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28<br />

(a gambe sollevate a livello del capo), compensazione<br />

dei deficit di natura posturale.<br />

La compressione va attuata in funzione del reflusso.<br />

La via chirurgica andrebbe prospettata solo dopo una<br />

accorta terapia compressiva e dopo il trattamento dei<br />

deficit di appoggio e di quelli posturali/funzionali<br />

attraverso ortoplastie, ortesi biomeccaniche o posturali<br />

e solo dopo aver esaurito il percorso podologico/riabilitativo<br />

(EWMA 08). Bisogna considerare comunque<br />

che le ulcere flebostatiche hanno spesso una patogenesi<br />

assiale (reflusso, occlusione) e la pompa plantare<br />

comporta un fattore peggiorativo, ma difficilmente<br />

patogenetico.<br />

La terapia compressiva è utile perché sostiene la<br />

naturale compressione della pompa muscolo-cutanea<br />

divenuta insufficiente. Si riduce o si evita la comparsa<br />

di edema, si attenua il sovraccarico del sistema venolinfatico<br />

superficiale, si incanala il flusso venoso in<br />

senso prossimale mediante la riduzione pressoria della<br />

periferia (compressione graduata, decrescente distoprossimale).<br />

2.5.2. Ulcera postflebitica<br />

L’ipertensione e la stasi venosa assumono una importanza<br />

maggiore nella sindrome postflebitica. Il disordine<br />

emodinamico dipende dall’ostruzione del circolo venoso<br />

e soprattutto dall’anarchia circolatoria conseguente<br />

alla ricanalizzazione ed all’insufficienza valvolare.<br />

L’ulcera postflebitica è solitamente più piccola, a stampo,<br />

a cicatrizzazione più lunga e difficile.<br />

2.5.3. Ruolo dell’impotenza dei muscoli della gamba<br />

Nel percorso preventivo è emersa di recente una correlazione<br />

importante fra ulcera venosa ed impotenza<br />

dei muscoli della gamba. Sorge dunque una domanda<br />

alla quale non è stata ancora data risposta: l’appoggio<br />

podalico quanto può migliorare la funzionalità della<br />

pompa valvulomuscolare ed il fattore rischio di ulcera<br />

venosa?<br />

Certamente la funzione del polpaccio ha un ruolo<br />

rilevante nella prevenzione delle ulcere venose. Infatti<br />

già nel 1994 Araki affermava che la riduzione della<br />

funzionalità del muscolo del polpaccio è significativa<br />

sul grado di severità delle ulcere venose, così come<br />

la riduzione del ROM articolare (range of motion)<br />

della tibioastragalica (Back). Più di recente, nel 2004,<br />

Padberg ha dimostrato, con un lavoro randomizzato<br />

controllato, che esercizi specifici del polpaccio incrementano<br />

la funzionalità della pompa venosa muscolare<br />

nei pazienti con insufficienza venosa cronica; mentre<br />

nel 2007, Davies, Abadi e Simka hanno suggerito<br />

la necessità di un programma di esercizi affidati al<br />

paziente per incrementare la mobilità (il ROM) della<br />

articolazione della caviglia e la potenza muscolare del<br />

polpaccio per prevenire le ulcere venose.<br />

Dunque sembra consolidato il ruolo della funzionalità<br />

e della qualità tonica della muscolatura del polpaccio<br />

nella prevenzione delle ulcere venose, ma in questo<br />

contesto nessuno mai si è soffermato a studiare la funzionalità<br />

del piede, per garantire la corretta funzionalità<br />

del polpaccio. In letteratura infatti non è stato mai<br />

studiato il contributo dei deficit di appoggio e delle<br />

algie podaliche nella malattia venosa in relazione al<br />

fattore di rischio ulcerazione o re-ulerazione o anche<br />

alla velocità nella guarigione delle lesioni.<br />

D’altro canto secondo alcuni Esperti (Bacci 1998,<br />

Scaramuzzino 1999), il miglioramento della deambulazione,<br />

l’assenza di sindromi algiche a livello podalico<br />

e la risoluzione dei deficit posturali incrementerebbero<br />

la frazione di eiezione (fino al 40%) migliorando<br />

il quadro vascolare sia venoso che linfatico e riducendo<br />

dunque il fattore di rischio.<br />

Indubbiamente già un alluce valgo può incidere negativamente<br />

sul ritorno venoso in quanto il varismo<br />

del primo metatarso non permette di esprimere la<br />

funzione di valvola sulla <strong>prima</strong> perforante del piede<br />

(avalvolata), incidendo negativamente sulla vis a<br />

tergo (vedi foto).<br />

Ricordando i meccanismi emocinetici, il sangue dagli<br />

arti inferiori è drenato da tre grandi sistemi:<br />

-un sistema sopra-aponeurotico o “superficiale”, formato<br />

principalmente dalle due vene safene (la interna<br />

o grande safena e la esterna o piccola safena), e dai<br />

loro affluenti;<br />

-un sistema “intermedio”, composto da un gran numero<br />

di vene comunicanti, che mettono in comunicazione<br />

il sistema superficiale col profondo;<br />

-un sistema sotto-aponeurotico o “profondo”, formato<br />

dai tronchi venosi satelliti delle principali arterie e<br />

che, raccogliendo il sangue dei due altri sistemi, crea<br />

un flusso duplice, orientato dal basso verso l’alto e<br />

dalla regione superficiale a quella profonda.<br />

Le vene sono dotate di un’innervazione propria che<br />

conferisce loro una notevole capacità di distendersi<br />

e contrarsi in maniera segmentaria. Sono dotate di<br />

valvole a “nido di rondine”, mobili nel lume venoso

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