Isola Nera 1/26 Febbraio 2006 - Il Dialogo
Isola Nera 1/26 Febbraio 2006 - Il Dialogo
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<strong>Isola</strong> <strong>Nera</strong> 1/27<br />
Casa di poesia e letteratura. La prima in Sardegna, in Italia,<br />
aperta alla creazione letteraria degli autori italiani e di autori<br />
in lingua italiana.<br />
<strong>Isola</strong> <strong>Nera</strong> è uno spazio di libertà e di bellezza per un mondo<br />
di libertà e bellezza che si costruisce in una cultura di pace.<br />
Direzione Giovanna Mulas. Coordinazione Gabriel Impaglione.<br />
mulasgiovanna@hotmail.com - febraio 06 - Lanusei, Sardegna<br />
«Tutto dipende da dove sei nato, diceva un grande saggio. E, per quanto mi riguarda,<br />
forse il saggio ci ha proprio azzeccato».<br />
(Dario Fo)<br />
Bertolt Brecht<br />
Germania<br />
Se durassimo in eterno<br />
Tutto cambierebbe<br />
Dato che siamo mortali<br />
Molto rimane come prima.<br />
Dino Campana<br />
Italia<br />
La Chimera<br />
Non so se tra roccie il tuo pallido<br />
Viso m'apparve, o sorriso<br />
Di lontananze ignote<br />
Fosti, la china eburnea<br />
Fronte fulgente o giovine<br />
Suora de la Gioconda:<br />
O delle primavere<br />
Spente, per i tuoi mitici pallori<br />
O Regina O Regina adolescente:<br />
Ma per il tuo ignoto poema<br />
Di voluttà e di dolore<br />
Musica fanciulla esangue,<br />
Segnato di linea di sangue<br />
Nel cerchio delle labbra sinuose<br />
Regina de la melodia:<br />
Ma per il vergine capo<br />
Reclino, io poeta notturno<br />
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,<br />
So wandelte sich alles<br />
Dauerten wir unendlich<br />
Da wir aber endlich sind<br />
Bleibt vieles beim Alten.<br />
1
Io per il tuo dolce mistero<br />
Io per il tuo divenir taciturno.<br />
Non so se la fiamma pallida<br />
Fu dei capelli il vivente<br />
Segno del suo pallore,<br />
Non so se fu un dolce vapore,<br />
Dolce sul mio dolore,<br />
Sorriso di un volto notturno:<br />
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti<br />
E l'immobilità dei firmamenti<br />
E i gonfii rivi che vanno piangenti<br />
E l'ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti<br />
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti<br />
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.<br />
Giovanni Sarubbi<br />
Italia<br />
E’ tempo di gridare sui tetti<br />
La parola “Dio” oramai ci sommerge. Quotidianamente non c’è telegiornale che non riporti una<br />
qualche dichiarazione del Papa o del cardinale Ruini, sui fatti più svaria ti della vita pubblica<br />
italiana o mondiale, ed il tutto fatto in nome di “Dio”. E’ “Dio” che parla attraverso di loro; è “Dio”<br />
che emette dottrine e sentenze. “Dio” campeggia in ogni angolo del mondo della comunicazione.<br />
E l’immagine di “Dio” che viene proposta è antica ed appartiene ad un orizzonte di comprensione<br />
oggi insostenibile: un “Dio sopra”, il “Dio” della metafisica, immaginato come un gran re, che ha<br />
bisogno di suoi vicari incaricati non solo di predicare ciò che sarebbe la “sua volontà” ma<br />
depositari di poteri spirituali e materiali non solo sui singoli fedeli ma anche su chi a questo “Dio”<br />
non crede.<br />
Quest’immagine di un Dio che sta sopra, nell’alto dei cieli, che prende decisioni, che ha bisogno di<br />
suoi vicari in terra per dispensare premi e punizioni, è ovviamente umana, troppo umana. E’ un<br />
"antropomorfismo" che ogni religione nel corso dei secoli ha cercato di utilizzare a proprio<br />
vantaggio contro gli antropomorfismi usati da altre religioni.<br />
Ma “Dio” non è un signore che se ne sta la sopra, né ha bisogno di vicari terreni. Oggi sappiamo<br />
che Dio non è così, che ciò che chiamiamo "Dio" è un mistero che non può essere ridotto ad una<br />
simile immagine antropomorfica. Ma, leggendo attentamente gli stessi libri sacri delle varie<br />
religioni monoteiste, Bibbia e Corano in particolare, non è neppure questa l’immagine che di Dio<br />
hanno avuto i fondatori del monoteismo che è nato proprio per contrastare le religioni che<br />
facevano largo uso dell’immagine “antropomorfica” di Dio, finalizzato al potere dell’uomo<br />
sull’uomo.<br />
Sono stati gli ebrei che si liberano dalla schiavitù di Egitto a parlare di un “Dio con noi” e a<br />
contrapporre alle statue dei santuari “un arca dell’alleanza” che camminava in mezzo al popolo in<br />
marcia verso la libertà. Alleanza che rendeva il popolo ed il “dio con noi” una sola cosa, moglie e<br />
marito, portatori di vita nuova, con regole fatte per la vita e non per la morte, come poi sono<br />
diventate dopo l’esilio babilonese.<br />
Si continua, invece, a parlare alla gente come se duemila e più anni di teologia fossero passati<br />
invano. I cristiani, in particolare, continuano ad essere trattati come bambini, incapaci di affrontare<br />
minimamente quel mistero che chiamiamo “Dio”. <strong>Il</strong> Papa ha attorno a se una folta schiera di<br />
teologi ma alla fine ciò che viene fuori è una catechesi infantile: l’uomo e la donna di oggi, per i<br />
teologi del Vaticano, non hanno diritto ad elaborare linguaggi nuovi, più critici ed appropriati a<br />
quelle che sono le conoscenze attuali dell’umanità.<br />
Nel momento in cui scriviamo queste note, è appena stata pubblicata la prima enciclica di<br />
2
Benedetto XVI. Dalle anticipazioni che lo stesso Papa ha dato e dalla lettura che ne abbiamo fatta,<br />
non ci sembra che questa enciclica possa dare ai cristiani oggi nulla di nuovo: non servono belle<br />
parole, che per di più ripetono immagini vecchie e stantie, ma fatti diversi, modifiche sostanziali di<br />
un modo di vivere su un tema, quello dell’amore, su cui il papato, nella sua storia bimilennaria, ha<br />
un bilancio pesantemente negativo. E non c’è bisogno di andare molto lontano nel tempo per avere<br />
conferma di questa tesi.<br />
Basti citare l’ultima novità in ordine di tempo che viene dai “sacri palazzi vaticani”, quella relativa<br />
ai diritti di copyright non solo sui libri del Papa, ma persino su tutti gli atti della “santa sede”,<br />
compresi quelli emessi nella qualità di “vicario di Cristo”, come le catechesi del mercoledì o le<br />
encicliche. Nessuno, questa la decisione presa il 31 maggio 2005, potrà più pubblicare alcunché<br />
senza il pagamento di una vera e propria tassa alla Libreria editrice Vaticana. Una decisione che ha<br />
lasciato sgomento moltissimi cattolici ma che trova la sua spiegazione proprio nel fatto che nei<br />
“sacri palazzi vaticani” si parla di amore ma non lo si vive.<br />
Questa decisione, una delle prime decisioni amministrative del nuovo Papa, trova la sua genesi nel<br />
marasma che si era creato attorno alle opere di Karol Wojtyla, soprattutto durante gli ultimi anni<br />
del suo regno quando egli era gravemente ammalato. Chi ha amministrato, come e a beneficio di<br />
chi gli ingenti proventi economici piovuti dalle altissime tirature mondiali dei libri firmati da<br />
Giovanni Paolo II? Basti pensare che solo in lingua inglese sono 2770 i titoli di libri che portano la<br />
firma di Wojtyla, oltre 1000 in lingua spagnola, intorno ai 370 quelli in italiano. Per queste<br />
innumerevoli edizioni e traduzioni, chi ha redatto, firmato e gestito gli aspetti economici del diritto<br />
d’autore? In Vaticano nessuno lo sa o nessuno vuol dirlo. Ma certamente molte cose non sono<br />
andate e non vanno ancora per il verso giusto. Non è escluso che molti di quei libri siano stati<br />
pubblicati come “res nullius”, cioè ad esclusivo beneficio economico degli editori. Né si può<br />
escludere che i diritti, ove pagati, siano finiti nelle mani sbagliate. C’è chi ha speculato sulle opere<br />
di Wojtyla.<br />
Dietro ad un decreto, che da solo annulla qualsiasi eventuale intuizione teologica o novità della<br />
prima enciclica sull’amore di Benedetto XVI, ci sono interessi economici giganteschi, lucrati su un<br />
uomo gravemente malato, altro che amore. Amore di cui si parla ma che non si pratica; amore che<br />
porterà soldi nella casse del Vaticano attraverso i diritti d’autore che le società editrici dovranno<br />
pagare non solo per pubblicarla, ma anche per commentarla. Diritti d’autore che saranno scaricati<br />
sui singoli fedeli che da ora in poi per conoscere “la volontà del dio antropomorfo” rappresentato<br />
da Benedetto XVI, dovranno anche pagargli i diritti d’autore.<br />
C’è poco da fare: più si usa la parola “Dio”, più in realtà la si bestemmia, la si contorce, la si svuota<br />
di significato, la si usa a proprio uso e consumo. Altro che Dio! Altro che amore! Questo è il tempo<br />
della blasfemia, di una idolatria sfrenata, del “dio denaro”, come mai si era vista nella storia<br />
dell’umanità.<br />
E ad essere profondamente offesi da un simile modo di procedere sono tutti quei cristiani, e sono<br />
la maggioranza, che concepiscono la propria vita come servizio agli ultimi, come scelta a favore dei<br />
poveri, come impegno per la giustizia e la pace, come impegno per la liberazione integrale<br />
dell’uomo dalla schiavitù dell’uomo sull’uomo. Cristiani che si sentono offesi da un uso del sacro<br />
finalizzato a dare il potere a partiti politici e governi impegnati nella guerra, in una delle più<br />
devastanti e perverse guerre che abbia mai visto l’umanità e di cui non ci si rende conto proprio a<br />
causa della copertura ideologica offerta dalla inedita alleanza della “Santa Sede” e delle chiese<br />
fondamentaliste americane che appoggiano il presidente Bush.<br />
«E’ tempo di gridare sui tetti tutta la verità che possediamo e di combattere tutti gli errori che<br />
vediamo», diceva don Primo Mazzolari. Ed è l’appello che ci permettiamo di fare non solo a tutti i<br />
cristiani ma ai credenti di ogni religione che vogliano vivere la propria religione come ricerca del<br />
mistero di Dio e non come supporto ad un determinato sistema di potere politico-economicomilitare.<br />
Fonte : www.ildialogo.org<br />
3
Alda Merini<br />
Italia<br />
Espando il seno<br />
al sole<br />
viola del tuo desiderio<br />
cammino delle Esperidi<br />
il canto<br />
sta tra me e le mie mammelle<br />
e tra me e la tua bocca.<br />
Leggende dal mondo: Aborigeni australiani<br />
Gnowee<br />
La dea del sole. Narra la leggenda che una volta Gnowee viveva sulla terra in un tempo in cui il<br />
cielo era sempre buio e la gente girava portando delle torce per poter vedere. Un giorno, mentre<br />
Gnowee era fuori per raccogliere ignami, il suo bambino si allontanò. Ella si mise in cammino per<br />
cercarlo, portando una enorme torcia, ma non lo trovò mai più. Da allora ella sale in cielo ogni<br />
giorno recando la sua torcia, nel tentativo di ritrovare suo figlio.<br />
Nagìb Mahfùz<br />
<strong>Il</strong> Cairo<br />
SHAHRAZAD<br />
1<br />
- Pronto?<br />
- L'ustàz Mahmùd Shukri?<br />
- Sì signora, chi parla?<br />
- Mi scusi se la disturbo.<br />
- Prego. Posso chiederle con chi parlo?<br />
- <strong>Il</strong> nome non ha importanza, son solo una delle migliaia di donne che le espongono i propri<br />
problemi.<br />
- Al suo servizio signorina.<br />
- Signora prego.<br />
- Al suo servizio signora.<br />
- La mia è una lunga storia.<br />
- Forse è meglio che me la scriva.<br />
- Non so scrivere bene.<br />
- Preferisce venire qui, in redazione?<br />
- Non me la sento. Almeno per ora.<br />
L'attenzione dell'uomo si soffermo per qualche istante su quel "per ora". Sorrise gustando quella<br />
voce morbida. Poi chiese:<br />
- E allora?<br />
- Spero che lei mi conceda qualche minuto ogni giorno, o anche meno, dato il suo tempo prezioso.<br />
- Curioso. Mi ricorda il modo di fare di Shahrazàd.<br />
- Shahrazàd! Simpatico nome. Me lo lasci prendere a prestito per un po'.<br />
L'uomo rise:<br />
- Ecco Shahriàr, dopo il tradimento della moglie, decide di sposare una donna ogni sera per<br />
ucciderla il giorno dopo, fermato infine dalla nota astuzia di Shahrazàd.<br />
- Che l'ascolta.<br />
Rise anche lei ed egli trovò quel riso piacevole come la sua voce. La donna riprese:<br />
- Non si aspetti ch'io le esponga un problema preciso. È una lunga storia, come le ho detto, e<br />
4
alquanto triste.<br />
- Spero di poter rispondere alle sue aspettative.<br />
- E io spero che lei mi avverta in qualche modo se esagerassi nel distoglierla dal suo lavoro.<br />
- D'accordo.<br />
- Già oggi mi sembra d'aver approfittato un po' troppo del suo tempo per cui rinviamo il discorso a<br />
domani. Voglio solo dirle che il suo modo molto umano di scrivere mi tocca moltissimo.<br />
- Grazie.<br />
- Non solo la sua penna. Anche il suo volto che vedo in fotografia.<br />
Con accresciuto interesse chiese:<br />
- <strong>Il</strong> mio volto?<br />
- Certo. Leggo nei suoi grandi occhi uno sguardo intelligente buono umano, consolazione per chi<br />
ha bisogno d'aiuto.<br />
- Grazie ancora, - poi, ridendo - le sue parole son dolci come una poesia d'amore.<br />
- Esprimono speranza, se ve n'è ancora sulla terra...<br />
Posò la cornetta. Sorrise. Poi aggrottò le ciglia pensoso. Sorrise ancora.<br />
2<br />
- Pronto?<br />
- Shahrazàd!<br />
- Salve. La stavo aspettando.<br />
- Entro subito in argomento per non farle perder tempo.<br />
- Son tutt'orecchi.<br />
- Son cresciuta orfana di madre. Nostro padre, mio e di mia sorella più giovane di me di due anni,<br />
s'era risposato, per cui avemmo un'infanzia e una adolescenza senza affetto né tenerezza.<br />
Istruzione scarsa. Quando morì nostro padre andammo a vivere da uno zio con una dotazione di<br />
circa cinque ghinee ciascuna.<br />
- È una storia in là nel tempo?<br />
- Un po'. Ma è necessaria. Indispensabile direi. Non eravamo felici in casa dello zio. Eravamo<br />
considerate solo un peso e questo per noi era motivo di disagio e di dolore. Ci fu tolto fino<br />
all'ultimo centesimo della nostra dotazione e senza obiettare ci adattammo a fare le serve. La<br />
situazione era proprio disgraziata, né più né meno...<br />
- Capisco. Mi dispiace...<br />
- Poi accadde che un ufficiale chiese la mia mano. Noi avevamo ereditato da nostro padre una<br />
vecchia casa. Mio zio la vendette e preparò con la mia quota un semplice corredo. Mio marito<br />
aveva capito fin dall'inizio la realtà della nostra condizione, ma non mi lasciò. Eravamo veramente<br />
innamorati e continua mmo ad esserlo fino a dopo il matrimonio...<br />
- Ho l'impressione che su questa sua storia d'amore lei mi taccia qualcosa.<br />
- Lasciamo stare. <strong>Il</strong> guaio stava nel fatto che mio marito aveva le mani bucate. Sciupava quanto<br />
aveva in tasca senza badare alle conseguenze. Non sapevo come comportarmi con lui. Feci vari<br />
tentativi, ma senza alcun esito...<br />
- A questo proposito... voglio dire... non ha forse anche lei un po' di responsabilità?<br />
- Affatto! Mi creda. Desideravo la vita matrimoniale con tutto il mio amore dopo aver sopportato<br />
solo miseria, umiliazione e disperazione...<br />
- Logico.<br />
- Sembra che lei non mi creda. Ricordo le sue opinioni sulla responsabilità della moglie nella<br />
disaffezione del marito. Ma cosa potevo fare? Lo supplicai con la dolcezza, con il mònito, con la<br />
protesta. All'inizio del mese gli chiedevo il denaro necessario per vivere. Come risposta abituale mi<br />
portava in casa un gruppo di amici, e dagli a mangiare e bere fino all'alba. Di sera a banchetto, al<br />
mattino in bolletta!<br />
- E come ve la cavavate gli altri giorni?<br />
- Mi chiedeva di ricorrere a mio zio, cosa impensabile! O di farmi prestare qualcosa da mia sorella.<br />
5
Assurdo. Stava per sposarsi. D'altra parte egli stesso chiedeva soldi a casa sua. La nostra vita prese<br />
una piega avvilente da far pena.<br />
- Capisco...<br />
- <strong>Il</strong> nostro matrimonio fallì, concludendosi inevitabilmente col divorzio. Mi trasferii da mia sorella<br />
dopo averci rimesso la dote, per affrontar di nuovo una vita amara e miserabile.<br />
- È questo il problema?<br />
- Abbia pazienza. Siamo ancora al passato, ma non la farò lunga. <strong>Il</strong> mio ex-marito, dopo circa un<br />
anno dal divorzio, mi chiese d'incontrarlo. Manifestò il desiderio di tornare a vivere assieme<br />
sostenendo che la vita lo aveva educato e maturato. Mi portò nella pensione di Qasr el-Nil in cui<br />
alloggiava, per pianificare il nostro futuro. Ma non appena ebbe chiuso la porta della stanza mi<br />
strinse al petto ripetendo di non aver gustato più niente dalla vita dopo la nostra separazione...<br />
- E lei ha ceduto?<br />
- Non capivo di aver a che fare con un profittatore e ci mettemmo a organizzare il nostro nuovo<br />
matrimonio. Ci separammo con la promessa che egli sarebbe venuto a parlare con mio zio subito il<br />
giorno seguente.<br />
- Noto che la sua voce s'è abbassata, ha cambiato di tono.<br />
- È vero. Solo in seguito mi fu chiaro che egli mi aveva invitata a incontrarlo avendo già scambiato<br />
ufficiale promessa di matrimonio con un'altra che infatti impalmò una settimana dopo il nostro<br />
incontro. Quello non era stato altro che un puro capriccio ch'egli aveva voluto togliersi prima<br />
d'iniziare la sua nuova vita.<br />
- Che miserabile!<br />
- Già. Ma non voglio approfittare oltre del suo tempo. Arrivederci.<br />
3<br />
- Pronto?<br />
- Shahrazàd.<br />
- Salve.<br />
- Disturbo?<br />
- Al contrario! Continui per favore.<br />
- Stetti da mia sorella per qualche tempo. Ma ben presto cominciai a provare un forte disagio.<br />
- Perché?<br />
- Era una sensazione e non sbagliavo.<br />
- Com'è possibile dal momento che sua sorella aveva condiviso con lei tante sofferenze in passato?<br />
- Era accaduto l'inevitabile.<br />
- Suo cognato?<br />
- Già!<br />
- Era infastidito per la sua presenza in casa?<br />
- Più o meno. Resta il fatto che fui costretta a lasciar la casa per mantenere l'affetto di mia sorella.<br />
- Ho l'impressione che lei non abbia esposto la causa con sincerità. Posso supporre che si trattasse<br />
di gelosia?<br />
- <strong>Il</strong> dubbio della gelosia, per la precisione.<br />
- Tornò da suo zio?<br />
- Era morto. Affittai un appartamentino.<br />
- E come si manteneva?<br />
- Vendetti il vendibile del mio corredo e mi misi a cercare un lavoro qualsiasi. Fu un periodo di<br />
sterile ricerca e di fame. Mi creda, conobbi veramente la fame. La giornata passava senza cibo,<br />
anzi, senza un ricordo di cibo. Mi ritrovai ad un punto tale che avrei accettato anche certi inviti<br />
rivoltimi per strada. Ma non volli cedere, sperando che la pietà di Dio m'accogliesse prima di<br />
perdermi. Spiavo dalla finestra la notte calma, guardavo il cielo mentre dentro di me urlavo: "Dio<br />
misericordioso, ho fame, sto morendo di fame". Quand'ero spossata andavo da mia sorella per<br />
avere un pasto decente, ma nessuno s'informava della mia situazione temendo che la risposta lo<br />
6
gravasse di una responsabilità che preferiva evitare.<br />
- Atroce da non credere.<br />
- Un giorno lessi un annuncio: si cercava una domestica per un uomo anziano. Oltre al salario<br />
erano garantiti l'alloggio, i pasti e il vestiario.<br />
- Un aiuto dal cielo.<br />
- Mi affrettai senza esitare e subaffittai il mio appartamento.<br />
- Finale benigno, specie se il vecchio era bisognoso di assistenza e nient'altro.<br />
- Era avanti negli anni e lo servii con devozione. Me la cavo molto bene nei lavori domestici.<br />
Facevo la cuoca, la domestica e l'infermiera. Gli leggevo perfino il giornale.<br />
- Bello...<br />
- Non patii più la fame e trovai una certa tranquillità. Pregai Iddio che facesse vivere quell'uomo in<br />
eterno.<br />
- E poi cosa accadde?<br />
- Una volta, mentre gli stavo leggendo il giornale, il mio sguardo cadde su un annuncio in cui si<br />
cercava una domestica per un uomo anziano, al nostro indirizzo!<br />
- No!?<br />
Gli era sfuggito per lo stupore e il disappunto.<br />
- Proprio così invece. Sconvolta gli lessi l'annuncio. Lui distolse gli occhi, ma non negò. Chiesi<br />
perché mai volesse licenziarmi, e in che cosa potevo averlo contrariato. Non aprì bocca.<br />
- Veramente strano. Ma ci sarà pur stata una ragione.<br />
- Da parte mia no di certo!<br />
- V'era stato qualcosa tra di voi che esulasse dalle faccende domestiche?<br />
- Press'a poco.<br />
- Cosa significa "press'a poco"? Sia sincera per favore!<br />
- Ogni tanto mi chiedeva di mostrarmi nuda.<br />
- Rifiutava?<br />
- No! Mi sottomettevo alla sua volontà.<br />
- Perch‚ allora ne cercava un'altra?<br />
- Non lo so. Disse che voleva cambiare. Lo supplicai di recedere dalla sua decisione. Gli ricordai<br />
che ero sola, povera, che non avevo che lui, ma fu irremovibile e restò zitto. Lo odiai come si può<br />
odiare la morte, ma non mi rimase che andarmene...<br />
4.<br />
- Pronto?<br />
- Shahrazàd la saluta signore.<br />
- Salve, salve Shahrazàd. La sua storia è divenuta il mio interesse principale.<br />
- Grazie signore. <strong>Il</strong> mio cuore non m'ha ingannato quando m'ha indicato lei. Continuiamo la nostra<br />
storia. Tornai nella mia casa e informai l'inquilino - un piccolo impiegato sulla quarantina - che<br />
avevo bisogno dell'appartamento. Quello non voleva sentir ragioni, ma quando comprese la<br />
gravità della mia situazione mi propose tranquillamente: "Stai qui con me!" Non esitai ad accettare.<br />
Ormai la mia volontà era crollata e tutto mi appariva indifferente.<br />
- Ha capito a cosa mirava?<br />
- Mi cedette una delle due stanze che costituivano l'appartamento e dopo di ciò tutto fu chiaro!<br />
- Fin dalla prima volta?<br />
- Sì. Infatti era un uomo gentile, affabile, umano...<br />
- Stupendo...<br />
- Abbia pazienza, perché quelle furono le qualità che me lo fecero perdere.<br />
- Questa sì che è una storia!<br />
- Un giorno mi disse: "Ci siamo affezionati troppo l'un l'altro. Dobbiamo separarci!"<br />
- Ha detto: "Separarci?!"<br />
- Certo, "separarci"... Pensavo che sarebbe stato più logico dicesse "sposarci", ma disse "separarci".<br />
7
- Oltre ogni immaginazione!<br />
- Gli chiesi cosa intendesse dire e rispose categorico: "Ho dei motivi che m'impediscono di<br />
sposarmi, perciò dobbiamo separarci". Gli dissi rassegnata: "Non ti ho chiesto di sposarmi né ho<br />
intenzione di chiedertelo. Rimaniamo così." Rispose: "No, è una situazione poco corretta. Ti<br />
troveresti un giorno sola, vecchia, senza risorse né diritti. Dobbiamo assolutamente lasciarci".<br />
- Che individuo strano. All'apparenza buono, ma egoista e furbacchione.<br />
- Comunque sia se ne andò ed io mi ritrovai ancora una volta sola, con la prospettiva della fame.<br />
- Mi dispiace proprio.<br />
- Vissi altre esperienze amare, come lei può ben immaginare, finché venni a conoscenza di una<br />
nuova legge secondo la quale alla divorziata per la prima volta poteva venir concessa una<br />
pensione e anch'io potevo beneficiarne.<br />
- Grazie a Dio!<br />
- Certo non era sufficiente. Ma ero abituata agli stenti. Inoltre mi intendevo di taglio e cucito e<br />
questo mi permise d'integrare le mie entrate, così da allontanare l'angoscia della fame o di<br />
degradarmi nelle strade.<br />
- Siamo finalmente giunti in terra sicura.<br />
- Grazie a Dio, ma son giunta pure all'attuale mio vero problema!<br />
- Un altro problema?!<br />
- Sì, compreso in una sola parola: solitudine.<br />
- Solitudine?<br />
- Niente marito, nè figli, nè un amante e neppure un amico. Giorno e notte prigioniera di un<br />
piccolo appartamento, esclusa da qua lsiasi svago. Mi capita a volte di trascorrere anche un mese<br />
senza scambiare una sola parola con qualcuno, sempre triste, inquieta, accigliata. A volte mi pare<br />
d'impazzire e d'essere vicina al suicidio.<br />
- Ma no! Ha sopportato con coraggio prove ben più amare di questa. Iddio le farà incontrare un<br />
galantuomo.<br />
- Non mi parli di galantuomini. Un vedovo con due figli mi ha chiesto di sposarlo, ma l'ho respinto<br />
senza esitare. Non ho più fiducia in nessuno. Un secondo divorzio significherebbe perder la<br />
pensione che è il mio unico capitale.<br />
- Ma il padre di due bimbi avrebbe senza dubbio cura di una moglie di cui ha bisogno.<br />
- Odio l'idea del matrimonio che per me significa un domani incerto e una fame certa.<br />
- Ci ripensi...<br />
- Impossibile. Tutto fuorché il matrimonio. Non me la sento d'affrontare di nuovo una simile<br />
esperienza.<br />
- Come crede allora di salvarsi dalla solitudine?<br />
- Questo è il problema!<br />
- Ma lei rifiuta la soluzione conveniente!<br />
- Tutto fuorché il matrimonio!<br />
L'uomo meditò un attimo, poi chiese:<br />
- Che ne dice d'incontrarci?<br />
- Sarebbe un onore per me.<br />
L'uomo sorrise e mentre sorrideva lasciò libera la sua fantasia. Ella con molta semplicità lo invitava<br />
ad esserle amico e nello stesso tempo lo rassicurava che non gli avrebbe mai chiesto di sposarla.<br />
Non era uno stupido e gli andava pure l'idea di una nuova avventura. Perché no? L'importante era<br />
che fosse bella come la sua voce. Ma era proprio vero il suo racconto? Forse sì, tutto è possibile! O<br />
forse era inventato di sana pianta o almeno in parte? Si sa che il cinema scatena l'immaginazione<br />
nelle donne. Forse... forse... Ma se sarà bella come la sua voce, allora le offrirà un'esperienza nuova<br />
da aggiungere alle altre, con in più qualche dolcezza anche se finirà nell'amarezza da cui niente<br />
scampa su questa terra. E sorrise ancora mentre tamburellava con le dita sul sottomano della<br />
scrivania.<br />
** *** **<br />
8
E venne Shahrazàd.<br />
La esaminò con un'occhiata penetrante mentre le andava incontro e la invitava a sedere. Non male<br />
in generale, l'avvolgeva una certa quale aria di amarezza. Perfino il suo sguardo sorridente era<br />
venato di tristezza e di dolente maturità. Ma nel complesso non era male. Anzi era senz'altro<br />
attraente. Non era improbabile che la sua storia fosse vera. Però forse aveva mentito almeno a<br />
proposito della sua opinione sul matrimonio, perché non era possibile che lo detestasse. Ma era<br />
costretta a non esporsi pur di conquistare un'amicizia che desiderava con tutto il cuore.<br />
Ma cos'aveva a che fare lui con tutto questo? Quella non era una donna adatta a lui, né per<br />
l'aspetto né per la sostanza. La poveretta non aveva alcuna idea delle brillanti occasioni di cui lui<br />
poteva disporre. Perciò egli doveva nascondere la propria delusione e trattarla con serietà.<br />
- Salve, salve. La sua storia mi ha davvero commosso...<br />
Ella con un sospiro disse:<br />
- Le sono riconoscente signore.<br />
- Ma deve tenere saldo il suo coraggio per far fronte alla vita.<br />
- Ma...<br />
Egli la interruppe, mentre era preso dall'improvviso desiderio di concludere l'incontro il più presto<br />
possibile:<br />
- Mi dia retta. Lei è una donna straordinaria. A volte, spinto dalla necessità, l'essere umano diventa<br />
grande. Lei è straordinaria, ed è stata straordinaria perfino nei suoi errori passeggeri. Lei è grande<br />
nella sua solitudine e lo sarà ancor di più quando si sbarazzerà di questa solitudine con un atto di<br />
estremo coraggio. Cara signora, la nostra vita non ha prezzo e non ha senso né valore viverla se<br />
non abbiamo fede nel prossimo, malgrado le delusioni che questo ci può procurare e se non<br />
manteniamo una fede incrollabile in Dio Altissimo, qualunque sia il nostro destino!<br />
La guardò negli occhi, già pieni di lacrime per la delusione. Ella era pure intelligente, più di quanto<br />
l'avesse immaginata. Ed eccola sorridere, di un sorriso dolce, che gli fece provar vergogna. Poi la<br />
donna mormorò:<br />
- Io credo in Dio, signore...<br />
Egli agitò la mano con entusiasmo recitando:<br />
- Tutto, salvo Lui, è effimero. Che sia lodato e innalzato.<br />
Di Nagìb Mahfùz (<strong>Il</strong> Cairo 1911) anche il lettore italiano ha avuto modo di fare una buona conoscenza, in<br />
quanto, dopo l'attribuzione del Nobel 1988 per la letteratura, vari arabisti italiani si son dedicati a volgere<br />
molti dei suoi numerosi romanzi nella nostra lingua. Diamo anche noi qui il nostro piccolo contributo<br />
d'onore al grande narratore egiziano presentando un racconto, tratto dalla raccolta Khammàrat al-qitt alaswad<br />
(La taverna del gatto nero), <strong>Il</strong> Cairo 1969, in cui il Nostro dà un ennesimo saggio di profonda e amara<br />
critica verso l'ipocrisia, la doppiezza, l'arroganza più o meno camuffata, di vari campioni della società<br />
borghese, profittatori di ogni debole per soddisfare le loro piccole, basse voglie.<br />
Ndjock Ngana<br />
Africa<br />
Africa, Africa mia<br />
Africa fiera di guerrieri nelle ancestrali savane<br />
Africa che la mia ava canta<br />
In riva al fiume lontano<br />
Mai t’ho veduta<br />
Ma del sangue tuo colmo ho lo sguardo<br />
<strong>Il</strong> tuo bel sangue nero sui campi versato<br />
Sangue del tuo sudore<br />
Sudore del tuo lavoro<br />
Lavoro di schiavi<br />
Schiavitù dei tuoi figli<br />
9
Africa dimmi Africa<br />
Sei dunque tu quel dorso che si piega<br />
E si prostra al peso dell’umiltà<br />
Dorso tremante striato di rosso<br />
Che acconsente alla frusta sulle vie del Sud<br />
Allora mi rispose grave una voce<br />
Figlio impetuoso il forte giovane albero<br />
Quell’albero laggiù Splendidamente solo fra i bianchi fiori appassiti<br />
E’ l’Africa l’Africa tua che di nuovo germoglia<br />
Pazientemente ostinatamente<br />
E di cui i frutti a poco a poco acquistano<br />
L’amaro sapore della libertà.<br />
la riviste di literatura in linba sarda<br />
<strong>Isola</strong> Niedda<br />
contattare: mulasgiovanna@hotmail.com<br />
Isaias Garde<br />
Buenos Aires, Argentina<br />
Lisis<br />
rastros<br />
dispersos de mares<br />
muertos<br />
de cielos muertos<br />
piedras ilegibles que recién eran pájaros-peces<br />
poesia@argentina.com<br />
Traduzioni<br />
Correzione di testi<br />
<strong>Isola</strong> <strong>Nera</strong> porto d’ incontro<br />
Chiedi il tuo abbonamento gratuito: impaglioneg@yahoo.es<br />
Giuseppantonio Cristofaro<br />
Lisis<br />
tracce<br />
disperse di mare<br />
morte<br />
di cieli morti<br />
Pietre illegibili che fino a poco tempo fa<br />
erano passeri-pesci<br />
Trad. G. Mulas. G. Impaglione<br />
mulasgiovanna@hotmail.com<br />
10
Italia<br />
La notte delle streghe (rivisitazione di una leggenda molisana).<br />
Secondo un'antica credenza ora del tutto dimenticata, nella notte che precede<br />
l'Ascensione, passano nel cielo migliaia di streghe. A Ripabottoni era usanza che quella<br />
sera, infilatici sotto le coperte, i piedi incrociati, le mani strette al petto, si recitasse, a mò<br />
di scongiuro: - Sopr'acqua e sotto vento, sott'a noce di Benevento. Sotto quel noce, ogni<br />
anno, in occasione dell'ascensione, c'è la riunione plenaria delle streghe. L'ascesa di<br />
Gesù al cielo difende dagli influssi maligni tutte le persone che gli si affidano questa<br />
notte. Secondo un'altra tradizione, in questo giorno, dotato di una misteriosa sacralità, la<br />
vita animale e vegetale rimane sospesa. Alla mezzanotte un angelo comparirebbe<br />
improvvisamente benedicendo le acque, comunicandovi un'energia ristoratrice per i<br />
malati che vi si immergono. Nel corso della giornata una gallina deporrebbe un uovo<br />
dalle doti straordinarie per un anno intero. L'uovo dell'Ascensione: scaldato al fuoco<br />
trasuda un liquido che guarisce i neonati colpiti da deformità; raccoglie attorno a sé tutte<br />
le formiche che infestano una pianta. L'uovo conservato a lungo nell'angolo più buio delle<br />
case e dei vecchi casolari rustici serviva a proteggere contro il maltempo, i naufragi e le<br />
tempeste. Una delle tradizioni scomparse da molti anni è la seguente: Le donne<br />
esponevano sul davanzale delle finestre una lucerna accesa. La spegnevano con le prime<br />
luci dell'alba, conservando l'olio non bruciato e se ne servivano per guarire le mammelle<br />
delle donne e delle bestie, malate di mastite. Nel soltistizio d'estate - la vigilia di mezza<br />
estate (23 giugno) o a mezza estate (24 giugno) si svolgevano le feste del fuoco. Questi<br />
fuochi erano chiamati fuochi di San Giovanni Battista. <strong>Il</strong> solstizio d'estate, che segna il<br />
punto culminante del viaggio del sole, ha sempre destato nei contadini un'ansia piena<br />
d'attesa e di smarrimento. E vedendo il sole in difficoltà di fronte ai vasti mutamenti<br />
ciclici della natura credono di poterlo aiutare nella sua apparente discesa accendendo<br />
fuochi . I caratteri importanti della celebrazione di mezza estate sono i falò, le processioni<br />
per i campi con le torce accese e l'uso di far rotolare, da un colle, un'enorme ruota di rovi<br />
e paglia accesi. E mentre ruota le donne cantano piene di gioia; dalla valle rispondono gli<br />
uomini. Molti bruciano nel fuoco ossa e lorderie varie per produrre un fumo<br />
nauseabondo. Tale fumo allontana i demoni che copulano con le streghe, eccitate dai<br />
calori estivi, lasciando cadere nei pozzi il loro seme. Attorno ai fuochi si radunano i<br />
giovani e i vecchi e passano il tempo cantando e ballando. Ognuno, andandosene, getterà<br />
una mazzetta di verbena nel fuoco dicendo: - Possa tutta la mia sfortuna andarsene ed<br />
essere bruciata come questi. Dopo una lunga pausa arrivano gli allevatori con il<br />
bestiame. Tra urla e fischi il bestiame viene cacciato attraverso il fuoco, per guarire le<br />
bestie malate e tenere lontane da ogni male durante l'anno, quelle sane. Chi salta il fuoco<br />
è sicuro di non dover soffrire il mal di reni per tutto l'anno. Lasciato il falò, ridotto a<br />
brace, gli uomini e le donne passano alla ricerca delle lumache. Gli uomini le cercano<br />
lungo i cunettoni, nei prati, nelle cardaie, 'mmónt' pi'mmèrz' (su per le salite) e sotto le<br />
frasche degli sterpai, facendosi luce con le lanterne. Le donne tengono loro compagnia,<br />
suonando campanacci, casseruole, trombette, fischietti… per allontanare le streghe che<br />
passano per quelle parti, dirette a Benevento. L'indomani, San Giovanni Battista,<br />
mangiando le lumache, diranno: Per ogni cornetto mangiato, un malanno scongiurato. E<br />
ancora: E' chammèrik (Le lumache) di San Giovanni portano fortuna, liberano dagli<br />
influssi maligni e tengono lontano le corna dalla casa mia. La mattina di San Giovanni<br />
(24 Giugno) , le persone passano nei pressi del fuoco spento. Marciano tre volte intorno<br />
al mucchio di cenere. Si avvicinano, si inginocchiano, prendono un po' di cenere e con<br />
essa si stropicciano i capelli e il corpo. Molti si denudano perché possano frizionare tutte<br />
le parti del corpo con la cenere del falò. Per ultime arrivano le "monache di casa".<br />
Raccolgono un po' di cenere in una sacca, a suo tempo inzuppata nel mortaio<br />
dell'acquasanta, in chiesa. Se ne serviranno per confezionare gli - abbètièll'- che<br />
scongiureranno il malocchio e le fatture per chi li porterà al collo o nel portafoglio. Le<br />
ragazze all'alba si precipiteranno alla finestra per leggere nell'acqua del catino il loro<br />
domani. Se comparirà, in trasparenza, l'immagine di San Giovanni si sposeranno e<br />
11
avranno prole. Così pure se passerà, per primo, un uomo scapolo sotto la finestra. Non<br />
basta passare. E' necessario che si chini a raccogliere qualcosa da terra.<br />
ai cani sciolti della letteratura consigliamo vivamente<br />
www.villanovastrisaili.com<br />
www.villanovastrisaili.com<br />
www.villanovastrisaili.com<br />
Julio Acuña<br />
Costa Rica<br />
Aliteración<br />
No digo nada.<br />
No conduzco autos.<br />
No consigo encontrar<br />
la salida.<br />
No existe.<br />
Robert Gurney<br />
Inghilterra<br />
Una postal desde Ushuaia<br />
Un cobertizo de chapa<br />
me protege del viento<br />
en este pequeño refugio<br />
del fin del mundo.<br />
Un viejo tambor de combustible<br />
hace las veces de parrilla.<br />
El albatros<br />
se acerca a mi mano<br />
para picotear<br />
y tragar vorazmente<br />
los pedazos de carne<br />
que le doy.<br />
El faro me mira<br />
rojo, blanco, rojo,<br />
con desinterés.<br />
Julio Carabelli<br />
di Rina Brundu. Salotto letterario, Narrativa, Poesia<br />
Alliterazione<br />
Non dico niente.<br />
Non guido macchine.<br />
Non posso trovare<br />
L’uscita.<br />
Non esiste.<br />
Trad. Giovanna Mulas, Gabriel Impaglione<br />
Una cartolina da Ushuaia<br />
Un tetto di alluminio<br />
Mi protegge dal vento<br />
In questo piccolo rifugio<br />
Della fine del mondo.<br />
Un vecchio bidone di combustibile<br />
Fa le veci della griglia.<br />
Gli albatri<br />
Si avvicinano alla mia mano<br />
Per beccare<br />
E ingollare voracemente<br />
I pezzi di carne<br />
Che do.<br />
<strong>Il</strong> faro mi guarda<br />
Rosso, bianco, rosso,<br />
con disinteresse.<br />
Trad. Giovanna Mulas, Gabriel Impaglione<br />
12
Argentina<br />
Hay un retrato en el que el Ché está llorando<br />
lo tiene Corti sujeto a una pared<br />
que cada tanto<br />
se empeña en reparar porque no sabe<br />
lo inquebrantable de ese tipo de humedad.<br />
Del libro Imágenes<br />
Canción popular<br />
Bolivia<br />
ayrampito<br />
Yanamuri qullunkiriri Crecida en el cerro Yanamuri<br />
muxsa ayrampitu dulce ayrampito<br />
Alaxpach qarqampi uywata Regada con agua del cielo<br />
suma panqarita florcita linda<br />
Urqu taypitsa qantariri Crecida en lugar difícil<br />
muxsa ayrampitu dulce ayrampito<br />
Yaqha uraq taypits jikt'ariri Crecida en cualquier terreno<br />
suma panqarita florcita linda<br />
Puqurkasinsa williptasma Cuidado que al madurar te derrames<br />
q'ara uraqiru en terreno desprotegido<br />
Suni thayaraki jutjasna Cuidado que el frío del suni<br />
paqarmantayasma te congele<br />
Janir thaya jutkipana Antes que venga el viento<br />
aptasiskiriksma te estaria recogiendo<br />
Nayawa uywasiskiriksma Yo te estaria cuidando<br />
qullqi masitaru en maceta de plata<br />
Fuente: Boletìn Libres del Sur, Nro.19-<br />
Carlos Alberto Villegas Uribe<br />
Colombia<br />
Anatema de Tiresias<br />
No sembremos más sangre<br />
en esta tierra<br />
que de sus amargos frutos<br />
se alimentarán tus hijos<br />
y mis hijas<br />
y los hijos de nuestros hijos<br />
hasta la millonésima generación.<br />
De Bitácora de Ulises<br />
<strong>Isola</strong> <strong>Nera</strong>... porto d’ incontro.<br />
C’è un ritratto dove il Che sta piangendo<br />
Lo tiene Corti appeso a una parete<br />
che ogni tanto<br />
si impegna a ripararla perché non sa<br />
l’indistruttibile di quel tipo d’umidità.<br />
Dal libro Imágenes<br />
Trad. Giovanna Mulas, Gabriel Impaglione<br />
Anatema di Tiresias<br />
Canzone popolare<br />
Non sembriamo più sangue<br />
in questa terra<br />
che dai suoi amari frutti<br />
s’alimenteranno i tuoi figli<br />
e le mie figlie<br />
e i figli dei nostri figli<br />
fino alla milionesima generazione.<br />
Trad. Giovanna Mulas. Gabriel Impaglione<br />
Cresciuta nella collina Yanamuri<br />
Dolce ayrampito<br />
Innaffiata con acqua di cielo<br />
Bel fiorellino<br />
Cresciuta in luogo difficile<br />
Dolce ayrampito<br />
Cresciuta in qualunque terreno<br />
Bel fiorellino<br />
Attento che al maturare ti rovesci<br />
In terreno non protetto<br />
Attento che il freddo del suni<br />
Ti congeli<br />
Prima che venga il vento<br />
Io starò raccogliendoti<br />
Io ti starò curando<br />
In un vaso d’argento.<br />
Tr. G. Mulas-G. Impaglione<br />
Reenviala a tus amigos.<br />
13
Un Espacio Libre!!!<br />
El blog de Isla Negra<br />
http://isla_negra.zoomblog.com<br />
El siete de septiembre del 2005 ha muerto el cantante y autor italiano Sergio Endrigo<br />
Al "CHE" ha dedicado en el 1968 esta canción:<br />
Sergio Endrigo<br />
Italia<br />
“CHE” TI RICORDERO<br />
Era mezzogiorno e prigioniero<br />
Aspettavi che si fermasse il mondo<br />
Fuori c’era il sole e caldi odori<br />
E parole antiche di soldati<br />
Forse vedevi la tua gente<br />
Cuba viva sotto il sole<br />
La sierra che ti ha visto vincitore<br />
Addio addio<br />
Chi mai ti scorderà<br />
Addio addio<br />
Anch’io ti ricorderò.<br />
Era mezzogiorno in piena notte<br />
E gli uomini di buona volontà<br />
Tutti si guardarono negli occhi<br />
Poi ognuno andò per la sua strada<br />
È troppo tardi per partire<br />
Troppo tardi per morire<br />
Siamo troppo grassi comandante<br />
Addio addio<br />
Chi mai ti scorderà<br />
Addio addio<br />
Anch’io ti ricorderò.<br />
Era mezzogiorno e tu non c’eri<br />
Un bambino piangeva nel silenzio<br />
Fuori c’era il sole e caldi odori<br />
E parole antiche di soldati<br />
Oggi ti ricorda la tua gente<br />
Cuba viva sotto il sole<br />
La sierra che ti ha visto vincitore<br />
Addio addio<br />
Chi mai ti scorderà<br />
Addio addio.<br />
Anch’io ti ricorderò.<br />
(Fte. ArchivoCubano. Italia)<br />
Antonio Guerrero<br />
Cuba<br />
14
Sono un uomo<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo semplice<br />
dedicato alla sua vita<br />
a servire e a creare.<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo modesto<br />
che non ostenta di vivere<br />
meglio degli altri.<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo discreto<br />
che non ha segreti<br />
che non ha cattiveria.<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo amichevole<br />
che non ha nemici<br />
ma veri amici.<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo buon padre<br />
che inculca ai suoi figli<br />
l'amore e la bontà.<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo buon figlio<br />
che cura fino all'insonnia<br />
il focolare materno.<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo emotivo<br />
romantico, leale<br />
poeta occasionale.<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo senza paura<br />
sicuro di se stesso<br />
tranquillo del suo percorso.<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo senza guerre<br />
guerriero di cognome<br />
ma pieno di pace.<br />
Dicono che sono una spia<br />
sono un uomo innocente<br />
prigioniero coraggioso<br />
che vogliono giudicare.<br />
(Fte: ArchivoCubano. Italia)<br />
<strong>Isola</strong> <strong>Nera</strong><br />
Jorge Carrol<br />
Guatemala<br />
Moon dreams<br />
Moon Dreams<br />
Apro il sole<br />
Che come la dimenticanza mi ricorda<br />
Che l’autunno è passato<br />
E tutto è un sogno.<br />
Apro il sole come un’arancia.<br />
Che importanza hanno allora<br />
Le chitarre di luna nella salute del Pacifico?<br />
Uno non dovrebbe ammazzarsi<br />
Per l’amore di una donna;<br />
ha ragione Cesare.<br />
Uno ancora meno dovrebbe ammmazzarsi<br />
Per la noastra sofferenza<br />
Né per le nostre miserie<br />
(che non sono poche)<br />
ancora meno voglio –come Cocteau-<br />
essere un uomo per sposarmi<br />
con mia madre.<br />
Apro il sole come un sogno;<br />
la verità e la bugia del poeta.<br />
Trad. Giovanna Mulas. Gabriel Impaglione<br />
Porto d’ incontro….<br />
15
Abro el sol<br />
que como el Olvido me recuerda<br />
que el otoño ha pasado<br />
y todo es sueño.<br />
Abro el sol como una naranja.<br />
¿Qué importancia tienen entonces<br />
las guitarras de luna en la salud del Pacífico?<br />
Uno no debería matarse<br />
por el amor de una mujer;<br />
tenés razón Cesare.<br />
Uno tampoco debería matarse<br />
por nuestro desamparo<br />
ni por nuestras miserias<br />
(que no son pocas)<br />
Tampoco quiero -como Cocteau-<br />
ser un hombre para casarme<br />
con mi mamá.<br />
Abro el sol como un sueño;<br />
la verdad es la mentira del poeta.<br />
Eduardo Dalter<br />
Buenos Aires, Argentina<br />
Faltan las palabras,<br />
o sobran otras veces.<br />
Los hechos las deciden<br />
necesarias o las ahogan.<br />
Las abren y evidencian,<br />
y las golpean día a dia.<br />
Están bajo juicio sumarísimo.<br />
De: Hojas de ruta.<br />
<strong>Isola</strong> <strong>Nera</strong><br />
Gabriel Impaglione<br />
Argentina<br />
Entonces el poeta,<br />
Mancano le parole,<br />
o sono in più delle altre volte.<br />
I fatti le decidono<br />
Necessarie o le affogano.<br />
Le aprono e le evidenziano,<br />
e le colpiscono giorno dopo giorno.<br />
Sono sotto giudizio sommario.<br />
De: foglie di strada.<br />
Trad. Giovanna Mulas. Gabriel Impaglione<br />
Porto d’ incontro delle culture<br />
16
que no sabe de capitalismo,<br />
porque un poeta no entiende,<br />
-nunca entendería-<br />
el precio del hambre<br />
o la cotización de los cañones,<br />
pide la Palabra<br />
y Poema<br />
la Liberación de la Patria<br />
Emilse Zorzut<br />
Argentina<br />
Comunione Comunione<br />
La magia de dios La magia di dio<br />
hila entre sus manos fila tra le sue mani<br />
mi propia vida. la mia propria vita<br />
Del vellón sale Dal vello parte<br />
la cuerda que me une la corda che mi unisce<br />
al universo. all’universo<br />
Soy en el cosmos Sono il cosmo<br />
elemento viviente, elemento vivente<br />
un alarido. un grido<br />
Un imán atrae Una calamita attrae<br />
mis células a tierra, le mie cellule verso la terra,<br />
sigo erguida... sono ancora eretta<br />
Teódulo López Meléndez<br />
Venezuela<br />
Tristezza<br />
Un fazzoletto il freddo<br />
Tristezza,<br />
come la recita Ungaretti<br />
di Vinicus de Moraes<br />
nel disco che ella mi diede in Roma.<br />
Mi bendo la mandibola<br />
scuoto<br />
effervesco.<br />
Traduzione dello spagnolo: Daniela Baldassari<br />
Giancarlo Micheli<br />
Italia<br />
Nel respiro del mare disteso<br />
Allora il poeta,<br />
che non sa di capitalismo,<br />
perché un poeta non capisce,<br />
-mai capirà-<br />
il prezzo della fame<br />
o la valutazione dei cannoni,<br />
chiede la Parola<br />
e Poema<br />
la liberazione della Patria.<br />
17
Risalirà lungo i miei fianchi il vento<br />
Lungo altre creste di monti che non vedi<br />
Giacché in serbo li tiene la terra<br />
A ricoprirli di una segreta primavera<br />
Dove sbocciano i pensieri degli amanti<br />
E quando qualcuno ti chieda parte e azioni<br />
Perché s’imbraccino giorni d’inossidabili intenzioni<br />
Potrai se lo vorrai giacermi accanto<br />
<strong>Il</strong> capo ad oriente e i rami<br />
Dal tuo tronco d’araucaria verso il sole<br />
Placati e ricercanti nella luce<br />
Così crescerà l’albero nel puro mutamento<br />
Wang Wei<br />
Cina<br />
<strong>Il</strong> romitaggio nel boschetto di bambù<br />
In solitudine sedendo nella celata selva dei bambù,<br />
al tocco del liuto fischio note sospese.<br />
Nel segreto del bosco non vedo alcuno:<br />
chiara la luna giunge con la sua luce.<br />
Li Po<br />
Cina<br />
Accompagnando un amico<br />
Teresa Fantasia<br />
conduce, in Buenos Aires, il programma radiofonico<br />
“Sardegna nel Cuore”<br />
sardegnanelcuore@yahoo.it<br />
www.am1250.com.ar<br />
in diretta ogni domenica, h 8.00 (Bs. As)<br />
Dove il verde dei monti chiude i sobborghi a nord,<br />
e le albeggianti acque si snodano alle mura d'oriente,<br />
è il luogo per dirci addio<br />
come solitarie piante palustri.<br />
La nuvola passa a immagine del tuo peregrinare,<br />
col sole del tramonto, viene il pensiero dell'amico caro.<br />
Diamoci qua la mano, ciascuno va per la sua via.<br />
C'insegue il nitrito del cavallo che il compagno richiama.<br />
<strong>Isola</strong> <strong>Nera</strong>… Porto d’ incontro delle culture del mondo<br />
Giacomo Leopardi<br />
Italia<br />
C.XXVIII - A SE STESSO<br />
Or poserai per sempre,<br />
stanco mio cor. Perí l’inganno estremo,<br />
Per tutti i sardi<br />
Anche nella<br />
Argentina<br />
18
ch’eterno io mi credei. Perí. Ben sento,<br />
in noi di cari inganni,<br />
non che la speme, il desiderio é spento.<br />
Posa per sempre. Assai<br />
palpitasti. Non val cosa nessuna<br />
i moti tuoi, né di sospiri é degna<br />
la terra. Amaro e noia<br />
la vita, altro mai nulla; e fango é il mondo.<br />
T’acqueta omai. Dispera<br />
l’ultima volta. Al gener nostro il fato<br />
non donó che il morire. Omai disprezza<br />
te, la natura, il brutto<br />
poter che, ascoso, a comun danno impera,<br />
e l’infinita vanitá del tutto.<br />
Alessio Zanelli<br />
Italia<br />
Una notte con te, Pablo …<br />
Una notte con te, Pablo, a rimuginar<br />
gli artifici del tempo, le contorsioni<br />
dell’anima per assecondare il corpo,<br />
i solchi in cui i giorni scorrono, la vita s’affretta.<br />
Ah, Pablo … quanto scaltro, ficcante,<br />
impertinente tu fosti; ma semplice, e schietto,<br />
e saggio, e posato … A Pesar de la Ira.<br />
Quale temerario, temibile cantore; elogiatore<br />
d’amore e odio, detrattore d’esaltazione<br />
e svilimento, maestro di felicità e dolore.<br />
Quanta divinità nel tuo parlar<br />
terreno … La Calabra; quanto spirito<br />
nella tua carne … Cuerpo de Mujer.<br />
Tu hai sempre saputo … El Desconocido, solo<br />
adesso io m’appresto; ah, Pablo … No Hay Olvido.<br />
Non io! Non io! Oh Tierra, Espérame.<br />
Troppo breve, la notte.<br />
Troppo forte, la luce.<br />
Dov’è che mi sono smarrito, Pablo?<br />
Che odissea è mai questa?<br />
Senz’occhi, la mia mano.<br />
Senza mani, il mio occhio.<br />
Bramosa, la mia bocca.<br />
Troppo breve, la notte.<br />
Ah … La Soledad!<br />
A nulla valgon le mie supplici parole.<br />
19
(traduzione Italiana a cura dell’autore)<br />
A Night With You, Pablo …<br />
A night with you, Pablo, brooding<br />
on the plots of time, the warpings of<br />
the soul in order to second the body, the<br />
grooves in which days run, life moves.<br />
Ah, Pablo … how shrewd, how brisk, how<br />
pert you were; but plain, and straight, and<br />
sage, and quiet … A Pesar de la Ira.<br />
What a fearless, fearful singer; extoller<br />
of love and hate, detractor of elation and<br />
dejection, master of felicity and sorrow.<br />
How much godhead in your mundane<br />
speaking … La Palabra; how much spirit<br />
in your flesh … Cuerpo de Mujer.<br />
You always knew … El Desconocido, I<br />
just begin to; ah, Pablo … No Hay Olvido.<br />
I won’t! I won’t! Oh Tierra, Espérame.<br />
Too short, the night.<br />
Too strong, the light.<br />
Where is it I got lost, Pablo?<br />
Whatever odyssey is this?<br />
Eyeless, my hand.<br />
Handless, my eye.<br />
Eager, my mouth.<br />
Too short, the night.<br />
Ah … La Soledad!<br />
Nothing is worth my suppliant words.<br />
Renzo Montagnoli<br />
Italia<br />
I silenzi sospesi<br />
“Mi piace venire in questo posto, non appena mi è possibile, ascoltare il silenzio che qui regna sovrano.<br />
Chiudo gli occhi e vedo immagini che nessun altro potrà mai vedere: sono ricordi che si riallacciano al<br />
presente, volti di cui non ricordo più il nome e che si avvicendano nella mente, oppure sembrano uscirne<br />
quasi a strappi, come i coriandoli lanciati per carnevale. S’alternano a visioni di paesaggi di località che non<br />
20
ho mai visto, ma che tanto mi sarebbe piaciuto visitare; sono sprazzi dipinti nel cervello che si compongono<br />
secondo l’estro del momento e come le id ee che nascono all’improvviso mi provocano un senso di stupore,<br />
come l’aver scoperto qualche cosa che era sempre stato lì, ma che i miei occhi non riuscivano a scorgere.<br />
Sì, mai come in questo posto riesco a creare con una forza insopprimibile che ha solo la necessità di un<br />
ambiente adatto per poter prorompere.<br />
Passano gli anni, le stagioni si avvicendano, oggi cammino sulle foglie morte, che ancora, svolazzando,<br />
cadono dagli alberi. Gli alberi, così silenziosi, muti, ma che parlano con le loro forme, spesso contorte come<br />
se anche per loro esistesse la sofferenza di vivere, loro che ogni anno sembrano morire in questo periodo, per<br />
tornare poi a rivivere la primavera successiva. A me non è concesso un simile privilegio e già l’autunno è in<br />
corso, una lunga estenuante stagione che mi intorpidisce lentamente, in un silenzio interno che poco a poco,<br />
senza che me ne potessi accorgere, mi ha sopraffatto.<br />
L’unica voce che è in me è quella della mente, appunto con queste immagini che riesce a creare per abituarmi<br />
al distacco e così si affievolisce la realtà, le emozioni si smorzano, nulla può turbare questo deserto dei sensi.<br />
Io chiamo tutte queste cose i silenzi sospesi, perché per gli altri non ci sono, ma sono come a mezz’aria,<br />
all’intorno, dentro di me, in ogni mia cellula e quando questo stato di equilibrio precario verrà meno ne<br />
resterà solo uno, totale, definitivo, di cui non potrò però accorgermi”.<br />
- Venga, Signor Paolini, dobbiamo tornare, si è fatto tardi. La sua visita giornaliera al cimitero<br />
dell’ospizio è terminata.<br />
“Saranno brave queste infermiere, ma rompono decisamente; è così bello starsene nel silenzio assoluto, in un<br />
tempo tutto mio e, tac, ecco che devo per forza rientrare nella quotidianità, in quel vivere civile fatto solo di<br />
gestualità ripetute, di abitudini insensate.”<br />
- Si appoggi a me; ecco, così, piano, piano , un passo dopo l’altro e arriveremo giusto in tempo per<br />
la cenetta.<br />
“Sentila com’è gentile e premurosa, ma tutto ha un prezzo; mio figlio vede la soluzione di ogni problema con<br />
il denaro e so bene che quelle poche volte che viene a trovarmi le allunga un bigliettino da 100 euro.<br />
Mio figlio, un perfetto uomo d’affari, abile, intelligente, ma senz’anima. Delle volte mi chiedo se è nato così o<br />
lo è diventato per colpa mia. Preferisco la seconda soluzione, perché così almeno avrebbe un significato<br />
starmene rinchiuso in questo carcere da cui si esce solo con i piedi in avanti, anzi non si esce proprio, perché<br />
sono stati talmente furbi che al suo interno ci hanno costruito anche il cimitero, e nel posto più bello, in fondo<br />
al parco, vicino al torrente, così che venga voglia di andarci a stare. Mi ci sto abituando poco a poco: per ora<br />
ci vado con i miei piedi, ma poi mi ci dovranno portare e non avrò più al fianco l’infermiera che mastica la<br />
gomma americana, si fuma una sigaretta ed è impaziente che finisca la mia ora d’aria. Non sa che la vita è<br />
fatta anche di questi silenzi, durante i quali mi accorgo di esistere.”<br />
- Ecco, vede che siamo arrivati; adesso si va a lavare le mani e poi si mette a tavola. Sento un<br />
profumino…gran bella cena quella che l’aspetta.<br />
“Se lo dice lei, è segno che s’accontenta di poco. Non che il vitto sia scadente, anzi è di discreta qualità, ma<br />
quello che manca ai pasti è il piacere di stare a tavola, quel piacere che ho sempre provato in famiglia. Allora<br />
il cibo sembrava ancor più buono di quello che in effetti era, perché era l’essere insieme che dava<br />
soddisfazione, dava un senso a qualsiasi cosa, anche a una necessità fisiologica quale può essere nutrirsi. E<br />
poi si parlava, e anche si scherzava. Ora, invece, sembra che siamo tutti lì per prendere una medicina: non è<br />
l’appetito che sembra mancare, ma il piacere di doverlo soddisfare. E’ un silenzio diverso quello che aleggia<br />
durante il pasto, è una sorta di rassegnazione stanca che si ravviva a ricordarmi che ogni gesto, ogni<br />
consuetudine di un tempo non ha più nessun significato.<br />
Che senso può avere fingere l’indifferenza verso il proprio stato?”<br />
- Signor Paolini, scusi, ma c’è una visita per lei: suo figlio.<br />
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“L’ultima volta è venuto due mesi fa, sempre in orari strani; allora stavo per andare a letto, ma non mi ha<br />
fatto rinviare il sonno e se l’è sbrigata in una decina di minuti, tanti per lui, pochi e troppi per me, a seconda<br />
di come si veda la questione. Pochi, ripeto, perché mi illudo sempre che possa rivolgermi la parola aprendosi<br />
quell’animo che non ha, troppi perché è insopportabile quella sua ostentazione di naturalezza, come se fosse<br />
venuto a trovarmi a casa, anziché all’ospizio.”<br />
- Papà, ti trovo splendidamente.<br />
“Ecco che cominciamo proprio bene; adesso attaccherà le solite litanie: gli affari, il successo, parla, parla solo<br />
di lui, come se davanti non ci fosse nessuno, ma una platea costituita da una miriade di suoi cloni.”<br />
- Non ho potuto venir prima per via del lavoro, sai, insomma, se non si fatica non si guadagna e<br />
per fortuna che io sono il migliore.<br />
“E ti pareva che fosse il contrario.”<br />
- Perché non parli, perché non mi dici niente? Sono anni che sembri nemmeno ascoltarmi. Ti devo<br />
dare una notizia che è una bomba: mi è nato un maschio e abbiamo deciso di chiamarlo Carlo,<br />
come te. Sei felice? Dai, dimmi che sei felice?<br />
“Potrei esserlo, ma fra la possibilità e la realtà di una cosa il divario è enorme. Dovrei essere contento perché<br />
mi è nato un nipotino che mai potrò vedere? Dovrei rallegrarmi perché gli hanno dato il mio nome? No,<br />
questo nuovo essere mi è e resterà più sconosciuto di mio figlio, per il semplice motivo che non ne potrò<br />
sentire il calore, né lui potrà sentirsi mio nipote. Quanto ho desiderato un tempo di diventare nonno, di<br />
vedere nel figlio di mio figlio sbocciare un’esistenza a cui contribuire con lo spegnimento della mia!”<br />
- La prossima volta che vengo ti porto una sua foto. Adesso purtroppo devo andare, ma ritornerò<br />
ancora e cerca di star bene.<br />
“A che pro star bene? Per rinviare la fine dei miei giorni, per continuare a recitare la parte di un uomo a cui<br />
la vita non può offrire più nulla? Parla, parla e dice solo delle cazzate; questa volta almeno è rimasto meno<br />
del solito. Queste parentesi in un’esistenza monotona e già di per se stessa insopportabile danno un senso di<br />
squallore e ti fanno sentire esattamente quello che sei: del tutto inutile.<br />
Ho deciso che non ceno e che vado a letto subito, a godermi il silenzio della camera, in quel buio a cui mi sto<br />
sempre più abituando e che celandomi tutto nasconde anche l’immagine di un vecchio stanco di vivere. Ma<br />
non resto solo; fra me e il nulla di questa massa scura c’è l’unico amico che mi è rimasto, fedele, sempre<br />
presente purché lo desideri: il silenzio.”<br />
Augusto dos anjos<br />
Portogallo<br />
A esperança<br />
A Esperança não murcha, ela não cansa,<br />
Também como ela não sucumbe a Crença.<br />
Vão-se sonhos nas asas da Descrença,<br />
Voltam sonhos nas asas da Esperança.<br />
Muita gente infeliz assim não pensa;<br />
No entanto o mundo é uma ilusão completa,<br />
E não é a Esperança por sentença<br />
Este laço que ao mundo nos manieta?<br />
Mocidade, portanto, ergue o teu grito,<br />
Sirva-te a crença de fanal bendito,<br />
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Salve -te a glória no futuro - avança!<br />
E eu, que vivo atrelado ao desalento,<br />
Também espero o fim do meu tormento,<br />
Na voz da morte a me bradar: descansa!<br />
La speranza<br />
La speranza non appassisce, non stanca,<br />
come lei altresì la fede mai soccombe.<br />
Scettici sogni alati vanno via,<br />
tornano nel volo della speranza.<br />
Molte persone infelici non lo pensano;<br />
intanto il mondo è una piena illusione,<br />
e non è la speranza, per sentenza,<br />
il vincolo che al mondo ci lega?<br />
Giovinezza, dunque, innalza il tuo grido,<br />
serviti pure la fede del lume benedetto,<br />
preservati la gloria nel futuro – avanza!<br />
E io, che vivo trainato nello sconforto,<br />
auspico anche la fine del mio tormento,<br />
la voce della morte sbraitare: riposa!<br />
Traduzioni di Enrico Pietrangeli<br />
<strong>Il</strong>ha Negra<br />
Rivista di letteratura in portoguese. Prima edizione: gennaio <strong>2006</strong>.<br />
Diretta da Amelia Pais (Portogallo)- Gabriel Impaglione (Italia).<br />
Mail: impaglioneg@yahoo.es<br />
Terezinha Pereira<br />
Minas/MG, Brasil<br />
Un Rio di ricordi<br />
Continua. Bello. Rio de Janeiro. Dall’alto, io vedo la città di Rio a gennaio. <strong>Il</strong> mare blu. Rio. Mai<br />
più. Più mai? Salone dorato... Marmo di Carrara. Cristalli cechi. Albergo a molte stelle... Leme,<br />
Copacabana, passeggiata a Barra di Tijuca, programma per Joá, Ipanema di Garota, Leblon. Così<br />
quella. Ragazza venire a Rio per studiare medicina. Io, per pagare l’università, mi diedi ad affari<br />
illeciti. Quando avrei finito il mio corso, me ne sarei andato da lì, sarei andato in un posto lontano.<br />
Sarei rimasto libero dagli imbrogli. Ma, de questa cosa neanche io ero tanto certo.<br />
Io conobbi la ragazza dalla finestra di casa, mentre osservavo che nulla accadeva. Avvenne<br />
di sera. Poi, una luce illuminò la finestra della casa di fronte. Lei provava passi di danza, abiti da<br />
ballerina. Musica da ballo... Mi riempì di volontà. Con lei, le gun=ance incillate, girare in una sala<br />
da ballo. Non solo una volta e poi basta. Mi bacia molto, come se fosse questa notte l’ultima volta.<br />
A volte, già avevo ascoltato il cancello cigolare di mattina, quando il mio riposo notturno non era<br />
ancora cominciato. Sarebbe stata lei. O orologio, batti velocemente le ore. Guardare le lancette<br />
dell’orologio mi rendeva tranquillo. Attraverso la fessura della finestra , vedevo la bella ragazza<br />
uscire, con atteggiamento da studente. Io studiavo di notte. Gli affari, si sbrigavano di pomeriggio<br />
o dopo le lezioni. La bella sarebbe ritornata da solo, nel tardo pomeriggio, carica di libri... Con<br />
poca fretta, che la ragazza non era di quelle della notte inoltrata. Ho saputo che il suo nome era<br />
Maria Elena. Io lasciai *“choros”, sambe e la canzone nostagica di Dolores Duran... La bella<br />
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agazza provava i suoi passi, io accendevo il mio vecchio grammofono per farle sentire “Maria<br />
Elena”, “Aquellos ojos verdes”. A quel tempo, già cantavano Beetles e Rolling Stones, ragazzi<br />
come me. Mi scorse in un pomeriggio di sabato. Una collega, seduta sul marciapiede di<br />
Copacabana, si sentiva male e lei la ventilava con un quaderno. Casualità. Puramente. Passavo io<br />
in quel momento. Un ignoto gentile? Ha voluto sapere che cosa io facessi, se studiavo, se lavoravo,<br />
dove. Le nascosi alcune cose. Avrebbe giurato che già mi aveva visto. Dalla finestra, ballava per<br />
me, la bella piccoletta, labbre di rubino. E quando, musica alta, si inclinava sui libri e succhiava la<br />
matita in quel modo... La seguivo con le gambe e lo sguardo mentre andava per le strade. Occhi<br />
verdi-sereni-esperti mi avrebbero visto già nella caccia. Incontro provvidenziale. Fortuito? Io<br />
diffido.<br />
Nelle verdi zone tropicali di Rio avvenne un fatto. Di amore. Intenso, tempestoso. Di passione.<br />
Le mie notti da girovago, nessun indirizzo, dai miei genitori non ricevevo soldi. Denaro, ne avevo<br />
sempre. Come? Rimasugli di temporali. I nostri grandi momenti? Le sale da ballo, le lunghe<br />
passeggiate sui marciapiedi di Copacabana per contemplare l’andirivieni voluttuoso delle acque<br />
argentate dalla luna. Ah, passeggi di barca, delizia pura, di fronte alla città illuminata. Baci, amore<br />
con frenesia, come se fosse ogni notte l’ultima volta. La laurea. <strong>Il</strong> ballo si è fatto con tutte le pompe<br />
in un club raffinato. <strong>Il</strong> pianto della madre alla fine della festa che avrebbe molto voluto esibire la<br />
figlia laureata nella sua città. Niente di tutto ciò. Maria Elena era a Rio, lei già lavorava in un<br />
ospedale per l’infanzia. Aveva altro da fare che studiare. Dopo le feste, Elena ha rifiutato i miei<br />
baci, ha respinto le mie carezze. Aveva saputo, una sera, che io ero stato arrestato, accusato di... Per<br />
un certo tempo negava ogni cosa, quando lei aveva sospetti riguardo ai miei affari. Sperava di<br />
laurearsi per annunciare che io non facevo più parte dei suoi sogni... Vivere con un camaleonte?<br />
Dirle che lei era il mio cuore, che il nostro amore era infinito... Non necessario. Neppure una volta<br />
e niente più. Ultima notte quella. L’orologio segnava l’ultima ora. Ciao. Fu secca, aspra, nonostante<br />
la luce intensa di quei sereni occhi verdi.<br />
Quando mi laureai, volli lasciare Rio. Noi non ci vedemmo per un anno. Si nascondeva,<br />
fuggiva... Se io, se lei... I due... La cercai nell’ospedale dove lavorava. Mi ricevette, sorriso di perla<br />
in labbra vermiglie. Che mi incontrasse là, nessuno lo poteva immaginare. Lei arrivò vestita di<br />
luna. Io la inviati ad una festa. Per due. <strong>Il</strong> salone dorato, decorazione, molti fiori, un’orchestra<br />
completa. Io l’aspettai nel salone principale del Copacabana Pálace, quello che si poteva ritenere il<br />
più bello, affascinante ed elegante albergo di Rio a quel tempo. Prima, noi avevamo pensato di<br />
restare là e da una finestra guardare il mare. In una canzone, il pianista nero, denti bianchi, sorriso<br />
aperto suonava “As time goes by”, tema di Casablanca, film che lei aveva visto più di una volta.<br />
Io notai che, al suono della musica, lei tremava, nei suoi vestiti di argento, con i capelli<br />
chiari svolazzanti, orecchini di pietre verdi-occhi suoi. Io avevo preparato la camera da letto per il<br />
dopo la cena, lo champagne, i fiori. Al nostro entrare nel salone dorato, l’orchestra cominciò a<br />
suonare musica dei nostri giorni. Noi ballammo con faccia, corpo ed anima incollati. Io speravo di<br />
arrivare nella stanza per dirle i miei, solamente i miei, piani. Le offrii lo champagne, lei si tolse lo<br />
scialle colore di luna. Io la invitai a più di un ballo. Nell’orecchio, un bisbiglio, io le sussurrai di<br />
venire via con me per il nord del paese perché avevo trovato un lavoro. Parlò di amore per me, ma<br />
non avrebbe mai abbandonato il suo lavoro né gli studi per nulla. Chiesi. Insistei. Implorai. Ero<br />
ubriaco, avevo bevuto molto whisky nel salone dorato. E lei mi rifiutava... Io la odiavo. La portai<br />
con forza sul letto e volli baciarla. Tentò di liberarsi da me ad ogni costo. Non poteva. Quanto più<br />
gridava, con più foga io la baciavo, succhiavo, mordevo. Le tolsi i vestiti. La lasciai completamente<br />
nuda, rimasero solamente gli orecchini verde-occhi. Mi tolsi i pantaloni. Io andai al dunque. Lei<br />
gridava, si dibatté per tutto il tempo, per fortuna che nessuno udì nulla, pochi erano gli ospiti a<br />
quell’ora, perché a Rio la notte non finisce.<br />
Non seppi mai più quello che avvenne di Elena dopo quel momento. Se fosse morta, l’avrei<br />
saputo attraverso i giornali... Quando uscii dall’albergo, io presi un taxi ed andai a casa di amici.<br />
Nella settimana seguente io sono andato all’interno dello stato del Pará, giorni di viaggio, per<br />
lavorare in una miniera. Ero già pronto al lavoro quando, in un pomeriggio, un giovincello mi<br />
contattò per una comunicazione. Che io andassi, alle cinque in punto, alla postazione telefonica<br />
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della città. Io vi andai. Puntuale, il telefono squillò. Un collega di Rio mi proponeva un lavoro, cosa<br />
per molti soldi, purché io stessi al posto giusto. Io cambiai discussione, feci finta di non aver<br />
capito, di aver lasciato il gruppo, guadagnavo più che niente. <strong>Il</strong> sabato seguente, all’ora stabilita,<br />
ero là a fare il lavoro. Non mi diede denaro. Guadagno, furono otto anni di gabbia, anche là in<br />
Pará, che io non avevo dimora fissa e la famiglia per me non faceva nulla. Avrebbe potuto... Laurea<br />
per che cosa? Quegli anni furono di poco valore. Nel giorno in cui io fui liberato, io mi mossi verso<br />
il nord dello stato. Rio, mai più... Più mai?<br />
Per posta, io richiesi copia del diploma di ingegnere che non mi valse gran che. Lavoro di<br />
caricatore in porti di fiume, di ceramista in Marajó, era ciò che avevo. Occhi verdi là sono rari.<br />
L’una o l’altra donna ha rotto la mia solitudine. La raffinatezza dei miei vestiti, scarpe e piccola<br />
valigia d’oggi... Dirigente d’azienda elegante. Io. Più. Perversione. Depravazione. Prurito.<br />
Arrivo nel Tom Jobim. Partecipo ad una convenzione di cupola... Affari diversi, altri<br />
prodotti. Prendo un taxi ed do l’indirizzo dell’albergo del Viale Atlantico. <strong>Il</strong> tassista chiede licenza<br />
ed accende la radio. “As time goes by”. Come? Brivido... Rio, il Copacabana Pálace. Belli. Restano.<br />
Attraverso alcune sale, di là io vado giù nell’ingresso dell’albergo moderno, dove ci sarà di notte la<br />
riunione. L’orologio segna le undici. Mentre guardo il bagaglio sento la musica. «Aquelles ojos<br />
verdes». Non ci credo. Spengo. Vado via. Con abito, cammino sul marciapiede, sole di gennaio.<br />
Pranzo a Ipanema. Entro nella via Prudente di Morais e arrivo in quella che oggi è la Vinícius di<br />
Morais. Vedo. È diverso il Rio dei miei ricordi. Poi alla Vinícius, vedo un uomo vestito come me. È<br />
all’ingresso di una “Clinica per trattamento delle deficienze infantili”, costruzione nuova, lussuosa.<br />
All’apparenza, sembra intrigata. Sembrava che ci guardassimo in un specchio, uno nell’altro. I miei<br />
occhi castani nei suoi occhi, di un verde noto. Io non ho rughe e la settimana scorsa mi sono tinti i<br />
capelli castano scuro... Un tale fissare di occhi ha la durata di alcuni secondi. Lui entra tenendo un<br />
bambino che ha appena uscito da una macchina. Accanto alla clinica c’è un caffè. Io entro e chiedo<br />
dell’acqua. Chiedo al cameriere della clinica. Lui mi dice che è in funzione da tre anni, fu costruita<br />
da una dottoressa famosa nella città. Ha un figlio, Augusto, che è anche medico. Non sa se è<br />
vedova, separata, non ha marito né alcun uomo. Suo figlio era appena entrato con il suo bambino,<br />
che i pomeriggi passa di là. <strong>Il</strong> nome della dottoressa? È Elena. Maria Elena, ma tutti la chiamano<br />
dottoressa Elena. Maria Elena, sei tu...<br />
* traduzione dal portoghese di Ângelo Manitta- Accademia Internazionale <strong>Il</strong> Convívio/ Castiglione di Sicília<br />
(CT), Italia<br />
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Casa di Poesia e Lettere<br />
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Via Caprera 6 – 08045- Lanusei. Italia<br />
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italiana. <strong>Il</strong> progetto <strong>Isola</strong> <strong>Nera</strong> riguarda la prossima pubblicazione in<br />
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