Isola Nera 1/26 Febbraio 2006 - Il Dialogo

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“L’ultima volta è venuto due mesi fa, sempre in orari strani; allora stavo per andare a letto, ma non mi ha fatto rinviare il sonno e se l’è sbrigata in una decina di minuti, tanti per lui, pochi e troppi per me, a seconda di come si veda la questione. Pochi, ripeto, perché mi illudo sempre che possa rivolgermi la parola aprendosi quell’animo che non ha, troppi perché è insopportabile quella sua ostentazione di naturalezza, come se fosse venuto a trovarmi a casa, anziché all’ospizio.” - Papà, ti trovo splendidamente. “Ecco che cominciamo proprio bene; adesso attaccherà le solite litanie: gli affari, il successo, parla, parla solo di lui, come se davanti non ci fosse nessuno, ma una platea costituita da una miriade di suoi cloni.” - Non ho potuto venir prima per via del lavoro, sai, insomma, se non si fatica non si guadagna e per fortuna che io sono il migliore. “E ti pareva che fosse il contrario.” - Perché non parli, perché non mi dici niente? Sono anni che sembri nemmeno ascoltarmi. Ti devo dare una notizia che è una bomba: mi è nato un maschio e abbiamo deciso di chiamarlo Carlo, come te. Sei felice? Dai, dimmi che sei felice? “Potrei esserlo, ma fra la possibilità e la realtà di una cosa il divario è enorme. Dovrei essere contento perché mi è nato un nipotino che mai potrò vedere? Dovrei rallegrarmi perché gli hanno dato il mio nome? No, questo nuovo essere mi è e resterà più sconosciuto di mio figlio, per il semplice motivo che non ne potrò sentire il calore, né lui potrà sentirsi mio nipote. Quanto ho desiderato un tempo di diventare nonno, di vedere nel figlio di mio figlio sbocciare un’esistenza a cui contribuire con lo spegnimento della mia!” - La prossima volta che vengo ti porto una sua foto. Adesso purtroppo devo andare, ma ritornerò ancora e cerca di star bene. “A che pro star bene? Per rinviare la fine dei miei giorni, per continuare a recitare la parte di un uomo a cui la vita non può offrire più nulla? Parla, parla e dice solo delle cazzate; questa volta almeno è rimasto meno del solito. Queste parentesi in un’esistenza monotona e già di per se stessa insopportabile danno un senso di squallore e ti fanno sentire esattamente quello che sei: del tutto inutile. Ho deciso che non ceno e che vado a letto subito, a godermi il silenzio della camera, in quel buio a cui mi sto sempre più abituando e che celandomi tutto nasconde anche l’immagine di un vecchio stanco di vivere. Ma non resto solo; fra me e il nulla di questa massa scura c’è l’unico amico che mi è rimasto, fedele, sempre presente purché lo desideri: il silenzio.” Augusto dos anjos Portogallo A esperança A Esperança não murcha, ela não cansa, Também como ela não sucumbe a Crença. Vão-se sonhos nas asas da Descrença, Voltam sonhos nas asas da Esperança. Muita gente infeliz assim não pensa; No entanto o mundo é uma ilusão completa, E não é a Esperança por sentença Este laço que ao mundo nos manieta? Mocidade, portanto, ergue o teu grito, Sirva-te a crença de fanal bendito, 22

Salve -te a glória no futuro - avança! E eu, que vivo atrelado ao desalento, Também espero o fim do meu tormento, Na voz da morte a me bradar: descansa! La speranza La speranza non appassisce, non stanca, come lei altresì la fede mai soccombe. Scettici sogni alati vanno via, tornano nel volo della speranza. Molte persone infelici non lo pensano; intanto il mondo è una piena illusione, e non è la speranza, per sentenza, il vincolo che al mondo ci lega? Giovinezza, dunque, innalza il tuo grido, serviti pure la fede del lume benedetto, preservati la gloria nel futuro – avanza! E io, che vivo trainato nello sconforto, auspico anche la fine del mio tormento, la voce della morte sbraitare: riposa! Traduzioni di Enrico Pietrangeli Ilha Negra Rivista di letteratura in portoguese. Prima edizione: gennaio 2006. Diretta da Amelia Pais (Portogallo)- Gabriel Impaglione (Italia). Mail: impaglioneg@yahoo.es Terezinha Pereira Minas/MG, Brasil Un Rio di ricordi Continua. Bello. Rio de Janeiro. Dall’alto, io vedo la città di Rio a gennaio. Il mare blu. Rio. Mai più. Più mai? Salone dorato... Marmo di Carrara. Cristalli cechi. Albergo a molte stelle... Leme, Copacabana, passeggiata a Barra di Tijuca, programma per Joá, Ipanema di Garota, Leblon. Così quella. Ragazza venire a Rio per studiare medicina. Io, per pagare l’università, mi diedi ad affari illeciti. Quando avrei finito il mio corso, me ne sarei andato da lì, sarei andato in un posto lontano. Sarei rimasto libero dagli imbrogli. Ma, de questa cosa neanche io ero tanto certo. Io conobbi la ragazza dalla finestra di casa, mentre osservavo che nulla accadeva. Avvenne di sera. Poi, una luce illuminò la finestra della casa di fronte. Lei provava passi di danza, abiti da ballerina. Musica da ballo... Mi riempì di volontà. Con lei, le gun=ance incillate, girare in una sala da ballo. Non solo una volta e poi basta. Mi bacia molto, come se fosse questa notte l’ultima volta. A volte, già avevo ascoltato il cancello cigolare di mattina, quando il mio riposo notturno non era ancora cominciato. Sarebbe stata lei. O orologio, batti velocemente le ore. Guardare le lancette dell’orologio mi rendeva tranquillo. Attraverso la fessura della finestra , vedevo la bella ragazza uscire, con atteggiamento da studente. Io studiavo di notte. Gli affari, si sbrigavano di pomeriggio o dopo le lezioni. La bella sarebbe ritornata da solo, nel tardo pomeriggio, carica di libri... Con poca fretta, che la ragazza non era di quelle della notte inoltrata. Ho saputo che il suo nome era Maria Elena. Io lasciai *“choros”, sambe e la canzone nostagica di Dolores Duran... La bella 23

Salve -te a glória no futuro - avança!<br />

E eu, que vivo atrelado ao desalento,<br />

Também espero o fim do meu tormento,<br />

Na voz da morte a me bradar: descansa!<br />

La speranza<br />

La speranza non appassisce, non stanca,<br />

come lei altresì la fede mai soccombe.<br />

Scettici sogni alati vanno via,<br />

tornano nel volo della speranza.<br />

Molte persone infelici non lo pensano;<br />

intanto il mondo è una piena illusione,<br />

e non è la speranza, per sentenza,<br />

il vincolo che al mondo ci lega?<br />

Giovinezza, dunque, innalza il tuo grido,<br />

serviti pure la fede del lume benedetto,<br />

preservati la gloria nel futuro – avanza!<br />

E io, che vivo trainato nello sconforto,<br />

auspico anche la fine del mio tormento,<br />

la voce della morte sbraitare: riposa!<br />

Traduzioni di Enrico Pietrangeli<br />

<strong>Il</strong>ha Negra<br />

Rivista di letteratura in portoguese. Prima edizione: gennaio <strong>2006</strong>.<br />

Diretta da Amelia Pais (Portogallo)- Gabriel Impaglione (Italia).<br />

Mail: impaglioneg@yahoo.es<br />

Terezinha Pereira<br />

Minas/MG, Brasil<br />

Un Rio di ricordi<br />

Continua. Bello. Rio de Janeiro. Dall’alto, io vedo la città di Rio a gennaio. <strong>Il</strong> mare blu. Rio. Mai<br />

più. Più mai? Salone dorato... Marmo di Carrara. Cristalli cechi. Albergo a molte stelle... Leme,<br />

Copacabana, passeggiata a Barra di Tijuca, programma per Joá, Ipanema di Garota, Leblon. Così<br />

quella. Ragazza venire a Rio per studiare medicina. Io, per pagare l’università, mi diedi ad affari<br />

illeciti. Quando avrei finito il mio corso, me ne sarei andato da lì, sarei andato in un posto lontano.<br />

Sarei rimasto libero dagli imbrogli. Ma, de questa cosa neanche io ero tanto certo.<br />

Io conobbi la ragazza dalla finestra di casa, mentre osservavo che nulla accadeva. Avvenne<br />

di sera. Poi, una luce illuminò la finestra della casa di fronte. Lei provava passi di danza, abiti da<br />

ballerina. Musica da ballo... Mi riempì di volontà. Con lei, le gun=ance incillate, girare in una sala<br />

da ballo. Non solo una volta e poi basta. Mi bacia molto, come se fosse questa notte l’ultima volta.<br />

A volte, già avevo ascoltato il cancello cigolare di mattina, quando il mio riposo notturno non era<br />

ancora cominciato. Sarebbe stata lei. O orologio, batti velocemente le ore. Guardare le lancette<br />

dell’orologio mi rendeva tranquillo. Attraverso la fessura della finestra , vedevo la bella ragazza<br />

uscire, con atteggiamento da studente. Io studiavo di notte. Gli affari, si sbrigavano di pomeriggio<br />

o dopo le lezioni. La bella sarebbe ritornata da solo, nel tardo pomeriggio, carica di libri... Con<br />

poca fretta, che la ragazza non era di quelle della notte inoltrata. Ho saputo che il suo nome era<br />

Maria Elena. Io lasciai *“choros”, sambe e la canzone nostagica di Dolores Duran... La bella<br />

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