo della glicemia.<br />
-Disporre/rafforzare l’istruzione specifica nella cura del<br />
piede, e rivedere i pazienti ad alto rischio come parte di<br />
un programma di prevenzione delle ulcere del piede.<br />
Si consideri la fornitura di calzature predisposte, con<br />
plantari e ortesi, se c’è un durone, una deformità o una<br />
ulcera pregressa e già risolta.” (NCCCC)<br />
Queste raccomandazioni sono sostenute da lavori<br />
scientifici di discreta qualità, ma non sono riportate<br />
con la stessa forza negli Standard Italiani per la cura<br />
del diabete mellito. Può la strada italiana essere diversa<br />
dagli altri paesi industrializzati?<br />
Ad esempio nel capitolo dedicato al Piede diabetico<br />
leggiamo sugli Standard Italiani:<br />
“Tutti i pazienti con diabete mellito devono essere<br />
sottoposti a un esame completo del piede almeno una<br />
volta all’anno. L’ispezione dei piedi nei pazienti a elevato<br />
rischio, invece, deve essere effettuata a ogni visita.<br />
(Livello della prova VI, Forza della raccomandazione<br />
B)”. (Standard Italiani)<br />
Nelle nostre linee guida il livello e la forza di questa<br />
raccomandazione è posta dunque ad un livello bassissimo<br />
(VI B). Cioè pare che su questo aspetto siano d’accordo<br />
solo alcuni Esperti italiani, e nemmeno tutti, e<br />
secondo gli Autori degli Standard Italiani non c’è alcun<br />
lavoro scientifico (di adeguata qualità) che dimostri che<br />
un esame periodico completo del piede possa salvare<br />
il diabetico da amputazione. Tra l’altro si cadenza la<br />
valutazione di un “piede a rischio” ad “ogni visita”,<br />
cioè al più una volta ogni tre mesi, se va bene.<br />
Ancora leggiamo:<br />
“Al momento dello screening devono essere individuati<br />
i fattori di rischio per il piede diabetico. Il controllo<br />
successivo può essere programmato in base al rischio o<br />
alla presenza di lesioni. (Livello della prova VI, Forza<br />
della raccomandazione B)”. (Standard Italiani)<br />
Sempre bassissima il livello e la forza di questa raccomandazione<br />
(VI B).<br />
Altissimo livello e forza è stata data invece alla raccomandazione<br />
“A tutti i diabetici deve essere garantito<br />
un programma educativo sul piede diabetico. (Livello<br />
della prova I, Forza della raccomandazione A)”.<br />
(Standard Italiani)<br />
Quindi l’esecuzione di questa raccomandazione è fortemente<br />
sostenuta da prove scientifiche di efficacia e di<br />
buona qualità. Nulla da eccepire, ma se NON ci sono<br />
podologi nelle strutture CHI fa l’educazione del piede<br />
nel diabetico? L’infermiere o il diabetologo?<br />
Quindi proseguendo troviamo che:<br />
“Un team per la cura del piede diabetico dovrebbe<br />
includere medici specializzati nella cura del piede<br />
diabetico, personale con competenze in campo educativo<br />
e personale addestrato per la cura del piede<br />
diabetico (podologi e/o infermieri addestrati). (Livello<br />
della prova VI, Forza della raccomandazione B)”<br />
(Standard Italiani)<br />
Oltre al basso livello della prova e il basso livello della<br />
raccomandazione (più basso non si può), c’è un altro<br />
aspetto rilevante che va considerato: si annoverano nel<br />
team PODOLOGI E/O INFERMIERI e non podologi<br />
ED infermieri. Ed inoltre basta che questi siano solo<br />
ADDESTRATI e non necessariamente COMPETENTI<br />
ovvero con un percorso universitario post base.<br />
Da un lato dunque quella E/O sviluppa una inversione<br />
di tendenza rispetto alle linee guida internazionali<br />
(NCCCC, Frykberg, NICE) che sostengono la compresenza<br />
necessaria del podologo nel team insieme<br />
all’infermiere ed al medico.<br />
Da qui ne viene che un centro diabetelogico italiano<br />
che si occupa del piede diabetico, e che ha già un<br />
infermiere addestrato, non sentirà il bisogno di acquisire<br />
un infermiere competente o di dare competenza a<br />
quelli già strutturati (favorendo la loro iscrizione ad un<br />
master in Wound Care o in Diagnosi e cura del Piede<br />
diabetico). Inoltre NON si sentirà in dovere di prendere