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SCARICA IL VOLUME SU LESIONI CUTANEE ... - prima pagina

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di crescita e degli altri fattori solitamente attivi nella fase<br />

riparativa. Ciò ostacola la guarigione.<br />

Nello specifico l’essudato delle ulcere cutanee ha tre<br />

caratteristiche fondamentali che bloccano la proliferazione<br />

cellulare e l’angiogenesi (EWMA 04):<br />

1. alte concentrazioni di proteasi, comprese le metalloproteinasi<br />

di matrice (MMP), l’elastasi e la plasmino<br />

proteasi (che danneggiano i tessuti di granulazione);<br />

2. elevate citochine proinfiammatorie;<br />

3. ridotta attività e “intrappolamento” dei fattori di<br />

crescita (che può impedire la formazione dei tessuti di<br />

granulazione o ritardare la cicatrizzazione).<br />

Questi tre aspetti possono essere affrontate dalla WBP<br />

grazie alla rimozione del tessuto necrotico o devitalizzato,<br />

al controllo dell’infezione e infiammazione, al<br />

controllo dei fluidi superficiali.<br />

Nelle lesioni in fase acuta l’infiammazione è ben controllata<br />

e mediata da macrofagi e neutrofili. Tali cellule<br />

sono attratte verso il sito della ferita rilasciando citochine<br />

proinfiammatorie. Questi eventi permettono un incremento<br />

della proteasi degradativa, il cui ruolo è il naturale<br />

debridement della lesione dai tessuti non vitali e dai<br />

corpi estranei e la prevenzione delle infezioni.<br />

Nelle ulcere cutanee invece, la perdita del controllo<br />

di questa fase porta ad un eccesso di citochine<br />

proinfiammatorie ed uno spostamento dell’equilibrio<br />

dell’ulcera verso i processi distruttivi. Successivamente,<br />

la lesione si stabilizza in una fase infiammatoria cronica<br />

caratterizzata dall’impedimento dell’innesco e della prosecuzione<br />

dei processi di granulazione.<br />

La proprietà ben documentata, delle lesioni croniche,<br />

di avere un eccesso di proteasi nei fluidi extracellulari<br />

implica una accorta gestione dell’essudato. La proteasi<br />

è implicata in tutte le fasi della riparazione tissutale ed<br />

ha un ruolo fondamentale nella regolazione del bilancio<br />

fra distruzione e sintesi dei tessuti. Così, mentre la<br />

degradazione controllata è necessaria per un normale<br />

processo riparativo, l’eccesso e/o la prolungata azione<br />

proteolitica è considerata lesiva e contribuisce alla cronicizzazione<br />

della lesione. Questo aspetto è suggerito da<br />

diversi Autori che hanno esaminato e descritto i livelli<br />

di proteasi derivate dai neutrofili (elastasi, plasmino e<br />

metallo proteasi) negli essudati delle lesioni croniche in<br />

ulcere su piede diabetico, su ulcere venose e da decubito.<br />

I risultati mostrano che, seppur presenti tutte, la<br />

proteasi predominante in termini di attività è la elastasi.<br />

Ciò avvalora l’ipotesi che tali lesioni restano “ferme”<br />

alla fase infiammatoria. E’ stato ipotizzato che l’elevata<br />

attività proteasica presente nelle lesioni croniche, degrada<br />

i peptidi dei fattori di crescita rendendoli inattivi.<br />

Ricordiamo che i fattori di crescita trasformano i fattori<br />

“beta”, i fattori di crescita endoteliali vascolari e gli epidermici,<br />

presenti nei normali processi riparativi, per guidare<br />

la migrazione cellulare, la proliferazione, la sintesi<br />

proteica e la formazione della matrice extracellulare.<br />

Questo spiega perché i fattori di crescita esogeni possono<br />

accelerare la rimarginazione in lesioni acute, e rende<br />

conto dei limitati successi nel trattamento delle lesioni<br />

croniche, sebbene usati in alte dosi. Per tal motivo è<br />

stata proposta, in alternativa all’addizione di fattori<br />

di crescita esogeni, la modifica dell’ambiente superficiale<br />

dell’ulcera attraverso la riduzione del livello di<br />

proteasi, allo scopo di proteggere i fattori di crescita<br />

endogeni e permettere la prosecuzione del normale<br />

processo riparativo. Il fibrinogeno e la fibrina sono<br />

ben presenti nelle ferite croniche e si ritiene che queste<br />

e altre macromolecole si leghino ai fattori di crescita<br />

attivando/favorendo la riparazione della ferita.<br />

Questa teoria è sostenuta da diversi studi. I fibroblasti<br />

prelevati dalle ulcere cutanee mostrano infatti una<br />

risposta ridotta a diversi fattori di crescita e sembrano<br />

essere in uno stato di senescenza (EWMA).<br />

3.5.3. La stimolazione dei processi riparativi<br />

La stimolazione dei processi riparativi trova la sua<br />

applicazione nella stimolazione della fase anabolica<br />

della riparazione tissutale: la fase proliferativa e la fase<br />

riparativa. La stimolazione può essere messa in atto<br />

con metodiche diverse quali: a) stimolazione meccanica,<br />

b) applicazione locale di fattori di crescita, c) applicazione<br />

locale di prodotti dell’ingegneria tissutale, d)<br />

protezione dei fattori di crescita endogeni.<br />

a) La stimolazione meccanica consiste nell’abrasione<br />

del fondo e dei bordi della lesione, con garza sterile<br />

asciutta o con bisturi fino ad ottenere sanguinamento. Il<br />

principio su cui si basa questa tecnica, è rappresentato<br />

dalla possibilità di rimuovere in maniera meccanica i<br />

depositi di fibrina pericapillari, che fisicamente ostacolano<br />

sia l’arrivo che la diffusione dei fattori di crescita<br />

angiogenetici e di cellule ematiche che risultano essere<br />

indispensabili al fine dell’attivazione del processo<br />

di guarigione. I vantaggi di questa tecnica sono: il<br />

basso costo e la possibilità di gestione diretta da parte<br />

dell’operatore anche se richiede esperienza per poter<br />

sortire gli effetti sperati e grande cautela per evitare di<br />

evocare dolore e di fare danni al delicato fondo dell’ulcera.<br />

Non va realizzata quando la riparazione tissutale<br />

è già attiva perché la stimolazione meccanica farebbe<br />

ritornare la lesione alla fase infiammatoria.<br />

b) Applicazione locale di fattori di crescita tramite<br />

concentrato di piastrine disciolto in plasma. Il gel rilascia:<br />

PDGF (platelet derived growth factor) per azione<br />

mitogena ed angiogenetica; TGF-B (trasforming<br />

growth factor-beta) per la stimolazione dei fibroblasti e<br />

dei pro-osteoblasti; EGF (epidermal growth factor) per<br />

la stimolazione delle cellule mesenchimali ed epidermiche;<br />

IGF I/II (insulin like growth factor I/II) promotore<br />

della duplicazione cellulare. La sperimentazione<br />

ha dimostrato un aumento della vascolarizzazione<br />

tissutale incrementando l’angiogenesi; effetto chemio-<br />

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