SCARICA IL VOLUME SU LESIONI CUTANEE ... - prima pagina
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Caso Clinico 9<br />
Uomo ultrasessantenne, diabetico, neuropatico, cardiopatico,<br />
vasculopatico, psicotico, molto sofferente<br />
e psicologicamente depresso. Piede di Charcot bilaterale,<br />
a dx amputato del terzo dito per infezione<br />
estesa anche dorsalmente al piede. Altissimo rischio<br />
ulcerazione. Il paziente rifiuta il plantare e le scarpe<br />
di classe 3 nonostante pressanti indicazioni mediche<br />
e podologiche. Usa solo scarpe da ginnastica commerciali<br />
senza plantare, ed ha uno scarso controllo<br />
glicometabolico ed un eccesso ponderale.<br />
Lo vediamo con una lesione sotto la I MF al<br />
piede dx, trattata podologicamente da circa 15gg<br />
con ortoplastia in silicone (in shore 20) che viene<br />
accettata ed indossata costantemente dal paziente,<br />
inizialmente restio e sospettoso. La maggiore stabilità<br />
percepita e la semplicità di calzata convince il<br />
paziente all’utilizzo costante del presidio sanitario<br />
con una discreta compliance.<br />
La lesione, dopo 2 settimane di terapia podologica,<br />
appare in avanzato stato di riepitelizzazione (vedi<br />
seconda foto). A distanza di 4 settimane (vedi ultima<br />
foto) la lesione ulcerativa è andata a guarigione.<br />
L’ortoplastia è stata sagomata a barchetta per<br />
facilitare la deambulazione e favorire il contributo<br />
delle dita (disarticolate) in fase propulsiva.<br />
Questa esperienza non deve entusiasmare essendo<br />
il piede di Charcot estremamente complesso e difficile<br />
da trattare essendo rapidamente evolutivo e<br />
mutevole. Le periodiche fasi acute possono aprire<br />
la strada ad instabilità, fratture, rimaneggiamenti<br />
ossei in una escalation che rende l’arto molto fragile,<br />
trattabile solo in struttura specializzata.<br />
L’ortoplastia dopo 1 anno è stata abbandonata dal<br />
paziente ma è stata sostituita da plantare a contatto<br />
totale in scarpa di classe 3.<br />
Dopo tre anni per un aggravamento delle condizioni<br />
è stato sottoposto ad una artrodesi di stabilizzazione<br />
per salvataggio di arto.<br />
di mobilizzare costantemente l’arto nell’arteriopatia<br />
periferica, spesso associata alla malattia diabetica.<br />
Sappiamo infatti che l’immobilità accresce il rischio<br />
del fenomeno ischemico mentre l’attività muscolare<br />
permette il mantenimento del debito ematico.<br />
In secondo luogo <strong>prima</strong> o poi, dopo essere guariti, si<br />
dovrà poggiare di nuovo il piede a terra e quello sarà<br />
il momento della re-ulcerazione. Il problema dell’ipercarico<br />
dunque dovrebbe essere affrontato subito,<br />
nella sua interezza ed a tutti i livelli, con la giusta<br />
scarpa, il giusto plantare ed anche eventualmente<br />
con ortoplastia in silicone in calco dinamico, limitando<br />
il riposo forzato e riducendo i problemi derivanti<br />
dall’uso dei gambaletti gessati perché spesso<br />
rifiutati dai pazienti ed “applicabili solo da uno staff<br />
esperto a causa del rischio di provocare nuove lesioni”<br />
ed equivalenti ai gambaletti in vetroresina se<br />
resi inamovibili (Guyton, Hartsell, Petre, Pizarro-<br />
Duhart, Wukich). Inoltre i gambaletti sono a volte<br />
di difficile applicazione o rifiutate dai pazienti così<br />
come i gambaletti in resine polimeriche, le “mezze<br />
scarpe” ed i “sandali con tacco” (talus) scomodi,<br />
instabili e pericolosi se non usati con appropriatezza<br />
perché introducono una dismetria e possono favorire<br />
le cadute.<br />
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